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Camponeschi

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Camponeschi
D'argento ai cinque monti d'azzurro.
StatoItalia (bandiera) Italia
Casata di derivazioneConti dei Marsi[A 1]
Titoli
FondatoreCamponesco Camponeschi[1]
Data di fondazione1146
Data di estinzioneXVII secolo
Confluita inCarafa
EtniaItaliana
Rami cadettiPica-Camponeschi

I Camponeschi (anche Camponesca[2] o Camponesco[1], anticamente Camponisci e talvolta menzionati con il patronimico Dell'Arciprete[3]) furono un'importante e nobile famiglia italiana, protagonista della storia dell'Aquila nel Medioevo.

Tradizionalmente di parte angioina, conquistarono il predominio tra le famiglie aquilane con Lalle I Camponeschi nel 1345, governando poi la città fino alla fine del XV secolo, similarmente a quanto avvenne con i Medici a Firenze. Ressero inoltre numerose terre, tra cui la contea di Montorio, fino all'estinzione del ramo di Pietro Lalle Camponeschi[2]; la primogenita di quest'ultimo, Vittoria, si legò ai Carafa ed ebbe figlio Gian Pietro Carafa, futuro papa Paolo IV, cui trasmise per discendenza la contea e i territori annessi[3].

La famiglia si ritiene essere originaria di Amiterno (San Vittorino)[3] anche se le sue radici derivano dalle terre camponesche, un vasto territorio dedito al pascolo che si estendeva tra Accumoli, Amatrice e Cittareale, citato sul Catalogus baronum già nel XII secolo.[4] È probabile che il casato prenda il nome da questa terra, i cui abitanti erano popolarmente denominati camponisci, prima del trasferimento a San Vittorino, dove è documentata l'esistenza di uno dei suoi più noti membri, ossia Rinaldo di Todo, arciprete della chiesa di San Vittorino alla fine del XIII secolo;[5] da quest'ultimo deriverebbe il patronimico Dell'Arciprete con cui sono indicati i Camponeschi in quel periodo.[3]

Il capostipite della famiglia è ritenuto essere un tale Camponesco vissuto nel 1154,[1] ma la genealogia documentata fa capo a Francesco, detto Cecco, i cui figli Matteo ed Odoardo furono ricchi feudatari.[3] Tuttavia, se lo scopo è risalire alle origini della famiglia ecco che queste si ravvisano con chiarezza nella abate Campone di Farfa, di famiglia di origine probabilmente longobarda, da cui il nome familiare discese con la desinenza ad indicare il patronimico. La discendenza dell'abate Campone si sviluppò nei decenni successivi con le caratteristiche di clan familiare con molteplici rami, tendenzialmente concentrati geograficamente, da cui i Camponeschi di San Vittorino/dell'Aquila derivano. Trattando del capostipite familiare abate Campone va ricordato che questi nel X secolo fece proprio il possesso di vari caseggiati in Roma, prima di pertinenza dell'Abbazia di Farfa, e in particolare concentrati tra le attuali via Arenula e Piazza Farnese. Nell'area citata, forse a memoria storica della presenza familiare, si trova la chiesa di San Salvatore in Campo, prima collocata in luogo lievemente diverso dall'odierno dove oggi sorge parte di Palazzo Santa Croce. Tra le curiosità, che pongono degli interrogativi sui corsi e ricorsi storici, si segnala sempre nell'area delle proprietà dell'abate Campone in Roma lo storico ristorante di esponenti del clan familiare (ramo di Posta nel reatino) che affaccia su Piazza Farnese.[6]

In seguito alla fondazione dell'Aquila, i Camponeschi si affermarono come famiglia espressione del ceto mercantile e borghese della città, in antagonismo ai Pretatti, sostenitori del feudalesimo; in questa sanguinosa guerra tra fazioni, si distinse Lalle I Camponeschi, figlio di Odoardo, che riuscì ad avere la meglio sia sui Pretatti che sull'altra famiglia emergente dei Bonagiunta, conquistando di fatto, nel 1345, il predominio cittadino.[7] Da quel momento, e per circa un secolo e mezzo,[3] i Camponeschi governarono la città, esplicitando un'autorità simile a quella di cui godevano i Medici a Firenze.[8][9]

Il monumento Camponeschi nella basilica di San Giuseppe Artigiano.

