Longano: Istantanee ritrovate
Libero Cutrone
Con prefazione di
Gioele Di Renzo
Longano:
Istantanee ritrovate
di
Libero Cutrone
con prefazione di
Gioele Di Renzo
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Prefazione
Nell’epoca in cui viviamo l’immagine rappresenta un canale privilegiato per la comunicazione
umana, tanto da avere ormai completamente condizionato le nostre vite quotidiane e la cultura in
genere. Ciò è accaduto soprattutto dopo l’avvento del consumismo, l’introduzione di Internet e
l’invenzione dei celebri social network. Se, infatti, prestassimo attenzione anche solo per un momento
a ciò che ci circonda potremo costatare di essere letteralmente sommersi da immagini di qualsiasi
tipo e con qualunque finalità: nel giro di poco tempo nella nostra società s’è fatto strada il culto per
l’apparenza e l’esteriorità. Proprio una delle conseguenze più discutibili e nocive di questo fenomeno
socio-culturale è rappresentato dalla superficialità, cioè dalla perdita di attenzione e interesse verso il
significato e lo scopo fondamentale delle immagini che ci circondano. Aspetti come la velocità,
l’eccedenza e la distrazione sono diventati tipici della nostra quotidianità e non ci permettono di
osservare attentamente un’immagine per quel minimo istante utile a farci comprendere appieno le
strategie, gli ideali e i fenomeni culturali in base ai quali proprio quell’immagine è stata prodotta. Di
fronte a un numero esagerato di contenuti visivi a portata di mano tendiamo per natura a giudicarli in
maniera superficiale per poter essere sempre più veloci. Da un punto di vista squisitamente culturale
è evidente a tutti che le immagini hanno acquisito uno status talmente importante che è comune
imbattersi in prodotti culturali caratterizzati da ottime immagini ma da contenuti molto scadenti: è
una sorta di eterno contrasto fra apparenza e sostanza degli oggetti. Devo evidenziare, tuttavia, che
almeno fino alla prima metà del secolo scorso la situazione, soprattutto in una realtà territoriale come
quella molisana, era ben diversa: nella società le immagini circolavano in quantità assolutamente
inferiore rispetto a oggi e ciò indubbiamente poteva consentire alle persone di soffermarvisi
maggiormente in modo da evitare quella superficialità di osservazione che invece oggi pare quasi
perseguitarle. Un tempo la produzione di immagini aveva anche un’importante connotazione
economica: solo chi aveva una disponibilità monetaria tale da poter commissionare dipinti e
fotografie aveva la prerogativa di mettere in circolazione delle immagini. Tutti noi sappiamo che da
sempre le immagini hanno avuto anche il compito di immortalare eventi e persone del passato: fissare
delle istantanee di vita, insomma. Questo breve testo vuole approfondire delle specifiche immagini
proprio con quest’ottica. Come il lettore avrà modo di scoprire sfogliando queste pagine, proprio
un’attenzione e un’osservazione maggiori del solito ci hanno permesso di cogliere l’importanza
storica, sociale e antropologica di alcune fotografie d’epoca, che attraverso un’accurata riflessione
intellettuale abbiamo identificato come pertinenti al paese molisano di Longano (provincia d’Isernia).
Senza anticipare troppo ciò che il lettore potrà approfondire in seguito, due sono stati gli elementi che
hanno reso le fotografie in questione attribuibili alla comunità di Longano: la presenza di edifici e
altre strutture in parte conservatesi fino ai giorni nostri e la presenza di alcune donne del paese con
indosso il caratteristico costume tradizionale. Il costume tradizionale (talvolta detto “popolare”) era
l’insieme dei capi d’abbigliamento indossati anticamente dalle classi sociali più basse della
popolazione. Erano capi e modi di vestire che si tramandavano di generazione in generazione, senza
mutamenti e in più, durante le festività e le occasioni speciali della vita, si utilizzava una versione più
pregiata del costume, rispetto a quello indossato durante la faticosa vita di tutti i giorni. Ad ogni
modo, la particolarità di quest’abbigliamento popolare stava nel fatto di possedere una forte valenza
simbolica e comunicativa: il modo d’indossare un costume (soprattutto quello femminile), l’uso di
colori e oggetti particolari, aveva il compito esplicito di segnalare alla comunità d’appartenenza
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informazioni come la propria età, lo stato civile o la condizione economica della propria famiglia. 1
Proprio sul tema del costume tradizionale deve indirizzarsi parte della nostra attenzione: questo breve
testo, infatti, cita il pregevole costume tradizionale del paese matesino di Longano: questo centro,
infatti, è diventato particolarmente conosciuto perché i suoi abitanti rientrano a pieno titolo fra quelle
comunità che sono riuscite a preservare i propri peculiari costumi dall’oblio della Storia. Posso dire,
inoltre, che gli abitanti di Longano ancora oggi continuano con grande successo ad essere i custodi
del loro antico e prezioso costume, proteggendo la loro identità storica, antropologica e culturale in
genere a differenza di tante altre comunità regionali e nazionali. Chi indaga in maniera consapevole
il mondo dei costumi tradizionali del Molise sa bene che avere riportato alla luce o perlomeno
all’attenzione di un pubblico un certo materiale fotografico raffigurante delle persone in costume sia
un importantissimo traguardo per la ricerca sulle tradizioni popolari. Tutto ciò, però, si verifica in
quanto qualunque ricerca di questo tipo deve avvalersi principalmente di quattro fonti, come insegna
anche il metodo storiografico più classico:
-
fonti scritte (atti notarili antichi, monografie locali, precedenti pubblicazioni);
fonti orali (le testimonianze e i racconti delle persone anziane);
fonti iconografiche (dipinti, fotografie, disegni);
fonti materiali (capi d’abbigliamento conservati fino ad oggi o accurate ricostruzioni).
