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Rime (Andreini)/Scherzo II

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Scherzo II

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Sonetto XLIX Madrigale XX

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SCHERZO II.


I
O credèa, che trà gli amanti

Solo i pianti,
     Sol l’angosce, sol le pene
     Senza spene fosser quelle

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     Rie procelle
     Turbatrici d’ogni bene.
Io credèa, che ’nfausta sorte,
     Doglia, e morte
     Sostenesse un cor lontano
     Da la mano, che ’l saetta,
     Che l’aletta,
     Per cui piange, e stride in vano
Io credèa quando sdegnose
     Le amorose
     Luci il vago afflitto mira,
     E sospira, fosse questa
     Pena infesta
     Sol cagion di sdegno, e d’ira.
Io credèa, che ’n fier tormento
     Il contento
     Si cangiasse d’un’amante,
     Che ’l sembiante amato perde,
     Onde ’l verde
     Fugge al fin di speme errante.
E stimai, che senza essempio
     Fosse l’empio
     Fato (ohime) di quel dolente,
     Che languente non hà pace,
     E si sface
     Ne l’incendio vanamente.
Ma godendo non pensai,
     Che trar guai
     Da sue gioie un cor devesse,
     O potesse nel gioire
     Sì languire,
     Ch’à doler d’Amor s’havesse.

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Nè credèa, ch’amante amato
     Del suo stato
     Sospirasse. hor da l’effetto
     Da l’affetto provo, Amore,
     Che ’l dolore
     Segue sempre il tuo diletto.
Stringa pur l’amato collo,
     Che satollo
     Mai non fia quei, che ben ama;
     Perche brama il bel celeste
     Chiuso in queste
     Membra, e ’nvan lo cerca, e brama.
O d’amor sorte infelice
     Se non lice
     Mai gioir. tue cure ponno
     (Fero donno) scure, e chiare,
     Dolci, amare
     Torne dunque il cibo, e ’l sonno?