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Luigi Cajani, Sapienza Università di Roma Fra Europa e Oriente nel Seicento: il viaggio di Pietro della Valle Abstract The life and writings of Pietro della Valle, a Roman nobleman who travelled throughout the Ottoman Empire, Persia and India between 1614 and 1626, can be very useful in history education because they not only offer rich information on these Oriental countries in modern times, but also highlight important elements of coeval European culture. 1. L’Europa studia il mondo A partire dagli inizi del Cinquecento si sviluppò in Europa, parallelamente all’espansione politica ed economica oltremare, una sempre più intensa sete di conoscenza circa il resto del mondo, che si espresse sia a livello accademico che divulgativo. I resoconti di missionari, mercanti, diplomatici e viaggiatori incontrarono un grande successo di pubblico, mentre si diffondeva nelle università europee lo studio delle lingue orientali, si organizzavano nelle maggiori biblioteche – a Parigi, Oxford e Roma – i primi fondi di manoscritti orientali, e sempre più numerosi erano i libri stampati in lingue non europee, a partire dall’arabo. Guardando solo al contesto culturale più vicino all’Europa, quello mediterraneo, e per citare solo qualcuno fra i tantissimi esempi, troviamo Guillaume Postel, che prese la prima cattedra di arabo al Collège de France nel 1539 e pubblicò la prima Grammatica araba a stampa, cui ne seguì nel 1592 una stampata a Roma nella Typographia medicea e nel 1613 un’altra pubblicata a Leida da Thomas van Erpe, contemporaneamente al primo dizionario arabo-latino di Frans van Ravelingen. A Roma la Sacra Congregatio de Propaganda Fide, specificamente destinata all’attività missionaria, impiantò nel 1626 una tipografia fornita dei caratteri di molte lingue orientali, fra cui l’arabo, il caldeo, il copto e il brahmanico, e da cui nel 1671 uscì, fra i tanti volumi, una traduzione della Bibbia in arabo. Bibbie poliglotte venivano nel frattempo stampate a Parigi e Londra. Importante fu anche il ruolo di alcuni diplomatici, come il viceconsole francese ad Alessandria André du Ryer, che pubblicò a Parigi nel 1647 una traduzione francese del Corano, L’Histoire-Monde : une histoire connectée | 43 o Giovanni Battista Donà, bailo veneziano a Costantinopoli fra il 1681 e il 1684, che studiò il turco prima di iniziare la sua missione e che, tornato a Venezia carico di manoscritti, pubblicò nel 1688 Della letteratura de’ Turchi, in cui dava un ampio quadro della società e della cultura letteraria e scientifica ottomana. Nasceva insomma la figura dell’orientalista, come Barthélemy d’Herbelot, autore della Bibliothèque orientale contenant généralement tout ce qui regarde la connoissance des peuples de l’Orient, pubblicata a Parigi nel 1697 con la prefazione di Antoine Galland, già attaché dell’ambasciata francese di Costantinopoli, che di lì a poco sarebbe divenuto celebre per la traduzione delle Mille e una notte1. Un discorso a parte meriterebbero poi l’India e la Cina, che furono oggetto di grande attenzione soprattutto da parte dei Gesuiti. Un elemento caratteristico di questo sistema di scambi culturali fu il suo forte sbilanciamento: mentre gli europei viaggiavano, diffondevano la cultura europea e studiavano le culture che incontravano, le altre società manifestarono – seppur in diversa misura – un interesse molto minore nel conoscere l’Europa e la sua cultura, e nessuno o quasi si recò dall’Oriente in Europa. 