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Longano: Istantanee ritrovate

2020, Longano: Istantanee ritrovate

Tre foto antiche sono l'oggetto principale di questo mio studio. Un'accurata ed attenta descrizione di queste ultime con considerazioni e motivazioni sulla loro attribuzione al piccolo paese molisano di Longano, in provincia di Isernia. Il testo è preceduto da una prefazione a cura di Gioele Di Renzo, nella quale è posta in evidenza l'importanza della fotografia in relazione agli studi antropologici e folklorici.

Longano: Istantanee ritrovate Libero Cutrone Con prefazione di Gioele Di Renzo Longano: Istantanee ritrovate di Libero Cutrone con prefazione di Gioele Di Renzo 1 Prefazione Nell’epoca in cui viviamo l’immagine rappresenta un canale privilegiato per la comunicazione umana, tanto da avere ormai completamente condizionato le nostre vite quotidiane e la cultura in genere. Ciò è accaduto soprattutto dopo l’avvento del consumismo, l’introduzione di Internet e l’invenzione dei celebri social network. Se, infatti, prestassimo attenzione anche solo per un momento a ciò che ci circonda potremo costatare di essere letteralmente sommersi da immagini di qualsiasi tipo e con qualunque finalità: nel giro di poco tempo nella nostra società s’è fatto strada il culto per l’apparenza e l’esteriorità. Proprio una delle conseguenze più discutibili e nocive di questo fenomeno socio-culturale è rappresentato dalla superficialità, cioè dalla perdita di attenzione e interesse verso il significato e lo scopo fondamentale delle immagini che ci circondano. Aspetti come la velocità, l’eccedenza e la distrazione sono diventati tipici della nostra quotidianità e non ci permettono di osservare attentamente un’immagine per quel minimo istante utile a farci comprendere appieno le strategie, gli ideali e i fenomeni culturali in base ai quali proprio quell’immagine è stata prodotta. Di fronte a un numero esagerato di contenuti visivi a portata di mano tendiamo per natura a giudicarli in maniera superficiale per poter essere sempre più veloci. Da un punto di vista squisitamente culturale è evidente a tutti che le immagini hanno acquisito uno status talmente importante che è comune imbattersi in prodotti culturali caratterizzati da ottime immagini ma da contenuti molto scadenti: è una sorta di eterno contrasto fra apparenza e sostanza degli oggetti. Devo evidenziare, tuttavia, che almeno fino alla prima metà del secolo scorso la situazione, soprattutto in una realtà territoriale come quella molisana, era ben diversa: nella società le immagini circolavano in quantità assolutamente inferiore rispetto a oggi e ciò indubbiamente poteva consentire alle persone di soffermarvisi maggiormente in modo da evitare quella superficialità di osservazione che invece oggi pare quasi perseguitarle. Un tempo la produzione di immagini aveva anche un’importante connotazione economica: solo chi aveva una disponibilità monetaria tale da poter commissionare dipinti e fotografie aveva la prerogativa di mettere in circolazione delle immagini. Tutti noi sappiamo che da sempre le immagini hanno avuto anche il compito di immortalare eventi e persone del passato: fissare delle istantanee di vita, insomma. Questo breve testo vuole approfondire delle specifiche immagini proprio con quest’ottica. Come il lettore avrà modo di scoprire sfogliando queste pagine, proprio un’attenzione e un’osservazione maggiori del solito ci hanno permesso di cogliere l’importanza storica, sociale e antropologica di alcune fotografie d’epoca, che attraverso un’accurata riflessione intellettuale abbiamo identificato come pertinenti al paese molisano di Longano (provincia d’Isernia). Senza anticipare troppo ciò che il lettore potrà approfondire in seguito, due sono stati gli elementi che hanno reso le fotografie in questione attribuibili alla comunità di Longano: la presenza di edifici e altre strutture in parte conservatesi fino ai giorni nostri e la presenza di alcune donne del paese con indosso il caratteristico costume tradizionale. Il costume tradizionale (talvolta detto “popolare”) era l’insieme dei capi d’abbigliamento indossati anticamente dalle classi sociali più basse della popolazione. Erano capi e modi di vestire che si tramandavano di generazione in generazione, senza mutamenti e in più, durante le festività e le occasioni speciali della vita, si utilizzava una versione più pregiata del costume, rispetto a quello indossato durante la faticosa vita di tutti i giorni. Ad ogni modo, la particolarità di quest’abbigliamento popolare stava nel fatto di possedere una forte valenza simbolica e comunicativa: il modo d’indossare un costume (soprattutto quello femminile), l’uso di colori e oggetti particolari, aveva il compito esplicito di segnalare alla comunità d’appartenenza 2 informazioni come la propria età, lo stato civile o la condizione economica della propria famiglia. 