RIVISTA DI POESIA E CRITICA LETTERARIA “EUTERPE”
APERIODICO TEMATICO DI LETTERATURA ONLINE NATO NEL 2011
ISSN: 2280-8108 N°29 * LUGLIO 2019 * – WWW.ASSOCIAZIONEEUTERPE.COM
Tra la Contestazione degli anni
‘60/’70 e l’esperienza della mail art
ALDO PIROMALLI
A cura di Lorenzo Spurio
NOTA PRELIMINARE
Il presente articolo è stato costruito mediante le poche notizie che si trovano in rete, grazie a testi antologici sul beat
italiano quale I figli dello stupore (Edizioni Sirio, Trento, 2018) a cura di Alessandro Manca e soprattutto dal ricco e
stimolante interscambio avuto direttamente con l’artista, il poeta Aldo Piromalli, a mezzo epistolare dal 2014 ad oggi. A
fronte della penuria di riferimenti, testi, opere dell’autore, che risultano difficilmente recuperabili in quanto spesso non
stampate con editori ma in proprio e in ciclostile e depositate solo in poche biblioteche (soprattutto all’estero), grazie allo
stesso autore e alla sua disponibilità e chiarezza di linguaggio, sono riuscito a costruire il presente articolo che traccia non
solo il percorso umano-letterario del Nostro, per dirlo in una sola parola “esistenziale”, quanto un valido approfondimento
della sua esperienza quale uno dei maggiori esponenti beat della Contestazione del nostro paese.
Una piccola annotazione va fatta in quanto alle scelte da me adoperate per la trascrizione dei passi delle lettere di
Piromalli ritenuti da me interessanti e degni di divulgazione nonché significativi della stagione da lui vissuta. Le citazioni, gli
estratti riportati e le varie informazioni elaborate tratte dalla sua corrispondenza sono relativi al solo periodo più recente,
ovvero il 2018-2019. La grande quantità di corrispondenza in mio possesso non mi ha concesso, in tempi brevi, di poter
adoperare l’intero materiale per la stesura dell’articolo.
I codici che si trovano tra parentesi si riferiscono a una numerazione “da inventario” che ho tentato di dare al materiale
più recente che, più che esser utile per il lettore che non dispone dell’intero corpus testuale, lo è per il sottoscritto, col fine
di lavorare in una condizione di organicità. Esso, comunque, fa riferimento alla legenda apposta al termine dell’indice e
fornisce indicazioni temporali vale a dire sulla data di scrittura della data lettera da cui ho estratto e citato. Inoltre ho
reputato utile, per una maggiore comprensione degli estratti e fluidità nella “narrazione”, inserire informazioni aggiuntive –
rese tra parentesi quadre – mentre per quanto concerne nomi propri (non verificati o non di pubblico dominio) o
informazioni di carattere privato ho ritenuto idoneo provvedere a delle omissioni di testo per mezzo di asterischi continui.
E ho voglia di bere la notte
dei paesi delle metropoli del cielo (1966)1
Odo un cane neo-futurista abbaiare
Dalla finestra prossima
Alla finestra dietro a cui
Scrivo. (2018)2
Aldo Piromalli3 è nato al Tufello4, borgata dell’estrema periferia romana, nel 1946 da una famiglia
da lui dichiarata «numerosa da entrambi i rami». Il padre era nato a Corte di Corsica (Francia) da
ALDO PIROMALLI, Uccello nel guscio, Simone Carella Editore, Roma, 1976.
Una strofa di chiusura della lettera 2018/01.
3
L’autorizzazione a scrivere di Aldo Piromalli, della sua vita e della sua attività artistico-letteraria mi è stata fornita dallo
stesso e si evince in questi estratti di corrispondenza: «Le do carta bianca a proposito di quello che lei vuole scrivere su di
me» (2019/07); «A lei la facoltà di scrivere di me quello che ritiene opportuno» (2019/07); «Se intende scrivere di me glielo
concedo immediatamente sottolineando che ci sono un’infinità di metodi, di sistemi e d’interpretazioni per classificare,
segnalare, indicare riguardo ad un soggetto reso oggetto o viceversa» (2019/03). In merito alle note bio-bibliografiche,
sottoposte all’autore e qui presentate, così ha avuto modo di osservare: «Ho ricevuto l’articolo dattiloscritto concernente il
mio curriculum esistenziale che non sottoporrò a nessuna mutazione aggiunta o precisazione… il che mi costerebbe una
troppo lunga fatica e poi tutto sommato non lo ritengo necessario…» (2019/04).
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genitori italiani di ascendenza calabrese di cui in effetti il cognome è tipico e molto diffuso. Caparbio
e ostinato, creativo e ribelle, Piromalli dimostra sin dalla giovane età un’attenzione fascinosa verso
la cultura giungendo a scrivere la sua prima poesia all’età di otto anni.5
Noto prevalentemente per la sua rumorosa partecipazione al Movimento della Contestazione
giovanile, partecipò attivamente alla vita degli ambienti beat della Capitale negli anni ’60.
Nelle pagine giovanili della vita di Piromalli – in linea con i fermenti della Contestazione – la
lontananza dalla famiglia che, probabilmente non capisce la sua vera natura di uomo che aspira a
una sua libertà, è preoccupata, ne limita i movimenti e cerca in qualche modo di “raddrizzarlo”, ma lui
non ha né voglia di continuare a studiare (per lo meno il frequentare il distante istituto scolastico
voluto dal padre), né di applicarsi in maniera consapevole in altro modo. Nascono i litigi e i dissidi
interni al nucleo familiare e, forse con l’idea di aiutarlo o di tutelarsi essi stessi, fanno sì che venga
internato in un manicomio. Si tratta di alcune delle pagine più amare e traumatiche della sua intera
esistenza che, nel carteggio, ha così rimembrato: «Mia madre e mio padre mi fecero rinchiudere in
un ospedale psichiatrico perché si sentivano disturbati pericolosamente dalla mia persona. Carlo
Silvestro6 (giornalista) fece sì che lo psichiatra mi lasciasse uscire da quell’istituto di ricovero»
(2019/01); «Ci tengo a sottolineare e a specificare a proposito della mia permanenza di tre mesi in un
ospedale psichiatrico essere questa stata un’esperienza dolorosissima. Solo tramite l’arrivo di
Carlo Silvestro e di ******** ****** riuscii a uscire… E ciò grazie alla conversazione che costoro
ebbero con lo psichiatra in cui spiegarono che se non mi avesse lasciato uscire avrebbero scritto
degli articoli di protesta sui giornali per cui loro stavano lavorando… in seguito non avrei più vissuto
assieme ai miei genitori… avevo vent’anni… non avevo voluto prestare servizio militare (ero stato
riformato con l’articolo 28).7 Era l’anno di grazia 1969… c’era stato un anno prima il maggio francese…
io nel 1966 ero già stato ad Amsterdam» (2019/04).
Bruno Corà così descrive il Tufello: «Il nostro [ghetto] era stato edificato dalla borghesia fascista negli anni che
precedettero il suo sfacelo. Allora la borgata significava concentrazione di masse lavoratrici lontane dal centro, riservato
invece a famiglie “signorili”», in ALDO PIROMALLI, Uccello nel guscio, Op. Cit., p. 124.
5
Nell’intervista che feci a Piromalli nel 2017 così disse: «All’età di otto anni cominciai a scrivere. Mio padre fu il primo a
criticarmi. Diceva che scrivendo io senza studiare mi sarei presto rovinato l’esistenza», in LORENZO SPURIO, “Intervista al
poeta
beat
e
poliedrico
artista
Aldo
Piromalli”,
Euterpe,
n°23,
Giugno
2017.
https://drive.google.com/file/d/0B6xgoJG7qAofYTZINERzMkkySXc/view
6
Riporto le brevi ma utili note biografiche di Carlo Silvestro tratte da I figli dello stupore (2018): «Carlo Silvestro (Napoli,
1943) è fotografo, giornalista e scrittore. Fra il ‘66 e il ‘67 è l’animatore dei beat non violenti romani. Con un gesto clamoroso
evita il servizio militare. Silvestro ha scritto per diverse testate di musica giovanile italiana per le quali era anche fotografo.
Nel 1971 viene pubblicato il suo The Living Book of the Living Theatre, libro fotografico divenuto nel tempo un volume di
culto. Nel 1972 è tra i fondatori della prima comunità hippy naturista italiana in Sicilia. Trasferitosi a Puna nell’Ashram di
Osho ne esce dopo la morte del maestro spirituale. Rimane in India per circa venticinque anni tornando a Roma dove risiede
e continua la sua attività di scrittore» (308). A proposito di Silvestro va ricordata la sua fondazione della Comune di
Terrasini, a cui allude Manca, avvenuta nella palazzina di Villa Fassini a Terrasini, nell’hinterland palermitano negli anni ‘70.
L’esperimento, che interessò l’opinione pubblica e venne considerato come il primo vero e proprio episodio di “comune” in
Italia, durò per alcuni anni. Alla lotta al sistema borghese dei padri, di ogni forma di autoritarismo, della guerra e del
militarismo, il desiderio della comunione con la natura, l’autosufficienza e la promiscuità sessuale, si aggiungeva anche
l’intenzione di contrastare la mafia locale. Come recita l’articolo di Salvo Vitale: «Sino al [19]72 il posto conserva la sua
struttura di Comune, da quella data in poi, pur continuando ad essere punto di ritrovo e di passaggio per molti giovani in
cerca di nuove forme di vita e di socializzazione, diventa quasi un fatto personale di Carlo Silvestro, che ne assume
interamente la gestione. […] A frequentarlo erano anche personaggi noti del mondo dello spettacolo, come la Premiata
Forneria Marconi, Paola Pitagora, la cantante Giovanna, l’attrice Teresa Ann Savoy, Pino Masi ecc», in VITALE SALVO, “Hippies
a Terrasini”, I Siciliani.it, settembre 2014 https://www.isiciliani.it/hippies-a-terrasini/). Nel maggio 2014 presso il Museo
Civico Comunale di Terrasini è stata inaugurata una mostra fotografica, curata da Federica Cuccia, dedicata alla vicenda
della Comune a Terrasini con scatti, veri e propri documenti storici, della vita libertaria e scanzonata, anarchica e collettiva,
degli abitanti di Villa Fassini. Nelle foto, oltre a Silvestro, sono ritratte anche alcune donne oggi piuttosto note: Giuliana De
Sio, Paola Pitagora e Silvia Fardella. Con quest’ultima Silvestro concepì proprio lì il figlio, Amore Silvestro.
