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D. Civettini, A Nostra Immagine, Padova 2020, Scheda 11, pp32-35

2020

CATALOGO DELLE OPERE 11. Giovanni de Fondulis (Crema, 1435 ca. – Padova, ante 1491) Madonna col Bambino in trono terracotta, 56×116×46 cm circa 1474 Pozzonovo, chiesa della Natività di Maria Il primo momento in cui è possibile rintracciare presso la parrocchiale di Pozzonovo questa scultura, una Madonna col Bambino in trono affiancato da due impacciati putti, è il 13 maggio 1643, allorché il prevosto Giovanni Antonio Paselli, nel rendere conto alla Curia Vescovile di Padova del proprio operato, dello stato della parrocchia e dei beni da essa posseduti, cita tra questi una «Madona di relievo del Rosario coronata di corona d’argento con il Putin in braço coronato d’argento con perusini d’oro al collo, et con velo dorato in testa» (ASDPd, Visitationes, XXIV, 183). Per nostra sfortuna, non mostrano la stessa diligenza i redattori delle visite pastorali anteriori (e posteriori, anche) che si concentrano anzitutto su questioni di ordinaria amministrazione e nell’inventariare oggetti liturgici d’uso più spicciolo. Si possono comunque inseguire alcuni riferimenti indiretti attraverso le voci del dovizioso corredo di veli, monili e diademi della scultura, via via arricchitosi nel tempo, e incontrare «tre vesti per la Madonna» registrate circa sessant’anni prima, nell’agosto del 1585 (ASDPd, Inventariorum, XIV, Pozzonovo); sempre su questa pista, ma stavolta prestando attenzione alle dedicazioni degli altari e avanzando solo delle ipotesi, si compie un ultimo per quanto brevissimo passo indietro fino al 1582, quando, nel primitivo edificio, a «banda sinistra dell’altare maggiore» ne è attestato uno intitolato appunto alla Madonna del Rosario (ASDPd, Visitationes, X, 150); posizione, questa, conservata dall’altare che attualmente ospita la scultura, nonostante i rifacimenti sette e ottocenteschi dell’edificio. Oltre a queste poche notizie, assai distanti nel tempo dal secolo cui essa evidentemente appartiene, non sono stati scovati ulteriori indizi che possano ve- rificare il suo insistere sull’altare maggiore in un momento imprecisato del XVI secolo (cfr. Ericani, in Pisanello. I luoghi del gotico internazionale 1996, p. 222). Il primo, o meglio, l’unico a menzionare la Madonna di Pozzonovo, al di fuori dei faldoni diocesani, è il noto erudito patavino Andrea Gloria nel suo ambizioso Il Territorio Padovano Illustrato, dove la rammenta come «una bona statuetta de terracotta» quale unica testimonianza artistica di rilievo, al pari di un elegante organo, nella parrocchia (Gloria 1862, p. 163). Cade poi su di essa un oblio ininterrotto lungo oltre un secolo, conclusosi solo grazie alla capillare ricognizione dei frammenti di Gotico Internazionale in territorio veneto che precedette l’indimenticabile esposizione su Pisanello nel 1996, a Verona. In questa sede la scultura emergeva all’attenzione della critica con una proposta attributiva a un allievo di Donatello, il fiorentino Nanni di Bartolo, detto il Rosso. A sostegno Giuliana Ericani (Ericani 1996, pp. 33-34; Ead. in Pisanello. I luoghi del gotico internazionale 1996, p. 222-223), cui si deve il riferimento, allestiva un’incalzante serie di confronti con alcuni dei più evocativi brani di quello scultore, dai putti reggi cortina e l’angelo scoperchiante il sepolcro nel monumento veronese a Nicolò Brenzoni, all’infante conteso nel gruppo del Giudizio di re Salomone sull’angolo nord-ovest di Palazzo Ducale, sino alle due Madonne col Bambino in terracotta, una, assai celebre, presso il convento di Ognissanti a Firenze, l’altra ad Arezzo, in Santa Maria della Pieve (in verità opera di un seguace, cfr. Galli 2008, pp. 210-213), confronti che parvero tanto convincenti da indurre gli studiosi successivi ad annoverare la Madonna di Pozzonovo tra 33 34 LA SCULTURA DI TERRACOTTA le maggiori attestazioni fittili del fiorentino fuor di Toscana, assieme all’arca pensile del beato Pacifico ai Frari di Venezia (Ferretti 1997, p. 110, nota 13; Della Bella 2001, p. 703; Gentilini 2004, p. 42; Vinco 2012, p. 122, nota 18; Id. 2013, p. 110, nota 5). Una voce di reciso dissenso fu tuttavia quella di Anne Markham Schulz, l’unica a non riscontrare «any resemblance in either its rendering of drapery or its facial types to Nanni’s more certain works» (Markham Schulz 2012, p. 170). È infatti sulla scorta di quanto asserito dalla studiosa americana e di una riconsiderazione complessiva dei raffronti apparecchiati dalla Ericani, a ben guardare non risolutivi, che l’ipotesi in favore del fiorentino mostra tutta la sua insostenibilità. Al contrario, gli scoperti accenti donatelliani, da intendere nella declinazione padovana e non in quella fiorentina dei primi anni venti, così come l’energia profusa nel modellare panneggi e articolazioni, nell’eccitare il piccolo Gesù a divincolarsi e contorcersi, nonché il particolare della mano che ne avvinghia il corpo, come fosse affetta «da una particolare artrosi metacarpale», sono tutte sigle inconfondibili del cremasco Giovanni de Fondulis (Civettini 2018, p. 170). C’è da dire