2. Pietro della Valle, nobile romano Personaggio emblematico di questa stagione culturale europea fu Pietro della Valle, la cui biografia non manca di affascinare, data la molteplicità dei suoi interessi e la vivacità del suo ingegno. Nato nel 1586 da una ricca famiglia della nobiltà romana, lasciò un ampio resoconto dei suoi viaggi in Oriente, che rappresenta una miniera di informazioni assai utili anche sul piano didattico per illustrare vari aspetti della storia culturale dell’epoca e dei luoghi da lui visitati. Di solida formazione umanistica, Pietro si distinse ben presto nel mondo culturale romano, entrando in una delle più importanti accademie, quella degli 1 Irwin Robert, Lumi dall’Oriente. L’orientalismo e i suoi nemici, Roma: Donzelli, 2008 (ed. or. For Lust of Knowing. The Orientalists and their Enemies, London: Penguin, 2006). 44 | Didactica Historica 2 / 2016 Umoristi, e iniziando a coltivare interessi musicali sotto la guida di Paolo Quagliati, per il quale compose il libretto di un dramma in musica, Il carro di fedeltà d’amore, rappresentato durante il carnevale del 1606. Si dedicò con successo anche alla pratica delle armi, come molti suoi pari. Gli anni giovanili furono anche caratterizzati da una forte delusione d’amore, che lo scosse profondamente, spingendolo a fare un pellegrinaggio in Terrasanta per dimenticare. Si trasferì quindi a Napoli, dove strinse amicizia con il medico, arabista e naturalista Mario Schipano, il quale, saputo del suo progetto, gli propose di raccogliere durante il viaggio manoscritti e campioni di piante e minerali e di inviargli regolarmente delle lettere che lui avrebbe rielaborato e pubblicato. Pietro, peraltro, si fermò per ben cinque anni a Napoli, impegnato pure in imprese belliche su galere maltesi contro i barbareschi, e in una relazione amorosa, da cui ebbe due figli illegittimi. 3. Gli anni di viaggio in Oriente Finalmente, nel 1614, Pietro partì da Venezia per il viaggio in Oriente, che sarebbe durato ben dodici anni. Raggiunse Costantinopoli con un seguito di una decina di persone, fra cui due servitori e un pittore. Vi si fermò un anno: il nobile lignaggio gli aprì molte porte, fra cui quelle dell’ambasciatore francese Philippe de Harlay de Cézy. Lì scoprì anche una bevanda fino ad allora ignota in Italia: il caffè. Fece poi rotta per Alessandria, visitò il Cairo e Giza, incidendo il suo nome sulla piramide di Cheope. A Saqqara scoprì le mummie con i tipici ritratti dei defunti: ne acquistò tre, che spedì subito in Italia – oggi due di esse si trovano a Dresda, nell’Albertinum. Assolto il dovere del pellegrinaggio a Gerusalemme, Pietro proseguì per Damasco ed Aleppo, e di lì decise di recarsi in Persia per la via di Baghdad, mosso dalla curiosità, ma anche perché la Persia era un obiettivo diplomaticamente interessante, in quanto nemica dell’Impero ottomano. Divenuto intimo dello shah ‘Abbās I il Grande, discusse con lui della possibilità di un’alleanza con le potenze cristiane, in cui coinvolgere anche i cosacchi, e della fondazione di una città, vicino ad Ispahān, che servisse come colonia cattolica dove far rifugiare i cristiani che soffrivano sotto il dominio ottomano. Tutti progetti rimasti però irrealizzati. Grazie ai suoi rapporti con lo shah, Pietro fu anche al corrente delle intense trattive diplomatiche che ruotavano intorno alla Persia, e nelle sue lettere riferì dettagliatamente delle udienze e delle manovre di ambasciatori indiani, ottomani, spagnoli, inglesi e moscoviti. Al suo ritorno egli diede un ritratto ammirato dello shah nel libro Delle conditioni di Abbàs rè di Persia, pubblicato a Venezia nel 1628 e a Parigi nel 1631. Durante i sei anni trascorsi in Persia visitò in lungo e in largo il Paese, che descrisse in un libro scritto poco dopo a Goa, il De regionibus subiectis recentiori Persarum Imperio, pubblicato solo di recente2. Si dedicò intensamente anche all’archeologia: visitò Persepoli e Ur, dove scoprì le tavolette cuneiformi, qualcuna delle quali portò a Roma3. Ebbe molti contatti con gli intellettuali locali e apprese la lingua persiana abbastanza bene da scrivere non solo poesie4, ma anche un testo di difesa della