7
Su questo aspetto ritorna nuovamente: «Non volevo prestare servizio militare. Ero del parere che di guerra non va bene
nulla. Andavo contro qualche di genere, ricorrente, sempre purtroppo lo è. Di guerre e di guerreggiamenti non se ne finisce
mai». (2019/01)
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Successivamente fu impegnato in uno spasmodico ed eclettico “Grand tour” durante il quale girò
abbondantemente per l’Europa e anche in alcuni paesi del Mediterraneo8, spesso in autostop o
camminando per ore e ore, instancabilmente, come avviene nel celebre On the road di Kerouac (uno
dei testi più letti e vissuti dai beatnik italiani): «Amavo viaggiare a quel modo. All’inizio era anche
difficile. Poi, con l’esperienza, mi rimase anche meno faticoso. Non ho mai incontrato tanta gente così
interessante come quando viaggiavo in autostop. Mi davano anche da mangiare e pure soldi» 9. Nei
vari contesti in cui si è trovato a vivere, ha intrecciato rapporti umani con gente del posto, vivendo
con loro, adeguandosi alle loro pratiche, respirandone i sapori e i riti. Si è prodigato per guadagnarsi
di che vivere e ha accettato lavori di ogni tipo, da lavapiatti in un ristorante all’interno dei grandi
magazzini, a commesso in una libreria, finanche in una casa di riposo per anziani.
Conduce una vita turbolenta e disagiata vivendo spesso in condizioni di randagismo e divenendo
dedito alle droghe tanto che nel 1970 in una retata viene trovato in possesso di un grammo e mezzo di
marijuana e condotto al carcere romano di Regina Coeli dove dovrà scontare una pena detentiva di
sei mesi (dal dicembre 1970 al giugno 1971). Al momento dell’arresto Piromalli è già noto alle Forze
dell’Ordine dell’ambiente per una serie di
atteggiamenti con i quali ha dato modo di
farsi conoscere, come ricorda Fabio
Ciriachi: «Il poeta aveva già conosciuto le
istituzioni totali un paio di anni prima
quando il suo equilibrio psichico, a seguito
di una disavventura amorosa, aveva
pesantemente vacillato»10. L’autore ricorda
nel carteggio: «Ero stato messo in prigione
in una cella con una finestra coperta da uno
spesso strato di vetro attraverso cui non si
poteva scorgere nulla se non il pallore di
una luce biancastra che vi trapelava. Non
so in quale modo ***** ***** ********* sia
venuto a sapere del mio imprigionamento.
Fatto sta che tramite la sua richiesta venni
scarcerato» (2019/06). Una volta rimesso in
libertà, fugge dalla Capitale e prende a
vivere in maniera stabile ad Amsterdam. A
Roma aveva preso parte alla vita
dell’underground,
dei
bassifondi,
riunendosi in locali dove dava letture e
interveniva in contesti di confronto
assieme ad altri poeti del periodo quali
Ivano Urban e Carlo Silvestro. Per un
frangente fu in contatto, indirettamente,
anche con l’ondata rivoluzionaria del
capoluogo lombardo dove era attiva la
rivista Mondo Beat; nella corrispondenza scrive: «Viaggiando per l’Italia incontrai a Milano il
movimento dei situazionisti che diffondevano un volantino… I situazionisti furono quelli che fecero
chiudere per qualche tempo l’università di Strasburgo» (2019/04).
Del 1971 è la prima pubblicazione cartacea della sua produzione poetica, il libro dal titolo
enigmatico e beffardo, Uccello nel guscio, edito per i tipi di Carella Editore di Roma. Si tratta di un
Tra i vari luoghi in cui Aldo Piromalli approdò nel corso dei suoi vari romitaggi ricordo alcuni di quelli da lui citati nelle
lettere o di cui si ha evidenza nelle sue poesie: Croazia, Albania, Grecia, Jugoslavia, Bulgaria, Turchia, India, Francia,
Spagna, etc.
9
LORENZO SPURIO, “Intervista al poeta beat e poliedrico artista Aldo Piromalli”, Op. Cit.
10
FABIO CIRIACHI, Uomini che si voltano, Coazinzola Press, Mompeo, 2014.
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repertorio scelto di suoi testi curato da Simone Carella11 e Bruno di Bitonto, nel quale figurano vari
componimenti elaborati durante la privativa e solitaria esperienza carceraria.
Uccello nel guscio porta quale sottotitolo “Versi per lottare contro le cose difficili” e si apre con
una lettera aperta dello stesso Piromalli ai suoi lettori. L’autore, che con questo primo lavoro
s’inserisce nella scena letteraria del momento, senza peli sulla lingua scrive, annotando e
avvertendo al contempo: «Sono un vecchio animalaccio che vuole sopravvivere alle trasformazioni
trasformandosi anch’esso, di dentro. […] In testa all’uomo che legge libri e giornali rimangono
frammenti e frammenti sono i ricordi e le azioni e gli incontri della quotidianità quando lui se ne va a
dormire e affronta così finalmente se stesso. […] Il poeta deve essere mago. […] Dietro la prima pelle
deve osservare e spiegarsi, deve esplorare il regno dello sconosciuto. Lo sconosciuto esiste per
essere esplorato». Sono, queste, dichiarazioni che mettono in luce una grande consapevolezza
dell’intellettuale e che hanno la forma anche di quell’impegno a ritrovare missioni dedicate e speciali
per il poeta. Suo compito è impegnarsi per svelare la luce che, non è vero che non ci sia, ma sembra
apparire offuscata. Così il poeta, e lui stesso ne è vivido esempio, è un’anima che osserva e scruta,
che analizza e critica, che percepisce ed esperisce, in un percorso che, pur nella mutabilità innata
del divenire, è proiettato verso una ricerca che non si conosce del tutto. Si tratta, appunto, di quella
necessità di stagliarsi oltre il
ragionevole, di spingersi in territori
mai esplorati, di avanzare verso un
qualcosa che non si è mai veduto e
che, pure, intuiamo che esiste.
Risulta assai utile, per meglio
contestualizzare l’opera d’esordio di
Piromalli, ricorrere alla nota di
chiusura
del
volume,
un
approfondimento curato dal critico
romano Bruno Corà12 che non si
dedica tanto al parlare, riflettere e
soppesare le tematiche di Piromalli,
la forma impiegata o i rimandi ad
autori elevati o meno – qualora essi
siano presenti – ma a narrarci
dell’uomo Piromalli e del suo
contesto abitativo, familiare, sociale,
antropologico, storico-sociale. Corà,
che di certo ha conosciuto Piromalli
da vicino, parte dalla concezione,
data come assunto, che «Un poeta è
un testimone», passando via via a
dire il perché sino a sostenere
Simone Carella (Carbonara di Bari, 1946 – Roma, 2016) grande promotore di arte e cultura, si interessò sin da giovane al
mondo del teatro. Insieme a Flavio Sorrentino e alla compagnia del Dioniso Teatro di Testaccio riesce a mettere in scena lo
spettacolo ispirato a Fecaloro di Elio Pagliarani a Spoleto. Negli anni successivi gravita attorno alle esperienze dell’Attico
di Fabio Sergentini; nel 1971 si presenta al Beat assieme al musicista Antonello Neri, dove darà vita a una rassegna di
musica d’avanguardia. Parallelamente affianca Benedetti nella Gestione del Beat di cui avrà piena organizzazione nella
programmazione degli eventi dal 1973. In questi anni il Beat dà vita a spettacoli teatrali con propria regia che afferiscono al
teatro nuovo e sperimentale. Appassionato anche di poesia organizza rassegne e getta le basi per la nascita del grande
festival della poesia di Castelporziano al quale prenderanno parte i poeti della Beat Generation come Ginsberg, Burroughs,
Corso e molti italiani. Fondò anche un marchio editoriale con il suo nome che diede alla luce opere di poeti dell’ambiente
underground tra i quali Aldo Piromalli e Adriano Dorato. (Le informazioni di questa biografia sono state tratte dalla scheda
presente sul sito “Patrimonio Orale” consultato il 06/06/2019).
12
Bruno Corà (Roma, 1942) è un critico d’arte e di letteratura. Giornalista pubblicista dal 1976, professore e accademico
d’onore dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, docente all’università degli Studi di Cassino nel periodo
1999-2006. Curatore di biennali e mostre di artisti internazionali, ha pubblicato centinaia di scritti critici sull’arte
contemporanea raccolti in monografie e riviste specializzate.
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un’ineguagliabile concretezza: «Non c’è poesia senza un testimone/ Un poeta è il tempo». Piromalli,
per dirla con Corà, è poeta in quanto espressione della sua temporalità, animo del periodo storico
che gli è dato da vivere. Sembrerebbe questa una ovvietà, un qualcosa che risponde alla condizione
di ciascun poeta che, dall’alba dei tempi a oggi, in qualsiasi luogo del pianeta abbia mai scritto versi.
Eppure non è così, perché non tutti i poeti riescono a farsi testimoni del loro tempo: la poetica di
Piromalli, per lo meno questa dell’opera d’esordio, lo è senz’altro e non potrebbe essere
diversamente visto il suo impegno civile, la sua denuncia alle coercizioni e autoritarismi del mondo
borghese e bigotto nella scena delle borgate romane negli anni ‘60-‘70. Continua Corà: «La vita del
poeta è la vita dell’uomo». Assunto non reversibile, chiaramente. I versi di chiusura di questa nota,
sono racchiusi in una lirica dal titolo “Testimoniare” che non si sa se sia dello stesso Corà, quale
omaggio a Piromalli, o se di Piromalli, quale inedito finito nelle sue mani a seguito di incontri e
reading. Si esalta, comunque, il valore della libertà e dell’antiviolenza, si denunciano poteri,
malefatte, violenze, dittature per giungere a un canto collettivo e accorato a salvaguardia della
libertà dell’uomo.
