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Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito di Osvalda Andrei 1. Premessa La cronografia è un tema forte dell’autodefinizione cristiana del II-III secolo d.C. e la ‘raccolta degli anni e dei tempi’ (Synagoge)1 del 235 d.C. ne è, con le Chronographiai di Giulio Africano, un momento chiave2. Ma una valutazione completa dell’opera, sia di per sé che come espressione di un genere, deve tener conto del posto che essa occupa nella questione ippolitea, cioè dell’attribuzione allo stesso autore dell’Elenchos che le viene ascritta d’abitudine e che ci sono buone ragioni per impugnare. Ho preso di recente posizione sul problema e cercato di dimostrare che: a) la Synagoge nasce dietro l’affermarsi delle Chronographiai, come risposta/controproposta al trattamento africaneo del modello esamillenario, che l’autore ha ritenuto insufficiente ad esprimere l’essenza autentica dell’economia salvifica ed il relativo movimento temporale; b) l’assenza della dimensione comparata della cronologia ab Adamo e la particolarità dell’impianto narrativo, costruito secondo una disposizione compartimentalizzata degli historoumena, sono due aspetti complementari di un progetto d’autore che vuole dimostrare nel Logos Figlio (Cristo) il vero protagonista della storia universale in ogni suo ambito e piano. Ne derivano una visione ed una disposizione contenutistiche del corso storico che si esprimono cronograficamente mediante filum chiliadico a due corsie da Giosuè all’epifania del Logos nella carne (l’opposto dell’andamento sincronistico africaneo) e narrativamente mediante un uso pronunciato di liste bibliche (diadoca…) e tranches extrabibliche, tutte cristocentricamente orientate. Questo sembra presupporre una ‘Logostheologie’ che richiama per più versi l’ambito d’azione, ideologico ed esegetico, dell’Ippolito cosiddetto orientale, ambito da ritenersi, perciò, comprensivo anche di una crescita della sensibilità cronografica (aspetto 1 2 Nota bene: Abbreviazioni interne a Synagoge (= Syn.) 43-239: DEl. = Diamerismos (esegesi di Gen 10) dell’autore dell’Elenchos = la prima parte del settore ‘diamerismos’ della Synagoge (= Syn. Diam. I: §§ 44-52.56-197); DHipp. = Diamerismos (esegesi di Gen 11) di Ippolito = la seconda parte del settore ‘diamerismos’ della Synagoge (= Syn. Diam. II: §§ 198-201.202-234.235-239). O. Andrei, L’emergere di una cronografia cristiana come fattore di costruzione identitaria, ASEs 22, 2005, 57-97. ZAC, vol. 11, pp. 221-278 © Walter de Gruyter 2007 DOI 10.1515/ZAC.2007.014 Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 222 Osvalda Andrei rilevante dell’esegesi) dal Commento a Daniele al Computo Pasquale del 222 d.C. e, da qui, alla Synagoge (il cui termine di chiusura io propongo di leggere – in accordo al calcolo delle Pasque cristiane calendarizzato nel pinax – come 22 marzo, dies dominicus Paschalis, del 235 d.C.)3. Nel quadro degli attuali esiti della questione ippolitea, che non ammette più un’identità letteraria unica (Ippolito di Roma) e un solo corpus di scritti, ma un Ippolito ‘orientale’ (ben rappresentato da un pacchetto di scritti esegetici e dal Contro Noeto) da un lato e un personaggio (di identità vincolata alle alterne fasi della ricerca su Ippolito) autore di Elenchos e Peri Pantòs dall’altro, io sposto la Synagoge (ritenuta compresa in una serie di autocitazioni dell’Elenchos e, perciò, prodotta dalla stessa mano e psicologia culturale) dal settore B, attualmente senza paternità, all’Ippolito ‘orientale’ (la sola figura, uscita dal crollo del fabbricato ippoliteo tradizionale, a potersi concretamente controllare nella sua ‘Weltanschauung’)4. Da questa analisi ho dovuto nell’occasione tener fuori l’ampio settore del ‘Diamerismos-Stadiasmos’ (Synagoge 44-613), per quanto consapevole della sua esemplarità nella visione contenutistica del tempo e della storia propria della Synagoge. Considerando gli sviluppi di ricerca che mi sono poi trovata davanti, questa dilazione è stata, oltre che un bene (per l’essere il tema meritevole di trattazione specifica), anche un dovere (verso quasi un sessantennio di dibattiti sul puzzle ‘Ippolito’, che permette ora di far tesoro del patrimonio di riflessioni e approfondimenti che ne sono scaturiti). Per dare il giusto peso a questo settore, tuttavia, non basta chiarire a cosa serve, ossia dimostrarne la congruità con il tessuto ideologico della Synagoge (per me, lo stesso dell’Ippolito orientale). Un simile approccio, pur se benefico ai fini di una visione d’insieme di questa descriptio temporum preeusebiana, risulterebbe, però, incompleto e non del tutto onesto intellettualmente. Proprio tale settore, infatti, con il Diamerismos (Synagoge 44-201) in primo piano, costituisce nell’opinione comune la prova pressoché scontata dell’appartenenza della Synagoge alla stessa personalità culturale di cui è prodotto l’Elenchos5. È dunque importante, innanzitutto, 3 4 5 O. Andrei, Dalle Chronographiai di Giulio Africano alla Synagoge di ‘Ippolito’. Un dibattito sulla scrittura cristiana del tempo, in: M. Wallraff (ed.), Iulius Africanus und die christliche Weltchronistik, TU 157, Berlin 2006, 113-145. Qui, come nel precedente saggio, l’edizione di riferimento per il testo della Synagoge è A. Bauer/R. Helm (edd.), Hippolytus Werke, vol. 4. Die Chronik, GCS 46, Berlin 21955. Infra, pagina 235, per il trattamento delle autoreferenze in Elenchos; Andrei, Chronographiai (vedi nota 3) per lo status quaestionis del problema e la riorganizzazione, che ipotizzo, dei due ambiti letterari; E. Castelli, Il prologo del ‘Peri Pantòs’, VetChr 42, 2005, 37-57 per un approfondimento recente, nel quadro della tesi disunitiva tradizionale, dell’ambito letterario dell’autore dell’Elenchos. Ad es. V. Loi, L’identità letteraria di Ippolito di Roma, in: Istituto Patristico Augustinianum Roma [come ed.], Ricerche su Ippolito, SEAug 13, Roma 1977, (67-88) 73sq.; M. Simonetti (ed.), Ippolito, Contro Noeto, BPat 35, Bologna 2000, 140-143 (nell’ambito della valutazione delle Homeliae in Psalmos entro la questione ippolitea); M. Simonetti, Aggiornamento su Ippolito, in: Istituto Patristico Augustinianum Roma [come ed.], Nuove ricerche su Ippolito, SEAug 30, Roma 1989, (75-130) 124sq. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 223 svincolare questa parte dall’ombrello della paternità tradizionale, ossia rinegoziarne il rapporto con l’autore dell’Elenchos affrontandolo in chiave di interlocuzione piuttosto che di appiattimento dell’una sull’altro. Pertanto, come quella precedente, anche questa fase della ricerca prevederà ancora il binario dell’acquisizione dell’identità d’autore (pur se, in questo caso, nel senso della conferma decisiva). In questa forma plurima, il problema si inscrive in un contesto a più piani e registri di intersecazione. A preavvisarlo sono due recenti interventi sul diamerismÒj (a cui, quale pars pro toto, la Synagoge deve l’onore di essere stata in qualche modo riscoperta), occorsi in seno a studi sulla persistenza di materiali particolari e sulle trasformazioni di saperi tradizionali nella cristianità dei primi secoli. Nell’occuparsi l’uno dell’operatività e della fortuna di Giubilei 8sq. (spartizione postdiluviana della terra tra i noachiti, con relativa mappa mundi) nella tradizione cristiana dagli Atti degli Apostoli alle soglie del Medioevo (J.M. Scott), l’altro della cristianizzazione, tramite filtri biblici, di particolari settori di ricerca quali la geografia e l’etnografia (H. Inglebert), ambedue hanno dedicato al diamerismÒj ‘ippoliteo’ pagine utili ad individuarvi un documento importante del costituirsi, attraverso dinamiche e materiali appositi, di spazi letterari cristiani6. Le due analisi non prevedono però, per la diversità degli obiettivi di fondo, le tranches sui ‘popoli sconosciuti’ (Synagoge 202-234) e sui ‘monti e fiumi illustri’ (Synagoge 235-239), nonché lo stadiasmÒj (Synagoge 240-613), che risultano ancora fermi allo stato di ‘pezzi’ di esibizione e restano, perciò, sostanzialmente immotivati in chiave di pensiero e progetto dell’opera. Inoltre, poiché in entrambi gli studi si parla del diamerismÒj e del Chronicon (sic!) in termini di ‘Ippolito di Roma’ (la vecchia identità letteraria con cui si continua per lo più a pensare e a scrivere fuori d’Italia) e della sua ideologia, è preclusa a priori la coscienza di un ambito d’azione da distinguersi e rivalutarsi rispetto a quello dell’Elenchos. Tuttavia, il concorso di tradizioni specifiche nella costruzione del settore così come le discontinuità al suo interno che i due studi evidenziano dai rispettivi osservatori sono sintomi importanti di quella contestualità euristicamente complessa nel cui ambito dovrà muoversi l’opera di revisione e riassestamento delle consonanze geografiche ed etnografiche tra Elenchos e Synagoge. A preannuncio di quanto mi occuperà nel prosieguo, posso qui dire che ci voleva un Ippolito ‘esegeta’ per combinare alla dimensione universale del tempo e della storia (espressa dalla ‘scrittura dei tempi’) un’altra dimensione tale sotto il profilo dello spazio, rappresentata al pari della prima da apposita scrittura e, come questa, incardinata sul Logos e da 6 J.M. Scott, Geography in Early Judaism and Christianity. The Book of Jubilees, MSSNTS 113, Cambridge 2002, 135-158; H. Inglebert, Interpretatio christiana. Les mutations des savoirs (cosmographie, géographie, ethnographie, histoire) dans l’antiquité chrétienne (30-630 après J.-C.), Collection des études augustiniennes. Série antiquité 166, Paris 2001, 125-159. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 224 Osvalda Andrei Lui orientata e percorsa. Ci voleva un Ippolito del genere, certo, ma non senza la mediazione intellettuale di una mano diversa (anche dall’obiettivo primario, rappresentato da Giulio Africano), di profilo non basso, assai impegnata e motivata. Nel diagramma geo-etnografico e periegetico complessivo, il passaggio da un probabile medium creativo rinegoziato al piano specifico della Synagoge e del suo autore è individuabile innanzitutto nei ripetuti picchi – proemio (Synagoge 224.236.240) che segnalano ondulazioni e crescite del tema. 2. Synagoge 43-613: un Diamerismos a più piani e lo Stadiasmos Alla notifica dell’annus mundi/Adami 2767 (nascita di Peleg; Synagoge 42), la Synagoge fa seguire un breve proemio introduttivo (Synagoge 43) che indica nel diamerismÒj l’argomento, svolto ™n suntÒmJ, di vero e proprio inizio della trattazione cronografica, rinviando il lettore ad altri contributi per una analisi più ampia (= di quella implicata da Synagoge 22-42) dei primordia precedenti7; nell’indicare, poi, l’a.m./Ad. 2800 quale data chiliadica di purgopoi…a e sÚgcusij, Ippolito pone gli estremi per una distinzione narrativa (e, dunque, esegetica) tra Gen 10 (‘tavola dei popoli’) e Gen 11 (torre di Babele). Nella sua sinteticità, si tratta di introduzione importante: a) per la visione del ‘dividere la terra’, connessa dalla bibbia al nome di Peleg (Gen 10,25), secondo due momenti distinti segnalati dalla nascita e dal 33° anno del patriarca (= 2800-2767); b) per il carattere di novità della sezione che l’autore enfatizza mediante l’uso di un’apposita forma espressiva (quella secondo notizie brevi, intesa a coniugare la vastità dell’argomento con uno spazio necessariamente contenuto) e rimando bibliografico per il prequel (che egli riteneva sufficientemente e/o adeguatamente trattato in altre sedi). Questa retorica del novum difficilmente può scindersi dal ruolo di proposta alternativa che la Synagoge intende svolgere, nell’insieme, rispetto alle Chronographiai di Giulio Africano e che si manifesta qui: a) nell’interpretazione di Peleg come figura emblema del ‘dividere’ (per Africano, che la intendeva quale ‘divisione’ del tempo totale del creato, un’azione soprattutto trasversale e metastorica e, perciò, funzionalmente indicata dall’a. Ad. della morte del patriarca: per Ippolito, che la riferiva alla divisione della terra e delle lingue del ‘dopo diluvio’, azione circoscritta al piano dell’evento reale e, dunque, tutta interna al vissuto contemporaneo di Peleg e del padre Eber)8; b) nell’argomento in sé (quell’interpretazione della ‘tavola dei popoli’ a cui Giulio Africano sembra non aver dato spazio o avergliene dato in modo per Ippolito ina7 8 Per la grafia a.m./Ad. come espressione della peculiare era ab origine della Synagoge, vedi Andrei, Chronographiai (vedi nota 3), 119-121. Iulius Africanus apud Georgius Syncellus, Ecloga chronographica 161 (BSGRT, 97,11 Mosshammer = Reliquiae Sacrae 22, 244,10sq. Routh). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 225 datto)9. Anche il rinvio bibliografico per il prequel (con un dš decisamente differenziante l’autore rispetto ad altra dimensione letteraria) – una volta sciolto dal vincolo e dalle alterne sorti della ricerca su Ippolito (che vi vede sempre e solo un rimando ad opere ‘proprie’) e inteso in senso più possibilista (ossia aperto a comprendere anche letteratura non dell’autore, incluse le stesse Chronographiai africanee) – potrebbe valutarsi come una strategia di rinforzo del ‘nuovo’, in questo caso nel senso dell’integrazione (= di quanto mancava alla narrativa del predecessore sui primordi)10. Il settore è articolato su più livelli di argomento, onde la dicitura generale di Diamerismos dell’edizione Bauer/Helm potrebbe apparire solo indicativa. La prima parte (quella specificatamente intitolata diamerismÒj; Synagoge 44-197) descrive la ripartizione della terra, occorsa dopo il diluvio fra i figli di Noè, dapprima secondo i tre continenti (Asia/Sem, Libia/Cam, Europa/Iafet; Synagoge 45-52), poi in base al loro popolamento secondo un’organizzazione figlio per figlio di tipo seguente: a) figli di (Iafet, Cam, Sem) e popoli da essi derivati (Synagoge 56-78 figli di Iafet; 92-130 figli di Cam; 158-188 figli di Sem); b) i popoli di ciascun ambito attualmente presenti nelle aree territoriali della spartizione originaria (Syn9 10 W. Adler, Time Immemorial. Archaic History and its Sources in Christian Chronography from Julius Africanus to George Syncellus, DOS 26, Washington D.C. 1989, pensa che i dati di Leo grammaticus, Chronographia 13,17sq. derivino dalla narrativa africanea (basata su Giubilei 8sq.) sulla ‘tavola dei popoli’ e Babele. Leo grammaticus è autore familiare con materiale di Africano, che riecheggia e rielabora più volte (vedi ad es. O. Andrei, The 430 Years of Ex 12,40 from Demetrius to Julius Africanus. A Study on Jewish and Christian Chronography, Henoch 18, 1996, [9-67] 38.43sq.). Tuttavia nel caso specifico di Leo grammaticus, Chronographia 12-17 i dati africanei (vedi ad es. Leo grammaticus, Chronographia 14,5-7 per la collocazione della morte di Peleg nell’a.m. 3000) sono risolti in una struttura generale che è quella del diamerismÒj della Synagoge (cp. Leo grammaticus, Chronographia 12,23-13,1 con Syn. 54; Chronographia 14,10-17 con Syn. 56-196, di cui appare una sintesi; Chronographia 14,18-15,4; 16,4-17,7 con Syn. 47.193-197.137-157.84-90, di cui sono una semplificazione riorganizzata). Onde i 43 anni di durata della costruzione della torre in Leo grammaticus, Chronographia 13,17sq. sembrano, più che un’eco di altro sistema, una maggiorazione dell’autore (o di chi per lui) dei 33 anni dell’intervallo ‘a.m./Ad. 2767 (nascita di Peleg) – a.m./Ad. 2800 (confusione)’ in Syn. 42sq.; intervallo che, essendo l’a.m./Ad. 2800 lo stesso sia della purgopoi…a che di Babele, doveva interessare nell’originale contenuti diversi da quelli poi ascrittigli in Leo grammaticus. Per la natura del rimando in seno alla tesi disunitiva tradizionale, vedi infra, pagina 235; per il suo funzionamento nell’ambito di quella unitiva (Ippolito di Roma), vedi M. Richard, art. Hippolyte de Rome (saint), DSp 7/1, 1969, (531-571) 539-541. Da qualche parte non si è escluso il rinvio a bibliografia non dell’autore, che resterebbe, però, limitata alle fonti del settore medesimo (ad es. un’epitome dai Giubilei o altro materiale del genere; Scott, Geography [vedi nota 6], 138sq.). Ma il rimando di Syn. 43 riguarda non il vero e proprio diamerismÒj, bensì gli avvenimenti che lo precedono nella narrativa scritturaria (quelli che, allo stato attuale del testo, Ippolito riassume nel filum chiliadico di Syn. 3642). È, allora, possibile che l’autore si riferisse non solo a cose sue sull’argomento, ma anche al suo stesso obiettivo polemico, quelle Chronographiai di Giulio Africano, nelle cui linee narrative ed esegetiche del periodo prediluviano poteva forse, almeno parzialmente, riconoscersi (così per la funzione di preannuncio del Salvatore di alcuni patriarchi nei fragm. 3 e 5 di Routh [Reliquiae Sacrae 22, 238,18-239,4; 239,23-240,8 R.]). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 226 Osvalda Andrei agoge 79-83 iafetiti; 131-136 camiti; 189-195 semiti), con – all’interno di ogni blocco – l’indicazione degli œqnh“dotati di scrittura” (Synagoge 82sq. iafetiti; 134sq. camiti; 192 semiti); c) i territori e le isole occupati da ciascun ramo genealogico in accordo alla ripartizione originaria tra i Noachiti (Synagoge 84-91 Iafet; 137-156 Cam; 193-197 Sem). Ogni insieme territoriale (katoik…a) è identificato dai confini geografici e dalla presenza di uno dei quattro fiumi di Gen 2,10-1411. Nel complesso, la sezione è calibrata su un ‘long ago’ biblico che stabilisce l’immutabile (= le aree territoriali destinate a ciascun ramo noachita) e un ‘attuale’ geo- ed etnografico che dovrebbe riportare al primo il mutabile (= i movimenti e gli sviluppi storici). Terminologicamente, questi due piani si muovono tra un azione/evento irreversibile (la spartizione, effettuata tramite apposito ‘rito’ fondante; kekl»rwntai; Synagoge 2) e quella di un ‘popolamento’ che dalla mobilità iniziale approda poi alla stabilizzazione oggetto di descriptio terrae (katšspartai […] gennhqšnta […] e„s…). Dal punto di vista espressivo, questo tracciato storico è esemplificato dai temi dell’ ‘appartenenza’ comune (™pikoin…a) – riguardante quelle zone (soprattutto isole) originariamente destinate ad una filiazione specifica, poi occupate anche da etnie di altro blocco e, perciò, al servizio di più di un noachita – e della metoik…a (Synagoge 75.78), cioè della migrazione etnica dalle cîrai d’origine ad altre di diversa appartenenza. Preme sin da ora notare che i casi segnalati interessano migrazioni camite ‘dentro’ Sem o Iafet (cioè in territori degli altri due blocchi) e che taluni di essi traducono nel filtro biblico di base esempi cult del modello tradizionale mhtrÒpolij/¢poik…a (ad esempio la fenicia Sidone e l’egizia Sais fondatrici delle greche Tebe ed Atene; Synagoge 75-78)12. L’intersecarsi di modelli diversi e, per di più, su casi del genere è certamente un segnale della complessità osmotica del ‘Sitz im Leben’, ma agisce anche nel senso dell’idea di un ‘Cam’ (con relativa discendenza ed enclaves territoriali) funzionale al potenziamento 11 12 Iafet/Tigri, frontiera tra Media e Babilonia (Syn. 50.90); Cam/Geon-Nilo, che circonda tutto l’Egitto (Syn. 51.156); Sem/Eufrate (Syn. 52). Il quarto fiume, Phison – identificato con l’Indo nella lista dei fiumi illustri (Syn. 237) – non è rapportato o riferito ad alcun territorio noachico (cp. Inglebert, Interpretatio [vedi nota 6], 127sq.). Due esempi di suggšneiai di sentore filobarbaro valorizzate a più riprese, durante l’età ellenistica e romano-imperiale, dal dibattito sull’origine e la diffusione della cultura e, ovviamente, sfidate da opposte posizioni ellenocentriche. Per Atene ‘figlia’ dell’egizia Sais e gli sfondi culturali del tema nel II sec. d.C. come intravedibili nel senatore e storico A. Claudius Charax (fragm. 39 di no. 103 in: Die Fragmente der griechischen Historiker [FGH 2A, 491,4-12 Jacoby]), vedi O. Andrei, A. Claudius Charax di Pergamo. Interessi antiquari ed antichità cittadine nell’età degli Antonini, Opuscula philologa 5, Bologna 1984, 81-86. Quanto alla provenienza fenicia di Cadmo come fondatore per ¢poik…a della greca Tebe, si tratta di un elemento del mito di invenzione e/o trasmissione ecumenica dell’alfabeto (fragm. 105 di no. 70 [Ephorus] in: Die Fragmente der griechischen Historiker [68,32-69,6 J.]; Tat., orat. 39,1-3 [PTS 43, 70,1-16 Marcovich]; Clem., str. I 16,75,1; I 21,103,4; I 21,106,1), anch’esso legato alle alterne sorti degli sciovinismi politici e culturali (vedi B.Z. Wacholder, Eupolemus. A Study of Judaeo-Greek Literature, MHUC 3, Cincinnati [Ohio] 1974, 80-83). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 227 delle aree iafetite e semite o di un tandem ‘Iafet – Sem’ che lavora per la ‘subordinazione/asservimento’ camita assorbendone le infiltrazioni: in sostanza, nel senso della ‘maledizione’ noachica di Gen 9,25-27 sul camita Canaan come servo (pa‹j) di Sem e Iafet13. Appare altresì interessante il fatto che la sezione segua la successione ‘Iafet – Cam – Sem’ di Gen 10,232 per la parte g nealogica e geo-etnografica (Synagoge 56-200) e quella ‘Sem – Cam – Iafet’ di Gen 10,114 per l’evento ‘ripartizione’ del dopo diluvio (Synagoge 44), successione – quest’ultima – ritenuta anche altrove indicativa di una primogenitura di Sem rispetto ai fratelli (Synagoge 47.158sq.187). Ciò può, forse, significare che il testo biblico presupposto recava in Gen 10,21 LXX non la scrittura ¢delfù Iafeq toà me…zonoj (che faceva Iafet maggiore di Sem, legittimando così la sequenza di Gen 10,2-21), bensì quella, attualmente minoritaria, ¢delfù Iafeq tù me…zoni15 (che interpretava, invece, nel senso della priorità di nascita la posizione di capofila di Sem negli altri passi). Si può, però, anche pensare che la lezione […] Iafeq toà me…zonoj sia stata intesa in riferimento non all’età, bensì, con altra valenza, all’ingrandimento (platÚnai) destinato nel futuro a Iafet secondo le benedizioni di Gen 9,27; in questo caso, la primogenitura di Sem non escluderebbe una priorità di Iafet da verificarsi su altro versante dell’economia salvifica e certamente da collegarsi – insieme al rapporto ‘Cam(iti) – Iafet(iti) – Sem(iti) sopra indicato fra le traiettorie del movimento etnografico – ad un’esegesi generale della benedizione di Noè (Gen 9,25-27)16. 13 14 15 16 Che, attraverso il nipote Canaan, Noè potesse aver maledetto il figlio Cam e la sua discendenza, affermandone i futuri asservimenti a Sem e Iafet è un tema comune, per quanto dilemmatico, dell’esegesi cristiana, che saprà applicarlo alla propria casistica storica (cp. ad es. Georgius Syncellus, Ecloga chronographica 94 [56,1-6 M.]), ma che vorrà, però, anche distinguere Canaan dalla sfera del padre già benedetto in Gen 9,1 (vedi i testi raccolti in A. Louth [ed.], Genesis 1-11, Ancient Christian Commentary on Scripture. Old Testament 1, Chicago/London 2000, 158-160). In ambito giudaico, la maledizione di Noè a Canaan serve specificatamente, su sviluppo della Bibbia medesima, a legittimare il possesso ebraico-semita di Eretz a spese dei residenti canaanei (Ph., Quaestio in Genesin II 65 [ad Gen 9,18sq.]; J., AJ I 140-142); per la riscrittura del tema in Giubilei 10,28-35 (in relazione a Deut 32,8sq.) ed i suoi significati politici, vedi P.S. Alexander, Notes on the ‘imago mundi’ of the Book of Jubilees, JJS 33, 1982, 197-213; idem, art. Geography and the Bible. Early Jewish Geography, The Anchor Bible Dictionary 2, 1992, 982sq.; Scott, Geography (vedi nota 6), 23-35. Cp. Gen 5,32; 6,10; 9,18. Gen 10,21 LXX (app. crit. ad loc.). Infra, pagine 264sq. e nota 116.Che le differenti posizioni di Sem nelle elencazioni scritturistiche dei figli di Noè abbiano costituito un problema esegetico (dovendo altresì fare i conti con Gen 9,24) è suggerito da Ph., Quaestio in Genesin II 79 (ad Gen 10,1), con la distinzione tra il piano della lettera (che vuole Sem il più giovane) e quello delle realtà intelligibili significate (che fa, invece, di Sem e Iafet simboli di dimensioni etiche oscillanti tra gli estremi); J., AJ I 122-143 (che segue la successione di Gen 10,2-31 e, in accordo, definisce Sem ‘il terzo’, ma in J., AJ I 141, in sede di esposizione di Gen 9,20-26, indica in Cam il più giovane dei tre figli). Per questa consapevolezza (e relativo disagio) in ambito cristiano, vedi Louth (ed.), Genesis 1-11 (vedi nota 13), 161sq. