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Andrea Paolini - Appunti relativistici

Andrea Paolini Appunti sulla relatività www.mathforlife.net Gennaio 2022 – Prima Edizione Progetto Mathforlife Licenza: Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 4.0 International …. Andrea Paolini Appunti sulla relatività www.mathforlife.net San Tommaso: della Scienza (della pratica e non della teoria) Beati coloro che... Il vero scopo degli scienziati: diventare preveggenti1 Per la scienza la verità corrisponde alla realtà. Ma la verità è di più. 1 Tutto nasce dalla paura, dal panico, per l’inconoscibile, per il futuro, l’angoscia di non spiegarsi logicamente lo svolgersi della realtà; e dall’umanissimo conseguente tentativo di prevedere, e, desiderio ineludibile, di controllare il mondo, ossia di cambiare la realtà e quindi il futuro. Da qui l’accanimento della ragione a far tornare logicamente le cose (la fisica), e, se non pressata da ragioni di sopravvivenza, il piacere della ragione. Sembra l’angoscia del principio di piacere di Freud, sembra che anche lì il futuro ignoto e pericoloso sia ciò che ci spinge (consciamente o in modo innato con i suoi vantaggi selettivi) al sesso, a riprodurci. Appunti sulla relatività 7 [...] Se dunque la fisica quantistica sembrava confermare, in modo “evidente”, il “mio principio”, mi restava da verificare se lo stesso accadesse per la teoria della relatività, anche se, a ripensarci bene, la mia “visione” aveva tratto origine proprio dall’analisi dei postulati della prima formulazione della teoria della relatività, quella ristretta: quello della invarianza della velocità (finita) di propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, con le sue conseguenze su spazio e tempo, e quello dell’invarianza delle equazioni della fisica in tutto l’Universo (limitatamente, in questa versione, ai sistemi di riferimento inerziali (per usare ancora la definizione galileiana concettualmente superata)); postulati “costruiti” per sperdere l’uomo, per mandarlo alla deriva, per farci vagare, con una velocità inconoscibile, non riferibile a nulla di “fermo”, di “stabile”. Essi spingono il principio relativistico galileiano all’estremo, allo spazio e al tempo (osano l’inosabile) sconvolgendoci nel profondo, gettandoci, senza una premeditata intenzione, nell’angoscia, perché, come conseguenza, qualsiasi differenza di velocità (meglio si dirà: di energia-quantità di moto) ci isola in un nostro proprio tempo e un nostro proprio spazio (nella formulazione galileiana il principio fondante era parimenti che le leggi fisiche, nei sistemi inerziali, fossero sempre le stesse2, però non in associazione al postulato sulla velocità della luce, precipuo della relatività ristretta einsteiniana, il quale, per generalizzare le medesime leggi in una forma invariante, porta ad una relativizzazione del tessuto spaziotemporale). Non si sa bene se Einstein abbia formulato i suoi due postulati esclusivamente in rispondenza ad un proprio “disegno filosofico” (basantesi su una constatazione che possiamo fare tutti: ciò che governa la nostra vita, e quindi la fisica, è l’invariabilità dello “scorrere” dello spaziotempo e non quella dello spazio (lunghezze) e del tempo (durate) separatamen2 La fisica pre-quantistica assume la massima possibilità per la razionalità, ossia la massima coerenza possibile per le leggi fisiche (l’unica premessa per la possibilità di una comprensione fisica “certa” ed “eterna”): la loro costanza nel tempo e nello spazio per la fisica galileiana e la loro invarianza al variare dello stato di moto (Tmn ) per la fisica relativistica. La complessità dei fenomeni e la complessità delle leggi non precludono quindi la teorica conoscenza assoluta delle leggi valide per tutto l’Universo e per tutti i tempi [la teoria della probabilità corrompe tutto questo ma si basa comunque sul valor medio]. 8 Appunti sulla relatività te, i quali così possono (e quindi devono) diventare variabili, relativi3), sul quale “disegno” i risultati sperimentali, che avevano incrinato le basi della scienza dell’epoca, avrebbero agito solo, indirettamente, come elemento catalizzatore (se, come sembra, Einstein sia stato “influenzato” dal rivoluzionario esperimento di Michelson-Morley soltanto attraverso i profondi turbamenti che esso causò in Lorentz), anche se non bisogna dimenticare che le prove a favore delle equazioni di Maxwell, in cui la velocità di propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto è una costante, erano ormai innumerevoli; oppure se, invece, la sua teoria sia stata concepita meramente con l’intento di adeguare la fisica alle nuove evidenze sperimentali, come si può supporre rilevando che la sua nuova concezione ha probabilmente acquistato diritto di pubblicazione, secondo lo stesso Einstein, solo dopo che egli arrivò a derivare da essa i risultati dell’esperimento di Michelson-Morley (la contrazione dello spazio di Lorentz-FitzGerald viene da lui derivata già nella memoria in cui egli formula la teoria). Penso in ogni caso che la prima ipotesi (la più affascinante) sia quella che meglio descrive la fase di concepimento di una nuova teoria scientifica, durante la quale i risultati sperimentali si limitano a stimolare, e solo parzialmente condizionano, una “visione” piuttosto “autonoma” dalla “materialità” dei dati misurati nel mondo fisico esterno (in sintonia con la mia percezione di quel periodo della fisica, o, meglio, con la mitizzazione che ne fecero in seguito, con altezzoso compiacimento, gli stessi protagonisti). L’idea preconcetta che mi ero fatto sul personaggio Einstein, che mi aveva portato a immaginare che egli fosse fermamente convinto delle ipotesi da cui partiva (in sostanza che la velocità della luce nel vuoto fosse costante, perché è quella la chiave di volta per costruire la teoria a partire dalla relatività galileiana), non è stata smentita da ciò che ho letto in seguito, e quindi mi induce all’“accusa” di boria, e corrobora la mia ipotesi che, appunto, per fon3 A posteriori, noto che le equazioni alla base della fisica (quella del bilancio dell’energia e quella del bilancio della quantità di moto) contengono la velocità e non lo spazio e il tempo separatamente, quindi l’indizio era già presente nel cuore delle equazioni della fisica. Il sentore che per descrivere il mondo fenomenico la velocità e non tanto i valori assoluti di spazio e tempo fosse la quantità fondamentale lo si poteva inoltre intuire dalla variabile di stato (s, v) lagrangiana che è sufficiente per descrivere il mondo (il suo stato) [solo localmente, diremmo ora, alla luce della relatività, nella quale s e v perdono la loro indipendenza ed essa viene generalizzata nel tensore energia-quantità-di-moto, Tmn]. Appunti sulla relatività 9 dare una nuova fisica dello spazio e del tempo dovesse esservi, a sorreggerla, una salda e profonda convinzione filosofica (pre- e anche post-concezione), e che quindi difficilmente una teoria così sconcertante (e perciò rivoluzionaria) possa essere stata fondata soltanto sulla mera esigenza di correggere le equazioni della fisica, ancorché nel modo più elegante e semplice possibile. Anche se questo non toglie che Einstein potesse in principio non essere del tutto conscio della portata dei risvolti filosofici ed esistenziali della sua teoria. Naturalmente, che sia stato Einstein invece che il mio vicino di casa a definire i due postulati relativistici, nulla garantisce in più a favore della loro “veridicità”. Mi piace notare come un’analisi più obiettiva, non sedotta cioè dalla prima impressione, confermi quella forza e sicurezza einsteiniane che mi hanno sempre sconcertato e infastidito: sebbene la statistica sia compatibile con la relatività e possa quindi venire applicata al suo interno (ed anzi Einstein ne sia stato un suo grande contributore), essa non è stata tuttavia contemplata a livello fondante, cioè non è entrata all’interno dei postulati (per definizione e “necessità” essi sono netti, ossia non abbraccianti la fuzzy-logic, e per questo “correttamente” minati dalla falsificazione), tantomeno nel suo fermo principio, dato per scontato, ed ereditato dai due corrispondenti della fisica classica, di conservazione dell’energia-quantità di moto. E’ una teoria “classicamente” scientifica, cioè crede, fin alla sua radice, nel potere conoscitivo (seppur relativizzato4) della scienza; essa quindi, senza la minima esitazione, si sente autorizzata a statuire sulla natura con una nettezza che in realtà non è consentita all’uomo, nemmeno al momento dell’osservazione (della “testimonianza oculare”). Già solo da questa semplice osservazione penso si potesse prevedere l’evoluzione della relatività verso teorie quantistico-relativistiche come naturale (e inevitabile) esigenza di carattere concettuale e metodologico. Le teorie di impianto statistico (come la fisica quantistica) smorzano questa “incoerenza”, senza però risolvere il problema fondamentale dell’epistemologia, ossia il “dubbio” connaturato in qualsiasi affermazione a 4 La relatività einsteiniana, oltre alla velocità, ha preso in conto, prevedibilmente, anche l’accelerazione, ma è penetrata sorprendentemente anche nello spazio e nel tempo, quantità ora non più separabili (vedi Nota 79). 10 Appunti sulla relatività priori e quindi intaccante, in primo luogo, il concetto (“assoluto”, definitivo) di postulato. Anche nella fisica statistica classica (termodinamica) (che si addentra nel microscopico) i postulati, che sono di “natura limitante”, ma “statistica” lasciano posto all’imprevedibile, al miracolo; nella relatività invece non c’è posto, alle sue fondamenta, per il miracolo che la farebbe crollare (la falsificherebbe). Il nostro errare per l’Universo con una velocità (energia-quantità di moto5) non determinabile in modo assoluto, ossia per mezzo di un numero finito di misurazioni/esperimenti [locali], era già stato a noi predestinato dalla relatività galileiana (attraverso la conferma che le leggi fisiche non dipendono dalla velocità, oltreché dal tempo e dallo spazio assoluti, tempo e spazio che entrano solo relativamente ad un teorico hic et nunc, nelle condizioni iniziali e al contorno, in maniera autentica a partire dalla futura teoria newtoniana, dal momento che la fisica può solo limitarsi alle variazioni del fluire dell’Universo) [nell’ipotesi fallace “non quantistica” di misurazione esatta e senza interazione]. Tuttavia la fisica entrò concettualmente in crisi quando prese in considerazione un fenomeno di tipo propagativo come quello di campo elettromagnetico, il quale ha, nelle sue “potenzialità”, quella di essere rilevabile “infinitamente lontano”, dato che in un presunto mezzo di propagazione senza perdite (!) chiamato etere si propaga intatto con la stessa velocità per tutto l’Universo. 5 Per la parte dovuta al movimento (“energia di riposo”, E0 , ovvero “energia potenziale”): per la relatività ristretta (che usa ancora il riferimento inerziale con accelerazione “zero” (assoluta), per cui nella distinzione tra “velocità”/energia “esterna” [allo spaziotempo, non-gravitazionale si dirà] e velocità/energia “interna”/ariposo [gravitazionale], quest’ultima è costante/invariante), la massa/energia a riposo è un invariante (che ha un valore molto grande ma finito, ovviamente) [l’inerzia m(v), e quindi E(v), aumenta con la velocità perché la velocità è dovuta a forze [esterne], non alla curvatura spaziotemporale). Nella teoria ristretta dl e dx 1 sono [come nella teoria generale] indefinibili, ma variano con la velocità relativa (trasformazione di Lorentz), indefinibile nello spaziotempo (difatti lo spaziotempo è piatto e non ha riferimenti per permette una definizione (relativa) nello spaziotempo della velocità, e quindi dell’energia=E(v)-quantità-di-moto). Ciò non sarà più nella teoria generale in cui, anche nei moti “liberi” (su geodetiche) velocità, e quindi energia, (e accelerazione) si potranno (relativamente) comparare/”conoscere” [nella misura in cui si conosce la distribuzione spaziotemporale dell’energia-quantità-di-moto], per cui, per la conservazione dell’energiaquantità-di-moto che avviene per moti senza interazione, la massa/energia/modulo-della-quantità-di-moto a riposo, E0 , in particolare, varierà di conseguenza, diminuendo all’aumentare della velocità di “caduta libera” [le onde elettromagnetiche non guadagnando energia di movimento]. E(v), dovuta a campi nongravitazionali, varierà poi come nella relatività ristretta (principio di equivalenza). Appunti sulla relatività 11 Se ci pensate bene, anche solo seguendo un approccio puramente matematico, vi è una condizione che deve essere aggiunta affinché si possa restare in armonia con il principio di relatività galileiano, base di partenza, applicato ai sistemi inerziali, a cui rispondono, nell’Universo vuoto privo di gravità, anche la “posizione” spazial-temporale la relatività galileiana: la velocità di propagazione di qualsiasi tal forma di energia non deve dipendere, in modo sconcertante, dalla velocità dell’osservatore, né della sorgente, rispetto a qualsivoglia (arbitrario) punto dell’Universo, altrimenti quel punto potrebbe servire come riferimento assoluto per le velocità ed esso costituirebbe un sistema di riferimento “privilegiato” rispetto agli infiniti altri, che avrebbe in teoria permesso di orientarsi, di conoscere la propria velocità in termini assoluti (cioè rispetto a tutti gli altri, all’Universo intero) a partire da una singola misura (nel quale sarebbero possibili, tra l’altro, (tele)comunicazioni diverse rispetto agli altri punti). Con questa indipendenza, la velocità costante dei fenomeni propagativi non può essere presa come velocità esterna “unificante”, ossia “assolutizzante” tutte le altre velocità e costituire, localmente, quel riferimento assoluto per le velocità aborrito dalle teorie relativistiche (ossia dalla fisica): potrete solo calcolare le velocità relative di un punto (per esempio di voi stessi) rispetto ad un numero (necessariamente) finito e quindi parziale di altri punti, formando una rete di velocità relative che però non saprete dove fissare nell’Universo. In effetti le equazioni di Maxwell portavano a onde elettromagnetiche la cui velocità [di fase] è sempre uguale a c. Tuttavia tale unica velocità di propagazione doveva portare ad un paradosso [riguardo lo spazio ed il tempo] perlomeno cinematico, a meno che si tradissero le ipotesi relativistiche galileiane inventando, nelle teorie pre-einsteiniane, un mezzo assoluto di riferimento per le velocità (il misterioso “sottofondo stabile: ”l’“etere”) il quale si doveva anche ipotizzare pervadesse, immutabile nel tempo, tutto lo spazio (quindi l’Universo spazio-temporale) (per far sì che esso stesso non diventasse un riferimento per le posizioni spaziale e temporale, poiché la “creazione di un assoluto” deve eliminare la problematica domanda (di sapore russelliano) di quale sia, la velocità in questo caso, dell’etere stesso, eliminando la possibilità di definirla rimanendo all’interno 12 Appunti sulla relatività della realtà/Universo; il quale venisse trascinato in misura diversa da ogni osservatore in base alla propria velocità rispetto a lui, permettendo però così localmente una ipotetica misura di un “vento d’etere”. Ebbene, dopo gli esperimenti di Michelson e Morley, che confermarono quello che chi vivacchiava nell’incoerenza dell’etere sperava non venisse confermato direttamente ma che rafforzarono il bisogno di superare le costruzioni “ad hoc”, per salvare il principio relativistico galileiano nel caso elettromagnetico (convalidando quindi le equazioni di Maxwell con le loro conferme sperimentali), ossia affinché le velocità restassero determinabili in modo relativo (con la conseguente indeterminazione in ogni punto-universo dell’energia e della quantità di moto assolute) Einstein introdusse il “vuoto” (che vuoto è più perché la sua maglia, quella dello spaziotempo, ha bisogno dell’energia/interazione per essere tale ovvero per esistere) ossia esso arrivò a relativizzare lo spazio ed il tempo (mantenendo il loro rapporto locale invariante)6, che diventeranno “propri” con la teoria generale, ossia differenti da punto-universo a punto-universo (e a stravolgere la dinamica con energie, quantità di moto, forze etc. che infinitesimamente si “disvelano” in funzione della velocità relativa che si scopre avere) Questa correzione concettuale comporta un grande impatto: si assiste ad uno sfilacciamento del tessuto della realtà, una spaesante e destrutturante frammentarietà dello spazio-tempo, per cui ognuno vive, in modo agghiacciante, in tempi differenti e spazi deformati (con una “trasformazione” dello spaziotempo ancora “piatta” nella teoria ristretta), non più sovrapponibili [la teoria di Lorentz era anch’essa incentrata su trasformazioni spazio-temporali ma, poiché conservava ancora l’etere, non applicava in modo concettualmente corretto il principio di relatività (entrava in una “tautologia”): considerava le trasformazioni in funzione delle velocità rispetto a quella dell’etere, ottenendo così delle trasformazioni non misurabili/dimostrabili-sperimentalmente, e non simmetriche per i due osservatori. Con la teoria ristretta einsteiniana la contrazione/dilatazione è reale (quindi non più “recuperabi6 [Che lo spazio possa avere estensione qualsiasi e il tempo anche, e che il loro rapporto solamente conta lo si può vedere matematicamente dal fatto che ciò che conta è gmn (spazialmente: la larghezza delle maglie nei disegni delle curvature è indifferente, quello che conta è il cambiamento di spaziatura (curvatura)): in ds2=gmn dxmdxn le grandezze di dxm e dxn non contano]. Appunti sulla relatività 13 le”) perché confronto di due misure, ma esse (ossia il tempo e lo spazio propri) non sono ancora relativamente definibili in una geometria piatta (l’ubiquitaria gravità è ancora qualcosa di esterno) perché nei due riferimenti i risultati devono essere (in un “sistema senza accelerazione”, ossia ancora “inerziale”) contraddittori (le trasformazioni di Lorentz non dipendono dal verso della velocità relativa) quindi non si può tornare sul proprio spazio-tempo usando la misura del proprio spazio-tempo che fa l’altro osservatore (ossia non si può fare un’operazione non-lineare usando lo spaziotempo, nemmeno se la velocità relativa cambia ossia c’è una accelerazione relativa, perché manca ancora appunto la geometria curva della teoria generale con la sua nuova concezione di (accelerazione/)gravità modificante lo spaziotempo in modo non-lineare (l’accelerazione relativa conferisce una proprietà di “asimmetria” anche nella fisica newtoniana, ma qui viene trasferita allo spaziotempo, e dà un’informazione (relativa) quantitativa per ordinare il proprio spaziotempo rispetto a quello degli altri). Spazi e tempi differenti compongono spazitempi differenti: abbiamo scoperto che ci troviamo, e ad essa siamo destinati, in una “solitudine” spaziotemporale (la velocità e poi l’accelerazione, a mezzo della gravità, ci isolano in un nostro spazio e un nostro tempo). Analogamente a quanto avveniva nelle teorie galileiana e newtoniana, non possiamo capire qualcosa né di noi stessi, né “di conseguenza” del “Tutto”, dell’Universo nel suo insieme, con l’indeterminazione energetica che ora si traduce in indeterminazione della sua struttura spazio-temporale. Dopo averci collocati in uno spazio ed un tempo senza più identità e gettati in una solitaria angoscia, solo parzialmente attenuata dal respiro di libertà concessoci dal nostro stato di indeterminazione [energetica e spaziotemporale], la relatività/fisica, nella sua