Forte del titolo di camerlengo,[10] Lalle godette dell'appoggio, dapprima di Luigi I d'Ungheria, e poi della regina Giovanna I d'Angiò, desiderosi di assicurarsi la fedeltà degli aquilani nella persona del suo massimo esponente: ottenne quindi la carica di gran connestabile del Regno di Napoli e fu insignito del titolo di conte di Eboli, di Sant'Agata de' Goti, di Monteodorisio e, sin dal 1350, di Montorio – appellativo che da lì contraddistinse l'intera famiglia – oltre che dotato di numerosi altri beni tra cui Atessa, Città Sant'Angelo e altre numerose terre tolte a Carlo d'Artus.[11] Nel 1354 fu assassinato da Filippo II d'Angiò.[7]

Il figlio di Lalle, omonimo e conosciuto come Lalle II, continuò a dominare la città quale esponente dei Camponeschi; per assicurarsi la sua fedeltà, la regina gli confermò i titoli del padre compreso quello di gran connestabile, sebbene Lalle II si schierò dalla parte di Carlo III d'Angiò-Durazzo durante la crisi dovuta allo scisma d'Occidente, salvo poi tornare sui suoi passi al termine del conflitto appoggiando Luigi II d'Angiò-Valois.[3]

La città, schieratasi largamente con i Durazzo, insorse contro Lalle II e, alla morte di quest'ultimo il 21 giugno 1383, si rivoltò ferocemente contro la moglie Elisabetta Acquaviva e i sette figli.[3] Ne fece le spese Marino mentre il primogenito, Giampaolo (che aveva ereditato il titolo di conte di Montorio), si salvò a stento.[3] Desideroso di conquistare L'Aquila, Ladislao d'Angiò-Durazzo, erede dei Durazzo, adescò dunque un altro figlio di Lalle II, il capitano di ventura Antonuccio che combatté per lui in Ungheria; alla morte di Ladislao, nel 1414, fu esiliato dalla città per mano di Giovanna II d'Angiò-Durazzo potendovi fare ritorno solamente nel 1422.[3] Due anni dopo difese vittoriosamente la città dall'assedio di Braccio da Montone nell'ambito della guerra dell'Aquila.[3]

Il Castel Camponeschi a Prata d'Ansidonia.

Alla morte di Antonuccio, il titolo di conte di Montorio passò ad un'altra personalità illustre del casato, Luigi (o Ludovico) detto il Conte grasso; questo prese in sposa Angelella Marzano – sorella di Giovanni Antonio, duca di Sessa, e di Maria, prima promessa sposa di Luigi II d'Angiò-Valois e poi moglie di Nicolò da Celano – accrescendo così il prestigio familiare.

Al 1442 risale un editto di Alfonso V d'Aragona in cui conferma la contea di Montorio a Luigi II Camponeschi, figlio maggiore di Battista, fratello di Luigi I;[12] alla morte di Luigi II, nel 1457, la contea passa a Pietro Lalle Camponeschi, suo figlio.[3] Pietro Lalle, continuando nel solco della tradizione angioina della famiglia, portò L'Aquila a prendere parte attiva nella congiura dei baroni ribellandosi a re Ferrante d'Aragona. Fu tuttavia sconfitto e perse tutte le sue terre; in seguito alla sua carcerazione, il controllo della città passò ai Gaglioffi che nel 1485, nel tentativo di liberarsi dal giogo aragonese, misero in atto un tentativo di secessione e dichiararono la città sotto la protezione di papa Innocenzo VIII; allorché il Ferrante liberò Pietro e, approfittando di una temporanea pace tra gli schieramenti placò la rivolta salvo poi perpetuare, tra il 1492 e il 1493 una dura e sanguinosa rappresaglia che colpì duramente le casate ribelli.[3]

