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Il Credo del Popolo di Dio: Paolo VI, Charles Journet e Jacques Maritain

399 Il Credo del popolo di Dio CITTÀ DI VITA: Settembre-Ottobre 2012 anno sessantasettesimo ■ Editoriale di Battista Mondin: Cultura e religione ■ Orlando Todisco: Dal diritto-a-essere al dono dell’essere ■ Giovanni Manco:La remissione dei debiti ■ Daniele Zangirolami: Dogmi mariani in Par XXXIII,1 (parte II) ■ Samuele Pinna: Il Credo del Popolo di Dio: Paolo VI, Charles Journet e Jacques Maritain ■ Ileana Tozzi: Un artista e la sua Musa ■ Saverio Carillo - Maria Carolina Campone: Janua templi. Architettura e restauro nello spazio sacro del Novecento ■ Raniero Sciamannini: In margine al Concilio ■ Giovanni Manco: Sessant’anni di editoriali: 1946-2006. Il senso del bilancio di una rivista di teologia per laici ■ Autori Vari: I libri (religione, arte, scienza) ■ Pietro Parigi: Tre xilografie ■ In copertina: Pietro Parigi: Sulla via Anno sessantasettesimo di Emmaus, linoleografia, 1969 ■ Papa Wojtyla e il Concilio nell’otnumero 5 tica di Benedetto XVI ■ Notiziario ■ Il cantuccio ■ Informazioni. Sulla via di Emmaus. ISSN 0009-7632 Città diSamuele Vita : Pinna 400 BIMESTRALE DI RELIGIONE ARTE E SCIENZA http://www.cittadivita.org e-mail: info@cittadivita.org Direttore responsabile: Massimiliano G. Rosito | Vicedirettore: Nicola Petilli | Redazione: Gaetano Chiappini, Anna Scarlino, Duccia Camiciotti, Giovanna Fozzer, Luigi Picchi. Grafica di Ugo Fontana. Abbonamento 2013 q 30,00 | Estero q 40,00 | Un fascicolo - q 7,00 | Arretrati - q 9,30 | c.c.p. 21249503 intestato a Città di Vita, Piazza S.Croce, 50122 Firenze, 16 | Tel.-fax: 055242783. SETTEMBRE-OTTOBRE 2012 anno sessantasettesimo | Editoriale di Battista Mondin: CULTURA E RELIGIONE, p. 369. | Orlando Todisco: DAL DIRITTO-A-ESSERE AL DONO DELL’ESSERE, p. 371. | Giovanni Manco:LA REMISSIONE DEI DEBITI, p. 377. | Daniele Zangirolami: «VERGINE MADRE, FIGLIA DEL TUO FIGLIO» DOGMI MARIANI IN PARADISO XXXIII,1 (PARTE II), p. 389. | Samuele Pinna: IL CREDO DEL POPOLO DI DIO PAOLO VI, CHARLES JOURNET E JACQUES MARITAIN, p. 401. | Ileana Tozzi: UN ARTISTA E LA SUA MUSA: ANTONIO GHERARDI E PORZIA ALBERTELLI, p. 415. | Saverio Carillo - Maria Carolina Campone: JANUA TEMPLI. ARCHITETTURA E RESTAURO NELLO SPAZIO SACRO DEL NOVECENTO, p. 423. | Raniero Sciamannini: IN MARGINE AL CONCILIO, p. 453. | Giovanni Manco: SESSANT’ANNI DI EDITORIALI: 1946-2006. IL SENSO DEL BILANCIO DI UNA RIVISTA DI TEOLOGIA PER LAICI, p. 461. | Autori Vari: I LIBRI (religione, arte, scienza), p. 469. | Pietro Parigi: TRE XILOGRAFIE | In copertina: Pietro Parigi: Sulla via di Emmaus, linoleografia, 1969. | Papa Wojtyla e il Concilio nell’ottica di Benedetto XVI. | Notiziario | Il cantuccio | Sommario delle riviste | Informazioni. Le opinioni espresse negli articoli sono di esclusiva responsabilità dei rispettivi autori. Il Credo del popolo di Dio IL CREDO DEL POPOLO DI DIO PAOLO VI, CHARLES JOURNET E JACQUES MARITAIN Samuele 401 Pinna : L’anno della fede. ■ Anno della fede e Credo del Popolo di Dio. ■ Una grande amicizia spirituale. ■ Il Sinodo dei Vescovi. ■ La questione del Catechismo olandese. ■ Una richiesta inaspettata. ■ Il Credo del Popolo di Dio. ■ Conclusione di una straordinaria avventura. ■ L’anno della fede. L A L ETTERA APOSTOLICA Porta fidei di papa Benedetto XVI indice l’Anno della Fede che ha il suo inizio nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e nel ventesimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica. «La “porta della fede” (cfr. At 14,27) — scrive il Santo Padre — che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi […]. Fin dall’inizio del mio ministero come Successore di Pietro ho ricordato l’esigenza di riscoprire il cammino della fede per mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell’incontro con Cristo»1. Se, tuttavia, «nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario — è ancora il Papa a parlare –, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone»2. Perciò, nella consapevolezza della necessità di dover offrire all’uomo di oggi la bellezza della buona notizia di Gesù Cristo, Benedetto XVI percepisce l’importanza di vivere un intero anno dedicato alla fede. «Non è la prima volta — commenta ancora Benedetto XVI — che la Chiesa è chiamata a celebrare un Anno della fede. Il mio venerato Predecessore il Servo di Dio Paolo VI ne indisse uno simile nel 1967, per fare memoria del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo nel diciannovesimo centenario della loro testimonianza suprema. Lo pensò come un momento solenne perché in tutta la Chiesa vi fosse “un’autentica e sincera professione della medesima fede”; egli, inoltre, volle che questa venisse confermata in maniera “individuale e collettiva, libera e cosciente, interiore ed esteriore, umile e franca” (Paolo VI, Esort. ap. Petrum et Paulum Apostolos, 22 febbraio 1967: AAS 59 (1967), 196). Pensava che in tal modo la Chiesa intera potesse riprendere “esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla” (ibid., 198). I grandi sconvolgimenti che si verificarono in quell’Anno, resero ancora più evidente la necessità di una simile celebrazione. Essa si concluse con la Professione di fede del Popolo di Dio, per