Studi in ricordo di
Gabriella Braga
a cura di
IV
P G. S G B
M P – C V
Per Gabriella
Marco Palma e Cinzia Vismara
Tomo IV
Copyright © 2013
Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale
Via G. Marconi 10
I - 03043 Cassino (FR)
ISBN: 978-88-8317-072-0
(quattro tomi indivisibili)
€ 120,00
Cassino 2013
EDIZIONI UNIVERSITÀ DI CASSINO
EDIZIONI UNIVERSITÀ DI CASSINO
COLLANA DI STUDI UMANISTICI
6
Per Gabriella
Studi in ricordo di
Gabriella Braga
IV
a cura di
MARCO PALMA e CINZIA VISMARA
EDIZIONI UNIVERSITÀ DI CASSINO
2013
Copyright © 2013 – Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale
Via G. Marconi 10 – Cassino (FR)
ISBN 978-88-8317-072-0
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CINZIA VISMARA
Le catacombe ebraiche di Roma venticinque anni dopo.
Palinodie, revisioni, nuove linee di ricerca
Aut enim nemo,
quod quidam magis credo,
aut, si quisquam, illa sapiens fuit
da Cic. Lael., 9
1. INTRODUZIONE
Negli ultimi venticinque anni gli studi sulla consistenza, l’organizzazione, i cimiteri della comunità ebraica di Roma in età repubblicana e imperiale sono stati numerosi e innovativi, tanto che
è giunto il momento di tentare un primo aggiornamento di quel
quadro generale che su questo argomento era generalmente accettato alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso1 . Sarà dunque
opportuno presentare sinteticamente i dati archeologici in nostro
possesso, prima di esporre le varie questioni attualmente oggetto
di discussione.
2. IL MATERIALE DOCUMENTARIO
2.1. Le fonti letterarie
La prima notizia sull’esistenza di una comunità ebraica a Roma
viene fornita da Valerio Massimo (1, 3, 3)2 : a Caldei e astrologi
Ringrazio per l’aiuto competente ed i preziosi consigli gli amici Maria Rosaria Barbera, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Elsa Laurenzi, Marina Magnani Cianetti, Donatella Nuzzo,
Giovanni Piacentino, Eugenio Polito.
1
Sintesi in VISMARA 1986.
2
Le due epitomi di Paris. e Nepotian. differiscono leggermente. Per una storia degli
Ebrei di Roma, vd. SMALLWOOD 1976 e RUTGERS 1995.
CINZIA VISMARA
espulsi da Roma nel 139 a.C. sarebbero stati associati gli Ebrei,
colpevoli di contaminare la morale con il culto di Giove Sabazio;
anche se si tratta forse di un equivoco generato dalla festa dello
Shabbat, la presenza di una comunità in questo periodo è probabile, tanto più che già dal 161 a.C. Roma aveva rapporti diplomatici
con la Palestina. I prigionieri condotti a Roma da Gerusalemme
nel trionfo di Pompeo su Aristobulo celebrato nel 61 a.C. dovettero incrementarla; essi furono in gran parte riscattati dalla comunità
(Ph., leg., 155), che aveva un certo peso tra i populares (Cic., Flacc.,
28, 66). Quanto alla presunta espulsione di tutti gli Ebrei da
Roma nel 41 – Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma
expulit (sc. Claudio) – di cui dà notizia Suetonio (Claud., 25, 4), è
poco verosimile che abbia colpito l’intera comunità, tanto è vero
che Cassio Dione (60, 6, 6) afferma che la punizione si limitò alla
privazione del diritto di assemblea. All’esilio furono probabilmente
condannati solo i giudeo-cristiani, come Aquila e Priscilla che
l’apostolo Paolo incontrò a Corinto (Acta Ap., 18, 2) e che comunque erano di nuovo a Roma prima del 59 (Rom., 16, 3)3 . Nulla
sappiamo su una eventuale partecipazione della comunità ebraica
agli avvenimenti che sconvolsero la Palestina sino alla distruzione
del Tempio, a seguito dei quali si stabilì a Roma Flavio Giuseppe,
né, più tardi, alla grande rivolta soffocata da Adriano. Alla fine del
I o agli inizi del II sec. d.C. quattro eminenti rabbini si recarono in
visita dalla Palestina alla comunità ebraica di Roma per intercedere presso l’imperatore affinché revocasse un provvedimento di
Domiziano volto a sterminare o a espellere gli Ebrei dall’impero 4 .
Poco chiaro è l’episodio della condanna, nel 95, di Flavio Clemente, della moglie Flavia Domitilla e di Acilio Glabrione (Suet.,
Dom., 12, 2; 15, 1. Dio, epit. 68, 14, 1-2)5 per ateismo e pratiche
giudaiche.
Sul problema, SMALLWOOD 1976, pp. 210-216.
SMALLWOOD 1976, pp. 383-384 con le fonti ebraiche.
5
Cf. PERGOLA 1978.
3
4
1844
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
Le notizie che si ricavano dalle altre fonti letterarie che menzionano gli Ebrei di Roma6 , assai scarse, sono di poco aiuto per la
ricostruzione della struttura e della vita della comunità romana. Si
tratta per lo più di satire che ripetono luoghi comuni, presentando
gli Ebrei romani come ciarlatani o mendicanti. Alcuni testi forniscono nondimeno due preziose notizie sui loro quartieri di abitazione7 : la Legatio ad Gaium (23, 155) attesta la presenza di Ebrei
nel Trastevere, confermata dalla catacomba della via Portuense8 e
da un’iscrizione trovata presso la Porta Settimiana (JIWE 2, 538)
che menziona un personaggio che ricoprì per due volte la carica di
archōn e che potrebbe testimoniare con buona verosimiglianza dell’esistenza di una sinagoga nel quartiere. Da Giovenale (3, 11-16)
apprendiamo che alcuni Ebrei abitavano presso la Porta Capena:
anche in questo caso è significativa la presenza, proprio lungo
l’Appia, di ben due cimiteri ebraici9 .
2.2. Catacombe e altri ipogei ebraici di Roma
A Roma sono noti sinora sei complessi funerari ipogeici ebraici10 :
due di modeste dimensioni11 e quattro vere e proprie catacombe,
due delle quali furono in un secondo momento unite12 . L’intensa
STERN 1974-1984.
Cf. COLLON 1940.
8
Vd. infra, 2.2.1.
9
La catacomba di Vigna Randanini (infra, 2.2.2) e l’ipogeo di Vigna Cimarra (infra,
2.2.6).
10
Un piccolo ipogeo di via Appia Pignatelli, oggi scomparso, fu a lungo considerato
ebraico, senza che alcun elemento giustificasse tale attribuzione: cf. VISMARA 1986, pp.
389-392. Sul toponimo ad catacumbas e sul termine coemeterium si rimanda rispettivamente a LUISELLI 1986, pp. 852-854 (cf. BODEL 2008, pp. 198-199, nn. 19-20) e a
REBILLARD 1993.
11
In realtà andrebbe considerata modesta solo l’estensione a noi nota, dal momento
che, essendo molte delle gallerie interrate o franate, nulla sappiamo delle loro reali dimensioni.
12
A seguito del Concordato tra lo Stato italiano e il Vaticano (11 febbraio 1929),
tutte le catacombe vennero affidate a quest’ultimo, che le gestì tramite la PCDAS (Pontificia Commissione di Archeologia Sacra). Nel quadro della revisione del Concordato
(18 febbraio 1984) il Vaticano ha rinunciato alla custodia delle catacombe ebraiche;
un accordo tra lo Stato italiano e l’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane),
6
7
1845
CINZIA VISMARA
urbanizzazione che ha interessato l’antico suburbium dalla seconda
metà del XIX sec. potrebbe aver causato la scomparsa eventuale di
ipogei minori, alcuni conosciuti da segnalazioni in letteratura, altri
ignoti. Questi cimiteri si trovano per lo più vicino ad analoghi
complessi cristiani, dal momento che l’ubicazione di entrambi doveva essere all’esterno del pomerio e in aree che presentassero caratteristiche geologiche favorevoli all’escavazione di estese reti di
gallerie. Essi vennero per lo più scoperti e indagati nella seconda
metà del XIX sec. e nella prima del successivo; gli scavi consistettero essenzialmente nello sterro delle gallerie e, specialmente agli
inizi, nella spoliazione quasi sistematica delle lastre iscritte e delle
suppellettili più significative (lucerne, vetri dorati) che confluirono
per la maggior parte nelle collezioni del Museo Lateranense, del
Museo Nazionale Romano e dei Musei Capitolini, spesso senza
indicazione della provenienza.
2.2.1. Catacomba di Monteverde o della via Portuense13
La prima catacomba ebraica scoperta a Roma venne esplorata da
Antonio Bosio il 14 dicembre del 1602; situata tra la stazione di
Trastevere e la Circonvallazione Gianicolense, si era sviluppata al
di sopra delle cave del celebre tufo «di Monteverde» impiegato in
molti edifici di Roma a partire dal II sec. a.C.; fu proprio la debolezza del suo sottosuolo a causarne la quasi totale distruzione.
L’instabilità della gallerie superstiti ne determinò l’abbandono sino
alla riscoperta ad opera di N. Müller, le cui ricerche del 1904 fufirmato nel febbraio 1989, affida a questo organismo (art. 16, sul Patrimonio) i Beni
culturali ebraici. La legge 101/1989 (http://www.governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/norme/89L101.html) ha istituito un regime concordatario tra lo Stato italiano e l’UCEI: una Commissione paritetica deve promuoverne lo studio, la valorizzazione e la tutela. Per maggiori dettagli, vd. VITALE 2003, pp. 47-48.
13
BOSIO 1632, MÜLLER 1912, 1915; PARIBENI 1919; BEES 1919; REINACH 1920;
FERRUA 1988, pp. 27-33; DI STEFANO MANZELLA 1989; FILIPPI 1991; BEVILACQUA
1997; G HILARDI 2003; LTUR Suburbium IV, 2006, “Portuensis via” (R. MARTORELLI),
p. 235. Inoltre: DE A NGELIS D’OSSAT 1939, pp. 21-27; LEON 1960, pp. 46-51, 58-59;
G OODENOUGH 1963, pp. 4-14; CIJ I, pp. LX-LXI, 206-211; VISMARA 1986, pp. 361367; VITALE 1994, pp. 23-24; JIWE 2, pp. 1-9.
1846
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
rono pubblicate undici anni più tardi; lo studioso individuò l’ingresso alla regione visitata dal Bosio (un vestibolo in laterizio con
volta a botte da cui partiva una scala che conduceva a gallerie
provviste di numerosi cubicoli) e alcuni spazi funerari più brevi di
vere e proprie gallerie ma più angusti dei normali cubicoli, forse ricavati nell’ambito delle antiche cave. Una nuova regione – o forse
un ipogeo autonomo – con scala e ingresso propri fu scoperta nel
1913, ma anch’essa, soggetta a crolli e quasi inaccessibile già nel
1915, scomparve definitivamente nel 1929.
Tipologia delle sepolture: formae, spesso al di sotto di altre
riempite con tufo e terra, specialmente presso la scala scoperta dal
Müller; loculi, sarcofagi di terracotta e in muratura.
Iscrizioni: più di 200 in ebraico, greco e latino: JIWE, 2, 1-203.
Sinagoghe menzionate: Agrippēsiōn, Augoustēsiōn, Bernaklōn,
Bouloumnēsiōn, Hebreōn, Kalkarēsiōn, Tripoleitōn.
2.2.2. Catacomba di Vigna Randanini o della via Appia14
La catacomba di Vigna Randanini fu scoperta nel 1859 da E.
