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Discussione:Ricavo

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 Economia
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Credo che ci sia un imprecisione.

O almeno: quando si dice "il fatturato della societa x e pari a y" si fa riferimento alla voce A1 del Conto economico denomianto "Ricavi delle vendite e delle prestazioni" mentre il termine "ricavo" è un concetto più ampio che fa riferimento a qualsiasi provento. Ad esempio, per una società che produce auto anche gli affitti attivi sono un ricavo pur non essendo richiamato nella voce A1. Penso, dunque che la definizione di ricavo sia da rivedere e da ampliare facendo riferimento anche alla disciplina contabile e non solo al concetto giuridico o al significato di uso comune del termine.

Ciao utente anonimo, se credi ci sia un errore puoi apportare le modifiche che ritieni opportune o segnalare l'articolo come "da controllare" apponendo il template {{da controllare|motivo=..due righe di motivo..|firma=..il tuo nome..}} --Lucas 16:24, 6 apr 2006 (CEST)[rispondi]

i problemi

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ricavo=spesa+guadagno spesa=ricavo-guadagno guadagno=ricavo-spesa

la voce inizia così:

Il ricavo, in economia aziendale, è l'utilità economica che un'impresa crea attraverso l'attuazione del processo economico imperniato sulla vendita di un quantitativo per beni e servizi da essa prodotti[senza fonte]: esso ha come proprietà notevole di essere totalmente variabile, quindi esprimibile in generale come lo sviluppo di MacLaurin

sviluppo di MacLaurin? ma non si potrebbe dire 'sta cosa in modo colloquiale in modo da non fare scappare via i profani? è una enciclopedia, in fondo.--217.59.97.186 (msg) 18:31, 18 ago 2016 (CEST)[rispondi]

I ricavi derivanti dalla cessione di titoli non immobilizzati

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I ricavi da cessione di titoli non immobilizzati costituiscono una componente positiva del reddito di impresa. Essi derivano dalla vendita di strumenti finanziari non detenuti a lungo termine, ovvero partecipazioni che la società non intende mantenere per periodi prolungati.

I ricavi ottenuti da questo tipo di cessione sono ricompresi all’interno dell’articolo 85 del TUIR alle lettere c), d) ed e).[1]

  • Lettera c): il legislatore specifica quali azioni e quote di partecipazione rientrano nei ricavi d'impresa per l'applicazione del regime fiscale. Esclude però le partecipazioni ai contratti di associazione in partecipazione, ritenendo che la loro cessione generi plusvalenze anziché ricavi.[2]
  • Lettera d): vengono ricomprese all’interno della categoria i corrispettivi derivanti dalla cessione di strumenti finanziari similari alle azioni, per garantire che gli strumenti finanziari possano essere assimilati alle azioni sotto il profilo fiscale, a patto che gli stessi strumenti siano soggetti a remunerazione legata agli utili realizzati dall’emittente.  
  • Lettera e): funge da chiusura per questa sezione relativa ai redditi da titoli non immobilizzati, ricomprendendo: “i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa diversi da quelli di cui alla lettere c) e d) precedenti che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell'impresa”.[1] Dunque, possono essere ricomprese in questa parte dell’articolo sia le obbligazioni che i titoli assimilabili alle stesse e i titoli in serie o di massa, ossia titoli fungibili, emessi o in grande quantità o con caratteristiche omogenee tra di loro.

La normativa ha lo scopo di garantire una tassazione coerente, trattando i proventi derivanti dalla cessione di questi titoli come ricavi, a condizione che non siano classificati come immobilizzazioni finanziarie. In questo modo, si assicura che i ricavi siano legati alla funzione economica dei titoli ceduti, indipendentemente dalla loro tipologia, purché non destinati a un impiego a lungo termine.[3] --LauraB1901 (msg) 17:34, 13 nov 2024 (CET)[rispondi]

I ricavi derivanti da contributi in base a contratto e in conto esercizio

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In base all’art. 85 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR)[1], concorrono a formare i ricavi di un’impresa i contributi in denaro spettanti, sotto qualsiasi denominazione, in base a contratto e i contributi in conto esercizio spettanti a norma di legge. In generale, con il termine “contributo” si indica qualsiasi provento che ha come fine quello di sostenere l’impresa. In particolare, i contributi in conto esercizio hanno come scopo quello di integrare i ricavi o ridurre i costi dell’esercizio.[4]

I contributi in base a contratto sono costituiti dalle somme e dai beni in natura che un soggetto, sulla base di una clausola contrattuale, si obbliga a versare ad un’impresa a titolo di partecipazione ai costi da questa sopportati nello svolgimento della propria attività. I contributi in conto esercizio spettanti in base alla legge, invece, vengono erogati per sostenere economicamente la gestione delle imprese che svolgono un’attività di interesse pubblico o comunque socialmente utile. Essi vanno rilevati in bilancio secondo il principio di competenza. Interessa, quindi, il periodo di imposta nel corso del quale è sorto il diritto al loro conseguimento.[5]

I contributi in conto esercizio possono essere erogati indifferentemente da una pubblica amministrazione o da un ente privato. In effetti, per le imprese che operano in determinati settori sorge l’obbligo di destinare contributi in conto esercizio a consorzi obbligatori. Ad esempio, in base alla legge n. 475 del 9 novembre 1988 i produttori e importatori di batterie hanno l’obbligo di erogare contributi nei confronti del Consorzio Obbligatorio Batterie al Piombo Esauste e Rifiuti Piombosi (COBAT) istituito per lo smaltimento delle batterie.[2]

I contributi in conto esercizio vanno tenuti distinti da altri tipi di contributi, quali i contributi in conto impianti e i contributi in conto capitale. I contributi in conto impianti sono finalizzati all’acquisizione di beni ammortizzabili.[2] Vengono versati da un ente pubblico a un’impresa per la costruzione, riattivazione e ampliamento di immobilizzazioni materiali, e si iscrivono in bilancio quando sono acquisiti definitivamente.[6] I contributi in conto capitale, invece, hanno lo scopo di incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa, e la loro contabilizzazione avviene seguendo il principio di cassa, concorrendo a formare il reddito nell’esercizio in cui vengono cassati  a titolo di sopravvenienze attive ai sensi dell’art. 88 co. 3 lett. b) TUIR.[4] In sostanza, il criterio per distinguere i vari tipi di contributi è quello che si basa sulla finalità per cui tali contributi sono stati erogati.[2] --SOFIAF2024 (msg) 18:16, 13 nov 2024 (CET)[rispondi]

  1. ^ a b c Art. 85 testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) - Ricavi, su def.finanze. URL consultato il 13 novembre 2024.
  2. ^ a b c d Giacomo Albano, Manuale del reddito d'impresa. Le regola della fiscalità per i soggetti OIC adopter, Torino, Eutekne, 2022, pp. 260, 272-277, OCLC 1394978881.
  3. ^ Codice TUIR commentato, su onefiscale.wolterskluwer.it.
  4. ^ a b Flavio Dezzani, Contributi in conto esercizio, in conto impianti e in conto capitale: iscrizione in bilancio, in Il Fisco, n. 22, 2019, pp. 2159-2163.
  5. ^ Gaspare Falsitta, La determinazione del reddito delle società e degli enti commerciali, in Manuale di diritto tributario. Parte speciale. Il sistema delle imposte in Italia, Padova, CEDAM, 2018, pp. 450-451, OCLC 1090151052.
  6. ^ Organismo Italiano di Contabilità, principio contabile OIC 16, para. 86-87