dottrina cristiana. A Roma tradusse poi questo testo in latino e ne preparò un volume bilingue, che però non venne stampato, forse bloccato dalla censura5. Particolarmente intensi furono i suoi rapporti con il matematico e astronomo Zayyn al-Dīn al-Lārī, per il quale compendiò e tradusse in persiano un trattato del gesuita Cristoforo Borri, sostenitore del sistema di Tycho Brahe, in alternativa a quello eliocentrico, allora condannato dalla Chiesa cattolica6. In questa fase del viaggio Pietro visse anche un sogno d’amore, purtroppo di breve durata. Ad 2 Brentjes Sonja, Schüller Volkmar, « Pietro della Valle’s Latin Geography of Safavid Iran (1624-1628): Introduction », Journal of Early Modern History, n° 10, 2006, p. 169-219. 3 Cinque caratteri sono riprodotti nei suoi Viaggi…, La Persia, Parte seconda, Bologna: Gioseffo Longhi, MDCLXXVII, p. 340, e furono i primi a essere conosciuti in Europa. 4 Rossi Ettore, « Poesie inedite in persiano di Pietro dellaValle », Rivista degli studi orientali, n° 28, 1953, p. 108-117. 5 Orsatti Paola, « Uno scritto ritrovato di Pietro dellaValle e la polemica religiosa nella storia degli studi sul persiano », Rivista degli studi orientali, n° 64, 1992, p. 267-274. 6 Ben-Zaken Avner, « From Naples to Goa and Back: A Secretive Galilean Messenger and a Radical Hermeneutist », History of Science, n XLVII, 2009, p. 147-174. Aleppo infatti egli aveva conosciuto un giovane che gli aveva parlato di una bellissima ragazza di Baghdad, per la quale spasimava senza speranza. Incuriosito, una volta a Baghdad Pietro riuscì a conoscere la ragazza, Sitti Maani, di famiglia assira nestoriana, e a convincere lei e i suoi genitori al matrimonio. Alla moglie Pietro dedica pagine colme di affetto, e molto toccante è il racconto della morte di lei, cinque anni più tardi, a causa di una malattia e di un aborto spontaneo. Pietro decise di imbalsamarne il corpo per seppellirlo a Roma, e lo portò con sé per tutto il resto del viaggio. Nel gennaio del 1623 si imbarcò per l’India su una nave inglese: si fermò a Goa e poi discese la costa visitando Ikkeri, Mangalore e Calicut, sempre ricevuto con grandi onori dai sovrani locali. Tornato a Goa, Pietro intraprese la via del ritorno, raggiungendo prima Bassora, attraverso il Golfo Persico, e proseguendo poi via terra, passando per Aleppo, Antiochia e Alessandretta, e di lì di nuovo via mare per Malta, Messina e Napoli, giungendo a Roma il 28 marzo 1626. Fece seppellire la moglie con una solenne cerimonia nella cappella di famiglia nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli7, e nel 1629 sposò una giovane georgiana, Maria Tinatin, detta Mariuccia, che era stata accolta orfana da bambina dalla stessa Sitti Maani e che l’aveva accompagnato durante il viaggio. Da lei ebbe numerosi figli, che non seguirono nessuno degli esempi paterni. 4. Ritorno a Roma: gli studi orientali e la musica L’impresa compiuta diede grande lustro a Pietro: il papa Urbano VIII lo nominò subito cameriere d’onore di cappa e spada, e gli chiese consigli per una missione in Georgia8. Oltre a riprendere a frequentare gli Umoristi, Pietro fece della sua casa 7 La cerimonia è descritta nel volumetto di Rocchi Girolamo, Funerale della Signora Sitti Maani Gioerida dellaValle Celebrato in Roma l’Anno 1627, Roma: presso l’erede di Bartolomeo Zannetti, 1627. 