Sposato con Maria Pereira Noroña, discendente diretta di Enrico II di Castiglia, Pietro ebbe solo figlie femmine di cui una (Beatrice) morì prematuramente a soli quindici mesi; ad essa, e alla madre, è dedicato il mausoleo di Maria e Beatrice realizzato da Silvestro dell'Aquila e situato nella basilica di San Bernardino. La famiglia continuò a vivere con il ramo discendente da Marino che si estinse nel XVII secolo.[3]

La blasonatura della famiglia Camponeschi è la seguente: d'argento ai cinque monti d'azzurro.[13] Detta blasonatura compare incisa anche nella cella, antica moneta medievale coniata dalla zecca aquilana sotto la direzione dei Camponeschi (1442-1443).[14]

Altre versioni dello stemma presentano sei monti anziché cinque.[15][16]

Albero genealogico

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Di seguito, l'albero genealogico della famiglia a partire da Francesco Cecco Camponeschi:[17][18][A 2]

 Francesco (Cecco)
 
  
 Matteo
 Odoardo
  
    
 Odoardo
Mattia (Mattuccio)
sp. Margherita ?
 Lalle I[A 3]
...-1354
sp. ? Barile
Giovanni (Giannotto)
  
      
 Buccione
sp. Francesca Bonagiunta
 Francesco (Cecco)[A 4]
Francesca
sp. Nicola di Paganica
 Enrico (Arrigo)[A 5]
Lalle II[A 6]
...-1383
sp. Elisabetta Acquaviva
Pietruccio
   
             
Giambattista
Maruccia
...-1417
sp. Niccolò Gaglioffi
Antonio dell'Arciprete[A 7]
sp. Isabella Savelli
Nella
sp. Giacomo Gaglioffi
Nicola
sp. Angeluccia ?
Giampaolo[A 8]
sp. ? Colonna
Luigi I (Ludovico I)[A 9] (il Conte grasso)
sp. Angelella Marzano
Battista
sp. Chiara Gaglioffi
 Pirro
 Marino
...-1391
Odoardo
Urbano
Antonuccio[A 10]
1370-1452
sp. Giovannella Pappacoda
   
            
 Luigi II (Ludovico II)[A 11]
...-1457
Giambattista
Pietro Lalle
sp. Elisabetta Acquaviva
Elena
sp. Ludovico Rivera
Odoardo
sp. Camilla Cantelmo
Giorgio
...-1444
Giambattista
Antonuccio
...-1444
Margherita
sp. Bartolomeo Domenico Riccardi
Melchiorre
Odoardo
Petruccio
  
   
 Pietro Lalle[A 12]
...-1490
sp. Maria Pereira Noroña
 Ercole
 Pirro
  
      
 Vittoria
sp. (1) Ludovico Franchi
(2) Giovanni Antonio Carafa
Diana
sp. Restaino Cantelmo
Chiara
sp. Restaino Caldora
Ginevra
sp. Luigi di Capua
Beatrice[A 13]
Antonuccio
 