Nell’ambito di questi quattro tipi di fonti utili alla ricerca sui costumi tradizionali, chiaramente un
ruolo di grande importanza è conferito alle fotografie d’epoca (in alcuni casi risalenti anche alla metà
del XIX secolo) poiché si tratta di fonti iconografiche di non facile reperimento ai giorni nostri e sono
classificabili in tre grandi categorie, in base alla loro finalità e all’occasione in cui sono state scattate:
-
-
fotografie di studio (scattate al chiuso dello studio fotografico, di solito con fondali e soggetti
in posa);
fotografie paesaggistiche (scattate all’aperto per ritrarre paesaggi naturali o antropici, in cui
possono essere state incluse in maniera inconsapevole delle persone abbigliate con i costumi
tradizionali);
ritratti fotografici familiari (di solito eseguiti su commissione).
Come si può vedere, dunque, il legame fra i costumi tradizionali e la produzione fotografica regionale
datata tra l’Unità d’Italia e il secondo dopoguerra è intenso e ai miei occhi persino indissolubile. Tale
rapporto si è creato per varie motivazioni: la volontà, da parte del fotografo di turno, di immortalare
i luoghi e i momenti della vita quotidiana delle fasce più basse della popolazione molisana faceva
eco, invece, all’esigenza di soddisfare una clientela prettamente cittadina e “borghese”. Questo ceto
socialmente più elevato era partecipe di gusti e mode, diffusesi in tutta Europa, secondo cui si
enfatizzava il fascino dell’atavica e pittoresca cultura popolare, non osservabile nelle città ma nelle
campagne più remote e sui monti appenninici, ad esempio. Questo fenomeno ha avuto un intenso
vigore anche durante il regime fascista in Italia, armonizzandosi perfettamente con la propaganda
ruralista. A premesse ideologiche simili hanno risposto anche gli autori di quelle fotografie di studio
che hanno immortalato donne, talvolta anche modelle, che appositamente indossavano i costumi
L. CUTRONE, G. DI RENZO, L’Archivio Svelato. Oggetti personali e vita quotidiana a Campodipietra tra il XVII e
il XX secolo, Campobasso, Editrice Lampo, 2019.
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tradizionali molisani: sono queste le immagini dei costumi molisani più note al grande pubblico e a
queste fonti va comunque attribuito un alto valore storico e documentario. In definitiva, nonostante
le varie suggestioni ideologiche che si sono alternate nel corso del XX secolo, è necessario ricordare
che ci sono state anche personalità che hanno trattato il tema dei costumi tradizionali molisani con la
dovuta scientificità o perlomeno con la consapevolezza di voler operare una vera e propria ricerca per
immagini: sto parlando della famiglia Trombetta, senza dubbio la dinastia di fotografi campobassani
più conosciuti e rappresentativi del Molise, il cui racconto supererebbe i limiti di questa breve
prefazione. Basti sapere al lettore che lo studio fotografico Trombetta «…è stato punto preciso di
riferimento per la storia locale e le tradizioni popolari, per la cultura del Molise e la valorizzazione di
tutto quello che ‘non doveva andare in alcun modo disperso’…»2. È molto evidente che il mondo dei
costumi tradizionali sia un argomento molto più complesso di quel che possa sembrare
superficialmente: per questo mi auguro che nel futuro della cultura regionale esso possa trovare
sempre un posto di grande dignità accanto ad altri filoni di studio.