limitatezza epistemologica, può dire solo questo, che rimaniamo sempre, e ovunque (in modo “assoluto”, stabilito, definitivo) “noi stessi” (la vita/realtà (lo spaziotempo) scorre sempre nella stessa maniera. La fisica, sempre lei, non ci dà nessun appiglio per almeno attenuare questo nostro senso di spaesamento: con “indifferenza” mantiene una sua “immutabilità” perché le leggi fisiche dipendono solo dall’inter-legame tra spazio e 14 Appunti sulla relatività tempo, si “conformano” alla trama spazio-temporale (le equazioni sono invarianti). Già il principio di reciprocità galileiano affermava che, non soltanto io posso continuare a dire che il mio vicino si sta allontanando da me, e lui la stessa cosa di me, ma che tutte le persone a noi esterne chiamate a emettere un loro giudizio su chi di noi abbia ragione, avranno un’opinione differente, diversa dalla mia e da quella del mio oppositore, e diverse tra di loro. Ora, nella relatività einsteiniana, in questo nostro mutevole e imprevedibile cambiamento di punto di vista al variare della nostra imprecisabile collocazione energetica, la possibilità di eleggere un giudice imparziale diventa impossibile addirittura su questioni come l’intervallo di tempo trascorso e la distanza misurata, e anche sulla simultaneità di due eventi, con la conseguente distorsione della realtà [spaziotemporale] che percepiamo fuori di noi. In modo ancora più estremo viene dunque ribadito che la “verità” non esiste, non esistono affermazioni assolute, estensibili cioè oltre la nostra ristretta realtà locale; esistono, invece, infiniti punti di vista, tutti con lo stesso livello di attendibilità, senza che li si possa oggettivamente smentire. E’ con questa consapevolezza (supportata dalla scienza!) che dobbiamo relazionarci e confrontarci con le altre persone, tutte nella nostra medesima condizione: come noi, prive di riferimenti assoluti. Su un piano filosofico/epistemologico la teoria conferma il “mio” postulato “esistenziale” di limitatezza, nella misura in cui definisce l’impossibilità dell’assoluto, e quindi, con una estrapolazione concettuale forse troppo ardita, l’impossibilità di arrivare alla verità che è, per definizione, un assoluto: bisognerebbe effettuare infinite misurazioni “esatte”, ovvero non sottoposte alle incertezze della statistica, secondo la teoria quantistica insinuantesi, in modo ineludibile, nel microscopico, cioè che riescano a cogliere la realtà nella sua essenza. Risolto l’infinitamente (energetico-impulsivamente) piccolo (“regno” della fisica quantistica) avremmo risolto anche l’infinitamente (energetico-impulsivamente) grande dove oggi “impera” la relatività einsteiniana. Con un altro ragionamento induttivo di altezze vertiginose, si potrebbe ipotizzare che, come nessun sistema di riferimento è privilegiato rispetto agli altri, così, più in generale, nessuna teoria è “più Appunti sulla relatività 15 vera” delle altre, e non esiste un modello culturale superiore a tutti: la cultura è, di per sé, umile e tollerante, essendo consapevole che la verità non è raggiungibile, e che quindi la propria visione è sempre parziale e provvisoria. Da questo “principio di limitatezza” dovrebbe quindi discendere una “teoria della relatività” ancora più generale, una meta-teoria, un principio epistemologico che si porrebbe al di sopra delle teorie scientifiche, e che dovrebbe guidare il metodo scientifico, l’indagine speculativa dell’uomo e la cultura tutta, “teoria” che arriverebbe ad includere, in maniera paradossale secondo la logica formale, anche se stessa. Mi pare di essere giunto a ciò che credo sia il cuore della filosofia (della scienza) contemporanea. Ripenso quindi all’“immutabilità” delle leggi relativistiche (“ovviamente” nell’assunzione che la percezione e quindi “coscienza dell’esterno” sia regolata dalle leggi fisiche): tutto questo “sentenziare” in assoluto, però, viene desunto da noi umani che non siamo eterni (almeno non nella realtà fenomenica della fisica che stiamo usando), il cui scorrere del tempo ha un inizio e, forse, una fine che, fatto questo più sostanziale, non è in grado di spiegarci il mistero della nostra esistenza e della vita cosciente. Ma il più straordinario principio relativistico resta quello sull’amore: «Ama il prossimo tuo come te stesso». L’amore è perfetto solo quando, in una completa “simmetria”, porta a confondere se stessi con l’altro (è l’amore nel quale siamo fusi tutti insieme, in cui “nessun riferimento è privilegiato”). Già la sola accettazione della limitatezza della velocità dei fenomeni fisici, i quali soli con la loro energia-quantità-di-moto possono portare informazione: della velocità di gruppo7 del campo elettromagneti7 Il limite della velocità di informazione è la velocità del campo elettromagnetico nel vuoto, “c”, velocità di fase nel vuoto (che però non porta informazione) e velocità di gruppo nel vuoto, la quale ultima porta informazione. Nonostante la velocità di gruppo nel vuoto sia uguale a “c”, il limite alla velocità di informazione viene dalla “produzione” dell’onda, ossia dalla “velocità” della sorgente (delle cariche 16 Appunti sulla relatività co (o di qualsiasi altro campo propagativo 8 e della velocità di ogni massa), dei fenomeni spaziotemporalmente limitati (gli unici “accessibili” a noi umani). Soltanto questo fatto, seguendo quindi ragionamenti ancora pre-einsteiniani, ha delle conseguenze drammatiche, perché separa le nostre realtà, ci allontana gli uni dagli altri facendoci notare che lo spazio/distanza si tramuta anche in ritardo, e stabilisce un limite per lo spazio che possiamo esplorare nella nostra vita9. Mi sembra ogni volta incredibile che quando vediamo un oggetto celeste molto lontano esso non è solo distante nello spazio, ma anche nel tempo (il termine “distante” ha da sempre avuto, nel linguaggio comune, la doppia accezione, spaziale e temporale, prova di un sentito legame dello spazio con il tempo, presagio di un vincolo limitante, della limitatezza delle velocità). Le “fantasmagoriche” telecomunicazioni, per via di questo limite delle velocità, sono destinate ad essere sempre comunicazioni con il passato10 (anzi, alla luce della relatività einsteiniana, con i passati “propri” degli altri), anche se ciò avviene “percettibilmente” solo per grandi distanze: non è possibile una “interattività” (interscambio (energetico) con trasmissione di informazione) in “tempo reale”, e quindi è anche impossibile che un evento abbia immediata influenza su di un altro lontano, quindi le nostre “realtà” non sono “condivisibili”, sono separate anche temporalmente. A ciò la relatività aggiunge un ulteriore effetto: l’“isolamento” si estende pure ai tempi e non ci permette nemmeno, di fatto, di condividere, con le persone lontane, nei nostri pensieri, il fluire di un tempo comune (non stiamo anelando alla “vicinanza” spaziale, fisica, dei nostri corpi, ci accontenteremmo anche solo della condivisione del tempo, dell’immaginare l’altro, anche se lontano, nel fare qualcosa con i nostri ritmi di vita mentre noi ne facciamo un’altra, o semplicemente di pensare l’altro vivere nel nostro elettromagnetiche che hanno, al contrario delle onde elettromagnetiche, inerzia (“massa elettromagnetica”)). Come anche le onde gravitazionali. Da un punto di vista fisico-matematico, si veda il cono di luce [cono per il caso particolare di spaziotempo piatto, ma generalizzabile a ogni spaziotempo] nella rappresentazione di Minkowski degli eventi, che con il suo vertice, laddove si trova ognuno di noi, ci dice drammaticamente che la nostra realtà [linea-universo] è separata dalle altre realtà (le quali, essendo spazialmente non coincidenti con noi, sono eventi di “tipo spazio”, che prima o poi si ripresentano come eventi di “tipo tempo”, ma ormai passati). 10 Si veda nota precedente: i punti-evento che ricevo come segnale oggi appartengono a quelli sul semicono di luce, del passato. Similmente dicasi per ciò che vogliamo trasmettere (l’altro semicono): sarà ricevuto dopo molto tempo che l’avremo inviato. 8 9 Appunti sulla relatività 17 stesso tempo; inoltre la realtà spaziotemporale della persona lontana perdippiù non può essere immaginata nemmeno mentalmente da me perché subisce pure una distorsione spaziale, per cui, nel complesso, dovrei immaginare i miei cari vivere in uno spaziotempo distorto, con la perdita del comune concetto di simultaneità [salvo che per fenomeni puntuali ortogonali alla velocità relativa, ossia insignificanti] che riguarda la connessione del tempo con lo spazio; si limitano solo a fare cose “sensate” perché il nesso di causalità viene sempre rispettato (che è il nesso logico che permette di indurre un andamento deterministico (del mondo macroscopico)). L’immaginazione infatti può superare, come visto sopra nel caso pre-relativistico, la velocità della luce, ossia la distanza, ma va in crisi quando tentiamo di sentirci vicini ad una persona cara che si muove al rallentatore solo lungo la direzione contratta del suo mondo spazialmente deformato. E’ il rallentamento temporale che ci angoscia, più che le concomitanti distorsioni spaziali che ne concausano la perdita della simultaneità, oppure le distorsioni delle velocità, perché ciò che ci interessa, soprattutto, è l’altro come singolo, meno il mondo intorno a lui.11 La nuova relatività ha decretato una 11 Un mio espediente per convincermi che le contrazioni/dilatazioni spaziali/temporali (al netto però delle distorsioni/anisotropie), così come i concetti della relatività, possano essere immaginabili, per ridare speranza all’immaginazione, è quello di pensare alla piacevole esperienza dei trenini (chissà se Einstein ne possedeva uno: allora sarebbe stato spinto a mano, ma la cosa non guasta all’esperimento immaginario): se ci si avvicina con un obiettivo di corta focale (l’occhio va bene, ancor più se è miope) o una minitelecamera, grazie all’effetto prospettico (nel caso della visione a occhio nudo con un aggiuntivo sforzo di immaginazione) si riesce a “entrare” in quel mondo in scala ridotta: il treno vi si trova immerso in maniera assolutamente realistica, e viaggia, rispetto a tutto il mondo che lo circonda (oggi è possibile che sia “pulsante” quando anche il resto del plastico è motorizzato) con le consuete velocità che si percepiscono su un treno “vero” [in questo nostro mondo]; se guardati invece da lontano, essi “subiscono” le contrazioni/dilatazioni spaziali/temporali e il rallentamento di velocità (anche senza che il plastico, ma all’incirca neanche il treno, abbiano una (alta) velocità o accelerazione rispetto a noi): il tempo “è” dilatato e il mondo rimpicciolito (anche se però in modo isotropo e quindi non solamente lungo la direzione della velocità relativa) [potrebbe non sembrare, ma nel mondo dei trenini è come se il tempo scorresse più lentamente: il treno a grandezza naturale e il suo mondo (l’equipaggio, per esempio) prima di essere rimpiccioliti devono rallentare la loro vita (tutto si deve muovere alla velocità del plastico) (e quindi la vita a bordo sembra scorrere, dall’esterno, più lentamente); oppure, viceversa, il trenino deve metterci molto più tempo per percorrere le stesse distanze di quello a grandezza naturale]. Non si tratta però di pura “finzione”, ma solo di una maldestra e rozza “esagerazione” delle trasformazioni relativistiche senza il rispetto dell’anisotropia: lo rivela uno sguardo “da fuori” del plastico: nell’assunzione di poter percepire i minimi effetti relativistici per via della bassissima velocità relativa (costante o variabile) di avvicinamento o di allontanamento del treno e in teoria dell’intero plastico mosso su ruote, in quelli però mancherebbero anche di sufficiente anisotropia sia spaziale che delle velocità rallentate, con insufficiente conseguente distorsione spaziotemporale (e quindi perdita della simultaneità). Si noti che per muovere il trenino da fuori, in accordo con la teoria einsteiniana, bastano pochi Watt perché esso va piano, ma se quelle contrazioni/dilatazioni non fossero solo “simulate amplificate”, avrebbe bisogno di potenze ancor più elevate di quello grande “vero” 18 Appunti sulla relatività forma di “isolamento” aggiuntiva, oltre alla distanza spaziale: l’impossibilità di vivere la stessa realtà quando siamo in movimento l’uno rispetto all’altro (ossia quando abbiamo stati energetici, dovuti alla velocità, differenti, e ciò sembra “logico”), ma questo vuol dire che anche se l’altro che si muove rispetto a me passa, per un attimo, spazialmente accanto a me, rimaniamo comunque in “mondi separati”. Per essere davvero vicini (nella stessa “realtà” [nello stesso spaziotempo]) non dobbiamo dunque solo essere spazialmente l’uno accanto all’altro, ma dobbiamo anche essere fermi l’uno rispetto all’altro: o lo siamo già, oppure dobbiamo rallentare, ovvero ci deve essere un cambiamento di velocità, un cambiamento energetico12 (sarà trattato dalla teoria generale), il quale può essere subìto (accorgendosi oppure no di una forza), ma può anche essere “volontario”, nel qual caso si deve esercitare, con “libero arbitrio”, una forza (verso l’esterno da noi). La mente dell’uomo ha, da sempre, concepito lo Spazio come una entità assoluta (decretandogli pertanto la prerogativa dell’“infinitezza”, ossia che non può essere collocata entro qualcos’altro al fine di definirne i limiti ovvero definirlo), (quello nella nostra realtà), ossia ancor più e sempre più, a seconda della sua velocità relativa, dei Megawatt che conosciamo nel nostro “mondo reale” (là infatti lo spazio, nella direzione di movimento, è “molto più denso”): la relatività non parla (solo) di trasformazioni cinematiche (che non sono fisica, ma “solo” immaginazione), ma della dinamica (e questa è la stessa in tutti i sistemi di riferimento). [A questo proposito, ho anche riconsiderato, con grande meraviglia, la mia osservazione che quando mi tolgo gli occhiali da miope vedo il mondo (sfocato) più grande del “normale”, con un conseguente restringimento del campo visivo (effetto amplificato dal fatto che lo vedevo più piccolo del “normale” con gli occhiali): questa mutata dimensione del mondo non è, di nuovo, un effetto relativistico (non è una trasformazione dello spaziotempo), ed è dunque “relegata”, dalla fisica, a semplice illusione dei sensi (la luce non è testimone dello sfuggente e sconosciuto spaziotempo che ha attraversato, ma è stata “piegata” “solo” spazialmente, dal conosciuto dielettrico (ovvero dalle lenti che possono cambiare le dimensioni degli oggetti sulla retina)): ma ce ne accorgiamo soltanto se ci togliamo gli occhiali, ossia se ci viene in mente di farlo, perché nulla ci può essere di indizio, quindi solamente se la nostra apertura mentale ci fa venire il sospetto che le lenti dei nostri occhiali possano impartire una curvatura (negativa) alla luce. Con gli occhiali da miope vediamo dunque le lunghezze “contratte”, con una conseguente illusione di “aumento” delle velocità poiché il tempo, in “assenza” di “effetti relativistici” così marcati, non si dilata altrettanto (le cose e gli altri, come constatiamo comunicando con loro o raggiungendoli, scorrono [circa] con il nostro stesso tempo); ma per noi questa “trasformazione puramente spaziale”, ancorché non realmente (ossia fisicamente) subita dagli oggetti/persone visti con gli occhiali, è sperimentata, e quindi “vissuta”, attraverso i nostri sensi (la vista)]. 12 Con “energetico” si intende sempre, qui come altrove, relativo all’energia-quantità-di-moto dato che ora entrambi indistintamente sono legati alla velocità. Appunti sulla relatività 19 Prima e dopo la relatività nulla quindi si può dire (scientificamente) sul Tempo e sullo Spazio intesi come entità assolute (così come sull’energia/quantità-di-moto), con una possibile origine (per il tempo) o “centro” per lo spazio (in nessun modo il Big Bang, con la conseguente creazione dello spazio e del tempo, può essere concepito/previsto dalla teoria della relatività einsteiniana, così come dalla fisica tutta, perché esso è un fenomeno che è fuori dello spaziotempo, quindi della fisica, che non può uscire da se stessa per spiegarne la creazione). Credo che la concezione dello spazio e del tempo come “entità infinite” sia un presupposto per le teorie della relatività (che decretano così i nostri limiti rispetto alla loro conoscenza), perché mi sembra intuitivo che solo in uno spazio-tempo con le prerogative dell’“infinitezza” [“nel grande” o “nel piccolo” (continuità), sia quello uniforme di Galileo che quello con un tessuto deformato/bile della relatività ristretta, che quello infinitesimamente variegato dalla curvatura della relatività generale] sia impossibile stabilire un riferimento per spazio e tempo, perché il riferimento svanirebbe nell’infinità di ciò che si dovrebbe a lui riferire; l’“infinitezza”, con la sua straordinaria prerogativa dell’irraggiungibilità, possiede la caratteristica esclusiva di non concedere elementi per orientarsi. Nelle teoria pre-relativistiche, lo Spazio è indipendente dal Tempo e dall’energia (ragionamenti analoghi valgono per il Tempo). [Questa concezione/intuizione deriva e viene corroborata dalla nostra esperienza sensoriale nei confronti di oggetti che si muovono a basse velocità (rispetto a quella della luce) per i quali tutti spazio e tempo sono costanti e quindi indipendenti] Dal punto di vista concettuale, lo si è, e si può ancora (nella teoria ristretta), misurare, da un punto di vista fisico, analizzandolo in un preciso istante temporale13; ma non si può più fare un’analisi “statica”, ossia valida per tutto lo spazio (per ogni oggetto in moto uniforme con 13 Nella teoria ristretta la interrelazione di tempo e spazio (che non dipendono dal tempo passato) dalla velocità relativa (delta-energia-quantità-di-moto) che andiamo scoprendo guardandoci intorno; nella relatività generale invece dipenderanno, in maniera indiretta, dall’evoluzione della disposizione totale della massa/energia/ quantità-di-moto dell’Universo, quindi, in questo caso, lo spazio-tempo ha un’influenza relativa su se stesso per tramite della massa/energia/quantità-di-moto. 20 Appunti sulla relatività qualsivoglia velocità14) [coerentemente con il fatto che lo “spazio” è in realtà solo delta-spazio, lunghezza], ovvero lo spazio non è più una variabile matematica indipendente (e quindi invariabile), perché tale misura/analisi spaziale ha ora validità solo più locale (lo spazio ha una sua “densità” variabile). Similmente dicasi per il tempo. L’evoluzione dei fenomeni (il divenire dell’Universo, ossia della sua grande energia-quantità-di-moto & dello spaziotempo nel quale scorre la vita) per la fisica comprende anche l’incessante procedere della nostra vita) risponde solo più all’interrelazione tra spazio e tempo (allo spaziotempo). Passando alla velocità (“della luce”) che li lega (rapporto tra (delta-)spazio e (delta-)tempo), essa non poteva che essere, nella teoria ristretta, “assolutizzata” “infinitizzandola” (una velocità irraggiungibile, infinita o finita, in questo caso “normalizzata” in modo da portare l’infinito “vicino” a noi, a “c”, un “infinito” misurabile, “raggiunto”: “orrore” per i matematici), ossia facendola così diventare una costante (nel “vuoto”, dove raggiunge il valor massimo) cosicché essa non diventasse un appiglio/riferimento per le velocità stesse (l’ha resa uguale per tutti), era l’unico legame possibile perché delta-spazio e delta-tempo diventassero relativi (non più categorie definibili separatamente in modo assoluto, perché interconnesse da una velocità della luce che non è raggiungibile), svincolati dall’irrigidimento dell’etere, potenzialmente “elastici”. Nella teoria generale questa “assolutezza” diventerà solo più locale quindi cesserà di esserlo15 (“noi stessi” lo siamo in isolamento, in qualsiasi spaziotempo, ma se guardiamo fuori di noi ci accorgiamo di vivere a ritmi diversi). L’aspetto più rivoluzionario della relatività einsteiniana è stato proprio quello di aver accettato le estreme conseguenze del postulato sulla velocità della luce, quelle che portano alla relativizzazione di spazio e tempo, e questo avvenne indipendentemente dall’esattezza o meno delle trasformazioni di Lorentz. La relatività galileiana [che con Newton prende in conto la varietà massica dell’Universo a noi esterno] è solo più applicabile ad un Uni14 Si veda in particolare il concetto di equilibrio che in fisica pre-relativistica si riferisce in generale a sistemi inerziali con velocità qualsiasi. 