Herzog e venne studiata e pubblicata nel 1862 da R. Garrucci;
tuttavia la pianta fu presentata solo nel 1933, in appendice al corpus delle iscrizioni ebraiche di J.-B. Frey. Il complesso è scavato nel
fianco roccioso di una collina e l’ingresso principale è sulla via Appia Pignatelli, quasi di fronte al cimitero di Pretestato. Esso è preceduto da una serie di strutture in muratura che presentano due
fasi edilizie: la più recente, in opera vittata, a carattere funerario,
con arcosoli e pavimento musivo. Dal vano d’ingresso originario,
che era provvisto di un pozzo, partivano gallerie oggi franate; esso
14
VISCONTI 1861, HERZOG 1861; G ARRUCCI 1862, 1863, 1864; MARUCCHI
1883, 1884a; FREY 1933; RUTGERS 1988; VISMARA 1986-88; LAURENZI 1998-99;
SPERA 1999, pp. 262-265, UUTT 444-447, figg. 194-198; LTUR Suburbium I, 2001,
“Appia via”, pp. 107-109 (S. FRASCATI); NUZZO 2000, pp. 135-138; LAURENZI 2004.
Inoltre: DE A NGELIS D’OSSAT 1939, pp. 176-178; LEON 1960, 51, 55-57, 59-62;
G OODENOUGH 1963, 14-33; CIJ I, CXX-CXXVI, 53-54; VISMARA 1986, 371-378;
VITALE 1994, pp. 25-29, 2003, pp. 50-52; JIWE 2, pp. 173-181.
1847
CINZIA VISMARA
era in comunicazione con un altro ambiente (l’ingresso attuale),
che collega le strutture esterne alla catacomba vera e propria. Nella regione prossima all’ingresso le gallerie sono per lo più larghe ma
basse e piuttosto irregolari; qui si trova la maggior parte dei cubicoli, generalmente di modeste dimensioni e tutti ricoperti di
intonaco bianco salvo uno, che presenta partizioni geometriche e
una menorah sulla parete di fondo (la Painted Room IV di Goodenough15 ).
La regione adiacente ha un andamento più regolare e le gallerie, oltre ai loculi, presentano alla base dei kokhim (tombe ‘a forno’
perpendicolari alle pareti16 ); in quest’area è un altro cubicolo, con
ricca decorazione pittorica (la Painted Room III di Goodenough17 )
a specchiature marmoree con crateri, e palme negli angoli; il soffitto è stato distrutto per praticare nelle pareti ulteriori loculi ed è
stato ricavato un nuovo cielo ad una quota superiore. Segue un
settore irregolare e in parte franato, su cui si innesta un ‘sistema’
costituito da due gallerie perpendicolari con kokhim, in rapporto
con una scala che sale all’Appia. Questa si articola in tre rampe ed
ha un pianerottolo con un lato breve curvilineo simile a quello
della scala di accesso alla catacomba inferiore di Villa Torlonia; si
tratta di un dispositivo liturgico legato alla sosta che la salma,
secondo il Talmud (Baba Batra VI, 8)18 , deve fare in un vestibolo
prima dell’inumazione. La galleria settentrionale del ‘sistema’ piega a Ovest ove si raccorda con un’altra, nella quale verosimilmente
i fossori si sono imbattuti nel corso dell’escavazione, che faceva ca-
G OODENOUGH 1963, p. 21; cf. infra, 2.4.
Sulla tipologia, NUZZO 2000, pp. 168-169 (3.5), 189-190.
17
G OODENOUGH 1963, pp. 20-21; cf. infra, 2.4.
18
L. V. RUTGERS ritiene che il medesimo apprestamento, presente lungo la scala
d’accesso alla catacomba inferiore di Villa Torlonia (vd. infra, 2. 2. 3-4), «avesse un’altra
funzione prima della trasformazione ad area d’ingresso per la catacomba» (2006, p.
176) e che «spiegare queste caratteristiche in base alla Mishnah, come fa FASOLA (1976,
p. 41), è problematico per diverse ragioni, ma prima di tutto perché sembra piuttosto
improbabile che un giudaismo di tipo rabbinico fosse già conosciuto a Roma in quell’epoca» (ibid. 182, n. 47). La doppia attestazione – in due diverse catacombe – sembra
comunque dar forza all’ipotesi di U. M. Fasola.
15
16
1848
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
po con altre ad una scala a rampa unica. Su questa galleria si apre
un cubicolo doppio (le Painted Rooms I e II di Goodenough19 ) con
una decorazione pittorica di buona qualità consistente in temi del
repertorio ‘pagano’ largamente diffusi, entro partizioni geometriche; oltre a scenette bucoliche, al centro del soffitto della camera
più interna è raffigurata una Tyche in atto di libare, su quello dell’altra una Vittoria che incorona un personaggio maschile nudo20 .
Le gallerie a Ovest e a Nord di questo settore della catacomba sono in gran parte franate.
Numero delle sepolture: poco più di 120021 .
Tipologia delle sepolture: kokhim, cubicula, loculi, arcosolia, formae, sepolture alla base delle pareti, leggermente aggettanti, sarcofagi in pietra.
Iscrizioni: 196, per lo più in latino, talvolta con caratteri greci:
JIWE, 2, nn. 204-401.
Sinagoghe menzionate: Kampēsiōn, Sibourēsiōn.
2.2.3-4. Catacombe di Villa Torlonia o della via Nomentana22
Nel 1918, in occasione dei lavori effettuati per rinforzare le fondamenta delle scuderie di Villa Torlonia, fu individuata una rete di
gallerie che si sviluppavano su due livelli, parzialmente sovrapposti,
con cubicoli, arcosoli e loculi decorati con pitture di soggetto
ebraico. La prima edizione del complesso risale al 1930 ed è opera
di H.W. Beyer e H. Lietzmann: i due studiosi ritennero che la
catacomba superiore fosse la più antica. Come ha chiarito U. M.
G OODENOUGH 1963, pp. 17-20, citate d’ora innanzi PR I e PR II.
LAURENZI 2004.
21
VITALE 2003, p. 51.
22
PARIBENI 1920; MARUCCHI 1920; REINACH 1921; BEYER – LIETZMANN 1930; FREY
1931a-c; WINSCHNITZER 1931; RENGSTORF 1932; RIEGER 1934; MASER 1975; FASOLA
1976; FRASCATI 1989; VITALE 1997; CAPPELLETTI 2002; BARBERA – MAGNANI CIANETTI
2003; BARBERA – MAGNANI CIANETTI – DE CESARIS 2007. Inoltre: LEON 1960, pp. 53,
62-65; GOODENOUGH 1963, pp. 35-44; CIJ I, pp. LVIII-LX, CXXVI-CXXVIII, 9-10;
VISMARA 1986, pp. 371-378; VITALE 1994, pp. 29-33, 2003, pp. 48-50; JIWE 2, pp.
341-346; LTUR Suburbium IV, 2006, “Nomentana via”, p. 105 (U. FUSCO ).
19
20
1849
CINZIA VISMARA
Fasola in un lavoro comparso nel 1976, si tratta di due catacombe
nate e sviluppatesi autonomamente l’una dall’altra, che vennero
successivamente unite; lo studioso ha individuato i due nuclei primitivi, ha delineato gli sviluppi autonomi, i modi della fusione ed il
successivo sviluppo unitario, ha stabilito una cronologia relativa
delle varie regioni e ha datato la fase iniziale in età post severiana.
Gli accessi alle due catacombe si aprivano entrambi su un diverticolo della via Nomentana; la scala che conduce al complesso inferiore presenta, come si è detto, un pianerottolo con un lato breve
curvilineo. Al termine di essa si sviluppa una regione che, nella parte
iniziale, è molto regolare: sulle pareti, con la calce, sono tracciate
linee che indicano l’ubicazione dei loculi e, sul soffitto, sono raffigurati allo stesso modo archi trasversali e volte a crociera. In questo settore è presente un solo cubicolo, con volta a crociera e colonne angolari scolpite nel tufo. L’altra regione – più antica – della
catacomba inferiore presenta, nelle gallerie del settore prossimo alla
scala, archi trasversali e pilastri ricavati nel tufo posti ad una distanza corrispondente grossomodo alla larghezza di un loculo. Queste gallerie furono successivamente approfondite, allargate e provviste di derivazioni. In questo settore vennero ricavati i «loculi ad arcosolium», di dimensioni maggiori dei consueti loculi, con il lato superiore leggermente curvilineo e dall’apertura più profonda del vano
in parete, destinate ad accogliere due inumati sovrapposti e separati
da un diaframma obliquo.
Alla catacomba superiore si accedeva mediante una scala la cui
parte inferiore era ricavata nel tufo; la regione prossima a questo
ingresso è molto regolare ed era compresa inizialmente in un rettangolo; la galleria principale corrisponde in gran parte ad un più
antico cunicolo idraulico. Qui i cubicoli sono più numerosi e
presentano falsi elementi architettonici scavati nel tufo e pitture,
che decorano anche arcosoli ricavati nelle pareti, di soggetto ebraico (menorah, etrog, shofar, lulav, arca sacra inquadrata o meno da
1850
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
sole e luna), ma anche genericamente funerario, come pavoni23 . Il
settore orientale era servito da una scala attualmente inaccessibile.
Numero delle sepolture: 3700/380024 .
Tipologia delle sepolture: cubicula (uno nell’inf., gli altri nella
sup.), arcosolia, loculi, ‘loculi ad arcosolium’ (nella sup.).
Iscrizioni: 120, in greco e in latino: JIWE, 2, nn. 410-495
(inf.), 496-529 (sup.).
Sinagoghe menzionate: Sekēnōn, Sibourēsiōn (inf.).
2.2.5. Ipogeo della via Labicana (oggi Casilina)25
Nel 1882, in occasione della riapertura di una cava di pozzolana
nella vigna Apolloni, fuori Porta Maggiore, sulla sinistra della via
Labicana a 2 km ca. dalle mura, fu individuato un ipogeo ritenuto
di modeste dimensioni, ma di cui non fu possibile esplorare la
totalità delle gallerie, dal momento che molte erano ostruite. Due
anni dopo il Marucchi vi compì indagini delle quali pubblicò il resoconto, corredato da uno schizzo della planimetria, nel quale sono raffigurate anche iscrizioni con menorot. L’ipogeo si sviluppava
al di sotto della strada ed era in precarie condizioni statiche.
Tipologia delle sepolture: cubicula, ambulacri perpendicolari
alle gallerie, con funzione di cubicula, loculi.
Iscrizioni: 5, due in ebraico: CIJ, I, 73-74 e tre in greco:
JIWE, 2, 407-409.
Sinagoghe menzionate: nessuna.
Cf. infra, 2.4.
RUTGERS 2006, p. 348, tab. 1, totali: 3703; VITALE 2003, p. 49, 3.800.
25
MARUCCHI 1884b. Inoltre: DE A NGELIS D’OSSAT 1939, pp. 253-257; LEON
1960, p. 52; G OODENOUGH 1963, p. 33; CIJ I, pp. 46-47; VISMARA 1986, pp. 360361; VITALE 1994, p. 29; JIWE 2, pp. 337-338; LTUR Suburbium III, 2005, “Labicana
via”, p. 121 (Z. MARI).