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 228 Osvalda Andrei Segue un elenco dei 72 œqnh dispersisi in lingue, nei giorni di Peleg e Iektan, in occasione della purgopoi…a (Synagoge 198-201). Il vocabolario del ‘disperdere’ (Synagoge 199.201) deriva chiaramente da Gen 9,18 e 10,32; ma il proporsi di una delle sue occorrenze sull’eco di Gen 11,9 (Synagoge 201) così come la concomitanza con quello del sugcÚein caratterizzante il babelico ‘rovesciamento’ del linguaggio (Gen 11,7-9; Synagoge 199.53) e l’accompagnarsi di questa duplice sfera d’azione con il diamer…zein proprio della ‘tavola dei popoli’(Gen 10,25; Synagoge 53) ma estraneo alla narrativa di Babele suggeriscono che – secondo il preavviso di Synagoge 53sq. – la Synagoge faceva seguire alla ‘divisione’ (della terra) tra i Noachiti un’altra ‘divisione’: quella che, dietro la perdita del linguaggio comune, doveva configurarsi più specificatamente come un ‘disperdersi’ (in seguito a frazionamento). Onde la relazione terminologica di diemer…sqhsan – diamerismÒj ‘secondo lingue’ (Synagoge 53) con il diemer…sqh ¹ gÁ collegato al nome di Peleg in Gen 10,2517 è coerente con l’a.m./Ad. 2800 (= 33° anno di Peleg) quale cronologia specifica della sÚgcusij – purgopoi…a; il che suggerisce il significato largo, perché plurale, dell’ambito d’azione del diamerismÒj, bilanciato tra una divisione-ripartizione di un tutto (= la terra) ed una divisione-rottura-dispersione di un’unità (= la lingua), entrambe collocate nei giorni di Peleg. A questa distinzione di significato e di eventi entro una stessa sfera terminologica corrisponde – pur a fronte della stessa cifra complessiva di 72 – una differenza nei nomi di popoli interessati dalle due fasi (per poco più della metà comuni, in qualche modo, ad entrambe)18. A prescindere per il momento dalle sue ragioni, 17 18 Vedi il riferimento esplicito ai giorni di Peleg e Iektan di Syn. 199. Quelli comuni (anche se non sempre con la stessa grafia) sono: Hebraioi (Ioudaioi), Assyrioi, Chaldaioi, Medoi, Persai, Arabes I-II, Albanoi, Indoi I-II, Aithiopes I-II, Aigyptioi (e Thebaioi), Libyes, Chettaioi, Pherezaioi, Euaioi, Amorraioi, Gergesaioi, Samarreioi (?), Phoinikes, Kilikes (Tharseis), Kappadokes, Armenioi, Iberes, Scythai, Lycaones, Pisides, Galatai, Paflagones, Phryges (?), Hellenes, Thessaloi, Makedones, Thraces, Mysoi, Sarmatai, Germanoi, (Pannonioi)-Paiones, Romaioi (Latinoi-Kitiaioi), Ligures, Galloi (Keltaioi), Akouatinoi, Britannoi, Spanoi (Tyrrhenoi). Quelli nuovi sono: Madienaioi I-II, Adiabenoi, Taienoi, Salamosenoi, Saracenoi, Magoi, Kaspioi, Kananaioi, Iebusaioi, Idumaioi, Syroi, Bibranoi, Kolchoi, Saunoi, Bosporanoi, Asianoi, Isauroi, Bessoi, Dardanoi, Norikoi, Delmatai, Mauroi, Makouakoi, Getuloi, Afroi, Mazikes, Taramantes (sic!) I, Sporades, Keltiones, Taramantes (sic!) II. Per una visibilizzazione della lista in chiave di ‘comparabilità – incomparabilità’, vedi Inglebert, Interpretatio (vedi nota 6), 149-152, che vi vede il tentativo dell’autore di sintetizzare ed integrare in un nuovo elenco le tre precedenti liste (discendenti di …/popoli da …/regioni ed isole di ...) di matrice ed impostazione diverse. Come si vedrà dal prosieguo, la scrivente legge Syn. 198-201 alla luce di un passaggio di mano (e, quindi, di materiali) rispetto a quanto precede, ma sullo sfondo di una distinzione esegetica (e, perciò, di avvenimenti) tra Gen 10 e Gen 11 che è fondamentale nel progetto complessivo dell’autore. Quanto ai 72 œqnh ‘secondo lingue’, che questo fosse il numero delle glîssai in accordo alle scritture (ossia equivalente a quello delle fula… di Gen 10 LXX), era opinione consolidata (ad es. Clem., str. I 21,142,1sq.), anche su sollecitazione di Lc 10,1, essendo la cifra di 70 basata sul testo masoretico di Gen 10 e ben funzionante, sul versante ebraico, a livello ideologico ed identitario (ad es. Targum de Pentateuque [Targum Neofiti], Gen 11,7sq. [SC 245, 143-145 Le Déaut]); onde in Syn. 53 la distinzione tra 70 (i popoli costruttori della torre) e 72 (le lingue uscite dalla Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 229 tale discontinuità agisce quale fattore di distinzione, esegetica e storica, tra le due facce del diamerismÒj in seno al continuum temporale espresso dalla cronologia in a.m./Ad. La parte successiva è introdotta da un incipit che riecheggia, negli stilemi e nella funzione programmatica (¢nagka‹on […] ¹ghs£mhn; […] mhd{ ¥peiroj Øp£rcVj), il proemio principale e riguarda le ‘colonie’ dei popoli sconosciuti (¥gnwsta œqnh) secondo le denominazioni e la locazione per zone (kl…mata) che li distingue nel ‘dove’ e nel ‘presso chi’ da altri œqnh (Synagoge 202-223). La ‘colonizzazione’ è prevista dalla capitulatio (Synagoge 3), ma di kl…mata si parla solo in Synagoge 224-234, dopo un nuovo intervento dell’autore (sullo stesso refrain dei precedenti) che connette il tema all’indicazione dei monti ‘conosciuti’ e dei fiumi ‘illustri’ (Synagoge 224). Poiché le tranches su monti e fiumi sono contemplate, sia pure con diverso ordine, nella capitulatio (Synagoge 4sq.235sq.), ma contrassegnate all’interno da un’ulteriore ripresa proemiale (che le stabilisce come argomento da affrontare specificatamente), sembra chiaro che ci troviamo di fronte ad un piano del comparto che l’autore percepisce ed intende presentare come una crescita sia del proprio set di conoscenze sia e soprattutto di quel ‘dividere’ costituente il tema base dell’intera sezione. Infatti le ¢poik…ai sono un’ulteriore proiezione tematica della seminagione etnografica già esplicata a livello di popoli e lingue in Synagoge 199-223, che risulta così (ri)affermata come caratteristica del divenire storico. Quanto, poi, alla collocazione secondo kl…mata, è noto come si tratti di termineconcetto in uso presso gli antichi geografi (che lo riferiscono normalmente alle sette zone latitudinali in cui è distribuibile l’ecumene) e impiegato poi, con applicazioni ed implicazioni ampie, da molta cronografia cristiana dopo Eusebio. Sebbene chiamati in causa solo per i ‘popoli sconosciuti’, ossia per una categoria circoscritta, è chiaro che i kl…mata sono presupposti come un tutto dall’autore (e non solo mentalmente) nella divisione grafica dell’ecumene a cui questa teoria dà luogo a livello di mappa mundi19. Quanto, poi, agli elenchi delle montagne e dei fiumi di rilievo, si tratta di tema (con relativo vocabolario) proprio del genere coro- e cosmografico, nei cui testi è consuetudine obbligata descrivere regioni e zone, per identificarle e distinguerle rispetto ad altre, secondo monti, fiumi e città 19 ‘confusione’) può non essere tanto il prodotto di suggestioni testuali incrociate, quanto dovuta all’esclusione di Nemrod (che non partecipava materialmente ai lavori della torre, pur coadiuvandoli dall’esterno; Syn. 54) e di Eber (al quale è possibile fosse disegnato un ruolo alternativo a Nemrod o di dissociazione dall’impresa; vedi infra, note 41.131) dalla prima categoria. Quanto al numero 72 delle fula… noachite, vedi Syn. 198 per il totale complessivo e, per i singoli addendi, Syn. 73 (Iafet, 15) e 159 (Sem, 25); le 32 camite, pur non dichiarate espressamente, si evincono dalla somma 12 + 8 + 12 di Syn. 94-108.110-118. Adler, Time (vedi nota 9), 122-125 per la fortuna della nozione di kl…mata nella cronografia alessandrina e bizantina. Per l’utilizzo concreto (e non solo mentale) di carte geografiche ordinarie nei discorsi ‘apologetici’ più vari, a cominciare dai Giubilei, vedi Alexander, Notes (vedi nota 13), 197-213. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 230 Osvalda Andrei che – nell’ambito di una diagraf¾ tÁj gÁj – diventano i ‘principali’ e ‘degni di nota’ (prîtoi/¢xiÒlogoi)20. Appare perciò chiaro che la distribuzione per kl…mata come presente nella mappa che stava davanti all’autore (più che nella sua testa) gli disvelava una caratterizzazione per fiumi e montagne utile ad integrare l’organizzazione a tre continenti delle origini, giocata sulla funzionale presenza, in ognuno, dei fiumi biblici21. Altrettanto chiaro è che le due liste (rispettivamente di 12 e 40 elementi) non sono esaustive se non nella percezione di chi (l’autore o chi per lui) lavorava su materiale cartografico secondo una determinata visione del mondo, ossia sovrapponendo una carta ideologica su quella scritta; infatti, se riportati ad una mappa, i due elenchi appaiono ‘ridescrivere’ la terra (sorvolandola in tutta la sua estensione e riorganizzazione) secondo un’immagine di insieme che, per dare spazio al biblico, sfronda il resto e lo riduce a contesto. Onde a chiarificarne il senso non sono tanto i singoli nomi quanto il loro costituire un ‘insieme’ (Ðmoà), colto come tale secondo numeri di eco biblica (12 e 40) riconoscibili ad ogni cristiano ed incardinato sul dato di geografia biblica (che si riverbera sugli altri)22. Il settore ‘fiumi che si segnalano nella terra’ (Synagoge 238) sbocca poi in una breve appendice comprendente notizie su: i) le sorgenti dei primi quattro fiumi Tigri, Eufrate, Fisone e Geone (quelli, secondo la bibbia, derivanti in quattro ¢rca… dal fiume dell’Eden e base della definizione della terra nelle tre aree continentali), che talune scuole di pensiero vorrebbero ignote e non identificabili23; ii) il meravi- 20 21 22 23 Ptol., Geog. I 1,2 (cum scholia ad locum), nel quadro di una distinzione tra ‘geografia’ (che descrive la terra conosciuta come unità in sé e, perciò, in caratteristiche generali) e ‘corografia’ (che riguarda, invece, settori da descrivere nei particolari). A sua volta, questa definizione dei tre continenti per fiumi (in accordo a Gen 2,9, scaturiti dall’Eden) riscriveva funzionalmente, già a livello dei Giubilei, quella delle mappe geografiche della tradizione greco-romana (Alexander, Notes [vedi nota 13], 198sq.). Così, la lista dei 40 fiumi illustri della terra esordisce con i 4 fiumi di Gen 2,11-14 seguiti a ruota dal Giordano (Syn. 237) e tra i 12 monti noti (Syn. 235) figura il Sinai (Sina: Iud 5,5 LXX; Ps 67,9 LXX), detto anche Nausa‹on [scil.: tÕ Ôroj], una terminologia che ritengo interpretabile come corruzione da un originario SÚnaion (secondo una designazione aggettivale del Sinai non inconsueta in J., AJ III 75; J., Ap. II 2). Sulla dimensione scritturistica dei numeri 12 (dalle tribù di Israele agli apostoli alla fisicizzazione della Gerusalemme celeste in Apc 21,12-14) e 40 (i giorni e le notti trascorsi da Mosè sul Sinai, gli anni di Israele nel deserto, il periodo passato da Gesù risorto con gli Apostoli prima dell’ascensione, etc.) non c’è bisogno di dire molto: ma, come insieme, i 12 monti di Syn. 235 richiamano Herm., sim. 9,17,1sq., dove la stessa immagine simboleggia tutta la terra ed i suoi abitanti. Syn. 239. Le presunzioni di esperienza ascritte ai tinšj appaiono implicitamente (e polemicamente) contrapposte a quella, autentica, con cui l’autore ritiene per parte sua necessario sopperire ai bisogni di filomaq…a del proprio uditorio (Syn. 19.202.224.240). Per la complementarietà della posizione presupposta da Syn. 239 (l’Eden come inscindibile dalla creazione e da certa sua fenomenologia odierna) – oltre che con Hipp., fr. 4 in Gen. (ad Gen 2,8sq. [GCS Hippolytus I/2, 52sq. Bonwetsch/Achelis]) sulla topografia dell’Eden nell’attuale ecumene e la possibilità, per chiunque voglia, di cercarne e verificarne i fiumi – anche con Hipp., Dan. I 17 (dove la sua ‘fisicità’ diventa ‘figura’ della chiesa); vedi infra, nota 86. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 231 glioso e miracoloso collegamento tra crescita periodica del Nilo/Geone e parallela decrescita degli altri tre, nonché il colore uguale delle loro acque che (nonostante la distanza e ad evidente riprova della realtà di questo collegamento) li caratterizza come un tutto rispetto ad altri fiumi; iii) il Giordano, identificato secondo il bianco colore delle correnti che si riversano nell’attuale Mar Morto (anch’esso distinto sulla base del colore verde delle sue acque). Si tratta di materia, problematiche e convenzioni descrittive consuete nelle ¢nagrafaˆ tîn cwr…wn tradizionali24, che la Synagoge rinegozia e/o rilegge ‘biblicamente’; vedremo poi cosa può dirci questo, se interrogato in chiave di configurazione culturale differenziante, ossia di ambito d’autore specifico. Così, sistemati in t£xeij rappresentative (al pari di altri temi della Synagoge fuori del settore geo-etnografico)25, con il dato biblico cuore (come inizio o centro) di ognuna, monti e fiumi ‘illustri’ diventano mezzo di espressione e segnalazione di una divisione/organizzazione del creato elaboratasi sulla scia del moltiplicarsi degli œqnh nel corso storico e dietro il bisogno di distinguerli e collocarli in fula…, cîrai, nÁsoi così come secondo kl…mata e punti di riferimento geografici (il ‘chi sono’ ed il ‘dove sono’ definendosi sulla base del rapporto fisico con gli elementi del territorio). Pare poco comprensibile una siffatta estensione del compartimento diamerismÒj, se non la si vede come amplificazione di un ambito di ƒstor…a intesa in ogni suo passo a catturare tutte le pieghe esegetiche di quel ‘tutta la terra’ e dell’ ‘ogni faccia di essa’ indicati dalla bibbia come teatro del dilagare etnico (Gen 9,18; 11,9). Visto sui molti volti di questo sfondo, anche lo Stadiasmos vede smussate certe sue ambiguità di argomento e di struttura. Con i suoi circa 400 paragrafi sui 570 complessivi formati con il Diamerismos (dunque, con un’estensione pari a più del doppio di esso; 373 paragrafi contro 156), 24 25 Sulle storie meravigliose di fiumi che scompaiono e ricompaiono altrove con altri nomi (come l’Eufrate che riemerge come Nilo), tanto da suggerirne provenienze lontanissime o, come nel caso di Syn. 239, dimostrarne una provenienza comune (= dalle sorgenti paradisiache), vedi Paus., Graeciae descriptio II 5,3; Philostr., VA I 14 (altro materiale sulla diffusione del tema nella tradizione greco romana in H. Leclerq, art. Paradis, DACL 13/2, Paris 1938, 1603-1605). Anche l’identificazione di un mare o specchio d’acqua dal suo colore (come, in Syn. 239, q£lassa pras…a per il mare cosiddetto ‘Morto’) è propria delle ¢nagrafaˆ tîn cwr…wn (Str., Geographica I 3,4sq. per il mare Nero; Tatian., orat. 20,2 sui mari ‘colorati’ delle descrizioni topografiche; Anonymus, Geographiae expositio compendiaria 11 [Geographi Graeci Minores 2, 502sq. Müller] per parte dell’Oceano Indiano). Questo suggerisce che il nostro autore potesse lavorare su una mappa reale e le sue visibilizzazioni. Quanto alla specificazione di ‘mar Morto’ – la l…mnh 'Asfalt‹tij della geografia scientifica (Ptol., Geog. V 16,3), ma anche la q£lassa nekr£ della periegetica di fine II sec. d.C. (Paus., Graeciae descriptio V 7,4) e, soprattutto, di Giulio Africano (Iulius Africanus in Georgius Syncellus, Ecloga chronographica 188 [114,12-24 M.; cf. Reliquiae Sacrae 22, 266,2-17 R.]) – non è da escludere che il suo contesto d’origine dovesse molto proprio al bel pezzo paradossografico delle Chronographiai sul biblico ‘mare dei sali’. Andrei, Chronographiai (vedi nota 3), passim. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 232 Osvalda Andrei ne risulta la parte più ampia, ma è assente, oltre che dalle altre redazioni, dagli argomenti della capitulatio (che passa direttamente dai ‘fiumi e monti’ illustri alla storia biblica); vero è, però, che non tutti gli historoumena dell’opera si trovano preannunciati nella capitulatio (che include evidentemente, sotto l’indicazione ‘giudici e relativa cronologia’ di Synagoge 6, anche il periodo abramitico-mosaico) e che nel proemio medesimo gli argomenti sembrano compressi e implicati da più voci di programma. È introdotto da una ripresa proemiale che segnala un cambio di argomento e si muove sui termini e i concetti base delle altre precedenti, ma la crescita di contenuti è qui motivata, oltre che dal consueto desiderio di apprendere da parte dell’uditorio (tÕ filomaq{j kaˆ spouda‹on […]) e dall’obbligo d’autore di sopperirvi, anche da una volontà di ‘giovare a tutti gli uomini’ (Synagoge 240) non dichiarata altrove (nemmeno nel proemio generale). Dal punto di vista dell’argomento, questa nuova ed abbondante dose di sapere coincide con una descrizione costiera del ‘grande mare’ (= mare Mediterraneo) che segue le rotte marittime e le fissa secondo un itinerario delle distanze (stadiasmÒj) a partire da Alessandria sino al Ponto Eusino (con Calcedone quale tappa di riferimento) e, da qui, lungo le coste ‘europee’, sino a Cadice ed alle colonne d’Ercole (Synagoge 240). Si articola, pertanto, sulla falsariga dei manuali di navigazione in uso nelle compagnie mercantili e finalizzati all’illustrazione delle rotte commerciali26: un’utilità, questa, di livello e destinazione certo diversi dal giovamento generale che si immagina possa promettere (e non solo spiritualmente) un autore cristiano ad un pubblico cristiano27. In accordo a siffatto modello (seguito o direttamente usato che sia), egli si impegna per una dimostrazione delle distanze tra continenti (dell’Asia dall’Europa) e dei tratti di separazione tra isole che promette di svolgere – oltre che nel modo più accurato possibile – anche kat¦ ¢l»qeian, ossia secondo un tipo di approccio e di fruizione da lui riservate alla ricerca biblica (Synagoge 240.19). Al di là delle influenze derivabili dal modello (testo) di partenza, questo può suggerire un recupero di conoscenze umane utili entro l’area di una comune verità biblica e del progetto globale che essa incorpora. Inoltre il periplo si presenta sì come una circumnavigazione del mare Mediterraneo (fulcro dell’orbis presupposto dalla fonte/modello, se non, forse, consistente con la posizione e prospettiva culturale dell’autore medesimo), ma non perde di vista i rapporti ed i grandi limiti di demarcazione tra continenti (come Cadice e l’attuale stretto di Gibilterra, limite estremo di ‘Iafet’ e suo confine con ‘Cam’). Nella struttura ad elenco, fatta di notizie scarne 26 27 Scott, Geography (vedi nota 6), 138sq. Per la tipologia dell’informazione dal punto di vista dei dati e delle fonti parallele, rinvio all’edizione del testo in Geographi Graeci Minores: Anonymus, Stadiasmos sive Periplus maris magni, Geographi Graeci Minores 1, Paris 1882, 427-514. Tanto è vero che anche i luoghi di interesse cristiano (ad es. Patmo, Tarso, Antiochia sull’Oronte) sono lasciati del tutto anonimi al riguardo (Syn. 535.539.420sq.398). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 233 ed essenziali, la sezione rimanda certo ad un’impostazione manualistica, ma anche alla tipologia ™n suntÒmJ caratteristica della scrittura del diamerismÒj (Synagoge 43), scrittura programmata per dire ‘molto’ in ‘poco’ spazio28: analogamente, il vocabolario della distinzione e della ‘separazione’ (diairšseij, diast»mata), nonché l’andamento secondo quantificazione delle distanze sono certo elementi di ‘genere’, ma presuppongono anche un’organizzazione ripartita e sistematicamente articolata dell’ecumene come quella ‘dimostrata’ in precedenza. Infine, le notizie brevi segnalano, oltre che isole, anche promontori, luoghi di approdo, centri di culto, empori, crocevia e città (tante, più o meno note ed indicate secondo caratteristiche consone ad un pubblico di navigatori)29: questo è certamente in linea con tutto ciò che fa ‘notizie utili per chi viaggia’30, ma forse lo si può leggere anche nel senso di una descrizione per città e centri abitati di quanto (o parte) era stato in precedenza delineato prioritariamente secondo popoli ed aree di stanziamento31. Così, nell’ultima e più estesa sezione della tranche prima della ripresa cronografica elementi di apparente discontinuità possono rientrare nel segno della continuità con quanto precede dal punto di vista dell’integrazione e dell’ampliamento progettuale. Proprio lo stadiasmÒj, anzi, è in grado di giustificare la presenza delle poleis, che la capitulatio segnala accanto alle bibliche cîrai e nÁsoi come parte del diamerismÒj (Synagoge 2), ma il cui peso nello svolgimento del tema risulta del tutto inferiore alle aspettative32. Se ne può allora concludere quanto segue. Come segnalazione sistematica delle distanze, il settore intende servire da illustrazione di una rete di percorribilità dell’ecumene (nel senso di una pars pro toto)33 così come organizzata nell’attuale in seguito al diamerismÒj ed ai suoi sviluppi nel corso storico in termini di popolamento. Esso presuppone, infatti, i vari livelli di ripartizione e locazione (cîrai, nÁsoi, kl…mata, segni di definizione 28 29 30 31 32 33 Sopra, pagina 223. Ad es. Syn. 344.346.352.355.372.398 etc. Vedi le segnalazioni dei porti in termini di ‘sicuri’ e ‘meno sicuri’ e gli aperti inviti a seguire una data direzione e non altre (ad es. Syn. 344.365). In effetti, le città menzionate nel diamerismÒj non sono molte e compaiono soprattutto nella sezione sulle ‘colonie dei popoli sconosciuti’ (Syn. 214, principali centri della costa ionica e pontica, con Samos e Pontos non del tutto a posto, essendo la prima un’isola e la seconda una regione). Atene, Tebe e Sidone vengono ricordate, in seno ai popoli iafetiti, nell’ambito di emigrazioni camite dentro ‘Iafet’ (Syn. 75sq.) e al fatto di essere ‘colonia’ iafetita deve la sua segnalazione anche Calchedon (Syn. 77). Le occidentali Gadara e Leptis sono menzionate solo in sede di delimitazione dei blocchi noachiti (Syn. 49.130.146); per Rinokoroura (Syn. 47sq.), città di limite già nelle scritture (Is 27,12 LXX), vedi Scott, Geography (vedi nota 6), 142sq. È un caso che, forse proprio per dare uno spazio apposito al settore ‘poleis’, non trovato o ritenuto non adeguatamente svolto, una delle cronografie più in debito con il diamerismÒj della Synagoge abbia aggiunto, dopo i fiumi, un elenco delle città ‘illustri’ nei 7 kl…mata (Chron. Pasch. [CSHB 14, 62,6-64,8 Dindorf]). Non è detto, però, che questa pars fosse la sola, poiché lo Stadiasmos è mutilo. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 234 Osvalda Andrei territoriale) del movimento etnografico precedentemente delineato34, sì da potervi intravedere un’appendice funzionale del diamerismÒj (causa remota di un’articolazione storicamente plurale dell’ecumene, ora concretamente verificabile in itinere): onde lo si potrebbe ritenere compreso nel cumulativo tîn ™qnîn […] tÕn diamerismÒn del proemio (Synagoge prooem. 20), se non nella fanšrwsij indicata nella capitulatio, qualora la si veda in prospettiva ampia (= diacronica) e con la ripartizione della terra tra i noachiti quale punto d’inizio (tÁj gÁj […] diamerisqe…shj)35. Quanto poi alla struttura ed alla forma espressiva, quella secondo il genere ‘periplo’ ed i suoi indicatori chiave (distanze, rotte, percorribilità, porti e scali) è, forse, un ‘farsi testo’ esemplarmente inteso a veicolare un messaggio (proveniente dal diamerismÒj) che l’uditorio era in grado di decrittare dalle convenzioni letterarie (compresa quell’estensione di scrittura richiesta dallo spazio fisico trattato): quello della spinta a muoversi, in accordo ad una logica prevista, in questo mondo, nelle sue articolazioni e percorsi attuali come funzionalmente rappresentati dalla dimensione mediterranea. In questo senso, la volontà programmata di ‘giovare a tutti’ mediante tale supplemento di sapere presuppone la trasformazione di un’utilità particolare (quella implicata dal genere ‘periplo’ e riservata, come tale, ad un pubblico circoscritto) in un utile generale ed estensivo. 3. Ridefinire le identità. L’autore dell’Elenchos, la ‘tavola dei popoli’ di Gen 10 e la polemica contro Celso In questo quadro di ampio respiro – dove la tradizione di Giubilei 8sq. su una tripartizione sorteggiata della terra tra i Noachiti dopo il diluvio e con Noè ancora in vita, pur se evocata dalla terminologia36, appare di fatto un materiale di sviluppo tra altri di un’interrogazione esegetica a più piani di Gen 10sq. – si segnalano quelle somiglianze con l’Elenchos (X 30sq.) che sono servite, nell’ambito della ‘ricerca su Ippolito’, a costruire un’identità d’autore, con relativa bibliografia, distinta da quella dell’Ippolito esegeta. Si tratta di: i) numero e divisione dei popoli kat¦ gšnoj e totale complessivo di essi (Iafet: 15; Cam: 32; Sem: 25; Elenchos X 30,5; 31,2sq.; Synagoge 73.159.198.200), che – con le notizie ricollegabili al tema (Elenchos X 31,3sq.; Synagoge 60.94-98) – valgono come principale prova a favore 34 35 36 Alcuni dei fiumi e dei monti segnalati come ‘principali’ nelle due rubriche apposite (Syn. 235-237) risultano qui collocati entro il loro cwr…on e con lo scopo di definirlo specificatamente: tali il Piramo (Syn. 416-418.236 [no. 21]), l’Oronte (Syn. 398sq.236 [no. 22]), l’Olimpo (481.236 [no. 12]). Ma, come è ovvio, fluvialità ed orografia sono dettagliatissime in tutta la sezione. Il che spiegherebbe perché lo Stadiasmos non venga segnalato indipendentemente, come (e dopo) i fiumi e monti illustri. Scott, Geography (vedi nota 6), 140.243 nota 52. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 235 della Synagoge quale retroterra testuale; ii) dati di cronologia biblica che, di per sé e negli addendi, echeggiano la scrittura cronografica della Synagoge nel settore postdiluviano e nella genealogia abramitico-levitica (Elenchos X 30,3-6; Synagoge 36-42.620-628); iii) il rinvio dell’autore dell’Elenchos a bibliografia propria (b…bloi e lÒgoi, ma anche autoreferenze generiche), che – pur se lasciata senza titolo – si è pensato di poter identificare con la Synagoge in base agli argomenti di protostoria biblica oggetto dei rimandi (Elenchos X 30,1: Giudea Palestina, un tempo detta Canaan; 30,5: elenco dei 72 œqnh noachici; 30,7: l’arca di Noè, le sue misure e la visibilità dei suoi resti sull’Ararat in Adiabene). Entro la tesi disunitiva, tali elementi, una volta incastonati nella dimensione cronografica, contribuiscono non solo a sostenere un’identità letteraria diversa dall’Ippolito esegeta, ma anche a dotare l’Elenchos di un terminus post quem ulteriore rispetto al 222 d.C. presupposto dalla polemica dell’autore contro un Callisto che sembra ormai morto: cioè, il 235 d.C., data di collocazione ed ultimazione della Synagoge, a cui l’Elenchos si riferirebbe come a prodotto finito37. Di essi, però, a funzionare nel senso della consonanza sono le cifre e le notizie sui popoli noachici, che risultano dati non casuali perché alla base di una tradizione specifica e perdurativa38. Il resto è più apparenza che sostanza. Infatti le 5 generazioni e i 495 anni del settore ‘Noè – Eber’ (Elenchos X 30,6), valutati come espressione dello stesso sistema cronologico di Synagoge 36-42, dal momento che decorrono da Noè (nascita di Sem) a Sala ed alla nascita di Eber, sono il naturale risultato di addendi che qualsiasi lettore di un testo greco della bibbia comprensivo di Kainan II poteva trovarsi di fronte; sì che – essendo esclusa la sequenza Eber (età di) – Peleg (nascita di) – queste cifre non sono controllabili sul dato autenticamente specifico 37 38 Per le consonanze Synagoge – Elenchos come tratti sintomatici di uno stesso ambito d’autore, vedi (nel quadro della tesi unitiva ma con esiti validi anche in sede disunitiva perché risolte e fatte funzionare nel senso della diversificazione da ‘Ippolito’) A. Bauer, Die Chronik des Hippolytos im Matritensis Graecus 121. Nebst einer Abhandlung über den Stadiasmos Maris Magni, TU 29/1, Leipzig 1905, 158-162, qui 158 (a proposito di Elenchos [= el.] X 30); M. Marcovich (ed.), Hippolytus. Refutatio omnium haeresium, PTS 25, Berlin/New York 1986, 16sq. Quanto alla morte di Callisto (222 d.C.; vedi S.G. Hall, art. Calixtus I, TRE 7, 1981, 559-563) come terminus post quem dell’Elenchos, l’affermazione di el. IX 12,25 sulla persistenza del suo didaskale‹on pare suggerire che il vescovo non fosse più in vita. L’Elenchos è citato, qui e in prosieguo, secondo l’edizione di P. Wendland (idem [ed.], Hippolytus Werke, vol. 3. Refutatio omnium haeresium, GCS 26, Leipzig 1916). Vedi la tabella di Inglebert, Interpretatio (vedi nota 6), 140. Nel senso di una specificità esegetica perdurativa va interpretata l’occorrenza della quaterna noachita ‘72 – 15 – 32 – 25’ nelle Homeliae in Psalmos 3 – attribuita ad Ippolito dal suo editore P. Nautin (idem, Le dossier d’Hippolyte et Méliton, Patr. 1, Paris 1953, 166sq.), ma all’autore di Synagoge e Elenchos, in base ad altre consonanze, dai primi interventi di scuola italiana sulla questione ippolitea (cp. Loi, L’identità [vedi nota 5], 73-76) – qualora si ammetta (con Simonetti [ed.], Ippolito [vedi nota 5], 140-146) che si tratti di opera del IV sec. d.C. fatta circolare per motivi strategici sotto il nome di Ippolito, di cui (o del cui ambito) avrebbe potuto allora impiegare determinati materiali. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 236 Osvalda Andrei del trattamento di questo settore nella Synagoge, cioè sui 130 anni di Eber alla nascita di Peleg invece dei 134 della lectio maggioritaria (Gen 11,16 LXX)39. Quanto poi alle autoreferenze bibliografiche, da un autore con il vezzo di proporsi come punto di riferimento ci saremmo aspettati una segnalazione di titolatura e/o di contenuti più precisa o decisa, come di lì a poco avverrà con il Perì Pantòs (Elenchos X 32,4). Se non succede, è perché o questi b…bloi e lÒgoi mancavano di quella specificità e settorialità di genere ed argomento che poteva farli segnalabili, oltre che perché c’erano, anche per quello che erano (come un opus chronographicum) oppure perché rientravano nella stessa sfera progettuale dell’Elenchos (quindi ben noti all’uditorio o in qualche modo consistenti con il tema base dell’opera, il debito delle ‘eresie’ cristiane ai saperi, apparentemente più antichi, dei popoli ‘filosofi’)40. In sostanza, un rapporto diretto tra Synagoge ed Elenchos non pare ipotizzabile sul piano dell’identità nemmeno a livello di assonanze e (auto)riferimenti. Invece è proprio dall’ambito dell’Ippolito ‘orientale’ che proviene un aggancio esegetico importante con il diamerismÒj della Synagoge: l’interpretazione del termine kunhgÒj, dato a Nimrod come qualifica del suo porsi ‘di fronte [contro] al Signore’ in Gen 10,9 LXX, nel senso dell’attività di caccia e ricerca di cibo per quelli occupati nella costruzione della torre (Synagoge 54), interpretazione per cui è possibile stabilire un filo diretto con Commento al Cantico 2,13. Il carattere ampio di tale convergenza (riguarda lo stesso contesto di avvenimenti e sembra coinvolgere in entrambe le opere anche Eber padre di Peleg)41 la prospetta 39 40 41 Cp. Syn. 41 con Gen 11,16 LXX (app. crit. ad loc.), per l’età di Eber alla nascita di Peleg. I 495 anni (per 5 generazioni) di el. X 30,6 sembrano presupporre l’articolazione: 100 (gli anni di Sem alla nascita di Arphaxad, cifra trattata qui sia come intervallo tra la nascita di Sem ed il diluvio – in accordo a Gen 5,32 – sia come distanza generazionale ‘Noè – Sem’) + 135 (gli anni di Arphaxad alla nascita di Kainan) + 130 (gli anni di Kainan alla nascita di Sala) + 130 (gli anni di Sala alla nascita di Eber). Diversamente, le 5 generazioni ed i 525 anni di Syn. 42 vanno da ‘dopo il diluvio’, quando Arphaxad genera a 135 anni, alla nascita di Peleg da un Eber in età di 130 anni, in accordo all’articolazione: 135 + 130 + 130 + 130 = 525. È evidente come, nel progetto della Synagoge, sia la presenza del secondo Kainan sia la specificità degli anni di Eber costituiscano una combinazione importante per realizzare quella doppia cronologia chiliadica del ‘dividere la terra’ (a.m./Ad. 2767 e 2800) che sta a fondamento dei due livelli diameristici dell’opera (vedi sopra, pagine 224-226). Per il recupero ippoliteo del secondo Kainan (assente nel testo masoretico, ma presente in Gen 10,24 e 11,12 LXX, nel Codex Alexandrinus di 1Chron 1,18 e in Lc 3,35sq.) ed il suo contesto antiafricaneo, vedi Andrei, Chronographiai (vedi nota 3), 114sq. nota 81. El. I prooem. 1 (per il riferimento ad un precedente scritto antieretico) e 7-10 (per il piano dell’opera). Si noti, per altro, come già nell’ambito del ‘sant’Ippolito di Roma’ di von Döllinger destava qualche problema il presupporre la Synagoge dietro i rimandi di el. X 30,1-7, tanto da considerarli riferibili alle opere esegetiche in generale (Bauer, Chronik [vedi nota 37], 158-162). Hipp., Commentarius in Canticum 2,12sq. (CSCO 264, 28,11-14 Garitte): Per hoc [scil: unguentum] laetificatus beatus Eber non secutus est eos qui turris opus meditati sunt. Hoc (fuit) contemptum a Nemrod, et escam praeparabat adversariis Dei. Per il ruolo di Eber nella Synagoge, se ne consideri la presenza nella linea di Israele che doveva portare al Cristo (Syn. 20.718 [no. 15]), dalla cui prospettiva d’autore (ossia, nel progetto Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 237 come qualcosa di più significativo e meno casuale dell’analogia tra dati, tanto più che questa interessa due scritti non vicini nel tempo e, perciò, più logicamente collocabili in una sequenza d’autore che in un rapporto di saperi diversificati42. Tale ‘specifico’ ippoliteo, però, si combina con il filo rosso ‘Synagoge – Elenchos’ costituito dai non occasionali numeri dei popoli noachici, i cui nomi l’autore dell’Elenchos dichiara di aver elencato in altra parte della sua produzione (Elenchos X 30,5), in un dispiego, dunque, non diverso da quanto ci troviamo di fronte nella Synagoge. Nella prospettiva, che mi interessa, del recupero della Synagoge all’ambito dell’Ippolito cosiddetto ‘orientale’, questo significa che: a) anche l’autore dell’Elenchos si era occupato – in un ‘altrove’ appositamente predisposto ed in termini di geografia etnografica – della ‘tavola dei popoli’ di Gen 10; b) i suoi riscontri con il diamerismÒj della Synagoge vanno gestiti come analogie tra ambiti e non (più) come uguaglianze che fanno identificazione. In sostanza, si tratta di catturare e definire i diversi mondi implicati dai rispettivi ambiti ed il tipo di interlocuzione tra di essi che le analogie suggeriscono: di che genere era il diamerismÒj dell’autore dell’Elenchos e come funzionava ideologicamente? Sino a qual punto i suoi livelli coincidevano con la multiformità di piani del diamerismÒj della Synagoge? Sin dove arrivavano le convergenze e dove cominciavano le divergenze? Si tratta, insomma, di dare un contesto a due ambiti d’autore che, su un tema apparentemente comune ed in grado di fare identità cristiana (ossia di differenziare rispetto alle tradizioni coeve), si muovono in accordo a fisionomie culturali e vettori intellettuali propri. Taluni indizi hanno fatto pensare all’impiego, nella parte finale dell’Elenchos, di precedente materiale del suo autore rivolto a pubblico non cristiano43. Dall’osservatorio della tesi disunitiva tradizionale, questo suggerisce una miniera nascosta di cui la Synagoge costituirebbe la punta emergente; nella revisione che di essa perseguo e proseguo, ciò significa che in questa 42 43 generale dell’opera) va riguardato l’etimo Eber/Hebraei di Syn. 172 (no. 12), per altro opinione condivisa (innanzitutto dalla sua fonte). Forse ad un’opposizione/contrasto tra Eber e Nemrod può alludere quanto, in un contesto che odora decisamente di Synagoge (vedi nota 9), afferma Leo grammaticus, Chronographia 13,1sq. su un coinvolgimento solo indiretto o di basso profilo del patriarca nell’opera di costruzione della torre (tanto da essere poi il solo a poter mantenere, entro la propria ful», l’antica lingua unitaria). La consonanza tra il Commentarius in Canticum e la Synagoge in merito alla figura di Nemrod e all’esegesi di kunhgÒj è stato sottolineata (nell’ambito della tesi unitiva) da Richard, art. Hippolyte de Rome (vedi nota 10), 541. Per altre osservazioni sul punto, vedi nota 131. Il Commento al Cantico, uno dei primi commentari dell’Ippolito orientale, pare collocabile prima del 200/202 d.C. (cp. P. Meloni, Ippolito e il Cantico dei cantici, in: Istituto Patristico Augustinianum Roma [come ed.], Ricerche (vedi nota 5), 97-120, qui 98 nota 5). E. Norelli, Alcuni termini della ‘Confutazione di tutte le eresie’ (Elenchos) e il progetto dell’opera, in: C. Moreschini/G. Minestrina (edd.), Lingua e teologia nel cristianesimo greco. Atti del convegno tenuto a Trento l’11-12 dicembre 1997, Religione e cultura 11, Brescia 1999, 105-116. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 238 Osvalda Andrei stessa miniera deve trovarsi quel diamerismÒj dell’Elenchos da scoprire e, poi, posizionare in contenuti e funzioni rispetto a quello, plurimo, della Synagoge. Ora, le indicazioni bibliche coinvolte nel nostro discorso sono di quei materiali ‘mirati’ che – nel mentre ‘dicono’ – evocano sfondi di ‘correzione’ e ‘riaggiustamento’. La Palestina Giudea dell’ ‘ora’ viene identificata con la gÁ Canaan‹tij del ‘long ago’ biblico per poi stabilirne una storia onomastica che si vuole autorevole (vedi la derivazione di 'Iouda…a da Giuda, cioè dal ramo regale della stirpe abramitico-iacobita) e, in questa forma riassestata, farne il luogo della trasmigrazione (metoike‹) di Abramo dalla Mesopotamia (Elenchos X 30,1sq.). È in tale gÁ Canaan‹tij – distinta dalla futura Giudea così come dall’attuale Siria Palestina, ma già cèra onomasticamente individuata (Elenchos X 30,1.4; 31,3) – che Abramo ed i suoi discendenti avrebbero risieduto (parùkhsen), prima di trasferirsi al tempo di Giacobbe in Egitto, per 215 anni (secondo numeri della genealogia abramitico-levitica che ogni lettore sarebbe stato in grado di collegare ai 430 di Ex 12,40 LXX nel senso della metà di essi)44. Questo Abramo, però, era un discendente diretto di Eber – da cui gli Ebrei trassero il nome che li identificava come œqnoj specifico tra i 72 popoli della terra, dei quali l’autore dichiara di essersi già occupato con un’esegesi non occasionale, ma improntata ad amore per il divino e a conoscenza inoppugnabile (chiaramente e come dimostrano le cifre in Elenchos X 30,5sq. e 31,2sq. su Gen 10 LXX). Eber, a sua volta, discendeva da quel Noè (contemporaneo di un diluvio universale, e non locale come quelli dei greci Ogygus e Deucalione) che fu tanto pio da restare l’unico qeofil»j sulla terra e meritarsi – come qeoseb»j e discepolo di qeosebe‹j – di sfuggire alla totale distruzione dell’umanità di allora con la moglie,i figli e le rispettive consorti e su un’arca appositamente predisposta (una ‘funzione’che, in altro suo scritto, avrebbe dimostrato coerente con le misure fornite dalla bibbia ed evidente dai resti che ancora ne permangono; Elenchos X 30,6sq.; 31,4). Proprio i 495 anni da Eber (nascita di) a Noè e alla nascita di Sem (Gen 5,32) e le 5 generazioni comprensive di essi indicherebbero quella noachita come la sola linea dell’umanità traghettata al di là del diluvio; il che – secondo l’autore – sarebbe la prova inoppugnabile dell’antichità della stirpe dei qeosebe‹j (discendenti da Noè via Eber) su Caldei, Egizi e Greci, ossia su quegli œqnh già ricordati come privi della memoria storica del diluvio e qui citati quali presunti depositari di vero sapere e di antichità assoluta (Elenchos X 30,8; 31,1-5 per la terminologia della summa antiquitas). In accordo, quanto segue si muove sull’idea della posteriorità dei popoli cosiddetti ‘filosofi’ dell’opinione corrente rispetto ai qeosebe‹j (Noè ed i suoi discendenti); onde risulta funzionale l’affermazione su quanto sia logico ed opportuno chiarire l’origine di tali œqnh ed il ‘quando’ del loro trasferirsi 44 Secondo l’indirizzo interpretativo inaugurato da Demetrio il cronografo e personalizzato dal cristiano Giulio Africano (vedi Andrei, 430 Years [vedi nota 9], 1-67). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 239 (metoik»santej) in quelle regioni che da essi e dal loro insediamento (e non prima!) presero nome (Elenchos X 31,1), nonché decisamente in linea il materiale argomentativo impiegato. Infatti – stando all’autore – i popoli cosiddetti ‘filosofi’ rientrerebbero nel generale popolamento della terra per cîrai (katoike‹tai […] katoikhs£ntwn) occorso dopo il diluvio su invito, rinnovato, di Dio a proliferare e riempire la nuova creazione (Gen 9,7)45 tramite i tre figli di Noè e le rispettive generazioni (indicate secondo l’ormai ben noto ‘terno’ 25 – 15 – 32 delle filiazioni noachite). Fra queste, le derivazioni eponimo-genealogiche Canaan ~ Canaanei, Mesraim ~ Egizi e Iouan ~ Elleni ~ Ioni appaiono affermazioni di corredo ai temi della sezione (così Canaan – individuata poco sopra quale terra oggetto della migrazione di Abramo, ma qui ‘dimostrata’ quale cèra già esistente di per sé e nominata, in accordo a Gen 12,6, dai Canana‹oi che l’abitarono – ed Egizi e Greci come popoli ‘filosofi’ ed antichi per eccellenza). Invece gli altri due esempi di area camita (Cush ~ Etiopi, Phud ~ Libi) sembrano da collegarsi innanzitutto al principio generale della trasmutazione onomastica dei popoli, ovvero della perdita dei nomi originari di essi a causa di denominazioni greche che si sarebbero superimposte sino a ridurne o farne perdere, attualmente, del tutto la memoria (Elenchos X 31,1-3). Il tema della metonomastia degli œqnh – implicante il problema del divenire etnografico e, con ciò, quello dell’aggiornamento della biblica tavola dei popoli – era, probabilmente, tra quelli previsti nell’esegesi di Gen 10 allusa in Elenchos X 30,5; ma, poiché il cuore del discorso riguarda qui l’assoluta antichità dei qeosebe‹j, questo tema resta a livello di enunciato, manifestandosi con indicazioni ovviamente semplificate, ma sufficienti a farlo presupporre46. L’argomentazione finale, infatti, punta ad acquisire la recenziorità non solo dei ben noti popoli ‘filosofi’, ma anche di tutti gli œqnh dell’ecumene (barbari, così come popoli ‘conosciuti’ e ‘sconosciuti’) rispetto ai qeosebe‹j sulla base che di popolamento della terra e di nascita di cîrai etnicamente identificate da appositi stanziamenti si può parlare solo dopo il diluvio e ad opera della discendenza dei figli di Noè (Elenchos X 31,4sq.). L’appello rivolto a ‘Elleni, Egizi, Caldei’ e ad ogni filiazione umana ‘ad associarsi’ a ‘noi amici di Dio’ (= i cristiani ‘non eretici’, eredi e rappresentanti attuali dell’ œqnoj dei qeosebe‹j derivati da Noè – Eber) (Elenchos X 31,6) si articola retoricamente sulla tripartizione di aree sorte dai Noachiti (Elleni ~ Iafet, Egizi ~ Cam, Caldei ~ Sem) ed il suo clou enfatico (p©n gšnoj ¢nqrèpwn) sottende l’idea, ed i relativi materiali dimostrativi, che tutti i gruppi umani possono essere spiegati o identificati solo dietro incapsulamento in questa carta, genealogica e geografica, di base. 45 46 Cp. Gen 1,28. Tra Chous e Aithiopes non appare nessuna relazione onomastica diretta e così tra Phoud e Libyes, onde è il presupposto di qualche livello intermedio (del tipo sottolineato da J., AJ I 130-132) a giustificare il rilievo di Elenchos sulla persistenza solo locale delle denominazioni eponime (fuori di lì, supersedute completamente dal nome greco). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 240 Osvalda Andrei Non a caso – dopo l’esposizione di quanto noi apprezziamo come tipo di ‘Logostheologie’ differenziante rispetto all’Ippolito cosiddetto ‘orientale’, ma che per il suo autore è ‘il vero discorso sul divino’ (Ð perˆ tÕ qe‹on ¢lhq¾j lÒgoj; Elenchos X 32sq.; 34,1) – l’appello finale ad imparare ‘da noi’ (= i veri cristiani) chi è veramente Dio e cos’è la sua creazione (= a conoscere e conoscersi: Elenchos X 34,2.4) è formulato secondo tassonomie rinvianti come insieme al quadro articolato degli œqnh presupposto dai Elenchos X 30sq.: Greci e barbari (ossia la divisione dell’umanità in poli opposti propria della tradizione greco-romana) – con il secondo elemento (‘barbari’) integrato ed illustrato per coppie di œqnh di area ‘semita’ (Caldei ed Assiri), ‘camita’ (Egizi e Libi), mista (Indiani ~ Sem; Etiopi ~ Cam) e ‘iafetita’ (Celti e Latini) – una classificazione poi riqualificata nel senso degli ‘uomini tutti residenti (katoikoàntej) in Europa, Asia e Libia’ (le tre aree continentali della geografia tradizionale, parte integrante della distinzione dell’umanità in ‘greci e barbari’, ma ormai passate per il filtro biblico della divisione secondo i figli di Noè)47. L’espressione oƒ strathgoàntej Late‹noi ad indicare (od implicare anche) i Romani è un segnale rilevante del mondo di pensiero, non solo biblico, dell’autore48 e quella Ð perˆ tÕ qe‹on ¢lhq¾j lÒgoj, per quanto riferita al cristianesimo autentico dei ‘non eretici’, evoca concettualizzazioni ed ambiti non solo intracristiani (Elenchos X 34,1). In sostanza, il diamerismÒj che l’autore dell’Elenchos riprende da altra sede, dove l’avrebbe svolto con impegno, in ‘pillole’ funzionali al nuovo progetto (squalificare gli ‘eretici’ come seguaci degli errori dei filosofi e non dell’autentica e più antica rivelazione divina) si muoveva apparentemente su direttrici di questo tipo: a) un’interpretazione della ‘tavola dei popoli’ (Gen 10) alla luce della ‘parola’ (_Áma) di Dio a popolare la terra, desertificata dopo il diluvio. Così, nella lista per fula… di Gen 10 egli avrebbe visto descritta la situazione etnografica (= popoli discendenti da …) prodottasi dietro l’ordine divino di diffondersi ed abitare ogni cèra. In accordo, il versante terminologico determinante risulta quello dell’ ‘abitare’ ed ‘insediarsi’ (katoik…a/katoike‹n: Elenchos X 31,1sq.); altri vocaboli della stessa famiglia (metoik…a/paroik…a) si trovano, invece, riferiti il primo all’azione (e al relativo momento cronologico) del ‘muoversi’ e ‘trasferirsi’ ai fini dell’o„ke‹n/katoike‹n di cui la ‘tavola’ sarebbe l’esemplificazione (Elenchos X 31,1), nonché ad illustrare l’atto di Abramo (= migrazione dalla Mesopotamia) in risposta alla chiamata di Dio (Gen 12,15), il se- 47 48 Alexander, Notes (vedi nota 13), 203sq. per questo sovrapporsi, già nei Giubilei, fra aree della cartografia ionica e tripartizione noachitica della terra. Si tratta di espressione difficilmente riferibile ad altro che ai Romani (vedi, del resto, Iren., haer. V 30,3), ma – nella misura in cui Lat‹noj connota aggettivalmente lingua ed istituzioni loro proprie (ad es. Str., Geographica VI 1,6; D.H., Antiquitates Romanae IV 49,3), tanto da doverlo considerare sinonimo di `RwmaikÒj (D.H., Antiquitates Romanae I 7,2) – ha, in questo caso, un sentore tutto antiquario. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 241 condo all’ambito, qui specificatamente abramitico-iacobita, del ‘risiedere’ in Canaan in accordo a Gen 15,16 LXX49; b) la prospettiva che la situazione etnografica illustrata da Gen 10 dovesse fare i conti con le erosioni del divenire storico, ossia con il fatto che molti popoli biblici e relativi nomi mancavano di riscontri nell’attuale, perché superati e/o modificati dagli eventi e da altre denominazioni. Il motivo rimanda alla ‘riscrittura’ di Flavio Giuseppe di Gen 10,1-3150, dove proprio l’ellenizzazione è ritenuta responsabile dei cambi onomastici dal ‘long ago’ allo hic et nunc e l’autore dà, qua e là, gli estremi per riconoscere, su carta attuale, œqnh e cîrai bibliche51; sin dove è possibile, però, dal momento che Giuseppe segnala, tra le cause di discontinuità etnografica, anche la scomparsa fisica di taluni popoli per i quali sarebbe inutile cercare equivalenti52. Se l’autore dell’Elenchos ricorreva a questa tematica (come pare suggerire l’enunciazione del principio in Elenchos X 31,3sq.) è probabilmente per il fatto che, come Giuseppe, egli riteneva plausibile l’obiezione sul perché non ci fosse corrispondenza tra l’etnografia attuale e la carta, che si pretendeva fondante, di Gen 10; si trattava, cioè, di risolvere la discontinuità in una continuità ‘nonostante tutto’ e questo era quanto l’idea della metonomasia etnica sembrava assicurare. Su questo tracciato interpretativo, la ‘tavola’ di Gen 10 viene vista come il quadro geo- ed etnografico di base (assolvendo i tre Noachiti al duplice e complementare ruolo di origine partenogenetica di fula… etniche e di personificazione dei tre spazi europeo, asiatico e libico della divisione ellenica in continenti; Elenchos X 31,1.4: ¢rc¾ gšnouj ¢nqrèpwn) costituitosi su input divino, a cui rinviare, mediante agganci appropriati, lo hic et nunc degli œqnh e – come pare suggerire la storia onomastica della biblica ‘terra di Canaan’, identificabile con l’attuale (Siria)-Palestina (Elenchos X 30,1sq.) – anche delle cîrai. In accordo, il numero di 72 œqnh è decisamente biblico (vedi Gen 10,1-31 LXX) e gli addendi kat¦ gšnoj 15 – 32 – 25 ne costituiscono un’interpretazione numerica tanto particolare quanto specifica53. La terminologia dell’o„ke‹n/katoike‹n, inoltre, non 49 50 51 52 53 Ovvero: come terra (ancora) non propria ed abitata, perciò, in modo ancora non integrato. J., AJ I 120-147. Ad es. J., AJ I 125.128.133.136.138. J., AJ I 137-139. La Bibbia ebraica dà un totale di 70 nomi ripartibili nei tre blocchi di 14 (Iafet), 30 (Cam) e 26 (Sem) codificati dalle varie esegesi (D. Sperber, art. Nations, the Seventy, EJ 12, 1971, [882-886] 885sq.). Il testo dei LXX – introducendo in Gen 10,2.24 Elisà come quinto figlio di Iafet e Kainan tra i discendenti di Sem – porta il totale a 72, onde le cifre di area diventano rispettivamente 15 (Iafet), 30 (Cam) e 27 (Sem). Nell’autore dell’Elenchos i camiti sono due di più (32) ed i semiti scendono di altrettante unità (25); si tratta di una variante particolarissima, che può dipendere da scelte e strategie di computo determinate (ad es. per i camiti l’inclusione di Nemrod e la distinzione, su base grafica, tra i Chanan di Gen 10,6.19), ma anche dalla situazione del testo su cui si lavorava (particolarmente fluido nel caso dei semiti di Gen 10,26-29). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 242 Osvalda Andrei è tanto quella della ‘tavola dei popoli’ (ove ricorre solo nell’ambito dei figli di Iektan e per un solo settore di essi; Gen 10,28-30), ma echeggia piuttosto il vocabolario della maledizione di Noè su Canaan (Gen 9,25-27 LXX), che viene prospettato – insieme a Sem e Iafet e, di conseguenza, al padre Cam – come ‘attendamento’ (insediamento) stabilizzatosi in forme ed equilibri determinati54. Questo diamerismÒj, dunque, puntava a definire il primordiale rapporto tra œqnh e cîrai come da essi occupate ed onomasticamente fondate solo dopo il diluvio, ossia l’archetipo di riferimento a cui ogni apparente mutabilità (= la mappa attuale) andava ricondotta. In tale quadro va considerato il ruolo di Eber quale eponimo degli Hebraei (Elenchos X 30,4), un nesso etimologico certamente condiviso, ma qui enfatizzato dal costituire la nascita del patriarca il termine di chiusura dei 495 anni indicanti la continuità dei qeosebe‹j da prima a dopo il diluvio55. Cronologicamente, la sua figura serviva forse ad individuare il momento in cui la stirpe dei qeofile‹j (= la linea Noè – Sem – Eber di Gen 10,21) avrebbe trovato un nome congruente al suo visibilizzarsi quale popolo più antico; sotto il profilo onomastico, il nesso Eber ~ Hebraei doveva affiancare quello Iouda ~ Iudaea/Iudaei (Elenchos X 30,2) in una sinonimia, genealogicamente fondata (essendo Giuda, figlio di Giacobbe, discendente via Abramo da Eber), che esaltasse sia l’antichità e l’autorevolezza dei qeosebe‹j sia la dignità della loro cèra (Canaan ~ Giudea ~ Siria Palestina) di trasmigrazione ed insediamento. Come fosse narrativamente organizzata questa distribuzione degli œqnh in gšnh e cîrai e quale ne sia stata la sede (se un’opera specifica o più contributi e lÒgoi) non è dato dire56. Ne sono, però, decisamente chiari gli scopi apologetici (che favoriscono la ripresa di alcuni suoi dati in chiave utile a trattare gli ‘eretici’ come plagiari del ‘più recente/meno autorevole’), soprattutto per quanto concerne l’assestamento di identità ribaltate o non capite. Contro chi, allora, poteva essere rivolto un siffatto tipo di esegesi? Chi si presta di più a svolgere questo ruolo di obiettivo sembra Celso. Infatti è dai frammenti del suo Discorso di verità57 che provengono affermazioni coerenti (dal punto di vista di una possibile replica) con la linea argomentativa dell’Elenchos ed i suoi presupposti bibliografici. Tali: i) i Giudei come gšnoj non etnicamente legato alla Giudea (e, perciò, non 54 55 56 57 Infra, 264sq., per il collegamento (o adeguamento) della profezia di Noè con i movimenti etnografici coinvolti nei vari ‘diamerismi’. Vedi nota 39. Norelli, Alcuni termini (vedi nota 43), 110sq. Su Celso, l’opera, la sua datazione nel 178/180 d.C. e le caratteristiche della sua polemica anticristiana, vedi G.T. Burke, art. Celsus, The Anchor Bible Dictionary 1, 1992, 879881; G. Rinaldi, La Bibbia dei pagani, vol. 1. Quadro storico, La Bibbia nella storia 19, Bologna 1997, 107-118; L. Perrone (ed.), Discorsi di verità. Paganesimo, giudaismo e cristianesimo a confronto nel Contro Celso di Origene. Atti del II Convegno del GIROTA, Roma 1988; J.G. Cook, The Interpretation of the Old Testament in Greco-Roman Paganism, StAC 23, Tübingen 2004, 55-149. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 243 identificabile secondo il tradizionale rapporto œqnoj – cèra) perché Egizi d’origine stanziatisi – per secessione dal gruppo d’appartenenza e fuga dal proprio paese – nella Palestina ora chiamata Giudea, in un qualche angolo della quale si sarebbero nascosti per poi ‘ricostruirsi’ secondo fabbricazioni genealogiche tanto infondate quanto deliranti (donde la logica di una risposta in termini di storia onomastica dell’attuale Palestina Giudea a partire dalla gÁ Canaan‹tij e di definizione etnica dei Iudaei in chiave di una lunga residenza di Abramo e dei suoi discendenti in Canaan, provata dai numeri della genealogia abramitico-levitica, sino al trasferimento in Egitto dopo la nascita di Caath, che qui avrebbe proseguito la discendenza tramite la linea Amram – Mosè, onde l’Esodo fu un ritorno in una cèra di antenati e non una fuga dall’Egitto per appropriarsi di una terra altrui)58; ii) la distinzione terminologica tra Hebraei e Iudaei in funzione di un parallelismo con le due st£seij storiche da cui il gšnoj fuggito dall’Egitto sarebbe stato interessato: quella d’origine, che avrebbe portato alla costruzione di un œqnoj di Hebraei particolare e distinto dagli Egizi, e quella, recente, del gruppo dei cristiani dalla comunità di Iudaei che il nucleo di partenza sarebbe storicamente diventato (donde la congruità di una risposta che punta anche su una derivazione etimologica di Hebraei da Eber cronologicamente distinta da quella di Iudaei da Giuda, sì che i due nomi non vanno trattati come confusa ed indiscriminata variante, ma sono da ritenersi espressione della crescita storica di un œqnoj già del tutto tale, anche dal punto di vista delle figure eponime, prima della migrazione in Egitto)59; iii) il diluvio dei tempi di Noè quale contraffazione di dottrine greche e barbare sulle inondazioni periodiche che scandiscono i corsi e ricorsi dell’universo – l’ultima delle quali sarebbe quella di Deucalione – ed esempio di una narrativa di scarso spessore intellettuale e, come tra l’altro dimostrato da quella ‘cosa’ strana, con al suo interno di tutto, che era l’arca, di nessuna credibilità (donde la risposta in termini di una diversità tra diluvi – quello di Noè il solo ad essere universale e, perciò, irripetibile, quello di Deucalione geograficamente limitato e, dunque, non privo di altri paralleli, ugualmente locali – e di una conformazione dell’arca adatta, per misure e tipologia, agli scopi per cui doveva servire)60; iv) la 58 59 60 Cels. III 5-7; IV 31.36; VI 78. Celso impiega correntemente 'Iouda‹oi ad indicare l’œqnoj e la sua dimensione religiosa dalla fase biblica a quella, odierna, di contrapposizione ai cristiani (Cels. I 26; III 1-5; IV 2.20.22.31.36.47sq.73; V 2.6.25.33sq.41.59.65; VI 19.29.78; VII 18). È però significativo che `Ebra‹oi risulti utilizzato in quel punto nodale dell’argomentazione celsiana (Cels. III 6sq.) riassumibile nei termini di ‘ciò che è fatto è reso’; infatti, come i secessionisti egizi vollero rifarsi una nuova identità rinascendo come `Ebra‹oi (donde l’idea, implicata, di un’immagine etnica che si voleva antica senza esserlo realmente), così i seguaci di Gesù si staccarono dagli ormai tradizionali 'Iouda‹oi di cui erano parte, per costituire un popolo ‘nuovo’ senza, però, essere di fatto alcunché. Cels. I 19sq.; IV 11.41 (per la contestualizzazione, anche numismatica, di quest’ultimo passo vedi G. Rinaldi, La Bibbia dei Pagani, vol. 2. Testi e documenti, La Bibbia nella storia 20, Bologna 1998, 106-108). Celso parla solo del diluvio di Deucalione (definen- Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 244 Osvalda Andrei recenziorità degli Hebraei/Ioudaei, in quanto appendice secessionista degli Egizi, rispetto ai Greci (autentici esaltatori di ciò che è bello ed utile, pur se ‘scoperto’ da altri) così come ai ‘barbari’ ¢rcaiÒtatoi kaˆ sofètatoi, anch’essi compartecipi – per quanto lontani e paradossi – di quel ‘sapere antico’ (palaiÕj lÒgoj) che è la vera anima del mondo (donde la logica di una risposta e, soprattutto, di una dimostrazione su carta, che – per invertire il rapporto – colloca dopo il diluvio l’origine dei popoli cosiddetti ‘filosofi’ come, in generale, di ogni œqnoj, esclusa la linea incardinata su Noè e poi visibilizzatasi negli Hebraei)61. Celso, insomma, è un candidato credibile al ruolo di presenza dietro le quinte di quella produzione apologetica d’autore di cui la parte finale dell’Elenchos rappresenta la punta emergente: una presenza che pare influire sui termini dell’autodefinizione cristiana dell’autore (Ð perˆ tÕ qe‹on ¢lhq¾j lÒgoj) rispetto sia agli eretici non cristiani che ai pagani cristianizzabili62, sul peso dato ad una sola ed unica parola (quella di Dio dopo il diluvio) quale causa del popolamento 61 62 dolo neèteroj e teleuta‹oj), mentre el. X 30,6 aggiunge quello, ugualmente locale, di Ogygus in Attica. Al di là del bagaglio di conoscenze proprie da cui il suo autore può aver prelevato la notizia, si ricordi come al diluvio attico dei tempi di Ogygus desse un nuovo e motivato rilievo proprio il contemporaneo Giulio Africano, stabilendone la sincronia con Mosè e l’Esodo e facendone, così, un capisaldo, cronografico ed ideologico, del proprio sistema (Iulius Africanus apud Eus., p.e. X 10,21sq. [GCS Eusebius 2VIII/1, 595,7-13 Mras/des Places = Reliquiae Sacrae 22, 277,7-16 R.]). Quanto all’arca, nell’indicarne il luogo d’approdo su carta moderna e l’attuale persistenza dei suoi resti, el. X 30,7 si muove sulla linea di J., AJ I 92 e in accordo all’idea programmatica di dimostrare la veridicità della bibbia; anche in questo caso, però, l’autore ha un parallelo specifico in Giulio Africano, che non solo fornisce due localizzazioni possibili dell’approdo dell’arca, ma dice di averle personalmente visitate entrambe (Iulius Africanus in Georgius Syncellus, Ecloga chronographica 38 [22,6-8 M. = 243,2-5 R.]). Per sua parte, l’autore dell’Elenchos dichiara di essersi già occupato delle misure dell’arca, con ciò implicando un discorso su forma ed agibilità reali del mezzo (vedi la definizione celsiana ¢llÒkotoj kibwtÒj in Cels. IV 41) che rinvia a Filone (Ph., Quaestio in Genesin II 5 [ad Gen 6,15sq.]) e – dietro l’adeguato apprezzamento del piano letterale quale preludio necessario alla comprensione delle realtà spirituali iscritte nell’arca e nella sua architettura – a Or., hom. 2 in Gen. (Opere di Origene 1, 80-105 Simonetti). Data l’opposizione dell’autore di Elenchos alla linea pastorale di Callisto sulla remissione dei peccati, fondata dal vescovo proprio sulla similitudine ‘arca di Noè – chiesa’ (el. IX 12,23), non escluderei che uno dei possibili contesti dell’esegesi allusa in el. X 30,7 sia stata (puntando magari sulla qeofil…a degli umani salvatisi sull’arca) proprio la polemica contro Callisto. Cels. I 2 (i barbari e gli eØr»mata, i Greci ed il dispiegamento autentico della virtù); I 14.16 (popoli antichissimi e sapienti ed ¢rca‹oj lÒgoj); I 20 (gli Egizi popolo più di tutti ‘filosofo’); III 5sq. (gli ‘Ebrei’ gruppo secessionista dagli Egizi e, perciò, recenziore); IV 31.36 (i Giudei privi di memoria storica e, perciò, esclusi da quell’antichità che possono, invece, pretendere Greci [Ateniesi, Arcadi e Frigi] e barbari [Egizi]); I 37; VI 23; VII 28; IV 21.41; VIII 60 (plagi, contraffazioni e fraintendimenti di dottrine greche, popoli ™nqeètata e qe‹oi ¥ndrej da parte di giudei e cristiani). Cp. el. X 31,6 (™n ¢lhqe…aj gnèsei [...] poioumšnwn [GCS Hippolytus III, 288,5sq. Wendland]) con el. X 34,1sq., che del precedente passo è da ritenersi una sintesi su ‘tema’ celsiano (palaiÕj lÒgoj come ¢lhq¾j lÒgoj) e dove il vero lÒgoj è contrapposto, in funzione identitaria, alle opinioni degli eretici plagiari [scil.: di assunti e teoremi a loro volta rubati ad altri]. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 245 generale della terra (evocante per contrasto le affermazioni di Celso su ripetute ondate migratorie, promosse di volta in volta da oracoli e profezie e, perciò, localizzate, per cui ogni terra risultò alla fine abitata)63 e, forse, anche sulla formulazione espositiva della ben nota ‘Logostheologie’64. 4. Ridefinire le identità. DEl. nel progetto unitario della Synagoge: popolamento della terra e dispersione etnolinguistica Pertanto, è contro la squalifica celsiana degli Hebraei/Iudaei come etnia non in grado di reggere il confronto con la cultura e l’antichità dei popoli (greci e barbari) cosiddetti ‘filosofi’ e della loro appendice cristiana come alterità intellettualmente non elevata e socialmente intollerabile che l’autore dell’Elenchos pare aver elaborato un diamerismÒj ove ogni popolo e cèra etnicamente definita risultavano ‘fondati’ dopo il diluvio per il tramite dei noachiti. Se così, questo diamerismÒj ha serie possibilità di costituire la prima esegesi cristiana a Gen 10 sistematica (perché organizzata e dispiegata su precise basi ideologiche) e di ampio respiro (perché intesa a collegare in prospettiva long-ago fondante ed ‘attuale’)65. Per apprezzarlo al meglio in quest’ottica, si consideri allora che: a) tra i circa 20 œqnh menzionati nei frammenti di Celso (o in quanto tali o attraverso i loro santoni e personaggi esemplari), almeno una quindicina ritornano, pur con qualche differenza terminologica, tra i popoli espressione della ‘filosofia barbara’ e scopritori di eØr»mata segnalati in Clemens Alexandrinus, Stromateis I 15sq. e, di quest’area comune, una porzione coincide con gli esempi di popoli ‘filosofi’ ricordati nell’Elenchos66; b) quasi tutti gli œqnh 63 64 65 66 Cels. VII 3 e, soprattutto, 45. Con questo non voglio dire che la ‘Logostheologie’ dell’autore dell’Elenchos sia stata elaborata in riferimento a Celso (infatti la polemica di Cels. IX 11sq. contro le posizioni monarchiane di Callisto e di altri dimostra che si trattava di un dibattito sull’unità-unicità di Dio dalle caratteristiche innanzitutto intracristiane). Non escludo, però, che la sua posizione e visione del problema abbiano ricevuto da Celso stimoli a ripensarsi, rifinirsi e rimodularsi (anche in funzione del conflitto interno) secondo quella fisionomia intellettualistica e filosofica piuttosto che biblica con cui trova espressione nell’Elenchos. Prima di parte cristiana perché non sappiamo niente di uno scritto che Teofilo avrebbe dedicato, con tanto di elenchi, alle genealogie noachite di Gen 10 (Thphl. Ant., Autol. II 31 [PTS 44, 81-83 Marcovich]) e perché, a questa altezza, il giudaismo aveva già da tempo avanzato varie interpretazioni attualizzanti della ‘tavola dei popoli’ (Inglebert, Interpretatio [vedi nota 6], 116-125). Oltre a Ioudaioi/Ebraioi (scontati in entrambi), Clemente (Clem., str. I 15,71,3-76,10 [GCS Clemens Alexandrinus 4II, 45,19-50,10 Stählin/Früchtel]) ha in comune con Celso: Aigyptioi (Cels. I 14), Chaldaioi (Cels. I 14, Assyroi; VI 80, Chaldaioi), Druidai/Galloi (Cels. I 14, Druidai tra i Galatai), Magoi (Cels. VI 80), Gymnosophistai tra gli Indoi, Samanoi e Brahmanes (Cels. I 14.24; V 34), Skythai [Anacarsis] (Cels. II 55, Zamolxis; V 41.54; VI 39; VII 62), Hyperborei (Cels. I 16; III 31, Abaris hyperboraeus), Phryges/Dactyloi Idaioi (Cels. IV 36), Arabes (Cels. V 34), Libyes/Atlas (Cels. VII 62, Nomadi della Libia), Thrakes/Tamiris (Cels. I 14, Samothrakes ), Kolchoi [Medea] (Cels. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 246 Osvalda Andrei di Celso sono rappresentati nelle genealogie noachite del primo settore del diamerismÒj della Synagoge (56-197), o come discendenti della prima ora o tra gli esiti attuali e lo stesso può dirsi per la quasi totalità dei popoli di Clemente (dentro e fuori l’area comune con Celso)67; c) in Syn. Diam. I68 la presenza di determinati œqnh e la particolare terminologia di altri risultano abbastanza comprensibili alla luce di una logica interlocutoria ‘Celso – Elenchos (con bibliografia a monte) – Synagoge’69; d) sempre in 67 68 69 V 41), Persai (Cels. I 5; VI 80; VII 62), Odrysai (Cels. I 14; II 55, Orfeo). Di questi, nell’Elenchos risultano menzionati in vario contesto: Aigyptioi (el. IV 43,4; V 7,22; X 30,6; X 31,3sq.6; X 34,1), Assyroi e Chaldaioi (el. V 7,6.20; X 30,6; X 31,3.6; X 34,1), Indoi/Brahmanes e Gymnosophistai tra (presso) gli Indoi (el. I 13,1; I 24,1; VIII 7; X 34,1), Thrakes/Samothrakes (el. V 8,9-13), Druidai in (presso) i Keltoi (el. I prooem. 6; I 2,17; I 25,1; X 34,1), Persai (el. IV 41,3; V 21,10); Phryges (el. V 7,20sq.), Lybies (el. V 6,5.8; X 31,3; X 34,1). Altri œqnh (o fula… democratizzate) ricordati in Celso sono: Galaktophagoi (Cels. I 16), Getai (Cels. III 31), Kilikes (Cels. III 31), Arcades (Cels. IV 36), Aithiopes (Cels. V 34), Seres (Cels. VII 62). Dell’area comune ‘Celso-Clemente’ sono in Syn. (Syn. Diam. I): Chaldaioi e Assyrioi (Syn. 161sq.190 [no. 6]); Indoi/Gymnosophystai (Syn. 176 [no. 15].186.190 [no. 9.16]); Persai (Syn. 164.190); Thrakes (Syn. 63.80 [no. 21]), Keltoi/Galatai/Gallioi (Syn. 58.80 [no. 35]), Skythai (Skythes; Syn. 80 [no. 19].183 [no. 22]); Phryges (Syn. 114 [no. 16].132 [no. 16; vedi app. crit. ad loc.].135); Aithiopes (Syn. 94.104.132 [no. 1]); Arabes (I/II; Syn. 178.190 [no. 14sq.]); Kolchoi (Syn. 84 [no. 8], Kolchis); Libyes-Nomades (Syn. 113.132 [no. 19]). In Celso e Syn. Diam. I: Kilikes (Cels. III 31; Syn. 117.132 [no. 26]), Saitai (Cels. IV 34; Syn. 75). In Clemente e Syn. (Syn. Diam. I): Kares (Clem., str. I 16,74,3; Syn. 132 [no. 12]); Tyrrhenoi (Clem., str. I 16,74,4; I 16,75,7; Syn. 80 [no. 34].84 [no. 24]: Qouskhn»); Germanoi (Clem., str. I 15,72,3; Syn. 190 [no. 11]); Phoinikes-Sidonioi (Clem., str. I 16,75,1.8; Syn. 97.132 [no. 9].76), Illyroi (Clem., str. I 16,75,6; Syn. 62, 'Ilurio…; 80 [no. 41].84 [no. 30], 'Illur…j), Kappadokes (Clem., str. I 16,75,9; Syn. 57.80 [no. 10]), Troglodytai (Clem., str. I 16,75,4; Syn. 96.132 [no. 2]), Baktrianoi (Clem., str. I 15,71,4, Samanoi di Bactria; Syn. 177 [no. 16].194 [no. 2], Baktrian»); Mysoi (Clem., str. I 16,75,3, Olimpo di Misia; Syn. 132 [no. 14].150 [no. 16]). I Latinoi di el. X 34,1 sono riconducibili, oltre che a Syn. 80 [no. 33], soprattutto alla sfera culturale sottolineata da Syn. 81sq., così come i Phoinikes-Sidonioi di el. IV 48,9 presuppongono la problematica implicata da Clem., str. I 16,75,7sq. Per l’abbreviazione vedi nota 1. Vedi ad es. i Dru…dai Galatîn di Celso (Cels. I 16), dei quali parla anche l’autore dell’Elenchos come Dru…dai oƒ ™n Kelto‹j (el. I prooem. 6; I 25,1-6) – ossia, definendoli, rispetto ai Galatai celsiani di eco letteraria, secondo l’etnia più comune (= occidentale) ed implicandoli così nel complessivo Keltoi di el. X 34,1. È interessante che in Syn. (Syn. Diam I) 58 Galatai e Keltoi figurino insieme come discendenti del iafetita Magog, dando l’impressione che l’autore li abbia considerate realtà etniche affini o sovrapponibili; i primi, però, rimangono nell’attuale solo a livello di cèra eponima (Syn. 84 [no. 7]), i secondi nella nuova veste di G£llioi <oƒ kaˆ> Kelto… (Syn. 80 [no. 35].84 [no. 38], Kelt…j), cioè secondo la dizione ‘occidentale’ ormai consueta. In Syn. Diam. I, insomma, c’è la percezione di una nomenclatura etnica (riguardante i Druidai) di tipo vario, che viene incapsulata nella tavola dei popoli ed organizzata come divenire etnografico dal ‘long ago’ (con i relativi progenitori) sino allo ‘hic et nunc’. Una casistica interlocutoria di questo tipo è intravedibile a partire dagli Indoì, che Celso cita tra i popoli ‘più antichi’ e ‘pieni di spirito divino’ (Cels. VI 80). Difficilmente essi potevano significare, per lui, qualcosa di diverso da quelle enclaves brahmaniche ormai solidificatesi quale esempio per eccellenza di ‘Kulturvolk’ (A. Dihle, The Conception of India in Hellenistic and Roman Literature, PCPS 190/10, 1964, 15-23; J. Filliozat, La valeur des connaissances grécoromaines sur l’Inde, JS année 1981, 97-135); in accordo, l’autore dell’Elenchos le cita ed Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 247 Syn. Diam. I, la segnalazione – per ciascuna delle tre branche genealogiche noachite – degli œqnh ‘conoscitori delle lettere’ (Synagoge 82.135.192) evoca il tema dell’invenzione e trasmissione della scrittura che è associato, in Clemente, all’elenco dei popoli ‘barbari’ e all’esaltazione delle loro capacità inventive. Trattandosi di materiale connesso, sin dal giudaismo ellenistico, al dibattito sull’origine della cultura ed il suo diffondersi a catena da un centro a periferie successive, la sua natura (al di là della funzione prestatagli dall’attuale locazione) è decisamente ‘apologetica’70 e può essere interessante notare che quasi tutti gli œqnh dell’Elenchos coincidono con quelli indicati nella Synagoge come ‘popoli letterati’71; e) ancora in Syn. Diam. I, presenze ambigue come le Amazzoni (tra i iafetiti attuali, con tanto di cèra loro intitolata) ed i Gimnosofisti (tra i semiti della prima ora e dell’attuale) e decisamente strane come gli sconosciuti Ortosiasti suggeriscono un intento di completezza che passa attraverso etnie mitiche ormai diventate identità e simboli condivisi (Amazzoni), categorie di tale esemplarità da poter costituire di per sé un ‘Kulturvolk’ collocabile e posizionabile (Gimnosofisti) e nuclei cittadini fabbricati per i tramiti del patriottismo locale come dÁmoi o œqnoj vero e proprio (Ortosiasti)72. 70 71 72 illustra come bracm©nej oƒ ™n (par¦) 'Indo‹j (el. I proem. 6; I 24), onde sono da ritenersi presupposte nel collettivo Indoi di el. X 34,1. È significativo che Indoi e Gymnosophistai (cultura democratizzata dal rapporto non sempre chiaro e coerente con i Brachmanes: vedi Clem., str. I 15,71,4; III 7,60,1-4; Ptol., Geog. VII 1,51, Gymnosophistai; VII 1,74, Brachmanai) figurino separatamente in Syn. Diam. I sia tra i semiti della prima ora (quali discendenti di due figli di Iektan) sia tra quelli dello ‘hic et nunc’ (Syn. 176.186.190 [no. 9.16]). L’impressione è che in questa sede si volesse distinguere e specificizzare l’enclave rispetto agli Indoi in virtù del suo ben noto ruolo di ‘cultura barbara’ esemplare. Clem., str. I 15,73,1 (lettere efesie e Daktyloi Idaioi) e I 16,75,1 (Cadmo, i Fenici e l’alfabeto). Per la connessione tra invenzione delle lettere e dibattito su origine e diffusione della cultura, esemplare è Eupolemo in Clem., str. I 23,153,4 (95,20-96,3 S./F.); Chron. Pasch. (117,11-14 D.); A.J. Droge, Homer or Moses? Early Christian Interpretations of the History of Culture, HUTh 26, Tübingen 1989, 13-19); un repertorio di œqnh ed eroi inventori e/o esportatori di gr£mmata è in Plin., nat. VII 192sq.; Hyg., fab. 277 (Hygini fabulae, 152,23-153,6 Schmidt). Per la presenza degli Iberes tra i popoli letterati (Syn. 82 [no. 1]), vedi gli Iberes Turdetanoi citati in Str., Geographica III 1,6. Tra i iafetiti ‘letterati’ di Syn. 82 (Iberes, Latinoi, Spanoi [sic!], Hellenes, Medoi, Armenoi), Hellenes e Latinoi sono ricordati come œqnh esemplari in el. X 31; 34,1; tra i camiti di Syn. 135 (Phoinikes, Aigyptioi, Pamphyloi e Phryges), tutti salvo i Pamphyloi ricorrono nell’Elenchos (vedi note 66sq.); tra i semiti di Syn. 192 (Hebraioi/Ioudaioi, Persai, Medoi, Chaldaioi, Indoi, Assyrioi), Chaldaioi, Assyrioi ed Indoi figurano tra i popoli cosiddetti ‘filosofi’ di el. X 30sq.34,1, gli `Ebra‹oi vengono esaltati come eponimi di Heber e discendenti dei qeofile‹j pre- e postdiluviani (el. X 30,4-7; 31,4) ed i Persai sono menzionati, nei loro santoni, per le loro pretese di essere nel vero assoluto (el. IV 43,3). Syn. 80 (no. 6).84 (no. 3) per le Amazzoni; Syn. 186.190 (no. 16) per i Gimnosofisti; Syn. 125 per gli Ortosiasti. Le Amazzoni erano ormai, nell’immaginario collettivo, il simbolo di un ‘bellicoso’ e di una liminalità recuperati o recuperabili al ‘civile’, come dimostrano le leggende cittadine che le volevano fondatrici di molte città dell’Asia Minore facendone parte integrante della loro memoria storica (vedi Andrei, Claudius Charax [vedi nota 12], 89-91; P. Devambez, art. Amazones, LIMC 1/1, Zürich/München 1981, 635sq.; 649sq. per la relativa iconografia ed i suoi precedenti) ed il modello da esse fornito alla perso- Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 248 Osvalda Andrei L’impressione è quella di una dinamica ‘Celso – Elenchos (con precedente bibliografia) – Synagoge’, che non è solo diretta (come dimostrano il caso di Clemente e lo svolgimento del tema etnografico nel contemporaneo Bardesane)73 né va ritenuta una traiettoria storicamente scarnificata. Infatti l’interesse per gli œqnh sembra un orizzonte condiviso perché punto di riferimento di sistemi valoriali ed ambito di confronto e strutturazione di identità varie. Nella ‘ricerca’ sui popoli e nel loro dispiego (sia in chiave di rappresentanze più o meno eccellenti che nel senso del ‘tutto’) si gioca una partita di totalità e completezza funzionale al ‘pagano’ come al ‘cristiano’, ma diversamente orientata e gestita. In Celso (espressione di una raffinata ideologia antonina dell’Impero e della sua organizzazione come ecumene civilizzata), questa ricerca ed i suoi materiali servono per esplicitare – nel quadro del sistema classificatorio ‘greci – barbari’ in cui l’ordine imperiale viene risolto e compreso – quel polo ‘barbaro’ che deve essere valutato nel senso della composizione con l’ellenismo/romanità e non dell’opposizione ad essi (onde una polifonia etnica non greca, che può anche essere più antica degli Elleni, ma che vale ad ogni modo quale praeparatio alle vere e proprie conquiste culturali assicurate dalla ‘grecità’)74; nei cristiani (al di là del confronto diretto con Celso, ma sempre nel quadro di un costruirsi identitario), materia e materiali etnografici servono invece per relativizzare la grecità come presenza effettiva in un universo di œqnh che si dimostra affollatissimo e, di conseguenza, come primato culturale75 e/o 73 74 75 nificazione di province o popoli da presentare e propagandare come vinti o toccati dalla forza civilizzante dell’Impero (R.R. Smith, The Imperial Reliefs from the Sebasteion at Aphrodisias, JRS 77, 1987, 88-138); il fatto che questo œqnoj fosse considerato da Taziano (Tat., orat. 32,2) una ridicolezza ‘ellenica’ ne rende ancor più particolare il collocamento nella biblica ‘tavola dei popoli’ di Syn. Diam. I, anche nella forma di una cèra 'Amazon…j che da loro sarebbe stata ‘fondata’. Per i Gimnosofisti, vedi nota 69. Quanto agli Ortosiasti (che Syn. [Syn. Diam. I] 125 fa derivare da Asennaios, settimo figlio di Chanaan), essi sottendono forse una relazione con la città fenicia Orthosias (nome greco derivatole da Arthemis Orthosia, versione ellenizzata di una Astarte locale; E. Honigmann, art. Orthosia ('Orqws…a) 3, PRE 1.Reihe 18/1, Stuttgart 1942, 1494sq.); sfuggono, però, i tramiti per cui essa sia potuta entrare a far parte, una volta democratizzata, dei popoli biblici alle origini del movimento etnografico. Per Clemente, vedi note 66sq. Quanto a Bardesane, il suo Liber Legum et Regionum contiene una serie di œqnh intesi a dimostrare, nella varietà delle loro leggi ed usanze, la potenza del libero arbitrio concesso da Dio all’uomo e, perciò, l’origine comune (biblicamente parlando) del genere umano (leggo il testo nella traduzione di H.J.W. Drijvers, The Book of the Laws of Countries. Dialogue on Fate of Bardaisan of Edessa, STT 3, Assen 1965). Nell’ordine, sono citati Romani, Greci, Geli, Bactri, Racamei, Edesseni, Arabi, Germani, Galli, Britoni (sic!), Parti, Amazzoni, Taiti, Saraceni, Mauritani, Numidi, Alani, Albani, Medi, Indi, Giudei: nomi classicamente noti (ricorrenti in Celso e descritti secondo consuetudini più o meno standardizzate) accanto ad altri meno ‘classici’ (Taiti, Saraceni, Edesseni, Racamei) perché legati al contemporaneo dell’autore. Vedi l’espressione toÝj […] “ Ellhn£j te kaˆ barb£rouj ¥cri per£twn in Cels. VIII 72, da non considerarsi solo un modo di dire, ma – alla luce di un’occorrenza analoga in Cels. IV 11 (intesa a dare il senso della totalità del sapere normativo) – soprattutto una dichiarazione di vera e propria ‘Weltanschauung’ politica e culturale. Vedi Clemente (cf. nota 76). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 249 per sottolineare nella molteplicità etnica un brodo di coltura favorevole al diffondersi del nomen christianum76. Onde, in quanto mezzo di confronto di visioni del mondo differenziate, la ricerca etnografica porta a disvelare un’ecumene non necessariamente coincidente con quella imperiale, dove il combinarsi della geoetnografia ‘scientifica’ con l’apporto di ambiti più ristretti sia intellettualmente che sotto il profilo dell’audience (come i cataloghi di eØr»mata ed i Peripli) può dar luogo ad una commistione di entità anche disomogenee, contraddittorie e paradossali, ma valide a fare ‘completezza’ e ‘totalità’77. Le pretese cristiane di rappresentare, in quanto verus Israel, il clou della sapienza barbara più antica ed ispirata (gli Hebraei) sono certamente inscindibili da questo contesto intellettuale e dal suo sistema di valori78 e l’interpretazione di Gen 10 in vista di quella molteplicità di etnie e culture ‘democratizzate’ propria della logica pluridentitaria del II-III secolo d.C. poteva certamente costituire una risposta alle sollecitazioni di esso. Ma chi, da cristiano, avesse scelto di ricorrervi 76 77 78 Clem., str. I 15,68,2 e I 15,71,3 per i preamboli di esaltazione della ‘filosofia barbara’ come antecedente necessario delle dottrine greche (premessa alla teoria del furto culturale o plagio svolta dall’autore, con ampio ventaglio di argomenti, in Clem., str. V 14,89,1141,3), che precedono le vere e proprie liste di œqnh, santoni e dÁmoi non greci; in tal senso, l’elenco di Tat., orat. 1,1-2 in seno al tema dell’origine barbara di tutto quanto è in uso tra i Greci (Telmessoi, Kares, Phryges, Isauroi, Kyprioi, Babylonioi, Persai, Aigyptioi, Phoinikes, Touskanoi, presso che tutti ricorrenti in Clemente) può esserne considerato la base di sviluppo ed espansione. Più specificatamente, Bardesane associa il motivo dell’eterogeneità degli œqnh a quello del ‘nuovo popolo cristiano’ formatosi ovunque al di sopra delle diverse usanze ed in virtù di quella stessa libertà di scelta che è stata all’origine del loro moltiplicarsi storico (cf. Drijvers, Book [vedi nota 73], 59-61). Per queste tematiche intese a relativizzare il greco (e, come suo sviluppo ed espansione, il romano), vedi G.G. Stroumsa, Philosophy of the Barbarians. On Early Christian Ethnological Representations, in: H. Cancik/H. Lichtenberger/P. Schäfer (edd.), Geschichte – Tradition – Reflexion, Festschrift für M. Hengel zum 70. Geburtstag, vol. 2. Griechische und römische Religion, Tübingen 1996, 339-368. C. Nicolet, L’inventario del mondo. Geografia e politica alle origini dell’Impero romano, Bari 1989 (traduzione italiana di idem, L’inventaire du monde. Géographie et politique aux origines de l’Empire romain, Nouvelles études historiques, Paris 1988) sulla geografia quale rappresentazione della realtà, spaziale ed etnica, dell’impero Romano (capitoli 1sq. soprattutto); C. Parisi Presicce, Le rappresentazioni allegoriche di popoli e province nell’arte romana, in: M. Sapelli (ed.), Provinciae Fideles. Il fregio del tempio di Adriano in Campo Marzio, Milano 1999, 83-105 per la visione dell’Impero-orbis terrarum come ufficialmente propagandata mediante personificazione di province e/o œqnh appositamente selezionati per esaltarne estensione ed ordine intrinseco. Per il contributo di peripli, romanzi e cataloghi di eØr»mata al disvelamento di entità etniche diverse da quelle delle scritture e rappresentazioni ufficiali (carte, registri fiscali e catastali) ed alla fabbricazione di mappae mundi differenziate e più ricche rispetto alle tradizionali, vedi L. Cracco Ruggini, Leggende e realtà degli Etiopi nella cultura tardo imperiale, in: E. Cerulli (ed.), [scil. Atti del] IV Congresso Internazionale di Studi Etiopici (Roma, 10-15 Aprile 1972), Problemi attuali di scienza e di cultura 191, vol. 1. Sezione storica, Roma 1974, 141-193 (142sq. per i peripli, passim per il romanzo); per un trattamento esauriente del tema delle ‘invenzioni’ e delle relative liste di ‘scopritori’ (personaggi e dÁmoi) illustri, vedi K. Thraede, art. Erfinder II., RAC 5, Stuttgart 1962, 1191-1278. O. Andrei, Cronografia giudaica, cronografia cristiana. Un itinerario di lettura, Henoch 22, 2000, (63-85) 76-78. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 250 Osvalda Andrei vi avrebbe agganciato un’ulteriore prospettiva: la risoluzione della ‘totalità‘ universalizzante di cui la polifonia etnica si voleva espressione in unità d’origine del genere umano (donde la possibilità di avvicinare il movimento etnografico come parte di quella storia della salvezza che, per i cristiani, era il corso storico). A cogliere i potenziali di tale lettura (nel quadro di un personale esercizio letterario che si intuisce diramato nei temi e nella destinazione) e farne un’opportunità (di raggiungere, tramite replica al Discorso di verità di Celso quale mezzo di comunicazione pubblica, uditori ampi ed intellettualmente elevati) sembra sia stato proprio l’autore dell’Elenchos, che in tal modo crea – tra il 180 e il 222 d.C. – un precedente sia in sé che all’Elenchos (il progetto antieretico che, riducendo ogni diversità cristiana in filiazione del recenziore, ne rappresenta ideologicamente il seguito)79. Altrettanto credibile pare, allora, che l’autore della Synagoge abbia conosciuto prima del 235 d.C., in parte o tutto, il contributo del suo contemporaneo e ritenuto di doverne approfittare per il proprio progetto di una ‘riscrittura’ dello spazio geo- ed etnografico funzionalmente complementare a quella del tempo universale. Pertanto è dal punto di vista dell’acquisizione di saperi altrui che si può considerare la ben nota terna ‘15 – 32 – 25’ delle filiazioni noachite in Synagoge 44-197 (nell’opinione comune, sinonimo di una stessa paternità letteraria), che, una volta fatta propria, la Synagoge contribuirà, per sua parte, a diffondere80. Onde vanno specificatamente lette come spia dell’incameramento di DEl. o di suo materiale nel progetto della Synagoge anche altre analogie, non casuali, di ambito e visione intellettuale con l’Elenchos. L’organizzazione della parte etnografica (Synagoge 56-197) secondo una successione dei noachiti diversa da quella ‘Sem – Cam – Iafet’ (Gen 10,1) adottata per l’evento ‘ripartizione della terra’ (Synagoge 44-49) riecheggia il modello ‘Iafet – Cam – Sem’ presupposto dalla classificazione ‘Elleni – Egizi – Caldei’ di Elenchos X 31,6, suggerendo così che nella bibliografia a monte fossero osservate e, in qualche modo, rese operative ambedue le sequenze di Gen 1081. Inoltre, lo schema ‘popoli discesi da …’ / ‘regioni abitate da …’ seguito per ciascun noachita riflette quella logica del ‘fondare per nome’ mediante occupazione ed insediamento stabili che, come principio generale, si esprime in Elenchos secondo la terminologia del katoike‹n (vedi l’uso del termine in Synagoge 130.188.195), mentre la diversa situazione, anche numerica, tra ‘discendenti da …’ e popoli attualmente rappresentati presuppone quella 79 80 81 Le due date del 180 e 222 d.C. (probabile pubblicazione del Discorso della verità e morte di Callisto; vedi note 37.57) fungono rispettivamente da termini post quem ed ante quem della produzione (come serie di contributi o contributo unico) anticelsiana ed apologetica dell’autore dell’Elenchos. Vedi sopra, pagine 239 e 241. La sequenza ‘Sem – Cam – Iafet’ di Gen 5,32 e 10,1 è riprodotta in el. X 31,2 e presupposta in el. 31,4. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 251 relazione tra l’attuale ed un long ago biblico fondante, fatta di perdite, mutazioni onomastiche e supersessioni, che è tipica dell’autore dell’Elenchos e della sua visione etnografica82. Infine, Syn. Diam. I è pervaso da un’enfasi 82 Questi i numeri di Syn. (Syn. Diam. I = DEl.) 56-197: 15 (discendenti da) / 47 (rappresentanti attuali di) / 41 (cîrai occupate e/o denominate da) / 11 (‘isole’ asservite a) per Iafet; 30-32 discendenti da (30 in H1 [per le abbreviazioni H1 e H2 vedi Bauer/Helm (edd.), Hippolytus, Chronik (vedi nota 3), ix-xix], che possono però diventare 32 – come richiesto dal totale di 72 œqnh [vedi nota 53] – includendo H2 Syn. 115a [Lykioi, in accordo a Syn. 132,20] e 118 [Cana£n ~ Filistia‹oi] o 120a [kaˆ tÕn 'Iebousa‹on] in accordo a Gen 10,16, con una preferenza per Syn. 118, alla luce della rilettura ippolitea dei discendenti di Canaan che mi pare intravedibile in Syn. 200 [no. 20-27]) / 32 (rappresentanti attuali) / 12 (cîrai) / 25 (‘isole’) per Cam; 25 (discendenti da) / 16 (rappresentanti attuali; numero che deve però fare i conti con l’inclusione, tra i loro œqnh letterati, dei Chaldaioi, ricordati come distinti dagli Assyroi tra i discendenti diretti in Syn. 161sq.) / 17 (cîrai) per Sem. Va notata la crescita di Iafet dal long ago all’attuale (da 15 a 47 œqnh) rispetto alla stabilità camita ed alla riduzione semita (da 25 a 16); inoltre lo schema della territorialità insulare (fondata sull’interpretazione di nÁsoi tîn ™qnîn di Gen 10,5.32; per il concetto di ‘isole delle nazioni’ e la visione geografica da esso implicata già a livello del testo masoretico, vedi W. Horowitz, Genesis X and Babylonian Geography, in: J.A. Emerton [ed.], Studies in the Pentateuch, VT.S 41, Leiden 1990, 35-43) prevede isole ‘comuni’ anche a più fula… ed il caso di asservimento di Cam a Iafet è frequente (vedi le 25 isole camite asservite anche a Iafet di Syn. 152-155). L’idea è quella (basata probabilmente su una particolare lettura di Gen 10,21 LXX di cui sono riconoscibili le tracce; vedi sopra, 225) del progressivo ampliamento, territoriale ed etnico, di Iafet in accordo alla benedizione noachita di Gen 9,27 in cui l’autore inscrive il set di conoscenze geoetnografiche a sua disposizione. Quanto poi al rapporto tra cifre e testo di Gen 10 LXX che sta alla base di DEl., i 15 iafetiti della prima ora non comprendono il quinto figlio di Iafet, Elisa (Gen 10,2) – ossia il nome che, insieme al secondo Kainan, fa la vera e propria differenza con il testo masoretico (dove è previsto solo lo Elisha figlio di Javan di Gen 10,4) – ma questa mancanza è compensata da uno sconosciuto Catain a cui vengono ricondotti i fondamentali (anche per la Synagoge e la sua visione del mondo) Makedones (Syn. 64 e, per la cèra loro intitolata, 84 [no. 18]); i `RÒdioi di Gen 10,4 sono assenti (ma se ne veda la discendenza da Erisphan affermata in Syn. 67) e la cifra di 15 è raggiunta con i Kyprioi fatti derivare in Syn. 73 dai Kitie‹j (forse per la presenza, nel testo base, di una variante KÚprioi attestata nei mss. di Gen 10,4, che permetteva all’autore di valorizzare i Kyprioi secondo l’immagine di œqnoj ‘inventore’ loro attribuita in quei cataloghi di eØr»mata così importanti per la costruzione ed espansione dell’etnografia cristiana; vedi ad es. Plin., nat. VII 195.208 [BSGRT, 68,15; 74,11 Mayhoff]; Tat., orat. 1,1 [7,6 M.]). Relativamente a Gen 10,6-20, al di là delle varianti grafiche più che mai attive in questa parte, il dato significativo di DEl. è la distinzione eponima tra il Cana£n di Gen 10,6 e quello di Gen 10,15 – distinzione che non è scritturistica e che l’autore stabilisce (o trova stabilita) graficamente sì da fare del primo (Can£n) il capostipite di Aphroi e Phoinikes e del secondo (Cana£n) l’eponimo di Canaan ed il padre delle fula… canaanaiche (Syn. 97.118-129); inoltre, l’omissione, se ci fosse, di kaˆ tÕn „ebousa‹on di Gen 10,16 parrebbe compensata da kaˆ tÕn Fereza‹on (Syn. 128). Per quanto riguarda, infine, il blocco dei semiti (Gen 10,21-31), dai figli di Sem di Gen 10,22 sparisce Cainan, sostituito da un Phoud eretto a capostipite dei Persai (Syn. 164), importantissimi a livello di ‘popoli letterati’, cèra e successione degli imperi (Syn. 192.194.701-716), mentre S£la figlio del secondo Cainan diventa Salaqi»l per permettere l’eponimia con i Salathiaioi ([sic!]; Syn. 171); i figli di Iektan – massacrati nei nomi qui come nella relativa tradizione testuale – sono 11 e non 12 (come in Gen 10,26-29) per la mancanza di Odorra, mentre l’assenza dell’ultimo nome Iobab è compensata in Syn. 183 da un Gebal che in taluni mss. di Gen 10,28 precede con varia grafia Abimeel; l’inclusione di Peleg come capostipite della linea abramitica (un tema di cui conosciamo da el. X 30 l’importanza nell’ambito Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 252 Osvalda Andrei su ‘Kulturvölker’ e dÁmoi etnici e da un humus antiquario non diversi da quanto doveva caratterizzare DEl. in accordo agli scopi programmatici ed alla formazione intellettualistica dell’autore83. Ora, nell’ambito della tesi disunitiva tradizionale, queste ed altre consonanze con l’Elenchos implicano tout court che anche tutto il resto della sezione geoetnografica e quella periplica – cioè Synagoge 199-234.235239.240-613 – appartengano allo stesso autore dei precedenti §§ 44-52 e 56-198 (= l’autore dell’Elenchos). Ma non è così semplice e sarebbe anzi semplicistico il pensarlo, dato che il movimento etnografico è diversamente prospettato nelle due parti. La prima – riguardando una divisione della terra in aree noachite da popolare per cîrai e nÁsoi da fula… ed œqnh perduranti nello hic et nunc – risponde alla visione ‘stanziale’ (il katoike‹n) ed agli intendimenti apologetici (ogni popolo della terra, qualunque siano i suoi resti e le sue risultanti attuali, è un derivato noachita, cioè un ‘parto’ del ‘dopo diluvio’) rintracciabili in Elenchos. Ma la parte seguente (Synagoge 199-239) – dove il diamerismÒj cambia tiro e si profila come una ‘dispersione’ colta dai suoi inizi alle sue diramazioni successive (¢poik…ai) in un’ecumene che esce non solo popolata, ma riletta e ridistribuita (vedi i kl…mata) da questo continuum dispersivo e che si vuole riassumere secondo monti e fiumi organizzati sul dato biblico (onde dare il senso di uno spazio universale divinamente orientato 83 dell’argomentare anticelsiano dell’autore in termini di identità ebraico-pelegita di Abramo e della sua discendenza) in distinzione dal padre Eber (responsabile dell’eponimia con gli `Ebra‹oi come un tutto) contribuisce al totale complessivo delle 25 filiazioni semite. Oltre ad Amazzoni, Gimnosofisti ed Ortosiasti (vedi nota 72), va segnalata la presenza di Thessaloi e Sikeloi come discendenti diretti di Iafet (Syn. 61, Thessaloi da Thobel; 70, Sikeloi da Elissa) rimasti nell’attuale a livello di cèra (Syn. 84 [no. 21].88 [no. 1]): due nomi non estranei, come un tutto o nei loro eroi culturali, ai cataloghi di popoli inventori (Plin., nat. VII 202 [71,15 M.]; Clem., str. I 15,75,8). Presenze di odore antiquario (pur se previste dalle geografie tradizionali) perché esemplarizzate sono i Troglodytai (discendenti di Phoud ed attuale presenza camita; Syn. 96 [no. 3].132 [no. 2]) e i Thyrrenoi (Syn. 71 [no. 13].80 [no. 34]), ossia gli Etruschi, qui definiti in accordo alla terminologia che i contemporanei definivano ‘greca’ (Ptol., Geog. III 1,4; ma vedi la Qouskhn» tra le cîrai iafetite in Syn. 84 [no. 34]), ambedue popoli all’origine di ‘firsts’ culturali (Plin., nat. VII 201 [71,11 M.]; Tat., orat. 1,2 [7,10 M.], Touskano…; Hyg., fab. 274 [150,26sq. S.]; Clem., str. I 16,74,4.7; I 16,75,4 per i Troglodytai). Specificatamente letteraria appare poi la grafia SkÚqej (Syn. 80 [no. 19].183 [no. 22]), che risulta l’unica attestazione di una variante fuori dal comune SkÚqai. L’inconsueto termine di sapore arcaizzante, così come la doppia posizione dell’œqnoj nell’area iafetita e semita, sono coerenti con il tradizionale ruolo assegnato a questo gruppo come ‘Kulturvolk’ grazie a personaggi di spiccata esemplarità (Cels. II 35; VI 39; VII 62; Clem., str. I 15,72,1; I 15,77,3; Plin., nat. VII 197sq.201 [69,7; 70,2; 71,5 M.]); è dunque comprensibile che l’autore dell’Elenchos lo abbia previsto nella sua ‘tavola dei popoli’ anche secondo una terminologia congruente con i significati di cultura liminale e vetusta del suo immaginario collettivo. Va sottolineato come la maggior parte dei nomi di DEl. risultino oggetto di tiro incrociato con Plinio, Celso e Clemente, il che depone sia per il contributo dei cataloghi di eØr»mata ad una descrizione dell’ecumene non necessariamente sovrapponibile a quella ufficiale (vedi sopra, pagina 249) sia per il retroterra di saperi condivisi da cui parte, per differenziarsi, la nascente etnografia cristiana. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 253 e controllato) – ebbene, questa parte di taglio così peculiare suggerisce un’altra mente ed un’altra mano: quelle dell’autore della Synagoge, ossia di Ippolito. Stupirebbe molto, infatti, l’omissione dell’Ararat da una lista dei monti illustri da parte di un autore come quello dell’Elenchos, che afferma di averne appositamente scritto come approdo dell’arca e sede dei suoi resti attuali (Elenchos X 30,7). Di contro, la presenza del Sinai nella stessa lista indirizza specificatamente su Ippolito, nella cui esegesi questo monte è sede di una delle molte manifestazioni del Verbo preincarnato, quella che, nel mentre lo vide mediatore di Dio a Mosè, fece di Mosè il mediatore di Lui stesso al popolo84. Nella medesima direzione porta anche la presenza del Giordano nel comparto ‘fiumi illustri’ come quinto fiume ‘biblico’ e come oggetto di informazione geografica (Synagoge 237.239); nell’ambito letterario dell’Ippolito esegeta, infatti, il Giordano è il posto in cui il Logos si è reso visibile nella carne dopo una intensa attività nel ‘prima’ che avrebbe interessato – come teatro della sua azione ‘rivelatrice’ ed in relazione/preludio con il Giordano medesimo – altri spazi fluviali85. La stessa notizia sulla sorgente unica (= paradisiaca) dei primi quattro fiumi eccellenti ha senza dubbio una funzione fondante (= quel ruolo dei fiumi biblici nell’organizzazione dell’ecumene secondo le tre aree noachite affermata in DEl.); ma la sua dimensione biblica (come sottolineata dalla presa di posizione su opinioni non inscrivibili nelle scritture) mi sembra decisamente riconducibile sotto lo stesso ombrello del nucleo tipologico ‘Eden/Chiesa – fiume/Cristo – quattro fiumi (da esso emananti)/vangelo quadriforme’ che Ippolito ricava esegeticamente proprio da Gen 2,10-1486. Come autore della Synagoge, insomma, Ippolito combina in un insieme finalizzato al proprio progetto cronografico l’interpretazione etnografica di Gen 10 profilata innovativamente dall’autore dell’Elenchos nel senso dello hic et nunc con quella di Gen 11 nei distinguo, nelle relazioni e nei contenuti in cui egli percepiva questo capitolo rispetto alla ‘tavola dei popoli’. C’è da chiedersi, allora, se l’autore dell’Elenchos avesse previsto nel 84 85 86 Hipp., cant. Mos. (PO 27, 130-132 Brière/Mariès/Mercier). Per il Giordano quale luogo apice dell’azione storica del Logos in quanto ambito del suo passaggio dalla manifestazione in figura a quella nella carne, vedi Hipp., ben. Jac. 18 (PO 27, 80,12-82,3 Brière/Mariès/Mercier); antichr. 45; Dan. IV 36,3sq. (GCS Hippolytus I/1, 280,15-282,2 Bonwetsch), dove il ‘grande fiume’ di Dn 10,4 – ossia l’Eufrate – viene posto in rapporto dinamico ‘prima – poi’ con l’altro grande fiume teatro di azione salvifica, il Giordano. Hipp., Dan. I 17,11 (29,11-16 B.). In questa esegesi, per sostenere l’idea dell’universalità salvifica richiesta dal parallelismo ‘4 fiumi – 4 vangeli’ (con una fonte unica all’origine delle varianti di ciascun polo di esso), si dice che i quattro fiumi ‘irrigano tutta quanta la terra’, ossia viene loro conferita un’estensione geograficamente universale. Il che conferma come Ippolito, già all’altezza del 204 d.C. o giù di lì, avesse opinioni certe sulla geografia della bibbia e sapesse farle funzionare e valorizzarle a livello esegetico. Per altri luoghi interpretativi indicatori di una percezione dello spazio in senso figurativo e salvifico, vedi ad es. Dav. 6-7,2 (CSCO 264, 5,11-7,2 Garitte), con i due monti in Succoth di 1Reg 17,2-4 intesi quale simbolo dei due testamenti. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 254 Osvalda Andrei suo contributo anche un’esegesi specifica di Gen 11. Poiché l’episodio della torre di Babele era oggetto delle attenzioni, ovviamente non benevole, di Celso, la cosa non è impossibile. Sarei, però, per pensare – date le consonanze intravedibili tra DEl. e la narrativa di Flavio Giuseppe – che l’autore dell’Elenchos, alla pari di Giuseppe, vedesse in Gen 11 una faccia dello stesso evento: il popolamento della terra secondo un differenziarsi in œqnh e cîrai complementare ai molti ‘nomi’ prodottisi per l’¢lloglwss…a87. Pertanto, della tanto usata relazione tra Elenchos e Synagoge pare doversi specificatamente parlare nel senso di un’interlocuzione tra differenti ambiti d’autore, ossia di contributo dell’uno (con le opere esegetico-apologetiche precedenti l’Elenchos ed ivi presupposte) alla realizzazione del comparto geo-etnografico previsto dal secondo (= Ippolito) nell’ambito 87 Al di là di diversificazioni evidenti, che ne suggeriscono un uso per lo meno non acritico, l’influenza di Flavio Giuseppe trapela – oltre che dal ricorso al tema del divenire metonomastico e del peso dell’ellenizzazione (el. X 31,3; vedi sopra, pagina 241) come articolatamente dimostrato, in Syn. DEl., con l’organizzazione tassonomica per gentes (‘long ago’ e ‘hic et nunc’) e per regiones – dall’eponimia Chanaan-Chananaioi (implicata in Syn. 118 ed affermata in el. X 31,3) e da talune derivazioni etnografiche costruite su Gen 10,15-19 (cp. J., AJ I 138sq. con Syn. 124.126.129). Anche il collegamento Phoud – Libyes di el. X 31,3 e quello, apparentemente contrastante, Phoud – Troglodytai di Syn. 96 possono compatibilizzarsi alla luce di spunti iosefiani che l’autore piega ai propri contesti. Nell’Elenchos, infatti, egli segue il nesso ‘Phoutes – Libya’ indicato da J., AJ I 132 (che da qui parte per illustrare l’iter onomastico Puthia – Libya – Africa), nesso con cui, non a caso, egli introduce al principio della mutazione linguistica (el. 30,3) e che gli basta per la connessione Libyes – Libya (ossia tra œqnoj ed area continentale ‘camita’) delle successive classificazioni di el. 34,1; invece, nel precedente DEl. confluito poi nella Synagoge, l’autore, a scopi di dimostrazione dettagliata, aveva fatto derivare da Phoud i Troglodytai (popolo esemplarmente paradosso sin da Erodoto) e riservato i Libyes a Labieim figlio di Mestraim (Syn. 113), in accordo a J., AJ I 133 e al nesso, ivi stabilito ‘Libys (figlio di Mestraim) – Libya’ (nome che egli dice poi sostituito da quello di Africa; J., AJ I 239). Tutto ciò fa pensare che Giuseppe e la sua scrittura della ‘tavola dei popoli’ di Gen 10 potessero trovarsi tra i materiali dell’autore dell’Elenchos. Ora, lo schema iosefiano del popolamento della terra dopo il diluvio (ordine di Dio – Babele ed occupazione di terre ed isole in accordo alla polifonia linguistica – conseguente e congruente tavola dei popoli) non osta al sunto di el. X 31,1-3, con la sua enfasi sulla ‘parola’ (_Áma) divina quale spinta obbligante al popolamento e la tripartizione etnica kat¦ gšnoj che ne derivò (lo stato di differenziazione linguistica in cui si svolse pare implicata dall’importanza che per l’autore riveste l’idea del conflitto storico delle fwna… locali con il greco destinato gradualmente a marginalizzarle e vincerle). Invece, nell’originaria disquizione punto per punto rintracciabile nella Synagoge, la divisione della terra tra i figli di Noè secondo aree continentali (eco lontana della tradizione dei Giubilei) può esser servita a descrivere la pronta risposta noachita all’ordine di Dio, addomesticando e superando in tal modo il racconto di J., AJ I 109-111 che, con il motivo della resistenza dei sopravvissuti a disperdersi sulla terra secondo la parola divina, rischiava di andare nella direzione celsiana di un Dio ebreo e cristiano incapace di farsi ubbidire (Cels. IV 36; VI 53). Pertanto – contro Celso, che sembra aver visto in Gen 11 un ennesimo esempio di ossessione giudaica per i giudizi di Dio sull’uomo (Cels. IV 20sq.) – l’autore dell’Elenchos leggeva nello stesso passo un momento, tutto sommato positivo, del diffondersi dell’umanità sulla terra da un unico ceppo, ma in forme diversificate (che la nascita dei dialetti presentasse, già nella tradizione greco-romana, aspetti che un difensore della bibbia poteva trovare compatibili con Babele sino ad incrociarli ermeneuticamente con essa è quanto sottolinea Droge, Homer or Moses? [vedi nota 70], 104-108). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 255 del proprio progetto di ‘scrittura dei tempi’88. È ora importante indagare il rapporto interlocutorio tra Syn. Diam. I (= DEl.) e Syn. Diam. II89 dal punto di vista dei contenuti di quest’ultimo e del relativo piano di idee, a cominciare di Synagoge 198-201. Sembra chiaro, intanto, che Synagoge 198 segni il trapasso dal livello di DEl. (sulle 72 filiazioni noachite come rintracciabili nell’attuale) a quello, specificatamente ippoliteo (secondo quanto preannunciato in Synagoge 53), dei 72 œqnh diversificatisi in altrettante lingue a seguito della purgopoi…a; onde la citazione parziale di Gen 11,9 in Synagoge 199 e 201 serve – forse anche su eco di Deut 32,7 riguardo al controllo di Dio sulla ‘distribuzione’ degli œqnh nei rispettivi ‘confini’ storici – a fondare sulle scritture la fase del ‘dividersi secondo lingue’ come distinta dalla ‘ripartizione’ tra noachiti e nelle rispettive discendenze. Quanto ai 72 œqnh di Synagoge 200sq., essi, come insieme, hanno certamente senso compiuto in sè: ma – dato che alcune dizioni e sovrapposizioni terminologiche sono incomprensibili senza DEl. e certe diversificazioni di grafia si spiegano meglio alla luce di un cambio di mano piuttosto che di un montaggio di fonti90 – questo insieme nasce sul presupposto di 88 89 90 Da questo punto di vista non fanno alcun problema talune incongruenze di tipo esegetico con l’ambito dell’Ippolito cosiddetto ‘orientale’, che possono deporre per un’incompatibilità della Synagoge con esso, ossia per l’appartenenza dell’opera all’autore dell’Elenchos. Si tratta, innanzitutto, della diversa disposizione della genealogia camita in Hipp., ben. Jac. 20 (86,6-9 B./M./M.; Sidone come figlio primogenito di Cam) e in Syn. (Syn. DEl.) 93-97.119 (dove Sidone è nipote di Cam perché figlio primogenito di Chanaan in accordo a Gen 9,22; 10,6.15); nel primo testo, Ippolito addomestica e ‘rilegge’ in funzione della propria esegesi (lì intesa a valorizzare l’inclusione, grazie alla makroqum…a divina, del Cam a suo tempo ‘maledetto’ tra gli œqnh attualmente credenti in Cristo come simboleggiati da un Sidone visto nella tensione spaziale ricavatagli da Gen 49,15), mentre nella Synagoge lo stesso interprete accoglie dalla sua fonte (DEl.) l’articolazione etnografica camita di Gen 10,6.15 (basata su una distinta grafia Can£n e Cana£n in Syn. 97.119 non ignota alla tradizione manoscritta di Gen 10,6 LXX; vedi nota 82). Un altro caso di discontinuità funzionale è rilevabile a partire da Hipp., Dan. IV 37,3 (284,1-4 B.) Qui Ippolito legge il q£rsij di [Theodotion] Dn 10,6 come Q£rseij e vi vede un etnico denotante gli A„q…opej: un’identificazione in contrasto con Syn. (Syn. DEl.) 71.94 (ove Qarse‹j ed A„q…opej sono, rispettivamente, una filiazione iafetita ed un œqnoj camita), ma del tutto funzionale al principio, oggetto di esegesi, che il Logos umanato sarebbe rimasto difficile a riconoscersi per molti, ovvero ‘oscuro’ come il volto di un ‘etiope’. Trasferendo DEl. nella sua Synagoge, Ippolito eredita l’organizzazione eponimico-etnografica della sua fonte, ma rilegge e ricolloca – nel passaggio dal primo al secondo settore del diamerismÒj – il Tharseis iafetita ‘padre’ di œqnh letterati in DEl. (Syn. 71.82) in una prospettiva camita del tutto propria (vedi infra, pagina 259 e nota 99). Per l’abbreviazione vedi nota 1. Come in DEl., anche qui sono assenti Daci e Dacia ed i Britanni/Britannia assolvono alla funzione di proverbiale limite della terra abitata (con passaggio dall’espressione Brettanoˆ oƒ ™n n»soij o„koàntej di Syn. [Syn. DEl.] 80 [no. 47], che li identifica mediante la grafia letteraria più comune e secondo una locazione insulare chiaramente suggerita dalle nÁsoi iafetite di Gen 10,4, a quella iotacistica di Britano…, più vicina al nome geografico Britan…a; vedi Ptol., Geog. I 15,6). Gli SkÚqai ed i Pis…dej di Syn. 200 (no. 35.42) presuppongono, pur nella diversa grafia, gli SkÚqej e i Pisidhno… di DEl. (Syn. 80 [no. 19].132 [no. 24]), come dimostrato dal fatto che l’arcaico SkÚqej di DEl. si riaffaccia in Syn. 232 (forse per Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 256 Osvalda Andrei DEl., di cui rilegge e/o integra il materiale alla luce di tensioni proprie (= ippolitee). Così i `Rwma‹oi kaˆ oƒ Lat‹noi kaˆ Kitia‹oi di Synagoge 200 (no. 58) suggeriscono una visione dei ‘Romani’ quale risultante storica dei Latinoi e dei Kitiaei (questi nel senso, ampio, di ‘greci ad occidente’ implicato dal termine al di fuori di Gen 10) che suona diversa rispetto ai Latinoi antenati di Roma e inventori dei relativi gr£mmata intravedibili dietro la pur simile scrittura di DEl. (Synagoge 80 [no.33].82)91: sì da potersi ritenere i ‘Romani’, nell’ottica di Ippolito, il polo di riconduzione e risoluzione dei vari Kittim scritturari (forse su possibile influenza della lettura `Rwma‹oi di Dn 11,30 LXX e nella prospettiva, probabile, della lista romana di Synagoge 757-778 quale culmine della translatio imperii, con l’Impero romano che cresce sulla precedente basile…a greco macedone)92. 91 92 l’insieme omogeneo che i due diamerismo… costituiscono ormai nella mente dell’autore e nel suo set di conoscenze) e gli A„gÚptioi kaˆ Qhba‹oi (Syn. 200 [no. 17]) sembrano una lettura interpretativa di œqnoj e cèra di DEl. (Syn. 132.142). Indicativo di un passaggio di mano interlocutorio è il trattamento degli ” Ibhrej – Sp£noi. DEl. ha senza dubbio inteso con il primo nome gli Hiberes ispanici (vedi la loro posizione in Syn. 80 [no. 38] e la presenza di 'Ibhr…a e Span…a meg£lh tra le cîrai iafetite in Syn. 84 [no. 40sq.]), che fa discendere dallo iafetita – iavanita Tharseis (Gen 10,4; Syn. 71 [no. 13]) insieme ai Tyrenoi, ossia a quegli ‘Etruschi’ (vedi la Qouskhn» tra le cîrai iafetite; Syn. 80 [no. 34].84 [no. 34]) che egli sapeva essere in buona posizione tra gli œqnh esempio di ‘sapienza straniera’ (Clem., str. I 16,74,5; I 16,75,7). Ma in Syn. 200 (no. 33) il termine ” Ibhrej identifica invece (come ne dimostra la vicinanza, qui e nel successivo Syn. 232, a nomi della stessa area nord orientale e caucasica) una popolazione asiatica e l’œqnoj ispanico viene recuperato nella grafia Sp£noi allora consueta e affiancato, in questa forma, ai Turrhno… (Syn. 200 [no. 63]; operazione problematica senza, alle spalle, una situazione terminologica come quella di DEl., che permettesse di sovrapporre gli Sp£noi alla prima parte dell’espressione ” Ibhrej <oƒ> kaˆ Turhno…). Da qui questi Sp£noi ‘detti anche Tyrrhenaioi’ (sic!) approdano innanzitutto tra gli œqnh promotori di ¢poik…ai (Syn. 219); è, però, anche probabile che la presenza degli Sp£noi tra i popoli ‘letterati’ di Syn. (Syn. DEl.) 82 (no. 3), chiaramente superflua alla luce di quella degli Hiberes ispanici, possa essere una glossa esterna (Bauer/Helm [edd.], Hippolytus, Chronik [vedi nota 3], 15, app. crit. ad loc.) oppure un’importazione dell’autore della Synagoge dietro il distinguo da lui operato in Syn. 200 (no. 33.63). Per altri segnali di un passaggio di mano che non esclude ma, anzi, presuppone DEl., vedi note 100.102. Per DEl., come è chiaro da Syn. 73sq., i K…tioi di Gen 10,4 LXX sono i progenitori dei Kyprioi (sulla scia di J., AJ I 128) e, in accordo a 1Mach 1,1; 8,5, anche degli ‘œqnh al nord’ (cioè dei greco-Macedoni, non chiamati per nome perché già dotati di apposito e particolare progenitore in Syn. 64 [no. 8]; vedi nota 82). La dizione Lat‹noi oƒ kaˆ `Rwma‹oi di Syn. 80 (no. 33) e 82 è da preferirsi perché rinvia ai Lat‹noi strathgoàntej di el. X 34,1 (visti come naturale retroterra dei Romani, che di essi costituiscono l’espansione culturale e politica); sono, invece, del parere che quella, inversa, `Rwma‹oi oƒ kaˆ Lat‹noi di Syn. 72 (no. 14) sia un rimodellamento dell’autore della Synagoge (per il quale i `Rwma‹oi erano l’interesse primario e, dunque, l’entità da visibilizzare direttamente) sulla base della propria scrittura in Syn. 200 (no. 58). Una storia dell’interpretazione ed identificazione etnica dei Kittim/Kitioi di Gen 10,4 (1Chron 1,7) sino ai ‘Romani’ dei Pesharim qumranici è ora in H. Eshel, The Kittim in the War Scroll and in the Pesharim, in: D. Goodblatt/A. Pinnick/D.R. Schwartz (edd.), Historical Perspectives. From the Hasmoneans to Bar Kokhba in Light of the Dead Sea Scrolls. Proceedings of the Fourth International Symposium of the Orion Center for the Study of the Dead Sea Scrolls and Associated Literature, 27-31 Jan. 1999, Leiden, 29-44 (forthcoming). Che ad Ippolito i Kitioi/Kitiaioi interessassero solo nella prospettiva dei (futuri) `Rwma‹oi è chiaro da Syn. 215, dove l’equivalenza `Rwma‹oi – Kitie‹j appare diretta e senza mediazioni. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 257 Inoltre gli ” Ellhnej che DEl. segnala insieme agli ” Iwnej come discendenti di Iafet via Iouan e da soli tra i iafetiti perduranti nell’attuale (Synagoge 60.80 [no. 25]) diventano “ Ellhnej oƒ kaˆ Aca‹oi nei 72 della ‘dispersione’: con un occhio evidentemente mirato, da parte di Ippolito, al versante contemporaneo come rappresentato dalla provincia romana di Achaia piuttosto che alla territorialità stanziale (= cîrai occupate da Elleni e Ioni) a cui si ferma DEl.93. Ad un simile interesse per una proiezione nel passato di entità del proprio contesto (e non soltanto per un riferimento dell’ ‘ora’ ad un long ago fondante) sembra doversi la presenza di taluni œqnh assenti, invece, in DEl. come gli Adiabenoi, i Dardanoi, i Sarakenoi, i Taienoi, i Bessoi94: una caratteristica, questa, che – oltre ad intravvedersi 93 94 Ptol., Geog. III 15,1 sulla concomitanza Ellas – Achaia (provincia romana di). Il diamerismÒj ‘secondo lingue’ di Synagoge echeggia una situazione che il Panhellenion – la lega di città greche o presunte tali promossa dall’imperatore Adriano nel 132 d.C. e potenziata, sotto il profilo istituzionale ed organizzativo, dai successori (A.J. Spawforth/S. Walker, The World of the Panhellenion, vol. 1. Athens and Eleusis, JRS 75, 1985, 78-104; eidem, The World of the Panhellenion, vol. 2. Three Dorian Cities, JRS 76, 1986, 88-105) – aveva contribuito a valorizzare, cumulando sulla sfera amministrativa quella grecità ideale (esemplata dal binomio ‘Atene – Sparta’) che finiva per fare dall’attuale provincia romana di Achaia il punto di riferimento dell’ellenismo culturale (J.H. Oliver, Panachaeans and Panhellenes, Hesp. 47, 1978, 185-191). L’autore della Synagoge non dimentica, però, gli Ellenes e Iones del long ago, nati, in accordo a DEl., dal biblico Iavan ed attestati, nello ‘hic et nunc’, dalle cîrai da loro denominate (Syn. 60 [no. 4].84 [no. 22-27].88 [no. 12]); nel settore delle ¢poik…ai, infatti, gli Iones figurano tra le cinque filiazioni etnolinguistiche degli Ellenes (Syn. 208). Ciò vuol dire che la comune derivazione ‘Ellenes – Iones’ di DEl. veniva ‘riscritta’ da Ippolito nella direzione, per lui fondamentale, della ‘dispersione per colonie’ e dell’ellenizzazione (vedi infra, pagine 260-266). Syn. 200 (no. 8sq.11.51sq.). I Sarakenoi ed i Taienoi risultano citati insieme anche nel repertorio etnico di Bardesane (Bardesane, Liber legum regionum [51 D.]; Tayites), il che spiega l’omologazione indifferenziata di entrambi nella comune dizione Sarakhno… delle fonti successive (Treidler, art. Taihno…, PRE 2.Reihe 4, Stuttgart 1932, 2025sq.). Quanto ai veri e propri Sarakenoi (terminologicamente attestati per la prima volta, come œqnoj e cèra, in Ptol., Geog. V 17,3; VI 7,21 – ossia proprio a ridosso del contesto storico di cui la Synagoge è espressione – e definiti b£rbaroi in Dionysius Alexandrinus apud Eus., h.e. VI 42,4), essi rappresentano qui, rispetto agli Arabes I e II di DEl., un inserimento (di un nuovo arrivato che si vuole collocare) mirante ad ampliare l’estensione del mondo conosciuto con un ‘Naturvolk’ esempio di una liminalità non ancora recuperata al ‘romano’ (come poi sarà, in forma e a scopi militari, nel IV sec. d.C., con gli Equites Saraceni Thamudeni; vedi F. Millar, The Roman Near East, 31 BC – AD 337, Cambridge 1993, 140sq.). Qui, insomma, i Sarakenoi sono gli Arabes attualmente nemici da combattere. Invece i Dardanoi (forse introdotti da Ippolito sull’eco della scrittura Dwdane…m di taluni mss. di 1Chron 1,7; ma vedi anche il Dardano eponimo, primo generato da Zeus di Clem., str. I 21,103,3, che può aver fatto parte di un set di conoscenze ippolitee varie, tutte confluite e solidificatesi su un nome evocativo) – qualora indichino il popolo illirico già presente nell’esercito romano, in varia forma, tra I e II sec. d.C. (Patsch, art. Dardani, PRE 1.Reihe 4, Stuttgart 1901, 2155-2157) – rappresenterebbero una liminalità ormai coperta dal nomen Romanum (per l’immaginario ippoliteo a cui è riconducibile il concetto, vedi infra, pagina 268). Lo stesso può dirsi dei Bessoi – la bellicosa tribù scelta, nei primi decenni del I sec. d.C., a rappresentare nell’iconografia ufficiale i Thrakes prima come regno cliente e poi, dal 46 d.C., come provincia dell’impero (vedi R.R. Smith, Simulacra gentium. The Ethne from the Sebasteion at Aphrodisias, JRS 78, 1988, 55-59) – visti qui, sull’onda della cohors Flavia Bessorum attiva sin dal II sec. d.C., quale esempio di Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 258 Osvalda Andrei in taluni nomi del settore delle ¢poik…ai – pare la dimensione di fondo in cui tale settore è iscrivibile come un tutto95. Altri tratti peculiari dell’elenco sono la ‘biblicizzazione’ e la ‘neotestamentarizzazione’, ossia l’inserimento di nomi assenti in DEl. o la riqualificazione di altri già presenti in esso su echi e base scritturarie, come: i Madienaioi ‘primi’ e ‘secondi’ (mancanti in DEl., ma in primo piano qui e protagonisti di ¢poik…ai nel prosieguo: Synagoge 207), che l’autore identifica – come specificherà poi (Synagoge 230) – con i due gruppi di Madian (l’uno pacifico e favorevole a Mosè, l’altro ostile e da lui combattuto) in Ex 2,15-1796: la revisione di DEl. in merito ai discendenti di Canaan, con una lettura distintiva dei veri e propri Chananaioi da altri œqnh di Eretz quale suggerita da Ex 3,17; 13,15 e certamente mirata, come nel caso dei Madienaioi, a contestualizzare con precisione la narrativa biblica successiva97: i Magoi, inclusi (rispetto a DEl.) su probabile rapporto con Mt 2,1-13, ossia come personificazione e retroproiezione etnica dei primi adoratori ‘esterni’ di Gesù 95 96 97 œqnoj romanizzato a fini bellici (E. De Ruggiero, art. Bessi/Bessorum cohors, Dizionario Epigrafico di Antichità Romane 1, 1961 [= 1895], 1001sq.). Quanto poi agli Adiabenoi, è allettante collegarne la presenza all’eco delle campagne adiabeniche di Settimio Severo dell’ultimo decennio del II sec. d.C. ed alle suggestioni del titolo Adiabenicus da lui introdotto nel 195 d.C. e poi utilizzato, dopo la morte del padre, anche da Caracalla (von Rohden, art. Adiabenicus, PRE 1.Reihe 1, Stuttgart 1894, 360). Infra, pagine 262 sq. Vale, però, la pena sottolineare sin da ora in Syn. 206 la presenza dei Mesopotam‹tai (come ¢poik…a dei Chaldaioi), una dizione etnica la cui sola attestazione prima di questo passo (Lucianus, Hist. Conscr. 24) conforta l’idea di una forte impronta attualistica e contemporaneistica del secondo diamerismÒj. Infatti la Mesopotamia era stata eretta a nuova provincia da Settimio Severo (D.C., Historiae Romanae LXXV 3,2sq.; Millar, Roman Near East [vedi nota 94], 125sq.; A. Daguet-Gagey, Septime Sèvère. Rome, l’Afrique et l’Orient, Biographie Payot, Paris 2000, 206sq.), divenendo in questa veste, nei tardi anni ’20 del III sec. d.C., oggetto di contesa tra Roma e la nuova dinastia sassanide (D.C., Historiae Romanae LXXX 3,1-3; D.S. Potter, Prophecy and History in the Crisis of the Roman Empire. A Historical Commentary on the Thirteenth Sibilline Oracle, Oxford Classical Monographs, Oxford 1990, 20). Come œqnoj protagonista di ¢poik…zein, i Madienaioi vengono posti all’origine di quei popoli di frontiera (Kinaidokolpitai, Troglodytai, Ichtiophagoi; Syn. 207) già menzionati in DEl. (come Troglodytai e Ichtiophagoi; Syn. 96 [no. 3].132 [no. 6]) oppure assenti in esso ma non nelle geografie ufficiali (come i Kinaidokolpitai; Ptol., Geog. VI 7,20.23). In ambedue i casi l’intento di riarticolare il movimento etnografico nel senso della ‘disseminazione’ è evidente. Infatti i nomi di Syn. 200 (no. 19-25) sono quelli di Ex 3,17 e 13,5; Deut 20,17 (con i Chananaioi quale œqnoj distinto da altri residenti in Eretz e con la presenza, tra questi, dei Iebousaioi [Gen 10,16] che Syn. [Syn. DEl.] 121-123 forse ometteva [vedi nota 82]). Ippolito sembra aver sovrapposto su Gen 10,15-18 la lista dei popoli di Canaan fuori dal Genesi e visibilizzato così, più che la paternità complessiva di Canaan, la sua sfera eponimica (dei Chananaioi non tanto come un tutto, quanto come ful» specifica). Relativamente ai Madihna‹oi (grafia che si riattacca a Gen 37,28 LXX e Num 25,17 piuttosto che ai Madiane‹tai di Num 10,29 LXX), che essi servano a preparare contestualmente gli avvenimenti successivi è suggerito, oltre che dalla pervasiva presenza di Midian già prima di Mosè e del suo incontro con il futuro suocero (vedi ad es. Gen 37,28), dalla terminologia Madianei di Syn. 639 (H1 [GCS Hippolytus IV, 80,24-29 Helm/Bauer; cf. ibid. Liber generationis I 255]), che riecheggia (rispetto al parallelo Syn. [Barbarus] 639), la forma greca accolta e generalizzata in Syn. 200 (no. 7). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 259 bambino98; l’identificazione tra Kilikes (discendenti dei camiti Caftoreim e tra le presenze camite attuali per DEl.; Synagoge 117.132 [no. 26]) e Tharseis (in DEl. i iafetiti progenitori degli Iberes-Thyrsenoi; Synagoge 71), in una sovrapposizione che pare poco comprensibile fuori della cilicia Tarso, patria di Paolo, alla cui figura ed azione essa intende in qualche modo rimandare99. All’essere oggetto futuro di missione paolina debbono la loro menzione i Galatai (secondo DEl. discendenti, con i Keltoi, del iafetita Magog, ma non più esistenti in quanto tali nell’attuale; Synagoge 58) come distinti dai Galloi (detti anche) Keltaioi (in DEl. gli eredi attuali di quei Galatai il cui nome si era perso nel corso del tempo)100 e, forse, Isauroi e Lykaones (assenti in DEl. e privi di sviluppi nel prosieguo ippoliteo, ma destinati anch’essi, nelle loro specificità linguistiche, a futuri e provvidenziali incontri con Paolo)101. Altri œqnh, infine, quali gli Asianoi, gli Aphroi (i primi assenti in DEl., i secondi presenti tra i camiti della prima ora; Synagoge 97) e i Mauroi (forse presupposti dai camiti Maurousioi di DEl.; Synagoge 132 [no. 27]) ricevono menzione o riqualificazione come entità ‘ampie’, destinate per via coloniaria ad innesti e filiazioni etniche successive (Synagoge 209.216.218). 98 99 100 101 Syn. 200 (no. 12). Già Clemente (Clem., str. I 15,71,4) aveva messo in relazione i magi persiani (quali esponenti tra gli altri della ‘filosofia barbara’) con i personaggi della pericope evangelica. Dal canto suo, l’autore della Synagoge distingue i Magoi da quei Persai entro cui DEl. ed il suo ambito potevano forse implicarli (Syn. [Syn. DEl.] 164.190 [no. 2].192), dato che Celso li citava ed esemplarizzava (in che relazione con i Persai, non sappiamo) tra gli œqnh cosiddetti ‘ispirati da Dio’ (Cels. VI 80), enfatizzandone così una dimensione e direzione tutte evangeliche. Poi, a rettifica/integrazione di DEl., dove i Persai figurano, con Medoi e Parthoi, tra i semiti attuali (Syn. 190 [no. 2sq.10]), l’autore della Synagoge posiziona Medi e Persiani tra le proprie 72 etnie linguistiche (Syn. 200 [no. 4sq.]), ma specifica nei Parti una filiazione coloniale dei primi due (Syn. 204): si tratta di scrittura che – prospettando i tre œqnh come tappe di una stessa linearità – ha un forte sentore di attualismo (ossia, si legge bene sullo sfondo storico ed ideologico della svolta dinastica sassanide del 225 d.C. in Partia, che si propose e comunicò come restitutio dell’impero medo-persiano; D.C., Historiae Romanae LXXX 3sq.; Hdn., Historiae VI 2,1sq.). Che tale possa essere il senso probabile della problematica sovrapposizione mi è suggerito da Leo grammaticus, Chronographia 17,13-15 (parte del complessivo ibid., 12,23-17,15 che molto deve all’intera sezione diameristica della Synagoge), dove la dizione Qarse‹j oƒ kaˆ K…likej (eco rovesciata di Syn. 200 [no. 30]) si accompagna alla notizia sulla derivazione eponima di Tarso, ‘la città più illustre della Cilicia’, da questi. Act 16,6 (ma con la paolina lettera ai Galati, ormai intesi in senso ampio, quale privilegiato punto di osservazione e di retroproiezione dal ‘dopo Cristo’ al ‘long ago’). Si conclude così, con la risemantizzazione della cèra Galatia di DEl. (Syn. 84 [no. 7]) in œqnoj protagonista della dispersione ‘secondo lingue’, l’interlocuzione dell’autore di Synagoge sui Galatai/Keltoi della sua fonte ed il loro posto differenziato nel divenire etnografico già evidente, anche in rapporto a Celso, sul piano terminologico (vedi nota 69). I Galloi di Syn. 200 [no. 60] detti anche Keltaioi – su eco chiara, pur se terminologicamente variata, di Syn. (Syn. DEl.) 80 (no. 35) (G£llioi oƒ kaˆ Keltoˆ) – figurano tra i protagonisti dell’¢poik…zein secondo province di Syn. 220 (in una traiettoria che ne spiega e giustifica la compresenza, con i Galatai, tra le 72 etnie linguistiche della prima ora). Act 14,6-11 (Lukaonist…). Anche gli Asianoi (Syn. 200 [no. 39]) possono essere letti come una ‘paolinizzazione’ di questa carta etnica della ‘dispersione’, poiché il termine è collegabile agli 'Asiano… che Act 20,4 dice toccati dal vangelo paolino. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 260 Osvalda Andrei In sostanza, con l’elenco delle 72 etnie kat¦ glèssaj si fa testo l’idea della divisione linguistica intervenuta, dopo il diluvio, dentro l’evento ‘ripartizione della terra/nascita dei popoli’ ed in sua distinzione. Nel suo complesso rapporto di ‘incontro – integrazione – riqualificazione’ con DEl. e nel suo bilanciarsi tra nomi esotici, capaci di dare il senso del long ago temporale e della liminalità spaziale (Taienoi, Salamosenoi, Bosporanoi, Kaspioi)102, ed altri in grado di parlare ad orecchi cristiani contemporanei suggerendo un passato già proteso verso un presente specialissimo, questa lista rappresenta quella seminagione iniziale, spruzzata su ogni parte dell’ecumene, che sarebbe poi divenuta, con il movimento etnografico, una vera e propria costellazione etno-linguistica. 5. La frammentazione etnica dopo Babele: ¢poik…ai, ‘popoli sconosciuti’ e province dell’Impero Romano L’illustrazione del prodursi di tale costellazione è affidata alle nozioni interpretative di ¥gnwsta œqnh e di ¢poik…a, esempi di un vero e proprio procedere di Ippolito oltre DEl. ed il suo autore. Questi, infatti, interessato soprattutto alla nascita dei popoli ed all’occupazione dei rispettivi spazi, sembra aver fatto un uso assolutamente limitato della nozione di ¢poik…a, riservandola al piano delle tradizionali suggšneiai tra città o risolvendola in una metoik…a/‘trasferimento’ che, da un punto di partenza comune, avrebbe condotto gli œqnh nelle rispettive cîrai103. Quanto poi agli œqnh ¥gnwsta, 102 103 Alcuni nomi – come i Syroi, i Pannonioi ed i Delmatai (Syn. 200 [no. 29.55.57]), di cui solo il primo è in qualche modo rintracciabile in DEl. a livello di cèra (Syn. 136.194 [no. 12]) – possono leggersi sì nell’ottica di una preparazione del terreno alla narrativa biblica del prosieguo (così i Syroi, preludenti alla Syria di Iud 3,8), ma anche e complessivamente alla luce di quell’etnografia per provincias romanas (alla quale non si sottraggono, pur se riletti in prospettiva paolina, gli stessi Galatai; vedi nota 100) che si profila di grande rilievo nella visione dell’autore (vedi infra, pagine 263sq.). Questo è chiaro per il collegamento Syroi – Siria (come provincia di), ma anche in Pannonioi e Delmatai, non previsti da DEl., è possibile leggere un’etnicizzazione delle relative province e/o di entità ‘romanizzate’ per via militare (vedi le varie cohortes Dalmatarum pienamente attive nel II-III sec. d.C.; vedi E. De Ruggiero, art. Dalmatae, Dizionario Epigrafico di Antichità Romane 2/2, 1961 [= 1910], 1459-1461). Per altro, l’equiparazione tra Pannonioi e Paiones affermata dalla scrittura di Syn. 200 (no. 55) si basa senza dubbio sui Paiones di Syn. (Syn. DEl.) 190 (no. 4) – termine con cui il suo autore, in linea con la propria mentalità letteraria, aveva indicato i popoli dell’attuale Pannonia (vedi Clem., str. I 16,75,2 con il distinguo tra il passato e l’attuale; D.C., Historiae Romanae XLIX 36,6) – confortando così l’idea che il secondo diamerismÒj presupponeva DEl. e ne riscriveva i dati. Anche nei Norikoi (Syn. 200 [no. 56]), assenti da ogni piano di DEl., si può vedere un riferimento a sfera provinciale contemporanea. Vedi i casi di ¢poik…a (Sidone/Tebe in Beozia; Sais/Atene; Tyrrhenioi/Chalkedon) ricordati in Syn. (Syn. DEl.) 75-77, per altro terminologicamente giocati sui poli del metoike‹n e katoike‹n; la prospettiva è quella del gruppo che si allontana dall’insediamento d’origine (dal katoike‹n all’¢poike‹n) per portarsi in un ‘altrove’ che lo accoglie e può sia definirlo che venirne definito. Si tratta di un modello (un katoike‹n che porta, per ¢poik…a, ad altra e diversa katoik…a; vedi el. X 31,1sq.), che l’autore dell’Elenchos può aver ereditato dalla Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 261 pur se ricordati da Elenchos X 31,5 in una unione/contrapposizione con gli gnwst£ di tipo essenzialmente retorico, difficilmente essi potevano implicare per l’autore qualcosa di diverso dal sapere tradizionale, che li legava alle mo‹rai dell’ecumene ¥gnwstoi perché non ‘descritte’ dalla geografia ufficiale104; del resto, la sua tesi della posteriorità dei popoli ‘filosofi’ sui qeosebe‹j discesi da Noè in quanto nati, come tutti gli altri popoli della terra, solo dopo il diluvio non necessitava di nessun occhio di riguardo alle ‘parti sconosciute’ ed ai loro abitanti (compresi nella generale katoik…a postdiluviana). Ci voleva un’ottica diversa per imprimere al concetto sviluppi etnografici particolari e – nella misura in cui la Synagoge lo fa agire in sinergia con l’¢poik…zein – si può legittimamente parlare di una sua reinterpretazione da parte dell’autore. In effetti, nessuno degli œqnh menzionati come ¥gnwsta qui e nella successiva sezione sui kl…mata (Synagoge 202-234) può dirsi ‘sconosciuto’ nel senso di ‘appartenenti a mo‹rai non descritte’ e di ‘favolosi e fantastici’ proprio, rispettivamente, dell’etnografia scientifica e di quella ƒstor…a paradossa che era andata affiancando i propri nomi a quelli della prima in sorta di alterità parallele105. Inoltre gli œqnh ‘sconosciuti’ definiti per kl…mata (Adiabenoi, Taienoi, Sakkenoi [Sarakenoi], Albanoi, Madienaioi, Armenoi, Iberes, Beranoi, Skythes, Kolchoi, Bosporanoi, Saunoi) sono tutti nominati tra i 72 della ‘dispersione’ – alcuni (e sono la maggior parte) tra quelli ignoti a DEl., altri, pur se condivisi, nella terminologia propria di Ippolito106: onde sono ‘noti’, oltre che dal punto di vista dei manuali etnocorografici (come Strabone o Tolemeo), anche da quello dell’autore. Perciò, la sola prospettiva da cui si può ritenerli ‘sconosciuti’ è quella dell’essere tali alla narrativa scritturaria, ossia (fatti salvi i Madienaioi ‘maggiori’ e ‘minori’, entrambi ricondotti a Ex 2,15-17) estranei al mondo della bibbia ed ai relativi spazi evenemenziali. È allora probabile che questi œqnh non ‘ricordati dalla scrittura’, in quanto gruppi di confine e ai limiti dell’ecumene (vedi la categoria del pîj o„koàsi che li colloca e definisce rispetto 104 105 106 narrativa di Giuseppe (J., AJ I 110-121), che leggeva Gen 10sq. in chiave di katoik…a (in Senaar) – ¢poik…a (da …, in stato di dispersione) – nuova e definitiva katoik…a (le cîrai occupate e fondate dai singoli œqnh). Ptol., Geog. I 17,5; III 5,1-10; IV 9,5-7 per la nozione di ¥gnwstoj gÁ a nord e a sud dell’ecumene come utilizzata per definire i confini della terra oggetto di descrizione. L. Cracco Ruggini, ‘Realien’ e geografia fantastica. Satiri, Pigmei ed Antipodi nel tardo antico pagano e cristiano, in: R. Barcellona/T. Sardella (edd.), Munera amicitiae. Studi di storia e cultura sulla tarda antichità offerti a S. Pricoco, Catanzaro 2003, 107-124. Ignoti a DEl.: Adiabenoi, Taienoi, Sarakenoi (da ritenersi – con Bauer/Helm [edd.], Hippolytus, Chronik [vedi nota 3], 39 ad loc. – lettura migliore dei Sakkhno… del testo), Madienaioi, Bosporanoi, Saunoi. Gli Iberes di Syn. 232 sono quelli di Syn. 200 (no. 33) e non gli Iberes ispanici di DEl. e la grafia SkÚqej è da considerarsi un ritorno, non inspiegabile, di Ippolito al termine di DEl. (vedi nota 90 per entrambi). Quanto agli 'Alamosino… e ai Bhrano… (Syn. 227.232), se i primi si leggessero come Salamoshno… e nei secondi si potessero vedere i Bibrano… (Syn. 200 [no. 34]) citati nell’elenco degli œqnh ‘secondo lingue’ subito dopo Armenioi ed Iberes (Syn. 200 [no. 33sq.]) e prima di Skythai e Kolchoi (Syn. 200 [no. 35sq.]), allora i popoli di Syn. 225-233 rappresenterebbero, nell’insieme, una selezione dei 72 di Syn. 200sq. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 262 Osvalda Andrei ad altri) servano, negli intendimenti dell’autore, ad evidenziare l’estensività della diaspora etnolinguistica e il suo diffondersi sino ai limiti del mondo. Ma – poiché il pîj o„koàsi interessa anche il motivo delle ¢poik…ai tîn ¢gnèstwn ™qnîn (Synagoge 202-223), presentandosi, anzi, proprio qui come un elemento della corretta e completa informazione programmatica – è legittimo pensare che la dimensione dei popoli ‘non menzionati nelle scritture’ sia basilare proprio per lo svolgimento del tema dell’¢poik…zein. Questo riguarda, nello specifico, œqnh (e proshgor…ai; Synagoge 208), che sarebbero sorti per colonizzazione (e diversificazione) da taluni popoli della diaspora iniziale, rappresentanti di tutti e tre i rami noachiti107: onde il loro ‘non essere menzionati come (o perché) tali nelle scritture’ implica, nella logica esegetica di Ippolito, un procedere della diaspora linguistica ben al di là della ‘tavola dei popoli’, accompagnandosi il popolamento della terra da questa indicato a continue frammentazioni e perdite di unità, e dipende, dal punto di vista dei contenuti, da quanto l’autore percepisce e fabbrica come ‘filiazioni’ per via coloniaria. In effetti, entro un’accezione di ¢poik…a particolare perché applicata non ad un rapporto tra poleis, ma tra etnie vengono riletti come dÁmoi tutta una serie di entità rapportabili all’Impero romano o coinvolte nella sua estensione ed organizzazione. Così – se è possibile leggere alla luce dell’attualità Parthoi e Mesopotamitai (fatti ‘coloni’, rispettivamente, di Medi/Persiani e Caldei) e vedere nell’attenzione al pianeta Africa/Afri ed alle sue specificità le suggestioni di una ‘provincia’ resa popolare dalla dinastia imperiale al potere108 – echi altrettanto contemporaneistici presentano le cinque ¢poik…ai dei Germani 107 108 Precisamente: Medoi e Persai (discendenti di Sem; Syn. 190 [no. 2sq.].200 [no. 4sq.]); Arabes (discendenti di Sem; Syn. 190 [no. 14sq.].194 [no. 8.11].200 [no. 6]); Chaldaioi (discendenti di Sem; Syn. 192 [no. 4].200 [no. 3]); Madienaioi (Syn. 200 [no. 7]); Ellenes (discendenti di Iafet; Syn. 60.80 [no. 25].200 [no. 46]); Romaioi (discendenti di Iafet; Syn. 72.80 [no. 33].200 [no. 58]); Mauroi (discendenti di Cam; Syn. 132 [no. 27], MauroÚsioi; 200 [no. 64]); Aphroi (discendenti di Cam; Syn. 97.200 [no. 67]); Spanoi cosiddetti Thyrrenaioi (rivisitazione ippolitea di un precedente iafetita di DEl.; vedi nota 90); Galloi (discendenti di Iafet; Syn. 80 [no. 39].200 [no. 60]); Germanoi (discendenti di Sem; Syn. 190 [no. 11].200 [no. 54]); Sarmatai (discendenti di Iafet: Syn. 66 [no. 9].80 [no. 16].200 [no. 53]). Come si vede, solo i Madienaioi hanno come unico precedente l’ippoliteo Syn. 200sq.; gli altri nomi, pur se individualmente presenti in DEl., presuppongono però, come un tutto, il filtro della lista dei 72 œqnh ‘secondo lingue’. Vedi note 95 (Mesopotamia – Mesopotamitai) e 98 (Parthoi). Relativamente agli Aphroi (Syn. 216), il dotarli di una vitalità ‘coloniaria’ propria sino a farne i ‘padri’ di cinque filiazioni in parte note a DEl. (Noumides e Nasamones, tra i camiti attuali; Syn. [Syn. DEl.] 132 [no. 30.32]), altre ignote in quella sede (Saioi, Knithioi [forse i Kinithioi di Ptol., Geog. IV 3,22]; Neblenoi) significa conferire ad essi ed alla relativa cèra un’enfasi proporzionale al loro essere la provincia d’origine dell’ultima dinastia imperiale (soprattutto se – come suggerito da Bauer/Helm [edd.], Hippolytus, Chronik [vedi nota 3], 36, app. crit. ad loc. – nella scrittura Neblhno… fosse in realtà da leggersi Lebdhno…, cioè l’eco di un qualche nome locale di Leptis Magna, la città divenuta simbolo ed immagine dei Severi; vedi R. Birley, The African Emperor. Septimius Severus, updated, rewritten, expanded and reillustrated edition, Imperial biographies, London 1988, 26-43). Inoltre la Numidia sembra essere diventata provincia a sè tra il 193 ed il 211 d.C., distinguendosi dall’Africa in cui, pur come sede della legio III Augusta, era stata compresa sin’allora Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 263 (Marcomanni, Quadi, Ermonduli, forse Vandali ed Eruli; Synagoge 221), gruppi ben noti nella politica estera di fine II secolo – primi decenni del III secolo d.C. In questa stessa direzione vanno quelle ‘colonie’ di popoli (Mauroi, Spanoi, Galloi) in cui ogni contemporaneo avrebbe riconosciuto distretti e divisioni amministrative delle corrispondenti province romane di Mauritania, Hispania e Gallia (Synagoge 218-220)109. L’autore, insomma, smonta la ‘provincia’ come nucleo unitario e ne democratizza le eparchie (ossia, le risolve in dÁmoi etnolinguistici). In ‘colonie’ dei ‘Romani’ (qui ormai definitivamente sovrappostisi ai vari Kittim scritturistici) vengono trasformati i settori territoriali in cui è divisa l’Italia nella contemporanea geografia ufficiale (Synagoge 215), in un’operazione che sembra fra l’altro integrare e rileggere l’Italia iafetita di DEl.110. Quanto poi agli Ellenes, 109 110 (documentazione in Daguet-Gagey, Septime Sèvère [vedi nota 95], 367sq.) e suggerendo così – ad una mente, come quella del nostro autore, disposta a leggere l’organizzazione provinciale in chiave di moltiplicazione etnografica – una lettura di tale distaccarsi/differenziarsi in termini di proiezione esterna (= coloniaria) dagli Aphroi (l’etnico con cui si indicava di norma non l’indigeneità, bensì l’estrazione provinciale). Per il posto dei cinque œqnh listati come ¢poik…ai dei Germanoi (Syn. 221) nella politica estera contemporanea ed il cosiddetto bellum Germanicum (et Sarmaticum) che li vide alla ribalta da Marco Aurelio in poi, vedi P. Kehne/J. Tejral, art. Markomannen, RGA 19, Berlin/New York 2001, 290-308 e P. Kehne, art. Markomannenkrieg §1, RGA 19, Berlin/New York 2001, 309-316. La grafia Kou©droi si distacca dalla più comune KoÚadoi (Ptol., Geog. II 11,26), mentre quella degli `ErmÒndouloi è vicina al latino Hermunduri, fatta salva la dissimilazione della seconda ‘r’ (sulle varianti grafiche del nome, vedi G. Neumann, art. Ermunduri, RGA 7, Berlin/New York 1989, 517sq.). Per i Bardouloi (Vandali) ed i Bedeloi (Eruli?), vedi Bauer/Helm (edd.), Hippolytus, Chronik (vedi nota 3), 37, ad locum. Per i Mauroi come rintracciabili in DEl., vedi nota 107; negli œqnh loro ascritti come filiazioni coloniarie sono da riconoscersi innanzitutto le due ™parc…ai di Mauritania Tingitana e Mauritania Caesariensis (Ptol., Geog. IV 1sq.). Quanto poi agli Spanoi cosiddetti Tyrrhenaioi (terminologia elaboratasi sul presupposto di DEl.; vedi nota 90), Tarraconenses (a cui vengono equiparati), Lusitanoi e Baitikoi sono etnicizzazioni delle divisioni amministrative della Hispania romana (Ptol., Geog. II 4,1; II 5,1; II 6,1) ed è significativo che il termine Sp£noi qui utilizzato sia, oltre che concorrenziale con `Ispano… (in quanto etnico di `Ispan…a), anche quello della dimensione evangelizzatrice di Paolo (Rom 15,24.28); per gli Autrigonoi, Baskones e Kallaikoi (Syn. 219) come ripartizioni effettive della Hispania Tarraconensis, vedi Ptol., Geog. II 6,1sq.4.10. Anche la Gallia Narbonensis, una volta etnicizzata, diventa ‘madre fondatrice’, oltre che di due popoli in cui si possono forse riconoscere Hedui e Sequani, anche di due delle tre Galliae, Lugdunensis e Belgica (Syn. 221). In sostanza, l’impressione è quella di una ‘riscrittura’ in chiave etnografica dell’assetto provinciale dell’impero. Dei sette œqnh/¢poik…ai dei `Rwma‹oi (Touskoi [scil. i Thyrrenoi dei ‘Greci’; Ptol., Geog. III 1,4], Aimelisioi, Sikenoi [forse Pikenoi ?], Kampanoi, Apoulousioi [= Apouloi], Kalabroi, Loukanoi), alcuni sono quelli della descriptio Italiae tolemaica (Ptol., Geog. III 1,4, Touskoi; III 1,6, Kampanoi; III 1,8, Loukanoi; III 1,15, Apouloi). Nessuno, inoltre, ad eccezione dei Kalabroi (Syn. [Syn. DEl.] 80 [no. 31], tra i iafetiti attuali), ricorre in DEl. e la presenza dei Touskoi fa pensare più a un passaggio di mano che a un sovrapporsi di fonti diverse (vedi i Tyrrhenoi di Syn. [Syn. Del.] 80 [no. 34], ai quali l’autore di DEl. faceva poi corrispondere, come cèra onomasticamente modificata, la Qouskhn»; Syn. 84 [no. 34]). In questa forma, œqnh ed ¢poik…ai dei Romani sembrano un’integrazione ippolitea all’Italia iafetita di DEl., a cui corrispondevano, in quanto cèra, gli œqnh dei Ligures, Oppikoi, Dauneis, Iapiges, Kalabroi e, ovviamente, Latinoi e Tyrrhenoi (Syn. [Syn. DEl.] 80 [no. 26-34]), gruppi che una qualche familiarità con Dionigi e Strabone bastava per comprendere nel proprio set di conoscenze. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 264 Osvalda Andrei protagonisti per eccellenza dell’ambito coloniario nella memoria storica e nell’immaginario collettivo, la percezione dell’autore riconduce a questo modello interpretativo realtà plurime, ad iniziare dai dialetti veri e propri, che egli risolve in gruppi etnici e/o incrocia alle fula… tradizionali (Synagoge 208)111. Di queste filiazioni ‘elleniche’ primarie vengono a loro volta considerate ¢poik…ai entità riconducibili anch’esse alla griglia amministrativa per provincias, come i Bithynoi e i Pontikoi (= Bitinia e Ponto), gli Asianoi (già inclusi nei 72 œqnh della prima divisione e qui personificazione democratizzata della provincia d’Asia toccata dall’ellenizzazione), i Lykioi e i Pamphyloi (= Licia e Panfilia), i Kyrenaioi (= Cirenaica) (Synagoge 209). Ma queste eparchie democratizzate – comprendenti anche œqnh non sufficienti di per sé a rappresentare una provincia, in quanto distretti di essa (come i Troes e i Kares) – rinviano in parte a popoli e/o cîrai che in DEl. sono di area camita112; onde, dal punto di vista del progetto unitario della Synagoge, è evidente che Ippolito intendeva la ‘benedizione’ di Noè sull’ingrandimento di Iafet (su Cam) anche in chiave di una espansione/colonizzazione greca di aree altrui e camite in particolare, poi confluita (come tutta la grecità) nell’organizzazione per province dell’Impero romano. Quanto, infine, alle ‘colonie’ dei Sarmatai – collocati tra i iafetiti attuali in DEl. ed ivi distinti dai Sauromatai (Synagoge 66.80 [no. 16sq.]) che ne costituiscono, invece, una forma onomastica più antica e, ad ogni modo, sinonimica – Amaxobioi e Gricosarmatai sono in realtà epiteti denotanti stili e modi di vita. Il fatto che l’autore, in base a conoscenze recenti o saperi particolari113, trasformi questi epiteti in dÁmoi evidenzia la sua volontà programmatica di scavare a fondo entro il movimento etnografico in direzione di quel diaspe…rein che avrebbe interessato tutta la terra (Gen 11,9). In definitiva, la nozione di ‘popoli ignoti‘ (= non menzionati dalle Scritture) ed il modello dell’¢poik…zein114 servono in DHipp.115 a prospettare 111 112 113 114 Per un parallelo di nomi e significato, vedi Clem., str. I 21,142,1-4 (con Arcades e Iones quali esempi standard, come già in Cels. IV 36, di grande antichità; vedi anche Clem., str. I 21,102,1; I 21,103,5). Per gli Asianoi, vedi anche nota 101. I Pontikoi sono nominati solo in Syn. 209 (no. 1), ma il Ponto è uno dei limiti demarcativi dello stadiasmÒj (Syn. 240). Per i Bithynoi/Bithynia, vedi i camiti attuali e la relativa cèra in Syn. (Syn. DEl.) 132 (no. 18).150 (no. 25); per i Kares, vedi œqnoj e cèra omonima in Syn. (Syn. DEl.) 132 (no. 12).150 (no. 21); per i Lykioi, Syn. (Syn. DEl.) 115 (no. 17; discendenti da Patrosonieim).150 (no. 20) (cèra); per i Pamphyloi, Syn. (Syn. DEl.) 112 (no. 14).132 (no. 22).135 (come camiti e popoli ‘letterati’).150 (no. 14) (cèra); quanto a Kyrene e ai Kyrenaioi (zona interessata anche dallo stadiasmÒj; Syn. 329), si tratta di realtà geografiche ed etniche da ritenersi implicate dai Libyes e Libya camiti di Syn. (Syn. DEl.) 113.132 (no. 10).143. I Troes sono ricordati solo in questa sede (Syn. 209 [no. 3]), ma vedi la cèra camita in Syn. (Syn. DEl.) 150 (no. 23). Vedi K. Kretschmer, art. Sarmatae, PRE 2.Reihe 1, Stuttgart 1920 (2542-2550) 2542sq.; Plin., nat. VI 16.19 (Sarmatai e Sauromatai [435,16; 436,13 M.]); per gli Amaxobioi (Sarmati ‘che vivono sui carri’) vedi Ptol., Geog. III 5,19. Si tratta di un modello interpretativo della tradizione greco-romana che l’ideologia del Panhellenion (vedi nota 93) aveva riattualizzato per ecumenicizzare il ‘greco’ come linfa vitale dell’impero mediante reticolo delle suggšneiai (Andrei, Claudius Charax [vedi nota Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 265 il complesso livello della moltiplicazione etnico linguistica partita dalla biblica sÚgcusij e riflessa nelle contemporanee divisioni geografiche ed amministrative. L’impiego particolare dei due concetti prolunga altresì quelle caratteristiche di DEl. che andavano nella stessa direzione della profetologia ippolitea, come l’ampliarsi storico di Iafet e dei suoi discendenti (che, già presente in DEl. sia a livello di quadro d’insieme che di spunti specifici, DHipp. riconferma nel senso sia dell’esportazione di filiazioni iafetite in aree etnico-territoriali di originaria pertinenza camita sia dello specificarsi della linea iafetita come ellenizzazione)116. Inoltre, nella misura in cui questi concetti contribuiscono a spiegare l’articolazione ‘provinciale’ dell’Impero, visibilizzandolo nel senso più della compagine democratizzata e frammentata che dell’insieme ordinato e coeso di plura, è chiaro come essi, nell’ambito del progetto d’insieme, servano per una riscrittura dello spazio imperiale alla luce della biblica divisione di Gen 11 e del nomen Romanum in cui essa si inscrive quale culmine dell’ingrandimento destinato a Iafet117. 115 116 117 12], 86 e passim per questa ed altre ricadute culturali del koinon voluto da Adriano; P. Cartledge/A. Spawforth, Hellenistic and Roman Sparta. A Tale of two Cities, States and Cities of Ancient Greece, London 1989, 112-114 per l’incremento politico e culturale di Sparta, quale faro della grecità, nell’organizzazione e nella mappa mundi del Panhellenion). Così, quando Ippolito colloca i Kyrenaioi tra le filiazioni coloniarie degli Ellenes (Syn. 209 [no. 8]), egli sta echeggiando una tradizione cittadina che i meccanismi istituzionali e comunicativi del Panhellenion avevano riproposto proprio nella direzione di un’identità greca intrinseca in Kyrene in quanto ¢poik…a dei Dori (Andrei, Claudius Charax [vedi nota 12], 135 nota 57; Spawforth/Walker, Panhellenion 2 [vedi nota 93], 96sq.). Per l’abbreviazione vedi nota 1. Vedi sopra, pagine 251sq. e nota 82. Nell’esemplificazione di tale assunto – una dimostrazione dell’avverarsi, nella storia, della ‘benedizione’ di Noè di Gen 9,27 (vedi la presenza del patriarca nel comparto profetologico di Syn. 719) – rientrano taluni casi di originaria appartenenza camita interpretati alla luce dell’¢poik…zein ellenico, ossia come successiva occupazione da parte degli Ellenes; così Creta (parte, con Kyrene, della provincia omonima di Creta e Cirenaica) – isola ‘camita’ in Syn. (Syn. DEl.) 153 (no. 11) e affermata poi in Syn. 212 (no. 2) come area di infiltrazione ellenica, ovvero di allargamento iafetita – e le ‘camite’ Lesbo, Chio e Coos (Syn. [Syn. DEl.] 153 [no. 16sq.22], che figurano tra le Sporadi poi interessate dalla colonizzazione greca [Syn. 211sq.]). Ma anche zone di origine iafetita vengono ridefinite come aree greche, donde l’appartenenza a Iafet risulta riqualificata nel senso dell’ellenizzazione. Esemplare in tal senso è il caso dei Rhodioi/Rhodos, che in Syn. [Syn. DEl.] 67.88 [no. 3] sono parte dell’accampamento iafetita in quanto spazio etnico e territoriale onomasticamente derivato dai discendenti dell’Erisphan (sic!) di Gen 10,3 LXX. Ora, nel diamerismÒj ‘ippoliteo’ Rhodos è citata tra le Sporadi (Syn. 212 [no. 7]) oggetto del vitalismo espansionistico degli Ellenes; non a caso, mi pare, dal momento che la grecità di Rodi è un punto forte della mappa mundi del Panhellenion, che sembra averne fabbricato ed esaltato la Ðmoful…a soprattutto con la ‘lacone’ Sparta (Aristid., Or. 24,24; Dexippus [fragm. 9 di no. 100] in: Die Fragmente der griechischen Historiker [463,6sq. J.]). In accordo alla cultura del tempo, insomma, la Rodi ‘antonina’ e ‘postantonina’ era una ¢poik…a greca al massimo grado ed è questa rappresentazione che Ippolito introduce funzionalmente nella propria scrittura etnografica. Per la visione ippolitea del nomen Romanum come inscritta su Dn 7, vedi infra, pagina 267. Va, però, sottolineato che proprio il koinòn del Panhellenion, con la sua funzione di comunicare pubblicamente la grecità come quid incorporato nell’impero romano, favoriva l’idea biblica di un ‘accampamento’ iafetita organizzato nell’ecumene romana e con, al suo interno, i figli di Iavan quale corrente vitale di diffusione ed espansione. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 266 Osvalda Andrei Così due diamerismo… di diversa origine e filosofia si affiancano entro un progetto unitario interessato ad una comune dimensione universale ‘tempo – spazio’. Non sembra essersi trattata di una relazione particolarmente problematica. Il materiale di DEl., apologeticamente orientato, poteva apparire appetibile all’autore della Synagoge per il rapporto, ivi stabilito e perseguito mediante apposito montaggio di liste (di ‘discendenti da …’, ‘popoli derivati da …’ e ‘territori occupati da …’), tra lo storico movimento etnografico e la comune origine postdiluviana, onde i previsti bisogni di un’informazione tanto accurata quanto (biblicamente parlando) veritiera potevano dirsi soddisfatti. La parte aggiunta (non meccanicamente, ma interlocutoriamente) in sequenza da Ippolito medesimo (DHipp.), che la presenta come un passaggio dal regime delle fula… a quello degli œqnh kat¦ glîssaj, risulta l’esito di un’attenzione mirata su Gen 11 (la perdita dell’unità di lingua); i suoi orientamenti ed agganci contemporaneistici suggeriscono l’interesse di Ippolito a riguardare la tavola dei popoli anche dal punto di vista di una ‘rottura’ interna che avrebbe trasformato il movimento etnografico in una ‘disseminazione’ ora evidente nei molti dÁmoi dello spazio imperiale romano. A quale ‘Weltanschauung’ risponda questo livello plurimo e come possa rapportarsi alla visione contenutistica del tempo storico quale teatro dell’azione del Logos Figlio propria della Synagoge è quanto chiarirò inscrivendo l’intera tranche geoetnografica nell’ambito ideologico ed esegetico dell’Ippolito ‘orientale’. 6. Popoli, ‘quarto Impero’ e storia della salvezza nell’esegesi di Ippolito Dunque, il settore più ampio della Synagoge descrive il movimento etnografico e la sua morfologia nella storia secondo una lettura specifica che distingue: a) una ripartizione (coerente con la volontà divina di ripopolamento postdiluviano) fondata sulla presa di possesso della terra come nuova creazione da parte dei noachiti e dei loro discendenti, che, sulla base di essa, avrebbero poi occupato stabilmente le rispettive aree; b) una divisione interna a questo popolamento – causata dall’ ‘evento Babele’ e dalla disgregazione di quell’unità di lingua con cui, pur nelle molte fula… genealogiche e nonostante il carattere plurale del moto migratorio, la spinta popolativa avrebbe potuto restare unitaria – che impresse al divenire etnografico i caratteri della disunione permanente e della costante diversificazione. Nell’ambito di questa dinamica articolata, il diamerismÒj è affiancato, nel proemio, da uno speciale merismÕj tîn laîn, che l’autore intende illustrare come tale anche in relazione ai kairo… (Synagoge 20). Poiché si tratta di tema coincidente, nella generale organizzazione degli historoumena, con le liste dei sovrani macedoni e romani (collocate, in accordo all’elencazione del proemio, subito dopo la serie degli ¢rciere‹j) e coinvolge, perciò, anche quella dei re persiani (Synagoge 16-18.701-716.742-778), la dizione sembra riferirsi alla successione degli imperi, prospettata come Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 267 una ‘partizione’ ordinata di egemonie secondo il posto assegnato nel tempo ai popoli chiamati di volta in volta a dominare sugli altri. Onde il movimento etnografico (ossia una dimensione spaziale costituita da œqnh sempre più numerosi e plurimi) si intreccia alla successione prestabilita degli imperi del mondo, improntandone la tipologia e le politiche. Già il Commento a Daniele del 204 d.C., l’opera dove Ippolito dà un contributo decisivo all’orientamento cristiano di Dn 7, aveva legato la successione degli imperi universali ‘Babilonia – Media/Persia – Grecia – Roma’ (nelle rispettive durate e kairo…) a soluzioni unificatorie di plura, passanti per una lingua (dalla funzione di collante) o al di sopra delle lingue (in un tentativo di trascendere, soprassedendole, le diversità). Proprio qui, anzi, l’Impero Romano (l’ultimo, più esteso e duraturo di tutti perché corrispondente alla quarta bestia di Daniele) viene descritto quale assemblaggio di ogni lingua e gruppo umano, tutti chiamati ‘Romani’ pur senza essere un solo œqnoj né venire da un’unica cèra118; un ‘Rombild’ (ricavato da Ippolito, nei primi anni del III secolo d.C., grazie ad un intreccio dei testi oggetto di commento con la propria contestualità) che non pare diverso da quello prospettato, quale apice di un divenire etnografico all’insegna della ‘divisione’ e come tale costruito mediante democratizzazioni varie, nella Synagoge del 235119. Se così, la costante tensione del long ago biblico verso l’attuale ed il contemporaneo (giocata, nel progetto comune della tranche, sui due livelli di DEl. e DHipp.) si fonda su una distinzione di qualità tra Gen 10 e Gen 11 che ha un precedente in Ireneo, per il quale Gen 10 riguarda una propagazione coerente con il nuovo patto di alleanza tra Dio e l’uomo dopo il diluvio e perciò di segno positivo, mentre Gen 11 esprime lo stato di reciproca divisione tra i popoli in cui si sarebbe svolto il popolamento della terra in seguito a Babele (qualcosa, perciò, di diverso e peggiore del ‘prima’, perché conseguenza di una Ûbrij verso Dio). Questa consonanza di prospettive esegetiche non stupisce in un Ippolito autore, prima della Synagoge, di opere ove temi irenaici trovano sviluppo ed approfondimento personalizzati120 e, anzi, aiuta a collocare nel registro positivo quella descriptio populorum et regionum che aveva reso DEl. sinergico con il progetto ippoliteo. Nel contempo, però, tale consonanza porta a valutare l’intera dimensione etnografica anche nell’ottica della caduta da cui doversi 118 119 120 Hipp., Dan. IV 8,7 (204,14-18 B.). O. Andrei, Aspetti del costruirsi della (e di una) identità cristiana, ASEs 20, 2003, (75110) 98-101. Iren., Epideixis 22sq. (SC 62, 63-66 Froidevaux). Per altre tracce di esegesi ippolitea ad Ireneo, vedi Andrei, Aspetti (vedi nota 119), 81sq. (l’anticristo); O. Andrei, La formazione di un modulo storiografico cristiano. Dall’esamerone cosmico alle Chronographiae di Giulio Africano, Aevum 69, 1995, (147-170) 157-166 (organizzazione esamillenaria del corso storico). Lo stesso Hipp., Dan. I 17,6-9 (28,20-29,6 B.). – con l’idea base della chiesa quale giardino piantato sul Cristo – è rimembrante dell’argomentare antieretico di Iren., haer. V 20,2. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 268 Osvalda Andrei risollevare e della perdita di un’unità da recuperare e riplasmare. Ireneo legge le 72 generazioni ‘Adamo – Gesù’ di Lc 3,23-38 (o meglio: della tradizione manoscritta lucana che si trovava davanti) quale recapitulatio in Cristo dell’umanità come diversificatasi per popoli e lingue a partire da Adamo; apparentemente, dunque, viene operato un rapporto di sovrapposizione della pericope lucana sui 72 œqnh ricavabili da Gen 10 LXX, rapporto risolto da Ireneo in aspetto dell’ampio moto ricapitolativo in Cristo che il corso storico rappresenta nel suo pensiero121. Ma anche nella dimensione biblica di Ippolito (fine approfonditore, via Logos Figlio, del rapporto ‘Adamo – Cristo’ ed interprete della genealogia di Gesù quale ordito di quella carne storicamente e provvidenzialmente tessuta per l’umanazione del Logos) sembrano rintracciabili gli estremi esegetici di un’ ‘unità’ etnica persasi per iniziativa umana ma reintegrabile, a tempo debito, nell’economia salvifica per una nuova iniziativa umana e divina. Il punto di partenza determinante è Commento a Daniele. Qui l’autore sottolinea nel 42° anno di Augusto – kairÒj della nascita-Incarnazione e del suo provvidenziale incontro con il sorgere dell’Impero romano – il luogo circostanziale in cui (e a partire da cui) œqnh e glîssai dell’ecumene sono stati tutti chiamati di¦ tîn ¢postÒlwn a costituire un œqnoj pistîn Cristianîn grazie al nomen novum, impresso in cuore, assicurato dalla parous…a del Logos Cristo: un’azione salvifica sfidata dalla consueta ¢nt…mimhsij del Satana, pronto ad individuare nel quarto impero uno strumento, più idoneo dei precedenti, per dare agli œqnh, attraverso il nomen romanum, un’unità contraffatta perché finalizzata alla guerra122. Questo look solo in apparenza unitario dell’Impero, nel rinviare al precedente Rombild quale coacervo di culture democratizzate e internamente disomogenee ad onta del nome comune spalmatogli sopra, evidenzia per contrasto la forza, autenticamente unificatrice di popoli e lingue, che l’opera degli apostoli ha messo in moto a seguito dell’incarnazione. Ora, questo rapporto tra un’ecumene frammentata ‘secondo popoli e lingue’ e l’azione trasformante della missione apostolica trova – al di là di una fraseologia biblica ben nota – un parallelo inequivocabile nello stato di incorporazione di tutte le lingue (rappresentate da diamerizÒmenai glîssai æseˆ purÒj) con cui gli apostoli, secondo Act 2,2-13, furono messi in grado dallo spirito Santo di essere ascoltati da tutti nella propria lingua e, perciò, di disperdersi da Gerusalemme per annunciare il Cristo (Act 8,1.4). Ippolito sembra aver riletto questa narrativa (già intesa nel progetto d’origine quale deliberato parallelo della logica di Babele e, nel contempo, quale rovesciamento provvidenziale di essa) nel senso, che lo interessava a posteriori, del ricucire con 121 122 Iren., haer. III 22,3. Hipp., Dan. IV 9,2 (206,10-19 B.); Andrei, Aspetti (vedi nota 119), 99-103; sulla particolarità ippolitea dell’espressione œqnoj pistîn Cristianîn vedi A. Zani, La cristologia di Ippolito, PPSLR.T 22, Brescia 1984, 420sq. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 269 il vangelo la divisione dei popoli e delle lingue presente nell’ecumene perché fondata su Babele123. Ora, nel pensiero dell’esegeta, l’evangelizzazione degli œqnh appare il campo specifico in cui l’azione del Logos prosegue nel ‘dopo Cristo’ mediante l’apostolato e la Chiesa (di cui l’apostolato canonico è il fondamento): questa, generando incessantemente il Logos, lo insegna come Cristo dio e uomo in un parto continuo a tutti gli œqnh (concetto ricavato da Ippolito mediante un’esegesi di Apc 12,1-5, che pare la prima in senso ecclesiologico del passo), sino a che il vangelo non sia stato predicato in tutto il mondo e questo non diventi il regno che il Logos dovrà riconsegnare, alla fine, a Dio Padre che lo volle e generò per mezzo di Lui medesimo124. Quanto dunque resta del tempo del mondo dopo l’umanazione del Logos è riservato all’affermazione del vangelo tra gli œqnh, poi ci saranno solo il tempo della fine (con l’anticristo) ed il giudizio; onde, poiché i 500 anni del ‘dopo Cristo’ sono quelli della durata dell’Impero Romano (in accordo all’incontro tra nascite occorso nella metà del sesto millennio), lo spazio e gli œqnh che il vangelo dovrà toccare prima degli eventi finali sono quelli attualmente coperti, nelle rispettive glîssai, dal nome ‘Romani’ e da trasformare, perciò, in œqnoj uno ed unico125. In accordo, il posto degli œqnh nel progetto salvifico universale – sia come coestensione del messaggio di salvezza ai gentili sia quale alveo privilegiato dell’evangelo dopo il rifiuto di Israele – risulta adeguatamente evidenziato dalla ricognizione ippolitea del vecchio testamento secondo simboli e ‘figure’, ovvero come parte dell’attività di preannuncio del Logos prima del suo farsi carne: nel senso sia dell’estensività totalizzante (‘sino ai confini del mondo’, come prefigura la camita Sidone eretta a simbolo della gentilità) sia del loro costituire un universo variopinto in attesa del Cristo e dei suoi carismi126. 123 124 125 126 Sull’eco biblica dell’insieme ‘popoli e lingue’ (p£nta t¦ œqnh [...] p©sai aƒ glîssai) a significare totalità, vedi le espressioni, che lo comprendono, entro una più ampia articolazione, come polo gentile, in Dn 3,4; Apc 5,9; 7,9; 10,11. Per il deliberato parallelismo di Act 2,3-13 con Gen 11 e di Act 2,9-11 con l’ambito geografico coperto dalla ‘tavola dei popoli’ di Gen 10 vedi J.C. Davies, Pentecost and Glossolalia, JThS n.s. 3, 1952, 228-231; Scott, Geography (vedi nota 6), 50-55. Hipp., ben. Jac. prooem. (2,7-9 B./M./M.); Hipp., antichr. 61,1 (E. Norelli [ed.], Ippolito, L’Anticristo, BP 10, Firenze 1987, 254-257 per il confronto con altre esegesi di Apc. 12,15 ascritte ad ‘Ippolito’); Hipp., Dan. IV 17,9 (il ‘dopo incarnazione’ e l’evangelizzazione universale); Hipp., Noet. 6,3 (iuxta 1Cor 15,23-28); Dan. IV 10,3 (dai regni terreni al regno cosmico del Cristo e del Padre). Hipp., Dan. IV 24,6sq.; 35,3; In Iud. 15 (M. Richard, Saint Hippolyte a-t-il commenté l’histoire de Samson?, in: [senza ed.], Litterature et Religion. Mélanges offerts à Monsieur le Chanoine J. Coppin à l’occasion de son 80. anniversaire, MSR.C 23, Lille 1966, 13-21). Per la simbologia di Sidone come ricavata su Gen 49,13-15, vedi Hipp., cant. Mos. (175sq. B./M./M.); Hipp., ben. Jac. 20 (84-86 B./M./M.; passo, questo, ove il coinvolgimento degli œqnh di cui Sidone è ‘figura’ è trattato anche come recupero di Cam dalla maledizione noachita, ossia come raddrizzamento, nel Cristo, della colpa in cui questi era caduto; vedi nota 88). Sugli œqnh ed il loro rapporto, in termini di eterogeneità e prosdok…a, con l’azione del Logos come ricavato dall’esegesi di Dn 10,5 e Gen 49,11, vedi Hipp., ben. Jac.18 (82,4-9 B./M./M.); Hipp., Dan. IV 36,6. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 270 Osvalda Andrei Onde, in una dimensione esegetica siffatta, l’orientamento del messaggio di salvezza all’ensemble diversificato degli œqnh mediante l’apostolato può configurarsi come parte e/o conseguenza di quell’opera generale di ‘rinascita’ e ‘raddrizzamento’ dell’uomo/umanità (= Adamo) che il corso storico rappresenta per Ippolito in quanto ambito dell’azione sinergica, pur nella reciproca distinzione, del Padre e del Logos Figlio127. 