15 Si vedano i sistemi di riferimenti “non sincroni” più avanti Appunti sulla relatività 21 verso “immobile” (o approssimazione per gli “oggetti” con velocità, rispetto a noi, estremamente basse (in confronto a quella della luce), ossia per un Universo a bassa energia [cinetica]). Poiché lo spazio è velocità (quella del campo elettromagnetico) nel tempo, e il tempo è spazio che evolve secondo una certa velocità, per misurare il “tempo”, ovvero una durata/intervallo (delta-tempo), o lo “spazio”, ovvero una lunghezza (delta-spazio) adesso si deve usare la velocità (costante) del campo elettromagnetico nel vuoto unitamente all’altra coordinata; per esempio, per misurare una distanza, si può usare il numero di lunghezze d’onda di un fenomeno periodico, come un’oscillazione atomica (che viaggia alla velocità c nel vuoto). Si fa “uso” nella “realtà” di una geometria non-euclidea: l’energia determina la geometria stessa: lo spazio ed il tempo non sono più variabili geometriche, ma fisiche, create dalla concretezza dell’energia[-quantità-di-moto], da cui non possono essere scisse, senza la quale non esisterebbero nemmeno16 (la geometria perde l’aura ideale che ha nella matematica), in linea con la visione energetico/quantità-di-moto[-materialistica] [monadistica] che sorregge la teoria einsteiniana e la fisica tutta17, la quale necessariamente tratta solo di ciò che è concretamente esperibile (da noi umani) attraverso la misura (informazione che può arrivarci dall’energia luminosa che arriva o è inviata da noi), ovvero l’interazione (energetica), che è quella che definisce delta-spazio ciò che è a noi visibile (ossia “accessibile” attraverso le misurazioni fisiche, ed in ultima istanza per mezzo della vista) durante lo scorrere di un certo lasso di tempo; a ciò si può aggiungere una ipotetica ”espe16 Le masse sono energia «di riposo» [viste localmente] oppure, più in generale, contribuiscono all’energia cinetica se viste dall’esterno, le quali creano lo spazio (si veda più sopra la definizione di lunghezza per mezzo dell’analisi in un preciso istante temporale) [che la massa fosse energia non lo si poteva vedere dalla teoria maxwelliana che riguarda solo le cariche e non le masse – indirettamente tramite l’inerzia della carica si poteva vedere una correlazione tra energia (del campo) e massa – nemmeno attraverso l’elettrodinamica. Lo si poteva intuire invece dalla dinamica pura notando che l’energia cinetica è proporzionale alla massa]; il tempo lo si era già «intuito» prima della relatività che fosse legato all’[energia-]quantità-di-moto: senza movimento [delle masse] o variazione dell’energia[-quantità-di-moto] non si può concepire il tempo. Si veda dopo come nella teoria generale lo spaziotempo sia generato dall’energia-quantità-di-moto e dall’influenza su se stessa di essa. 17 L’esistere è energia-quantità-di-moto, anzi è l’evoluzione (la velocità) nello spazio-tempo dell’energiaquantità-di-moto. 22 Appunti sulla relatività rienza” “di persona” in quel punto-Universo, a maggior ragione di tipo interattivo/energetico [paradossalmente questa misura/”esperienza” si scontra contro la nostra esperienza quotidiana che come visto ha a che fare con velocità molto inferiori a c da cui lo sconcerto per le “scoperte” “anti-intuitive” einsteiniane (durate temporali e lunghezze non definibili in senso assoluto, perché variabili in funzione della velocità relativa tra i sistemi di riferimento. le sconvolgenti trasformazioni/distorsioni spazio-temporali (dilatazioni temporali/contrazioni spaziali in una direzione) e la conseguente relatività della simultaneità, così come le velocità rallentate in modo anisotropo del mondo pulsante intorno a chi si muove rispetto a me)]. Stabilendo (nei limiti del fragile “determinismo” delle inferenze che partono da un instabile substrato statistico) che la massima velocità dell’informazione, e quindi la “velocità della conoscenza” (e quindi le velocità tout court), è limitata, essa conclude che anche la “velocità dell’esperienza/della scoperta”, ossia lo spazio, è funzione del tempo perché in un certo tempo possiamo esplorarne solo una quantità finita. Il resto, ciò che non passa attraverso l’energia, non è spaziotempo18 e quindi non è spazio, non è tempo, non è fisica, ma pura matematica, è il non-spazio-e-non-tempo, il non-energia, il “vuoto”/“nulla”, che non è fisica perché non possiamo interagire con esso. E’ immaginazione, empatia, fiducia incondizionata in chi si ama e che non sentiamo più, sono i sentimenti, le sensazioni, di cui potremo sì avere conferma, descrizione, spiegazione fisica, ma nulla che abbia a che vedere con la loro vera natura. (L’azione a distanza della fisica quantistica forse può assomigliare alla “sensazione” che però torna relativistica, cioè limitata a “c”, quando si concretizza nella misura). 18 Si veda come nella relatività generale lo spaziotempo sia più profondamente in relazione con l’energiaquantità-di-moto: l’energia-quantità-di-moto non è più solo interazione/informazione che “determina” (in modo relativo) lo spaziotempo locale, ma, attraverso la densità [spaziale] di energia-quantità di moto, Tmn , “determina” (in modo relativo) l’intero spaziotempo dell’universo che non è “vuoto”. .. Appunti sulla relatività 23 Abbiamo scoperto una natura più subdola, perché il valore finito, “tangibile”, “c”, se considerato al di fuori della normalizzazione relativistica, alimenta la tentazione che non ci sia un limite per le nostre velocità, quando invece nella realtà possiamo solo avvicinarlo e mai raggiungerlo: le velocità dei corpi materiali (delle “masse”), se anche scoperte essere vicine al limite teorico, non lo raggiungeranno comunque mai. L’energia & quantità-di-moto di “puro movimento19” della luce (del campo elettromagnetico) viaggia (nel “vuoto”20) alla velocità della luce - il fotone, quanto21 di energia-quantità-di-moto, non ha “massa a riposo”(=energia potenziale), quindi, come le onde elettromagnetiche, non esiste se non si muove, e si può solo muovere alla velocità costante (in modulo) “c” (nel vuoto), con la sua energia (e il modulo della quantità di moto) che dipende dalla frequenza22. Tuttavia, le onde 19 Le due alla velocità della luce sembrano diventare indipendenti, separarsi. 20 Nello spaziotempo, che però è definito dalla energia-quantità-di-moto. 21 Il fotone obbedisce alla relatività, ma è inspiegabile per la relatività: dovrà rispondere anche alla fisica quantistica quindi da ultimo alla teoria quantistico-relativistica. 22 Con energia (e modulo della quantità di moto) data, se l’onda ha frequenza elevata (quindi ha potenza elevata), essa è “suddivisibile” (discretizzabile) in quanti (fotoni) di energia-modulo-quantità-di-moto più grandi. A seguito di interazione con delle cariche, le cariche devono assorbire ed emettere istantaneamente uno o più fotoni (o parte dell’onda elettromagnetica) perché essi non possono accelerare o rallentare longitudinalmente (ciò avviene anche durante una riflessione (ideale) nella quale, conservandosi idealmente l’energia (e il modulo-quantità-di-moto) ed essendoci una variazione della sola direzione della quantità di moto (e della direzione della pressione di radiazione) (inversione delle loro componenti lungo l’ortogonale all’interfaccia), i fotoni riflessi (o anche riemessi?), con la stessa energia (quindi stessa frequenza e dunque lunghezza d’onda) di quelli incidenti hanno subìto una ideale forza infinita, “istantanea” e “superficiale” (l’interfaccia è idealmente perfettamente “rigida”, senza quindi che le sue cariche abbiano subito una variazione di velocità, quindi con inerzia (energia-quantità-di-moto) infinita, che ne ha invertito il verso della componente lungo l’ortogonale all’interfaccia della pressione di radiazione e della quantità di moto). Il legame tra velocità e variazione di energia-quantità-di-moto delle onde (e delle cariche) avviene attraverso la frequenza (o meglio, per usare un invariante, la lunghezza d’onda) a livello delle cariche che hanno una “inerzia” (termine usato per legare l’energia/modulo-della-quantità-di-moto alla velocità, quindi in sostanza legabile direttamente alla sola energia). 24 Appunti sulla relatività elettromagnetiche hanno soltanto funzione di trasferimento23 24 dell’evoluzione spaziotemporale dell’energia-quantità-di-moto della sorgente di cariche, le quali hanno massa (elettromagnetica) a riposo (da cui sempre velocità < c) e quindi generano/ricevono un’onda che può solo avere lunghezza d’onda non-nulla. Vi è un caso non-fisico che viene considerato o che spesso viene usato, concettualmente in modo improprio, come semplificazione: il 23 In un “mezzo” continuo (da intendersi come “mezzo” per trasportare energia-quantità-di-moto, in relatività non più mezzo ma essendo parte del flusso stesso), e lo spaziotempo lo è per antonomasia (nel quale i fenomeni sono sempre propagativi) e con velocità in esso sono limitate, Maxwell aveva generalizzato i principii della quantità di moto e dell’energia includendovi i termini relativi alle variazioni spaziali, ossia la pressione di radiazione (che “prende le veci” della variazione di densità di energia nello spazio, e il flusso di energia che “prende le veci” della densità di quantità di moto): la forza (di Lorentz), oltre a variare temporalmente la quantità di moto, nel mentre viene trasportata dall’onda. Questo delta spaziale di pressione di radiazione è sempre, equivalentemente, densità spaziale di energia, similmente per il termine spaziale nel principio dell’energia, ossia la potenza varia spazialmente il flusso globale di energia oltreché variare, come nella fisica particellare discontinua di Newton, l’energia nel tempo [una parte della forza delle cariche cambia la quantità di moto nel tempo dell’onda, ma la restante parte, in quel delta tempo, va a cambiare la pressione di radiazione che avanza alla velocità “c” (nel vuoto) e dunque ha lunghezza d’onda l conseguente (cambia con la stessa lunghezza d’onda il flusso di energia)] [Tutto si deve tradurre in energia-quantità-dimoto, delle cariche o delle onde]. Einstein ha preso i due principii e con la forma tensoriale ha, come sempre, reso variabile lo spaziotempo. Noto che Tmn, eltm non contiene velocità (solo e e h) mentre la densità di corrente delle cariche, i, contiene la velocità (meglio sempre riferita a “c” (v/c)). 24 La relatività, oltre ad aver finalmente e meravigliosamente gettato luce sull’ermetico elettromagnetismo (spiegando l’apparizione del misterioso “campo magnetico” quando la carica si muove anche solo a velocità costante in modulo [caso teorico]), ha anche “spiegato” l’arcano della propagazione delle onde nel vuoto (elettromagnetiche ma anche gravitazionali e forse anche dovute a forza debole e forte) [si noti che per le onde non-gravitazionali si parla di accelerazione “esterna” allo spaziotempo (relativamente a quella gravitazionale dello spaziotempo) dovuta a interazioni (forze [densità di forza-potenza]); per le onde gravitazionali invece è la variazione di curvatura nel tempo a provocare la sua propagazione, quindi le accelerazioni sono “interne” allo spaziotempo, anche se la generazione è dovuta sempre alle interazioni degli altri campi]: la modificazione dello spaziotempo a seguito di un cambiamento nel tempo della velocità in modulo (non in direzione perché, per l’isotropia dello spazio, un cambiamento di direzione non provoca l’“arricciamento “ dello spaziotempo, ossia una variazione di “densità spaziotemporale” (di g mn) (si pensi alla trasformazione di Lorentz applicata a se stessa nel tempo), il quale nel tempo si “somma” a se stesso provocando la propagazione ondosa (ossia della “densità spaziotemporale”) nello spaziotempo), ossia quando si manifesta l’inerzia che è legata solo alla variazione di energia ([-modulo-quantità-di-moto]) nel tempo e non a quella della sola quantità di moto (una forza centripeta, è vero, può cambiare, come rapporto, di ben poco la direzione di una velocità elevata, ma il cambiamento assoluto è proporzionale all’intensità di tale forza centripeta, quindi il cambiamento della sola quantità di moto (direzione) non presenta inerzia [una carica che curva accelerando tangenzialmente emette istantaneamente onde in direzioni “rettilinee” che cambiano direzione come la carica]) [Si veda la spira di corrente che non irradia se la corrente è costante (continua = frequenza zero); il ciclotrone/sincrotrone irradiano perché la velocità in modulo delle particelle varia]. Il legame tra inerzia e energia (e di conseguenza con solo il modulo della quantità di moto) può essere evidenziato considerando che il campo elettromagnetico (che nella realtà fisica può essere sempre solo propagativo) ha quantità di moto sempre parallela al flusso di energia, cosa che lo stesso Einstein mette in evidenza [A. Einstein, The Meaning of Relativity, 1922-1956, pagina 56 nell’edizione italiana della Newton Compton] anche se egli è poco chiaro: questo legame nell’onda è lo stesso che avviene a livello della sorgente carica (o dell’interazione con le cariche), laddove solo si può parlare di inerzia perché solo a livello Appunti sulla relatività 25 campo statico (non-propagativo)25. Esso è un caso particolare (con frequenza sinusoidale/periodo uguale a zero26 e lunghezza d’onda infinita) del campo elettromagnetico sinusoidale/periodico, anch’esso non fisicamente possibile27 (“formato” da uno o più fotoni con la stessa energia & quantità-di-moto, o da fotoni con infinite frequenze discrete): esso esiste solo nel dominio delle frequenze 28; nell’interazione con la materia l’“inerzia” non può apparire perché quest’onda non appardella “natura spaziotemporale” delle cariche (che hanno energia-potenziale/massa-a-riposo) si ha un variazione nel tempo della velocità delle stesse (una accelerazione (longitudinale)) (le onde (come i fotoni) viaggiano (nel vuoto) sempre alla stessa velocità “c”) (vedi per esempio la riflessione o l’assorbimento nelle quali [ovviamente obbedendo ai bilanci/principii dell’energia e della quantità-di-moto] le cariche subiscono/forniscono una forza-potenza alla radiazione [nel caso della riflessione idealmente “rigida” la forza-potenza delle cariche (e quindi la loro energia-quantità-di-moto] è infinita in modo da cambiare la direzione della quantità di moto (e la pressione di radiazione) (ossia solo le loro direzioni attraverso l’inversione dei loro versi lungo l’ortogonale all’interfaccia) in tempo zero e in spazio zero [all’interfaccia] ossia quando la “natura extra-temporale” delle onde/fotoni (non dinamica, “non inerziale”, slegata dalla massa a riposo (energia potenziale), legata ad un’energia[-modulo quantità di moto] costante) (noi non possiamo trasformarci in luce: senza saperlo (quindi senza che le nostre cariche elettriche emettano onde/fotoni), possiamo essere accelerati da un enorme campo gravitazionale, vicino a un buco nero, fino a velocità vicine a (ma minori di) quella della luce e le nostre masse a riposo, elettromagnetica e forte-debole, si ridurrebbero (per il principio di conservazione dell’energia-quantità-di-moto), ma non potrebbero annullarsi [tuttavia l’antimateria e le cariche opposte possono annichilirsi e produrre solo fotoni o altre particelle a velocità “c” (e viceversa si può creare inerzia dalla collisione di energia (fotoni), ecc.) (sono fenomeni particellari ovvero quantistici!) ] Le onde elettromagnetiche (i fotoni) non avendo inerzia (ossia carica elettrica) non possono essere sorgenti di altre onde [nonostante la loro assenza di carica (coerente con l’assenza di massa a riposo), interagiscono solo con le cariche [quindi le onde elettromagnetiche non interagiscono con se stesse] che sembrano in un mondo a parte rispetto alle altre energie-quantità-di-moto (provocando in ogni caso come le altre curvatura spaziotemporale perché il campo gravitazionale è generato da tutte le “forme di energia”), quindi sono un’energia di “tipo diverso” da quella debole e forte (il suo T mn deve chiamarsi: Tmn, eltm) lasciando un problema epistemologico nella fisica, di unificazione]. Si noti invece che la collisione di fotoni può dar nascita a particelle con massa (a riposo), a conferma della relazione tra la pura energia di movimento e la massa/energia a riposo. Solo lo spaziotempo può “spiegare” la propagazione ondosa nel vuoto. A proposito ancora della frase di Einstein sopra citata: il fatto che i due vettori densità di quantità di moto e flusso di energia siano la stessa cosa, rende più semplice la trattazione del campo elettromagnetico che ho trovato complessa e nella quale mai, quando studiavo, si citava la quantità di moto ma solo l’energia. 25 La densità di carica (le particelle cariche) può avere velocità, in modulo, costante (o nulla) solo idealmente (campo elettromagnetico non propagativo) [come nella relatività ristretta è solo cinematica (nessuna accelerazione) (il filo infinitamente percorso da corrente continua è una cosa non fisicamente realizzabile nella realtà spaziotemporale)], mentre fisicamente deve avere (prima e poi) una velocità variabile in modulo (accelerazione lineare) (campo propagativo). Il tensore Tmn, eltm indica la densità di energia-quantità-di-moto dell’onda elettromagnetica nel punto evento considerato, in genere fuori dalle cariche perché nelle cariche elettriche il campo non è definibile (come lo stesso Einstein dice, senza aggiungere che questo è un tarlo che mina la teoria della relatività) (la teoria quantistica, con buona sorte per lui, sancirà che non è conoscibile). Invece nel caso statico T ms, eltm contiene direttamente la densità statica delle cariche sorgenti (e tuttalpiù la densità statica di quantità di moto delle cariche in movimento “non-rettilineo” a velocità costante (gli elettroni non hanno spin)), ma senza variazione ondosa (come avviene in T ms, campo-forte e campo-debole nel caso del campo centrale statico del Sole, vedi Nota 78). 26 A frequenza zero i fotoni non esistono. 26 Appunti sulla relatività tiene al dominio spaziotemporale della realtà fisica (ed in effetti non è possibile nemmeno l’interazione), essendo la sua velocità e la sua energia-quantità-di-moto costanti/periodici (se tutto (Tmn nello spaziotempo) è sempre uguale (più in generale, essendo tutto in movimento, periodico) allora spazio e tempo (a mezzo della velocità che è lei periodica) non hanno ragione di esistere [e in questi casi è come se non esistessero] perché non danno informazione/coscienza/logica29); l’“inerzia”30 si può manifestare a seguito dell’interazione con le cariche quando essa porta informazione (nelle telecomunicazioni) (quando quindi “c” torna ad essere limite irraggiungibile31), ossia quando l’onda si trova nella variabilità dello spaziotempo e l’interazione è effettivamente possibile, nel qual caso essa non è sinusoidale/periodica 32 27 Non accessibile/esperibile a noi umani. 