2013: I NAZISTI AL POTERE IN UCRAINA
Per quanto riguarda il caso ucraino tutto ha inizio sul
finire del 2013. Il presidente ucraino Yanukovich e il
suo governo si trovano ad un bivio, dovendo
sostanzialmente scegliere la direzione strategica da
far prendere al proprio Paese: da una parte
l’integrazione con l’Unione Europea, dall’altra la
collaborazione storica con la Russia. Tra il 30
novembre e il 17 dicembre Yanukovich rifiuta la
proposta europea, impostata sostanzialmente sulle
ricette tipicamente liberiste, e accoglie invece
l’accordo
con
Putin,
più
vantaggioso
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economicamente . Apriti cielo. Yanukovich viene
dipinto immediatamente come un dittatore che si
oppone ai diritti, alla libertà e alla democrazia
garantiti
dall’Unione
Europea.
Yanukovich
sicuramente non è Lenin né un santo, ma è
quantomeno difficile definirlo dittatore, in quanto
regolarmente eletto nelle elezioni del 2010,
riconosciute dall’OCSE come «elezioni trasparenti»2.
Godendo di una maggioranza strutturata in particolare sul consenso delle regioni orientali
(quelle più “russofone”) governa un Paese cercando di mantenere una posizione di
equilibrio tra UE e Russia, sfruttando pragmaticamente la rivalità crescente tra le due aree
geopolitiche per trarne il massimo vantaggio economico; è ben consapevole, inoltre, della
difficoltà di poter orientare nettamente in una precisa direzione strategica un Paese
spaccato in due non solo politicamente ma anche culturalmente (ad ovest gli ucraini
simpatizzanti della Tymoshenko, ad est le componenti russe e/o filorusse). La decisione di
rimanere sotto l’alveo di Mosca porta all’esplosione di alcune manifestazioni di protesta
(ribattezzate Euromaidan) che i nostri media hanno subito presentato come non-violente,
popolari, di massa e diffuse in tutta Ucraina. Mobilitazioni che sarebbero state
ingiustificatamente represse con la forza e con l’utilizzo dei cecchini... In realtà tali
manifestazioni degenerano spesso e volentieri nella truce violenza 3, il che comporta
inevitabilmente una reazione delle forze dell’ordine. In esse emerge con forza il ruolo
giocato dai nazifascisti (in particolar modo dai partiti Svoboda e Pravy Sector, descritti
come i corrispondenti ideologici degli italiani Forza Nuova e CasaPound), che
caratterizzano i movimenti in chiave esplicitamente anticomunista, contro il ruolo di
pacificazione giocato dal Partito Comunista Ucraino. Le proteste inoltre sono localizzate
principalmente nell’ovest del Paese, ossia nella zona ucraina più filo-occidentale che aveva
dato la maggioranza relativa alla Tymoshenko. Per quanto riguarda i cecchini è altamente
probabile che fossero in realtà paramilitari di Euromaidan. Tale sconcertante verità emerge
infatti dall’intercettazione di un dialogo tra Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la
Politica Estera e Difesa dell’UE, e Urmas Paet, ministro degli esteri dell’Estonia 4. Fu
insomma architettata una strategia della tensione per far ricadere le colpe sul governo e
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A. Mazzone, La Russia batte l'Europa e si compra l'Ucraina, Panorama (web), 18 dicembre 2013.
Redazione La Repubblica, Ucraina, Yanukovich vince di misura. L'Osce: “Elezioni trasparenti”, La Repubblica
(web), 8 febbraio 2010.
P. Sorbello, Ucraina: violenza sulla piazza, L'Indro, 23 gennaio 2014.
G. Masini, Kiev, ecco la telefonata choc che scredita il nuovo governo. Chi ha pagato i cecchini? , Il Giornale
(web), 5 marzo 2014.
screditarlo agli occhi dell’opinione pubblica e del mondo intero. Un inganno che sul
momento è servito a simpatizzare per la causa degli “oppressi” ma che ha avuto il prezzo
carissimo di 94 morti e oltre 900 feriti.