1 Proprio sul tema del costume tradizionale deve indirizzarsi parte della nostra attenzione: questo breve testo, infatti, cita il pregevole costume tradizionale del paese matesino di Longano: questo centro, infatti, è diventato particolarmente conosciuto perché i suoi abitanti rientrano a pieno titolo fra quelle comunità che sono riuscite a preservare i propri peculiari costumi dall’oblio della Storia. Posso dire, inoltre, che gli abitanti di Longano ancora oggi continuano con grande successo ad essere i custodi del loro antico e prezioso costume, proteggendo la loro identità storica, antropologica e culturale in genere a differenza di tante altre comunità regionali e nazionali. Chi indaga in maniera consapevole il mondo dei costumi tradizionali del Molise sa bene che avere riportato alla luce o perlomeno all’attenzione di un pubblico un certo materiale fotografico raffigurante delle persone in costume sia un importantissimo traguardo per la ricerca sulle tradizioni popolari. Tutto ciò, però, si verifica in quanto qualunque ricerca di questo tipo deve avvalersi principalmente di quattro fonti, come insegna anche il metodo storiografico più classico: - fonti scritte (atti notarili antichi, monografie locali, precedenti pubblicazioni); fonti orali (le testimonianze e i racconti delle persone anziane); fonti iconografiche (dipinti, fotografie, disegni); fonti materiali (capi d’abbigliamento conservati fino ad oggi o accurate ricostruzioni). Nell’ambito di questi quattro tipi di fonti utili alla ricerca sui costumi tradizionali, chiaramente un ruolo di grande importanza è conferito alle fotografie d’epoca (in alcuni casi risalenti anche alla metà del XIX secolo) poiché si tratta di fonti iconografiche di non facile reperimento ai giorni nostri e sono classificabili in tre grandi categorie, in base alla loro finalità e all’occasione in cui sono state scattate: - - fotografie di studio (scattate al chiuso dello studio fotografico, di solito con fondali e soggetti in posa); fotografie paesaggistiche (scattate all’aperto per ritrarre paesaggi naturali o antropici, in cui possono essere state incluse in maniera inconsapevole delle persone abbigliate con i costumi tradizionali); ritratti fotografici familiari (di solito eseguiti su commissione). Come si può vedere, dunque, il legame fra i costumi tradizionali e la produzione fotografica regionale datata tra l’Unità d’Italia e il secondo dopoguerra è intenso e ai miei occhi persino indissolubile. Tale rapporto si è creato per varie motivazioni: la volontà, da parte del fotografo di turno, di immortalare i luoghi e i momenti della vita quotidiana delle fasce più basse della popolazione molisana faceva eco, invece, all’esigenza di soddisfare una clientela prettamente cittadina e “borghese”. Questo ceto socialmente più elevato era partecipe di gusti e mode, diffusesi in tutta Europa, secondo cui si enfatizzava il fascino dell’atavica e pittoresca cultura popolare, non osservabile nelle città ma nelle campagne più remote e sui monti appenninici, ad esempio. Questo fenomeno ha avuto un intenso vigore anche durante il regime fascista in Italia, armonizzandosi perfettamente con la propaganda ruralista. A premesse ideologiche simili hanno risposto anche gli autori di quelle fotografie di studio che hanno immortalato donne, talvolta anche modelle, che appositamente indossavano i costumi L. CUTRONE, G. DI RENZO, L’Archivio Svelato. Oggetti personali e vita quotidiana a Campodipietra tra il XVII e il XX secolo, Campobasso, Editrice Lampo, 2019. 