23
24
1851
CINZIA VISMARA
2.2.6. Ipogeo della Vigna Cimarra26
L’ipogeo, ubicato a poca distanza dalle catacombe di Vigna Randanini e di San Sebastiano, fu scoperto dal De Rossi nel 1867 nella
vigna del conte Cimarra (poi Vigna Limiti); i simboli incisi su una
lastra e le iscrizioni sono certamente ebraici. Una cava di pozzolana aveva fortemente danneggiato alcune delle gallerie e successive
infiltrazioni d’acqua e crolli lo resero impraticabile, pertanto non
ne venne mai pubblicata la planimetria, né se ne conosce l’estensione totale27 .
Tipologia delle sepolture: forse un arcosolium28 .
Iscrizioni: 5 in greco: JIWE, 2, nn. 402-406.
Sinagoghe menzionate: Eleas.
2.3. Le iscrizioni
La documentazione epigrafica sugli Ebrei di Roma proviene in
massima parte dalle loro catacombe29 : si tratta essenzialmente di
epitafi, ai quali se ne aggiungono altri sporadici dall’Appia, dall’Ardeatina e dalla Portuense30 .
Le notizie che gli epitafi ci forniscono sono piuttosto scarse: il
formulario è semplice e si ripete quasi senza eccezioni; il 75% circa
dei testi è in greco, gli altri sono in latino, talvolta in caratteri greci, qualche raro epitafio è in ebraico; accanto all’iscrizione sono
quasi sempre raffigurati oggetti di carattere religioso: menorah (candelabro eptalicne), aron (arca), shofar (corno), etrog (cedro) e lulav
(ramo di palma), questi ultimi evocativi della festa dei Tabernacoli
26
DE ROSSI 1867. Inoltre: DE A NGELIS D’OSSAT 1939, pp. 179-180; LEON 1960,
p. 51; G OODENOUGH II, 1963, p. 33; CIJ I, p. 194; VISMARA 1986, p. 360; VITALE
1994, p. 29; JIWE 2, p. 332; SPERA 1999, p. 258, UT 426 -A6, B6-; NUZZO 2000, p.
159; LTUR Suburbium, I, 2001, “Appia via”, p. 107 (S. FRASCATI).
27
L. Spera (1999, pp. 326-327, UT 618 e fig. 233) ritiene probabile che uno
schizzo della planimetria sia da riconoscere in un disegno inedito di A. Ferrua.
28
Cf. MÜLLER 1915, p. 238.
29
CIJ I, 6-78, 81-281a, 290-493a; JIWE 2, 1-529. Si veda inoltre LACERENZA 2003.
30
JIWE 2, 530-550 («other sites in Rome»); si vedano inoltre 551-587 («unknown
provenance»).
1852
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
(sukkoth)31 . L’epitafio si apre con l’indicazione enthade keitai (qui
giace), seguono il nome del defunto che può essere corredato da
quello del padre, talvolta l’età e/o l’origine geografica, raramente il
mestiere, la/le carica/-che eventualmente ricoperta/-e in seno alla
comunità, in questo caso con l’indicazione della medesima, l’augurio en eirēnē hē koimēsis autou/autēs (riposi in pace), talvolta espresso in ebraico. Proprio la menzione delle cariche ricoperte in seno
alla comunità ci fornisce i nomi di ben 11 sinagoghe32 . Le cariche
all’interno della comunità, testimoniate dalle iscrizioni dei defunti
che le ricoprirono, sono: archōn, grammateus, gerousiarchēs, archisynagōgos, hiereus, prostatēs, psalmōdos, padre e madre della sinagoga.
Non sappiamo a quali funzioni esse corrispondessero33 . Due epigrafi non ebraiche si riferiscono a questioni fiscali riguardanti gli
Ebrei (JIWE 2, 601, 603); un’altra, dalla via Gabina (CIL VI, 9821
= JIWE 2, 601), menziona un mercante di frutta nel quartiere
dell’agger – tra le porte Collina ed Esquilina – nelle vicinanze della
sinagoga (de aggere a proseucha). La presenza di una sinagoga in
questa zona indica con ogni probabilità che un cospicuo numero
di Ebrei vi risiedesse, fatto che sembra trovare conferma dalle due
catacombe di Villa Torlonia. A Roma non si conservano resti monumentali sicuramente riferibili a sinagoghe; gli unici edifici di
questo tipo sinora noti in Italia sono ad Ostia34 e a Bova Marina
in Calabria35 .
Tra i materiali iscritti rinvenuti nelle catacombe vanno ricordati i bolli impressi sui laterizi utilizzati nelle parti in muratura,
per chiudere loculi o separare inumati nei loculi ad arcosolio36 . La
In gen., ST CLAIR 1985.
G ALTERIO 1994, pp. 19-22, a cui si rimanda per l’accezione del termine e per la
discussione sull’interpretazione dei nomi delle sinagoghe.
33
Cf. infra, 3.2.4.
34
FLORIANI SQUARCIAPINO 1965; ZEVI 1972. Per una sintesi, vd. VITALE 2003, pp.
52-54.
35
COSTAMAGNA 2003.
36
CIJ 10-11, nn. 1-13; FASOLA 1976, passim (Villa Torlonia); CIJ 55, nn. 1-7
(Vigna Randanini); CIJ 212-227, nn. 1-204 (Monteverde); vd. infra, 3.2.4.
31
32
1853
CINZIA VISMARA
maggior parte proviene dalle catacombe di Monteverde e di Villa
Torlonia; la loro cronologia oscilla tra il 30 a.C. e l’età dioclezianea; la maggior concentrazione si riscontra in età severiana.
2.4. Pitture, sarcofagi, instrumentum domesticum
Le pitture che decoravano cubicoli e arcosoli delle catacombe
ebraiche non si discostano, dal punto di vista stilistico, da quelle
delle domus e dei cimiteri cristiani coevi: le pareti e il soffitto presentano partizioni architettoniche più o meno elaborate ottenute
mediante strisce di colore rosso e/o verde (Streifendekoration) e
talvolta arricchite da motivi vegetali. L’imitazione pittorica del
marmo è anch’essa diffusa: nel cubicolo a della catacomba superiore di Villa Torlonia interessa le colonne angolari parzialmente inglobate scolpite nel tufo e le fronti dei due arcosoli, ove sono raffigurati sarcofagi a lenòs strigilati con protomi leonine che tengono
anelli tra i denti, come quello raffigurato sull’arcosolio IV37 ; va
notato che nella mandorla centrale di risulta tra gli strigili in un
caso è dipinta una minuscola menorah. Nella cosiddetta Painted
Room III di Vigna Randanini38 , due pannelli in opus sectile dipinto
occupano la parte inferiore della parete d’ingresso ai lati dell’apertura. Sono invece originali i motivi di soggetto religioso presenti negli arcosoli della catacomba superiore di Villa Torlonia e le
palme dipinte negli angoli della Painted Room III di Vigna Randanini.
I sarcofagi in marmo rinvenuti nelle catacombe ebraiche, interi
o frammentari, non sono numerosi39 ; bisogna tener conto tuttavia
del fatto che questi cimiteri rimasero a lungo incustoditi e per lo
più facilmente accessibili e che ai sarcofagi era molto interessato il
mercato antiquario. Oltre ad esemplari ‘neutri’ o con decorazioni
‘pagane’, alcuni esemplari recano scolpiti motivi ebraici, che a vol-
37
38
39
1854
G OODENOUGH 1963, pp. 36-38, 39-40, cf. supra, 2.2.3-4.
Ibid., pp. 20-21; cf. supra, 2.2.2.
KONIKOFF 1986; KOCH 2002.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
te vengono inseriti in contesti decorativi correnti nelle botteghe
romane40 : è questo il caso della fronte a stagioni con la raffigurazione, nel clipeo centrale sorretto da due Vittorie, di una menorah,
di provenienza ignota, al Museo Nazionale Romano (inv. 67611)41 .
Un altro candelabro eptalicne era raffigurato a rilievo, con ai piedi
etrog e lulav, sulla fronte di un sarcofago che si conservava nel parco di Villa Torlonia, oggi scomparso42 . Una fronte frammentaria
da Vigna Randanini a Berlino (Frühchristliche Sammlung, inv. I
6123)43 presenta al centro una menorah tra due gruppi di due palme e una serie di oggetti legati al culto. La cronologia di questi
esemplari oscilla tra il III e gli inizi del IV sec.
Vetri dorati, lucerne, vasi e anfore rinvenuti a più riprese nelle
catacombe ebraiche sono spesso confluiti nelle collezioni dei grandi musei romani e stranieri o sono stati avviati al commercio antiquario; di pochi oggetti si conosce la provenienza esatta. Un
certo numero è ancora conservato nelle catacombe, talvolta raccolto in loculi o arcosoli protetti da una grata, in qualche caso è rimasto in posto, murato accanto alle sepolture. Non sempre le decorazioni presentano soggetti ebraici: si tratta per lo più di suppellettile prodotta in serie per il grande mercato.
3. LE QUESTIONI APERTE
Molti sono gli interrogativi ai quali non è stata data sinora una risposta soddisfacente: per alcuni i materiali a nostra disposizione
non sono sufficienti, e, salvo qualche fortunata scoperta, essi sono
condannati a rimanere senza risposta; per altri gli studi più recenti,
alcuni dei quali relativi all’origine dei cimiteri cristiani o più in ge-
40
Non consideriamo ‘ebraico’, in assenza di simboli specifici, il sarcofago del bambino Amelios (JIWE 2, 556) conservato a Palazzo Rondanini (KOCH 2002, pp. 196-199,
Abb. 3-5).
41
KONIKOFF 1986, pp. 41-46, n° 14, pl. 12, cf. KRANZ 1984, p. 204, n° 69, Taf.
45, 1; MICHELI 1985.
42
KONIKOFF 1986, pp. 40-41, n° 13, pl. 11.
43
Ibid., pp. 19-22, n° 4, pl. 5
1855
CINZIA VISMARA
nerale alle sepolture tarde di Roma, hanno portato soluzioni e comunque notevoli progressi, in qualche caso a ripensamenti e alla
caduta di teorie che si ritenevano definitivamente acquisite.
3.1. Le catacombe, nascita e morte: metodi e mezzi di datazione
Fissare una data per la nascita del fenomeno-catacomba è stato da
sempre un ambizioso obiettivo per quanti studino questi vasti
cimiteri ipogeici cristiani ed ebraici. Se infatti un’attenta osservazione dei monumenti permette di stabilire con buona approssimazione la cronologia relativa delle tappe del loro sviluppo, l’aggancio di questa ad una cronologia assoluta è estremamente delicato. In un recente convegno sull’origine delle catacombe romane
è stato ribadito che il fenomeno della nascita delle catacombe è
imprescindibilmente connesso con il nuovo diffondersi dell’uso di creare ambienti sotterranei da adibire a sepoltura, che si ebbe a Roma, a
partire dal II sec., tra le famiglie e le associazioni funerarie pagane44;
il fenomeno dello sviluppo di questi ipogei e della loro appropriazione da parte della comunità cristiana è forse di lunga durata e
comunque non sincrono nei vari complessi. Le catacombe cristiane
sono molto più numerose, vaste, ricche di quelle ebraiche e le fonti
letterarie ed epigrafiche sono assai più generose nel fornirci dati
sulla loro gestione45 ; il culto dei martiri, con la creazione delle
sepolture apud martyres e di basiliche ad corpus e la messa in opera
di percorsi processionali, ha prolungato la frequentazione di questi
cimiteri ed ha reso possibile stabilire, almeno a grandi linee, modi
e tempi del loro abbandono.
Negli ultimi anni l’attenzione di alcuni studiosi è stata attratta
dai possibili rapporti tra i due grandi spazi funerari collettivi, colombari/cremazione e catacombe/inumazione, questione non priva
44
45
1856
FIOCCHI NICOLAI – G UYON 2006, p. 10.
