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giovedì 4 settembre 2014

Libri vissuti - Le particelle elementari

Raccontare l’evoluzione della società occidentale nella seconda metà del XX secolo in un libro che ha la struttura di un romanzo e mescola il linguaggio scientifico di un saggio antropologico a una prosa altamente provocatoria. Mettere insieme contesti realistici e situazioni verosimili affiancandoli alle loro evoluzioni iperrealistiche e inverosimili con tale naturalezza da far sorgere il dubbio al lettore su quale sia il reale confine fra il materialmente documentato e l’immaginato.
Questi sono gli elementi caratterizzanti de “Le particelle elementari” di Michel Houellebecq.
Terzo romanzo da me letto dello scrittore francese, dopo "Piattaforma" e "Estensione del dominio della lotta", ho ritrovato temi ricorrenti e situazioni analoghe: disagio esistenziale, sessualità distorta e ossessiva, paranoie, volgarità, onnipresenza della morte e del decadimento fisico.
I tre romanzi citati non sono sullo stesso livello, c’è una certa discontinuità, però, bisogna ammetterlo, Houellebecq sa scrivere. Sa raccontare, sa provocare nella maniera corretta, sa creare dubbi, sa organizzare i dati sociologici in modo non improvvisato, sa ideare scene e situazioni grottesche sempre ben riuscite. E “Le particelle elementari” è il più riuscito.
Prescindendo dal finale e dall’ipotesi su come potrebbe evolversi l’umanità anche in senso biologico in base agli studi di Michel, uno dei due protagonisti, il vero indimenticabile personaggio del romanzo è Bruno, l’essere umano malriuscito: un condensato di nevrosi, perversione, ipocrisia, disperazione, vigliaccheria, rabbia, rancore, egoismo e materialismo. Una caricatura dell'uomo occidentale contemporaneo, un personaggio letterario che potrebbe essere il discendente attuale della voce narrante che si confessa nelle "Memorie del sottosuolo" di Dostoevskj (paragone che a molti sembrerà blasfemo ma che io mi azzardo a proporre).
Una lettura difficile, spiazzante, una sfida per il lettore che vale la pena di affrontare.