7. Synagoge e ‘scrittura dei popoli’: l’azione riunificante del Logos nel ‘dopo Cristo’ e l’evangelizzazione Cosa, allora, aspettarsi da un Ippolito del genere, in una fase dell’esistenza da cui poteva guardare alla sua intensa esplorazione delle scritture come al compito di una vita al servizio del popolo di Dio ed in sede di approntamento di una ‘scrittura dei tempi’ programmata ad alto tasso di cristocentrismo per ovviare a presunte insufficienze in tal senso delle Chronographiai di Giulio Africano? Come testualizzare una dimensione etnica inscrivibile in un’organizzazione della storia vista come teatro dell’intensa attività del Logos Figlio e della sua sinergia con il Padre? Come, insomma, tradurre in scrittura, ai fini di un’informazione corretta ed autenticamente in grado di fare cultura cristiana, un’universalità spaziale (= etnogeografica) complementare a quel tempo esamillenario che racchiude storia e durata della creazione di Dio? Con quali materiali e quale loro disposizione un esegeta al culmine dell’esperienza e della riflessione sui rapporti tra testamenti poteva dar corpo ad un universalismo bidimensionale siffatto e, nell’ambito della componente geoetnografica, visibilizzare e valorizzare la polimorfia etnica quale oggetto specifico della spinta alla riplasmazione e riqualificazione dei creata prima e dopo la venuta del Logos nella carne? Entro una visione ed organizzazione compartimentalizzata della storia e degli historoumena come prevista dalla scrittura cronografica della Synagoge, la tranche geo- ed etnografica di essa è senz’altro una risposta a domande e bisogni ideologici ed esegetici siffatti. Per quanto riguarda i materiali del suo ‘farsi testo’ (in cui, come insieme, va individuato il luogo della distinzione ippolitea, ma anche quello della specificità differenziante rispetto al contesto), essi vengono selezionati e/o costruiti dall’autore in base all’intreccio di esperienze esegetiche proprie con altri contributi di parte cristiana di argomento etnografico, storicamente motivati e consonanti o consonantizzabili con il proprio progetto ed i suoi sfondi di controproposta ad Africano. Sul piano esegetico, Ippolito aveva avuto modo di ricavare il ruolo di luoghi determinati come teatro di manifestazione del Logos (dal Sinai all’Eufrate e al Giordano) se non, addirittura, come figure dell’intertestualità del messaggio salvifico (= complementarietà dei 127 Sull’azione del Logos come ¢nege…rein ed ¢norqoàn l’umanità [scil.: dalle sue cadute], vedi l’esemplare Hipp., ben. Jac. 22 (92,5-8 B./M./M.); discussione dettagliata sul tema in Zani, La cristologia (vedi nota 122), passim. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 271 testamenti) quale perenne nutrimento dei fedeli128. In questa visione sono senza dubbio inscrivibili quelle sintesi della terra per ‘monti’ e ‘fiumi’ di Synagoge 235-239 (biblicamente incardinate e, con ciò, intese ad esaltarla come creazione divina), che accolgono ed organizzano la distribuzione/divisione di popoli e lingue nell’ecumene attuale. Circostanze non sappiamo quanto fortuite ma senza dubbio fortunate lo avevano poi fatto incontrare con il prodotto (o i prodotti) di un confratello che, impegnatosi – a cavallo del II-III secolo d.C. e, ad ogni modo, prima del 222 d.C. – in un confronto con il Discorso di verità di Celso, aveva dimostrato a suon di genealogie e liste di œqnh e cîrai la comune origine noachita e postdiluviana di tutti i popoli della storia attualmente compresi nell’ecumene imperiale: origine indicativa dello stesso controllo divino sulle cose del mondo che aveva fatto degli Hebraei, discendenti diretti di Noè via Eber, l’œqnoj più antico perché erede autentico dei qeofile‹j prediluviani. Che il contributo di questo confratello sia piaciuto ad Ippolito per l’impostazione ermeneutica (l’aver indicato nella scrittura il fondamento imprescindibile di ogni sapere), la ricchezza di dati (che contribuiva a mettere a fuoco l’insufficienza e/o l’inadeguatezza dell’informazione africanea sul punto) e la moltitudine di ‘gruppi’ disvelata dall’indagine come genere umano onnicomprensivamente presente nella storia dimostra la sua accoglienza nella Synagoge in forma non sappiamo quanto vicina all’originale ma, peraltro, estesa (Synagoge 44-52.56-197). Tuttavia la lunga attività di esegeta aveva reso Ippolito familiare all’idea che del movimento etnografico faceva parte, come creazione e volontà di Dio, non solo il molteplice, ma anche il ‘diversificato/diviso’, esito della perdita dell’unità linguistica per intervento divino sulla Ûbrij degli uomini di Babele e perpetuatosi nella storia, quale segno dell’umana debolezza, attraverso l’incessante filiazione di œqnh e proshgor…ai (onde nelle fula… che la bibbia diceva disperse ‘per lingue’ sulla terra era da ritenersi significata una totalità del genere umano che Dio aveva voluto non solo ripartita sull’ecumene, ma anche intrinsecamente divisa). Poiché il Logos continuava, dopo l’evento Cristo, la sua opera di tessitura della storia mediante l’affermazione del vangelo nel mondo, onde l’evangelizzazione diventava la caratteristica chiave del restante tempo storico, la dispersione/divisione di Babele era quanto il vangelo avrebbe riplasmato in sintonia con gli esiti della ‘successione degli imperi’ (cioè, dopo che l’ingrandimento di Iafet, realizzatosi compiutamente con l’Impero Romano, aveva aperto la via, grazie all’incarnazione del Logos, alla possibilità di un autentico reintegro dell’umanità divisa nell’economia salvifica). Il ‘long ago’ biblico all’origine dell’aspetto ‘frammentazione’ dell’universalismo etnico andava dunque ‘dimostrato’ come parte della storia della salvezza e ‘scritto’ in maniera tale da contenere in sé il preannuncio degli interventi missionari del ‘dopo Cristo’. 128 Sopra, pagina 253 e note 85sq. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 272 Osvalda Andrei Al momento in cui componeva la Synagoge, Ippolito poteva guardare con soddisfazione agli effetti civilizzanti ed unificanti del missionarismo evangelico sui molti œqnh e dÁmoi del quarto Impero. Galatai ed œqnh nascosti tra le pieghe della province romane d’Asia e di Achaia erano già stati raggiunti da Paolo, che aveva tra l’altro indicato (e perciò, in forza dell’autorità esemplare che gli proveniva dal canone, anche profetizzato) negli Skythai un particolarismo superabile nel Cristo e nella Hispania un obiettivo dove portare quanto prima il vangelo129. Gli Indoi, già toccati dal cherigma grazie a Bartolomeo, avevano più di recente rinforzato con Panteno la loro aggregazione al popolo dei fedeli. Ireneo, predicatore tra i Celti, aveva sicuramente pensato a Babele e visto l’attuale presenza cristiana nel mondo come un superamento di essa quando affermava che, per quanto disseminata su tutta l’ecumene sino ai suoi confini – con comunità insediate tra Germanoi, Iberes, Keltòi, in Egitto e Libia –, la Chiesa fondata sugli apostoli e la tradizione aveva trasceso l’eterogeneità delle lingue per costituire una forza una e unica130. Sembrava dunque lontano il tempo in cui l’annunciare il figlio di Dio alle fula… di tutto il mondo sino a costituire una folla grande di fedeli provenienti da ogni gente, tribù, popolo e lingua (Apc 7,9) era solo un auspicio, sicuro ma tutto o quasi da realizzare; la storia era andata parecchio avanti e si poteva ora considerare la polimorfia etnica dell’ecumene imperiale (disvelata sempre più decisamente come parte della sua natura dalla crisi del III secolo d.C.) una realtà continuamente superabile grazie all’œqnoj, nuovo e trasversale, creato dal Cristo. C’era, però, ancora molto da fare e la predicazione del Verbo – restando inscritta nel percorso della storia prima della fine – valeva anche come momento esemplare di etica cristiana. Dopo la resurrezione, il Cristo, nell’indicare ai discepoli ‘tutta la creazione’ e tutti gli œqnh quale ambito e destinatari del vangelo, aveva affermato nel viaggio lo strumento della sua divulgazione (Mc 16,15; Mt 28,19); dall’altezza di Ippolito, appariva legittimo guardare a questa prescrizione evangelica non solo dal punto di vista dell’ineluttabilità della missione cristiana e dei suoi progressi, ma anche da quello del rapporto inscindibile tra il fine ed il mezzo, cioè come un ‘viaggiate per predicare ed insegnare’ che suonava come un obbligo per ogni fedele. È da siffatto osservatorio sul ‘dopo Cristo’ passato e presente che Ippolito deve aver deciso di ‘rendere testo’ la divisione, intervenuta con Babele entro il movimento distributivo dei popoli sulla terra, mediante un 129 130 Per lo ‘Scita’ quale polo di classificazioni normative tutte trascese dall’ ¢naka…nwsij del Cristo vedi Col 3,10sq., chiaramente da collocarsi sulla stessa linea di Gal 3,27sq.; 6,15 (kain¾ kt…sij prodottasi con il Cristo). Per i propositi paolini di evangelizzazione della Spagna, vedi Rom 15,24.28. Eus., h.e. V 10 (gli Indoi, Bartolomeo ed il vangelo mattaico, Panteno); Iren., haer. I 10,1sq.; III 11,8 (chiese ‘disseminate’ e chiesa ‘una’ grazie al vangelo ed alla tradizione apostolica). Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 273 apposito capitolo etnografico di seguito a DEl. (Synagoge 198-201), onde evidenziarne la diversità di ambito, e di scegliere i nomi dei dispersi della prima ora in vista di una mappa etnica già orientata sul recupero e la riqualifica dell’unità perduta grazie al nomen christianum. Riscontrare tra i ‘divisi’ luoghi e dÁmoi dove il Verbo era già arrivato avrebbe rassicurato i lettori sul fatto che, prima o poi, esso sarebbe arrivato dovunque (aiutandoli magari a riconoscersi o a sentirsi collocati in una mappa mundi cristiana), onde la carta della dispersione doveva essere predisposta a suggerire una visione del presente in termini di ‘missione’ ed ‘evangelizzazione’. È in questa prospettiva che vanno dunque lette quelle diversità/integrazioni rispetto a DEl. (= gli œqnh e le culture democratizzate non presenti in esso o rivisitati da Ippolito) di eco neotestamentaria (primi fra tutti i Magi!) o di rimando cristiano, che forniscono il ‘la’ interpretativo ad una divisione d’origine che – pur se destinata ad incrementarsi nel corso storico sino a diventarne un tratto fisiologico (Synagoge 202-234) – sarebbe stata, però, riaggregata dall’azione del Logos divenuto il Cristo predicato131. Non vedo, allora, altro modo di interpretare lo Stadiasmos (Synagoge 240-613), nelle relazioni con i molti piani del diamerismÒj sopra evidenziate e nella decisa volontà di giovamento collettivo con cui esordisce132, se non come un rendere comprensibile per via testuale un ingranaggio chiave dell’iter salvifico verso il compimento definitivo. Pertanto, nella visione ippolitea che informa la Synagoge, lo Stadiasmos corrisponde al ‘dopo incarnazione’ (= i 236 anni dell’intervallo ‘nascita del Cristo – 13° anno di Alessandro Severo’ costituente l’ultimo settore del filum chiliadico; Synagoge 687sq.698sq.717) nella misura in cui i due piani diameristici della partitio et divisio terrae et populorum tendono al Logos Cristo ed alla stessa convergenza in Lui (sunagwg») che impronta ogni piano della storia. Con la sua struttura da ‘manuale di viaggio’, esso appare lo strumento con cui Ippolito trasforma in testo il ‘Leitmotiv’ storico, nonché dovere di ogni cristiano nel mondo, del viaggiare sulle vie della dispersione e in 131 132 È certamente nella logica della perdita di un’unità d’origine imputabile a responsabilità umana che va visto il recupero di quell’interpretazione su Nimrod in accordo a Gen 10,9 LXX (kunhgÕj ™nant…on kur…ou, ovvero cacciatore di cibo perché complice ed istigatore degli uomini impegnati a sfidare Dio con la costruzione di Babele), che Ippolito aveva avanzato in uno dei suoi primi commentari, tra l’altro contrapponendo Nimrod ad Eber (vedi note 41sq.). Da cosa Ippolito abbia esegeticamente ricavato il tema della dissociazione di Eber dalla massa dei costruttori della torre e come l’abbia trattato nella Synagoge (al di là delle tracce rimaste nella tradizione cronografica successiva, labili ma sufficienti a farlo presupporre; vedi nota 41), non è dato dire. Certo è, però, che questo tema – se da un lato contribuiva a legittimare la presenza di Eber nella lista dei patriarchi ‘Adamo – Cristo’ di Syn. 717 (no. 15) (ammesso che non si fosse addirittura trattato di esegesi a suo tempo costruita proprio a partire dall’occorrenza di Eber in Lc 3,35) – da un altro indirizzava il nesso eponimo Hebraei/Eber in un senso diverso dalla funzione apologetica conferitagli in DEl.: quello degli Hebraei quale alveo complessivo di inserimento, produzione e tessitura di un particolare seme di Israele che sarebbe infine fiorito nel Logos Figlio incarnato (Syn. 20). Sopra, pagine 231-234. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 274 Osvalda Andrei un’ecumene prodottasi ed organizzatasi dietro i suoi ritmi per diffondere il vangelo, cioè per ricostruire la perduta unità attraverso la sola lingua in grado di fare da collante autentico ed universale. In una forma che doveva essere senza dubbio capace di parlare al cristiano medio e in un’estensione testuale forse programmata come simbolo di tutta l’estensione del mondo, lo stadiasmÒj rappresenta una vera e propria carta missionaria, intesa ad esemplificare i tramiti dell’azione del Logos Cristo e della sua Chiesa nell’ecumene; ma costituisce anche un ‘farsi testo’ dell’obbligo (forse uno tra gli impegni personali di una vita ormai avviata al tramonto che Ippolito indica all’uditorio come dovere di ognuno) di contribuire al comune giovamento, utilizzando la creazione divina in modo teologicamente adeguato (= percorrendola per portarvi ovunque il vangelo). 8. Conclusioni Si tratta, ora, di concludere su quanto l’analisi della sezione geoetnografica della Synagoge può suggerire sulle origini ed il farsi testo della prima ‘Weltchronistik’ cristiana, nonché sulla personalità di Ippolito (‘orientale’ e/o esegeta), a cui propongo definitivamente di attribuire la ‘raccolta degli anni e dei tempi’ del 235 d.C. Dalla prospettiva della cronografia come genere, è certo che, con questa opera di Ippolito, la ‘scrittura dei popoli’ si inscrive per la prima volta in quella dei tempi, introducendone in essa (e lasciandoli come potenziale eredità ai suoi futuri cultori) l’argomento, la logica ed i materiali133. Altrettanto innegabile è che questo primum ippoliteo è un aspetto importante della cristianizzazione della cultura, ovvero della costruzione cristiana di saperi differenziati (in cui la descriptio temporum si inserisce di per sé quale esempio di rilievo); il fatto che questa ƒstor…a etnografica significhi, dall’osservatorio di Ippolito, integrare e correggere Giulio Africano nel ‘poco’ e/o nell’ ‘inadeguato’ che questi aveva detto sul tema ‘popoli del mondo’ suggerisce come la crescita del genere sia stato un problema di confronto/conflitto intellettuale, ossia di riflessione e messa a punto di spazi letterari appositamente costruiti per esprimere quelle prospettive universalistiche che esigenze identitarie ormai precise sollecitavano. Ma la cristianizzazione dei saperi è anche una questione di identità personali 133 Vedi la prosecuzione del diamerismÒj della Synagoge o di parte di esso, in forme presso che letterali (fatta salva la collocazione nelle varie aree noachite delle presenze etniche intervenute nel frattempo), nella cronostoriografia siriaca (W. Witakowski, The Division of the Earth between the Descendants of Noah in Syriac Tradition, Aram 5, 1993, 635656) e l’inclusione di un settore etnografico di struttura ed eco ippolitei nella narrativa del periodo preabramitico in Georgius Syncellus, Ecloga chronographica 85-95 (48-56 M.); cp. The Chronography of George Synkellos. A Byzantine chronicle of universal history from the creation, translated with introduction and notes by W. Adler and P. Tuffin, Oxford et al. 2002, 62-71. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 275 (con tutto quanto ciò significa in termini di vissuti, ideologia e modi di rapportarsi, in quanto cristiani, al sistema storico culturale di appartenenza ed interazione); è a questo livello che la specificità differenziante rispetto al contesto (quella che permette un approccio in termini di gestione ed orientamento peculiari di temi ‘condivisi’ con gli ambiti culturali coevi) diventa distinzione d’autore, riguardando, nel nostro caso, l’Ippolito esegeta calatosi nelle vesti di scriptor temporum e l’autore dell’Elenchos, a cui queste vesti sono comunemente ritenute confacenti. In merito alla tranche geoetnografica e periplica della Synagoge, la cristianizzazione dei saperi non significa soltanto che il suo autore attrae e riqualifica in senso cristiano materia e materiali della tradizione greco-romana; questo può valere certamente per lo Stadiasmos (che propongo di leggere come visibilizzazione testuale del dovere storico, imposto dall’incarnazione, di esportare per via missionaria il Logos umanato e, perciò, come un prodotto di genere non so quanto modificato, ma senza dubbio rifunzionalizzato) e nella sua logica si inscrivono i due sommari per monti e fiumi illustri (in cui una mappa mundi convenzionale, probabilmente presente sullo scrittoio dell’autore, viene rifabbricata quale mappa di una kt…sij creata per mezzo del Logos e divenuta ambito della sua onnipresenza storica). Ma, nel caso dei due piani del diamerismÒj che ipotizzo corrispondenti a diversi livelli esegetici, la cristianizzazione dei saperi diventa specificatamente un problema di interlocuzione tra due ambiti cristiani d’autore alle prese con gli stessi luoghi biblici (Gen 10sq.) nella funzione, loro prestata, di referenti valoriali e di fondamento storico (dimensione interlocutoria che, come ovvio, investe i materiali usati e/o risistemati dall’uno e dall’altro). Infatti, nella forma in cui io vedo attualmente la questione ippolitea (un Ippolito distinto dall’autore di Elenchos e Perì Pantòs e, però, anche compositore di quella Synagoge tradizionalmente ascritta al secondo), il settore geo-etnografico dell’intera tranche mi pare il frutto di un doppio ambito d’autore: quello dello scrittore dell’Elenchos (DEl.; Synagoge 44-52.56-197) da cui Ippolito attinge (nei primi anni ’30 del III secolo d.C.) l’interpretazione ‘attualizzante’ di Gen 10 proposta da questo (per noi sconosciuto) fratello di fede – in un contributo che pare il primo, deciso e motivato, di un cristiano sul tema ‘tavola dei popoli’ – a scopi di polemica con il celsiano Discorso di verità: quello di Ippolito medesimo (DHipp.: Synagoge 198-234), che rilegge l’universalismo etnografico, nella comune origine postdiluviana, della sua fonte alla luce della divisione prodottasi, grazie a Babele, entro la distribuzione dei popoli sulla terra, affiancando a DEl. una sua lista di ‘dispersi/divisi’ della prima ora ed intensificando il tema (nel suo perpetuarsi storico come ‘frammentazione’) mediante la nozione (esegetica) dei ‘popoli ignoti’ alla bibbia ed il modello (tradizionale) dell’¢poik…zein. In questa prospettiva, i pezzi, successivi, delle descriptiones creati ‘secondo monti e fiumi’ (Synagoge 235-239, da considerarsi – a questo punto – parte o appendice di DHipp.) e dello stadiasmÒj quale testualizzazione (Synagoge 240-613) di quella logica missionaria da cui si deve guardare, nello Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 276 Osvalda Andrei hic et nunc, al mondo plurimo ed eterogeneo degli œqnh contribuiscono ad inscrivere decisamente i saperi etnografici, cristiani e non, della sezione in un progetto e prospettiva d’insieme che sono specifici di Ippolito. In tale conformazione ed estensione, questa ‘scrittura’ del movimento etnografico nello spazio e nel tempo è coerente con quella visione contenutistica propria della Synagoge che, dal punto di vista dell’organizzazione narrativa, rappresenta il marchio di distinzione dalle Chronographiai di Giulio Africano. Di più, la sua articolazione interna – con, in esordio, il passato remoto biblico visto in costante tensione con lo hic et nunc e predisposto all’ingresso nel futuro christianum nomen e, in chiusura, lo stadiasmÒj quale pars pro toto espressione delle forme e degli ambiti attuali di prosecuzione della missione salvifica del Logos – presuppone lo stesso intento di visibilizzare l’idea di un tempo storico globalmente convergente verso il Cristo ed il ‘dopo Cristo’ che impronta la fisionomia delle altre tranches e diadoca… della Synagoge. Tale ‘scrittura dei popoli nell’universo mondo’ e la sua incorporazione in un progetto cronografico di sapore antiafricaneo conferiscono alla personalità culturale di Ippolito uno spessore più articolato rispetto all’immagine – di lui consueta nell’ambito della questione ippolitea e più o meno sempre in relazione/contrappunto con lo scrittore dell’Elenchos – di chiusura ed impermeabilità ad altri orizzonti e saperi che non siano la Bibbia, il Cristo e la Chiesa e, perciò, di persona scarsamente disposta o interessata alla cultura della tradizione e a problemi ‘scientifici’. Più precisamente, però, Ippolito – sin dal Commento a Daniele (dove già, in virtù del particolare testo in oggetto, aveva combinato l’esegesi con materia e liste cronografiche) e più che mai nella Synagoge (dove, tra l’altro, rinegozia per i propri intendimenti le suggestioni ed i materiali della recente ed ultratradizionale Ciliethr…j di Asinio Quadrato)134 – si dimostra convinto delle potenzialità cristocentriche di saperi ‘altri’ dalle scritture (cioè, del loro essere intrinsecamente in grado di rispondere all’idea di Bibbia e Logos Cristo come cuore del vero sapere e collante autentico di ogni ricerca). Una comparazione differenziante con l’anonimo autore dell’Elenchos dovrebbe, allora, privilegiare tratti che non siano la consuetudine con le scienze profane e la capacità di catalizzarle in una ‘Logostheologie’ (che proprio l’attività esegetica, nei suoi bisogni di approfondimento e di ricerche sempre più varie, poteva far funzionare come l’alveo di riqualificazione di ogni sapere), accentuando di più la diversità di habitus ed ambito culturali. In base a quanto traspare proprio dal diamerismÒj presupposto dall’Elenchos ed utilizzato da Ippolito (DEl.), l’anonimo polemista anticelsiano ed antieretico appare un greco (nel senso, esteso, di appartenenza agli ambienti ed ai sistemi valoriali della cultura tradizionale), che tutto affronta con questa mentalità e che, come dimostrano la sua ecumene ed i suoi ‘Kulturvölker’ 134 Andrei, L’emergere (vedi nota 2), 29-37. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM Spazio geografico, etnografia ed evangelizzazione nella Synagoge di Ippolito 277 (popoli ‘filosofi’, ‘inventori’ e quant’altro), rincorre la cultura antiquaria del tempo e le sue tendenze. Il settore di Ippolito (DHipp.), con l’elenco dei 72 œqnh divisi secondo lingue della prima ora e le parti, successive, dei popoli ‘ignoti’ (alle scritture) e figli della dispersione coloniaria, suggerisce per sua parte un atteggiamento intellettuale che incrocia la bibbia con il contemporaneo (un tratto già evidenziato, nel Sull’Anticristo, nelle forme di costruzione della figura e della sfera d’azione dell’avversario escatologico)135 e che ‘descrive’ l’ecumene con riguardo anche a nuove presenze e protagonisti (soprattutto mediorientali) trasformabili in esempio dell’estrema eterogeneità prodotta dal fattore ‘divisione’ entro il movimento temporale. Se e che cosa possa significare questo (insieme al dovere dell’evangelizzazione missionaria che, stante l’ipotesi che io formulo sullo stadiasmÒj, si intravede dietro questa scrittura) in termini di ulteriori messe a punto delle personalità storiche del puzzle ippoliteo, potrebbe costituire uno dei possibili sviluppi d’indagine della questione. Chiudo, sottolineando nella ‘raccolta di tempi ed anni’ del 235 d.C. l’opera cronografica con cui Ippolito traduce la propria ‘Logostheologie’ – acquisita e maturata dietro decenni di riflessione esegetica – in storia e contenuto imprescindibile del tempo esamillenario. È un taglio, questo, senza dubbio da valorizzarsi in relazione alle molte diversità (di visione, di strategie cronografiche, di uso e rilocazione dei materiali) con il rivale Giulio Africano. Ma le sue implicazioni (lo sfondo di definizione identitaria su cui è valutabile la teologia del Logos rispetto alle posizioni monarchiane e misurabile il bisogno di evidenziarla anche tramite uno strumento di forte impatto come la ‘scrittura dei tempi’) ed i suoi presupposti cronologici e letterari (il 222 ed il 225 d.C. quali termini post quem – con l’affermarsi delle Chronographiai di Giulio Africano in contemporanea con un ambito di attività ‘romano’ del loro autore, la composizione, in occasione dello scadere del millennio olimpico, della Ciliethr…j del consularis Asinio Quadrato e l’area ‘romana’ di fruizione di quel computo Pasquale poi confluito nel percorso per itinera Pascharum della Synagoge – di possibili raggi di presenza e movimento ippolitei) sembrano porre l’opera in rapporto con uno spazio storico preciso: la Roma (cristiana e pagana) degli anni ’30 del III secolo d.C. come ambito di rafforzamento e promozione di vettori chiave di identità cristiana. 135 Andrei, Aspetti (vedi nota 119), 81-90. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM 278 Osvalda Andrei ABSTRACT The article offers a contribution to the discussion raised by P. Nautin about the identity of the author of the several works transmitted under the name of ‘Hippolytus’ and argues that the Synagoge (Chronicon) of 235 A.D. is the work of Hippolytus (so-called ‘oriental’ or ‘exegete’), not simply identical with the author of the Elenchos (Refutatio omnium haeresium). The article observes that the long section on the DiamerismosStadiasmos (Synagoge 43-613) shares the polemical thrust against Iulius Africanus’s Chronographiae as well as the theological profile of the ‘Logostheologie’ of Hippolytus. Besides this coherence of the Synagoge there are important divergences in the work. There is a “partitioning/populating” of the earth by œqnh, cîrai and nÁsoi (Synagoge 44-52.56-197) (developed in opposition to Celsus’s Alethes Logos by the interpretation of Gen 10) and – apart from this – a prosopographical ethnography according to languages intended to be an interpretation of Gen 11 (Synagoge 199-201), that is completed using geoethnographic material (Synagoge 202-238) and an itinerarium of the Mediterranean Sea (Synagoge 240-613). Thus, while the Diamerismos of the author of the Elenchos (the first part, i.e. Synagoge 45-195) aims to illustrate the universal ethnographic movement starting after the Flood, the Diamerismos of Hippolytus (the second part, i.e. Synagoge 198-239) introduces an ethnic-linguistic “division/fragmentation” starting with Babel and perpetuating itself in the history. For Hippolytus, only a new human and divine initiative, of course that of the incarnate Logos and the transmission of the gospel all over the world, will overcome this “sin of division”. Hence, thanks to its combination of exegetic and literary features, Hippolytus’s descriptio temporum links the universal dimension of time (the scheme of 6000 years) with the universal dimension of space. This combination has a great significance in the development of Christian chronography. Brought to you by | Yale University Authenticated Download Date | 5/17/15 5:52 PM