La Colombaia di Trapani: il libro di pietra
di Giovanni Vultaggio
“Studiare il passato consente di fare le scelte migliori
per il presente e migliorare anche il futuro.”
Tiziano Mannoni
Il Castello della Colombaia o “Columbara”, come veniva citata nei documenti medievali , con un termine che traduce
e dà continuità a quello antico di Peliades da πελεια = Colomba selvatica o la Columba livia (Gmelin ), citato da Diodoro Siculo, sorge sull’estremità dell’omonimo lungo scoglio che chiude il porto di Trapani, lungo circa 680 m e largo al
massimo 110, esteso circa 5 ettari ed alto oggi al massimo 3,5 m slm, con un andamento E-O ed un perimetro di 1600
m. (Fig. 1)
Sia la superficie, che il perimetro, che la larghezza massima risultano oggi maggiori di quelle naturali per via del
massiccio apporto di sfabbricidi che si è avuto sull’isola, in particolare, dal XVI secolo in poi, con l’edificazione del basso
bastione orientale del De Grunembergh che determinò l’interramento della sua originaria caletta di accesso e di una
vasta area costiera . Non mancarono, inoltre, nei secoli, vaste operazioni di demolizione e svotamento dai corpi fabbrica
precedenti, tanto che si rinvengono ancora oggi sull’isola, iframmenti di antiche strutture edlizie. (Fig. 2)
L’isola, al pari della zona del prospicente “quartiere Palazzo” di Trapani, è costituita da un calcare ricco di molluschi
bivalvi ed echinodermi, comunemente detto ‘pietra misca’ e ha certo risentito della estrazione di materiale lapideo anche
in epoche piuttosto recenti, tanto che sono ben visibili sull’isola delle tracce di cave, magari riferibili a recenti interventi
sul complesso.
Collocata in una posizione altamente strategica all’ingresso del porto di Trapani, scalo frequentato già durante preistorica e protostorica e di grande importanza strategica già in antico , la Colombaia, potrebbe aver visto sorgere le proprie
strutture di fondazione ben prima della nascita della stessa città, tanto che ’espressione dialettale: “cchiù vecchio ddà
Culummara”, riferita dal Pugnatore già alla fine del 1500, la attesta già allora nella percezione comune come la più antica
delle cose note.
E’ infatti possibile che Trapani, si sia sviluppata prima come porto ed emporion fenicio e solo dopo come cittadina
vera e propria: in tal senso, delle strutture di servizio al porto stesso (faro, torre di avvistamento, presidio militare, etc.)
possano essere state poste sullo stretto isolotto che chiude il porto naturale, da ben prima ancora che Trapani si evolvesse
in nucleo urbano vero e proprio.
Nel 368 a.C. Trapani era ancora descritta come “porto di Erice” ed in grado di accogliere 130 navi, mentre la nascita
del nucleo urbano vero e proprio si data al 260 a.C. con spostamento sul porto degli abitanti della vicina Erice e la fortificazione dell’abitato ad opera del cartaginese Amilcare.
PROGETTO
PELIADE
Gruppo
Archeologico
DREPANON
Via Marengo 7
91027 Paceco (TP)
Responsabile:
Arch. Maria Antonina
Altese
Fig. 1 Foto aerea del Castello e dell’isolotto della Colombaia di Trapani.
Diodoro Siculo e Cassio Dione, tramandato da Zonara
(VIII,16), parlando degli avvenimenti delle Guerre puniche, citano con il nome Peliades un’isola posta dinanzi la
città di Drepanon, su cui era stata innalzata una torre realizzata dal punico Amilcare Barca al posto di un faro per la
navigazione e conquistata proprio nel 260 a.C. dal romano
Numerio Fabio Buteone che in una notte ne uccise tutti
gli occupanti.
Anche grazie al lavoro degli archeologi trapanesi Antonio Filippi e Paolo Barresi, che hanno individuato i luoghi
di rinvenimento dei pochi reperti archeologici a noi noti,
sappiamo che anche dopo la fase delle guerre puniche, benché all’ombra di Lilibeo (Marsala), Trapani non smise di
essere un porto comunque attivo almeno fino al periodo
bizantino, in cui compare tra i primi tre centri della provincia con Lilibeo e Segesta.
La città, infatti, per i preziosi traffici di sale, tonno e
prodotti dell’entroterra, mantenne sempre una certa importanza per posizione strategica del suo porto, tanto che
Agnello Ravennate la ricorda come una tappa di una cer-
ta rilevanza su una rotta indiretta Bisanzio-Italia e il prof.
F.Burgarella ipotizza persino che proprio il porto di Trapani fosse una importante base navale della flotta bizantina
in Sicilia all’inizio dell’VIII secolo d.C..