Cf. ad es. G UYON 1974 sulla vendita delle tombe.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
di interesse anche per le catacombe ebraiche; sull’argomento si
segnala un lungo e articolato lavoro di John Bodel comparso nel
200846 . Lo studioso afferma, sulla falsariga della Williams47 , che i
Cristiani di Roma avevano appreso l’uso delle catacombe dagli Ebrei, i quali «had developed their own subterranean burial grounds
at Rome beginning already in the first century B.C.E.» 48 e affidavano la cura della sepoltura alla famiglia. Ritiene altresì ovvio che
non tutti i seguaci di una religione venissero sepolti in questi cimiteri, né che la sepoltura in essi fosse riservata ai soli seguaci di
una particolare religione49 . Entrambe le affermazioni restano da dimostrare; sul problema ritorneremo a proposito di taluni aspetti
della società ebraica di Roma. Dopo alcune considerazioni di carattere metodologico sullo studio dei sepolcri collettivi, altre sulla
nomenclatura, altre ancora sul numero degli individui sepolti nei
grandi colombari e nelle catacombe e sulle analogie di questi cimiteri con gli spazi domestici, vengono presentate alcune interessanti conclusioni. Non ci sarebbero basi sufficienti per affermare
che le catacombe siano state inventate dai Cristiani: questa forma
si sarebbe sviluppata in modo naturale dallo spazio funerario introdotto dai colombari sul finire del I sec. a.C. e avrebbe risposto a
una domanda che, pur aumentata sensibilmente a seguito del diffondersi dell’inumazione, era nondimeno cresciuta in modo costante
da 200 anni, come dimostra l’introduzione, appunto, dei colombari.
La forma-catacomba sarebbe stata particolarmente adatta, infine, a
esprimere il concetto cristiano di società ideale basata sulla fratellanza universale, mantenendo il modello familiare di sepolcro; la
famiglia, ora, pur riservandosi eventualmente un cubicolo, non si
BODEL 2008.
W ILLIAMS 1994a, p. 176.
48
BODEL 2008, p. 186.
49
Ibid., p. 187: «Second, and more importantly, not only is it obvious that not all
followers of a particular religion were buried in such collective monuments, it is equally
clear that burial in such places was not normally restricted to devotees of a particular
religion».
46
47
1857
CINZIA VISMARA
isolava più dagli altri, bensì si inseriva in una più ampia comunità50 .
In un saggio del 1990 Leonard V. Rutgers si era posto anch’egli il problema della datazione delle catacombe ebraiche di
Roma51 ; dato conto delle teorie dei vari studiosi che avevano contribuito al dibattito sul tema52 , aveva passato sistematicamente in
rassegna tutti gli elementi disponibili, dalle fonti letterarie attestanti l’inizio di una presenza ebraica a Roma, alla tecnica edilizia
(dal II sec. d.C.), alle iscrizioni (difficilmente databili), alle pitture
(tutte databili al IV sec. ad eccezione di quelle del cubicolo
doppio ‘pagano’ inglobato nella catacomba di Vigna Randanini,
che egli colloca nel primo terzo del III sec.), ai sarcofagi (III-IV
sec.), ai vetri dorati e alle lucerne (genericamente tardi), ai bolli laterizi (concentrazione in età severiana). Sulla base di questa rassegna Rutgers concludeva:
Der Anfang der Bestattungen in den jüdischen Katakomben ist irgendwann am Anfang der 3. Jh. nC. anzusetzen. Das 3. und 4. Jh.
nC. war dann die Periode, in der Katakombenbestattungen für die
römischen Juden allgemeinen üblich war53.
L’accurata disamina critica delle varie fonti disponibili, pur
non apportando risultati particolarmente nuovi e originali, poneva
in luce alcuni dati importanti54 e sgomberava nondimeno il campo
BODEL 2008, pp. 233-235.
RUTGERS 1990, pp. 142-154.
52
A questa sintesi (p. 142 e n. 18) rimandiamo per un panorama delle varie ipotesi.
53
RUTGERS 1990, p. 154.
54
Il bollo laterizio (CIJ I, 88) in situ nella nicchia della prima fase edilizia degli ambienti in muratura davanti all’ingresso alla catacomba di Vigna Randanini (p. 144); il
fatto che l’iscrizione del grammateus Petronios (JIWE II, 223) venne murata sull’apertura del kokh nella parete di fondo della camera interna del cubicolo doppio nella
catacomba di Vigna Randanini dopo la ripresa fotografica che è riprodotta, acquerellata, in ROLLER I, 1881, fig. 4 (p. 147 e n. 55); la paradossale provenienza dalle catacombe cristiane di Marcellino e Pietro e di Ermete di due vetri dorati con decorazioni
di soggetto ebraico (p. 152, nn. 86-87), mentre nelle catacombe ebraiche ne furono
rinvenuti altri frammenti con temi non ebraici (ibid., n. 88).
50
51
1858
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
da interpretazioni senza dubbio ‘avventurose’. Alcuni aspetti meritano comunque ulteriori considerazioni, primo fra tutti quello
dell’affidabilità delle notizie sulle provenienze dei materiali considerati. I laterizi bollati, numerosi specialmente nella catacomba
di Monteverde, sono stati a più riprese utilizzati per stabilire la
cronologia di singole regioni delle catacombe e dei complessi nella
loro interezza, anche dopo il lavoro di Rutgers55 . Il loro impiego
come indicatori cronologici è azzardato: innanzi tutto la loro
presenza nelle gallerie e nei cubicoli potrebbe fornire – se essi non
vi sono precipitati dalla superficie attraverso i lucernari – esclusivamente un terminus ante quem per la datazione degli ambienti che
li ospitavano. Va tuttavia sottolineato che i laterizi bollati non in
opera sono stati spesso spostati da una galleria all’altra e che hanno costituito un materiale da costruzione disponibile in posto per i
restauri moderni; non si può infine escludere che nelle catacombe
si sia potuta costituire una riserva di tegole e mattoni dalla quale
prelevare, al bisogno, quanto necessario per chiudere un loculo o
per consolidare una galleria. Non è neppure impossibile che questi
materiali provengano da edifici in disuso o che siano stati acquistati a buon prezzo perché avanzati da qualche cantiere 56 .
Per quanto riguarda gli altri indicatori, sembra evidente che lo
sviluppo delle catacombe ebraiche e di quelle cristiane sia avvenuto in parallelo: non possiamo escludere che maestranze specializzate (i fossores57 ) almeno nei primi tempi prestassero la propria opera
a entrambe le committenze. Una lunga tradizione di saperi artigianali si era costituita a Roma nel corso dei secoli nel quadro dei
cantieri per escavare la rete fognaria e quella ipogeica degli acquedotti (peraltro assai spesso parzialmente sfruttata nelle catacombe); la conoscenza empirica della geologia del sottosuolo era stata
inoltre acquisita da lungo tempo per lo sfruttamento dei banchi
tufacei. Non c’è dunque da meravigliarsi dello sviluppo di questo
55
56
57
Cf., da ultima, CAPPELLETTI 2002.
Si vedano anche le considerazioni di L. Filippi (1991, pp. 86-87).
CONDE G UERRI 1979.
1859
CINZIA VISMARA
nuovo tipo di cimiteri, della loro vastità, della varietà e talvolta
dell’arditezza delle soluzioni tecniche58 .
A partire dal 2006 L. V. Rutgers ha pubblicato una serie di
studi effettuati in collaborazione con i fisici del laboratorio
dell’Università di Utrecht che partono dall’applicazione delle analisi del radiocarbonio mediante spettrometro di massa a materiali
organici provenienti dalle catacombe per stabilire cronologie assolute. In un primo momento sono stati sottoposti ad analisi campioni prelevati nella calce di chiusura di loculi nelle due catacombe
di Villa Torlonia. Si tratta di minuscoli frammenti di carbone originato dalla legna utilizzata per la fabbricazione della calce e rimasti inglobati in essa59 . Quindi le analisi si sono estese al nerofumo sui beccucci delle lucerne fittili e in particolare di quelle murate nelle gallerie della regione liberiana nella catacomba di Callisto, nonché a quello depositatosi sugli stucchi e sul tufo circostanti. Naturalmente in questo caso la cronologia è pertinente all’ultimo uso dell’oggetto, quindi dovrebbe fornire un terminus ante
quem per la sepoltura presso la quale è murata e la data di abbandono della relativa galleria60 . Ulteriori tentativi sono stati
effettuati sulla malta e sullo stucco, sulla base del principio che,
una volta secchi, essi assorbono il CO 2 presente nell’atmosfera61 : i
prelievi sono stati compiuti in due cubicoli sicuramente datati in
base a iscrizioni, ma i risultati delle analisi sono stati aberranti; in
particolare due frammenti provenienti dal medesimo muro che
presentava un’unica fase costruttiva hanno dato risultati cronologici diversi62 . Sono stati infine presi in esame resti ossei, che sono
58
Rutgers (1990, p. 157) ritiene che tali saperi si svilupparono solo alla fine del II s.
d.C.: «Als sich gegen Ende des 2. Jh. nC. die formal-technische Entwicklung anbahnte,
lange unterirdische Gänge auszugraben (...)».
59
RUTGERS et al. 2006 (non diamo conto in questa sede di lavori preliminari e di
altri a carattere più tecnico, comunque citati nei contributi ai quali rimandiamo).
60
Le datazioni ottenute da questi campioni si collocano tra il 5000 e il 10.000 a.C.
(RUTGERS 2009, p. 18).
61
Le prime analisi di questo tipo sono state effettuate nell’anfiteatro di Mérida
(HALE et al. 2003; cf. RUTGERS 2009, pp. 18-19).
62
RUTGERS 2009, p. 19.
1860
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
stati sottoposti alle analisi per la datazione mediante radiocarbonio ma anche a quella degli isotopi stabili, alla misurazione del livello del carbonio e dell’azoto del collagene, che forniscono anche
dati sulle abitudini alimentari degli individui. Nel caso della regione liberiana di Callisto è risultato che buona parte del fabbisogno proteico degli inumati presi in esame veniva assicurato dal
pesce. Ciò ha portato a comprendere il motivo per il quale i risultati delle datazioni mediante il solo radiocarbonio avevano un
limite inferiore inaccettabile e a stabilire delle correzioni63 . L’applicazione di questo metodo a campioni prelevati dall’ingresso e da
un settore ad esso vicino della catacomba inferiore di Villa Torlonia ha fornito una datazione compresa tra il 100 a.C. e il 100 d.C.
Poiché il Rutgers ritiene che i primi Ebrei giunti a Roma si siano
stabiliti nel Trastevere – quartiere degli stranieri – e che quindi il
loro cimitero più antico sia quello di Monteverde, questa cronologia così alta di Villa Torlonia sarebbe da rialzare ulteriormente per
la nascita delle catacombe ebraiche di Roma64 . Ad esse si sarebbero successivamente ispirati i Cristiani per la realizzazione dei
propri cimiteri ipogeici. Naturalmente queste conclusioni saranno
oggetto di dibattito; sin da ora si può osservare che se i Cristiani,
divenuti in breve tempo una comunità numerosa e bisognosa di
vaste aree sepolcrali, avessero già avuto a modello un sistema così
sviluppato di gallerie, avrebbero con ogni probabilità intrapreso sin
dall’inizio la realizzazione di vaste reti ipogeiche. È invece provato
ormai da decenni che le catacombe cristiane si svilupparono ampliando gradualmente le camere sepolcrali al di sotto dei mausolei65 .