In questo libro, le cui poesie sono state scritte in un periodo di tempo compreso tra il 1957 e il 1971,
la metafora dell’uccello a cui ci si riferisce nel titolo del libro (uccello nel guscio, dunque non ancora
nato, ma presente, in balia di un evento e in attesa di un tempo di maturazione) è centrale per l’intero
lavoro. Cito, a continuazione, solo alcuni dei riferimenti all’universo avicolo che si rintracciano nel
libro: «Eri simile ad un uccello» (13); gli «uccelli migratori» (23) di una poesia del 1964 che tanto fanno
pensare al suo continuo romitaggio; «diverrò/ un uccello sonoro» (27); «sud come ala d’uccello» (29);
«uccelli neri sulle città» (47); «Gli uccelli che dovrò ascoltare/ mi aspettano le varie specie d’alberi»
(55); «alberi azzurri/ mi annunciano agli uccelli» (59); «vari richiami uccellari» (85),… L’uomo-uccello
di Piromalli, che è una metafora e un simbolo al contempo, non sembra rimandare a una
intertestualità dotta di padri letterari ed ha più a che fare con una sua volontà di dipingersi in questo
antro di chiusura/segregazione che è in fase di latenza. Il guscio richiama, infatti, un mondo duplice
che è sia di protezione, a difesa dell’ambiente esterno, ma anche di chiusura, prigionia e claustrofilia.
Insomma, un luogo-non luogo, che descrive una condizione, uno stato dell’essere, prima ancora che
un vero spazio.
Le poesie non portano titolo per espressa volontà dell’autore (come a voler dire: tutto quello che
c’è da dire, è già contenuto nel corpo della poesia!), assai scarsa si configura la punteggiatura.
Alcune di esse, in nota finale, hanno il riferimento alla data nella
quale sono state scritte e soprattutto (cosa che può essere utile
per cercare di ricostruire le tappe del suo vissuto) il luogo.
Alcune sono state scritte ad Amsterdam nell’ottobre del 1968, in
uno dei suoi primi viaggi nella capitale olandese dove ritornerà
nell’agosto del 1969. Numerose le liriche scritte a Roma, dal
novembre 1968 al giugno 1971, con la breve parentesi di alcuni
testi scritti ad Istanbul nel settembre 1969. Della produzione
romana, la più consistente, del 1970-1971, si riferisce al periodo
di reclusione a Regina Coeli (parla di «carte perse, occhi fra
sbarre», 74; e della «lampadina della cella», 85) per i fatti di cui
già si è detto. A questo riguardo va senz’altro menzionata la
poesia “A Thomas Merton”13 dedicata allo scrittore cristiano
statunitense, poi monaco circestense, nella quale Piromalli, in
una fraterna condivisione della condizione di recluso, scrive:
«La prigione è lontana dal mondo/ un detenuto è un monaco/
Thomas Merton è un poeta santo/ […] Ho paura della prigione/
perché è posto dove ci si fossilizza nel passato»14 (90).
Thomas Merton (Prades, Francia, 1915 – Bangkok, Tailandia, 1968) scrittore cristiano statunitense, poi monaco circestense
della stretta osservanza (trappista) autore di varie opere saggistiche (ecumeniche) e di poesia e narrativa dedicate al
dialogo interreligioso, alla pace e ai diritti civili. Fu interessato anche al monachesimo buddhista.
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La poesia, nella sua forma integrale, viene pubblicata al termine del saggio nella sezione “Testi scelti”.
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Nelle poesie di Piromalli si parla di «tutti gli
odori di umanità» (15), di fughe: «E me ne vado/
[…]/ in città a caccia d’amore» (17); «fuga nel
paese/ più piccolo del mondo» (37),
vagabondaggi: si descrive, tanto nel corpo che
nell’anima, «sognante e vagabondo» (17); «Ogni
estate torna uguale e porta profumi di un
vagabondaggio/ senza problemi» (28);
«viaggerò sulle scintille di vento»(52); «Ho
vagato per mille vie che m’inseguivano/ e il
punto di partenza è riapparso/ nel mattino
bianco di stanchezza./ […]/ le mie scarpe rotte/
e la camicia sporca/ con dei momenti/ di
smarrimento totale/ in cui la strada è lunga/ e
non è possibile percorrerla/ […]/ i miei amici
furono gli alberi/ la luna gli uccelli/ […]/ E
quando si arriva a una città/ le strade ti
tagliano/ e un posto per dormire per te/ non c’è
che sei straniero» (66-67).
Così descrive la sua città in una prosa
poetica datata 1958 presente in Uccello nel
guscio: «Sono nato in una città maledetta dove
il terrore per l’assoggettamento m’ha invecchiato. Non ho visto che visi di gente rozza, priva di fede.
Ho creduto all’errore, mi sono evoluto con la vita inconclusa e la mente volta alla noia. Ho assaporato
dispiaceri nella voglia del tempo, inconsapevolmente sono corso alla rovina senza parole aspre e
colori e derisioni. Tutte le società ho rifiutato: creature nulle, ricche soltanto di sudore e di sguardi
insensibili, armate di arena e di spini, mi trucidarono sulle spiagge desolatamente spaventose. […] I
ragazzi di borgata non chiesero mai il mio nome a un barista o a un tappezziere perché s’accorsero
che stavo divenendo idiota ubriaco e assassino. E non porto loro rancore». (96) Sempre a Roma (ma,
per logica estensione a qualsiasi città contemporanea, nei suoi meccanismi alienanti per l’uomo e
insensibili verso l’ambiente) è dedicata una poesia datata aprile 1970 che svela un Piromalli accecato
dalla rabbia al punto di evocare la distruzione dell’Urbe, auspicare l’incenerimento e lo
sprofondamento delle acque, in una cinica visione catastrofica del costrutto umano: «Oh città ti odio
fino all’osso e ti odio da morire/ eppure mi sollazzo nel tuo bordello e mangio la tua carne/ putrida e
fumo il tuo fumo./ […]/ Le tue macchine passano attraverso il mio stomaco tagliandolo,/ le tue
macchine sono coltelli./ I tuoi negozi succhiano il popolo dandogli falso per vero/ e le tue vie non
sono vie ma canali che portano verso il vuoto./ […]/ L’unico luogo/ sacro è la natura. Tu città non sei
natura. Sei solo fango/ di plastica e l’uomo che ti abita è un vizioso./ […] Io ti odio città./ […] Per non
sentire la tua voce mi nascondo di giorno e/ ti percorro di notte quando la tua mente è fuori servizio./
[…/ Spero solo che tu non possa appropriarti del cielo e che/ il fuoco ti distrugga per sempre e la terra
ti ricopra/ di diamanti facendoti sparire. Anche l’acqua ti sommerga,/ pesci ti abitino liberi e piante
ramifichino ovunque./ Tu da me sei maledetta ora e sempre» (108).
Abbandonata Roma, giunge ad Amsterdam dove da allora – salvo alcuni piccoli spostamenti – non
si sposterà più essendo il luogo dove ancora oggi risiede. Lì si occupa di varie attività quali la
traduzione e il designer underground che, pur occupandolo molto, non sono redditizie perché
condotte in via privata e in genere non sovvenzionate da nessun ente. Nello stesso periodo è
importante animatore della scena performativa olandese per mezzo di esibizioni e letture poetiche
in locali alternativi della città tra i quali il Paradiso e il Melkweg.
Nel 1976 viene dato alle stampe il libro Viaggio per i tipi di Tristram da Cunha di Amsterdam. Si
tratta di una sorta di diario nel quale annota, oltre a testi poetici, la cronaca on the road delle sue
traversie di viaggio da Roma ad Amsterdam del 1967. Il volume si apre con una breve nota
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introduttiva di Bruno Corà.Due anni dopo Giulio Tedeschi cura la pubblicazione di Un quartiere nel
cielo edito da Tampax Editrice di Torino.
Il 4 aprile 1979 prende parte ad Amsterdam all’esibizione collettiva “Open Avond” presso il De
Appel Arts Centre dando lettura ad alcuni suoi brani poetici in inglese dal titolo “Words within words”.
Nello stesso anno –approfittando di un indulto di pena – riesce a ritornare brevemente in Italia e
nell’estate di quell’anno partecipa a uno degli eventi culturali più importanti del periodo ovvero il
Festival di Poesia di Castelporziano che si tenne tra il 28 e il 30 giugno.15 In quella circostanza diede
lettura di alcune sue composizioni tra cui il celebre poema spontaneo “Affanculo” (di seguito
riportato) che generò scalpore e al contempo gli fornì un lieve e inatteso clamore che gli permise di
venir conosciuto, se non come uno dei maggiori esponenti
del new age poetico italiano, senz’altro come uno dei più
icastici e dirompenti.
“Affanculo” è un testo approssimativo e perentorio con
il quale Piromalli si riferisce a “filosofi e intellettuali”; tutto
il poemetto è inteso a creare una provocazione che si fa a
tratti assai pungente, venendo a rappresentare una sorta
di componimento di denuncia dinanzi al lassismo e alla
incongruità di un certo modo di fare cultura, da lui
pesantemente preso a bersaglio con toni virulenti e
urticanti.