Sebbene scarseggino le fonti riferite alla Trapani musulmana, la cittadina, così come ben sintetizzato da Ferdinando Maurici, nel corso delle suoi numerose pubblicazioni,
benchè poco estesa, fu comunque tra le più fiorenti città
della Sicilia e continuò a esserlo, come attesta una fonte
araba anonima, forse di X o XI secolo, che la descrive come
una città importante e un buon centro commerciale, dato
che il suo porto fu pure teatro di violenti sconti tra arabi
di Sicilia e quelli della madrepatria, con tanto di assedi,
battaglie e uno sbarco in forze nel 902.
Anche dal geografo arabo al-Muqaddasi venne descritta
come una cittadina cinta di mura e ben difesa, tanto che
la conquista normanna nel 1075, fu resa possibile solo attraverso operazioni militari combinate da terra e dal mare,
mentre i viaggiatori arabi in età normanna, il pio Ibn Jubair e il famoso geografo Idrisi, la descrivono come una
città fortificata, prospera, intimamente connessa all’eccellenza del suo porto “calmo, anche quando il mare aperto è
agitato”, fornita di mercati spaziosi e in cui è intenso anche
nella stagione invernale il movimento marittimo massimamente diretto da e verso la Tunisi.
Yakut al Hamawi intorno al 1220, ricordò il gran numero di intellettuali arabi che Trapani aveva potuto vantare e la descrive come una cittadina con un alto tenore
economico, che ruota intorno al suo porto, dedita in gran
parte ai traffici, mentre la straordnaria ricercatrice Laura
Sciascia, spiega il tumultuoso sviluppo che la città conobbe
dall’età sveva in poi, grazie ad un importante trattato sottoscritto tra Federico II e Abu Zakariyya Yahya, signore di
Tunisi, grazie agli auspici della importante famiglia degli
Abbate de Trapano.
Grazie a quell’accordo, Trapani, legata fortemente a
Pisa, ma anche aperta ai commerci con Amalfitani, Catalani, Alessandrini, Genovesi, Veneziani, Lucchesi, Francesi
e Fiorentini, conoscerà per oltre un secolo uno sviluppo anche edilizio che attraverserà il periodo angioino, epidemie
di peste e i violenti conflitti delle guerre del Vespro, di cui
fu uno dei principali epicentri.
Il poderoso sforzo di ampliamento delle mura della città, voluto dal re Giacomo d’Aragona, detto il giusto, nel
1286, ufficializzò e razionalizzò la profonda accelerazione
che aveva avuto la città, sia cingendo di mura quella zona
già allora denominata “Palazzo” (su cui erano certo sorti
edifici di pregio oltre che alcuni consolati) sia fortificando
le difese del porto più prossimo alla Spagna, il “porto dei
re”, reso sicuro per la fedeltà al regno aragonese di Palmerio
Abate. Anche in base a personali e recenti studi è proprio
a questo momento così centrale nella storia di Trapani,
che ritengo si possa attribuire la realizzazione della nostra
“turri mastra” (Fig. 4), la superba torre ottagonale di 32
m di altezza, che ancora oggi: domina il complesso della
Colombaia, segna il panorama di Trapani dal mare e avvia
l’evoluzione del complesso da struttura turrita in una prima struttura castellare. (Fig. 6)
Le torri medievali della Colombaia (la nuova ottagonale
e la precedente, in origine con molta probabilità esagonale)
vennero infatti inglobate in una prima cinta muraria di
dimensioni più piccole rispetto a quella attuale, realizzata
nella locale “pietra mischia” (Fig. 5), che venne poi ingrandita in “petra lattimusa” realizzando nel corso del trecento
quel grande complesso ellittico che ancora oggi ammiriamo e che venne poi ulteriormente rafforzato nella prima
metà del cinquecento, attraverso un esteso intervento di
rifoderatura sul fronte a mare, eseguito col fine di adattare
la struttura difensiva all’impatto con le più potenti armi da
fuoco. (Fig. 6)
All’ opera del vicerè De Vega intorno al 1550, si deve,
ancora, il riempimento e sigillatura del versante orientale della cinta ellittica medievale, con la sopraelevazione e
realizzazione del massiccio “propugnacolo” orientale, che
con i suoi 17 m di altezza, 30 m di lunghezza e 20 m di
profondità, andò a realizzare una solida base per l’artiglieria, capace di resistere ai colpi delle nuove micidiali armi
da sparo. (Fig. 7)
Una importante trasformazione del Castello, avvenne
dal 1673, quando su ordine del viceré Don Claude Lamoral, principe di Ligné, venne realizzato dal De Grunenberg, il nuovo corpo bastionato poligonale sul lato orientale, rivolto ora verso la città, piuttosto che verso il mare,
a tutela del potere regio dalle frequenti rivolte cittadine di
quegli anni.