1 3 tradizionali molisani: sono queste le immagini dei costumi molisani più note al grande pubblico e a queste fonti va comunque attribuito un alto valore storico e documentario. In definitiva, nonostante le varie suggestioni ideologiche che si sono alternate nel corso del XX secolo, è necessario ricordare che ci sono state anche personalità che hanno trattato il tema dei costumi tradizionali molisani con la dovuta scientificità o perlomeno con la consapevolezza di voler operare una vera e propria ricerca per immagini: sto parlando della famiglia Trombetta, senza dubbio la dinastia di fotografi campobassani più conosciuti e rappresentativi del Molise, il cui racconto supererebbe i limiti di questa breve prefazione. Basti sapere al lettore che lo studio fotografico Trombetta «…è stato punto preciso di riferimento per la storia locale e le tradizioni popolari, per la cultura del Molise e la valorizzazione di tutto quello che ‘non doveva andare in alcun modo disperso’…»2. È molto evidente che il mondo dei costumi tradizionali sia un argomento molto più complesso di quel che possa sembrare superficialmente: per questo mi auguro che nel futuro della cultura regionale esso possa trovare sempre un posto di grande dignità accanto ad altri filoni di studio. Gioele Di Renzo 2 W. SETTIMELLI, A. TROMBETTA, S. WEBER, Cento anni di fotografia nel Molise. Lo Studio Trombetta, Firenze, Fratelli Alinari, 2017. 4 Longano: Istantanee ritrovate Scoperte. Ogni giorno si fanno scoperte e questa volta è toccato a Longano, piccolo paese alle pendici del Matese, in provincia di Isernia. “Girando” sui social network è capitato di imbattermi in un gruppo Facebook dal nome “Castello del Matese: foto di ieri e di oggi”. Grazie ad una conoscente, Daniela Mastrolorenzo, che non finirò mai di ringraziare, sono state portate alla mia attenzione tre fotografie molto interessanti pubblicate proprio lì. Daniela, in quanto amministratrice del gruppo, ha avuto da subito dei dubbi su queste tre testimonianze, tanto da chiedermi un parere. Nella prima fotografia (figura 1) notiamo delle donne in antico costume tradizionale mentre sono intente a lavare degli indumenti. Dopo alcune ricerche, e dopo aver chiesto il parere di altri molisani all’interno di gruppi Facebook, si è arrivati alla conclusione che si tratta di una scena immortalata a Longano, precisamente nell’attuale piazza Ferdinando Veneziale 3. Le donne, in costume tradizionale del luogo, attingono acqua dalla fontana e una di loro regge una grande tina. In secondo piano altre donne, dei bovini e l’antica chiesa di Santa Maria della Libera, appartenente da oltre due secoli alla famiglia Veneziale, che l’acquistò dai baroni Zona, già feudatari di Longano. La chiesa, danneggiata gravemente dal terremoto del 1984, è stata restaurata otto anni fa grazie alla Regione Molise e al Comune di Longano. Ad oggi la chiesa è ancora aperta al culto e al suo interno conserva dei pregevoli ex-voto, una bella statua della Vergine e un antico simulacro della Vergine Addolorata (figura 2). FIG. 1, Donne in piazza, Longano. (Longano, 16 luglio 1887 – Napoli, 16 aprile 1946) è stato un politico italiano. Componente della Consulta Nazionale, a lui è intitolato l'ospedale di Isernia con la seguente motivazione: «La scelta del nome fu quanto mai felice ed opportuna, per l'amore e la stima che gli isernini e i molisani nutrivano e nutrono tuttora per il personaggio. A qualunque ufficio venne chiamato, Ferdinando Veneziale portò sempre in alto il senso dello Stato: da tutti fu amato per il suo cuore tenerissimo e per la sua coscienza immacolata. Nella delibera (n. 34 del 9 marzo 1967) di intitolazione dell'Ospedale al suo nome si legge, tra l'altro, che egli fu “...maestro di diritto, nonché amministratore oculato e saggio padre di famiglia”». Notizie tratte da: Ferdinando Veneziale - Comune di Isernia, su comune.isernia.it. URL consultato il 7 dicembre 2020. 3 5 FIG. 2, Interno della chiesa di Santa Maria della Libera, Longano. Fonte: Maurizio Celli. 6 Confrontando l’antica fotografia con una veduta attuale della stessa area (figura 3), è chiaro che si tratta della piazza Veneziale di Longano. La chiesa, nonostante i restauri, sembra aver mantenuto l’assetto originario. Il paesaggio, come molti hanno notato, è cambiato, infatti il paese ha avuto uno sviluppo edilizio lungo il colle. Quest’azione ha compromesso l’utilizzo di molti terreni dove vi erano sicuramente delle coltivazioni di olivi, come testimoniato dalla prima fotografia. La fontana e il lavatoio non sono più presenti al giorno d’oggi: la prima è stata riedificata nel 1932 e in una posizione diversa rispetto all’originale (figura 4), poi restaurata 4 luglio 1999, il secondo è stato eliminato e mai più ricostruito. FIG. 3, Longano, piazza Ferdinando Veneziale. FIG. 4, Fontana di Longano in Piazza Veneziale. Fonte: Michelangelo Caranci. 