Nella mia intervista16 fatta a Piromalli nel giugno 2017
chiesi di “Affanculo” e così mi rispose: «La poesia la scrissi
quando seppi che c’era un raduno organizzato da Simone
Carella. A[d] Amsterdam lavoravo in un grande albergo
per fare le pulizie. Ero in contatto con degli inglesi che da lì
a poco sarebbero partiti per la Nuova Zelanda e per
l’Australia. Lavoravamo assieme in quell’albergo e ai
tempi di pausa ci scambiavamo delle idee. Io volevo
informare i miei amici italiani residenti a Roma della mia
esperienza linguistica anglosassone»17. Fatto sta che, in
maniera patente, il poeta si scaglia non solo contro certi
intellettuali ma anche contro la società nel suo complesso
mediante un’aggettivazione che non manca di essere
Alessandro Clericuzio, riferendosi ad alcuni titoli di giornali dell’epoca, ricorda il momento quale “Woodstock della
poesia” e così la racconta: «In uno stile molto simile all’happening, le improvvisazioni ebbero un ruolo fondamentale, e il
pubblico, che la prima sera fu abbastanza scarso, nella terza e ultima sera aveva superato le diecimila presenze. Insieme ai
poeti si appropriavano del microfono anche contestatori, autori dilettanti e giovani sotto l’effetto di marijuana. Non
mancarono altre sostanze più autoctone, ovvero ettolitri di vino e un grande minestrone collettivo distribuito
gratuitamente (un quotidiano titolava «minestrone contro poesia»), in un be-in parzialmente ripreso nel documentario di
Andrea Andermann Castelporziano. Ostia dei poeti. Dario Bellezza, Maria Luisa Spaziani, Dacia Maraini si alternarono sul
palco a colleghi internazionali e a una significativa rappresentanza di scrittori Beat, tra cui William Borroughs, Ted Joans,
Brion Gysin e Anne Waldman», in ALESSANDRO CLERICUZIO, “La poesia Beat in Italia: uno studio translocal”, Annali di Ca’
Foscari. Serie Occidentale, vol. 52, Settembre 2018, p. 137. Maurizio Soldini nella sua recensione al volume Il romanzo di
Castelporziano scrisse: «l’iniziativa fu quasi un fallimento, se non per il fatto che su quel palco di travi di legno […] su sabbie
piuttosto mobili […] passarono a declamare i loro versi numerosi poeti, più o meno famosi, o che tali sarebbero diventati,
che fecero o avrebbero fatto la storia della poesia: […], Milo De Angelis, Aldo Piromalli, Dario Bellezza, Maria Luisa Spaziani,
Valentino Zeichen, Giuseppe Conte, Cesare Viviani, Dacia Maraini, Renzo Paris, Sebastiano Vassalli, Giorgio Manacorda,
Amelia Rosselli, Luigi Fontanella, […], Ivano Urban, […], Maurizio Cucchi, […], Allen Ginsberg. […] Ignazio Buttitta, […] Fernanda
Pivano, […] Eugeny Evtushenko, […] Gregory Corso, […], William Bourroghs. Nella confusione più generale […] fu la parola a
essere la protagonista di quell’evento. […] [Il] pubblico […] in gran parte era venuto non per ascoltare i poeti […] ma per
contestare. […] Eppure, tra i poeti c’erano le giovani promesse della poesia italiana, che oggi sono state ampiamente
storicizzate, come Dario Bellezza, Amelia Rosselli, Maria Luisa Spaziani, Renzo Paris, Maurizio Cucchi, Giuseppe Conte,
Milo De Angelis e tanti altri», in Maurizio Soldini, “Il romanzo di Castelporziano”, La Recherche, il
21/08/2015.http://www.larecherche.it/testo_stampa.asp?Tabella=Recensioni&Id=916
16
LORENZO SPURIO, “Intervista al poeta beat e poliedrico artista Aldo Piromalli”, Op. Cit.
17
LORENZO SPURIO, “Intervista al poeta beat e poliedrico artista Aldo Piromalli”, Op. Cit.
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indecorosa, recriminatoria e insultante, generando una polifonia di risposte tra consensi osannanti e
un indignato rigetto delle indecenze come ricordano gli scrittori Enrico Pietrangeli e Carmelo
Lucchesi.
Lo scrittore Fabio Ciriachi, che lo aveva conosciuto negli anni ‘60 a Roma e con il quale aveva
collaborato alla rivista ciclostile Madria, voce della lotta all’imperialismo e lucida difesa delle
droghe, nel ricordo che fa di Piromalli nel suo romanzo Uomini che si voltano così scrive della sua
partecipazione al Festival di Castelporziano: «[Lo] incontrai di nuovo […] nel ’79, a Castel Porziano,
durante la sua indimenticabile invettiva “Affanculo” che, se non sbaglio, fu tra i pochi interventi, oltre
a quello [di Amelia] Rosselli e di qualcun altro che ora non ricordo, a guadagnarsi l’ascolto del più
feroce pubblico mai incontrato»18. Enrico Pietrangeli nel suo romanzo Il tempo andato con biglietto di
ritorno, edito dai tipi di Proposte Editoriali di Roma nel 2005, così menziona il ricordo di quel
momento in cui Piromalli prese il microfono per dar lettura al suo testo: «Sul palco a sorpresa, aveva
preso il microfono Aldo Piromalli, poeta italiano che viveva ad Amsterdam e, da circa venti minuti,
stava insultando tutto e tutti con il suo poema “Affanculo”. Il pubblico applaudiva e fischiava tra un
“bravo” scaraventato a squarciagola e uno “stronzo” che fungeva da eco di ritorno»19. Carmelo
Lucchesi in Il re anarchico, edito per i tipi di Abrogast nel 2010, ricorda, invece, che «il pubblico seguì
abbastanza silenzioso, qualcuno alla fine fischiò, ma i più applaudirono»20. Il summenzionato poema
venne segnalato anche sulla rivista Tuttolibri del 7 luglio 1979 da Nico Orengo che così si espose:
«declamando insulti è stato per un attimo gli Skiantos di questo festival». Della performance resta
testimonianza nel film-reportage Castelporziano.
Ostia dei poeti (1980) di Andrea Andermann.
In Olanda nel 1980 diviene coordinatore della
rivista di poesia Camion e collabora con Simon
Vinkenoog21, considerato uno dei maggiori esponenti
del fenomeno beat/provos in Olanda. Nello stesso
periodo tenta di adoperarsi anche per l’apertura di
una scuola di poesia dal nome assai ambiguo, “School
of Analphabetica”. Altre collaborazioni e l’amicizia
con esponenti di spicco del calibro del citato
Vinkenoog o del poeta statunitense Jack Micheline
(1929-1988), autore dell’irriverente e geniale Tell your
mama you want to be free, and other poemsongs
(1969), che lo presenta come poeta di strada molto
noto e promettente22, permettono a Piromalli di
configurarsi come uno dei più distinguibili membri
della disorganica e frantumata famiglia del beat
italiano.
Una parentesi va senz’altro aperta in merito alla
definizione di “beat italiano”, categoria (mai esistita in
quanto tale) erronea, indefinita e labile che non sta a
individuare un movimento proprio, saldo e in quanto
FABIO CIRIACHI, Uomini che si voltano, Op. Cit.
ENRICO PIETRANGELI, Il tempo andato con biglietto di ritorno, Proposte Editoriali, Roma, 2005, p. 72.
20
CARMELO LUCCHESI, Il re anarchico, Arbogast, 2010, p. 72.
21
Simon Vinkenoog (Amsterdam, 1928-2009) poeta e scrittore olandese esordì con la raccolta poetica Windroos (1950) alla
quale sarebbero poi seguite numerose altre opere. Grande promotore culturale, curò l’antologia di poeti olandesi Atonaal
che contribuì a fondare il movimento sperimentale “De Vijftigers”. Collaborò con alcuni suoi testi, tradotti da Aldo Piromalli,
alla rivista Camion. Nel 2004 venne nominato “Poeta Laureato Olandese”.
22
Il poeta beat americano Jack Micheline dà questa notizia durante il corso di un’intervista che viene rilasciata nel 1982 per
l’editore e poeta Eddie Woods nella quale dichiara testualmente: «Abbiamo un poeta di strada in giro qui, Aldo Piromalli, un
italiano che legge le sue poesie sempre e ovunque. L’ho visto in Vondel Park, per esempio, solo a piedi, si avvicina a un paio
di persone sedute su una panchina, inizia a leggere loro una poesia, perché sente di avere qualcosa da comunicare. E prima
che tu te ne accorgi, altre persone si fermano e subito gli si raduna un pubblico intorno. Lo fa anche a Milky Way, il centro
multimediale dove hai fatto la performance, al festival, semplicemente ferma la gente nei corridoi e inizia a leggere una
poesia. E la gente se ne innamora».
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19
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tale riconosciuto; al “beat italiano”, per vie e inclinazioni diverse, si è soliti avvicinare (se non inserire
del tutto) una vasta gamma di autori oggi quasi completamente dimenticati, sia scrittori che poeti,
tanto della zona romana, milanese e toscana. Ricorro alle puntuali annotazioni di Alessandro
Clericuzio dell’Università degli Studi di Perugia in
merito alla “famiglia disorganica” del beat italiano:
«La Beat Generation fu a lungo percepita in Italia
come fenomeno sociale e in quanto tale si presentò
da una parte alle forze dell’ordine e all’establishment
in generale come facile etichetta nei confronti dei
giovani ribelli degli anni ‘60, dall’altra fu d’ispirazione
per alcuni di questi giovani che nutrivano interessi
intellettuali.
Questi
ultimi
mescolavano
insoddisfazione politica e sociale a una passione per
la letteratura, organizzavano reading pubblici in
perfetto stile Beat, fondavano club e si dedicavano a
pubblicazioni che andavano dai semplici ciclostilati a
riviste più strutturate. Dal punto di vista prettamente
letterario, la scena beat italiana non ha lasciato
tracce se non di carattere dilettantistico, tra cui
potremmo ricordare le poesie di Poppi Ranchetti,
curatore del periodico I lunghi piedi dell’uomo, il
romanzo di Silla Ferradini [(1935-2018)] I fiori chiari
[(La Scimmia Verde, Milano, 1976)] che racconta la
Milano beat, nonché la figura controversa di Aldo
Piromalli, poi migrato verso la scena alternativa di
Amsterdam. Gli ultimi anni del decennio videro la
fioritura di numerose pubblicazioni periodiche, tra cui
la più nota è Mondo Beat pubblicata tra il 1966 e il
1967»23. Francesco Tabarelli nella prefazione a I figli dello stupore ha osservato: «Spesso, nella lunga
ricerca, il termine beat generation è stato fuorviante. Di fatto il termine beat viene applicato
furbescamente o ingenuamente a musica, vestiti, letteratura, orologi, scarpe e applicato oltremisura
a decenni che partono dagli anni ‘50 agli anni ‘80, rendendo difficile ricondurre il fenomeno italiano
alla sua matrice originale americana». Alessandro Manca, curatore del medesimo libro, aggiunge
che «Il riferimento è il beat americano, certo, non lo neghiamo. La realtà italiana però è distante da
questa fotografia, e caratterizzata da scritti di ragazzi che – spesso – non leggevano ancora i beat
d’oltreoceano»24. Secondo altri, invece, l’esperienza poetica della Contestazione in Italia, sebbene
poco sia stata antologizzata, per nulla studiata e oggi completamente dimenticata, è stata
importante perché «Quel movimento – se di movimento vero e proprio si può parlare – fu, di fatto una
terza via alla poesia, ponendosi al di là della linea tradizionale (vedi i vari Montale) e della via iperintellettuale dei neoavanguardisti»25.
Piromalli partecipa (non invitato) al “One World Poetry Festival”, un incontro internazionale di
poesia che si svolse al Milky Way Multimedia Center di Amsterdam; continua con performance
artistiche, partecipazioni a letture, reading, eventi informali e underground autoproducendo i suoi
lavori per mezzo delle case editrici da lui ideate, la Free Bird Press e la Procustus Press.