La strategia funziona perfettamente, tanto che i media possono alfine esultare per la
cacciata del «dittatore» e per «l’avvento della democrazia», omettendo però di ricordare che
in questo clima di tensione, la fuga di Yanukovich (avvenuta il 22 febbraio 2014) avviene
senza aver dato dimissioni formali, tanto da rendere problematico definire il cambio di
governo successivo come legittimo. In questi casi c’è chi parla di rivoluzione e chi di golpe.
Difficile però parlare di rivoluzione per un governo che vede tra i suoi membri oligarchi e
nazifascisti, favorendo una repressione di massa dei comunisti (fino alla loro completa
messa fuorilegge)5 e degli ebrei6 mentre si discute di togliere diritti e autonomie alle regioni
in cui la maggioranza demografica è composta dalle popolazioni russe. Proprio queste
regioni sono quelle che decidono di opporsi più duramente al nuovo regime, avviando
inizialmente pratiche pacifiche ed istituzionali. È il caso del referendum secessionista della
Crimea, svoltosi il 16 marzo 2014 e giudicato subito come illegittimo, anzi come una
manovra imperialista di Putin, condannato come aggressore, terrorista e dittatore che
bisogna punire al più presto con sanzioni severe. C’è da chiedersi come un giorno si possa
parlare di rivoluzione e il giorno dopo condannare come antidemocratico un referendum
che ha visto un’affluenza del 90% della popolazione e che ha dato come responso un 96%
favorevole al ritorno della regione alla Russia. Si parla di ritorno perché la Crimea è
storicamente una regione russa, donata da Chruščëv alla Repubblica Socialista Sovietica
Ucraina nel 1954. Non c’è dubbio, però, che a pesare nella scelta del popolo di Crimea
siano state anche considerazioni materiali e ideali: promesse di miglioramenti dei salari e
delle pensioni, di introduzione del TFR e di garanzia della tutela della regione come Stato
laico, multietnico, multireligioso e antifascista. Tutto il contrario insomma di quel che offre
il governo degli oligarchi ucraini. Stimolati dall’esempio della Crimea, presto si ribellano
anche le regioni del Donbass, segnando la nascita delle Repubbliche Popolari di Donetsk e
di Lugansk (successivamente riunitesi nell'Unione delle Repubbliche Popolari di
Novorossija)7 sostenute da un moto di resistenza popolare in cui i comunisti sono in prima
linea (tra loro anche il comandante Mozgovoj, che verrà ucciso il 23 maggio 2015),
riuscendo a far approvare anche importanti richiami filosovietici nelle Costituzioni
provvisorie che vengono adottate. In questo contesto è innegabile che Putin abbia
manovrato diplomaticamente e militarmente per favorire e fomentare tali rivolte. È
normale, d’altronde, che non potesse accettare passivamente un colpo di Stato teso ad
introdurre a pochi chilometri da Mosca un governo comprendente membri nazisti e
totalmente asservito all’UE e alla NATO. Chomsky ha spiegato perfettamente il concetto: è
come se il Patto di Varsavia fosse stato allargato al Sud America e fosse oggi in trattativa
con Messico e Canada. Come reagirebbero gli USA? 8
Ne consegue una guerra cruenta dovuta alla volontà del nuovo governo ucraino di
prevenire successivi atti secessionisti. I nostri media si guardano bene però dal descrivere
nel dettaglio il sanguinoso conflitto, attribuendo violenze bipartisan anche ad atti di
particolare ferocia su cui la responsabilità è fin da subito chiara. Il caso più clamoroso è
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R. Allertz (a cura di), Avviate in Ucraina le procedure per la messa al bando dei comunisti, Marx21.it, 24
luglio 2014.
AC-Solidarité Internationale PCF, Le associazioni ebraiche ucraine denunciano le azioni antisemite dei
manifestanti di estrema destra “filo-europei”, Marx21.it, 11 febbraio 2014; per un ulteriore riscontro su un
sito più “neutro” si veda Redazione Il Messaggero, Ucraina, attacco a una sinagoga sul Mar Nero. Scoppia
un incendio, è il secondo attacco a un tempio ebraico, Il Messaggero (web), 20 aprile 2014.