Fig. 2 La Colombaia ha sempre consevato i resti delle strutture che nei secoli vi sono state realizzate: nella foto, i frammenti in “petra tipa” di una antica parasta e una cornice.
Fig. 3 La suggestiva torre orientale, conservando al suo
interno una rara stanza ventilata potrebbe essere stata una
antica “una torre del vento”
Fig. 4 La preziosa “Turri mastra”, tra le dieci più grandi
torri ottagonali mai construite, fu forse eretta già alla fine
del XIII sec. da modelli spagnoli.
La Colombaia, che già nel XVI secolo accoglieva dei
prigionieri, venne sempre più utilizzata come prigione dai
Borboni, ma finì per diventarlo ufficialmente solo dopo
l’unità d’Italia, con la perdita della qualifica cittadina di
piazza d’armi, per restarlo sino al 1965, tranne una breve
interruzione in occasione della Seconda guerra mondiale
dal 1939 al 1943, in cui vennero edificati diversi ambienti,
recinzioni, i grossi capannoni delle fabbriche di mine oltre
ad un tunnel in cemento armato, ricavato all’interno della
base del propugnacolo del De Vega.
Così la costruzione del molo/diga foranea, data ai primi
decenni del ’900 e la sua estensione al 2005, in occasione
degli act dell’America’s Cup.
Fig. 5 - Lettura stratigrafica delle parti più antiche del
complesso. La torre orientale forse araba o normanna (verde),
la torre ottagonale e la muratura del XIII sec. (giallo), la
cinta muraria medievale del XIV (arancio).
Il faro sulla torre ottagonale, nelle sue più diverse versioni, sembra sia stato sempre presente, ma smise di funzionare prima del 1920: integrato con strutture di trasmissione, finì per essere parzialmente demolito in occasione dei
restauri del 1993 diretti dall’architetto F. Terranova, dal
momento che il suo peso eccessivo, stava compromettendo
la stessa stabilità della torre.
Allo stesso si deve pure il merito di aver reso possibile
lo studio stratigrafico di archeologia dell’architettura compiuto dal sottoscritto, che ha consentito di poter scrivere
una “storia” del monumento meno ipotetica, oltre al doveroso sgombero delle superfetazioni interne al mastio ottagonale e il suo consolidamento.
Nel 2012 il complesso è stato oggetto di un discutibile
intervento di messa in sicurezza e dopo un primo infruttuoso bando, la struttura dovrebbe ora venir restaurata con
i fondi del Recovery Fund, ci auguriamo dopo intense fasi
di studio e ricerche che stiamo sollecitando e una volta
chiarita la sua destinazione, ancora oggi incerta.
Arch. Giovanni Vultaggio
Fig. 6 La singolare struttura castellare ellittica della
Colombaia databile con ogni probabilità al XIV secolo e poi
rifoderata nel XVI secolo (rosso).
PROGETTO PELIADE
Istituti e docenti referenti:
Liceo Classico-Scientifico “V.Fardella-Ximenes”: Proff.ri
M.Luisa Curatolo e Vincenzo Lo Pinto.
Liceo Artistico “Buonarroti” (I.S. R.Salvo): Prof.ssa Graziella Ingrassia.
I.T.T. Turistico “ L. Sciascia - Bufalino”: Prof.sse Elena
Bettini e Antonella Maiorana.
I.T.T. “Calvino-Amico” Prof. Angelo Vitale
S. S. l’Grado “A. De Stefano” Proff.ri. Agata La Colla e
Francesco Musillami
Crediti Fotografici: Ph. 1,5,6,7: Lorenzo Gigante/Massimo
d’Azeglio; 2: Giovanni Vultaggio; 3,4 Diego Mileto.
Stratigrafia Muraria: Arch. Giovanni Vultaggio
Gruppo archeologico Drepanon
www.drepanon.org - info@drepanon.org
Antonella Altese 347 1431982
Vincenza De Gregorio 328 2684935
Fig. 7 - Il “propugnacolo” del De Vega della metà del
1500 (viola), il bastione del principe di Lignè del 1673 (celeste) e le strutture del XIX e XX secolo (grigio)
I Gruppi Archeologici d’Italia sono una associazione iscritta al
Centro Nazionale del Volontariato. Dal 1965 si occupa di conoscere,
valorizzare, salvaguardare il Patrimonio dei BB.CC.AA. su tutto il
territorio nazionale collaborando con le autorità preposte.