28 La fase di un’onda sinusoidale non è infatti misurabile perché la trasformerei in un’onda non più sinusoidale. L’informazione è legata a una variazione temporale [o spaziale] (più in generale a una non-periodicità temporale [e/o spaziale]), come lo sono la memoria e l’inferenza logica. 29 Spazio e tempo sono quindi “categorie” per avere coscienza riguardo Tmn. 30 L’inerzia è sempre legata, come nella fisica pre-relativistica, all’entità dell’energia o del modulo della quantità di moto per variare se stessi attraverso una variazione della velocità, ossia di qualcosa di possibilmente percepibile (se non è periodico) nello spaziotempo; essendo la velocità, in questo caso particolare del campo propagativo (di trasferimento), costante in modulo, la variazione dell’energia e del modulo della quantità di moto sono legate direttamente e ovviamente solo a se stesse, ma vengono trasferite alle velocità non appena il campo interagisce con delle cariche. Nelle righe seguenti si veda come uno spettro di Fourier che diventa continuo voglia dire che il segnale ha una variazione di ampiezza, e quindi di energia-modulo-della-quantità-di-moto, non periodica (e quindi porta informazione) (si veda A. Paolini Probabilità, informazione, autocoscienza su: www.mathforlife.net oppure su: www.archive.org)). Abbiamo visto che la fisica ha interesse solo alla variazione di energia-quantità-di-moto, variazione che è si esplica nello spaziotempo e quindi è connessa alla velocità (a una sua variazione). L’analisi di Fourier viene applicata all’energia e alla quantità di moto (separatamente: ci vorrebbe un’analisi di Fourier applicata al tensore Tms,), tramite trasformate nel tempo e nello spazio, ossia tempo e spazio sono dominii concettualmente separati usati nell’analisi di Fourier [per cui si potrebbe pensare ad un dominio delle velocità], come lo sono nell’analisi differenziale generalizzata usata in relatività (in particolare non si può trascendere dal tempo per un’analisi di qualsiasi grandezza (velocità, energia, quantità di moto) perché senza il tempo non sembra ci possa essere comparazione e quindi informazione e logica 31 Quando la velocità di fase viene a trasformarsi in velocità di gruppo. 32 Essendo le onde elettromagnetiche (e il fotone quindi) portatori di energia-quantità-di-moto (come qualsiasi fenomeno fisico, altrimenti non esisterebbero), esse hanno ovviamente (si veda la relatività generale) un “effetto gravitazionale” ossia la capacità di curvare lo spaziotempo (oltre che, reciprocamente, di esserne curvate: nel loro caso solo la quantità di moto (la loro direzione di propagazione: vedi deflessione luce stellare da parte del Sole) varia, seguendo l’effetto globale della curvatura che hanno trovato (geodetica, ossia traiettoria più breve secondo principio variazionale sulle forze non-apparenti che devierebbero la traiettoria (principio di equivalenza einsteiniano), il quale rispetta il principio di conservazione energiaquantità-di-moto) più quello della variazione che loro stesse hanno provocato): l’onda (o il gruppo di fotoni) quando sopraggiunge alla velocità della luce in una regione spaziotemporale ne apporta una variazione di curvatura (alle sue lunghezze d’onda determinate dalla sorgente) proporzionalmente alla sua energiaquantità-di-moto (Tms, eltm) - capacità “esplicata” però “effettivamente” (fisicamente, esperibile da noi umani) se la sua energia-quantità-di-moto varia e in un modo non è periodico nello spaziotempo, ovvero quando essa porta informazione [la cinematica ovviamente non porta informazione perché in essa non c’è neanche Appunti sulla relatività 27 ma composta da frequenze “continue”, ossia con i fotoni che cominciano a cambiare frequenza33 (conseguenza del fatto che le cariche elettriche cominciano la loro vibrazione portante informazione, quindi a cambiare della medesima entità frequenza di oscillazione), momento in cui le cariche elettriche sorgenti mostrano inerzia (“massa elettromagnetica”): la velocità di gruppo nel vuoto è sempre uguale a “c”, ma è impossibile generare la modulazione alla velocità della luce (ossia con lunghezza d’onda nulla34) e i ritardi in trasmissione e ricezione non possono essere annullati ossia ridotti a lunghezza d’onda nulla, per via di nuovo delle inerzie elettromagnetiche. Già nella fisica preeinsteiniana era inconcepibile supporre di muoversi (ma anche di scambiare informazione) con una velocità che fosse infinita, nella fisica relativistica diventa assurdo ipotizzare di raggiungere velocità pari a c. Questa eventualità acquisirebbe poi una valenza straordinaria e una forte dimensione immaginativa perché non significherebbe semplicemente esaudire anche il “sogno” (comune alla fisica pre-relativistica, ma nella quale risultava formalmente impossibile, vista la velocità (assoluta) già infinita) di rallentare o fermare il tempo (quello “esterno” a noi, ossia l’evoluzione delle cose che si muovono rispetto a noi, ma di fatto il “tempo” perché la fisica non distingue tra tempo esterno e tempo nostro interno, non potendo noi isolarci, sempre secondo la fisica, dall’esperienza dell’esterno da noi [da cui segue che anche noi saremmo fisica]), o addirittura ci si potrebbe spingere oltre, pensare che il postulato di costanza della velocità massima (per me/ dei-fenomeni o per l’informazione) si possa violare in qualche regione spaziotemporale (e quindi si possa in quella regione superare c, in un verso o nell’altro, perché potrebbe esistere anche un’altra realtà, “suvariazione], cosa che avviene sempre nella realtà fisica, nella quale essa non può essere sinusoidale/periodica: un’onda sinusoidale (o più in generale periodica) porta ad accelerazioni quindi varia la curvatura spaziotemporale (siamo nella dinamica), ma in modo periodico/costante in tutto l’Universo, quindi non è un “reale” cambiamento di curvatura nello spaziotempo (si potrebbe dire: ancora di tipo “cinematico”) e non porta informazione (si veda A. Paolini Probabilità, informazione, autocoscienza su: www.mathforlife.net oppure su: www.archive.org)) (vedi Nota 61 e Nota 78) 33 E l’intensità dell’onda varia, ossia varia la sua energia-quantità-di-moto. In generale: noi viviamo nel “transitorio” dei fenomeni, non nel “a regime”. 34 Esempio particolare: su un filo rettilineo si dovrebbero accelerate tangenzialmente le cariche in modo progressivo fino a farle raggiungere la velocità della luce, utilizzando una fonte elettromagnetica di energia, 28 Appunti sulla relatività perluminale”35) con il risultato pazzesco di tornare indietro nel tempo lì o di vedere una sua inversione temporale “da lontano”; la cosa è vietata dal postulato della costanza di c ma anche con un postulato “ad hoc”, il “principio di causalità”, cardine della logica classica36 perché alla base del principio di non-contraddizione, che fa diventare c la massima velocità di informazione, il solo principio possibile coerente con la concatenazione logica della fisica/razionalità/”coscienza” e quindi della relatività stessa, della sua “spiegazione”/previsione del fluire della natura; inoltre (e di conseguenza) il carattere finito di c determina una velocità finita (e non-maggiore di quella della percezione/ coscienza-prima-del-fare37) della catena in serie causa-effetto/causaeffetto/causa, ecc.38, un ordine del tempo39, un ordine delle cose, per cui non posso fare una cosa in parallelo prima che sia finita la sua causa: è la “calma”/posatezza/assennatezza della logica40: se l’ordine delle cose è sovvertito si è fuori dalla logica41), il quale evita l’effetto “moviola” che porterebbe a due conseguenze: conservando nel microscopico il principio di causalità che è deterministico, la violazione del secondo principio della termodinamica (principio di massima entropia) con la sua limitante casualità (il dannato disordine) che potrebbe e di potenza, infinite (e avendo un filo di lunghezza infinita). 35 Passando per c alla quale il tempo “si ferma” ovvero cessa di esistere (e quindi forse anche la coscienza). 36 Quella non-fuzzy che invece non decreta con la limitatezza umana una separazione netta e che quindi non stabilisce una verità (e quindi nemmeno che si dica una falsità/bugia). 37 Analizzando dal punto di vista [“tecnico”] della nostra volontà, c’è un tempo di reazione non nullo per tutte le nostre azioni, che non possono andare più veloci del nostro pensiero (si veda anche Nota 14). Si lascia spazio per l’esistenza del libero arbitrio (ossia della coscienza prima di compiere un gesto). Questa “imposssibile” (da percepire) influenza del parallelismo dello spazio [ipotizzato potenzialmente dalla fisica quantistica], decreta un ordine di complessità della realtà (e delle nostre azioni coscienti, la nostra coscienza è “in serie”, segue/determina l’ordine decretato dal tempo, tempo che è quell’entità che ordina lo spazio) che passa attraverso l’imbuto temporale e non coinvolge, in un determinato istante, tutto lo Spazio. 38 Mi viene in mente, in modo faceto, il ritornello di una pubblicità di quando ero piccolo: « Cimabue, Cimabue, fai una cosa e ne sbagli due! » che mi ha sempre sorpreso per la sua geniale assurdità. Noto adesso che è perché rompe la consequenzialità causa-effetto. 39 La catena logica è strettamente connessa ad una catena temporale (causa-effetto sono possibili solo se si ha un ritardo, ossia se la velocità dell’informazione è finita), quindi coscienza e tempo sono strettamente connessi (ammesso sempre che ci sia “feedback su se stessi”, cosa che avviene sempre perché almeno legata alla misura stessa, quindi il ritardo dell’auto-feedback (“positivo” o “negativo”) (la “coscienza” che ritarda e genera il tempo) dà una risposta “non-lineare” del “sistema umano” con una larghezza di banda ancora più stretta) [[si veda la cavità laser che porta ad una luce coerente]], si veda: A. Paolini Probabilità, informazione, autocoscienza su: www.mathforlife.net oppure su: www.archive.org. 40 « Dare tempo al tempo » può essere qui applicato con un significato un po’ diverso. 41 Si veda: A. Paolini, cit., per la (teoria) della decisione su quale priorità dare alle intenzioni (teoricamente) “in parallelo” e sulla memoria necessaria a non bloccarsi nelle decisioni. Appunti sulla relatività 29 essere sovvertita, ammesso che il microscopico si possa conoscere, solo illusione nella relatività perché si ammette nel contempo il continuum quindi le infinite variabili di stato (con un risultato non molto dissimile nella conseguenza finale, l’ipotesi quantistica squassa invece il principio di causalità nella misura in cui vieta quel conoscere nell’infinitesimo la variabile di stato di una singola infinitesima parte) [paradossalmente con la violazione del secondo principio si “capirebbe” il “microscopico”, ma diventerebbe un “casino” il “macroscopico”], la seconda, legata alla prima, è che si potrebbe sbloccare l’irreversibilità delle nostre scelte [macroscopiche] nell’ipotesi di “libero arbitrio”, la qual cosa decreterebbe anche il crollo di tutta la logica (a meno di avere più mondi in parallelo e la perdita della razionalità/coscienza) Con la nascita della relatività scoppia così il filone fantascientifico che si occupa dei viaggi (spazio-)temporali, non solo indietro nel tempo (la “macchina del tempo” o i “tunnel spazio-temporali”), ma anche, nel nuovo Universo frammentato della relatività, nei mondi (spazio-)temporalmente lontani da noi; rimanendo più prudentemente confinati nell’ambito scientifico, all’interno della nuova teoria ci si è lanciati in una smaniosa ricerca di un “escamotage” che, “senza violarla”, permettesse di oltrepassare i limiti spaziotemporali che essa ci “impone”. Dal punto di vista epistemologico, è un tentativo, questo, ridicolo e sciocco (e che muove a compassione), perché la relatività è una teoria limitante, fondata su presupposti che hanno ripercussioni ancor più “limitanti” di quelli della fisica precedente. La relatività ribadisce quell’agghiacciante “mai più” cui nessuno di noi vuole arrendersi. Rimanendo nell’ambito della fisica pre-einsteiniana, la reversibilità è possibile, a livello macroscopico (in modo approssimativo) in sistemi circoscritti che emulano (semplificano), attraverso una minore e semplificata distribuzione energetica, una realtà energeticamente molto più complessa (per esempio, un film: pochi grammi di supporto fisico che, proiettati all’indietro, possono illudere la vista che tutta la complessità energetica della realtà sia stata invertita). 30 Appunti sulla relatività La nostra memoria, i nostri ricordi, sono una “insensata” (la vita è insensata per la fisica) rivalsa nei confronti del verdetto “irreversibile” della fisica moderna (che è fisica statistica, a cominciare da quella prerelativistica). Inspiegabile è anche, per la relatività, l’“amplificazione dell’attimo” che avviene quanto più intensamente riusciamo, con un inconscio slancio dell’animo, a vivere il momento42. Con la relatività si può perfino trovare una “spiegazione” per quell’“infinitesimo”, drammatico ritardo tra la percezione di vivere ed il vivere stesso, intimo ritardo in cui però la fisica non riuscirà mai ad addentrarsi (è forse la nostra coscienza43). Nacque allora forte in me l’impellente desiderio di capire se anche la relatività generale, di cui avevo solo una conoscenza superficiale (viene infatti spesso preferito trattare, confidando in una sua capacità euristica, soltanto la sua versione “speciale”) confermasse il “mio principio”. Con questo intento mi gettai con avidità nell’analisi degli tanto sconosciuti, quanto eccitanti, postulati della relatività generale; per l’occasione ripresi un libro di livello specialistico che mi ero fotocopiato e che tenevo nella massima considerazione con magnifico rispetto, del quale avevo analizzato solo la prima parte dedicata alla relatività ristretta. Solo allora mi resi conto che la relatività ristretta non aveva risolto la possibilità teorica insita nel primo principio newtoniano della dinamica: se in un sistema di riferimento non percepiamo forze44 (il sistema si dice allora inerziale), allora la nostra accelerazione 42 Mi viene prosaicamente di pensare, ritornando alla fisica/teoria-della-conoscenza, che tempo e spazio dipendono da come li discretizziamo, ossia li conosciamo e viviamo, di come ci addentriamo a fondo nel loro continuum. Sembra che un “effetto gravitazionale” sia determinato dall’energia-quantità-di-moto con cui viviamo lo spazio-tempo, ma forse appunto però perché lo viviamo più nel profondo, ci addentriamo di più nel continuum. 43 Si veda: A. Paolini, cit. 44 È un caso particolare del principio variazionale di minima azione (azione minima sulla traiettoria e quindi funzionale = 0), in cui si è in un “avvallamento” che è improbabilissimo già in fisica newtoniana (si veda nota seguente). In relatività generale questo caso improbabilissimo (geodetica) avrà un’accelerazione indefinibile. Appunti sulla relatività 31 (quella del nostro sistema di riferimento locale) è conosciuta e, in particolare, nulla (velocità costante in modulo e direzione, quindi il moto rettilineo uniforme della fisica newtoniana) (le forze possono allora assumere il carattere di forze assolute (!)45 (la definizione di inerziale è quindi già di per sé una ammissione di assolutezza delle accelerazioni). La relatività ristretta, come quella galileiana, dice che fluttuiamo nell’Universo con una velocità inconoscibile, ma conserva l’anomalia concettuale della fisica newtoniana. Doveva ancora venire la considerazione einsteiniana dell’ascensore che rivoluzionerà/stravolgerà il principio di inerzia e su cui egli avrebbe poi potuto costruire la geometria curva della teoria generale: si può accelerare (nel “vuoto”) senza che noi ce se ne accorga (“seguendo una linea geodetica”, avrebbe poi detto in termini “matematici”) e quindi senza che si riesca a determinare la nostra accelerazione di gravità [Newton non “poteva” pensare al “vuoto”: ragionava in termini di forze (azione e reazione), non di “pure” accelerazioni], si potrebbe dire che i sistemi “inerziali” diventano gli infiniti che percorrono linee geodetiche, ma la rivoluzione è più profonda perché non ha più senso parlare del concetto di “inerziale”. Si va là dove la gravità ci porta. Quel “primo principio” della dinamica era passato dal decretare una velocità di riferimento (quella nulla di Aristotele) all’impossibilità di decretarla (Galileo e relatività ristretta), ma Newton lo riprende nella sua teoria gravitazionale, accettando così la determinabilità di una accelerazione nulla/di riferimento; è solo dopo l’esperimento concettuale dell’ascensore che anche l’accelerazione diventa indeterminabile, e la relativizzazione degli stati energetici, dopo quella inerente alle velocità, si completa con il nuovo concetto di accelerazione di gravità. Nella teoria generale si va a rivoluzionare non più Galileo, ma Newton, introducendo/trattando la gravità come accelerazione (e non come forza) in tal guisa: l’energiaquantità-di-moto (la materia era già diventata, nella teoria ristretta, energia, quel grumo concentratissimo46, privo di velocità relativa, nel 45 La nostra accelerazione assoluta (determinata dalla forza netta che percepiamo nel nostro sistema di riferimento inerziale), è solo teoricamente conoscibile, perché, dopo la teoria newtoniana, diventa teorica (concettuale diciamo col senno di poi) in quanto ha una probabilità bassissima di esistere in un Universo popolato di materia quindi con un potenziale gravitazionale non nullo (quasi-)dappertutto; anomalia concettuale che però permane. 46 Le forze forte e debole agiscono a livello del nucleo atomico, indipendentemente dalle cariche elettriche. 