7 Continuando con la seconda fotografia (figura 5) bisogna stare molto attenti: ci troviamo di fronte ad un antico errore di stampa. Al di sotto vi è la didascalia che recita: “Le donne di Castello d’Alife nel loro caratteristico costume”. FIG. 5, Le donne di Castello d’Alife nel loro caratteristico costume (errore tipografico), da «Il Mattino Illustrato» del 1927. Fonte: Umberto Riccitelli. La prima cosa che ho dovuto prendere in considerazione per la giusta attribuzione di questa fotografia al paese di Longano sono gli antichi costumi tradizionali indossati dalle donne. In questa scena delle donne stanno facendo il bucato nell’attuale piazza Ferdinando Veneziale, infatti notiamo dietro di loro l’antica fontana, già vista nella prima foto, ed un piccolo edificio: l’antica chiesetta di San Rocco. Prima di descrivere l’edificio religioso vorrei soffermarmi sui costumi indossati dalle donne. Partiamo dalla mappa, ovvero il copricapo: un rettangolo di lino bianco (circa cm. 93x58) con una piegatura molto complessa e particolare, fermato con delle piccole spille. I corpetti di Longano erano di due tipologie: uno per i giorni festivi e uno per i giorni feriali. Ada Trombetta, nel suo volume Mondo contadino d’altri tempi (ESI, 1989), li descrive così: Il primo [quello festivo], con una scollatura quadrata davanti e dietro, era agganciato sul seno con larghe bretelle fermate con ciappe (= placche) d’argento filigranato, ornato di ricami d’oro ed interamente profilato di passamaneria verde chiaro, zagarèlla, con l’aggiunta sul petto del così detto piett, cioè un pezzo di stoffa, a sua volta ricoperto di gallone dorato, come quello della donna. Era fornito, inoltre, del cuscinetto per reggere meglio la gonna, tòrtano, e di una cintura (alta 8 cm. 5) per coprire la linea di congiuntura tra i due capi. Il secondo [quello feriale], bustìne, più semplice ed accollato, era chiuso davanti con ganci, senza «piett», ma non privo delle «ciappe» di argento e di qualche guarnizione. 4 Le maniche, separate chiaramente dal corpetto, erano lunghe e ornate con galloni dorati. Potremmo fermarci qui per comprendere che le donne nella fotografia stanno indossando l’antico costume tradizionale di Longano. Notiamo soprattutto la concomitanza nell’utilizzo della doppia tipologia di corpetto: a scollo rotondo e a scollo quadrato. Confrontando il tutto con un’antica fotografia (figura 6) possiamo affermare in definitiva che si tratta di Longano e non di Castello d’Alife (Castello del Matese). FIG. 6, Donne in antico costume tradizionale di Longano. Fonte: Longano Matese. Tornando alla chiesetta di San Rocco avrei alcune considerazioni da fare. L’attuale edificio, chiaramente, è frutto di restauri avvenuti durante il corso dei secoli, ma fortunatamente abbiamo un suo disegno ottocentesco (figura 7). Confrontando quest’ultimo con la chiesa ripresa all’interno della fotografia (figura 8) notiamo che si tratta della stessa struttura architettonica: il piccolo campanile a vela5 si trova sulla sinistra del tetto in entrambi i casi, i lati della chiesa sono dotati di piccole absidi A. TROMBETTA, Mondo contadino d’altri tempi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1989, p. 248. Setto murario, eretto in prosecuzione di una struttura muraria della chiesa, traforato da archi in cui sono collocate campane. 4 5 9 semicircolari sempre in entrambe le strutture, il corpo d’ingresso antistante la facciata e la piccola guglia sulla cupola sono infine tratti che riscontriamo nelle due testimonianze. FIG. 7, Disegno ottocentesco della chiesa di San Rocco, Longano. Fonte: www.wikipedia.org. 10 FIG. 8, Le donne di Castello d’Alife nel loro caratteristico costume (errore tipografico), da «Il Mattino Illustrato» del 1927, dettaglio. Fonte: Umberto Riccitelli. FIG. 9, Donne di Longano al lavatoio. Fonte: https://www.comune.longano.is.it/foto-datate/foto19.htm. 11 Confrontando le immagini precedenti con un’antica fotografia raffigurante uno scorcio della chiesa di San Rocco (figura 9) possiamo affermare, infine, che anche in quella de «Il Mattino Illustrato» stiamo parlando di Longano. Allo stato attuale la chiesa di San Rocco si presenta modificata in alcune sue componenti (figura 10): essa presenta delle lesene 6 sia sulla facciata, sia sul corpo antistante la facciata, un nuovo campanile a vela sul lato destro, un orologio, una copertura del tetto diversa (in questo caso a capanna, mentre nella vecchia chiesa il tetto era formato da una cupola con piccola guglia) ed infine la copertura dell’impianto che fuoriesce della facciata è a capanna, mentre nella costruzione precedente era spiovente verso l’osservatore. FIG. 10, Chiesa di San Rocco, Longano. FIG. 11, Piazza Veneziale con veduta della chiesa di San Rocco, Longano. 