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Autarchia (economia)

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Disambiguazione – "Autarchia" rimanda qui. Se stai cercando il significato filosofico, vedi Autarchia (filosofia).
Padiglione della SNIA a una mostra di Milano del 1937 sull'autarchia (Archivio Fortepan).

In economia, l'autarchia è l'autosufficienza economica di una nazione, raggiunta tramite l'indipendenza assoluta o relativa dell'economia nazionale e la riduzione degli scambi con altri paesi.

Nel corso della storia, numerosi paesi hanno fatto ricorso a politiche economiche autarchiche durante epoche differenti, con motivazioni ed effetti diversi.

Regimi totalitari del XX secolo

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Nel periodo tra la prima e seconda guerra mondiale, si svilupparono in Europa degli stati totalitari: l'Italia fascista e la Germania nazista.[1] L'esistenza di tratti comuni tra le politiche economica di questi stati, che possano configurare una politica economica fascista, non è sostenuta da molti storici: questi pensano che le differenze tra le politiche economiche nazista e fascista furono più marcate delle loro somiglianze. Tuttavia, entrambi i paesi in quella fase fecero ricorso a politiche di autosufficienza economica. Esse vanno inquadrate nel più ampio contesto politico di uno stato autoritario: nazionalista, repressivo delle libertà individuali e, in campo economico, dirigista e con un ruolo di controllo diretto di settori dell'economia.[2]

Le politiche autarchiche di quel periodo vanno anche spiegate considerando il più ampio contesto economico globale. Nel corso del XIX secolo e fino alla prima guerra mondiale, i paesi occidentali avevano sviluppato le proprie economie con politiche liberiste e favorendo sistemi internazionali di libero scambio commerciale. Dopo la prima guerra mondiale, le ideologie e orientamenti economici prevalenti cambiarono. Si diffusero molto politiche economiche protezioniste, favorenti l'intervento statale nell'economia e la regolamentazione del mercato.[3]

Autarchia durante l'epoca fascista in Italia

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Contesto: cause ed effetti economici
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Sebbene preconizzata dall'ideologia dirigista sin dal 1925, prese concretamente avvio solo dal 1937. La caratteristica italiana fu la misura dell’intervento statale, che fu molto esteso ed evitò il collasso del sistema finanziario, portando gran parte dell’economia in mano allo Stato. Tra le misure prese, si innalzarono i dazi sui beni importati. Il protezionismo commerciale fu poi fortemente accentuato quando l'Italia venne soggetta a sanzioni internazionali a seguito dell'attacco contro l'Etiopia nel 1935. Le sanzioni rimasero in vigore per otto mesi. Il successivo intervento nella guerra civile spagnola e l'alleanza con la Germania provocarono un ulteriore isolamento politico dell'Italia.[4][5]

Campagna di informazione ONMI, 1932.

Concretamente, le politiche autarchiche furono sostenute da una serie di provvedimenti per rafforzare il controllo centralizzato degli scambi commerciali con l'estero: nel 1935 fu costituita la Sovraintendenza per gli scambi delle valute, un ufficio dipendente direttamente dal capo del Governo. Dopo pochi mesi, la Sovrintendenza fu trasformata in Sottosegretariato di stato per gli scambi e per le valute, quindi gradualmente rafforzato e poi elevato a Ministero per gli scambi e le valute nel 1936.[6] Vennero parimenti introdotti un sistema di permessi per controllare le importazioni, campagne per promuovere i prodotti nazionali, e controlli sui prezzi.[2]

L'Italia è povera di materie prime e di fonti di energia, che importa e trasforma. L'Italia non disponeva di miniere di carbone come la Germania, ma lo importava soprattutto dalla Gran Bretagna. Anche le industrie meccaniche e chimiche avevano bisogno di materie prime. L'autarchia produsse un aumento dei costi e una diminuzione della produttività, a causa della qualità inferiore di prodotti sostitutivi nazionali rispetto a quelli precedentemente importati.[4]

