Discussione:Crocifisso n. 20
Ho una riserva sulla voce. Si definisce l’immagine Christus patiens e si collega questa icnografia (il che in generale è corretto) con le esigenze cultuali degli ordini medicanti. … Bene: questa croce è 1204, troppo presto per essere connessa all’affermarsi della predicazione sia di S. Francesco (che nel 1204 avvia appena il percorso religioso) che di S. Domenico (che più o meno negli stessi anni matura l’idea di fondare un nuovo ordine, cosa che avverrà formalmente solo nel 1216)… Direi quindi che la croce n. 20, per datazione, non può essere legata a questi fenomeni… e a bene vedere infatti non si tratta di un Christus patiens, ma piuttosto di un Christus dormiens…. Cioè già morto, mentre la (successiva) figura del Christus patiens si colloca nell’esatto momento del trapasso Il Christus dormiens è un’iconografia bizantina (cosa pienamente coerente con l’attribuzione ad un maestro di quella provenienza della croce n. 20 del San Matteo): un ottimo esempio si trova nei mosaici di Dafni, in Grecia (XI secolo) http://classconnection.s3.amazonaws.com/919/flashcards/675919/jpg/cruifixion1323567519915.jpg opera che per data e collocazione nulla c’entra con gli ordine mendicanti.
- Va bene, prova a modificare la voce, vediamo come viene, poi semmai faccio degli aggiustamenti. Grazie --Sailko 12:56, 22 mag 2013 (CEST)
Oggi purtroppo non mi sarà possibile... e in ogni caso per rimettere mano alla voce troverei corretto riconsultare le mie fonti (un libro che ho letto qualche anno fa....), direri che per ora mi sono limitato a segnalare quella che ritengo un'imprecisone e poi magari con più calma potrei provare a correggere la voce... grazie
- benissimo, attendo allora di leggere ;) --Sailko 13:12, 22 mag 2013 (CEST)
Proporrei allora queste integrazioni “L'opera è nota per essere il più antico esempio di Christus patiens in Italia, cioè morto o in agonia sulla croce, iconografia che si afferma in area bizantina a partire dal X secolo. La croce pisana è tradizionalmente attribuita ad un maestro di provenienza bizantina, ma si ignora se sia stata eseguita a Pisa direttamente o in patria, e spedita poi con le navi pisane. L’ampia diffusione che nei decenni successivi ebbe in Italia questa iconografia, con maggiore accentuazione della sofferenza di Cristo sulla croce rispetto all’iniziale modello bizantino, è legata alle istanze degli ordini mendicanti che nel sottolineare il lato umano di Cristo, nei suoi effetti patetici e commoventi, ispiravano una nuova forma di devozione e preghiera per i fedeli. Ed invero, alcuni autori, per evidenziare questa evoluzione propongono di definire l’originario modello orientale come Christus dormines, definendo propriamente patiens la successiva drammatizzazione centro-italiana legata all’affermarsi dei nuovi ordini religiosi. Il successo di questa iconografia fu tale che nel giro di pochi decenni sostituì completamente la vecchia tradizione del Christus triumphans, dove Gesù era rappresentato vivo sulla croce con gli occhi aperti, trionfante sulla morte e con una regalità aliena da sentimenti di dolore. Nel Crocifisso n. 20 compaiono tutti gli elementi canonici del Christus patiens: il Cristo ha il capo reclinato a sinistra e gli occhi chiusi; un fiotto di sangue esce dalla ferita sul costato; al termine dei bracci della croce sono presenti:……………..”
Rileverei però che l’affermazione secondo la quale la croce 20 è il più antico esempio di patiens in Italia, forse deve essere precisata nel senso di Christus patiens raffigurato in questo tipo di manufatto (cioè una grande croce dipinta) in quanto, in altri tipologie di opera, antecedenti alla croce del San Matteo, il patiens è già raffigurato in Italia. Cito gli afferschi di San Vincenzo al Volturno o il mosaico del catino abisadle di San Clemente a Roma. Infine piccola precisazione tecnica, non si tratta di una tempera su tavola, bensì di una tempera su pergamena applicata alla tavola. Grazie
- Sì ma falle nella voce, non qui ;) --Sailko 14:44, 23 mag 2013 (CEST)
- ben fatto! --Sailko 17:43, 23 mag 2013 (CEST)
- la datazione della Croce di Mastro Guglielmo è stata sparata al 1138, altra data inventata di sana pianta e di valore meramente simbolico. Sembrerebbe più antico, sebbene la fonte sia tutta da verificare. Potrebbero provare con metodi più modernisti: negli anni Ottanta era in uso il C14, mentre oggi abbiamo gli X24. Del resto, l'attribuzione è stata sempre un problema fondamentale, perché gli artisti avevano dei problemi mentali e non erano capaci di apporre dati quali: anno di completamento, titolo dell'opera e firma dell'autore.
- la fonte sul primato storico del Christus pathiens di Sarzana è il noto libro Arte nel tempo di De Vecchi-Cerchiari, che negli anni Novanta andava per la maggiore come libro di testo di vari licei italiani. Proveniva da docenti di blasonati licei milanesi, che forse erano tra i pochi autori in assoluti di manuali di testo delle scuole superiori con un'esperienza diretta sul campo, non di tipo strettamente accademico.
Stranamente, il libro non parlava delle reliquie di sant'Andrea apostolo custodite nello stesso duomo, addirittura quasi sconosciute nella stessa diocesi spezzina che le ospita. Sarà filomassonico, coerente con la linea fatta decollare da Untersteiner. Altrettanto ignote o forse inesistenti sono le grazie e gli ex voto sia delle braccia dell'apostolo che del Christus pathiens, che non sembra aver rivoluzionato per niente la storia dell'arte italiana. Se fossero reliquie autentiche di una tale importanza, dovrebbero aver generato decine di miracoli e di ex voto, ma nel duomo sarzanino non se ne vede traccia. non vogliamo dire che si tratta di una patacca. Quello che (ora) si vede non ha nulla di sofferente (pathiens); sembra piuttosto un Dio regalmente impassibile e calmo di fronte al dolore della croce, in un ideale quasi neoclassico, composto e equilibrato, non tanto distante da quello dei Pisano nella scultura. Quella è materia per utenti esperti. Tutti si augurano che le reliquie siano autentiche. E da qui le domande: perché non sono note? dove sono gli ex voto per grazia ricevuta dal sangue di Cristo e dal braccio di un apostolo, l'unico dal nome greco, al quale Gesù disse che in lui non esisteva macchia di paura e tradimento? Saluti, Micheledisaveriosp
- ps.s. mi scuso del tono meno NPOV, ma abitando in zona la questione è particolarmente sentita da chi scrive.
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