Le analisi, segnatamente quelle eseguite sui carboncini inclusi
nella calce, sono sofisticate, avendo comportato la gasificazione dei
campioni per isolare gli isotopi. Alcune osservazioni sono nondimeno necessarie a proposito dei vari materiali di volta in volta sot-
63
64
65
RUTGERS 2009, pp. 20-21.
Ibid., pp. 21-23.
In gen., FIOCCHI NICOLAI – G UYON 2006.
1861
CINZIA VISMARA
toposti ad analisi. Il carbone da calcinazione nasce a una temperatura altissima, molto superiore a quella che dà origine al normale carbone; in tali condizioni esso può perdere parte dei suoi
atomi – i più leggeri – e arricchirsi di C14 . In questo caso, senza
una calibrazione specifica, i risultati dell’analisi possono condurre
ad una sottostima della data; una taratura è altresì indispensabile
per il nerofumo delle lucerne e, nel caso delle ossa, bisogna considerare che il rischio di inquinamento di questi materiali, rimasti
per lo più visibili e accessibili ai visitatori che per secoli hanno percorso le gallerie delle catacombe, è enorme. Bisogna anche tener
conto dell’ampiezza dello ‘spread’ di questi risultati. In sintesi si
può affermare che l’applicazione ai contesti catacombali di questi
metodi di datazione sia potenzialmente in grado di fornire dati
nuovi utili; tuttavia, in una fase della ricerca nella quale questo
metodo non garantisce ancora risultati certi, ma in cui quelli che
produce vanno corretti di volta in volta sulla base di altri dati esterni, piuttosto che estenderli sistematicamente a tutte le catacombe di Roma, sembra prioritario testarli e calibrarli in maniera
adeguata e porre la massima prudenza nella selezione dei campioni
da analizzare. È bene dunque che per il momento sia solo un augurio dettato dall’entusiasmo del neofita, che
erst, wenn Radiokarbondatierungen in allen Katakomben Roms systematisch durchgeführt worden sind, wird es möglich sein, eine definitive und nuancierte Geschichte der Katakomben Roms zu schreiben66.
3.2. Gli Ebrei di Roma
3.2.1. La struttura della società
Le scarse fonti a nostra disposizione rendono assai difficile ogni
tentativo di delineare la struttura della società degli Ebrei di
Roma. Tra gli studi dell’ultimo venticinquennio sull’argomento
66
1862
RUTGERS 2009, p. 24.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
vanno segnalati quelli di M.H. Williams67 , di T. Rajak68 e di L. V.
Rutgers69 .
L’esistenza di pratiche e valori di élite nella comunità romana è
stata sottolineata da T. Rajak in un importante lavoro che contiene fondamentali osservazioni di carattere metodologico e suggerisce linee di ricerca70 . Indicatori di tale presenza sarebbero i sarcofagi in marmo e le decorazioni dipinte dei cubicoli:
It then becomes not unreasonable to posit for the Jewish community
of Rome in the imperial period a ratio of rich to poor comparable
with that in the steeply graduated social pyramid of Roman society
generally71.
Potremmo aggiungere che a questo ceto che costituiva una
sorta di aristocrazia appartenevano probabilmente quanti ricoprivano cariche nelle sinagoghe: oltre al prestigio che questo fatto
conferiva, testimoniato dalla menzione negli epitafi, non va dimenticato che in qualche modo tali cariche erano ereditarie, come dimostrano attestazioni su più generazioni e bambini che ne erano
insigniti72 , verosimilmente a titolo onorifico.
L. V. Rutgers ha pubblicato nel 2006 uno studio sulla consistenza numerica della comunità ebraica di Roma e in particolare
sulle aspettative di vita dei suoi membri dal I al IV sec. d.C., partendo dall’analisi delle due catacombe di Villa Torlonia 73 . Il procedimento adottato è stato il seguente: non sono state misurate le
singole deposizioni, dal momento che tale operazione avrebbe richiesto troppo tempo; sulla base della lunghezza, i loculi sono stati
attribuiti a infanti di 2/3, massimo 5 anni (30-60 cm) e adulti, che
67
68
69
70
71
72
73
W ILLIAMS 1994a, b, 1998.
RAJAK 1994.
RUTGERS 1995, 2006.
RAJAK 1994.
RAJAK 1994, p. 236.
Quadri sinottici in VISMARA 1986, pp. 383-385, Tabella B; p. 387, Tabella D.
RUTGERS 2006.
1863
CINZIA VISMARA
hanno raggiunto la maturità (150 cm e oltre), lasciando una fascia
intermedia tra i 5 e i 15 anni (90-120 cm) e includendo in una categoria «not clear» quelli ubicati in aree troppo degradate per consentire un’attribuzione certa74 . Questo criterio è stato dettato dalla constatazione che, essendo la maggior parte dei loculi vuota,
non era possibile ragionare sui resti ossei per determinare l’età dei
defunti. Il totale dei loculi censiti ammonta a 3703. Lo studioso
ha quindi sintetizzato i dati raccolti per regioni in tabelle con cifre
e percentuali, commentandole con considerazioni sulle differenze
tra le varie regioni, sull’inumazione in loculi per adulti di uno o
più infanti (in questo caso separati mediante tramezzi). Confrontando poi la tabella delle percentuali con le Model Life Tables,
specialmente con Model West 75 e sulla base di altre considerazioni
che in qualche modo calibrano i dati ottenuti, lo studioso conclude che l’aspettativa di vita era molto bassa, specialmente per le
donne76 , e diversa nelle varie regioni della catacomba. Determina
inoltre il CDR (Crude Death Rate: quoziente generico di mortalità), che nella regione A oscilla tra 44,4 e 39,5 nascite e morti per
1000 individui. Stima quindi in non più di 410 individui / 95 famiglie la consistenza della comunità che seppelliva a Villa Torlonia. Infine, calcolando una densità media di tombe per metro di
galleria e applicandola alle gallerie delle catacombe conosciute, ricostruisce un totale di circa 7436 tombe su 300 anni, per una
media di 24,7 l’anno. Calcolando una media di CDR di 40/1000,
si ha un totale di 620 individui per 144 famiglie, sempre in media,
che potrebbero rappresentare il 10% degli Ebrei residenti a Roma
tra I e IV sec., pertanto la stima tradizionale di 60.000 individui,
74
Restano fuori da queste categorie i loculi di lunghezza compresa tra 60 e 90 cm e
tra 120 e 150.
75
COALE, DEMENY 1983, peraltro compilate su campioni posteriori al 1850 e di
popolazione stabile, come lo stesso Rutgers riporta (RUTGERS 2006, p. 351 e n. 30). Va
altresì osservato che, anche ove tali parametri fossero ottimali, la scelta del modello
South (area mediterranea) sarebbe stato più appropriato.
76
La determinazione del sesso non è spiegata nel testo.
1864
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
che si basa sulle fonti letterarie 77 andrebbe radicalmente rivista.
Una volta stabilito che la comunità romana aveva dimensioni modeste, lo studioso afferma che proprio queste potrebbero spiegare,
ad esempio, l’assenza di resti monumentali di sinagoghe78 : bisogna
allora pensare che la comunità di Ostia avesse dimensioni maggiori, data la monumentalità della locale sinagoga? L’esiguità del
gruppo pone inoltre il problema della necessità eventuale di un
organismo centrale superiore e riapre la questione delle conversioni nella tarda antichità79 . Ciò che sorprende lo studioso, in conclusione del lavoro, non è la piccola dimensione della comunità,
quanto che essa fosse capace di realizzare e di mantenere catacombe, «consisting of an elaborate network of underground galeries
hidden away below the Roman countryside» 80 . La loro realizzazione testimonierebbe che gli Ebrei di Roma si organizzarono in
una comunità ben funzionante, mantennero con successo la propria identità nel melting pot culturale romano e riuscirono a realizzare cimiteri per la sepoltura adeguata (comunitaria) dei propri
membri.
Le iscrizioni attestano la provenienza geografica di un certo
numero di individui81 : a parte Thabraka in Africa (JIWE 2, 508),
Catania (JIWE 2, 515) e Aquileia (JIWE 2, 238), tutte le località
o le regioni di origine citate si trovano nel Mediterraneo orientale82 . La menzione dell’origine testimonia che l’arrivo a Roma era
stato recente.
77
W ILLIAMS 1994a, p. 180; cf. ad es. LEON 1960, pp. 135-140 e la bibliografia
citata in RUTGERS 2006, p. 354, n. 50.
78
RUTGERS 2006, p. 356.
79
Non è possibile, in questa sede, fornire ulteriori dettagli; si rimanda pertanto a
RUTGERS 2006, p. 357; sulla possibile esistenza di un siffatto organismo, vd. infra,
3.2.4.
80
RUTGERS 2006, p. 358.
81
VISMARA 1987.
82
Achaia (JIWE 2, 503), Laodicea (JIWE 2, 183), Arca del Libano (JIWE 2, 568),
Cesarea di Palestina (JIWE 2, 112), Sepphoris (JIWE 2, 60), forse Iudaea (JIWE 2, 489).
Non meglio specificata è la Cesarea di JIWE 2, 459.
1865
CINZIA VISMARA
3.2.2. Aspetti culturali: integrazione o separazione
In un lavoro del 1998 M. Williams ha tracciato un sintetico quadro sociale degli Ebrei di Roma tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C.
sulla base delle fonti letterarie ed epigrafiche:
a community conservative in its values, wrapped up in its own affairs
and, until 70 CE at least, focused on the Temple and Judaea83
concordando appieno con la visione di una comunità completamente isolata dal contesto romano che fu di Momigliano84 e della
maggior parte degli studiosi del passato e non solo. D. Noy ritiene
che la scelta del greco come lingua degli epitafi (74% ca. del totale) coincida con la scelta di un formulario specifico, dunque
ebraico, in opposizione alle iscrizioni funerarie in latino, dal formulario più conforme alle iscrizioni pagane contemporanee 85 e
che, se in un primo tempo gli Ebrei sepolti in cimiteri misti si distinguevano dagli altri defunti perché inumati, in un contesto in
cui la cremazione era maggioritaria, in un secondo momento,
quando le loro sepolture erano simili alle altre, essi avrebbero aggiunto simboli ebraici ai propri epitafi per sottolineare la propria
identità religiosa86 .
Alcuni lavori recenti sembrano invece far emergere una situazione assai diversa: T. Rajak e L. V. Rutgers, che hanno studiato a
fondo il problema dei rapporti degli Ebrei di Roma con la società
che li circondava, ritengono invece che essi fossero molto più integrati ad essa di quanto si pensasse in passato: per dirla con E.
Rebillard,
W ILLIAMS 1998, p. 227.
Ibid.; cf. MOMIGLIANO 1962, pp. 179-180 e, più di recente, MACMULLEN 1993,
pp. 47-64.
85
NOY 1997.
86
NOY 1998, p. 88; cf. VISMARA 1986, p. 359.
83
84
1866
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
les Juifs dans l’empire romain ne vivaient pas dans les ghettos où les historiens du XIXe siècle avaient tendence à les imaginer87.