L'effetto economico complessivo delle politiche di autarchia non può essere valutato separatamente dalle altre politiche economiche dell'epoca: il dirigismo economico statale; la politica fiscale e monetaria restrittiva; l’appoggio ai cartelli industriali (che limitò la concorrenza interna); e le politiche demografiche e agricole (che sfavorirono lo sviluppo del meridione). A causa di queste scelte politiche, la crescita italiana rimase molto bassa per tutti gli anni 1930[7] e molto inferiore a quella delle principali economie occidentali (il PIL crebbe in media dell'1,4% all'anno tra il 1932 e il 1938).[8][9]

L'autarchia contribuì a limitare la crescita complessiva dell'economia italiana, necessariamente e tradizionalmente trasformativa di risorse importate. Tuttavia, essa contribuì anche a incentivare trasformazioni e crescita di alcuni settori industriali, e specialmente la produzione energetica e quella chimica.[4][5]

Nel secondo dopoguerra, le politiche protezionistiche ed autarchiche vennero abbandonate, a favore di politiche commerciali ed industriali più liberali ed una maggiore integrazione del paese nel sistema internazionale più aperto che si formò a partire da quegli anni.[5]

Effetti sull'industria
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Il regime fascista, anche per ragioni di propaganda, dette un largo spazio ai cosiddetti "prodotti autarchici". Nacque in questo periodo il modo di dire "roba di prima", volendo indicare la merce di qualità.[10] "Prima" non era però inteso come contrazione dell'espressione "prima qualità", ma stava a significare "roba di prima delle sanzioni" - e quindi dell'autarchia, con riferimento iniziale ai tessuti (quelli inglesi erano ritenuti i migliori), poi esteso a tutte le merci e ai cibi. Il venne sostituito dal carcadè, il caffè dal caffè di cicoria, l'orbace al posto dei tessuti tradizionali e così via. Uno dei prodotti nazionali che invece ebbe successo (e difatti esiste tuttora) è il formaggio italico, creato unificando in un unico standard tutti i processi di produzione dei vari formaggi.

La televisione autarchica (pubblicità da L'illustrazione italiana)

L'autarchia diede impulso allo sviluppo della ricerca scientifica, soprattutto nella chimica e nella ricerca di materiali sostitutivi, in cui grande ruolo ebbero enti tra i quali l'Istituto Guido Donegani e la Società Agricola Italiana Gomma Autarchica. Tra gli esempi di innovazione della ricerca italiana, nel 1937 l'Istituto di fisica dell’Università di Palermo produsse per la prima volta nella storia il primo elemento chimico artificiale, il tecnezio.[5]

Produzioni autarchiche
Produzione di surrogato del caffè.
Produzione di canapa/cannabis.
Alcune produzioni furono nettamente incentivate dal 1936 in poi (dati ISTAT).

La ricerca di materiali alternativi favorita dall'autarchia si indirizzò in diversi settori come la canapa cotonizzata, lo sfruttamento di piante (ad esempio la ginestra e lo sparto libico) come fonte di cellulosa[11][12], cemento armato con canna di bambù al posto del ferro (sulla falsariga di quanto si faceva in Germania)[12], la produzione di gomma sintetica (ad opera di Giulio Natta) e la produzione di magnesio nazionale a Bolzano (ad opera della Società Italiana per il Magnesio e Leghe di Magnesio che in seguito divenne la Montesi).[12]

Nel settore energetico, il governo diede impulso alla produzione nazionale tramite la costituzione di enti statali quali l'Azienda carboni italiani,[12] l'Azienda generale italiana petroli (Agip) (1926) e l'Azienda nazionale idrogenazione combustibili (Anic) (1936). Sebbene queste aziende ottennero risultati limitati all'epoca, esse poi giocarono un ruolo fondamentale nello sviluppo economico del dopoguerra.[5]

Nell'ottica dell'autarchia dei carburanti vennero sperimentati carburanti miscelati ad alcol e fu emanata nel 1938 una legge che imponeva l'impianto a gassogeno su tutti gli autoservizi pubblici, comunali e non.[13] Il Regime cercò di sviluppare tali applicazioni anche nel campo della motonautica, per favorire lo sviluppo della pesca. A tal proposito venne organizzato nel 1942 un esperimento che aveva lo scopo di accertare la validità nell'applicazione del gassogeno a lignite sui pescherecci italiani. Il test ebbe luogo a Porto Santo Stefano sul Monte Argentario con la supervisione di Pericle Ferretti, scienziato di fama internazionale, nonché direttore dell'Istituto nazionale del motore e si concluse con esito positivo. I motopescherecci italiani avrebbero potuto così utilizzare il nuovo combustibile con una spesa di poche decine di migliaia di lire.[12][14]