8 Pietro della Valle preparò per l’occasione una memoria dal titolo Informatione della Giorgia data alla Santità di nostro signore Papa Urbano VIII da Pietro dellaValle il Pellegrino l’anno 1627, che fu pubblicata a Parigi nel 1663 da Melchisédech Thévenot nel primo volume delle sue Relations de divers voyages curieux. L’Histoire-Monde : une histoire connectée | 45 uno dei centri della vita intellettuale romana dell’epoca; ospitò anche un dibattito con Tommaso Campanella, da poco uscito dal carcere, e fu uno dei protagonisti degli studi orientali dell’epoca, in contatto con studiosi di tutta Europa. Pietro ebbe infatti un forte interesse per le lingue orientali. Si è detto della sua conoscenza del persiano, ma imparò anche l’arabo e soprattutto il turco, tanto da scriverne una grammatica, rimasta manoscritta. Acquistò a Costantinopoli un importante dizionario arabo, il Camus di Fairuzabadi, e in seguito molti dizionari e grammatiche in varie lingue, dall’arabo al copto. Com’era nei programmi, si procurò poi manoscritti di vario argomento, storico, geografico, matematico, astronomico, linguistico, letterario, astrologico e astronomico, nonché testi biblici. Svariati ne inviò già nel corso del viaggio ad alcuni suoi corrispondenti, e quelli che tenne per sé vennero poi dati nel 1718 dagli eredi alla Biblioteca Vaticana9. Il suo acquisto più importante furono certamente due copie trovate a Damasco del Pentateuco samaritano, un testo noto ai padri della Chiesa ma di cui da secoli si erano perse le tracce, e che era molto importante per gli studi biblici. Un esemplare lo inviò subito al de Cézy, che glielo aveva commissionato, l’altro lo tenne per sé con l’intenzione di pubblicarlo, ma una volta tornato, temendo la censura romana, a causa delle differenze fra quello e il testo canonico, lo inviò al biblista francese Jean Morin perché lo pubblicasse a Parigi10. Egli rinnovò poi gli interessi giovanili per la musica, partecipando attivamente al dibattito fra stile antico e moderno, proponendo di restaurare i tonoi greci e scrivendo un trattatello, Della musica dell’età nostra che non è punto inferiore, anzi è migliore di quella dell’età passata. Mise anche in opera le sue teorie componendo la musica per alcuni oratori11 e per una “veglia drammatica”, 9 Mai Angelo, Scriptorum Veterum Nova Collectio e Vaticanis Codicibus edita, IV, Roma: Typis Vaticanis, MDCCCXXXI, passim. La corrispondenza fra i due è pubblicata nella Antiquitates Ecclesiae Orientalis clarissimorum virorum…, Londra: Geo. Wells, 1682. 11 Barbieri Patrizio, « Pietro dellaValle: the Esthèr oratorio (1639) and other experiments in the stylus “metabolicus”. With new documents on triharmonic instruments », Recercare, n° XIX/1-2, 2007, p. 74-124. 10 46 | Didactica Historica 2 / 2016 La valle rinverdita, eseguita in occasione della nascita della prima figlia, per la quale inventò il nome di Romibera, combinando il nome della propria patria, Roma, con quello della patria di Mariuccia, la Georgia, classicamente chiamata Iberia. Inoltre costruì due strumenti sperimentali, un cembalo triarmonico, di cui inviò un esemplare al re Giovanni IV del Portogallo, anch’egli musicofilo, e un violone panarmonico. 5. Il racconto dei suoi viaggi L’opera però che rese celebre Pietro fu il suo straordinario resoconto di viaggio. Scoperto al suo ritorno che Schipano non aveva affatto pubblicato le 54 lettere inviategli, egli decise di occuparsene personalmente, rivedendole un po’ ma mantenendo di proposito lo stile epistolare, immediato e vivace, che piacque agli amici che le lessero in anteprima e che rende questo testo ancor oggi di assai gradevole lettura. La prima parte12 uscì a Roma nel 1650, due anni prima della sua morte. La seconda, in due volumi, sulla Persia, e la terza, sull’India e sul ritorno in patria, furono pubblicate rispettivamente nel 1658 e nel 1663, a cura dei figli. Si tratta di un testo insolitamente lungo, di complessive 2326 pagine. Osservatore acutissimo, Pietro scrive dettagliatamente del mondo che lo circonda, di città e monumenti, di usi e costumi, di cibo, di feste popolari e di cerimonie religiose, di quando viene ricevuto dai sovrani, e delle vicende politiche e militari che si svolgono intorno a lui, come l’esecuzione del gran visir Nasuh nel 1614 a Costantinopoli o la guerra fra Persia e Portogallo per la