In particolare, T. Rajak ha ripreso l’analisi del dossier epigrafico, che si riteneva consentisse di stabilire differenze culturali tra gli
utilizzatori delle varie catacombe, segnatamente per la questione
della ‘romanizzazione’ che si rifletterebbe nell’uso del latino, percentualmente diverso nei vari complessi. Ma il materiale è molto
scarso rispetto a quello che doveva esistere in origine. Inoltre esso
si distribuisce in un periodo molto lungo, forse l’intera vita delle
singole catacombe; nessuna di queste è stata totalmente scavata,
quindi gli epitafi che ci sono pervenuti sono una percentuale non
calcolabile di quelli complessivi; non si conosce, se non in pochissimi casi, la provenienza esatta delle iscrizioni; è inoltre ignota la
cronologia assoluta delle varie regioni delle singole catacombe ed è
difficile datare con esattezza queste epigrafi, che rappresentano
quindi un insieme indifferenziato; la distribuzione degli epitafi non
è necessariamente la stessa nelle diverse catacombe, dunque «we
cannot judge, then, whether we are dealing with different types of
Jews or with changes over time» 88 .
In un altro lavoro sugli archisynagogoi89 T. Rajak e D. Noy
hanno dimostrato che il sistema ebraico dei titoli onorifici in seno
alle sinagoghe funzionava come quello del patronato nel contesto
della città greco-romana e ciò attirava patroni non ebrei verso la
sinagoga.
Sulla apertura al mondo circostante degli Ebrei della diaspora
si è espresso a più riprese, con argomenti per lo più convincenti, L.
V. Rutgers, che agli Ebrei nella Roma tardoantica ha dedicato un
importante volume dal significativo sottotitolo «Evidence of
cultural interaction in the Roman Diaspora»90 . Egli ritiene che la
87
88
89
90
REBILLARD 2003a, p. 31.
RAJAK 1994, p. 232.
RAJAK 1993.
RUTGERS 1995; vd. inoltre 1992.
1867
CINZIA VISMARA
contrapposizione tra ‘isolamento’ e ‘assimilazione’ che si ritrova in
letteratura renda difficile un’organica visione dei rapporti tra gli
Ebrei e il resto della società nella tarda antichità; non condivide
inoltre la visione dell’interazione in termini strettamente religiosi o
di attacchi, contrattacchi e conversioni. L’interazione è innegabile,
ma va di pari passo con la tendenza ad esprimere un’identità indubbiamente ebraica: «interacting with non-Jews, Roman Jews did
not give up their own identity» 91 . Nell’ambiente esclusivamente
ebraico delle catacombe gli Ebrei si fanno rappresentare come
vedono se stessi: persone che hanno accesso ai modi della cultura
romana, ma che si definiscono nel senso di un coinvolgimento
nella vita quotidiana ebraica.
Per quanto riguarda infine il problema delle immagini92 , ricordiamo il sostegno della grande menorah raffigurata nel pannello col
trionfo giudaico all’interno dell’arco di Tito a Roma: esso reca a
rilievo, su ciascuno dei lati visibili, una decorazione con mostri
marini: R. Brilliant 93 ha giustamente attratto l’attenzione sul fatto
che l’artista riprodusse un oggetto reale, ben noto perché esposto
col resto del bottino nel tempio di Giove Capitolino, che era stato
mostrato nel trionfo. Figure di animali, ancorché fantastici, decoravano dunque uno degli oggetti liturgici più prestigiosi e celebri, ma come indicano anche esempi lontani, quali i mosaici delle
sinagoghe della Diaspora o le pitture di quella di Doura Europos,
una ‘permeabilità’ rispetto all’ambiente circostante era inevitabile;
anche nell’Urbe, come ha giustamente sottolineato L. V. Rutgers,
gli Ebrei «lived throughout the city and [...] in that sense they
were very much part of the urban tissue of ancient Rome» 94 . Vale
ancora, dunque, quanto scriveva nel 1961 J. Gutmann:
91
92
93
94
1868
RUTGERS 1995, p. 263.
Cf. tra gli altri ELSNER 2003, pp. 123-124.
BRILLIANT 1989, p. 78.
RUTGERS 2006, p. 355.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
The conclusion to which one is inevitably drawn from an examination of the surviving material, both literary and archaeological, from
the Biblical and Hellenistic-Roman periods, is that a rigidly and uniformly anti-iconic attitude on the part of the Jews remains as much a
myth as the Procrustean bed on which Jewish art history has so often
been made to lie95.
3.2.3. Le sepolture
Il problema dell’esclusività religiosa o meno delle aree funerarie è
stato al centro dell’attenzione negli ultimi decenni: ha avuto come
oggetto sia i cimiteri ebraici96 che quelli cristiani97 e si inquadra in
quello maggiore dell’integrazione degli Ebrei nella società circostante. Poco si sa sulle sepolture degli Ebrei di Roma prima della
nascita delle catacombe; D. Noy, come abbiamo visto, ritiene che
venissero inumati in cimiteri non riservati98 .
M. K. Johnson ha giustamente sottolineato, in un lavoro sulle
pratiche funerarie di pagani e Cristiani nel IV secolo, che non ci
sono basi legali per imporne la separazione:
Roman law, still in effect throughout the fourth century, provided
the legal basis for the joint burials of people of differing religious beliefs, with no injunction against such burials99.
Lo studioso ricorda anche gli «actual burials of pagans, Jews,
and Christians side to side», citando alcuni esempi siciliani100 ; altri
casi sono stati presentati da L. V. Rutgers nel lavoro del 1992
G UTMANN 1961, p. 174.
ELSNER 2003, RAJAK 1994, pp. 238-240.
97
JOHNSON 1997, REBILLARD 2003a, b.
98
Vd. supra, 3.2.2.
99
JOHNSON 1997, p. 59.
100
Ibid., p. 52.
95
96
1869
CINZIA VISMARA
sull’interazione di Ebrei e non Ebrei nella tarda antichità101 e da E.
Rebillard102 .
In effetti il preteso separatismo confessionale dei cadaveri sostenuto agli inizi del Novecento dal Juster103 non si fonda su alcun
testo religioso. La Tosefta, che si data al III-IV sec. d.C. e il
Talmud di Gerusalemme, del V sec., prescrivono che gli Ebrei residenti in città abitate da pagani diano sepoltura ai poveri, che siano o no Ebrei, senza indicare il luogo; anche altre norme non sembrano andare nel senso di una netta separazione 104 .
Non priva di interesse è anche la questione, posta in termini
paradossali, dell’ebraicità delle catacombe ebraiche: in un articolo
comparso sul «Journal of Roman Studies» del 2003, J. Elsner apriva al campo dell’arte le conclusioni di alcuni storici sulla ‘fluidità’
religiosa durante la tarda antichità. Esprimeva dubbi sul fatto che
la distinzione tra giudaismo e cristianesimo fosse percepita, nel III
e agli inizi del IV sec., con la medesima chiarezza che nei secoli
successivi105 . Menzionava poi il vetro dorato con motivi ebraici e
iscrizione rinvenuto nella catacomba cristiana di Marcellino e Pietro106 e sottolineava la presenza di iconografie pagane e cristiane
nel medesimo cimitero, come pure nelle sinagoghe della Diaspora,
affermando che
the need to force a catacomb ... to represent a single religious constituency, or for artifacts like our gold glass to gesture to a single mono-
RUTGERS 1992.
REBILLARD 2003, pp. 31-35.
103
JUSTER 1914, p. 480 e n. 4.
104
Cf. REBILLARD 2003, p. 38.
105
ELSNER 2003, p. 115: «It is, moreover, not at all clear that Judaism and Christianity were as distinct and exclusive religious categories in the third and early fourth
centuries as they may have been thereafter or as the nineteenth- and early twentiethcentury literature wanted them to be».
106
ELSNER 2003, p. 116 e fig. 1; iscrizione: JIWE 2, 588. Cf. supra, n. 54.
101
102
1870
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
lithic religious affiliation, is necessary problematic. It belongs to the
game of apologetic archaeology107.
Dopo aver sottolineato come di molti dei materiali con iconografie ebraiche di Roma non si conoscano i luoghi di rinvenimento
e che, per quelli noti «all we can say is that these are hardly Jewish
in any exclusive or normal sense of the term» 108 , riteneva possibile
che simboli ebraici quali la menorah o l’arca della Torah potessero
non essere utilizzati necessariamente ed esclusivamente da Ebrei,
ma anche da gruppi di Cristiani o da pagani sincretisti. Per gli
Ebrei tali simboli avevano comunque sviluppato un significato specifico di definizione della loro fede. J. Elsner concorda con L. V.
Rutgers109 nell’affermare che le medesime officine producessero
manufatti con immagini pagane, ebraiche e cristiane, ma, quanto
agli utilizzatori delle catacombe ebraiche, ritiene che i confini religiosi fossero meno rigidi e che le identità fossero più fluide di
quanto si sia sinora ritenuto 110 .
Le affermazioni di J. Elsner sono senza alcun dubbio stimolanti111 ed un certo grado di permeabilità reciproca tra le varie religioni è innegabile; per quanto riguarda i prodotti dell’artigianato
artistico – includendo in questa categoria i sarcofagi – va anche
considerato un elemento importante, soprattutto nel III secolo e
agli inizi del successivo: la consistenza numerica di una committenza ebraica (questa limitata da sempre) o cristiana (in ascesa, ma
ancora modesta in questo periodo) che potesse giustificare la produzione in serie di manufatti con iconografie ‘specifiche’. Le officine avevano interesse a realizzare prodotti neutri o comunque
‘ambigui’, come ad esempio sarcofagi con ‘oranti’ o pastori, che si
potevano più agevolmente vendere perché soddisfacevano, a seconda di come questi soggetti venivano interpretati, sia la clientela cri107
108
109
110
111
ELSNER 2003, p. 117.
Ibidem.
RUTGERS 1995, pp. 81-89.
ELSNER 2003, p. 118.
Si vedano in particolare le conclusioni: An alternative model, pp. 125-128.
1871
CINZIA VISMARA
stiana che quella pagana. Questa chiave di lettura può aiutare
anche a spiegare una ‘fascia’ di tolleranza da parte della committenza ebraica che, come nel caso del sarcofago a stagioni con menorah, poteva con una spesa tutto sommato contenuta ‘personalizzare’ un prodotto di serie, senza troppi problemi riguardo al resto
della decorazione.
Tornando ai cimiteri romani, mentre L. V. Rutgers è convinto
che le catacombe e gli ipogei ebraici venissero utilizzati esclusivamente da Ebrei112 , la possibilità che nelle catacombe ‘ebraiche’
fossero inumati anche defunti di appartenenza religiosa diversa è
considerata pure da T. Rajak, che ricorda giustamente come i materiali non ebraici lì rinvenuti siano stati «systematically relegated
to appendices» 113 , dal momento che si riteneva che esse fossero
riservate in esclusiva alla sepoltura di Ebrei. La studiosa sottolinea
inoltre quanto sia complessa l’interpretazione dei materiali ‘non
ebraici’: essi possono essere stati accettati dagli Ebrei, che non li
ritenevano inaccettabili, o indicano la presenza di ‘cattivi’ Ebrei,
ovvero di pagani in qualche modo associati ad Ebrei per parentela,
o di simpatizzanti, o, infine questi oggetti possono essere caduti
all’interno delle catacombe dai lucernari114 . Non c’è dubbio che
una revisione critica di tutti questi materiali, tenendo conto di
alcuni fenomeni paralleli in ambito cristiano (ad esempio la
presenza negli epitafi dell’adprecatio iniziale Dis Manibus), renderebbe un servizio notevole alla ricerca in questo campo.
Il problema più generale della sepoltura degli Ebrei della Diaspora è stato affrontato in maniera organica da D. Noy in un
ampio studio comparso nel 1998115 ; delle tre possibilità di sepoltura attestate (in cimiteri propri, in cimiteri misti, in Palestina), gli
Ebrei di Roma dalla fine del II sec. d.C. adottano la prima, fa112
RUTGERS 1995, p. 78: «it has been assumed (correctly, I believe), that the
Jewish catacombs and hypogea were used exclusively by Jews».