attestare quanto i contenuti essenziali che da secoli costituiscono il patrimonio di tutti i credenti hanno bisogno di essere confermati, compresi e approfonditi in maniera sempre nuova al fine di dare testimonianza coerente in condizioni storiche diverse dal passato»3. Samuele Pinna 402 È, pertanto, di estremo interesse — durante l’Anno della Fede che si sta vivendo — risalire alla genesi e allo sviluppo di questa Professione di fede che chiama in causa, ovviamente, Paolo VI insieme al teologo e cardinale Charles Journet e al filosofo Jacques Maritain. Si intende, dunque, sintetizzare — benché non manchino già studi in questa direzione4 — questa singolare e, come è stata definita dallo stesso Maritain, straordinaria avventura. L’idea di una professio fidei, che si realizzerà con il Credo del Popolo di Dio, trova la sua origine all’inizio del 1967. Il Concilio si era concluso da poco più di un anno, ma — come aveva registrato il teologo Joseph Ratzinger nella sua rinomata conferenza tenuta a Bamberg, nel luglio precedente — regna un certo disagio, un’atmosfera di freddezza e anche di delusione, quale segue solitamente i momenti di gioia e di festa. In quel clima Paolo VI proclama l’Anno della fede (dal 29 giugno 1967 al 29 giugno 1968), ma nulla faceva presagire che questo si dovesse concludere con la proclamazione di una nuova professio fidei da parte del Santo Padre. Tale intuizione si concretizzerà proprio a partire da un’idea di Maritain suffragata da Journet e condivisa dal Sommo Pontefice stesso. Il valore che riveste tale professione lo si evince soprattutto quando Paolo VI, nella sua ultima celebrazione pubblica — il 29 giugno 1978, festa dei santi Pietro e Paolo –, volle ricordare come atto importante del suo pontificato la professione di fede che dieci anni prima aveva pronunciato solennemente «in nome e a impegno di tutta la Chiesa come “Credo del popolo di Dio”»5. La «sommaria professione di fede» — la definì — che aveva voluto riproporre come un «ritorno alle sorgenti», in un momento in cui «facili sperimentalismi dottrinali sembravano scuotere la certezza di tanti sacerdoti e fedeli»6. Si rileggeva già nell’Esortazione apostolica Petrum et Paulum apostolos proprio questa preoccupazione unita a un grande slancio spirituale. Scrive papa Paolo VI: Così che arride a Noi la speranza che la commemorazione centenaria del martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo si risolva principalmente per tutta la Chiesa in un grande atto di fede. E vogliamo ravvisare in questa ricorrenza la felice occasione che la divina Provvidenza appresta al Popolo di Dio per riprendere esatta coscienza della sua fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla. Non possiamo ignorare che di ciò l’ora presente accusa grande bisogno. È pur noto a voi, Venerati Fratelli e Figli carissimi, come, nella sua evoluzione, il mondo moderno, proteso verso mirabili conquiste nel dominio delle cose esteriori, e fiero d’una cresciuta coscienza di sé, sia incline alla dimentican- 403 Il Credo del popolo di Dio za e alla negazione di Dio, e sia poi tormentato dagli squilibri logici, morali e sociali, che la decadenza religiosa porta con sé, e si rassegni a vedere l’uomo agitato da torbide passioni e da implacabili angosce: dove manca Dio manca la ragione suprema delle cose, manca la luce prima del pensiero, manca l’indiscutibile imperativo morale, di cui l’ordine umano ha bisogno.7 Anno della fede e Credo del Popolo di Dio. Ecco che la proclamazione di una professione di fede — che «salga dall’intimo di ogni cuore fedele e risuoni identica e amorosa in tutta la Chiesa»8 — diviene più che mai necessaria. È facile rintracciare l’amicizia9 tra Jacques Maritain e Charles Journet nella lunga corrispondenza, durata più di cinquant’anni: dal quattro novembre 1920 al quattro aprile 197310. Journet, che da tempo desiderava scrivere al filosofo francese, prenderà spunto da un suo articolo riguardante un commento a un testo filosofico. La risposta di Maritain, di qualche giorno dopo (è il 10 novembre), rivela la cordialità e i prodromi di un’amicizia che si consoliderà negli anni11. Maritain e Montini (che tradurrà nel 1928 in italiano Tre riformatori12) sono legati da una pluridecennale amicizia: il futuro Pontefice ha sempre considerato il filosofo francese quale suo maestro e l’ha sempre difeso dalle critiche rivolte al suo pensiero non rettamente inteso13. Dirà, infatti, nel Regina Cœli di domenica 29 aprile 1973, il giorno dopo la scomparsa del filosofo francese: «Maritain, davvero un grande pensatore dei nostri giorni, maestro nell’arte di pensare, di vivere e di pregare». Rispetto a quella tra Maritain e Paolo VI meno conosciuta, «ma altrettanto importante, è l’amicizia tra Journet e Montini, nata a partire dalla comune stima per il filosofo francese, come risulta dalla loro corrispondenza. Papa Paolo VI conosce il teologo di Friburgo a partire dai suoi primi scritti e in particolare dal trattato L’Église du Verbe incarné, che durante il Vaticano II consulta molte volte»14. Sarà proprio Paolo VI a creare cardinale Journet — nonostante i suoi rifiuti — e quando, nel 1969, è in visita a Ginevra dirà pubblicamente di Journet «che è per noi da tanti anni un maestro e un amico»15. È il legame fra queste