Gioele Di Renzo
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W. SETTIMELLI, A. TROMBETTA, S. WEBER, Cento anni di fotografia nel Molise. Lo Studio Trombetta, Firenze,
Fratelli Alinari, 2017.
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Longano: Istantanee ritrovate
Scoperte. Ogni giorno si fanno scoperte e questa volta è toccato a Longano, piccolo paese alle pendici
del Matese, in provincia di Isernia. “Girando” sui social network è capitato di imbattermi in un gruppo
Facebook dal nome “Castello del Matese: foto di ieri e di oggi”. Grazie ad una conoscente, Daniela
Mastrolorenzo, che non finirò mai di ringraziare, sono state portate alla mia attenzione tre fotografie
molto interessanti pubblicate proprio lì. Daniela, in quanto amministratrice del gruppo, ha avuto da
subito dei dubbi su queste tre testimonianze, tanto da chiedermi un parere. Nella prima fotografia
(figura 1) notiamo delle donne in antico costume tradizionale mentre sono intente a lavare degli
indumenti. Dopo alcune ricerche, e dopo aver chiesto il parere di altri molisani all’interno di gruppi
Facebook, si è arrivati alla conclusione che si tratta di una scena immortalata a Longano, precisamente
nell’attuale piazza Ferdinando Veneziale 3. Le donne, in costume tradizionale del luogo, attingono
acqua dalla fontana e una di loro regge una grande tina. In secondo piano altre donne, dei bovini e
l’antica chiesa di Santa Maria della Libera, appartenente da oltre due secoli alla famiglia Veneziale,
che l’acquistò dai baroni Zona, già feudatari di Longano. La chiesa, danneggiata gravemente dal
terremoto del 1984, è stata restaurata otto anni fa grazie alla Regione Molise e al Comune di Longano.
Ad oggi la chiesa è ancora aperta al culto e al suo interno conserva dei pregevoli ex-voto, una bella
statua della Vergine e un antico simulacro della Vergine Addolorata (figura 2).
FIG. 1, Donne in piazza, Longano.
(Longano, 16 luglio 1887 – Napoli, 16 aprile 1946) è stato un politico italiano. Componente della Consulta Nazionale,
a lui è intitolato l'ospedale di Isernia con la seguente motivazione: «La scelta del nome fu quanto mai felice ed opportuna,
per l'amore e la stima che gli isernini e i molisani nutrivano e nutrono tuttora per il personaggio. A qualunque ufficio
venne chiamato, Ferdinando Veneziale portò sempre in alto il senso dello Stato: da tutti fu amato per il suo cuore
tenerissimo e per la sua coscienza immacolata. Nella delibera (n. 34 del 9 marzo 1967) di intitolazione dell'Ospedale al
suo nome si legge, tra l'altro, che egli fu “...maestro di diritto, nonché amministratore oculato e saggio padre di
famiglia”». Notizie tratte da: Ferdinando Veneziale - Comune di Isernia, su comune.isernia.it. URL consultato il 7
dicembre 2020.
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FIG. 2, Interno della chiesa di Santa Maria della Libera, Longano. Fonte: Maurizio Celli.
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Confrontando l’antica fotografia con una veduta attuale della stessa area (figura 3), è chiaro che si
tratta della piazza Veneziale di Longano. La chiesa, nonostante i restauri, sembra aver mantenuto
l’assetto originario. Il paesaggio, come molti hanno notato, è cambiato, infatti il paese ha avuto uno
sviluppo edilizio lungo il colle. Quest’azione ha compromesso l’utilizzo di molti terreni dove vi erano
sicuramente delle coltivazioni di olivi, come testimoniato dalla prima fotografia. La fontana e il
lavatoio non sono più presenti al giorno d’oggi: la prima è stata riedificata nel 1932 e in una posizione
diversa rispetto all’originale (figura 4), poi restaurata 4 luglio 1999, il secondo è stato eliminato e mai
più ricostruito.
FIG. 3, Longano, piazza Ferdinando Veneziale.
FIG. 4, Fontana di Longano in Piazza Veneziale. Fonte: Michelangelo Caranci.
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Continuando con la seconda fotografia (figura 5) bisogna stare molto attenti: ci troviamo di fronte ad
un antico errore di stampa. Al di sotto vi è la didascalia che recita: “Le donne di Castello d’Alife nel
loro caratteristico costume”.
FIG. 5, Le donne di Castello d’Alife nel loro caratteristico costume (errore tipografico), da «Il Mattino
Illustrato» del 1927. Fonte: Umberto Riccitelli.