32 Appunti sulla relatività nostro sistema di riferimento) modifica la curvatura dello spaziotempo (nella teoria ristretta modificava già lo spaziotempo, ma in modo lineare in funzione della velocità, perché la curvatura non c’era, rimaneva, diremmo oggi, piatto), esercitando quindi, in modo non-lineare, una influenza anche su se stessa (lo spaziotempo si auto-influenza attraverso l’energia-quantità-di-moto e viceversa, in un loop: lo spaziotempo è quindi ulteriormente in continua trasformazione (ed emette onde gravitazionali) in conseguenza delle differenze di energia tra punto-universo (evento) e punto-universo (evento) del continuum spazio-temporale), dando quindi luogo a equazioni (tensoriali) non lineari (che non possono che modificare la curvatura spaziotemporale), offrendo - verrebbe da dire: per “sua fortuna”, ma come è ovvio per tutte le nuove teorie che si dicano scientifiche - la possibilità, quando il campo gravitazionale è intenso, di una verifica sperimentale delle sue nuove predizioni, rispetto a quelle newtoniane (anche la più bella delle costruzioni intellettuali resta tale (ossia non fisica) se non porta a questa discrepanza quantitativa, che riguarda l’informazione sui fenomeni [non “maggiore”, ma più “aderente”/affidabile rispetto alla “realtà” fenomenologica] (la teoria newtoniana, benché avesse scoperto l’infinitesimo matematico e con supponenza avesse spinto la fisica fin laggiù (ossia credesse, come d’altronde ancora la relatività einsteiniana, nell’ipotesi (della conoscenza) del continuo) e fosse andata anche a sondare l’infinito dell’Universo, “sbagliava” nell’assolutizzare le accelerazioni, supponendo perciò che la forza gravitazionale fosse lineare con la massa, ossia che la massa infinitesima non influenzasse se stessa; nello stesso “errore” incorreva la teoria maxwelliana nei confronti della carica, che da teoria (energetica) lineare diventa non lineare con la teoria relativistica generale). Digressione sul continuum della fisica pre-quantistica, in cui credevano Newton (e Maxwell), ed anche Einstein47, la cui teoria della relatività è il culmine delle loro gravitazione ed elettromagnetismo, ossia della fisica del continuo, dell’ideale dell’infinitesimo: anche il macroscopico è discreto (!) (da Lagrange a Turing, alla teoria dell’informa47 Dopo che già l’elettrone, quanto di carica, era stato scoperto (Thomson, 1897) e così la sua carica (Millikan, 1911). Ma l’elettrone aveva bisogno della meccanica quantistica (Schrödinger). Appunti sulla relatività 33 zione, alla computazione, all’informatica; ma già la fisica statistica aveva disposto la fisica verso le teorie citate, per poi essere suggellata dalla fisica quantistica). Riconsiderando le celebri vicende delle previsioni astronomiche della relatività generale, in seguito confermate dalle misurazioni (in particolare fu il grande scalpore sollevato dalla conferma osservazionale dell’effetto di lente gravitazionale da parte del sole a dare l’imprimatur alla nuova teoria), ma anche considerando la sua capacità di “spiegare”, a calcolo, fenomeni già conosciuti e prima incomprensibili, come la precessione del perielio di Mercurio, è come se ebbi conferme in favore della mia tesi di una genesi “filosofica”, “a priori”, delle grandi teorie scientifiche, ma anche una più “prosaica” conferma della natura materialistica/”corporale” della fisica48. Nell’Universo newtoniano vale (per lo spaziotempo) la semplice geometria euclidea, dove non esiste differenza tra locale e non-locale, in quello einsteiniano lo spaziotempo diventa non-euclideo, nella prima versione, quella poi detta: “speciale” con deformazioni spaziotemporali “piatte” (matematicamente sono trasformazioni lineari (in particolare, nello spazio di Minkowski, “rototraslazioni” di un angolo immaginario, le quali quindi coinvolgono non solo le coordinate spaziali (nella fattispecie quella lungo la direzione della velocità di traslazione), ma anche quella temporale): il campo gravitazionale era ancora, come nella teoria newtoniana, forza autonoma ed era così un campo esterno al tessuto spaziotemporale (lo influenzava solo nella misura in cui aumentava le delta-velocità, ossia anomalamente in modo “simmetrico”), e vigeva quindi ancora il primo principio della dinamica quindi, nonostante la pervasiva49 gravitazione universale, si poteva ancora credere di trovare i fantomatici “sistemi di riferimento inerziali”, an48 Per passare da teoria sulla filosofia naturale a teoria scientifica ci vogliono dei riscontri numerici sulla sua previsione della realtà (si veda l’esperimento di Michelson-Morley per la teoria ristretta). Non sarebbero state necessarie le “conferme” osservazionali dell’entità (einsteiniana) della deviazione della luce stellare da parte del Sole e nemmeno il più tardo spostamento verso il rosso: bastava, come l’eccitazione di Einstein dimostra, la previsione numerica della precessione del perielio di Mercurio per soppiantare (“falsificare”) la teoria newtoniana. 49 Il campo gravitazionale è generato dalla distribuzione di tutte le masse (oggi diciamo dell’energia/quantitàdi-moto) dell’Universo. 34 Appunti sulla relatività che se de facto trasformati da essa in “non inerziali”50, ma, come detto, dall’esterno, senza influenze sullo spaziotempo: nei primi, almeno in teoria (perché uniche rarità), i quali si potevano considerare avere una accelerazione determinabile in modo assoluto perché riferibile ad una accelerazione nulla che è quella di quando non percepisco alcuna forza, “sistemi di riferimento inerziali” permessi, diciamo a posteriori, dall’uso ancora di una “innaturale” geometria piatta, incapace di comprendere, nella propria struttura spaziotemporale di una appiattente monotonia, la curvatura, ossia le accelerazioni quindi la conseguenza, sullo spaziotempo, della distribuzione delle “altre forme di energiaquantità di moto” che interagiscono con esse stesse (escludendo così anche le conseguenze sulla curvatura di ogni interazione, quindi anche della misura/informazione, si veda nel nel seguito). Se, al contrario, ipotizziamo che l’Universo intorno a noi abbia una “dimensione” (“grado di libertà”) spaziotemporale ulteriore (la curvatura che è matematicamente una “grandezza relativa”, locale (definita a meno di una costante globale)), possiamo introiettare nello spaziotempo il campo gravitazionale con la sua azione disgregante e differenziante sullo spaziotempo, ivi comprese (altra novità) le enormemente complesse interazioni che l’energia-quantità di moto ha con se stessa (nella relatività ristretta non si riusciva perché lo si tentava solo in maniera lineare). Anche se questa nuova concezione diventa imprescindibile protagonista solo quando ci occupiamo della fisica delle alte energie e allunghiamo lo sguardo sul cosmo, come in astronomia o in cosmologia. Nella teoria generale, invece, il campo gravitazionale è dovuto alla differenza di curvatura51 dello spaziotempo tra due punti-Universo (!) (e della connaturata accelerazione relativa tra di essi), determinata dalla distribuzione spaziotemporale dell’energia-quantità-di-moto dovuta 50 Definito e nullo dovrebbe essere il contributo all’accelerazione dovuto alla gravitazione dell’Universo intero popolato di masse/energia/quantità-di-moto. Inoltre un sistema completamente isolato è una ipotesi solo concettuale, ossia non fisica, perché dovrebbe essere nulla l’interazione con l’esterno, la quale imprime [rimanendo nella fisica newtoniana] una (seppur minima) accelerazione. Si veda Nota 41 sull’impossibilità per la fisica di dire qualcosa su noi stessi isolati dal resto dell’Universo. 51 La relatività ristretta parlava, in modo improprio, solo di modificazioni lineari dello spaziotempo, qui sono non-lineari. Appunti sulla relatività 35 agli altri campi52 (quindi, come in Newton, dall’intero Universo, per cui mai completamente conoscibile (si veda nel seguito)), ma questa volta anche, indirettamente, dall’influenza della curvatura su di essi, ossia a se stesso (è la parte “non-lineare” della gravitazione non tenuta in conto da Newton né dalla teoria ristretta)53. Essendo curvatura dello spaziotempo (e quindi accelerazione), la gravitazione è un campo ancora più “enigmatico”54, è energia/quantitàdi-moto lei stessa, ma “silente”, apparente ossia che può “rivelarsi”/ palesarsi (“parzialmente”), ovviamente, solo per mezzo dell’interazione con l’energia/quantità-di-moto degli altri campi55 (ossia il divenire degli altri campi), che permette anche la “scoperta parziale”56 della curvatura dello spaziotempo di ogni punto-Universo, ossia della condizione di “caduta libera” nello spaziotempo (lungo una geodetica 57) rispetto alla quale le “forze non-gravitazionali” (o meglio le forze58) “locali” ci frenano o accelerano (si vedano oltre l’esperimento sull’eclissi solare e il calcolo della precessione del perielio di Mercu52 Se generata da cariche, sotto forma di campo elettromagnetico. Alla scala atomica predominano però i più recenti campo debole e campo forte, i quali perciò, nel loro “circoscritto” ambito di azione, se la devono vedere più da vicino con la teoria quantistico-relativistica; entrambi contribuiscono all’energia/massa “a riposo” [nel linguaggio einsteiniano, oggi “massa relativistica”] (si veda precedentemente in nota), l’energia “potenziale”, e a quella “cinetica”/quantità-di-moto (la distinzione è sulle velocità (relative)). 53 Lo spazio che si stende di fronte a noi e il tempo che si svolge, grazie alla “dimensione” spaziotemporale addizionale possono dipendere dall’energia-quantità-di-moto nell’Universo e da se stessi, quindi ogni puntouniverso (ogni evento dello spaziotempo) dipende da tutti gli altri e, in modo non-lineare, da se stesso: il divenire delle masse-energia-quantità-di-moto è, punto-universo per punto-universo, infinitamente complesso, come quello di Newton, ma qui diventa non-lineare e la complessità si trasferisce all’accelerazione e quindi allo spaziotempo. 54 E’ un “campo di forze”, ma “di accelerazione” o “di curvatura”. 55 Si veda più avanti l’esperimento concettuale dell’ascensore: il valore assoluto della nostra accelerazione, come quello della nostra velocità, resta inconoscibile. 56 Coerentemente con quanto detto dopo, la curvatura, come l’accelerazione, come l’energia/quantità-di-moto (dei campi che generano la gravitazione), è definita a meno di una costante, ossia è grandezza solo relativa, e sono tutte determinate dai restanti “infiniti” punti-Universo dell’Universo, si veda in seguito. 57 La curva geodetica nello spaziotempo è dunque tanto inconoscibile e teorica quanto è concettuale l’“esperimento” dell’ascensore che la percorre. [La definizione del principio variazionale pre-relativistica (che usa l’azione) definisce come le forze agiscono nello spazio e nel tempo, ossia è un principio “attivo” sulle forze (sulle forze esterne allo spaziotempo), Ma lo stesso principio può essere applicato facendo tendere a zero le forze applicate, ossia, in modo complementare, sui cammini liberi e quindi sulla minima azione (che deve essere, “da parte opposta” uguale a zero) che le forze esterne dovrebbero compiere per riportare il corpo sul suo cammino libero. Questo secondo approccio è quello della relatività generale, nella quale le linee geodetiche sono ancora quelle più veloci, per le quali si conserva l’energia-quantità-di-moto (principio di equivalenza)]. 58 La forza di gravità non esiste più, le altre ovviamente sì. Non sono i corpi accanto a noi che subiscono una forza di gravità, ma siamo noi che vorremmo cadere (accelerare) insieme a loro se non ci fossero forze a impedircelo. 36 Appunti sulla relatività rio, tutti “relativi”, semplificatori59) nella misura del numero di interazioni (subite o provocate?) e mette in evidenza la sua natura “nonlineare” (è una curvatura(!)) di frazione dell’energia/quantità-di-moto totale “dedicata” a interagire con se stessa (non poteva che avvenire attraverso lo spaziotempo) rispetto ai quali non so se è l’altro che accelera o sono io che accelero nel verso opposto. Interazioni principalmente ad opera della forza elettromagnetica “a contatto” (banalmente, la forza di reazione del terreno su cui poggiamo i piedi o, in modo ancor più consistente, del pavimento di un razzo che accelera 60); oppure interazioni più deboli che arrivano “da lontano” (per esempio per mezzo del campo elettromagnetico che è, come tutti i campi, sempre “propagativo”). Interazioni [energetiche] tutte che, in teoria, seppur molto debolmente (al limite anche un solo fotone), vengono appunto a tradursi, anch’esse (in “modo non-lineare”) in una ulteriore variazione di curvatura dello spaziotempo61. Il delta-curvatura ha influenza sul “locale”, ma è anche propagativo (sempre sotto forma di onde gravitazionali, propagantesi (nel vuoto), come tutti i campi, a velocità c62, generate, come nel caso delle onde elettromagnetiche, se la massa/energia/ modulo-della-quantità-di-moto accelera longitudinalmente), sempre in modo (si veda l’invarianza delle equazioni fisiche) che un numero finito di interazioni, “a contatto” o “a distanza” tramite il campo elettromagnetico, non possa farci scoprire qualcosa sulla nostra personale accelerazione [in assoluto], ossia sul nostro spaziotempo, o, equivalente59 Per Mercurio, per esempio, Einstein semplificò ipotizzando si muovesse lungo una geodetica determinata unicamente dal Sole (supposto, erroneamente, non rotante (e come, in genere, ogni energia-quantità-di-moto non potrebbe esserlo?), in generale con “frequenza” variabile (dante onde gravitazionali con certe lunghezze d’onda) su se stesso). 60 Il principio di azione e reazione, ovvero il terzo principio newtoniano, non vale per le accelerazioni (si vedano le geodetiche), ma solo più per le forze, per le quali è valido anche nella teoria della relatività (in treno, di notte, con le tendine giù, o l’oscurità (ossia, come nell’ascensore einsteiniano, senza interazione, senza misura, senza informazione), quando veniamo sbalzati da una parte non capiamo se il treno stia frenando o accelerando; con le tendine abbassate, se non subiamo delle forze, non sappiamo invece nulla sulla direzione e intensità né della sua accelerazione, né della sua velocità relativa rispetto a un riferimento esterno). 61 Per essere interazione deve portare informazione, quindi il campo non deve essere il caso, irreale da un punto di vista fisico, di un campo puramente sinusoidale (o, più in generale, periodico) (“composto” da uno o più fotoni della stessa frequenza o, più in generale, di frequenze discrete), altrimenti la variazione di curvatura è la stessa in tutto l’Universo e non porta a una variazione di curvatura spaziotemporalmente effettiva, vedi Nota 32 e Nota 75. 62 Le onde gravitazionali (il gravitone) non hanno massa a riposo (il gravitone è quindi anche privo di carica, essendo la gravità un fenomeno “universale” che accomuna tutte le forme di energia-quantità-di-moto). Appunti sulla relatività 37 mente, sull’intera struttura spaziotemporale, mai del tutto determinabile: sul nostro “stato accelerativo”, o meglio sul nostro “stato energetico”, che diventa ora “stato spazio-temporale” o “informazione di curvatura”, e quindi sul nostro spazio e il nostro tempo rispetto a quelli degli altri, ma anche su quello degli altri infiniti punti-universo63, nulla dunque possiamo sapere più di quanto possiamo parzialmente disvelare (quanti altri punti accelerati posso vedere/considerare intorno a noi) attraverso le suddette interazioni energetiche (che, tutte, non sono confinate al locale, puntuale, ma proiettate verso l’esterno) che sono in numero finito e non possono cumularsi istantaneamente essendo finita la velocità della luce. La nostra conoscenza è dunque infinitesima64 così, di fatto, nulla possiamo comprendere perché si comprende solo quando la conoscenza è concentrata in un solo punto-Universo (in un solo istante, e nel “punto” in cui ci troviamo noi): la curvatura/energia-quantità-di-moto locale (del “nostro” (di ogni) punto(-Universo)) è determinata dalla distribuzione di energia-quantità-di-moto/curvatura di tutti gli altri infiniti punti dell’Universo 65, e quindi affinché si possa giungere ad una reale conoscenza (di tipo assoluto), cioè alla coscienza della propria condizione (energetica), la relatività generale impone ciò che già la fisica precedente faceva, ossia operazioni assurde: si dovrebbero eseguire infinite misurazioni in due istanti infinitamente vicini66, con una conseguente richiesta energetica tale da necessitare di convogliare verso se stessi l’energia dell’intero Universo (che può anche non essere infinitamente grande), “rubando” così all’Universo tutta la sua informazione, scoprendone la disposizione dell’energia (come in Newton) e nello stesso tempo anche la sua struttura spaziotemporale, ovvero la sua curvatura punto-evento per punto-evento (ed allora l’Universo, che è l’“esterno da noi”, probabilmente cesserebbe di esistere, di avere un senso, sarebbe una sola entità con noi): siamo 63 Non sappiamo neanche risolvere il problema dei tre corpi, altro che degli “infiniti corpi” (Vedi Nota 78). 64 Quindi molto meno che semplicemente “relativa”, di fatto quasi-nulla [non è qui il dubbio statistico a dirci che non abbiamo informazione, ma la sua esiguità]. 65 Il vecchio “potenziale gravitazionale” diventa una entità tensoriale, diventa curvatura, e curvatura ed energia-quantità di moto sono un binomio inscindibile. 66 Si avrebbe bisogno dell’“infinita” informazione che dovrebbe essere contenuta nelle condizioni iniziali e al contorno le quali dovrebbero sciogliere un’“infinita”complessità/indeterminazione. 38 Appunti sulla relatività ignoranti sulla infinita topologia/struttura-puntuale dello spaziotempo dell’Universo67 68 La curvatura, o l’accelerazione, è una deformazione dello spaziotempo che caratterizza ogni singolo punto-universo perché essa è “asimmetrica” rispetto al delta-tempo e al delta-spazio: non lavora, come fa la teoria ristretta, esclusivamente sull’invariante ds2, e non porta quindi ad una simmetria delle trasformazioni spaziotemporali come faceva la velocità relativa (in quel caso c’era disaccordo tra due osservatori “inerziali” sulle lunghezze (delta-spazio) e sulle durate (delta-tempo) dell’altro (ma senza influenza sullo spaziotempo dell’energia/quantità-di-moto, che cosa ci si poteva aspettare di scoprire?), ma lavora sulla variazione della velocità nel tempo. Se il libero arbitrio esiste, e dalla nostra informazione ridotta sembrerebbe di no, sullo spaziotempo possiamo quindi incredibilmente intervenire, o meglio interagire (in modo energetico), nel momento in cui esercitiamo delle forze ; più in generale, quando si esplicano delle forze: quando l’energia “evolve”, essa esercita un’influenza “gravitazionale” su se stessa, ossia anche lo spaziotempo “evolve” (nonostante solo le energie su scala “astronomica” (in primis quelle concentrate in grandi ammassi stellari) possano farlo in modo a noi “percepibile” (misurabile). Vi spiego ora quale è stato il mio percorso per arrivare, durante la faticosa stesura di queste annotazioni, a “comprendere” la relatività generale, e a vederne i postulati come estensione di quelli già pur bellissimi ed eleganti della relatività ristretta (con le loro già sufficientemente inquietanti conseguenze). Come la relatività ristretta aveva ro67 Anche avessimo memoria infinita (o vita eterna) potremmo sì cumulare infinita informazione (attraverso infinite misurazioni) anche avendo una velocità dell’informazione finita, ma non conosceremmo lo stato dell’intero spaziotemporale in “real-time”, per la qual cosa servirebbe un flusso di informazione infinito, oppure, per esempio, dovremmo vivere in eterno ma anche essere spazialmente illimitati: dovremmo essere l’Universo stesso. 68 Nella relatività ristretta c’era una curvatura costante dappertutto e in ogni tempo (ossia nessuna informazione di curvatura): la curvatura nulla dello spaziotempo piatto del riferimento inerziale; ora invece gli infiniti puntiuniverso della struttura spaziotemporale dell’Universo (che può essere infinita o finita) hanno una loro propria curvatura. Appunti sulla relatività 39 vesciato concettualmente la fisica “inerziale” (galileiana) precedente (la velocità della luce è un assoluto perché tempo e spazio sono relativi), così la teoria generale capovolge (sempre attraverso lo spaziotempo) l’interpretazione/spiegazione (newtoniana) della gravità (eliminando concettualmente il teorico sistema “inerziale”) e nel contempo la armonizza, potendo parlare solo più in termini di distribuzione spaziotemporale dell’energia-quantità di moto, la quale descrive tutto il mondo fisico. Si desume ora che, non solo nella misura delle lunghezze e delle durate, ma perfino in quella della semplice “velocità relativa” (che non è mai costante ossia priva di accelerazione), c’è in realtà una “asimmetria” dei giudizi perché in ogni misura (che è sempre interazione energetica) ognuno imprime una piccola (“impercettibile”) accelerazione a se stesso rispetto all’altro (e viceversa), e quindi, per la teoria generale, anche una leggera variazione delle relative curvature e quindi, di rimando, un piccolo ritocco delle accelerazioni (e quindi delle velocità che, come notato, non sono mai costanti, altra prova della scomparsa del “sistema di riferimento inerziale”): anche il solo sapere (misurare) cambia il mondo attorno a noi e quindi ci cambia, e ci isola spaziotemporalmente. La relatività generale è la teoria delle influenze reciproche tra energia-quantità di moto e spaziotempo e quindi è anche una teoria della misura/informazione e quindi della conoscenza [fisica] (della sua impossibilità). Cercando ora di organizzare un percorso per chi mi legge, si può partire notando che la prima stesura, la relatività “ristretta” tende ad essere una approssimazione esatta69 in “due” casi particolari, ma non ad “essere valida” perché essi sono ideali, irreali, perché in entrambi non c’è misura/interazione e quindi coscienza (e quindi la fisica/razionalità non c’è più) [i “due” casi alla fine sono accomunati da questo]: il primo è la situazione limite, paradossale, già accennata, nella quale tutte le masse (o meglio: tutta l’energia/quantità-di-moto esterna all’osservatore (per eliminare la gravità che è esterna allo spaziotempo 69 Niente viene buttato, ma giustamente ogni teoria può essere vista come una versione “ristretta” della seguente (allargando un po’ la maglia e scordando ciò che caratterizza la “rivoluzione” di ogni nuova teoria: quella galileiana di quella newtoniana, quest’ultima di quella einsteiniana generale, ecc.). Anche nei due casi particolari vale, con minor approssimazione, la teoria galileiana e quella newtoniana, ammesso che la velocità relativa e l’energia-quantità-di-moto siano adeguatamente piccole. 