113
RAJAK 1994, p. 239; contra, NOY 1998, p. 79, n. 23: «Rajak (1994), 239, casts
doubt on an exclusivity which rests more on presumption then on conclusive argument».
114
RAJAK 1994, p. 240.
115
NOY 1998.
1872
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
cendosi inumare nelle proprie catacombe, simili a quelle cristiane.
Anche la seconda opzione era valida per il periodo anteriore alla
nascita delle catacombe, ma gli epitafi di questo periodo sono scarsissimi e non sono distinguibili da quelli non ebraici116 . Lo studioso ritiene che l’ipotesi di cimiteri separati sia indimostrabile e
che gli Ebrei adottassero, come altrove, «the form of tomb and the
methods of commemoration most generally favoured» 117 , senza
ovviamente escludere che famiglie o gruppi potessero possedere
ipogei; singoli Ebrei potevano possedere lotti funerari, ma all’interno di cimiteri non ebraici118 . D. Noy sottolinea che molti epitafi rinvenuti nelle catacombe possono essere identificati come
ebraici solo sulla base della provenienza. Esclude dunque cimiteri
separati anteriori alle catacombe e ritiene che gli Ebrei più poveri
potessero essere deposti in fosse comuni, dal momento che la separazione degli individui inumati, rispettata nelle catacombe, «was
not always Jewish practice» 119 . Dopo aver passato in rassegna le
varie opinioni sul ‘comportamento funerario’, conclude sulla non
distinguibilità delle sepolture di Ebrei nell’ambito di necropoli
cittadine e non esclude del tutto la possibilità di cremazioni, costume comunque «generally disapproved» nelle fonti letterarie
ebraiche120 . Cimiteri separati sarebbero un fenomeno relativamente tardo e le catacombe ebraiche si sarebbero sviluppate simultaneamente a quelle cristiane, specialmente per la sepoltura dei più
poveri, tramite l’intervento di «some sort of communal or entrepreneurial organization (...) for making use of a limited amount of
available land» 121 . La loro origine sarebbe dovuta in parte alla
necessità di distinguere le sepolture, una volta divenuta maggioritaria l’inumazione, in parte forse ad un incremento numerico della
116
117
118
119
120
121
Sulle varie spiegazioni di questo fenomeno, NOY 1998, pp. 80-81.
NOY 1998, p. 81.
Cf. JIWE 1, 18, da Castelporziano, su cui vd. infra, 3.2.5.
NOY 1998, p. 83.
Ibid., p. 84; cfr anche p. 85.
Ibid., p. 89.
1873
CINZIA VISMARA
comunità romana, anche se l’utilizzazione delle gallerie nelle catacombe ebraiche non è così intensa come in quelle cristiane.
Molto è stato scritto in passato sulle peculiarità delle singole
catacombe, che sarebbero dovute alla diversità dei loro frequentatori o a cronologie sfalsate122 ; meno si è discusso sull’esistenza nei
singoli cimiteri di aree in qualche modo omogenee quanto alla tipologia delle tombe, alla quale si è fatto cenno. Per non citare che
qualche esempio, si pensi alle regioni A e D123 di Vigna Randanini,
che presentano una notevole densità di kokhim regolarmente disposti alla base delle pareti delle gallerie; alla serie di cubicoli che si
aprono lungo la galleria prossima all’attuale ingresso alla medesima
catacomba e, a Villa Torlonia, nella regione A della catacomba superiore; sempre a Villa Torlonia, ma nella catacomba inferiore, alla
serie di gallerie prossime alla scala nelle quali è visibile una vera e
propria programmazione della distribuzione dei loculi. Anche queste
realtà ripropongono il problema della gestione degli spazi sepolcrali
all’interno dei singoli cimiteri e andrebbero anch’esse in qualche
modo riversate nei materiali per la discussione.
Vanno sottolineate da ultimo alcune sostanziali differenze, nei
costumi funerari, tra la comunità di Roma e quelle della Diaspora:
in primo luogo sembra che gli Ebrei romani non seguissero la
pratica di cui si è detto, largamente attestata in Asia minore e altrove, di farsi seppellire in Palestina, verosimilmente a causa della
maggiore distanza124 . Mancano inoltre a Roma attestazioni di
inumazioni secondarie in ossuari litici, costume assai diffuso tra gli
Ebrei del Mediterraneo orientale; per una lastra marmorea iscritta
(JIWE 2, 180) decorata da una rosetta molto simile a quelle degli
122
123
124
1874
Cf. supra, 3.2.2.
Per questa denominazione ci si riferisce alla pianta in VITALE 1994, p. 16.
Sintesi in REBILLARD 2003, pp. 31-32; cf. NOY 1998, pp. 78-79.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
ossuari palestinesi125 , D. Noy ipotizza una «conscious imitation of
the ossuary form is nevertheless likely» 126 .
3.2.4. L’organizzazione religiosa della comunità
Poco sappiamo sull’organizzazione religiosa della comunità ebraica
di Roma, che era ripartita in almeno 11 sinagoghe. I nomi che le
designavano possono ricordare un fondatore o un benefattore
(Augoustēsiōn, Agrippēsiōn; Bouloumnēsiōn è stata messa in rapporto
con T. Volumnius Varro, procuratore di Siria nel 9-6 a.C.127 ), la
provenienza geografica del fondatore o di quanti la frequentavano
(Hebreōn, Tripoleitōn, Arkou Libanou, Bernaklēsiōn forse Vernaculi,
schiavi nati in casa, schiavi imperiali, o nati a Roma), un quartiere
(Kampēsiōn, del Campo Marzio; Sibourēsiōn, della Suburra; Heleas
potrebbe indicare Elia in Misia o il quartiere della Velia). In altri
casi (Hērodiōn, Sekēnōn) l’origine non è chiara: per Karkarēsiōn si è
pensato ad un rapporto con i Calcarienses, lavoratori addetti alle
fornaci per la fabbricazione della calce, ma tale ipotesi non sembra
sostenibile128 .
Il dibattito scientifico degli ultimi anni ha riguardato anche la
possibilità della presenza, a Roma, di un organismo centrale al di
sopra delle singole sinagoghe, non testimoniato nelle fonti letterarie o epigrafiche, sulla quale si erano espressi in passato i più autorevoli studiosi129 . Esso si era fondato su confronti con la comunità di Alessandria e con altre della Diaspora del Vicino Oriente,
per le quali la documentazione è più abbondante130 . M. Williams,
in particolare, si è a più riprese interrogata sull’esistenza di questo
FIGUERAS 1983, spec. nn. 358, pp. 432, 463.
Ad JIWE 2, 180, le cui osservazioni superano i dubbi precedentemente espressi
da RUTGERS 1990, p. 156. Vd. inoltre RACHMANI 1978.
127
J., BJ I, 535, 542; AJ XVI, 280.
128
LTUR IV, 1999, “Schola: calcarienses”, pp. 244-245 (C. LEGA).
129
Per una sintesi, LEON 1960, pp. 168-170; W ILLIAMS 1998, p. 215.
130
W ILLIAMS 1994a, 1998; cf. anche MUÑOZ VALLE 1972 per Roma e, per le
comunità della Diaspora nell’Oriente mediterraneo, RAJAK , NOY 1993.
125
126
1875
CINZIA VISMARA
eventuale «umbrella council» 131 , e ha osservato che una siffatta
struttura avrebbe giovato sia ai Romani, per controllare meglio
una parte della popolazione della città, sia agli Ebrei, che avrebbero così avuto un mezzo più efficace di trattare con le autorità e di
difendere i propri interessi132 . Quindi, riesaminando gli scarsi dati
delle fonti, ha sostenuto, con la prudenza richiesta dalla loro povertà, l’esistenza di tale organismo. La studiosa ha anche trattato
la questione relativa all’omogeneità ‘culturale’ o meno delle varie
sinagoghe133 .
Le fonti sulle varie cariche (archōn, grammateus, gerousiarchēs,
archisynagōgos, hiereus, prostatēs, psalmōdos, padre e madre della
sinagoga134 ) sono ridotte quasi esclusivamente alla testimonianza
epigrafica della loro esistenza e alcuni studiosi, come I. Muñoz
Valle135 , si sono sforzati negli ultimi anni di comprendere a quali
funzioni esse corrispondessero, anche in questo caso basandosi sui
dati di altre comunità della Diaspora; M. Williams ha passato in
rassegna le cariche di tipo onorario, amministrativo e cultuale 136 ,
T. Rajak e D. Noy hanno effettuato, come si è detto, uno studio
sull’archisynagōgos137 . Non è possibile in ogni caso stabilire fino a
che punto le istituzioni della comunità di un centro così particolare e ‘occidentale’ come Roma fossero simili a quelle delle altre comunità della Diaspora.
3.2.5. La gestione dei cimiteri
Come si è accennato, contrariamente a quanto avviene per le catacombe cristiane, per quelle ebraiche non esistono purtroppo fon-
W ILLIAMS 1998, p. 215.
Ibid., p. 221.
133
W ILLIAMS 1994a, p. 165, contra LEON 1960, cap. VII, passim. Cf. RAJAK 1994 e
supra, 3.2.2.
134
Cf. supra, 2.3.
135
MUÑOZ VALLE 1972.
136
W ILLIAMS 1994b.
137
RAJAK – NOY 1993.
131
132
1876
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
ti che permettano di comprendere i meccanismi di gestione delle
sepolture, nondimeno molto è stato scritto sull’argomento. La
menzione negli epitafi delle sinagoghe di appartenenza dei defunti
ha indotto in passato a ritenere che esistesse un legame di qualche
tipo tra queste e le varie catacombe. Di fatto la sinagoga viene nominata solo nel caso in cui il defunto vi abbia ricoperto una o più
cariche istituzionali od onorifiche138 . L’orientamento generale è
oggi quello di escludere un controllo delle sinagoghe sul sistema
delle tombe139 : la sepoltura è ritenuta in genere un affare di famiglia140 . D’altra parte basta guardare la distribuzione delle menzioni
delle varie sinagoghe nelle singole catacombe 141 per comprendere
che, se un rapporto esisteva, esso poteva essere semmai di carattere
topografico: ci si seppelliva nel cimitero più vicino al proprio quartiere, anche se va ricordato che comunque l’ubicazione delle sinagoghe ci è per lo più ignota. La sepoltura, dunque, rimaneva comunque un ‘affare’ privato, gestito dalla famiglia, almeno nelle comunità della Palestina e della Diaspora che hanno restituito documentazione in proposito142 . Andrebbero tuttavia spiegati alcuni
fenomeni relativi alla programmazione degli spazi e alle eventuali
scelte dei committenti: in primo luogo il fatto che non vi sia
contiguità delle tombe di appartenenti ad una medesima famiglia
all’interno delle gallerie o nei cubicoli143 . Questo fenomeno è peraltro accertato anche nei colombari imperiali144 e nelle catacombe
cristiane: le considerazioni di J. Bodel a questo proposito possono
essere agevolmente applicate anche alle catacombe ebraiche:
138
La menzione della carica manca in un solo caso (JIWE I, 406, da Vigna Cimarra),
ma l’iscrizione è frammentaria e la prima parola leggibile è, appunto, syna[gōg]ēs, che di
norma segue il nome della carica.
139
W ILLIAMS 1994a; RAJAK 1994, p. 233.
140
Cf. REBILLARD 2003, p. 39.
141
VISMARA 1986, p. 382, Tabella A; W ILLIAMS 1994a, pp. 166-168.