La prima cosa che ho dovuto prendere in considerazione per la giusta attribuzione di questa fotografia
al paese di Longano sono gli antichi costumi tradizionali indossati dalle donne. In questa scena delle
donne stanno facendo il bucato nell’attuale piazza Ferdinando Veneziale, infatti notiamo dietro di
loro l’antica fontana, già vista nella prima foto, ed un piccolo edificio: l’antica chiesetta di San Rocco.
Prima di descrivere l’edificio religioso vorrei soffermarmi sui costumi indossati dalle donne. Partiamo
dalla mappa, ovvero il copricapo: un rettangolo di lino bianco (circa cm. 93x58) con una piegatura
molto complessa e particolare, fermato con delle piccole spille. I corpetti di Longano erano di due
tipologie: uno per i giorni festivi e uno per i giorni feriali. Ada Trombetta, nel suo volume Mondo
contadino d’altri tempi (ESI, 1989), li descrive così:
Il primo [quello festivo], con una scollatura quadrata davanti e dietro, era agganciato sul seno con larghe bretelle fermate
con ciappe (= placche) d’argento filigranato, ornato di ricami d’oro ed interamente profilato di passamaneria verde chiaro,
zagarèlla, con l’aggiunta sul petto del così detto piett, cioè un pezzo di stoffa, a sua volta ricoperto di gallone dorato,
come quello della donna. Era fornito, inoltre, del cuscinetto per reggere meglio la gonna, tòrtano, e di una cintura (alta
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cm. 5) per coprire la linea di congiuntura tra i due capi. Il secondo [quello feriale], bustìne, più semplice ed accollato, era
chiuso davanti con ganci, senza «piett», ma non privo delle «ciappe» di argento e di qualche guarnizione. 4
Le maniche, separate chiaramente dal corpetto, erano lunghe e ornate con galloni dorati. Potremmo
fermarci qui per comprendere che le donne nella fotografia stanno indossando l’antico costume
tradizionale di Longano. Notiamo soprattutto la concomitanza nell’utilizzo della doppia tipologia di
corpetto: a scollo rotondo e a scollo quadrato. Confrontando il tutto con un’antica fotografia (figura
6) possiamo affermare in definitiva che si tratta di Longano e non di Castello d’Alife (Castello del
Matese).
FIG. 6, Donne in antico costume tradizionale di Longano. Fonte: Longano Matese.
Tornando alla chiesetta di San Rocco avrei alcune considerazioni da fare. L’attuale edificio,
chiaramente, è frutto di restauri avvenuti durante il corso dei secoli, ma fortunatamente abbiamo un
suo disegno ottocentesco (figura 7). Confrontando quest’ultimo con la chiesa ripresa all’interno della
fotografia (figura 8) notiamo che si tratta della stessa struttura architettonica: il piccolo campanile a
vela5 si trova sulla sinistra del tetto in entrambi i casi, i lati della chiesa sono dotati di piccole absidi
A. TROMBETTA, Mondo contadino d’altri tempi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1989, p. 248.
Setto murario, eretto in prosecuzione di una struttura muraria della chiesa, traforato da archi in cui sono collocate
campane.
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semicircolari sempre in entrambe le strutture, il corpo d’ingresso antistante la facciata e la piccola
guglia sulla cupola sono infine tratti che riscontriamo nelle due testimonianze.
FIG. 7, Disegno ottocentesco della chiesa di San Rocco, Longano. Fonte: www.wikipedia.org.
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FIG. 8, Le donne di Castello d’Alife nel loro caratteristico costume (errore tipografico), da «Il Mattino
Illustrato» del 1927, dettaglio. Fonte: Umberto Riccitelli.
FIG. 9, Donne di Longano al lavatoio. Fonte: https://www.comune.longano.is.it/foto-datate/foto19.htm.
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Confrontando le immagini precedenti con un’antica fotografia raffigurante uno scorcio della chiesa
di San Rocco (figura 9) possiamo affermare, infine, che anche in quella de «Il Mattino Illustrato»
stiamo parlando di Longano. Allo stato attuale la chiesa di San Rocco si presenta modificata in alcune
sue componenti (figura 10): essa presenta delle lesene 6 sia sulla facciata, sia sul corpo antistante la
facciata, un nuovo campanile a vela sul lato destro, un orologio, una copertura del tetto diversa (in
questo caso a capanna, mentre nella vecchia chiesa il tetto era formato da una cupola con piccola
guglia) ed infine la copertura dell’impianto che fuoriesce della facciata è a capanna, mentre nella
costruzione precedente era spiovente verso l’osservatore.
FIG. 10, Chiesa di San Rocco, Longano.
FIG. 11, Piazza Veneziale con veduta della chiesa di San Rocco, Longano.