40 Appunti sulla relatività in questa versione) intorno all’osservatore vengano allontanate indefinitamente da lui, di modo che si ricada in un “Universo vuoto” 70, privo di gravità (nel quale tutti i sistemi di riferimento, alla luce della nuova osservazione dell’ascensore, tuttavia non si possono comunque riferire alla vecchia concezione, ossia non sono “inerziali” e quindi non si possono riferire ad una accelerazione globale/assoluta costante (“lineare” oppure intorno ad un centro di rotazione globale (assoluto) dell’Universo), per convenzione uguale a zero dappertutto71: Universo che non può esistere avrebbe una geometria piatta (anche se non più euclidea) (con una curvatura uniforme che è anche delta-curvatura e che possiamo fissare a zero e di cui ci accorgeremmo in modo assoluto stando all’interno dello spazio(-tempo), in qualsiasi punto dell’Universo)) l’aporia non si presenta in modo esplicito durante l’applicazione della teoria fisica (la propria accelerazione assoluta è, correttamente, determinabile e costante (quindi si può affermare che essa è, per convenzione, nulla)), ma è annidata nell’ipotesi di assenza di masse in tutto l’Universo, assunzione assoluta. Il secondo caso è la condizione (assurda ma non “banale” come la precedente, anzi con una grande validità dal punto di vista euristico) che costituisce quel punto (!) di “congiunzione”, tra la teoria ristretta e quella generale, il quale permise ad Einstein di partire per la generalizzazione della relatività speciale: essa è verificata, di nuovo, solo dopo un’operazione di limite matematico, questa volta però in termini di infinitesimo, nel caso in cui ci si limita ad una ristretta (termine che, con una qual sottigliezza, si può collegare alla denominazione della prima stesura della teoria) regione spaziotemporale (una “realtà locale”) (matematicamente un “intorno” del punto-universo considerato), all’interno della quale quindi non si possa misurare una curvatura spazio-temporale relativa alla propria, per cui la curvatura zero, piatta può diventare “assoluta” (propria, ma anche di tutti)72; Però ecco la novità concettuale: il limite equivale a 70 anche l’energia/quantità-di-moto dovrebbe essere eliminata 71 anche le accelerazioni dei vari pianeti, stelle e galassie sono indefinibili se non relativamente. 72 L’esperimento di Michelson-Morley che dette il beneplacito alla teoria ristretta, insomma, può ancora essere ritenuto “valido” (e questo in qualsiasi parte dell’Universo venga svolto), affermando che la luce continua a seguire, approssimativamente un percorso rettilineo, e conserva una velocità uguale a c, ma solo, appunto, a condizione che il tratto di linea-Universo considerata sia confinata in una regione dello spazio-tempo sufficientemente “ristretta” (infinitesima). Se invece allunghiamo lo sguardo verso punti immersi Appunti sulla relatività 41 non avere interazioni con il mondo esterno73, quindi c’è una curvatura indefinibile: si tratta di un sistema di riferimento in caduta libera teoricamente isolato74. Nella teoria generale il postulato della costanza della velocità della luce della relatività ristretta, postulato che essendo ora solo più locale, perde di valore perché la costanza non può più essere tale, a volte nemmeno per quanto riguarda il suo modulo (è il caso in cui ci troviamo in un sistema di riferimento “non sincrono”). In quelle condizioni teoriche di “isolamento interazionale” (ovvero di ipotetica delimitazione di noi stessi, si veda più avanti l’impossibilità di una descrizione da parte della fisica di questa condizione, con l’uso dell’analisi di Fourier) non sentiamo più la vecchia “forza peso”, non possiamo più accorgerci se siamo sulla Terra oppure se stiamo accelerando, a partire da una velocità (indefinibile) che già possediamo: se la velocità è sufficientemente elevata ci potremmo trovare strappati dal pianeta Terra a sfrecciare tra un pianeta e un altro (come chi si trova su una navicella spaziale che non usi propellente-energia) oppure, nel caso tale nostra velocità iniziale fosse stata un po’ meno elevata, potremmo essere stati attirati da un pianeta e ruotarvici intorno in un’orbita, o potremmo stare per schiantarci su di esso [i famosi esperimenti “a gravità zero” non sono in assenza di gravità (ne siamo pervasi sempre), ma in assenza di forze/interazioni-energetiche percepite]. Oppure se, invece, stiamo semplicemente “vagando” nel vuoto con una velocità costante (cosa quasi impossibile da un punto di vista probabilistico in un Universo pieno di energia, da cui il sistema “inerziale” della fisica newtoniana ha carttere solo ideale, ed ora con la relatività epistemologicamente “sbagliato”). Proviamo a chiudere gli occhi, e a buttarci “giù” da una certa altezza, immaginando che siamo nel vuoto (ossia senza l’aria, la quale opnecessariamente in un campo gravitazionale e/o con una accelerazione non nulla rispetto a noi, possiamo riuscire a “vedere”, in modo indiretto, la luce incurvarsi. 73 Ossia scambi energetici, per esempio il contatto dei piedi con la terra, in ultima istanza quelli percepibili dai nostri sensi (perfino durante la percezione sensoriale: il guardare “lontano” (atto dei sensi con cui acquisiamo “informazione”, ma, come già notato, infinitesima, riguardo la “nostra accelerazione” relativa agli altri, di conseguenza sul nostro stato energetico, sul nostro spaziotempo, scambiamo una, seppur debolissima, forza/potenza; si veda l’ascensore senza vetri o le tendine abbassate nel treno). 74 Si veda Nota 19. Questo è il principio di equivalenza einsteiniano. 42 Appunti sulla relatività pone attrito e aiuta con una leggera spinta di Archimede verso “su”) (la stessa sensazione di lasciare le forze della Terra ed entrare nella bambagia dell’Universo può essere percepita durante il volo libero, nel paracadutismo per esempio, ma ha il difetto del forte attrito dell’aria, il saltare sul posto ad occhi chiusi molto meno, ma è effimero): è l’esperimento concettuale dell’ascensore (o capsula ermetica all’aria) in caduta libera: saremmo consci di essere in caduta libera (non soltanto i piedi non sentirebbero più una pressione, ma tutti i nostri organi interni non subirebbero la “consueta” (di cui non ci rendiamo conto (!) forza verso il basso - lo stomaco sarebbe “in bocca” - ), tuttavia, ancora, con quale accelerazione? Ci accorgiamo invece di essere costantemente accelerati relativamente alla Terra quando apriamo gli occhi e vediamo che stiamo precipitando, o quando sentiamo che i nostri piedi poggiano sul suolo (e il nostro stomaco non ci salta più in gola), caso in cui possiamo confermare la nostra sensazione vedendo che gli altri corpi, se non tenuti, cadono, ossia sono accelerati relativamente a noi e alla Terra. Quindi, mentre stiamo cadendo ad occhi chiusi (quindi senza avere interazioni lungo il nostro cammino (dalle quali esso verrebbe, spaziotemporalmente (accelerativamente) leggermente perturbato)) - in linguaggio relativistico si dice che stiamo percorrendo una linea-universo geodetica – ci troviamo in un sistema di riferimento (che è diventa qualcosa sempre di locale) “inerziale” (ancora nel tentativo di conservare la vecchia terminologia ormai concettualmente superata dalla relatività generale), per cui potrebbe essere ancora “applicata” la teoria della relatività ristretta; questa, lasciando indefiniti tempo e lunghezza propri, così come l’accelerazione del sistema di riferimento rispetto a tutti gli altri, lasciava spazio per la teoria generale che determina in modo inequivocabile, seppur in modo relativo, i differenti spazitempi a mezzo delle loro differenze di curvatura. Se ci concentriamo ancora sull’esperimento degli occhi chiusi, si può fare un’osservazione che, tutto sommato, risulta ovvia (non necessita di una cultura fisica): come faremmo, in quelle condizioni, ossia senza informazione, a scoprire e calcolare la nostra accelerazione (assoluta o relativa) se l’accelerazione (come d’altronde la velocità) è un differenziale, e quindi ha bisogno, per definizione, e dunque per poter essere Appunti sulla relatività 43 misurata, di venire determinata rispetto a un altro punto/riferimento? Invece la fisica newtoniana aveva fatto suo il primo principio della dinamica di stampo galileiano, nonostante esso sia in contrasto con la logica e la matematica. Il primo principio galileiano-newtoniano, il principio di inerzia, che non era in sintonia con una concezione pienamente relativistica, andava dunque riformato, mentre il secondo (relativistico nella sua essenza e magnificamente perfetto perché differenziale e puntuale/“locale” (le forze sono puntuali), ma subdolo, perché per definirlo si ha comunque bisogno delle condizioni puntuali iniziali/al-contorno, ossia di conoscenza infinita, cosa che capita invece esplicitamente nelle forme integrali) doveva “solo” essere riformulato nella novità dello spaziotempo, che ora finalmente ingloba il principio di equivalenza, prima introdotto in un modo artificioso [ora la massa/energia è grandezza indefinibile richiudendosi nel locale (ossia è relativa)]. Nello spaziotempo della relatività75 il secondo principio, se si rimane circoscritti ancora alla teoria ristretta, e lo si esprime ancora nella desueta geometria euclidea dello spazio e del tempo tramite il vecchio trivettore spaziali, la forza deve “raddoppiare”/“sdoppiasi” per conformarsi alla più complessa geometria dello spaziotempo (in questa equazione ancora piatta, ma dove (delta-)spazio e (delta-)tempo non sono più indipendenti e assoluti [immutabili]), e diventare: F=m0(v)a+(m03(v)v·a/c2)v [ora la forza, in generale, ossia se non è né puramente tangenziale né puramente centripeta, non è più parallela all’accelerazione, ma ha anche una componente parallela alla velocità poiché ora la massa cambia valore con il modulo della velocità (da questa componente “rotativa” della forza nascono, se si passa dalle masse alle cariche dell’elettrodinami75 Si noti che, come abbiamo visto, non ha più senso la distinzione tra massa inerziale e massa gravitazionale. La distinzione tra massa (inerziale o gravitazionale) ed energia anch’essa scompare, tuttavia è da distinguere la loro relazione con la velocità: la componente “a riposo” della massa (= energia “potenziale”) e l’incremento con la velocità (la componente “cinetica”) (E = mc2 = m0(v)c2). Nel caso particolare delle onde elettromagnetiche (e del fotone) si ha solo energia e massa di tipo “cinetico”. Nel caso delle onde [anche per le onde gravitazionali], si può avere il caso teorico di onda puramente sinusoidale (o periodica in generale), per la quale l’inerzia (e quindi l’energia-quantità-di-moto) “scompare” essendo, in questo caso particolare, sempre costante (o periodica in generale) poiché la velocità è costante/periodica, ma l’“inerzia riappare” quando l’onda trasporta informazione (e si torna nella dinamica) (vedi Nota 32 e Nota 61). Che la massa pre-relativistica fosse in realtà energia [a meno di un fattore 1/c 2] lo si poteva intuire dalla definizione di energia cinetica (che appare nei principi variazionali pre-relativistici) che contiene massa e velocità al quadrato come fattori (e i fattori hanno “egual dignità”). 44 Appunti sulla relatività ca, i fenomeni magnetici (nella forza di Lorentz, a quella elettrostatica si aggiunge la forza di Biot-Savart) che danno luogo al campo elettromagnetico (propagativo se le cariche hanno un’accelerazione)]; oppure si può “sdoppiarla” parlando di un quadrivettore potenza-forza, K m, nel quale ora potenza e forza sono entità legate tra di loro; in una forma invariante valida nello spaziotempo piatto (ma non ancora nel formalismo tensoriale) e per un sistema discretizzato, abbiamo: K m = dPm/ d dove Pm è il quadrivettore energia-quantità di moto e  il tempo proprio. Se da un sistema discretizzato nello spazio passiamo ad uno spazialmente continuo (siamo ancora nell’elettrodinamica e nella meccanica non-quantistiche), il quadrivettore Km diventa densità (spaziale) di potenza-forza, e Pm si eleva a rango 2, ossia a densità (spaziale) dell’energia-quantità di moto (Tmn). A questo punto, per fondare la versione generale della teoria, è indispensabile introdurre, cominciando dal locale, l’influenza della materia (energia) sulla materia (energia) stessa, di cui si ammette l’esistenza in forma di continuo. L’opportunità di scoprire la nostra accelerazione (assoluta) senza “vedere fuori” era in realtà permessa, in modo epistemologicamente “sbagliato”, dal primo principio newtoniano (è questo il suo recondito tarlo); un secondo potenziale “tarlo” poteva essere quello di sfruttare una possibile diversità di accelerazione dovuta alla gravità tra masse locali di differente valore, per esempio, tra quella dell’osservatore stesso (che ha una massa) e una o più masse in sua prossimità, possibilità che era stata vietata dal principio di equivalenza di galileiana memoria, che stabiliva la stessa accelerazione per tutte le masse (per l’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale) nato come risultato sperimentale, era stato subito fatto suo dalla teoria della gravitazione universale newtoniana, seppur “esterno” ad essa, perché era principio necessario, da un punto di vista epistemologicoconcettuale, alla concezione relativistica, poiché non conferisce alla gravitazione alcun potere aggiuntivo per determinare l’accelerazione assoluta rispetto a quello erroneamente ancora offerto con il principio di inerzia (l’unico che non verrà “salvato” dalla teoria generale), senza comprendere che ciò sanciva, di fatto, che un campo “di forze” come Appunti sulla relatività 45 era quello gravitazionale può essere, come gli altri campi, un campo di accelerazione e quindi nella teoria generale determinato dalla curvatura (relativa) spaziotemporale (gravitazione ancora esterna, ma pronta per essere spaziotemporalizzata), campi i quali che sono determinati dal Tutto e quindi, sono di fatto, indeterminabili (la determinabilità o è assoluta o non lo è). Si sarebbe dovuto anche rivoluzionare quindi il primo principio: il nuovo “campo gravitazionale” doveva “imprimere” a qualsivoglia massa (con una “certa” (relativa) “collocazione” spaziotemporale) la stessa accelerazione, indipendentemente dalla sua “tipologia” (massa “gravitazionale” o massa “inerziale”, secondo la ancora sopravvivente differenziazione newtoniana) in accordo/conseguenza con il generale principio relativistico di non differenziare gli infiniti “sistemi di riferimento” (di non privilegiarne nessuno), costituiti da osservatori e, con approssimazione, popolati nel loro “intorno” di oggetti, i quali posseggono, in generale, masse diverse; nello stesso tempo si sarebbe tolto il privilegio agli ideali (in quanto “rarissimi”) sistemi inerziali di esistere. Ciò viene fatto [ecco la grande rivoluzione concettuale della teoria generale] scoprendo che l’accelerazione (come visto, il campo gravitazionale, come gli altri campi, può essere visto come un campo di forza, ma anche come un “campo di accelerazione”) può essere generata attraverso una variazione non lineare dello spazio e del tempo (!), per cui da una variazione di curvatura (!) dello spaziotempo. [Si noti che in relatività generale si usa sempre il formalismo tensoriale (Km è puntualmente (in modo differenziale) legato alla densità di energia-quantità-di-moto da: Km = - Tmn;n ) perché nella teoria generale non basterebbe più (nemmeno nel caso di sistema discretizzato) la derivazione di un quadrivettore (Pm) rispetto a d, perché l’introduzione della curvatura richiede una operazione di derivazione più complessa (“di una dimensione al quadrato”) (la derivazione covariante); Tmn deve inoltre rispondere ad un’equazione di campo tensoriale (la famosa: Rmn -(1/2)gmnR = -kTmn) in cui compare la curvatura (gravità) dello spaziotempo di quel punto-universo (il tensore R mn (o anche gmn) ha preso il posto del vecchio scalare: “differenza di potenziale gravitazionale”) causata e causa della variazione della (densità di) 46 Appunti sulla relatività energia-quantità di moto (con la sua indefinibilità assoluta), per cui, di fatto, ci possiamo accorgere (tramite forza e potenza) [l’equazione Km = - Tmn;n è invariante rispetto a sistemi di riferimento accelerati, con Tmn funzione della curvatura, punto-universo e curvatura definiti rispetto a un qualsivoglia sistema di riferimento (in accordo con il principio di relatività/equivalenza dei sistemi di riferimento)] solo della variazione76 di curvatura, ossia solo della nostra accelerazione relativa (l’equazione di campo deve comprendere in sé anche i principii di conservazione e il principio di equivalenza). Nasce l’amara constatazione che l’altro da noi, l’energia presente nell’Universo, aggiunge al nostro disorientamento nello spazio e nel tempo e nelle velocità, decretato dalla fisica newtoniana, uno stato di ansia per aver perso uno stato accelerativo noto [una condizione intrinseca e naturale (se non veniamo “a contatto” con altre forme di energia (altri campi) non ci accorgiamo di essere accelerati), il che si riflette in una indiscutibile differente misura dello spazio e del tempo degli altri rispetto a me. Quindi lo stato di accelerazione, o la sua vecchia definizione (la “forza (attrattiva) gravitazionale”) in se stessa sono “determinati” dal resto dell’Universo (dal campo gravitazionale e dagli altri campi), quindi di fatto indeterminabili (non è a noi permesso di conoscerli appieno, similmente a quanto avveniva per il campo gravitazionale newtoniano): accelerazione che non potrà “mai” venire scoperta completamente ossia veramente, attraverso le uniche opportunità di conoscenza che abbiamo, quelle offerteci dalle interazioni (energetiche); anche se usiamo la luce per guardare lontano, non è possibile determinare l’“accelerazione zero” e quindi la nostra accelerazione assoluta, sono solo “infinitesimamente” “rivelati” nella misura in cui interagiamo con gli altri campi. Uno dei principii fondanti della dinamica precedente, il primo: “Ad una forza (netta) nulla consegue una accelerazione nulla”, deve essere trasformato prendendo le mosse dal secondo principio riformato, nel quale anche per la gravità si ristabilisce una equivalenza vera, simme76 Si veda per esempio il caso applicativo del campo generato da una grande massa: il sistema di riferimento viene di solito messo solidale con la grande massa (per esempio il Sole), quindi la curvatura, le contrazioni spaziali, la dilatazione temporale, sono relative a quelle del Sole, come accadeva (ma solo per la forza (ma anche per l’accelerazione) di gravità in Newton. Appunti sulla relatività 47 trica, rispetto al principio di causa-effetto, tra forza e accelerazione, senza potersi poggiare su un valore di accelerazione (o forza) assoluto: l’accelerazione [relativa] (gravitazionale) è una condizione intrinseca [dello spaziotempo] la quale viene palesata, solo relativamente (parzialmente) attraverso una forza (altri campi); segue che se una massa/ energia-quantità di moto non subisce alcuna forza, non è più vero che la sua accelerazione è nulla. Per arrivare a questo risultato la dinamica (così come ogni altra equazione o grandezza fisica) deve venire “innestata” su una trama spazio-temporale differente da quella della relatività ristretta, una trama avente una curvatura [determinata dalla vecchia distribuzione delle masse (ma ora anche dall’energia) e quindi legata in qualche modo alla vecchia differenza di potenziale gravitazionale, ma adesso in una forma non lineare, quindi porta correzioni quantitative rilevabili nelle osservazioni fisiche ossia di ciò che sta fuori di noi]. Il sistema di riferimento [che è sempre di tipo locale] in caduta libera (e non in rotazione su se stesso) “privilegiato” e quindi è statisticamente quasi-impossibile (bisogna chiudere gli occhi ovvero isolarsi che è sempre una condizione solo ideale). Se non si percorre una geodetica, secondo la “vecchia concezione”, si prova una “forza di gravità”, ma, secondo la relatività, una forza palesata da “altri” campi di energia che svela un delta-curvatura o un delta-accelerazione, ossia qualcosa del proprio spaziotempo; quando tali forze palesatrici non sono presenti, si può concepire l’equazione del campo gravitazionale, ossia calcolare Rmn (o gmn), ovvero la locale curvatura spaziotemporale, che può venire determinata dall’energia-quantità di moto locale, Tmn , teoricamente nota, questa volta quando Km è nullo, ossia non abbiamo forze, che risulta “circolare” (non lineare) in T mn riuscendo così a determinare tutte le energie-quantità di moto (Tmn comprende anche la gravitazionale) e la curvatura, le quali tutte, però, sono “galleggianti”, perché non sono di fatto definibili) (la potenza-forza, K m, può palesarne i cambiamenti, secondo il solido “secondo principio della dinamica” (ma nella rivoluzionaria nuova forma tensoriale: Km = Tmn;n)). 