Nel 2000 decide di donare il suo archivio artistico comprensivo di opere prodotte tra il 1967 e il 1991
all’International Institute of Social History di Amsterdam mentre altri suoi lavori creativi sono
contenuti al Museo Casabianca di Malo (Vicenza). Continuano nel frattempo le sue presenze in
CLERICUZIO ALESSANDRO, “La poesia Beat in Italia: uno studio translocal”, Op. Cit.
ALESSANDRO MANCA, I figli dello stupore. La Beat generation italiana, Sirio, Roma, 2018, pp. 5-7.
25
“Quando Allen Ginsberg disse a Gianni Milano: “Mi fate tenerezza, siete i nostri nipotini, ma il beat è morto”. Storia degli
“Angeli fo**uti” della beat generation de’ noaltri”, Pangea, 20/10/2018 http://www.pangea.news/quando-allen-ginsbergdisse-a-gianni-milano-mi-fate-tenerezza-siete-i-nostri-nipotini-ma-il-beat-e-morto-storia-degli-angeli-fouti-dellabeat-generation-de/
23
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mostre personali e collettive tra cui quella intitolata “Madness Show: outsider art meets regular art”
che si tiene presso la Galleria Tent di Rotterdam insieme agli artisti Ben Augustus, Hein Dingemans e
Chris Hipkiss (dal 5 ottobre al 4 novembre 2001). Suoi lavori grafici sono stati esposti anche nella
collettiva “Outsider Art from the Netherlands/Holland 2010” tenutasi presso il Kunsthaus Kannen, il
Museum fur Outsider Art und Art Brut di Munster.
Un esemplare della novella illustrata Psychiatry, or Death of the Soul è conservata nella raccolta
“Psyche and Muse” presso la Beinecke Rare Book & Manuscript Library dell’università americana di
Yale.
Dal 2011 la sua pluridecennale attività di mail art ha suscitato l’interessamento di alcuni progetti
artistici: il Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio di Cesare Pietroiusti, in collaborazione
con Alessandra Meo, Mattia Pellegrini e Davide Rocco ed “Exile” di Dora Garcia. Giulia Girardello e
Mattia Pellegrini hanno curato un volume raccogliendo notizie e materiali sulla più recente attività
grafica di Piromalli confluita in Se io sono la lingua. Aldo Piromalli e la scrittura dell’esilio edito da
Sensibili alle foglie Editore nel 2013. Alcune sue lettere e disegni e altri bozzetti artistici sono stati
esposti dal 2 settembre al 1 novembre 2016 al Palazzo
Ducale di Mantova all’interno della mostra “ARTE,
altra letteratura” curata da Daniela Rosi e Peter
Assmann. La mostra aveva la volontà di «mettere in
evidenza il rapporto che esiste tra l’arte visiva e la
parola scritta nell’opera di otto artisti irregolari.
Intende[va] cioè indagare gli ambiti dell’estetica
grafica e narrativa nell’opera di artisti autodidatti,
quasi tutti poco scolarizzati, che vivono spesso
nell’ombra, in una posizione di marginalità, con
pochissime occasioni per farsi conoscere, ma il cui
lavoro è molto incisivo e di forte impatto
comunicativo»26. I materiali di Piromalli erano esposti
con la dicitura “Senza titolo (la scrittura dell’esilio)
1996-2010 con Tecniche miste su carta appartenenti
all’Archivio di Giobatta Meneguzzo presso il Museo
Casabianca di Malo (Vicenza) e l’Archivio di Giulia
Girardello (Venezia).
Le numerose lettere ricevute da Aldo Piromalli
sono una mistura curiosa di segni, ideogrammi,
grafie diverse, cancellature, rimandi, ricopiature,
lessemi in lingue lontane. Contengono non un mondo,
ma molti insieme. La lettura, l’introduzione in esse,
non avviene in maniera univoca, possono essere attraversate per varie vie, rincorse, estrapolate nei
simboli, percorse velocemente per le colonne e, ancora, ricollegate negli assunti solo grazie
all’utilissimo e mai assente numero di pagina che l’autore inserisce nell’angolo in basso a destra.
Missive che contengono materiale letterario e grafico; ricopiature di spartiti musicali, silhouette,
disegni e abbozzi di forme, cornici ondulate e poi cancellazioni a bianchetto, con righe tracciate, punti
sospensivi, legende e rimandi, asterischi. Non mancano i bozzetti, a volte segni grafici che
rimandano a caricature, sgorbi, segni misteriosi, ci sono anche ideogrammi, riferimenti ad altre
lingue, avanguardistici e insondabili codici miniati. Ci sono glosse, lemmi con etimo, arzigogoli
liberty, stelle, odalische fumose e campi bianchi, forse per un breve respiro. Per Piromalli una
lettera, per usare le sue stesse parole, «si trasforma in un proiettare sulla carta un pezzo in
movimento proveniente dai nostri sensibili organi» (2018/01).
Tale informazioni è tratta dalla didascalia inserita da Mattia Camellini sul suo profilo di Flickr dove sono presenti un paio
di scatti della mostra riguardanti materiale epistolare, grafico e narrativo, di Aldo Piromalli. https://tinyurl.com/yyon6jt3
26
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Contenutisticamente le lettere si
presentano molto varie, la lunghezza
di una missiva si aggira tra le 2 e le 11
facciate di contenuto e non di rado
vengono
acclusi
disegni
su
cartoncino, poesie sue e pensieri
disorganici, trascrizioni di poesie di
altri poeti (come quelle di Adriano
Dorato
e
Antonio
Serventi),
traduzioni in altre lingue di poesie,
ricopiature
di
passi
ritenuti
importanti da letture sapienziali del
mondo orientale. I suoi interessi
spaziano in maniera costante e
tumultuosa,
si
riflette
sull’occasionalismo di François de
Malherbe (1555-1628) e si parla di
“realismo terminale” (su mia
proposta e sollecitazione), quello di
Guido Oldani e Giuseppe Langella, del
quale si è parlato nel precedente
numero della rivista Euterpe. A
proposito
di
questa
nuova
avanguardia Piromalli è scettico e
sostiene, in un profondo antro di
mistero, che «la “realtà terminale” è
l’osso che si sbriciola. Il mondo è
malato e sano» (2019/03). Si accenna
anche alla logica kantiana e c’è
spazio anche per la filosofia di
Husserl, Heidegger e la sociologia di
Ferdinand de Saussure: le sue
letture, studi e conoscenze, sono
moltissime, variegate e approfondite.
Non mancano riferimenti a Freud,
Jung,
alla
fenomenologia
e
strutturalismo (con approfondimento
dei concetti di “carne” e “chiasma”)
proposti da Maurice Merleau-Ponty e
poi le chiavi di lettura e
dell’interpretazione di Umberto Eco
con le sue definizioni di “significato
chiuso”, “significato aperto” e
“significati multipli”. Disserta (si
perdonerà il disordine cronologico e
tematico con il quale si citano autori e
opere) anche su Marc Augè (citato più e più volte), dice di aver letto per molti anni, quando poteva, il
Corriere della sera; parla del filosofo Alan Watts e di Aldous Huxley e del suo libro, Filosofia perenne.
Il capitolo relativo al mondo orientale, al misticismo, alla soteriologia (studio delle religioni) e al
buddhismo merita un’attenzione a parte a giudicare dall’importanza che tali aspetti rivestono nella
sua vita data anche la pervasiva presenza nella gran parte delle sue lettere. Aldo Piromalli si è
scoperto, credo in tempi abbastanza recenti, grande amante e studioso delle lingue orientali,
soprattutto il sanscrito, col quale non manca di inviare messaggi nelle varie lettere (con opportuna e
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gradita didascalia in italiano tra parentesi!). Così scrive in una lettera: «In quanto libero pensatore
amo spaziare fra un concetto religioso ed un altro oppure sono attratto da quel che è una congettura
fra un’espressione filosofica ed un’altra». (2018/10) Recentemente è impegnato con un’assidua
lettura e interpretazione del Libro tibetano dei morti di Padmasambhava, a cura di Graham Coleman
e Thupten Jinpa, Traduzione a cura di Claudio Lamporelli, commento introduttivo di Sua Santità il XIV
Dalai Lama, Oscar Mondadori, Milano, 2007.
Quale, dunque, il suo pensiero e fede religiosa? Difficile rispondere a questa domanda dal
momento che il poeta non si è mai detto rinunciatario o negatore di alcune di esse. Per quella
cattolica ne ha conosciuto riti, non disdegnando la conoscenza e il colloquio con membri del clero al
punto da aver rivelato recentemente: «ho partecipato alle cerimonie religiose cristiane assai
spesso» (2019/01). Senz’altro è il buddhismo, quella dimensione che non è propriamente religione ma
sentimento o pensiero, che sembra ricoprirlo maggiormente. Riporto alcuni estratti: «[negli anni
Settanta] iniziai a praticare la preghiera buddhista…. Da cui ottenni immediati benefici» (2019/06); «A
Roma negli anni ‘60 conobbi ******* ************* che era all’epoca Presidente dell’Associazione
Buddhista Italiana della Nichiren Shoshu. […] In seguito praticai la preghiera buddhista assieme alla
***** ***** ***** (a Roma)» (2018/11). Evidente interesse e influenza anche da parte del taoismo e
importante l’aspetto contemplativo: «Studiai meditazione da *** ****** che era stato abate di un
convento in Olanda per 25 anni» (2018/08); il suo è un sincretismo di idee, pensieri, forme di
cosmogonia diverse, concezioni per leggere la propria anima (di cui si è in eterna ricerca) in
relazione all’acquisizione di un mondo che si concepisce e anela come primaria armonia.