tre insigni figure che rende possibile la solenne proclamazione del Credo del Popolo di Dio: «nella corrispondenza JournetMaritain si può costatare — commenta Piero Viotto — come Paolo VI segua da vicino lo svilupparsi della riflessione filosofica di Maritain e della riflessione teologica di Journet»16. A conclusione del Vaticano II, Maritain ha da poco espresso nel libro Le paysan de la Garonne17 tutte le sue critiche davanti alle storture dottrinali e culturali che vede alimentarsi nella teologia, ma pure tra laici ed ecclesia- Samuele Pinna 404 stici, sotto il pretesto dell’apertura al mondo. Del resto, le distorsioni teologiche prodotte dal postconcilio saranno stigmatizzate anche dal Papa nell’indizione dell’Anno della fede: E mentre vien meno il senso religioso fra gli uomini del nostro tempo, privando la fede del suo naturale fondamento, opinioni esegetiche o teologiche nuove, spesso mutuate da audaci, ma cieche filosofie profane, sono qua e là insinuate nel campo della dottrina cattolica, mettendo in dubbio o deformando il senso oggettivo di verità autorevolmente insegnate dalla Chiesa, e, col pretesto di adattare il pensiero religioso alla mentalità del mondo moderno, si prescinde dalla guida del magistero ecclesiastico, si dà alla speculazione teologica un indirizzo radicalmente storicistico, si osa spogliare la testimonianza della Sacra Scrittura del suo carattere storico e sacro, e si tenta di introdurre nel Popolo di Dio una mentalità cosiddetta post-conciliare, che del Concilio trascura la ferma coerenza dei suoi ampli e magnifici sviluppi dottrinali e legislativi con il tesoro di pensiero e di prassi della Chiesa, per sovvertirne lo spirito di fedeltà tradizionale e per diffondere l’illusione di dare al cristianesimo una nuova interpretazione arbitraria e isterilita. Che cosa resterebbe del contenuto della nostra fede e della virtù teologale che la professa, se questi tentativi, emancipati dal suffragio del magistero ecclesiastico, avessero a prevalere?. 18 Proprio con l’inizio del periodo non poco travagliato del postconcilio, leggendo la Correspondance tra Maritain e Journet, si osserva che è il 1966 l’anno in cui si ritrovano «i germi da cui arriverà, qualche mese più tardi, l’idea della professione di fede»19. Paolo VI appariva, infatti, a Maritain come un uomo solo e per ciò la preghiera di intercessione per il Papa era da lui intensificata, chiedendo a tutti di fare lo stesso. In una lettera del dicembre 1966 il filosofo confida a Journet: «penso spesso al Papa e alla sua terribile solitudine. Mi sembra che occorrerebbe far molto pregare per lui le anime contemplative»20. Qualche giorno più tardi scriverà a Henry Bars: «penso molto alla solitudine e ai dolori del Papa»21. Dall’inizio di gennaio, come rivelerà a Journet, Maritain incomincia a intravedere la possibilità di «una professione di fede completa e dettagliata»22 redatta dal Papa. Scrive il 14 gennaio 1967 a Journet: Un’idea mi è venuta in mente da parecchi giorni, con una tale Una grande amicizia spirituale. 405 Il Credo del popolo di Dio intensità e una tale chiarezza che io non credo di poterla trascurare. Era come un tratto di luce mentre pregavo per il Papa e consideravo la crisi tremenda che la Chiesa sta attraversando.23 È la corrispondenza epistolare tra Maritain e Journet che permette di ricostruire lo sviluppo di questa “idea”. Il 12 gennaio 1967, Journet aveva informato l’amico — nel post scriptum di una sua lettera — di essere stato convocato a Roma da Paolo VI. Il Papa è inquieto di ciò che sta succedendo in Olanda. Ha fatto domandare che io vada a Roma, vado la settimana prossima per una riunione liturgica.24 A Maritain la circostanza appare «provvidenziale» ed esprime la sua intuizione a Journet, non certo perché il Cardinale la trasmettesse al Papa, come invece avverrà, ma perché, se lo ritenesse giusto, facesse quanto Dio gli avrebbe ispirato. Precisa, infatti, Maritain: «solo un Cardinale, soprattutto se il Papa prende l’iniziativa di ricorrere a lui, è nello stato di parlare d’una tale cosa al Santo Padre»25. Del resto — continua il filosofo — «io non sono di quei laici illuminati che si permettono di dare consigli al Papa»26. In quegli anni, quella di Maritain non era un’intenzione del tutto nuova. Ipotesi simili erano circolate con insistenza già prima e durante il Concilio. Il domenicano Yves Congar, per esempio, era convinto che fosse secondo tradizione promulgare un nuovo Simbolo di fede, dopo che si era tenuto un Concilio ecumenico. Nel giugno 1964, davanti alle sue insistenze, il Papa aveva chiesto allo stesso Congar di prepararne un testo27. Ma il risultato non aveva convinto Paolo VI che, pur apprezzando il “tono biblico” della bozza, aveva di fatto accantonato il progetto. A tal proposito, scrive Journet a Maritain il 17 dicembre 1967: «Mi ha detto [Paolo VI] che alla fine del Concilio gli avevano proposto qualcosa del genere, ma che i testi che gli avevano proposto non erano soddisfacenti (uno era di P. Congar)»28. Lunedì 16 gennaio 1967 Journet, quando percepisce l’importanza e la portata dell’intuizione di una nuova professio fidei, scrive a Maritain: «non so se vedrò il Santo Padre, ma il messaggio gli giungerà»29. Journet porterà a Roma una fotocopia per Paolo VI delle