A. Benajam, Cos’è la “Novorossija”?, 11 settembre 2014.
Redazione L'Antidiplomatico, Chomsky: “L'Ucraina nella Nato? Come se il Patto di Varsavia si fosse
allargato a Canada e Messico”, L'Antidiplomatico, 16 aprile 2015.
l’efferato massacro di Odessa del 2 maggio 2014 9, nel quale muore anche il giovane
comunista Vadim Papura (diventato un simbolo della repressione) 10 di cui sono disponibili
svariate immagini sul web che mostrano la crudeltà sadica degli assassini nazifascisti. Non
mancano testimonianze sul fatto che i maggiori crimini siano stati compiuti dalle forze
dell’esercito ucraino che non hanno esitato ad utilizzare bombe cluster, fosforo bianco e
truppe paramilitari naziste. Violenze tali che non sono mancati molteplici casi di
insubordinazione e diserzione di massa tra i soldati ucraini, incapaci di capire il senso del
conflitto11.
È stato dato ampio risalto mediatico all’interventismo di Putin e della Russia nelle vicende
militari, oltre che in quelle politiche, su tutta la guerra civile ucraina. Si è parlato molto
meno però dell’interventismo occidentale su tutta la vicenda, nonché delle pesanti
responsabilità dell’UE e degli USA per quanto riguarda l’inasprimento del conflitto. Eppure,
fin dall’inizio, le manifestazioni di Euromaidan sono state fomentate e incentivate dalla
presenza attiva a Kiev di vari statisti occidentali, tra cui spicca la presenza del senatore
repubblicano statunitense Joseph McCain, più volte sul palco insieme a Oleh Tyahnybok,
leader della formazione neonazista Svoboda. Victoria Nuland, portavoce del Dipartimento
di Stato USA, ha presenziato a diversi incontri con esponenti politici golpisti. Non sono
mancate posizioni di sostegno ai golpisti da parte del presidente del Parlamento Europeo
Martin Schulz12, seguito a ruota anche da Gianni Pittella, capogruppo parlamentare
dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (eletto tra le file del PD). Questo
interventismo politico incondizionato affonda le radici su una preparazione meticolosa del
golpe durata anni. È stato accertato che le “squadracce” neonaziste che hanno imperversato
a Kiev sono state addestrate nei campi NATO dell’Estonia almeno dal 2006 13. La già citata
Victoria Nuland dichiarò pubblicamente già nel dicembre 2013 che gli USA avevano
investito 5 miliardi di dollari nelle vicende ucraine 14. A chiudere i sospetti e a dare garanzie
di verità è un’intercettazione rivelata da Wikileaks che conferma come il golpe sia stato
orchestrato almeno dal 2010. In una telefonata Viktor Pynzenyk (ex ministro delle finanze
e ora parlamentare membro del partito Oudar che fa capo a Vitali Klitschko) spiegava
all’ambasciatore americano la lunga serie di misure antisociali (privatizzazioni, riforme
pensioni, aumento prezzi risorse energetiche, diminuzione Stato sociale, ecc.) che erano
disponibili a concedere per l’ingresso nell’UE15.
[Testo tratto da A. Pascale, Il totalitarismo “liberale”. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale,
La Città del Sole, Napoli 2018, pp. 109-114. Info su Intellettualecollettivo.it]
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Si veda a riguardo D. Scalea, La strage di Odessa e la stampa italiana: censura di guerra?, Huffington Post
(web), 5 luglio 2014 e L. Tirinnanzi, La strage di Odessa e le ipocrisie dell’Occidente, Panorama (web), 9
maggio 2014.
Partito Comunista di Ucraina, Vadim Papura, giovane comunista vittima del massacro fascista di Odessa,
Marx21.it, 6 maggio 2014.
L. Tirinnanzi, Diserzioni nell’esercito ucraino, in 400 sconfinano in Russia, Panorama (web), 5 agosto 2014.
S. Pieranni, Schulz: «Sì, trattiamo anche con Svoboda», Il Manifesto (web), 27 febbraio 2014.
Rete Voltaire, I manifestanti di Maidan addestrati dalla NATO nel 2006, Voltairenet.org, 7 febbraio 2014.
G. Rossi, Gli Usa dinanzi alla crisi ucraina: le gaffe di Victoria Nuland, il realismo di Henry Kissinger, Secolo
d'Italia (web), 18 marzo 2014.
Wikileaks, Former Tymoshenko insider calls her destructive, wants her out of power, Wikileaks.org, 24
febbraio 2010.