Per quanto attiene al mondo poetico osserva in una lettera: «Nella mia prima gioventù
m’interessai dei tragici greci, li leggevo per traduzione» (2018/10). Lesse Rimbaud, cita Leopardi e
Dante, conosce a menadito la letteratura beat americana giunta in Italia grazie alle traduzioni di
Fernanda Pivano (Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti, Corso).Dei poeti del suo periodo, che frequentò i
suoi stessi ambienti, animati da ideali comuni e intenti di lotta contro il mondo borghese Aldo
Piromalli nelle lettere mi ha parlato con particolare attenzione di Adriano Dorato, Antonio Serventi e
Roberto Trovato27, autori che non compaiono in nessun manuale della storia della letteratura
contemporanea e in nessuna antologia del periodo se non il fortunato e necessario libro di
Alessandro Manca, già citato. Così scrive Piromalli: «Con Adriano Dorato ho letto mie poesie in un
locale adibito all’ascolto proprio in quel del Tufello nei cui paraggi sono nato e dove sono cresciuto e
ho trascorso la mia prima giovinezza cioè fino all’età di vent’anni. Assieme ad Adriano Dorato ho
viaggiato parecchio in autostop […] Adriano era amico di Simone Carella che gli aveva pubblicato il
suo primo libro Ai piedi della terra28. Quando io ero già andato via da molti anni da Roma, Adriano
aveva continuato a leggere e a diffondere il proprio verso fino ad incontrarsi con il sindaco Niccolini29
al quale aveva spiegato che una volta la poesia cessata sarebbe apparsa la musica a completare il
discorso… Adriano era conosciuto da molti nell’ambito dell’underground romana… La Roma sotto.
Era un attore e sapeva suonare il tamburo. Viaggiò da solo in autostop da Roma fino in India. […]
Alcune sue poesie sono apparse in una piccola antologia assieme a quelle di Roberto Deangelis30 e
Roberto Trovato di cui io ho avuto qualche documentazione… […] Non mi stupirebbe se venissi a
sapere che Adriano Dorato si sia ritrovato a vivere in un convento non lasciando tracce dietro di sé»31
(2019/05).
Alcune poesie di Roberto Trovato, tratte dal suo libro Poetare, sono trascritte e allegate da Piromalli nella lettera 2018/11.
Nel corpo della lettera il titolo del libro, come pure quello di altre opere è reso tra virgolette alte per differenziarlo dal
resto del testo. Qui, per una maggiore linearità alle esigenze del saggio, lo rendo in corsivo.
29
Deve trattarsi di un errore dato che non vi è mai stato un sindaco di cognome Niccolini a Roma. Forse Piromalli ha confuso
volendo riferirsi al professore universitario, architetto nonché politico Renato Nicolini (1942-2012) che fu Assessore alla
Cultura del Comune di Roma nel periodo 1976-1985 e principale promulgatore della “Estate romana” che l’Enciclopedia
Wikipedia così descrive: «macchina politico-culturale che produsse le polemiche, ma che definì anche nuovi orizzonti
relativamente alle potenzialità delle città» (Pagina consultata il 05/06/2019).
30
Non è chiaro, in questa lettera, se il nome sia Roberto Deangelis o Roberto De Angelis.
31
Alcune poesie di Adriano Dorato, tratte dal suo libro La struttura geodetica del campo Boario, sono trascritte e allegate da
Piromalli nella sua lettera 2018/12.
27
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Due poesie di Adriano Dorato, tratte da Ai piedi della terra (Simone Carella Editore, Roma, 1975),
sono state pubblicate in I figli dello stupore e sono entrambe interessanti perché parlano
dell’ambiente romano nel quale Piromalli era inserito negli anni ‘60. La poesia “Nel teatrino di Roma”
fa senz’altro riferimento al “Beat 72” ed è un affresco nitido di uno di quegli incontri e della
personalità dei vari autori; nella lirica si legge: «Roberto Trovato in meditazione sulla panca/ Simone
Carella che spiega un suono della voce/ […]/ Beat ‘72/ Teatro Generation/ Aldo Piromalli che mi dice
noi siamo i principi della strada/ angeli straccioni/ camminando erbosi davanti carte da gioco sparse
sul tronco segato»32. Nell’altra poesia di Dorato, “Taxi dorato”, ancora il riferimento diretto agli altri
compagni beatnik: «io uccello nel guscio (poesie)
Aldo Piromalli – Amsterdam/ Roberto Trovato
Poetare (poesie)/ […]/ Io Adriano Dorato fermo a
Roma all’angolo delle piazze/ distribuendo libri
poesia (Poetare) nottambuli/ ora seduti
bagnati»33.
Un possibile manifesto di questo beat italiano
potrebbe, forse, essere ritrovato in un’incisiva e
accusatoria lunga poesia di Ivano Urban
dall’anafora d’apertura “dite (che)” pubblicata per
la prima volta sulla rivista Mondo Beat, nel suo
primo numero, a marzo 1967, e gentilmente
ripubblicata nell’antologia di Manca. Ne riporto
alcuni dei versi più marcati, invitando però il
lettore a ricercare il testo e leggerlo per intero:
«Dite (che) siamo capaci solo di accuse/ dite (che)
il nostro camminare non ha soluzioni/ dite (che) le
nostre parole sono oscene/ ci accusate (perché) i
nostri vestiti non sono tagliati a mano o comprati
in boutique/ […]/ ci chiedete i documenti per
verificare le nostre conoscenze/ […]/ se gridiamo
in due siamo ubriachi/ se gridiamo in più di tre
siamo una associazione a delinquere/ […]/ la mia
sicurezza di uomo/ la mia gioia in lacrime/ presa a
schiaffi ogni istante il mio insultare per/ scuotere
il vostro buco ruminante bovino» (281-282).
Ancora Piromalli nel carteggio: «Di Antonio
Serventi so che è scomparso all’età di
settantacinque anni attorno al 1990-2000 a Roma
[…] L’ultima volta che lo vidi s’imbarcava in una automobile assieme al poeta americano Allen
Ginsberg quando questi era stato invitato per il Festival di Castelporziano organizzato da Simone
Carella e da altri del Beat 72»34 (2018/03). E poi, ancora, ha rivelato recentemente: «Valentino Zeichen
lo ebbi al telefono brevemente. Nel 1980 incontrai Dario Bellezza. Ero in compagnia a Roma di Maria
Paola Fadda. Una conversazione di breve durata con Dario Bellezza a casa sua, di sera. Rimanemmo
assieme per una ventina di minuti. William Borroughs lo incontrai a Castelporziano (spiaggia di
Roma). Un gran giorno di sole. Mi raccontò del suo interesse per il Libro tibetano dei morti. Amelia
Rosselli non la conobbi personalmente»35. Sulla poesia italiana contemporanea così si è esposto
recentemente in una lettera: «Oggi i poeti che contano sono un Valerio Magrelli, di cui ho potuto
ALESSANDRO MANCA, I figli dello stupore, Op. Cit.,p. 97.
Ivi, p. 98.
34
Riferimenti ad Antonio Serventi sono contenuti nella lettera 2018/04; poesie di Antonio Serventi, tratte dalla sua opera
Segmenti (Edizioni Semerano, Roma, 1977) sono trascritte e allegate da Piromalli nella lettera 2018/03. Un’altra poesia di
Serventi è contenuta nella lettera 2018/02.
35
LORENZO SPURIO, “Intervista al poeta beat e poliedrico artista Aldo Piromalli”, Op. Cit.
32
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RIVISTA DI POESIA E CRITICA LETTERARIA “EUTERPE”
APERIODICO TEMATICO DI LETTERATURA ONLINE NATO NEL 2011
ISSN: 2280-8108 N°29 * LUGLIO 2019 * – WWW.ASSOCIAZIONEEUTERPE.COM
ascoltare (e vedere) su YouTube, ma anche copiare a mano, per esercitare il mio italiano ed
interpretare meglio gli argomenti trattati da questo professore» (2018/12).
In conclusione di questo scritto vorrei riportare le parole che Bruno Corà nella nota di lettura a
Uccello nel guscio aveva scritto in merito alla persona-personaggio di Aldo Piromalli. Credo che, pur
essendo attestazioni che si riferivano al periodo della Contestazione, siano ancora in qualche modo
utili per poter descrivere Piromalli, per lo meno per il contesto della beat e del sodalizio poeticografico che ha fatto di lui un artista completo. Corà, per meglio farlo conoscere all’inconsapevole
lettore, così ce lo presentava secondo un percorso sinottico (in chiusura del libro, saggiamente,
evitando di contaminare il lettore sin dalle prime pagine, sviarlo o influenzarlo in qualche modo,
come sempre andrebbe fatto!): «L’amico poeta per indole, in seguito, senza sentirsi forte ancora,
desiderò attaccare la segregazione dovunque si manifestasse. Iniziò fughe; un primo tentativo dalla
scuola di classe, un secondo dalla famiglia, nonostante
nel profondo ne amasse i componenti, un terzo da un
lavoro d’impiegatuccio come destinava la condizione per
chi non avesse raggiunto l’università peraltro riservata
non certo alla sua classe, un quarto dai mezzi di
distruzione “difensiva”, tipici di tutti gli eserciti del mondo.
Iniziarono i viaggi, poi i disagi; alle sue pressanti richieste
di una società diversa, la nostra presente ha risposto con
le istituzioni totali: commissariati, manicomi, prigioni. Egli
da sempre ha saputo di non possedere altro che la sua
voce. In tutto questo tempo l’ha raccolta, affinata,
elettrizzata, dandole oltre la carica del suo sogno di
liberazione, il corpo del mondo. Con essa dal guscio, parla
il testimone» (125).
A decenni di distanza dai suoi vissuti giovanili
rimembrati da Corà, che hanno in qualche modo servito
da prodromi alla sua condizione successiva, oggi
Piromalli non è più distinguibile nettamente per quella
sua voce primigenia. Le sonorità se ne sono andate, il
timbro possente del contestatore di “Affanculo” che
aizzava i giovani se ne è andato. Il verbo, da sonoro e
impellente, si è fatto ricercato e allitterativo, in un
linguaggio intimo teso a scandagliare nei recessi della
coscienza. La parola s’è fatta di carta. La poesia di
Piromalli, così veloce nel verso, ridondante, costruita per
accumulazioni e stridenti contrasti, cacofonie ricercate,
vocaboli inusitati, conserva ancora dell’avanguardistico,
si direbbe – come già osservato da altri –, del dadaismo,
dove la destrutturazione dell’entità non è foriera di una
suddivisione comprensibile e avvicinabile, semmai a una
spoliazione continua di elementi, distruzione, difficoltà di costruzione di ponti che possano
permettere traghettamenti interpretativi, contestualizzazioni, affiori logici e fluidità di visioni. La
voce di Piromalli, prima gridata e vibrante, ora ha la forma di una calligrafia veloce, un verso fluente
e inarrestabile nelle mani di un uomo che ha ancora tanto da raccontare di sé e del mondo che ha
solcato.