parti della lettera in cui l’amico filosofo espone il suo progetto, e le consegna al Papa nell’udienza del 18 gennaio. Le ragioni per cui proclamare una solenne Professione di Fede sono espresse nella lettera del 14 gennaio dallo stesso Maritain: Una sola cosa, in tali circostanze, è in grado di toccare universal- Samuele Pinna 406 mente gli spiriti, e di custodire il bene assolutamente essenziale, che è l’integrità della Fede: è un atto decisivo ed eclatante della sola forza che resta intatta, un atto sovrano dell’autorità suprema che è quella del Vicario di Gesù Cristo; non un atto disciplinare, né delle esortazioni, o delle direttive, — ma un atto dogmatico, sul piano della Fede stessa.30 Paolo VI, a quel momento, non aveva ancora in programma nessuna nuova professione di fede. Dal canto suo, Maritain non aveva saputo nulla dell’intenzione papale di indire un Anno della fede. Ne aveva preso atto a cose fatte, al momento dell’indizione ufficiale. Ma le due iniziative vanno per così dire una incontro all’altra, spinte dalla stessa percezione della crisi in cui versa la Chiesa. Sempre nell’incontro del 18 gennaio, Paolo VI chiede a Journet un giudizio sulla situazione della Chiesa: «tragica»31, risponderà il Cardinale elvetico. È solo allora che papa Montini confida al suo amico teologo il progetto di indire l’Anno della fede, che verrà ufficialmente reso noto più di un mese dopo, con la pubblicazione dell’esortazione Petrum et Paulum apostolos. Il 24 febbraio, commentando il primo annuncio dell’Anno della fede da parte di Paolo VI, Maritain si chiede nel suo diario se sia la preparazione per una professione di fede che lo stesso Papa proclamerà. Quello stesso anno (dal 29 settembre al 29 ottobre), si riunisce a Roma il primo Sinodo dei Vescovi italiani, in cui il Sommo Pontefice, nel discorso di apertura, denuncia i tentativi di «sottomettere a una revisione il patrimonio dottrinale della Chiesa per donare al cristianesimo nuove dimensioni ideologiche»32. Tutto l’Anno della Fede si connoterà come una difesa della tradizione teologica e spirituale della bimillenaria vita della Chiesa. Scrive papa Paolo VI: La prima questione, questione capitale, è quella della fede, che noi Vescovi dobbiamo considerare nella sua incombente gravità. Qualche cosa di molto strano e doloroso sta avvenendo, non soltanto nella mentalità profana, areligiosa e anti-religiosa, ma altresì nel campo cristiano, non escluso quello cattolico, e sovente, quasi per inesplicabile “spirito di vertigine” (Is. 19,l4), anche fra coloro che conoscono e studiano la Parola di Dio: viene meno la certezza nella verità obbiettiva e nella capacità del pensiero umano di raggiungerla; si altera il senso della fede unica e genuina; si ammettono le aggressioni più radicali a verità sacrosante della nostra dottrina, sempre credute e professate dal popolo cristiano; Il Sinodo dei Vescovi. 407 Il Credo del popolo di Dio si mette in questione ogni dogma che non piaccia e che esiga umile ossequio della mente per essere accolto; si prescinde dall’autorità insostituibile e provvidenziale del magistero; e si pretende di conservare il nome cristiano arrivando alle negazioni estreme d’ogni contenuto religioso. Tutto ciò in Italia non ha avuto finora affermazioni originali notevoli, per fortuna; né ha ottenuto una vasta diffusione. Ma persone e pubblicazioni, che avrebbero la missione d’insegnare e di difendere la fede, non mancano purtroppo anche da noi di far eco a quelle voci sovvertitrici, per la celebrità, più che per il valore scientifico, dei loro fautori; la moda fa legge più della verità; il culto della propria personalità e della propria libertà di coscienza si riveste del più frettoloso e servile gregarismo; alla Chiesa non si obbedisce, ma si fa facile credito al pensiero altrui e alle audacie irriverenti e utopistiche della cultura corrente, spesso superficiale e irresponsabile. Vi è pericolo d’una disgregazione della dottrina, e si pensa da alcuni che ciò sia fatale nel mondo moderno. Tocca a noi Vescovi per primi, maestri e testimoni della fede quali siamo, di prendere posizione: con l’affermazione positiva della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa che ne deriva; e dove ciò non bastasse, con la calma e sincera denuncia degli errori, circolanti talvolta come un’epidemia: tocca a noi, pastori di anime, comprendere, compatire, istruire, correggere gli spiriti tuttora aperti al dialogo e alla ricerca della verità, avidi talvolta d’una serena e ragionevole nostra testimonianza, e più prossimi che forse non sembri a riaprire gli occhi alla luce di Cristo; tocca a noi, nei momenti di crisi più gravi, ripetere a Lui, Cristo, per tutti, le parole di Pietro: “Signore, a chi andremo noi? Tu solo hai parole di vita eterna” (Io 6,69). Noi confidiamo che l’“Anno della Fede”, da Noi annunciato per onorare il centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, darà occasione a ciascuno di noi di studiare i problemi inerenti alla fede, e di dare alla nostra fede l’interiore adesione e l’esteriore professione, che questa ora di tenebre e di lampi richiede da noi, Successori degli Apostoli.33 La questione del Catechismo olandese. Un’altra questione assai più impegnativa sorta in questo periodo è il Catechismo olandese, presentato dal cardinal Alfrink nell’ottobre 1966. Il Papa aveva nominato una commissione cardinalizia, in cui era presente anche Journet, per esaminare tale controverso compendio approvato dai vescovi olandesi. Nel suo rapporto conclusivo, Journet non si limita ad analizzare i singoli punti contestati, in palese contrasto con la dottrina Samuele Pinna 408 cattolica, ma ne coglie lo spirito profondo e ne rintraccia le radici ideologiche. Non si contano i paragrafi di cui tutti possono riconoscere l’esattezza e lodare il valore, ma aveva osservato come il Catechismo fosse un tutto organico congeniato per sostituire l’ortodossia tradizionale, ossia conforme alla Tradizione, con un’ortodossia moderna. Il N.