che le corpose ridipinture e la smodata fantasia cromatica con cui la Madonna si presentava non agevolavano la lettura dei passaggi più notevoli, risultando in un certo modo quasi scostante. Il suo fascino e la non comune qualità, percettibili in ogni caso al di sotto delle parti posticce, sono stati infine riportati alla luce dal recente restauro, eseguito grazie all’opportunità offertaci da questa mostra. Tale intervento ha permesso di recuperare una policromia antica, sebbene non quella originale, probabilmente seicentesca, e di appurare l’estensione di alcune integrazioni in gesso che hanno mutato il gioco del velo sul lato sinistro, coprendo una larga porzione del collo, e dato maggior spessore alle ciocche di cappelli. La particolare forma assunta in questo modo dalla testa, più rigonfia in prossimità delle tempie, è forse da intendere volta alla creazione di una base d’appoggio ai preziosi diademi testé menzionati: una soluzione nata sul momento, da esigenze devozionali, come la grossolanità del gesso parrebbe confermare. Il disegno originale del velo doveva pertanto ripetere quasi alla perfezione quello enfiato della Madonna col Bambino del Bode Museum di Berlino, con cui, oltretutto, la terracotta condivide le affinità più stringenti, tanto da farle ritenere eseguite ad assai breve distanza. A differenza dell’esemplare tedesco però, tra i vertici innegabili nell’intero catalogo del de Fondulis, quello a Pozzonovo è stato modellato in maniera approssimativa e veloce, come appare evidente nel retro grezzo, ma anche in alcuni errori di modellato, in particolare l’occhio sinistro della Vergine più socchiuso rispetto all’altro, e dettagli resi con un solco più greve e meno controllato; né va dimenticata la presenza di profonde crepe visibili nello scavo retrostante, createsi con tutta probabilità in fase di cottura sia per l’eccessivo spessore del materiale che per un’asciugatura dell’argilla imperfetta. Ciò ha comportato una certa fragilità CATALOGO DELLE OPERE nelle parti di poco spessore, addirittura foratesi in alcuni punti, e delle rotture nella parte posteriore e inferiore della seduta, che hanno privato i due puttini di un piede ciascuno. Neppure il Bambin Gesù è rimasto immune da qualche menomazione: alcune falangi del piede sinistro e due dita della mano destra, oltre alle stesse pudende, forse scalpellate in epoca controriformistica. Questi riscontri spingono dunque a riflettere sulla destinazione originaria della scultura, che non dovette essere particolarmente prestigiosa né tantomeno parte di un complesso molto articolato ed esteso, ma forse una nicchia, o un altare addossato alla parete. È possibile che ornasse un altare di una chiesa patavina di minor importanza ovvero di qualche pieve della provincia, e che raggiungesse Pozzonovo solo in un secondo tempo, nel corso del XVI secolo, ma non è neppure da escludere l’ipotesi che nascesse fin dall’inizio per la sua sede attuale, sebbene manchino prove determinanti in entrambe le direzioni, come s’è visto. Sono in effetti ben noti i rapporti dell’artista con Este, per la cui Santa Maria delle Grazie eseguì quasi l’intero impianto decorativo a partire dal 1469, e Monselice, paese natale del responsabile della commissione atestina, distanti al massimo una decina di chilometri; il raggio d’azione di Giovanni fu ciononostante molto più ampio, a tal punto che pochi anni dopo, nel 1474, toccò persino Bassano del Grappa e il Vicentino. Verso questo secondo termine cronologico spinge con forza la disinvolta articolazione delle figure e del rapsodico panneggio – di continuo strizzato, ammaccato, sciolto, ammucchiato – presentandoci un artista ormai padrone di una sintesi formale e di un lessico, quello donatelliano, fatti indissolubilmente propri. Di qui all’espressionismo caricato e al sorprendente realismo del dossale bassanese e dei contemporanei Santi di Budapest, scattanti di lato al pari dei due protagonisti di Pozzonovo, paiono difatti correre davvero pochi solchi di stecca. Negli anni successivi il cremasco, gettatesi definitivamente alle spalle le ultime inflessioni lombarde, punterà invece a temperare il suo stile teso, ritorto, profondamente scavato, e a conseguire una retorica più classicheggiante e misurata, di cui si fanno portavoce le tre statue del Vescovado. Punto di arrivo di questo percorso, non ancora avviato nelle Ma- donne di Pozzonovo e Berlino, e indice del suo apprezzamento a Padova sarà la partecipazione, infine deludente, alla gara indetta nel 1484 per i rilievi bronzei del coro al Santo, che eleverà definitivamente il de Fondulis tra gli artisti di punta della scena artistica padovana, e lo collocherà tra le necessarie premesse, accanto al Bellano, agli sviluppi del secolo successivo. Davide Civettini Bibliografia: Gloria 1862, p. 163; Ericani 1996, pp. 334-35; Ead. in Pisanello. I luoghi del gotico internazionale 1996, pp. 222-223; Ferretti 1997, p. 110, nota 13; Della Bella 2001, p. 703; Gentilini 2004, p. 42; Markham Schulz 2012, p. 170; Vinco 2012, p. 122, nota 18; Id. 2013, p. 110, nota 5; Civettini (2018) 2019, pp. 170-179; Scansani (2018) 2019, p. 185, nota 211. 35