142
Vd. supra e BODEL 2008; W ILLIAMS 1994a, p. 171.
143
RAJAK 1994, p. 233.
144
NIELSEN 1996, pp. 43-44.
1877
CINZIA VISMARA
little effort seems to have been made in the undifferentiated areas to
accommodate family units in groups. Here it is not the epigraphy
that points to this conclusion but the architecture, in the distribution
of the loculi of varying sizes throughout the galleries, where narrow
columns of small niches for infant or child burials intermittently interrupt the regular series of columns and layers of adult-sized loculi –
all in the interest of maximizing the use of burial space145.
Testimonianze di sepolcri familiari ebraici, numerose in Oriente146 , sono rarissime in Italia: conosciamo una bella iscrizione da
Castelporziano (JIWE 1, 18) che menziona l’acquisto di un lotto
funerario da parte della comunità ebraica di Ostia per il gherusiarca Iulius Iustus, affinché vi edifichi un sepolcro per sé, per la moglie, per i liberti e i loro discendenti. In un’iscrizione di Vigna
Randanini, inoltre, sono contenute disposizioni dettate da una
donna che desidera rimanere unita al marito nella morte:
Iulia Afrodisia / Aur(elio) Hermiati co(n)iugi / benemerenti fecit et /
petit et rogat uti loc(us) / ei reservetur ut cum / co(n)iuge suo ponatur / quam donec (JIWE 2, 378).
M. Williams ritiene che le grandi catacombe fossero gestite da
«burial consortia» diversi e forse in concorrenza tra loro, nonostante l’obiezione teorica del giudaismo rabbinico al profitto tratto
dai defunti, e afferma:
Such elements are too likely to have been present, given the strenght
of the profit motive among Roman funerary-complex developers generally and the Jewish propensity to copy their neighbours in funerary matters147.
145
BODEL 2008, p. 226; vanno comunque considerate le deposizioni di più infanti,
separate da tramezzi, in un unico loculo da adulto che si trovano a Villa Torlonia (cf.
RUTGERS 2006, p. 349).
146
Cf. REBILLARD 2003, pp. 32-34.
147
WILLIAMS 1994b, p. 181. L’ipotesi sembra condivisa da D. Noy (1998, p. 87).
1878
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
Dal canto suo E. Rebillard si domanda perché gli Ebrei scegliessero di farsi seppellire tra i propri correligionari se acquistavano le tombe da consortia: «la réponse tient-elle du fait que les consortia eux-mêmes étaient juifs?» 148 ; esclude che il luogo della sepoltura sia determinato dall’appartenenza a una sinagoga e conclude che «un système centralisé est encore plus difficile à admettre» 149 .
T. Rajak, una volta escluso che fossero le sinagoghe a stabilire
il cimitero di destinazione, si apre a varie possibilità alternative, la
più semplice delle quali è che ad ogni defunto venisse assegnato (o
venduto, non sappiamo) il primo posto libero in una catacomba
idonea150 . Questi ‘posti’, però, non erano tutti uguali e il committente poteva scegliere: a parte soluzioni di prestigio quali la sepoltura in un cubicolo, magari all’interno di un sarcofago marmoreo (privilegi che implicano comunque il pagamento di somme cospicue), bisogna considerare alcune situazioni particolari. Si pensi
ad esempio alle gallerie nel settore occidentale della catacomba di
Vigna Randanini, dove, alla base delle pareti, sono allineati kokhim:
l’inumazione in questo particolare tipo di sepoltura comportava
una scelta da parte del committente, o kokhim e loculi normali
erano perfettamente equivalenti? La prima soluzione sembrerebbe
la più verosimile; se è così, bisogna dedurre che l’attribuzione di
un sepolcro dovesse basarsi su parametri più complessi.
Nella discussione sulla gestione dei cimiteri andrebbe tenuto
in conto un fattore importante, sinora non sufficientemente rilevato, che caratterizza le catacombe ebraiche: la scarsa densità dei
sepolcri151 , che si traduce nella rarità del ricorso ad espedienti che
si riscontrano con grande frequenza nelle catacombe cristiane, segnatamente gli approfondimenti delle gallerie per ottenere ulteriori
spazi nei quali scavare loculi. Ciò ripropone, sulla base delle con-
148
149
150
151
REBILLARD 2003, p. 38.
Ibid., pp. 36-37.
RAJAK 1994, p. 233.
Rilevata per la catacomba di Vigna Randanini da M. Vitale (2003, pp. 51-52).
1879
CINZIA VISMARA
siderazioni che seguono, il problema della gestione degli spazi
all’interno dei cimiteri; in generale la densità delle sepolture nella
catacomba è oltremodo disomogenea: le pareti del settore occidentale con i kokhim sono sfruttate piuttosto intensamente, mentre in altre zone, come quella prossima all’ingresso attuale, le sepolture si diradano. A Vigna Randanini il soffitto del cubicolo con
le palme (la Painted Room III di Goodenough152 ) venne rialzato
per ricavare ulteriori loculi al di sopra di quelli esistenti. A Villa
Torlonia U. M. Fasola ha notato abbassamenti nella regione primitiva della catacomba superiore e nell’area prossima alla scala di
quella inferiore; inoltre, mentre alcune gallerie non presentano alcun loculo sulle pareti, più infanti sono talvolta deposti in un loculo di adulto, debitamente separati tra loro153 .
3.3. Alcuni problemi
3.3.1. Le Painted Rooms I-II di Vigna Randanini
L’indipendenza del cubicolo doppio dalla catacomba, che sulla base di osservazioni tecniche relative all’andamento delle tracce dei
colpi inferti alla parete di tufo avevo proposto nel 1986, è stata per
lo più accettata154 ; L. V. Rutgers l’ha confermata aggiungendo ulteriori osservazioni in suo favore155 . Una volta inglobato, il sepolcro venne utilizzato156 : non sappiamo se i loculi scavati nelle pareti
appartengano alla prima o alla seconda fase di uso, ma è verosimile
che i due kokhim sulla parete di fondo della camera più interna
G OODENOUGH 1963, pp. 20-21, cf. supra, 2.2.3-4.
FASOLA 1975, passim.
154
RAJAK 1994, p. 237 lo ritiene ebraico.
155
RUTGERS 1990.
156
Nel mio studio del 1986 avevo erroneamente scritto che il complesso, una volta
incorporato nella catacomba, non era stato probabilmente riutilizzato (VISMARA 1986,
p. 377), ma a seguito di una nuova visita avevo ritenuto necessaria una palinodia
(VISMARA 1986-88, p. 158). Ulteriore palinodia si rende necessaria sull’identità dell’utilizzatore del kokh di sinistra, che ci è ignota.
152
153
1880
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
siano da riferirsi a questa157 , anche se l’epitafio ebraico murato su
quella di sinistra (JIWE II, 223) non è in posto158 . Va ricordato
che i kokhim sono molto ben attestati nella catacomba di Vigna
Randanini, segnatamente nella parte occidentale prossima al cubicolo doppio.
3.3.2. Le due catacombe di Villa Torlonia
Una questione che a nostra conoscenza non è stata mai affrontata
riguarda le due catacombe sotto Villa Torlonia e in particolare la
‘stranezza’ della loro storia. Sembra per lo meno singolare che,
nella medesima area, si sviluppi, al di sopra di una catacomba
ebraica esistente, una seconda catacomba, ebraica anch’essa, completamente separata in un primo tempo e successivamente unita
all’altra. Non è improbabile che la scelta dell’area sia stata condizionata dalla proprietà del terreno sovrastante, ma è come se due
diverse entità che si ignoravano reciprocamente avessero proceduto alla messa in opera dei due cimiteri, o meglio che si sia realizzata una rete di gallerie autonoma al di sopra di un cimitero che si
era già ampiamente sviluppato. La comunità ebraica di Roma non
aveva dimensioni tali da giustificare questa ignoranza, né ci
troviamo in un’area del suburbio così densamente attraversata da
cimiteri ipogeici quale, ad esempio la regione dell’Appia. Pare inoltre impossibile che le maestranze all’opera nella catacomba superiore non fossero a conoscenza del fatto che al di sotto del cimitero in cui lavoravano ce ne fosse un altro. Né si comprende il
motivo dell’unificazione successiva. D’altra parte, come ha giu-
157
D. Nuzzo ritiene che le tombe ‘a forno’ delle catacombe cristiane e i kokhim di
quelle ebraiche siano morfologicamente identiche e che l’unica differenza sia nel nome
(informazione fornita dalla studiosa; cf. inoltre NUZZO 2000, p. 189: «La maggior parte
delle tombe a forno, conosciute anche col nome ebraico di kokhim ...»); sulla tipologia
delle tombe a forno e sulla loro presenza nelle catacombe cristiane, ibid., pp. 168-169,
3.5. L. V. Rutgers (1990, pp. 155-156) ritiene invece che i kokhim siano esclusivamente ebraici.
158
Cf. supra, n. 54.
1881
CINZIA VISMARA
stamente osservato U. M. Fasola a proposito del grande ordine
nella distribuzione delle sepolture nella catacomba inferiore,
questa cura manca nella maggior parte delle gallerie della catacomba
superiore. È questo uno dei vari elementi di differenziazione, che mi
persuadono la (sic) totale indipendenza tra loro delle due catacombe
ebraiche di Villa Torlonia anche relativamente alle maestranze di fossori che vi hanno lavorato»159.
Tutte queste considerazioni andrebbero a nostro giudizio sviluppate e inserite nel dossier sulla gestione dei cimiteri.
4. P ROSPETTIVE DI RICERCA
Se il panorama delle fonti letterarie e archeologiche sulla comunità
ebraica di Roma è piuttosto deludente, va tuttavia sottolineato
che esse sono lungi dall’essere state sfruttate appieno: nuovi filoni
di ricerca potrebbero essere sviluppati per ottenere ulteriori conoscenze. Oltre al rilievo dettagliato delle pareti delle gallerie e dei
cubicoli nelle grandi catacombe superstiti e ad una pianta esatta di
quella di Vigna Randanini, sarebbe auspicabile lo studio architettonico dei resti conservati davanti all’attuale ingresso alla catacomba di Vigna Randanini, anch’esso accompagnato da un rilievo
di dettaglio e, se necessario, da un sondaggio stratigrafico al di sotto dei mosaici. Bisognerebbe altresì procedere alla revisione di tutto il materiale ‘pagano’ e alla sua reintegrazione al contesto, come
auspicato da T. Rajak160 .
Uno scavo metodologicamente corretto delle gallerie ancora
interrate nella parte occidentale della catacomba di Vigna Randanini, in condizioni di sicurezza, permetterebbe – forse per la prima
volta – di conoscere un settore di una catacomba ebraica romana
con le iscrizioni e la suppellettile ancora in posto, che potrebbero
159
160
1882
FASOLA 1975, p. 29.
RAJAK 1994, p. 240.
LE CATACOMBE EBRAICHE DI ROMA VENTICINQUE ANNI DOPO
fornire dati di primaria importanza, anche considerando qualche
eventuale visita in età post-antica, che potrebbe comunque essere
individuata e tenuta nella debita considerazione. Un progetto meno ambizioso è quello dell’apertura dei loculi ancora sigillati delle
catacombe di Villa Torlonia, per lo studio antropologico degli individui ivi deposti e quello archeologico dell’eventuale suppellettile161 .
Addendum
Nelle more della stampa di questo volume sono stati pubblicati importanti documenti d’archivio ad opera di J. dello Russo, reperibili in
rete sul sito: http://www.catacombsociety.org/publications.html
161
Cf. VITALE 2003, 49.
1883
CINZIA VISMARA
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