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Pilastro verticale che sporge da una parete muraria con funzione decorativa, in genere ripetuto ritmicamente.
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Possiamo affermare, quindi, che la prima foto (figura 1) è stata scattata avendo la chiesa di San Rocco
alle spalle e riuscendo ad inquadrare in ordine la fontana, il lavatoio e la chiesa di Santa Maria della
Libera (manca l’abbeveratoio, il quale si trovava in prossimità della chiesetta di San Rocco, e quindi
impossibile da inquadrare rispetto alla prospettiva della fotografia). La seconda (figura 5) è stata
scattata volgendo le spalle alla chiesa di Santa Maria della Libera ed inquadrando quindi il lavatoio,
la fontana e la chiesa di San Rocco. L’abbeveratoio rimane sempre non visibile a causa della
prospettiva utilizzata dal fotografo. L’errore di stampa di cui ho parlato precedentemente riguarda
un’edizione de «Il Mattino Illustrato» datata 1927. Grazie all’aiuto di Daniela Mastrolorenzo sono
riuscito ad avere una foto di una parte del giornale dove possiamo leggere il seguente titolo: «L’Italia
Pittoresca. Nel Sannio verde. Il paese delle acque: Piedimonte d’Alife» (figura 12). L’editore compie
già un primo errore: le due fotografie in basso a destra riportano come località il paese di Castello
d’Alife, attuale Castello del Matese (CE), e quindi non riguardano assolutamente il paese di
Piedimonte d’Alife, ovvero l’attuale Piedimonte Matese (CE), come si potrebbe evincere dal titolo
del giornale. La questione è semplice: nel passato gli abitanti del casertano pensavano che Piedimonte
d’Alife (attuale Piedimonte Matese) si chiamasse anche Castello d’Alife, invece quest’ultimo era il
nome dell’attuale Castello del Matese. All’interno della pagina vengono raccolte quindi una serie di
fotografie appartenenti al comune del casertano, tranne che per due: una che abbiamo già descritto e
assegnato al paese di Longano (figura 5) ed un’altra di cui andremo a parlare in conclusione
dell’articolo. Daniela Mastrolorenzo ipotizza due teorie che hanno portato all’errore tipografico: la
prima riguarda un semplice scambio tra la chiesa di San Rocco di Longano e quella di San Nicola a
Castello del Matese, dato che entrambe avevano l’abbeveratoio nelle vicinanze, mentre la seconda è
relativa al fotografo Parisio. Quest’ultimo, realizzò molti scatti nel versante campano del Matese e
probabilmente anche quelle scattate a Longano sono state sempre considerate appartenenti ad un
paese del casertano. L’ultima fotografia (figura 13) raffigura uno scorcio di vita quotidiana
nell’attuale Piazza Ferdinando Veneziale, a Longano. Sulla sinistra possiamo notare delle donne in
antico costume tradizionale intente a lavare i panni, mentre sulla destra una mandria di bovini. Sullo
sfondo compare di nuovo la chiesetta di San Rocco. Dopo un’attenta analisi e un paragone con la foto
precedente (figura 5) sono giunto alla conclusione che quest’ultima è un dettaglio della fotografia 13.
Nonostante presenti delle anomalie – gli edifici che fiancheggiano la chiesa non sembrano
appartenere allo scenario originale, quindi è stata sicuramente ritoccata – rimane una grande
testimonianza per un piccolo paese, gioiello del Molise.
Libero Cutrone
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FIG. 12, Pagina tratta da «Il Mattino Illustrato» del 1927, fondo fotografico Parisio. Fonte: Daniela
Mastrolorenzo.
FIG. 13, Scene di vita quotidiana nell’attuale Piazza Veneziale, Longano. Fonte: Umberto Riccitelli.
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BIBLIOGRAFIA
-
«Il Mattino Illustrato», edizione del 1927.
A. TROMBETTA, Mondo contadino d’altri tempi, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane,
1989, p. 248.
W. SETTIMELLI, A. TROMBETTA, S. WEBER, Cento anni di fotografia nel Molise. Lo
Studio Trombetta, Firenze, Fratelli Alinari, 2017.
L. CUTRONE, G. DI RENZO, L’Archivio Svelato. Oggetti personali e vita quotidiana a
Campodipietra tra il XVII e il XX secolo, Campobasso, Editrice Lampo, 2019.
SITOGRAFIA
-
http://www.comune.isernia.it/artecultura/Veneziale.htm
www.wikipedia.org.
https://www.comune.longano.is.it/foto-datate/foto19.htm.
https://futuromolise.com/longano-riapre-al-culto-la-chiesa-della-libera/.
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