fortezza di Hormuz, nel 1622. Grande spazio dà poi alla dimensione personale: dagli scontri con i predoni, risolti positivamente grazie a una pronta reazione in armi, all’incontro con una vedova indiana decisa a sacrificarsi sulla pira del marito, con cui ebbe un lungo colloquio per capirne le ragioni e per cercare, senza successo, di dissuaderla. Molte sono le 12 De’ viaggi di Pietro dellaValle il pellegrino. Descritti da lui medesimo in lettere familiari all’erudito suo amico Mario Schipano. Parte prima cioè la Turchia, Roma: Vitale Mascardi, 1650. Ritratto di Pietro della Valle, tratto da : Petri della Valle, ReissBeschreibung in unterschiedlichen Theilen der Welt…, Genff, Johann Hermann Widerholdt, 1674. informazioni su come si viaggiava in quelle terre, su come si alloggiava, spesso presso case di ordini religiosi o di rappresentanti diplomatici europei, e su come funzionava la posta: quando si sapeva che qualcuno – mercante, missionario o diplomatico che fosse – era in procinto di partire, gli si affidava la corrispondenza, confidando che sarebbe stata passata successivamente a mani fidate, con buona probabilità di arrivare a destinazione. Come avvenne infatti per le lettere di Pietro, il quale a sua volta ne ricevette numerose. Le ingenti spese di viaggio non furono un problema per Pietro, che disponeva di un consistente patrimonio familiare: nel libro dei conti tenuto durante il viaggio egli registrò il denaro che riceveva direttamente o tramite lettere di cambio, i tassi di cambio con le Ritratto di Sitti Maani tratto da : Reiss-Beschreibung in unterschiedlichen Theilen der Welt…, Genff, Johann Hermann Widerholdt, 1674. monete locali e il dettaglio delle spese quotidiane, che rappresenta un interessante completamento delle lettere13. La fama di questo resoconto fu immediata e di portata europea: nel giro di vent’anni, fra il 1661 e il 1681, uscirono tre edizioni integrali veneziane e due bolognesi, nonché una traduzione francese, una olandese e una tedesca, e una parziale inglese. Un successo che riprese anche nel secolo seguente con una traduzione integrale francese nel 1745. Da segnalare l’ammirazione di Goethe, che nel 13 Archivio Segreto Vaticano, Archivio della Valle del Bufalo, b. 190. L’Histoire-Monde : une histoire connectée | 47 Pietro morì a Roma il 21 aprile 1652 e venne seppellito accanto a Sitti Maani, sotto il pavimento della cappella, senza lapide. Fra i molti tesori portati dal suo viaggio resta da citare ancora il gatto persiano, molto amato dalla moglie, e che riuscì a trasportare sano e salvo fino Roma, introducendolo così in Europa per la gioia degli appassionati di felini. L’autore Riassunto Luigi Cajani insegna storia moderna e didattica della storia nella Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di Roma. È Assoziierter Wissenschaftler del Georg-Eckert-Institut für internationale Schulbuchforschung di Braunschweig (Germania) e presidente della International Research Association for History and Social Sciences Education (IRAHSSE). L’opera e la biografia di Pietro della Valle, un nobile romano che viaggiò nell’Impero ottomano in Persia e in India tra il 1614 e il 1626, sono molto utili sul piano didattico per illustrare sia quel contesto d’Oriente sia la cultura europea dell’epoca. suo West-östlicher Divan del 1819 dedicò a Pietro una lunga biografia, affermando che era grazie a lui che aveva capito l’Oriente. luigi.cajani@uniroma1.it http://www.lettere.uniroma1.it/user/271 48 | Didactica Historica 2 / 2016 Résumé L’œuvre et la vie de Pietro della Valle, noble romain qui voyagea dans l’Empire ottoman, la Perse et l’Inde entre 1614 et 1626, apportent de riches informations susceptibles d’usage didactique, aussi bien pour la compréhension de l’Orient et des voyages aux Temps modernes que pour approcher la culture européenne de l’époque.