Lontano dalla sua città d’origine e dai vecchi amici (chi morto, chi in altre parti del mondo da dove
non ha più inviato aggiornamenti di sé, chi formalmente sperduto perché non se ne sa di lui più nulla
da decenni), in una delle più europee capitali del Nord, nei suoi interessi variegati e sincretici verso
ogni forma di cultura, sapienza, pensiero soteriologico e cosmologia, Piromalli continua a essere
“testimone del tempo”, come ebbe a definirlo Corà negli anni ‘70. Di quel tempo andato (mai,
completamente, negli scritti e nell’anima) e di quello che, inesorabile, cambia.
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ALDO PIROMALLI
Testi scelti
Chi sarò
Nell’estate lontana
Lo diranno i passeri
Alle sei del mattino.
(senza titolo)36
Diverrò
Un uccello sonoro
Su cavi di luce
Alle sei del mattino.
Prima che io nascessi
In non so che paese del mondo
C’era già qualcosa di mio.
Questa non è una favola
Sono certo di quello che dico.
Ho provato moltissime volte
Il bisogno di ricercarmi
Ma non so in che terre si trovi
Questa parte di me che non ho.
È forse nei mari del Nord
Spazzata dalle burrasche
O forse nel Sud, fra montagne
Nere come la notte?
Bisogna che io la ritrovi:
è solo per questo che vivo.
Morirò
In un fiore gigante
Fra sensibili api
Alle sei del mattino.
(1965)
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 27.
*
(1963)
La città di cemento e metallo
Apre le porte alla notte
E il passo di milioni di uomini
Aumenta sull’asfalto.
Grande è la corsa verso le luci
Il mito della forza
Sovrasta i cieli delle cattedrali
Gli esseri della metropoli
Vagano per i ponti.
Quale malattia ci penetra le ossa
E i sogni che abbiamo
Perché non muoiono
Alle prime luci?
Il mio delirio nero
Ha un’acuta sete d’azzurro
Mito fanciulla nuda
E segreto di rivoltella
Angoscia mia d’Europa
In un pisciatoio all’aperto
Dopo il film dei miei sogni.
Alle sette di sera gli uomini
Escono dalle fabbriche
Per morire di pubblicità
La solitudine dei tram
Viene a inghiottirci la notte.
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 20.
*
Per le strade assolate ho raggiunto il lago e su
uno scoglio
Selvaggio trovato aria azzurra non
accontentata. Desidero
Andarmene più lontano, e non nell’entroterra,
ma presso
La costa tirrenica.
(1964)
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 24.
*
(1965)
Quasi tutte le sue poesie scritte recentemente e
ricevute trascritte per posta non hanno titolo.
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Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 33.
Passeri delle quattro del mattino
Primavera
Il quartiere della prigione si spoglia della notte
Mi giungono i mormorii della città
Non voglio rincattucciarmi
Impaurito della veglia
Ho da affrontare questo silenzio
Colomba che si riposa
Persiana che sbatte
Squillo di telefono
Non me ne sono andato via
E m’immagino tutto questo
A ritrovarmi qui
Dopo mesi
Detenuto per gli uomini
In attesa di giudici e periti
Con il tempo che mette la coda
Avviticchiato a questo letto
A questa cella
A un compagno che ogni tanto cambia
Sapere dai giornali
Che un giorno tutto non è più così
E che domani ogni cosa è tornata uguale
A ritrovarmi qui
Dopo mesi
Trastevere e la piazza di Santa Maria
Ferrazzoli Bar Tabacchi
Estati e estati sprofondato
Dietro i tavolini
Ho dimenticato cosa vuol dire donna
Fra poco suonerà la campanella
Porteranno pane e latte – andrò avanti anche
oggi
Avevo lunghi capelli
Quei miei pantaloni consumati
Quei miei stivali e cintura
Signor brigadiere
A cosa le è servito condurmi qui
Avevo forse fra le mani
La formula per addomesticare il sistema?
Libanese rosso
Vecchi problemi di razza
Roba d’anteguerra
Esseri improduttivi, capelloni…
E ormai più nulla mi tocca
Comincio a morire dietro un uccello intravisto
E per le mie orecchie che gentilezza i vostri
stridii.
Voglio scrollarmi di dosso
Questa vecchia pelle
Non credere più alle fate
Così sono andato all’inferno.
*
Viaggio sull’ultima frontiera dei sogni
Mi si aprono nomi e città
Bicchieri di liquido oscuro
Occhi di fuoco
Sono Sinbad il marinaio
Sono l’Olandese Volante
Sono le quattordicimila e una notte.
Su montagne e mari
Profumati di petali
Sono le quattro stagioni.
(15 aprile 1969)
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 56.
*
E qui dove tutto è memoria
Non chiedere altro che la memoria
Risali per ordine il cammino
Che ti condusse fino a qui
Affonda l´occhio e ricerca i nomi
Recupera tutti i sogni e dagli forma
Dai ad ogni numero il suo posto
Fai tu questo elenco
E con tutta sincerità e pazienza.
Non tornare più indietro
Se non per memoria
E scava nella fossa della memoria.
(Roma, Regina Coeli, dicembre 1970)
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, p. 71.
*
A ritrovarmi qui
Dopo mesi
A carezzare questo cielo minuscolo
Quadretti d’azzurro
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(Roma, Regina Coeli, aprile 1971)
Le strade erano pulite
Ma la gente del 1971 è piena d’immondizie nella
testa
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, pp. 80-81.
Scrivere una poesia è soprattutto dire la verità
Poi dirla al momento giusto
Tu lo sai bene, Corà,
che significa sbottonarsi la camicia
davanti a tutti e gridare
siamo feriti, qui e qui, profondamente,
ce n’andiamo in cancrena,
poi ti assicurano un martirio umano
e ti cancellano dal Karma
*
A Thomas Merton
Stelle della notte
Ricordo quando cercai con voi la mia
comunione
Ora che il soffitto di questa cella
Mi separa dalla vostra vista
Allora mi metterò a scrivere una poesia
Quando sarà suo tempo.
Vale aspettare.
Campi di grano e mare
Uliveti e castelli della mia terra
Voi siete in me più di quanto lo siate
Là nel vostro mondo di fuori
(Roma, Regina Coeli, 18 giugno 1971)
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, pp. 90-91.
Pioggia e vento e uragano
Signore dell’Universo infinito
Io Ti cerco per questa mia sete d’armonia
Aiutami a trovare il giusto cammino
*
Gli uccelli volano sulle ginestre e io colgo
ginestre
Da portare alle fanciulle del paese
C’era una ragazzina bionda molto bella molto
delicata
Che stava sul tabaccaio assieme a una sua
amica – oh, labbra e occhi – figlia di pescatori
Alla fine uno che scrive poesie se ne rimane da
solo e
Guarda il mare e la costa se ha il mare e la
costa davanti
E uno che scrive poesie è uno che vuole stare
in pace – che ama raccontare a chi lo vuole
sentire
Gianni Milano adesso mi torna in mente è
arrivato una sera
Alla comune c’ero anch’io il mio incontro con
lui è stato
Uno scontro è un poeta uno che ci crede alla
poesia quella che
Si scrive con una penna o una matita su un
foglio di carta mettendo
Parole che sono cose, immagini e suoni
Io qui adesso davanti al mare a un chilometro
e mezzo del paese
La prigione è lontana dal mondo
Un detenuto è un monaco
Thomas Merton è un poeta santo
Dio ama gli uomini
Ed essi Lo ripagano con lo sputo e la croce
Io non sono cattolico
Sebbene sia anche cattolico
La città va in rovina
Ma pulsa giorno e notte
L’Italia è il mio paese
Parlo la lingua e vorrei morire qui
Ma ho paura della prigione
Perché è un posto dove ci si fossilizza nel
passato
Sogno l’India
Sto esaminando in Bhagavad Gita
La ricerca è lunga
In Europa si finisce dove mi trovo
Per voler rimanere coerenti con se stessi
A Milano vidi il castello sforzesco
Alle quattro di notte
Non c’era traffico
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Scrivo sulla carta cose che dico sono poesia e
posso dire
Che non scrivo poesia ma scrivo e basta e sto
davanti
Al mare ed è bello
I poeti molte volte non sono belli e hanno un
sacco di complessi
E molti di quelli che si dicono poeti non lo sono
e si danno
Arie da poeti e invece non sono che uomini di
cultura e gli
Uomini di cultura sono gente priva di cuore e
fatta
Di solo cervello
L’esperienza è l’unica cosa che vale.
Da Uccello nel guscio, Simone Carella Editore,
Roma, 1971, pp. 114-115.
*
Affanculo
Affanculo
con la piccola amministrazione quotidiana
un pezzo di pane per te
un pacchetto di margarina
quanto hai guadagnato oggi.
Affanculo
con l’affitto e il padrone di casa
la città dove abiti
i debiti di ieri, oggi e domani.
Ho ventiquattro anni sto davanti al Tirreno a
350 km dalla
Mia città in cui sono nato e vissuto parlo con i
sassi
E gli scogli su cui s’infrange l’acqua. Fra poco
andrò a mangiare.
So benissimo di essere un uomo con dentro
uno specchio d’acqua chiara
Tutto veramente tutto in me è un lago d’acqua
chiara
Come i miei occhi
Chi mi vuole male avrà male perché rifletto il
male degli altri
Non voglio creare il mito di me stesso per poi
Seppellirmici dentro
Affanculo
con il libro da pubblicare
con i vari incontri al bar
l’attesa al telefono
lei si farà sentire, più o meno.
Affanculo
con la pioggia
con la bella giornata di sole
con il consumo d’alcol e marijuana
piatto vegetale o carne in scatola
Niente letteratura
Il mare è davanti a me bello calmo pulito il sole
è nel cielo
Io sono nudo e bello e il mio fisico sta bene non
sono
Né triste né felice sono in pace e basta
E lontano da me l’ignobile
Affanculo
con il viaggio in treno, in aereo
con l’urlo degli amici dispersi
con i denti putrefatti
i gangli delle mani.
Affanculo
con tutto quello che si doveva fare
e che non si è fatto
i mondi non visitati
le religioni non scoperte
i sentimenti non coltivati.