48 Appunti sulla relatività La disorientante (“attuale”77) ricchezza della disomogeneità spaziotemporale di un Universo variamente popolato di energia, anche quando alziamo lo sguardo e scambiamo segnali elettromagnetici (direttamente o addirittura a mezzo di onde gravitazionali) per vedere masse lontane che posseggono delta-accelerazioni rispetto a noi e tra di loro che non permette il calcolo di una accelerazione assoluta (d’altronde, se con gli occhi chiusi non posso sapere nulla (di assoluto) su me stesso, se li apro verso l’Universo infinito, posso aspettarmi di scoprire solo qualcosa di relativo rispetto a me stesso, o no?) viene riportata nello spaziotempo con la nuova dimensione della curvatura. Non è quindi dato identificare (chissà se esiste) un “centro di rotazione” dell’Universo, e la sua eventuale accelerazione [se cerchiamo aiuto fuori di noi non possiamo in realtà scoprire nulla (niente di assoluto) poiché non possiamo vedere l’Universo nella sua totalità, misurare tutte le accelerazioni relative rispetto alla nostra (o, alternativamente, gli spazi e i tempi degli altri) (si evita così, di nuovo, la questione si sapore “russelliano” dell’accelerazione dell’Universo nel suo insieme)] lascia ogni sistema di riferimento (accelerato) equivalente a tutti gli altri, attraverso l’immutabilità delle leggi fisiche: nella ridefinizione dell’equazione fondamentale della dinamica (l’ex secondo principio newtoniano), la “forza esterna” (ossia “non gravitazionale”) esercitata sull’osservatore stesso, o dall’osservatore derivata in punti esterni dell’Universo attraverso la misura della loro accelerazione relativa, deve variare (anche molto debolmente) in funzione di tali accelerazioni relative in modo tale che all’osservatore non sia possibile, dalla forma presa da tale equazione o dalla forza misurata, ottenere ulteriori informazioni oltre a quella dell’accelerazione relativa; da cui l’introduzione della curvatura spaziotemporale e la sua equivalenza con la forza di cui si diceva. Similmente, tutte le grandezze fisiche nei punti dell’Universo accelerati rispetto a noi osservatori devono trasformarsi in funzione della loro accelerazione e quindi della differenza del loro spaziotempo rispetto al nostro, in modo tale che, quando riportate nel 77 Sembra ci sia una tendenza ad un aumento dell’entropia (principio di massima entropia), ossia verso l’equidistibuzione di Tmn porta ad un universo spaziotemporalmente piatto con spazio e tempo costanti, senza quindi (delta-)gravità che è provocata dalla variazione di curvatura. Appunti sulla relatività 49 mutato spaziotempo in cui avvengono, assumano sempre la stessa forma (formulazione tensoriale) (ciò era già garantito nelle trasformazioni della relatività ristretta solo per velocità relative, quindi che diventano invarianti in ogni sistema di riferimento (diversamente da quanto succedeva nella relatività ristretta ora la derivazione covariante viene applicata in modo generale ad uno spaziotempo curvo)); si ottiene l’indipendenza delle equazioni dall’accelerazione assoluta, con il risultato di eliminarla, a livello concettuale, dall’ambito della fisica. Le leggi fisiche nel proprio riferimento locale sono percepite esattamente come quelle newtoniane (il nostro mondo esistenziale intimo, personale, è, “puntualmente”, newtoniano), ma il mondo in cui viviamo (quello non-puntuale, “non-proprio”) è spazialmente e temporalmente frammentato come la teoria generale ci fa notare. La componente spaziale della curvatura è difficile a “visualizzarsi” perché è una curvatura di tutto lo spazio 3D (per “vederla” quindi si deve considerare lo spazio curvo 2D); è impossibile da rilevare sulle corte distanze (coerentemente a quanto detto) poiché la traiettoria della luce è rettilinea (per esempio nelle nostre vicinanze) e non ha “memoria” delle curve che ha percorso (della curvatura dello spazio): per scoprire la curvatura spaziale che altrimenti “dall’interno” non potremmo osservare, dobbiamo allora, facendo delle ipotesi di invarianza temporale, osservare un cambiamento spaziale in un fenomeno osservato al variare della struttura spaziale che la luce ha attraversato (segno di un cambiamento di curvatura spazio-temporale). Stando fissi sulla Terra, possiamo, per esempio: - Comparare, costretti nel (nostro) tempo, la variazione della distorsione spaziale dell’immagine di un grande oggetto celeste in movimento rispetto a noi (e trasformantesi anche in ogni suo punto spaziale con un suo tempo proprio!) facendo l’assunzione che non vari spazialmente in quel lasso di tempo (ammettendo anche che lo spazio tra noi e lui, con la sua curvatura, rimanga costante) - è il fenomeno della “lente gravitazionale” - quando l’oggetto è dietro la grande massa/ energia (la lente) rispetto a quando non lo è; la conseguente curvatura del tempo di quella regione spaziale può essere immaginata come una 50 Appunti sulla relatività trasformazione temporale continua pari a quella là (localmente) prevista dalla relatività ristretta. Oppure, come nella previsione einsteiniana della deflessione della luce stellare da parte del Sole, non è l’oggetto celeste che si muove rispetto a noi, ma è lo spazio interposto che varia la sua curvatura78. La dilatazione temporale può essere scoperta con lo spostamento (quindi la variazione) verso il rosso delle righe spettrali, ammettendo come prima che i fenomeni fisici non varino nel tempo durante 78 Un delta di curvatura spaziale viene a costituirsi quando, erroneamente, lo spaziotempo è supposto con curvatura (spaziale) nulla, come avviene nella teoria newtoniana [l’approssimazione newtoniana è errata anche nell’approssimazione di campo debole: anche nel caso di campo debole la curvatura spaziale è piccola ma sempre presente (il campo newtoniano è quindi anche un’“approssimazione” (concettualmente sbagliata) nel caso “statico” con velocità nulle, per esempio quello di una persona che è ferma rispetto al pianeta Terra)]. Per ottenere la semplificazione concettuale newtoniana bisogna snaturare la relatività e forzarla ad un annullamento della connessione tra spazio e tempo annullando le velocità (le “componenti spaziali” dx a/ ds, trascurabili rispetto a dx4/ds per via delle concomitanti velocità molto minori di c, devono però essere annullate, nel qual caso viene eliminata anche la distorsione spaziotemporale della relatività ristretta relativa solo alle velocità [principio di equivalenza]) per cui il tensore metrico diventa abnorme: diagonale, privo di curvatura (spaziale), mantiene solo, in modo artificioso, la (piccola) dilatazione temporale secondo una quantità scalare proporzionale a 1/r: il potenziale newtoniano ϕ (della stessa entità ma opposta di segno si contrae lo spazio, senza assumere curvatura)]. Quando il campo gravitazionale diventa intenso (e quindi quando, di conseguenza, la velocità del pianeta rispetto a quella del centro gravitazionale diventa consistente rispetto a quella della luce, da cui la dilatazione temporale e la contrazione spaziale con curvatura) allora anche quantitativamente il tensore metrico gμν deve prendere il posto di ϕ e la curvatura spaziale aggiunge (alla dilatazione temporale) il suo contributo lungo r, quindi perpendicolare alla traiettoria planare, da cui ne deriva una precessione dell’orbita del pianeta (sempre presente, anche nel caso di campo debole, ma non prevista da Newton). Ha grande fascino anche il passaggio concettuale (con annesso procedimento matematico) dalla densità di massa newtoniana come sorgente del potenziale scalare ϕ alla stessa che diventata densità di energiaquantità-di-moto (Tmn, centrale) e sorgente di un cambiamento della struttura della spazio-tempo (del tensore gμν). Le tre equazioni del moto di Newton, indipendenti, diventano quattro equazioni dipendenti sia nel differenziale ds che nelle dxm/ds (equazioni per la geodetica). Dopo la determinazione di g μν è perfino possibile visualizzare la geodetica (e pensare a una soluzione grafica) a partire dalla sola velocità iniziale (e non energia-quantità-di-moto, Tmn, orbitante) dell’oggetto orbitante: nell’imbuto della curvatura spaziale, l’orbita circolare o ellittica (se taglia di sghembo l’imbuto) è quella per cui la contrazione delle lunghezze nell’imbuto va d’accordo con quella prevista dalla teoria ristretta (con la conseguente dilatazione del tempo) perché localmente (con accelerazione nulla) lo spazio(tempo) è spazialmente stirato come prevede la teoria ristretta. Si notino le semplificazioni (errori concettuali): 1. L’analisi è solo a livello di campo [quindi nemmeno dei due corpi, vedi Nota 63) (quindi l’energia-quantità-di-moto orbitante è supposta trascurabile rispetto a quella centrale e basta la sua velocità iniziale invece che il suo stato energetico/quantità-di-moto iniziale: solo con anche la seconda energia-quantità-di-moto non nulla, che porta il suo contributo alla curvatura globale (gμν globale), si può impostare realmente la conservazione dell’energia-quantità-di-moto); 2. L’analisi è solo statica (vedi Nota 30, Nota 31 e Nota 32) e quindi non-fisica (non vi sono quindi onde gravitazionali); 3. L’analisi non prende in conto, per esempio, la rotazione anche stazionaria a velocità costante dell’energia centrale (su se stessa per esempio), cosa che provoca una distorsione rotazionale statica dello spaziotempo, effetto non previsto dalla teoria newtoniana, effetto che esige la natura tensoriale di T mn, centrale per includervi la quantità di moto della rotazione. Appunti sulla relatività 51 quell’arco temporale (qui in particolare gli atomi responsabili delle emissioni)79 80. L’essere partiti a costruire la teoria della relatività generale da quella ristretta evidenzia il passaggio concettuale per fare in modo che la gravità, ossia l’influenza dell’energia(-materia) su se stessa, estenda il principio di relatività per le velocità definendo, sempre in maniera relativa, le variabilità, nel tempo (e nello spazio), di tempo e spazio, ossia la curvatura spaziotemporale (inglobando così il principio di equivalenza che diventa superfluo, o, se volete, da principio si trasforma in “corollario”81) perché la gravità è stata inserita direttamente nella struttura dello spaziotempo, e questo evidenzia come la mancanza di curvatura nella teoria ristretta (l’”appiattimento” delle differenze tra punto-evento e punto-evento) le permettesse di dare all’energia, con la sua influenza sulla struttura dello spaziotempo, la potenzialità (seppur sempre parziale), operando essa come un elemento esterno allo spaziotempo, di definire le accelerazioni da uno stato zero [l’estensione (in termini spaziotemporali e quindi di velocità e accelerazione) che la teoria ristretta faceva del locale all’universale è l’unica che rende il sistema di riferimento inerziale tale, ovvero generalizzabile, con la sua accelerazione nulla, a tutto l’Universo, e quindi utilizzabile per assolutizzare le accelerazioni, in accordo con quanto ancora il primo princi79 Come prima, si deve ammettere una costanza temporale (una coerenza temporale, una “memoria”) per fare una inferenza logica e quindi scienza. Lo stesso deve avvenire per poter dire che tempo e spazio non variano con il tempo, ossia si deve assumere che i regoli e gli orologi non varino con il tempo (ossia siano senza memoria) e questo lo si assume collegando orologio (e di conseguenza il regolo che però deve far entrare la costanza spaziale che è un’assunzione) a leggi invarianti della fisica [orologio atomico] (compresa l’invarianza della velocità della luce). Ma anche l’orologio atomico è un fenomeno e non una semplice legge e quindi come tutti i fenomeni fisici è in evoluzione e dipende dalla storia passata di Tmn (il tempo sono “scene” di Tmn; senza Tmn il tempo non esiste). Questa “coerenza” di spazio e tempo (e l’invarianza della velocità della luce) la quale permette una misura relativa di spazio e tempo cozza con la complessità dell’evoluzione temporale della fisica che tuttavia, essendo determinati ancora da leggi invarianti e deterministiche, è in teoria conoscibile. La realtà è che tempo e spazio non sono più entità separabili poiché la velocità della luce nel vuoto che li lega è diventata finita: lo spazio deve rimanere spazio ossia costante/indipendente dal tempo ma non possiamo vederlo (ossia correlarne più punti nello stesso istante, “in parallelo”) se non solo in istanti successivi (“in serie”), quindi lo spazio come entità a sé non esiste. Essi, forse, hanno senso solo come infinitesimi, dxa e dt, probabilmente però solo quando sono considerati insieme, come nella definizione della velocità (dxa//dt). 80 Un altro effetto della curvatura è il seguente: si riceve un segnale/campo-elettromagnetico da una massa/energia lontana con un certo ritardo. Se si interpone una grande massa/energia, il ritardo con cui si riceve il segnale/campo aumenta. Purtroppo non vedo possibilità di misurare tale variazione. 81 Per usare una terminologia newtoniana. 52 Appunti sulla relatività pio della dinamica newtoniano permetteva)], e non quella, epistemologicamente più corretta, di svelare (sempre parzialmente) le accelerazioni a partire da un loro stato indefinito, perché appunto l’energia è elemento indefinibile (in modo assoluto) interno a se stessa, operante su di una infinita variabilità. Come la relatività ristretta aveva, a mezzo di una rivoluzione della fisica, ma in accordo con la relatività galileiana, negato alla velocità della luce l’anomalo attributo di riferimento per assolutizzare le velocità, rendendo così inutile l’esistenza dell’artificioso etere e rendendo di conseguenza relativi tempo e spazio, così la relatività generale, a mezzo della condizione dell’ascensore e del campo gravitazionale ridefinito come campo capace di variare spazio e tempo e di impartire, in modo “silenzioso”, una accelerazione, per cui diventa necessario cercare una forza non gravitazionale oppure guardare fuori per cercare di “definire” (in “modo infinitesimo”) la nostra accelerazione e il nostro spaziotempo), rende indeterminabile (ma non per questo “miracolosamente” esistente) un sistema di riferimento ad accelerazione “uniforme (o zero)” che è l’unico che permetterebbe di assolutizzare l’accelerazione. E’ pur vero che, sulla scia del “principio limitante” ispiratore della teoria della relatività ristretta, si poteva prospettare l’esistenza di una teoria più generale che definisse, punto per punto, delle relazioni (relative) tra spazi e tempi, a mezzo della gravità, dopo aver reso relativa (indefinita) l’accelerazione. Ancora una volta, la relatività einsteiniana (nella scia di tutta la fisica, galileiana in primis) non ci dice nulla di nuovo su noi stessi (che siamo un assoluto); tutto ciò era prevedibile partendo sempre dalla “constatazione” che la natura non ci dona la “conoscenza infusa” rimanendo chiusi in noi (nel locale), e che “nulla” possiamo sapere su noi stessi anche avendo la possibilità di guardarci intorno. Meno prevedibile però poteva essere che le leggi fisiche, così come lo scorrere del (proprio) (spazio-)tempo, fossero sempre gli stessi, così come stanno: sembra comunque poco credibile che, in qualunque punto dell’Universo, le leggi della Natura siano e saranno sempre le stesse, ossia che questo principio di immutabilità (invarianza) delle leggi fisiche (seppur agiscano su un substrato spazio-temporale variabile: nei Appunti sulla relatività 53 “tempi propri” e negli “spazi propri” di ognuno)), come gli altri della relatività, abbia il carattere della definitività, dell’assolutezza, e ciò indipendentemente da come noi uomini, stando su questo piccolo pianeta, le abbiamo enunciate in questi pochi secoli di scienza e come le enunceremo nei secoli che verranno. Ma ciò era la sola possibilità, per il fatto appunto che la razionalità (la fisica) nulla può dire su se stessa (su di noi) (si vive nello stesso modo in ogni luogo ed in ogni tempo (il fluire dello spaziotempo è sempre lo stesso), la vita non cambia in funzione del nostro indeterminabile stato energetico, è la stessa della fisica precedente), quindi rimaniamo come siamo, e tutta la variabilità/ indeterminazione è rovesciata all’esterno da noi (una teoria che dicesse il viceversa potrebbe essere altrettanto “vera”, ma forse, non riferendosi al mondo fenomenico esterno in modo provvisorio-falsificabile, non sarebbe “sperimentabile” e quindi non sarebbe scienza, ma “filosofia” [osservazione: ogni ragionamento o condizione diametralmente opposto spesso è anche vero, a dimostrazione della fragilità del pensiero razionale]). La rivoluzione quindi solo apparentemente non tocca noi stessi, perché non siamo delle monadi nell’Universo, ci relazioniamo con gli altri/il resto dell’Universo per sapere chi siamo [e si ricordi che non siamo esseri chiusi in noi stessi, limitati, isolati perché avremmo spettro di Fourier illimitato, o se lo siamo la fisica non può descriverci82]: e scopriamo che gli altri sono nel loro mondo! In (questa) fisica ogni nostra azione ha una sua reazione, ma questa non si limita a quella newtoniana in termini di semplice forza, in quanto ora qualsiasi variazione di forza/energia/quantità-di-moto, leggibile anche in termini di variazione di accelerazione, fa in modo che noi si cambi lo spaziotempo in cui siamo immersi, e ci permetta di scoprire, ma solo in termini di relazione con gli altri (con i loro mondi) qualcosa in più sulla nostra condizione relativamente all’“esterno” (nulla possiamo dire sul fatto se il libero arbitrio esiste, il quale potrebbe vacillare, vista la interconnessione totale tra ogni punto-universo, ma la questione resta indeterminabile vista l’indeterminabilità dell’“Universo-noistessi” (o dell’Universo-esterno)). 