[uovo] C.[atechismo] non è un mosaico. È un tutto organico. È orientato, potentemente orientato […]. Se si scartano dalla dottrina della Chiesa punti finora considerati come essenziali — e alcuni definiti solennemente — come la caduta originale, il senso della Redenzione, la natura del sacrificio della Messa, la presenza corporale di Cristo nell’Eucaristia, la creazione ex nihilo del mondo e di ciascuna anima umana, il primato di Pietro, la natura dei miracoli evangelici, la dottrina del Battesimo e dei sacramenti della Legge nuova; […] il ruolo della Vergine Maria, la sua maternità verginale […], la sua scienza delle cose divine, la sua Immacolata Concezione e la sua Assunzione, non è per caso, non è per un gioco di decisioni arbitrarie, è per la forza e la logica di un’opzione profonda e il trascinamento di una corrente divenuta irresistibile. La tenacità che questi autori mettono per difenderla non viene dall’ostinazione […], è la loro fedeltà a seguire una via che deve portare a sostituire, all’interno della Chiesa stessa, un’ortodossia a un’altra, una “ortodossia moderna” a una “ortodossia tradizionale” […]. Il N.[uovo] C.[atechismo] può essere corretto? È difficile pensarlo. Questo non porterebbe che a un testo ricucito e male cicatrizzato. Gli autori del N.[uovo] C.[atechismo] sembrano essere del medesimo avviso […]. È possibile conciliare tra di loro, o correggere l’una con l’altra, una visione ontologica del cristianesimo e una visione fenomenologica del cristianesimo? […]. La soluzione è altrove […]. Per finire, voglio porre una questione drammatica. Occorre intendere ontologicamente le definizioni dogmatiche dei primi quattro Concili ecumenici, o occorre intenderle fenomenologicamente? Bisogna intendere ontologicamente il mistero del Verbo fatto carne e la divinità di nostro Signore Gesù Cristo, o occorre intenderli fenomenologicamente?34 È il lavoro della Commissione d’esame sul Catechismo olandese a riportare Journet a Roma e, il 14 dicembre del 1967, questi è di nuovo ricevuto dal Papa. Nell’udienza riprende l’idea di Maritain e chiede a Paolo VI «se per la fine dell’anno della fede, avesse in animo di pubblicare qualche Una richiesta inaspettata. 409 Il Credo del popolo di Dio grande documento, per orientare quelli che volevano rimanere nella Chiesa. Una “professione di fede di Paolo VI”»35. Il Papa risponde al Cardinale elvetico con una richiesta sorprendente e impegnativa: «volete voi fare uno schema di quello che pensate debba essere fatto?»36. Journet — è il 18 dicembre — coinvolge, così, subito Maritain: «Allora, Jacques, come era possibile non pensare di chiedere subito il vostro aiuto? È la questione del tono da trovare, così come delle cose da dire, che è difficile da risolvere. Si dice che non servirebbe un nuovo Syllabus. Non è, dunque, sufficiente accontentarsi di una ripresa del Simbolo della fede. Potreste voi pensare un poco a queste cose e dirmi ciò che a voi sembra appropriato per illuminare le anime? Più sarete preciso, più questo mi sarà d’aiuto»37. All’inizio di gennaio, durante un periodo trascorso a Parigi, Maritain redige un progetto di professio fidei. Lo termina l’11 gennaio, e il 20 invia il testo a Journet. Nella lettera d’accompagnamento scrive: Sono stato contento di farlo; ansioso, allo stesso tempo, di ciò che voi ne penserete; e mortificato e confuso d’aver dovuto, per redigere queste pagine, mettere per qualche istante, con l’immaginazione, un povero diavolo come me al posto del Santo Padre! Non c’è situazione più idiota […]. Charles, fatene quello che volete, gettatelo nel fuoco se volete. Io sono in uno stato più miserabile che mai; e pur con questo, il documento che il Papa vi ha domandato di preparare mi sembra sempre più così d’importanza capitale.38 Journet, nella sua lettera di risposta del 23 gennaio, si dice «sbalordito di riconoscenza»39 alla lettura delle pagine di Maritain e, l’indomani, invia il testo tale e quale a Paolo VI. «La questione — scrive Journet al Papa — è così difficile, dato lo stato attuale degli spiriti, che ho pensato di parlarne a Jacques Maritain, che da lungo tempo prega in questa direzione e la cui esperienza del mondo è grande. Io ho appena ricevuto da lui una risposta che Vi trasmetto tale e quale»40. Aggiunge, inoltre, due estratti della lettera che aveva ricevuto da Maritain il 20 gennaio. In uno di essi, Maritain suggerisce di radicare la nuova professione di fede «nei Credo antichi, ma con uno stile più semplice»41. Si comprende chiaramente come il progetto elaborato da Maritain era destinato, quale