Nel settore tessile, l'autarchia incentivò la produzione di fibre alternative. La produzione di fiocco di rayon aumentò dalle circa 10.000 t del 1934, alle 30.000 del 1935, alle 50.000 del 1936: l’Italia ne divenne il primo produttore al mondo.[12] Questo però aumentò il bisogno nazionale di cellulosa, utilizzata anche per carta ed esplosivi e per il 95% importata, portando alla creazione il 13 giugno del 1935 dell'Ente nazionale per la cellulosa e la carta e a creare piani a lungo termine per l'incremento della pioppicoltura nazionale.[11] Da qui anche il tentativo di utilizzare la "canna gentile" (Arundo donax), capace di consentire una produzione legnosa annua molto più elevata di quella caratteristica delle essenze arboree già da tempo impiegate. Venne inoltre potenziata la produzione di carta ricavata dalla paglia di grano. Oltre al rayon, un’altra fibra artificiale, non cellulosica, ma proteica, conobbe grande fortuna: il lanital. Ricavata dalla cagliata del latte, questa fibra presenta caratteristiche simili alla lana e può essere impiegata come suo succedaneo. Il lanital, probabilmente la più reclamizzata tra le scoperte autarchiche, fu ideato, sviluppato e prodotto all’interno della SNIA Viscosa.[12]

Ingresso della Mostra Autarchica del Minerale Italiano al Circo Massimo, Roma, 1938.

Nel settore siderurgico, l'importazione di rottami, che costituivano la principale materia prima per la nostra struttura siderurgica, diminuì del 59%; l'importazione di minerali di ferro calò dell’81%, quella della ghisa del 65%; crollarono anche le importazioni di ferro e acciaio lavorati.[12] Per fronteggiare il venir meno del flusso dall'estero si ricorse a un aumento della produzione di minerale nazionale del 52% (che però poté appena compensare quello che non arrivava più da oltre frontiera), a una forte diminuzione delle voci corrispondenti in esportazione, alla raccolta sistematica del rottame nazionale, all’uso delle ceneri di pirite. Furono soprattutto queste ultime, che in precedenza erano sostanzialmente inutilizzate, a consentire nel 1936 una produzione di acciaio inferiore soltanto del 9,6% rispetto a quella del 1935.[12] Per compensare la diminuzione di acciaio da costruzione per il cemento armato si ricorse all'utilizzo di pietra pomice ed all'utilizzo di alluminio al posto dell'acciaio.[12] Proprio l'alluminio, che per il suo utilizzo durante la grande guerra aveva conosciuto un grande successo, venne studiato come possibile sostituto di altri metalli in molti ambiti e ciò determinò l'aumento della produzione italiana di bauxite e leucite (da cui si può ricavare potassio e alluminio tramite il metodo Blanc a base di acido cloridrico, preferito dai militari in quanto avrebbe favorito l'industria del cloro necessaria anche per le armi chimiche).[12] L'alluminio venne invocato per sostituire con le sue leghe il rame (praticamente tutto importato) nei conduttori, nelle macchine elettriche e financo nei proiettili, il ferro nei motori, nelle pentole e nelle posate ed il legno negli infissi.

Dal secondo dopoguerra ad oggi

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Oggi le situazioni di autarchia sono molto rare: una delle caratteristiche fondamentali che hanno caratterizzato i governi democratici succedutisi nell'ultimo dopoguerra, è quella dell'interdipendenza sia politica che economica, che ha trovato la sua più ampia e valida espressione in Europa nella costituzione dell'Unione europea. Uno degli ultimi stati ad adottare un'impostazione ancora tesa all'autarchia è la Corea del Nord. Derivante la scelta più da motivazioni di natura politica che da approfondite analisi dei quadri produttivi, nonostante il potenziale di crescita[15] il Paese paga una condizione di arretratezza e di cronico deficit alimentare appianato solo dai contributi umanitari di Corea del Sud e Cina[16]. La Cina stessa fornisce a Pyongyang tra l'80% ed il 90% delle sue necessità di carburanti a prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli di mercato[17].