6 Pilastro verticale che sporge da una parete muraria con funzione decorativa, in genere ripetuto ritmicamente. 12 Possiamo affermare, quindi, che la prima foto (figura 1) è stata scattata avendo la chiesa di San Rocco alle spalle e riuscendo ad inquadrare in ordine la fontana, il lavatoio e la chiesa di Santa Maria della Libera (manca l’abbeveratoio, il quale si trovava in prossimità della chiesetta di San Rocco, e quindi impossibile da inquadrare rispetto alla prospettiva della fotografia). La seconda (figura 5) è stata scattata volgendo le spalle alla chiesa di Santa Maria della Libera ed inquadrando quindi il lavatoio, la fontana e la chiesa di San Rocco. L’abbeveratoio rimane sempre non visibile a causa della prospettiva utilizzata dal fotografo. L’errore di stampa di cui ho parlato precedentemente riguarda un’edizione de «Il Mattino Illustrato» datata 1927. Grazie all’aiuto di Daniela Mastrolorenzo sono riuscito ad avere una foto di una parte del giornale dove possiamo leggere il seguente titolo: «L’Italia Pittoresca. Nel Sannio verde. Il paese delle acque: Piedimonte d’Alife» (figura 12). L’editore compie già un primo errore: le due fotografie in basso a destra riportano come località il paese di Castello d’Alife, attuale Castello del Matese (CE), e quindi non riguardano assolutamente il paese di Piedimonte d’Alife, ovvero l’attuale Piedimonte Matese (CE), come si potrebbe evincere dal titolo del giornale. La questione è semplice: nel passato gli abitanti del casertano pensavano che Piedimonte d’Alife (attuale Piedimonte Matese) si chiamasse anche Castello d’Alife, invece quest’ultimo era il nome dell’attuale Castello del Matese. All’interno della pagina vengono raccolte quindi una serie di fotografie appartenenti al comune del casertano, tranne che per due: una che abbiamo già descritto e assegnato al paese di Longano (figura 5) ed un’altra di cui andremo a parlare in conclusione dell’articolo. Daniela Mastrolorenzo ipotizza due teorie che hanno portato all’errore tipografico: la prima riguarda un semplice scambio tra la chiesa di San Rocco di Longano e quella di San Nicola a Castello del Matese, dato che entrambe avevano l’abbeveratoio nelle vicinanze, mentre la seconda è relativa al fotografo Parisio. Quest’ultimo, realizzò molti scatti nel versante campano del Matese e probabilmente anche quelle scattate a Longano sono state sempre considerate appartenenti ad un paese del casertano. L’ultima fotografia (figura 13) raffigura uno scorcio di vita quotidiana nell’attuale Piazza Ferdinando Veneziale, a Longano. Sulla sinistra possiamo notare delle donne in antico costume tradizionale intente a lavare i panni, mentre sulla destra una mandria di bovini. Sullo sfondo compare di nuovo la chiesetta di San Rocco. Dopo un’attenta analisi e un paragone con la foto precedente (figura 5) sono giunto alla conclusione che quest’ultima è un dettaglio della fotografia 13. Nonostante presenti delle anomalie – gli edifici che fiancheggiano la chiesa non sembrano appartenere allo scenario originale, quindi è stata sicuramente ritoccata – rimane una grande testimonianza per un piccolo paese, gioiello del Molise. Libero Cutrone 13 FIG. 12, Pagina tratta da «Il Mattino Illustrato» del 1927, fondo fotografico Parisio. Fonte: Daniela Mastrolorenzo. FIG. 13, Scene di vita quotidiana nell’attuale Piazza Veneziale, Longano. Fonte: Umberto Riccitelli. 14 BIBLIOGRAFIA - «Il Mattino Illustrato», edizione del 1927. A. TROMBETTA, Mondo contadino d’altri tempi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1989, p. 248. W. SETTIMELLI, A. TROMBETTA, S. WEBER, Cento anni di fotografia nel Molise. Lo Studio Trombetta, Firenze, Fratelli Alinari, 2017. L. CUTRONE, G. DI RENZO, L’Archivio Svelato. Oggetti personali e vita quotidiana a Campodipietra tra il XVII e il XX secolo, Campobasso, Editrice Lampo, 2019. SITOGRAFIA - http://www.comune.isernia.it/artecultura/Veneziale.htm www.wikipedia.org. https://www.comune.longano.is.it/foto-datate/foto19.htm. https://futuromolise.com/longano-riapre-al-culto-la-chiesa-della-libera/. 15