ausilio, al solo Journet. È l’iniziativa di quest’ultimo, non concordata, che permette al testo sine glossa di essere nelle mani di Paolo VI. «Maritain — spiega Georges Cottier — aveva l’idea che il Papa doveva fare un’affermazione ferma della fede della Chiesa. Ha mandato un testo a Journet a titolo personale. Journet leggendo questo testo lo ha mandato a Paolo VI che lo ha fatto suo (con pochi ritocchi)»42. Journet Samuele Pinna 410 non agisce soltanto per l’amicizia che lo lega a Maritain, bensì perché il testo da lui preparato gli appare davvero come la risposta sovrabbondante alle attese del momento. «Il miracolo — commenta Journet — è che tutti i punti difficili sono stati toccati e riposti in luce»43. Quali fossero i dati essenziali della fede che occorreva confessare davanti alla confusione teologica del tempo, lo stesso Journet lo aveva chiarito — come abbiamo già osservato — nel rapporto che aveva inviato a Roma il 21 settembre 1967, dove enumerava i punti in cui il Catechismo olandese gli sembrava essersi allontanato dalla dottrina della Chiesa44. La prima risposta da Roma arriva il 6 aprile 1968, tramite uno scritto inviato a Journet dal domenicano Benoît Duroux, a quel tempo segretario di mons. Paul Philippe alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Innanzi tutto, nel messaggio si esprime «una immensa benedizione e gratitudine del Santo Padre»45 nei confronti di Journet e Maritain. Il vescovo Philippe e padre Duroux — riporta il Cardinale elvetico in una lettera del 7 aprile — considerano «la Professione di Fede mirabilmente concepita»46. Le esitazioni vertono soltanto sul modo in cui la professio fidei deve essere presentata. Nell’introduzione al testo preparato su richiesta di Journet, Maritain aveva proposto che il Papa usasse una procedura nuova, confessando la sua professione di fede come una pura e semplice testimonianza. Secondo Maritain, la pura e semplice confessio fidei avrebbe aiutato meglio la moltitudine delle anime travagliate, senza dover presentare la professione di fede come un mero atto d’autorità. Se il Papa avesse l’aria di prescrivere o d’imporre la sua professione di fede a nome del suo magistero, o dovrebbe dire tutta la verità, sollevando tempeste, o dovrebbe usare dei riguardi, evitando di trattare i punti più pericolosamente minacciati, e ciò sarebbe la cosa peggiore di tutte. 47 «L’essenziale — precisa Cagin — era per Maritain che Paolo VI potesse confessare chiaro e forte l’integrità della fede della Chiesa, senza anatemizzare nessuno. Per questo, aveva stimato che il Papa non poteva farla che a titolo personale»48. Padre Duroux, tuttavia, espone a Journet — ma pare fosse il pensiero dello stesso Paolo VI — alcune perplessità. Si doveva evitare, infatti, che tale professione fosse sminuita dai partiti ecclesiastici in lotta, ridotta a una sorta di professione di fede personale di Giovanni Battista Montini, cosa che l’avrebbe resa del tutto inefficace49. Occorreva, invece, che essa fosse proclamata «evitando ogni allusione alla forma anatematica, ma a nome di colui che ora occupa a Roma la Sede Il Credo del Popolo di Dio. 411 Conclusione di una straordinaria avventura. Il Credo del popolo di Dio dell’apostolo Pietro. In modo che tutte le ambiguità saranno escluse»50. Secondo Duroux si dovrebbe aggiungere anche una precisazione: «far comprendere che quando la Chiesa si occupa delle questioni temporali non ha lo scopo di instaurare un paradiso sulla terra, ma semplicemente di rendere la condizione presente degli uomini meno inumana»51. Nel successivo scambio di lettere con Journet, Maritain si conferma pienamente d’accordo con le considerazioni provenienti da Roma. Riguardo al giudizio e all’azione della Chiesa nelle vicende temporali, suggerisce «di ricordare, o citare, Populorum progressio, per meglio rimarcare che il Papa non ha variato di uno iota»52. Questo suo consiglio non verrà accolto, ma evidenzia come nella mente del suo principale autore, il Credo del popolo di Dio fosse in piena continuità armonica con l’enciclica montiniana del 1967, che tante critiche aveva sollevato per il suo realismo di giudizio sulle cose del mondo53. Il 9 aprile 1968 Maritain scrive a Journet il suo consenso davanti alle puntualizzazioni giunte da Roma, ossia sulle modalità e il tono da impiegare in una eventuale professione di fede di Paolo VI54. E Journet, dal canto suo, confermerà tutto ciò con una lettera inviata alla Santa Sede il Giovedì Santo. Montini stesso risponderà a Journet con un breve biglietto di ringraziamento, scritto propria manu, con la sua «bella chiara e tranquilla scrittura». Da Roma, oltre a ciò, non giunge più alcuna notizia. Il 30 giugno 1968, Paolo VI proclama a San Pietro il Credo del popolo di Dio. Solo il 2 luglio, leggendo il giornale, Maritain ritrova nelle sintesi riportate ampi estratti del testo che lui aveva inviato a Journet all’inizio dell’anno. «Sono confuso — osserva nel suo carnet — profondamente travagliato dal fatto di essere stato ingaggiato in un mistero che mi sorpassa così tanto. Per fortuna è Raïssa che ha tutto condotto, che ha fatto tutto, dopo l’inizio di questa straordinaria avventura»55. Il Credo del popolo di Dio coincide così sostanzialmente con la bozza preparata dal filosofo francese. La