Elaborazioni teoriche

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Se, per motivi tecnico/produttivi, è difficile pensare alla sostenibilità di medio-lungo termine in situazioni di autarchia a livello nazionale, diverso è il discorso se dal piano locale si estende l'ottica di analisi a contesti più ampi. In questo senso vanno inquadrate le riflessioni in materia di Guillaume Faye e Maurice Allais. La proposta del primo si inquadra lungo il concetto di "sviluppo autocentrato", vale a dire una nuova stagione di politiche industriali volte alla conservazione del tessuto produttivo locale da inserirsi in macro-contesti che diano la possibilità agli stessi di essere indipendenti da un punto di vista energetico, produttivo, di approvvigionamento delle materie prime.[18]

Il secondo, premio Nobel per l'economia nel 1988, parte invece da un'analisi critica della globalizzazione, della proletarizzazione (intesa nel senso Wallersteiniano) e della compressione dei salari dovuta alla messa in concorrenza di contesti sviluppatisi al di sotto di standard sociali minimi accettabili. La proposta dell'economista è, secondo l'impostazione social-liberista che da sua stessa ammissione la contraddistingue, creare degli "insiemi omogenei" valutati secondo criteri standard e comparabili, quanto più possibile autonomi e in grado di sostenersi attraverso una serie di barriere modulabili nei confronti dell'esterno. L'esempio topico a questo proposito, in prospettiva, può essere rappresentato dalle politiche Europee di integrazione economica e territoriale, alle quali deve essere accostata una politica commerciale esterna estremamente rigorosa e tesa alla protezione del mercato interno.[19]

  1. ^ René Dubail, L'ordinamento economico Nazionalsocialista, edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1991
  2. ^ a b Berend, 2006, Capitolo 3.
  3. ^ Berend, 2006, Capitolo 2.
  4. ^ a b c Zamagni, 2005.
  5. ^ a b c d e Felice, 2015.
  6. ^ Ministero per gli scambi e le valute (1935 - 1944), su search.acs.beniculturali.it. URL consultato il 16 ottobre 2022.
  7. ^ Toniolo G., An overview of Italy’s economic growth. In Toniolo, 2013
  8. ^ Baffigi et al., pp. 20-21.
  9. ^ Felice, 2015, pp. 68-69.
  10. ^ Cesare Marchi Quando eravamo povera gente, Mondadori, Milano, 1989
  11. ^ a b Mussolini, l’autarchia, i libri e il mondo della carta - Novecento.org, su novecento.org. URL consultato il 9 agosto 2022.
  12. ^ a b c d e f g h i j k L'Italia e l'autarchia in "Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Tecnica", su www.treccani.it. URL consultato l'8 agosto 2022.
  13. ^ Dizionario Enciclopedico Moderno, Milano, Labor, 1955.
  14. ^ L'esperimento del gassogeno a lignite di Porto Santo Stefano pag.6/7 (PDF), su gualtierodellamonaca.it. URL consultato il 31 gennaio 2015 (archiviato dall'url originale il 13 gennaio 2016).
  15. ^ Michael Ha, 58 Anniversary Major Changes Are Coming to N. Korea, su koreatimes.co.kr, The Korean Times, 29 ottobre 2008. URL consultato il 21 ottobre 2009.
  16. ^ North Korea: Ending Food Aid Would Deepen Hunger, su Human Rights Watch, 11 ottobre 2006. URL consultato il 2 agosto 2007 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2007).
  17. ^ Nam, Sung-wook, China's N.K. policy unlikely to change, su koreaherald.co.kr, The Korea Herald, 26 ottobre 2006. URL consultato il 2 agosto 2007.
  18. ^ Guillaume Faye, Per l'indipendenza economica, articolo alla parso sulla rivista L'Uomo Libero il 1º gennaio 1993
  19. ^ Maurice Allais, la liberalizzazione del commercio, articolo apparso sulla rivista francese Marianne il 5 dicembre 2005

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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