   
 Pietro Lalle
Ettore
Maria
sp. Giovanbattista De Rosis
Annotazioni
  1. ^ «Famiglia originata dagli antichi Conti dei Marsi e che prese il nome dal castello Camponesco che possedeva nel 1187. Fu potentissima in Aquila nella quale città era a capo delle nobili famiglie. Il Crispomonti nel suo manoscritto Historia della origine e fundatione di Aquila, 1629, attesta rilevarsi da documenti che un tale Camponesco, che nel 1146 viveva in Aquila, avesse dato il nome alla famiglia, e che era figliuolo di Buccio e nipote di Pietro, il quale era nato da Giovanni, figliuolo di Lalle che viveva nell'anno 893.» (Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 5, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, p. 53)
  2. ^ La genealogia è stata ricostruita principalmente in base ai dati riportati nei vari bullettini della Deputazione abruzzese di storia patria.
  3. ^ Conte di Monteodorisio e Montorio, signore di Atessa e Città Sant'Angelo, governatore dell'Aquila e gran connestabile del Regno di Napoli.
  4. ^ Arciprete di Sant'Antimo di Cascina.
  5. ^ Conte di Monteodorisio.
  6. ^ Conte di Monteodorisio e Montorio, governatore dell'Aquila e gran connestabile del Regno di Napoli.
  7. ^ Feudatario di Pescorocchiano.
  8. ^ Conte di Montorio e ciambellano del Regno di Napoli.
  9. ^ Conte di Montorio.
  10. ^ Signore di Cittareale, Civitaquana e Tocco, governatore dell'Aquila, viceré e giustiziere degli Abruzzi.
  11. ^ Conte di Montorio.
  12. ^ Conte di Montorio, governatore dell'Aquila e viceré degli Abruzzi.
  13. ^ Morì prematuramente a quindici mesi. A lei e alla madre è dedicato il mausoleo di Maria e Beatrice nella basilica di San Bernardino dell'Aquila.
Riferimenti
  1. ^ a b c Candida Gonzaga 1875, pp. 53-56.
  2. ^ a b Aldimari 1691, p. 242.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n Treccani 1930.
  4. ^ Romolo Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, vol. 1, Firenze, Roberto Bemporad, 1922, pp. 441-442.
  5. ^ Giuseppe Rivera, Genealogia dei Camponeschi, in Bollettino della Società di Storia Patria Anton Ludovico Antinori negli Abruzzi, 1901-1903.
  6. ^ Campone di farfa - Enciclopedia, su Treccani. URL consultato il 27 giugno 2024.
  7. ^ a b DBI.
  8. ^ Jean Charles Léonard Simonde de Sismondi, Storia delle Repubbliche italiane nei secoli di mezzo, vol. 2, Lugano, 1838, p. 334.
  9. ^ Alfonso Dragonetti, Le vite degli illustri aquilani, L'Aquila, Francesco Perchiazzi Editore, 1847, p. 255. URL consultato il 18 febbraio 2021.
  10. ^ Vincenzo De Bartholomaeis, Prefazione, in Cronaca aquilana rimata di Buccio di Ranallo di Popplito d'Aquila, Roma, Ferzani & Co., 1907, p. 17.
  11. ^ Vincenzo De Bartholomaeis, Cronaca aquilana rimata di Buccio di Ranallo di Popplito d'Aquila, Roma, Ferzani & Co., 1907, pp. 177-178.
  12. ^ De Matteis 1973, p. 185.
  13. ^ Elenco delle famiglie nobili d'Abruzzo, su casadalena.it. URL consultato il 19 marzo 2020.
  14. ^ Arturo Sambon, Di alcune monete inedite di Alfonso I e Ferdinando I re di Napoli e di due officine monetarie del napoletano finora sconosciute. La Cella ed il Reale di Alfonso I coniati all'Aquila, in Rivista italiana di numismatica, n. 1, 1892, p. 347.
  15. ^ Giovan Battista di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, vol. 1, pp. 243-244.
  16. ^ Adriana Marucchi, Stemmi di possessori di manoscritti conservati nella Biblioteca Vaticana, in Mélanges Eugène Tisserant, Studi e testi, vol. 7, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1964, p. 87, tav. XI.
  17. ^ De Matteis 1996.
  18. ^ Ammirato 1651, pp. 57-61.
  • Biagio Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere, Napoli, Giacomo Raillard, 1691, ISBN non esistente.
  • Scipione Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, vol. 2, Firenze, Amadore Massi da Forlì, 1651, ISBN non esistente.
  • Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, vol. 5, Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1875, pp. 53-56, ISBN non esistente.
  • Angiola De Matteis, L'Aquila e il contado, Napoli, Giannini, 1973, ISBN non esistente.
  • Carlo De Matteis (a cura di), La Guerra dell'Aquila, cantare anonimo del XV secolo, L'Aquila, Textus, 1996.
  • Buccio di Ranallo, Cronica, a cura di Carlo De Matteis, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2008, ISBN 978-88-8450-257-5.
  • Peter Partner, Lalle I Camponeschi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 17, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1974.
  • Cesare Rivera, Camponeschi, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1930.
  • Camillo Tutini, Della varietà della fortuna, Napoli, 1643, pp. 74-75, ISBN non esistente.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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