professio fidei firmata dal Papa riprende la concezione di fondo di Maritain — integrando la trama del Simbolo Niceno-Costantinopolitano con gli sviluppi omogenei del dogma sopravvenuti dopo quello –, e la sua stessa formulazione, sia letteralmente, sia condensandola un poco, omettendo certe formule, certi ampliamenti, certe esplicazioni, per donare al testo lo stile conciso di un Simbolo. L’idea di Maritain, così chiara nella sua mente, si concretizza in una «straordinaria avventura» che porta alla proclamazione solenne del Credo del Popolo di Dio. Si potrebbe immaginare che il Pontefice abbia accettato tale scritto acriticamente e, dunque, sia invero da ricondurre al solo Maritain. In realtà, suggerisce nel suo studio il benedettino Cagin, «non si ignora che i documenti del magistero sono il più delle volte preparati da Samuele Pinna 412 redattori diversi e passano, prima della loro promulgazione, attraverso numerose mani. Ora Maritain, nel caso presente, l’abbiamo visto, non è nella situazione di un redattore incaricato dal Papa di preparare una bozza. È piuttosto il Cardinal Journet che si è trovato in quella posizione. Maritain non ha fatto altro che rispondere all’appello d’aiuto del Cardinale»56. Sicché ogni tentativo di liquidare la professio fidei di Paolo VI come esercitazione di un vecchio filosofo amico del Papa risulta fuori luogo. Il cardinale Cottier, già Teologo della Casa Pontificia e maggior esperto e conoscitore della vita e del pensiero di Journet, ne è sicuro, non c’è alcun dubbio che si tratta del Credo di Paolo VI. Papa Montini aveva scartato già altri progetti, come quello predisposto da Congar. Il testo che si trova davanti, nelle intenzioni nell’autore non era indirizzato a lui, ma a Journet. Semplicemente, Paolo VI ha riconosciuto nei contenuti e nella formulazione di quella bozza ciò che era suo compito confessare come pastore, a nome di tutti i sacerdoti e di tutti i fedeli. Nello stendere il suo testo, Maritain aveva solo seguito quasi istintivamente il sensus fidei, lo stesso che si esprimeva in maniera concorde nelle richieste provenienti dal Sinodo dei Vescovi e che aveva ispirato il Sommo Pontefice nel proclamare l’Anno della fede, con quella libertà che accompagna sempre le vicende della Chiesa, quando a guidare è il Signore. Al Successore di Pietro non restava altro che riconoscere e autenticare quelle formule, che ripetevano semplicemente l’insegnamento ricevuto da Cristo, che attrae i cuori con la sua grazia. C’è, inoltre, un legame imprescindibile tra il Concilio e la professio fidei di papa Montini. Il Vaticano II — afferma Journet — «trova la sua espressione finale nel “Credo del Popolo di Dio”, pronunciato, a nome di tutti i pastori e di tutti i fedeli, da Papa Paolo VI nella conclusione dell’Anno della Fede, il 30 giugno 1968»57. Credo del Popolo di Dio che andrebbe — secondo l’autorevole parere del cardinale Giacomo Biffi –riscoperto e attentamente studiato, soprattutto da chi si prepara a divenire pastore d’anime: È un testo un po’ lungo, ma mette in conto di impiegare generosamente il tempo per una causa così necessaria. E sarebbe anche un doveroso riscatto dall’indifferenza e addirittura dalla renitenza, con cui è stato accolto negli ambienti teologici e pastorali un documento dell’autentico magistero ecclesiale di quella rilevanza.58 Del medesimo parere è Vittorio Possenti, secondo cui «pochi tra i cattolici di allora colsero l’intuizione presente nell’iniziativa paolina e il segnale forte che intendeva trasmettere: l’attenzione al Credo fu scarsa, il 413 Il Credo del popolo di Dio testo venne per lo più considerato “tradizionale”, quando non scarsamente significativo. Circondato da un diffuso silenzio e altrettanta indifferenza, fu presto dimenticato, mentre era segno delle crescenti preoccupazioni del Pontefice sulle condizioni della fede nella Chiesa»59. In tale prospettiva, il Credo del Popolo di Dio è uno scritto di capitale importanza, di cui si avverte ancor di più la necessità laddove è in pericolo il depositum fidei nella sua interpretazione globale o particolare. Journet, riflettendo proprio sulle imprescindibili formulazioni dogmatiche, che esigono precisazioni concettuali per non essere fraintese, e sulla natura contemplativa dell’atto di fede aveva scritto: La conoscenza concettuale delle verità rivelate non è in alcun modo scartata e nemmeno abolita. Essa è semplicemente e momentaneamente riscoperta e superata. Allora tutti i dogmi sussistono nella fede del contemplativo. Ma come le stelle nel cielo di mezzogiorno. Per la verità, essi non sono mai stati così necessariamente ed efficacemente presenti. La luce passeggera che li ha eclissati viene a confortarli in maniera straordinaria. Quando essa si ritira, essi riappaiono come le stelle nel cielo della sera, ma rivestiti e illuminati da un po’ del suo splendore.60 (1) Benedetto XVI, Lettera Apostolica Porta fidei, nn. 1-2. | (2) Ibid., n. 2. | (3) Ibid., n. 4. | (4) Cfr. M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, in: AA.VV., Montini, Journet, Maritain: une famille d’esprit, Journées d’étude, Molsheim, 45 juin 1999, Istituto Paolo VI - Edizioni Studium, Brescia-Roma 2000, pp. 48-71; Synopse du projet de J. Maritain et de la «Profession de foi» de Paul VI, in: Cahiers Jacques Maritain, n. 57, décembre 2008, pp. 5-39; Un acte important de magistère de Paul VI: le Credo du Peuple de Dieu, in: Istituto Paolo VI. Notiziario, 56 (dicembre 2008), 103-112; Le Credo du Peuple de Dieu et l’Année de la foi, in: R. Papetti (a cura di), La trasmissione della fede. L’impegno di Paolo VI, Colloquio Internazionale di Studio, Brescia, 28-29-30 settembre 2007, Istituto Paolo VI - Edizioni Studium, Brescia-Roma 2009, pp. 157-179. P. Viotto, Montini-Paolo VI nella «Corrispondenza» tra Charles Journet e Jacques Maritain, in: Istituto Paolo VI. Notiziario, 63 (giugno 2012), pp. 101-103. | (5) Id., Omelia della solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1978, I. | (6) Cfr. ibid. | (7) Paolo VI, Esortazione apostolica Petrum et Paulum apostolos, 22 febbraio 1967. | (8) Ibid. | (9) Cfr. G. Boissard, Charles Journet-Jacques Maritain, une grande amitié, in: Nova et Vetera (2006) 2, pp. 4757: p. 56. | (10) Cfr. P. Mamie, Préface, in: C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume I, 1920-1929, Éditions Universitaires Fribourg, Suisse - Éditions Saint Paul, Paris 1996, p. 2. | (11) Cfr. C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume I, 1920-1929, pp. 35-37. | (12) Cfr. J. Maritain, Tre riformatori. Lutero, Cartesio, Rousseau, Prefazione di G.B. Montini, Morcelliana, Brescia 1967, pp. 37-40. | (13) Cfr. P. Viotto, Montini-Paolo VI nella «Corrispondenza» tra Charles Journet e Jacques Maritain, pp. 87-88. | (14) S. Pinna, Non Samuele Pinna 414 senza peccatori, ma senza peccato. La santità della Chiesa in Charles Journet, in: Rivista di Teologia Morale (2012) 175, pp. 455-465: p. 455. Cfr. anche J.-P. Torrell, Paul VI et le cardinal Journet. Aux sources d’une ecclésiologie, in: Nova et Vetera (1986) 4, pp. 161-174: p. 171, nota 4. | (15) Insegnamenti di Paolo VI, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1963-1979, vol. VII, p. 409. | (16) P. Viotto, Montini-Paolo VI nella «Corrispondenza» tra Charles Journet e Jacques Maritain, p. 88. | (17) Cfr. J. Maritain, Le paysan de la Garonne, Desclée de Brouwer, Paris 1966. | (18) Paolo VI, Esortazione apostolica Petrum et Paulum apostolos, 22 febbraio 1967. | (19) M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 58. | (20) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, 1965-1973, Éditions Saint-Augustin, 2008, p. 295. | (21) S. Guéna, Correspondance entre Jacques Maritain et Henry Bars, mémoire dactylographié, Université de Bretagne occidentale, 1995, p. 93, citato in: M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 59. | (22) Cfr. C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 329. | (23) Ibid., p. 328. | (24) Ibid., p. 326. | (25) Ibid. | (26) Ibid., p. 330. | (27) Cfr. J. Puyo, Une vie pour la vérité, Jean Puyo interroge le Père Congar, Le Centurion, Paris 1975, p. 162. | (28) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 502. | (29) Ibid., p. 332. | (30) Ibid., pp. 328-329. | (31) Ibid., p. 334. | (32) M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 61. | (33) Paolo VI, Discorso ai partecipanti alla II Assemblea Post-conciliare della Conferenza Episcopale Italiana, 7 aprile 1967. | (34) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, pp. 1038-1041. L’auspicio di Journet per un Catechismo della Chiesa Universale si realizzerà solo con la Costituzione apostolica Fidei Depositum firmata l’1 ottobre 1992 da Giovanni Paolo II, che presenta il Catechismo della Chiesa Cattolica, che nel 2005 sarà riassunto da una commissione, presieduta da Joseph Ratzinger, nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica. | (35) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 502. | (36) Ibid. | (37) Ibid. | (38) Ibid., pp. 512-513. | (39) Ibid., p. 530. | (40) Ibid., p. 532. | (41) Cfr. M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 63. | (42) Lettera inviataci il 16 settembre 2012. | (43) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 531. | (44) Cfr. rapporto di C. Journet inviato a Mons. Pietro Palazzini, segretario della Sacra Congregazioe del Concilio, il 21 settembre 1967. | (45) C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 550. | (46) Ibid. | (47) Ibid., 513. | (48) M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 65. | (49) Cfr. C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 550. | (50) Ibid., p. 551. | (51) Ibid. | (52) Ibid., p. 554. | (53) Cfr. M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 65. | (54) Cfr. C. Journet - J. Maritain, Correspondance. Volume VI, p. 554. | (55) Citato in: M. Cagin, Maritain, du Paysan de la Garonne à la profession de foi de Paul VI, p. 66. | (56) Ibid., p. 69. | (57) C. Journet, L’Église aux tournants de l’histoire, in: Nova et Vetera (1970), p. 279. | (58) G. Biffi, Pecore e pastori. Riflessioni sul gregge di Cristo, Cantagalli, Siena 2008, p. 237. | (59) V. Possenti, Transculturalità del Credo e Verità della Fede, Università di Venezia, citato da A. Costa, Prefazione, in: J. Maritain, Il Contadino della Garonna. Un vecchio laico s’interroga sul mondo presente, Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 2009, p. 15. | (60) C. Journet, Le dogme, chemin de la foi, Fayard, Paris 1963, p. 101. Paderno Dugnano (MI) | Via S. Giuseppe, 2 Ottobre 2012