82 Si veda anche Nota 30 e anche A. Paolini, cit. 54 Appunti sulla relatività L’uomo ha coltivato da sempre il mito della forza, ha alimentato l’eccitante ricerca della velocità, ha avuto fame di energia, di potenza. Da qui la lotta per accaparrarsi l’energia e l’ammirazione verso chi sa contrapporsi a grandi forze: la forza che siamo riusciti a sopportare è la misura del nostro vantaggio energetico nell’avvicinamento del limite della velocità della luce, perché vuol dire che siamo stati capaci di acquistare da noi stessi quelle accelerazioni elevate necessarie per avvicinarcisi prima degli altri (la relatività einsteiniana non stabilisce un limite per le accelerazioni (!)83, tuttavia è la fragilità del nostro fisico a porre un limite alle forze che riusciamo a sopportare). Siccome la relatività non apre nuove vie che cambino la nostra personale conoscenza84, dobbiamo ancora, come nella fisica newtoniana, giocare sull’energia (qualora se ne abbia la fortuna di disporne) per raggiungere e fare, di persona, più cose85 possibili nella vita, accelerando e frenando (proprio come fa il “gemello” viaggiatore). Il gemello viaggiatore del “paradosso” dei gemelli (che io chiamerei “dei fratelli” o “di chi si ama”) è quello, dei due, che alla fine si ritrova più giovane (perché ha effettivamente vissuto di meno), poiché è quello che ha “subìto” (“sopportato”) una forza (che è qualcosa di relativo) e quindi un’accelerazione relativa quando ha invertito la rotta per tornare dal fratello; sembra quasi che questa forza di ritorno sia quella necessaria a due grandi braccia per curvare il suo spaziotempo, che si è svolto separatamente (anche temporalmente) da quello del fratello. Ma la verità è che egli deve possedere un alto delta-energia di movimento iniziale, di distacco, poiché per partire, non può sfruttare la gravità (ossia la conseguente (delta)-curvatura) che è solo attrattiva, ossia “passiva” (in accordo con la sua natura relativistica) (per uscire da un forte campo 83 L’accelerazione, nel continuum spazio-temporale, corrisponde a una curvatura e quindi forse l’esigenza di continuità (o il bisogno di funzione e non di distribuzione) stabilisce che l’accelerazione infinita sia solo un limite. Così come la forza, che le corrisponde, può essere infinita solo come limite, così come un’energiaquantità-di-moto infinita è solo un limite teorico (i vecchi infiniti all’infinito). [Per quanto concerne il campo gravitazionale, le Tms si sommano, quindi lo spaziotempo viene curvato (con le accelerazioni) in modo lineare rispetto all’energia-quantità-di-moto (come in Newton), ossia lo spaziotempo pone un limite per le velocità (“c”) ma non per le accelerazioni o le energie-quantità-di-moto]. 84 Si veda dopo riguardo il tasso di informazione (information rate) che non cambia. Il tasso di informazione è ciò che conta davvero perché è il parametro dinamico (la quantità di informazione è un parametro spaziale o temporale e quindi estrapolato dal flusso in cui viviamo). 85 Solo cose perché per le persone si vive il dramma che sto per descrivere. Appunti sulla relatività 55 gravitazionale bisogna avere prima un forte (delta) velocità, ossia una elevata (delta) energia): per pensare di tornare indietro io devo prima lasciare mio fratello a cui ero accanto, per mezzo di un forte deltaaccelerazione, ossia in seguito ad una forza (intenzionale), ovvero devo acquistare un grande delta-energia-impulso (non gravitazionale) rispetto a lui, mentre per tornare indietro potrei anche (se fortunato) non usare nessuna forza ma sfruttare dei campi gravitazionali per instradarmi sulla via del ritorno [la massima curvatura/accelerazione di ritorno si potrebbe ottenere spingendosi (per usare un oggetto celeste abusato dai fisici e che a me non piace perché troppo teorico) fin sul bordo di un buco nero86, naturalmente non arrivandoci fermi (perché per non essere risucchiati dalla sua mostruosa forza di gravità bisognerebbe avere una forza da superuomini(!)) ma, al contrario, con una enorme velocità in modo da potergli ruotare intorno, ossia possedendo in anticipo una enorme energia di moto; ma, visto che non vi sono buchi neri a meno di 75-80 anni-luce, per riuscire a viaggiare fino a là con una ipotetica velocità tanto vicino a quella della luce quanto più possibile (quindi avendo acquistato nel frattempo una ipotetica energia di movimento enorme) bisognerebbe nascere già su di una astronave e trovarvisi nei “paraggi”, per riuscire ad arrivarvi vivi]. Se l’idea di allontanarsi, del vantaggio energetico-impulsivo, fosse di entrambi noi fratelli, se entrambi ci allontanassimo con la stessa accelerazione dalla Terra su due razzi e poi ci reincontrassimo, ci ritroveremmo sì con la stessa età (potendo cioè vivere ancora lo stesso numero di anni insieme), ma nulla cambierebbe riguardo la drammatica constatazione di aver passato in una solitudine spaziotemporale il lungo tempo del nostro viaggio87. Il possedere una grande energia-quantità-di-moto, ossia il fatto che i nostri tempi sono particolarmente dilatati, non dà nessun vantaggio 86 Il buco nero [raggio minore del raggio di Schwarzschild] può arrivare, teoricamente, ad essere una “singolarità” dello spazio-tempo [“buco nero-nero”] (curvatura infinita, quindi accelerazioni relative infinite, dovute a una densità di energia-quantità-di-moto infinita [la massa/energia-quantità-di-moto centrale che si concentra in un punto-Universo], cosa che cozza epistemologicamente con la realtà della fisica e con la filosofia relativistica: ogni punto(-Universo) non è singolare, ma dipende da tutti gli altri e quindi non possiamo considerarlo singolarmente. 87 Il viaggio, che mi è parso sempre qualcosa di solitario, diventa addirittura solitudine spaziotemporale, che avrà strascichi irreparabili anche nel futuro. 56 Appunti sulla relatività per l’osservazione del resto dell’Universo (che è qualcosa di “assoluto”88): non possiamo vederne, durante la nostra vita, una zona più ampia, “andare spazialmente più lontano con lo sguardo” (l’“anno-luce” è uguale per tutti89). Più in generale, in qualsiasi sistema di riferimento accelerato il rate [temporale] di informazione è sempre lo stesso 90, quindi il campo elettromagnetico è “democratico” e fornisce la stessa informazione (esperienza “da distanti”) a tutti, altrimenti lui stesso darebbe informazione assoluta: nessun sistema di riferimento [accelerato] è privilegiato, quindi non soltanto si vive localmente allo stesso modo [a meno del mondo energetico-impulsivo locale!], ma non si può nemmeno capire di più sul mondo esterno a priori, solo in virtù del proprio stato energetico-impulsivo [ma solo, relativamente, attraverso le proprie interazioni con altre energie-impulsi]. Dunque anche in questo delirio di energia infinita, quando “comunichiamo” con le telecomunicazioni, oppure se intendiamo spostarci fisicamente, dobbiamo limitarci ad un raggio di 75-80 anni-luce, l’inallungabile durata della nostra vita. Nella relatività l’accaparrarci energia-impulso ha dunque delle nuove conseguenze: ci relega spaziotemporalmente in un nostro mondo, separandoci da chi non ha la nostra stessa energia (già solo l’esserci, l’esistere, avere una nostra massa/energia-vitale, ci isola, ancorché in modo impercettibile, in un nostro spaziotempo [per via della natura non-lineare della curvatura, ossia del loop dell’energia su se stessa]). Invece di usare l’energia per allontanarci e poi eventualmente tornare, sarebbe sufficiente ruotare vorticosamente su se stessi (curvando anche in questo caso lo spaziotempo) per separarsi spaziotemporalmente dal proprio fratello, anche standogli accanto, così come da tutte le per88 Le differenze sono solo locali, come abbiamo visto: le persone che hanno meno energia-quantità-di-moto, vengono relegate in mondi separati. 89 Vedi prima che quando si tende a viaggiare alla velocità della luce il limite diventa per tutti quello della durata della propri vita. Anno-luce è come secondo-luce, ecc..: distanze invarianti qualsiasi sia la velocità o l’accelerazione del sistema di riferimento. Per essere più precisi, il mio dovrei chiamarlo “luce che viaggia per un anno”, valore invariante data la distribuzione energetico-quantità-di-moto della regione attraversata dalla luce: l’”anno-luce”, per avere una lunghezza univoca e quindi essere utilizzata come unità di misura deve essere definita con le seguenti aggiunte teoriche (perché non possibili nella realtà astronomica): “in assenza di campi gravitazionali ed elettromagnetici” (correttamente: in assenza di curvatura). 90 Il segnale elettromagnetico da una certa distanza ha sempre lo stesso ritardo rispetto al tempo locale. Dunque se comunico con persone che hanno vissuto più velocemente di me e che per esempio sono verso la fine della loro vita, non posso sfruttarne la maggiore conoscenza che hanno “incamerato”. Appunti sulla relatività 57 sone “più deboli”, con meno energia della nostra, fino a quando (e va bene se l’altro è ancora vivo) non discendiamo alla loro energia, accanto a loro, per scoprire tutta la vita non vissuta insieme, ormai perduta. Per condividere la nostra vita con quella degli altri bisogna avere la stessa energia (la stessa condizione accelerativa, ossia lo stesso ignoto campo gravitazionale, che eventuali delta-accelerazioni rispetto a loro fossero nulle (accelerazioni rispetto alla Terra uguali e nella stessa direzione) e inoltre velocità relative tra di noi nulle, in più che siamo vicini: in definitiva che stiamo insieme (vita e comunicazione in “realtime” coinciderebbero: la vita può essere vissuta solo accanto all’altro (idealmente nello stesso punto-universo, più concretamente se percorriamo la stessa linea-Universo), non può essere “trasmessa a distanza”). In sostanza, per condividere con l’altro lo stesso spaziotempo, dobbiamo stargli davvero vicino, fisicamente, e condividere così con lui anche lo stesso stato energetico. La relatività einsteiniana non inventa nuove leggi fisiche, ma lo spaziotempo (!), su cui innesta le leggi precedenti. Con una certa presunzione, si spinge a trattare l’“infinito”, ossia le alte velocità e le alte energie (le velocità “ex-infinite”, ora vicine, a c, e le grandi masse con i forti campi gravitazionali che ne conseguono). E’ quindi la fisica per studiare non solo le particelle accelerate ad alta velocità, ma anche i corpi celesti, e quindi il “Tutto”, l’Universo. Finalmente, inserendo nella nuova teoria relativistica, a mezzo del tensore della densità dell’energia-quantità di moto, i “classici” principii distinti di conservazione dell’energia e della quantità di moto [la divergenza (covariante) del tensore energia-quantità di moto è nulla: Tmn;n = 0], l’energia-quantità-di -moto di quel punto-Universo viene a possedere una condizione di moto relativa determinata, nei limiti delle nostre misure esterne, dall’energia-quantità-di-moto di quel puntoUniverso cui contribuiscono il campo elettromagnetico (che risponde 58 Appunti sulla relatività in tal caso al principio di conservazione della carica elettrica) e lo stato di moto/energetico delle altre masse (campo gravitazionale) di tutto l’Universo, in modo tale che l’energia-quantità di moto sia sempre conservata; si giunge alla già menzionata, mitica (e spudorata) equazione (di campo) dell’evoluzione dello spaziotempo la quale dovrebbe costituire quell’illusoria e ridicola equazione che chiude il cerchio, che permette la descrizione del “Tutto”, dell’evoluzione dell’energia-quantità-di-moto e quindi dell’Universo intero (secondo la pertinace convinzione di Einstein, anche di quello microscopico). Quando invece di fronte alle domande: «Chi siamo?» e: «Da dove veniamo?» rimaniamo sgomenti. E poi, soprattutto: il nostro libero arbitrio? La nostra (auto)coscienza? Mi ritrovai, infine, a riconsiderare una questione centrale del discorso scientifico (e quindi già più volte toccata nelle mie riflessioni): l’influenza dell’osservazione, e della conoscenza, sulla percezione ed il corso degli eventi osservati. Notai che è necessario vedere una massa, più in generale, interagire con essa, cioè scambiare, con quell’energia, altra energia (per esempio di “tipo” elettromagnetico) per scoprire qualcosa (di relativo) del mio e del suo moto, ossia se si possiede una accelerazione (o una velocità) rispetto a quella massa. L’effetto dell’osservazione (dell’aprire gli occhi) provoca una piccola perturbazione dello spaziotempo, una impercettibile variazione della sua curvatura, a fronte di un altrettanto impercettibile aumento della conoscenza del suo stato precedente la misura. La relatività afferma, semplicemente, in modo ancora più estremo della fisica precedente, che all’interno del suo campo di validità, che è quello fisico, è impossibile arrivare a conoscere la “verità”, ossia raggiungere la conoscenza assoluta (che è la sola certa, ammettendo idealmente che l’aleatorietà probabilistica (la fisica quantistica) non esista): ogni cosa che osserviamo, spaziotempo compreso, è influenzata dall’insondabile complessità del Tutto, dell’Universo intero. Nell’ambito razional-materialistico proprio della fisica, altra conclu- Appunti sulla relatività 59 sione non sarebbe possibile. La relatività einsteiniana ha infatti estremizzato la posizione materialistico-energetica della fisica, secondo cui la conoscenza può essere solo di tipo sensibile, può avvenire esclusivamente attraverso scambi energetici (che siano anche solo di tipo luminoso), i quali costituiscono l’atto della misura, affermando che lo spazio ed il tempo stessi non sono entità astratte, ma fisiche, esperibili per mezzo, soprattutto, della energetica luce, e la cui struttura è definita dalla distribuzione dell’energia dell’intero Universo (e quindi anche da quella minima della misura stessa). Tali scambi energetici, non solo quindi la “materia” della fisica newtoniana, ma anche i segnali luminosi, i quali portano informazione per la misura/conoscenza, e, inevitabilmente, alterano anch’essi l’evento misurato in seguito alla modifica della curvatura spaziotemporale, impediscono, seguendo Gödel e prefigurando la fisica quantistica, di misurare, ed anzi di conoscere, la natura stessa dello spaziotempo. Come potremmo sapere se qualcosa esiste (e quindi essere consapevoli che da essa siamo influenzati) prima ancora di averla misurata? Dal punto di vista scientifico, non ha senso chiedersi (perché la domanda non può avere risposta) se qualcosa esista senza che la si sia osservata, e neppure se essa continui ad esistere dopo che abbiamo distolto da lei lo sguardo. E’ certamente possibile che siamo influenzati pure da ciò che non vediamo (come anche la relatività generale può spingerci a pensare), quindi anche se non siamo consapevoli di esserlo, ma la scienza può solo ipotizzare l’esistenza di qualcosa che è stato misurato (e quindi è conosciuto), altrimenti le teorie sarebbero semplici congetture, e verrebbe a perdere di significato la misurazione sperimentale, che è il fondamento su cui poggia il metodo scientifico. Tuttavia l’approccio einsteiniano (che ha una genesi filosofica) è che tutto esista perché ciò che vediamo è determinato anche da ciò che non vediamo, dall’Universo intero: esso porta, al pari della teoria newtoniana (e in fondo di tutta la scienza moderna dall’introduzione del concetto di campo), a una teoria della complessità, tipica della scienza attonita moderna [si noti il carattere teorico-concettuale con cui si definisce il concetto di campo (per esempio quello gravitazionale newtoniano o quello elettromagnetico): per constatare che qualsiasi massa, 60 Appunti sulla relatività in quel campo, accelera con una certa accelerazione (in relatività: che si è in presenza di una curvatura), la “massa” di prova deve avere massa nulla (nella relatività, poi, la massa di prova, seppur infinitesima, ha un’influenza anche su se stessa (ogni campo è non lineare per la soggiacente curvatura spaziotemporale)]. Il percorso che compie la luce in una determinata regione dell’Universo è determinato dall’influenza che, su quella regione, esercita l’energia presente nell’intero Universo: la curvatura puntuale (in ogni punto-evento), per sua stessa definizione matematico-fisica legata all’accelerazione relativa, fa parte di una struttura spaziotemporale e obbedisce ad una “funzione curvatura” (esprimibile per mezzo dei simboli di Christoffel) determinabile solo conoscendo le condizioni al contorno, quindi assumendo la conoscenza/informazione della distribuzione della totalità dell’energia dell’Universo. Dal momento che se eseguo una ulteriore misura in un’altra regione dell’Universo per fare chiarezza sul “perché” di quel percorso, la luce cambia, in modo percettibile, la sua traiettoria rispetto a quella che aveva prima di questa seconda misura, sorge il dubbio se il libero arbitrio, che è legato all’atto della misura, esista davvero. Ma ciò non muta la sostanza del discorso: prima di eseguire la misura aggiuntiva, nulla potevo prevedere al suo riguardo, perché l’informazione mancante era infinita. La relatività generale sostituisce, alla fantomatica e celebre azione a distanza della teoria newtoniana, un’equazione di campo rispondente ad un “principio di causalità” (al principio di causa-effetto), ma non fa concessioni, anzi, continuando a sostenere che il nostro sguardo, limitato necessariamente ad una ristretta regione dell’Universo, non può darci informazioni sulla restante parte (infinita) non oggetto di misura, che si può supporre esistente e influenzante la misura, e quindi non esimendoci dall’impossibile impresa di misurare direttamente tutti i punti dell’Universo per risolvere il rebus, aggiunge al novero di ciò che è sconosciuto la dimensione della curvatura dello spaziotempo, ossia una indeterminazione di spazio o di tempo. L’ipotesi secondo cui la curvatura dello spaziotempo potrebbe essere l’effetto della nostra conoscenza, e quindi esistere solo nell’attimo in cui “vediamo” l’energia, ossia ne abbiamo coscienza, atto con cui modifichiamo impercettibilmente la curvatura dello spaziotempo stessa Appunti sulla relatività 61 (ma ne decretiamo l’esistenza), penso abbia un’analogia con la visione della fisica quantistica, e mi piace pensare, rendendomi conto di essere ridicolo, di aver intravisto un “punto d’incontro” fra teoria quantistica e relatività generale da cui tentare di far partire un mio fantomatico (e risibile) tentativo di elaborazione di un(’altra) possibile teoria unitaria. Paradossalmente, proprio l’ipotesi più strenuamente “scientificomaterialistica” (su cui, in modo quasi complementare, poggia la visione quantistica) secondo cui se non vediamo qualcosa (più in generale se ne ignoriamo la presenza), allora quel qualcosa non esiste, supporta la tesi che la vita potrebbe essere un sogno. 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