20,30 h
Sono andate altre ore, un’altra volta il sole è
sceso dietro la montagna
Un flauto fa ombra alle stanze della casa sulla
collina
Il cielo è azzurro e rosso bagnato da alcune
nuvole grilli
Toccano le mie orecchie e le ginestre coprono
la montagna
Tutto è calmo gli alberi la montagna il mare
Il mare è d’argento.
Affanculo
con le carriere letterarie
e quelle ministeriali
le nuove Atlantidi
le collezioni d’arte
e i soldi da guadagnare.
(Agnone in Cilento, 1 giugno 1970)
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Affanculo
con il successo
e milioni di persone
gli applausi, la rivoluzione
grandiosa serata, grandiosa scopata
tutte le impressioni ricevute
tutte le battaglie compiute.
Affanculo
con tutte le ideologie
i vari sistemi
punti di vista
sintesi
varie esperienze
Affanculo
con la solitudine
e il dialogo con se stessi
con la morte dirompente
Lo studio della luce latente
Affanculo
con l’appuntamento mancato
il lavoro perso, il lavoro trovato
Ho voglia di chiudere gli occhi
e immergermi nel pieno silenzio.
Si alzino le vele.
(Letta al Festival di Catelporziano, 1978)
Affanculo
con gli alti e i bassi
i giochi di potere
corsa del topo di città
brillando forze
alzando mani
*
Una pila di camice motivo
a quadretti ben spiegate e
stirate ancóra da distribuire
apprensione si siede scala a
pioli terra divinazione cémbalo
dissolvenza nócciolo dotare
rinforzarsi ritrovare l’equilibrio
scommettere rischiare secchio
liberazione salvezza capriola
supplica strìge variopinto
trascurare calcare stazzonare
spiattellare avvicinamento
andamento valichi rugliare
isole cielo azzurro la porta
dietro di sé entrano persone
che presto scompaiano mangia
qualcosa seduto su una panca
davanti ad un tavolo quando cerca
di uscire salendo le scalette
scolpite nella pietra trova
l’ingresso chiuso dipinto in blu
e non riesce ad aprire la porta
non c’è maniglia né serratura
da quel lato dell’uscio.
Affanculo
con lo stomaco vuoto
l’aria putrescente
il sole demente
civiltà scomparse
madonne vergine
cristi masochisti
chiese
circolo privato
Affanculo
con lo Stato
la piccola e grossa borghesia
la retorica del proletariato
mente in prigione
lame a doppio taglio.
Affanculo
con questa dimensione
che comporta questo pensiero
che comporta questa limitazione.
La mia non è costruzione
è solo un modo
di sbattervelo in faccia.
(Inedito, 1999)
Affanculo
con il velleitarismo di sempre
Affanculo
con il passato
tutte le immagini create
*
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Quel che resta
son gallicismi
fra il giusto
e lo sbagliato
Lentamente
trasformato
al mercato dell’usato
Non ci sarebbe stata
Evocazione. Quale
l’utilità e quale
l’emergenza se non
per l’altro
I termini del linguaggio
irresolute così ti voglio
spicchio d’aglio
Nel fuoco c’è l’invidia
il sentimento della trasgressione
le diverse fasi lunari
un enigma a prima vista
le statistiche dell’egoista
staremo a vedere
fra il torto e la ragione
quale impresa e
l’attenzione dove lo scambio
e se consideri d’aver troppo
atteso fai sì che si sappia
quale il tuo peso
Foglie si riflettono
sull’onda. Barca in
movimento. S’è spezzato
il filo del mio a te
rivolgermi
(Inedito, 2015)
*
Alla faccia di chi
incrocia le braccia
non eri tu solo
che andavi a caccia
e non vorrei
che te ne dispiaccia.
intimo trasporto
ètica èlica
Dire quel che s’è
già detto e dirlo
tante volte in modo
diverso. Di certo
qualcuno lo capirà.
Non sono un diplomato
non sono un avanzato
non mi sento sbagliato
provvedi alla
tua manutenzione
staffetta
(Inedito, 2015)
*
(Inedito, 2015)
Paghi le conseguenze
delle tue prese di posizione.
non eri un concetto
non eri un’astrazione
*
Non sono mai stato
il primo della classe
l’alleanza l’ho
risolta sotto zero
da qui rami (d’alberi)
riesco ad intravedere
quel che mi parve bello
oggi non più.
Più più.
Verseggiare di merlo
averlo o non averlo
un pane cotto al forno
e condito con l’olio
Un gran vociferare
andato in alto mare
la risposta si lascia
aspettare…
Il mondo è vecchio
per chi sta per morire.
per i giovani e i sani
è tutto da scoprire…
Da solo non sarei
riuscito a ricordare.
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d’oliva laddove
Non sei tu. Stacco.
Non giocare a
mondocane. Presto
finisci a stame
presa di posizióne e di bella figura
se ha imparato fin dal fondo della
bottiglia la lezióne poiché non è così
che trae vantaggio dagli strumenti
(di viaggio) di comunicazione che le
sono stati affidati che la raggiunsero
a sua propria destinazióne (messi
a disposizióne) ma tenendo da
conto gli elementi meccanici di
accorgimenti tecnici utilizzabili
per la riflessione. Il resto è legno
(Inedito, 2015)
*
(Inedito, 2015)
Uomo piccione
sul cornicione
d’una antica
costruzione
poi cerca scampo
in un punto
più riparato
ritirandosi
in un angolo
da dove poter
restarsene
maggiormente
in equilibrio
oh invocazione
per carità
che la vertigine
non mi prenda
che un fùlmine
a ciel sereno
non mi colpisca
che me ne resti
tranquillo
di fronte al
vuoto all’illimitato
adamantino.
*
Sarei voluto partire subito oggi stesso ho
Pochi interlocutori spesso sono io a cercarli
A volte gli piombano addosso letteralmente
Lo assaltano senza che se l’aspetti non
Scrivo più nomi di località di persone
Le variazioni sul tema veduta e caratteri
Sono svariatissime non so perché sto
Componendo con tràmite parole in questo
Momento forse m’immagino che ci sia
Aderenza e ne segue una frase e
Poi un’altra quindi suppongo un dialogo
Il paesaggio cambia attorno a me sulla
Base del mio proiettarci dei turbamenti
È il mio modo di abbozzare che è diverso
Da prima di un tempo ora alquanto
Remoto quindi quando ritenni non
Esserci alcun gènere di contiguità fra
Me e gl’individui a cui volevo rivolgermi
Effettuando scaglione ripieno e terrazzo
E da cui mi aspettavo una qualche specie
Di rimbeccata e riscontro frapporre
Prolisso la realtà dell’universo in
Lenta mutazione io con essa il respiro
Che eccelle ed il mio unico soffio
Dimenticando l’alitare di singolare brezza
(Inedito, 2015)
*
(Inedito, 2015)
Per manifestarsi in quanto tale la
foglia delle api non è costretta a
prèmere volendo lasciar crédere
d’essere lei ad avere ragione affermando
(ritenendosi soddisfatta) della
intrinseca convinzióne fa sì che chi
la sta ascoltando si sintonizzi su
un’altra di stazióne. Ne va tanto
dell’indottrinamento e di una
*
Se tu sei quel che menzioni
E lui è quel che non s’esprime
C’è la possibilità ch’egli si
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Lasci precipitare in una
Bòtola. Se t’aspettassero
Dopo qualsiasi specie d’accadimento
Auspicati di tagliare i ponti
E vedi di dirigerti altrove.
La notte porta consiglio. Il cielo,
quando è oscuro, ti copre come
un mantello sotto cui riposare.
La tua ricchezza è la mancanza
D’azione rudimentale. La tua
Forza è l’assenza di ombre nel
Tuo universo interiore. Sei in
Grado di dileguarti dal luogo in
Cui ti trovi senza spostarti
D’un millimetro. Sai sparire. È
Questa la facoltà in cui ti riconosci
E ami distinguerti. Resti anònimo
Per il grossolano volgare.
La mediocrità non ti governa.
Il livellamento non s’è reso
Partecipe dell’altrui ostinazione
Che finge nel non volerti e
Nella sua mancanza d’assunzione
Per differenziare la tua pura
Specificità.
Forte abbraccio sei uno straccio
Non ti abbraccio non ti caccio
Non ti colgo con il laccio
Sbadigliando non s’impara
Non c’è modo di recuperare
(riparare) con il passato.
Esprimersi in tèrmini concreti
Significa poter convogliare
Rappresentazioni verbali
Che posseggano intrinsecamente
Evocandola la dinàmica e la
Lucentezza del vibrante.
Non ingrugnarti. Non cercare
Altrove. Non c’è sentimento
Non c’è colore e te li sei
Consumati tutti tu. Era
Strafatto dalla quantità
Povere all’ingrosso. Non
Hai lasciato nulla a me.
Quando l’ha detto.
(Inedito, 2015)
*
Assordante rinfrescare inconsciamente
Avviluppa una ghetta di città (gambaletto)
Sorprendi di rinforzo illuminazione
Temporaneamente incapace di reagire
Stupisci fracassa preparati agli esami…
Vai in carrozza in giacca da sera disorièntati
Serra avvolgi spingi sorpassa abbagliante
Amalgamarsi un gonnellino stivale gamba
Penombra incantevole accaparra
monopolizza
Assorbire d’allora in poi vàligia bramosia
Stupefatto stordito sbalordito barcolla
Indietro in ritardo lascia pioviggina àgita
Zàngola (cilindro) fai il burro pasto mangiata
Pàscola sventolato alimenta ciba sorpassa
Oltrepassa distanzia scossa freddo fresco
Freddino avvolgi (avvoltolato) domandando
Sollecitando supplicando implorando pubblica
Discúti fai conoscere come conseguenza
allevia
Incrosta rivesti diminuisci (ribasso) rugiada
Tizzone bramosia brama eclissi sorpassa
Deduci detrai agogna brucia le
Cervella vuota prosciuga dissecca attacco
D’isteria.
Faccio presto con l’arresto metto
Freno al can maldèstro e qualsiasi
Il suo trèno se lo trovo disonesto
In un baléno se ritengo sia molèsto
Giudicandolo immodèsto se lo scorgo
Nel contesto sono autentico e
L’innesto.
(Inedito, 2015)
*
Da fanciullo giocavo sulla spiaggia
Scrivendo con un bastoncino nella
Sabbia ancóra umida (bagnata)
Delle parole che presto scomparivano
Con le ondate successive e combattevo
Contro l’irriverenza (l’impeto) d’esse
Alla pari d’un insetto (coleottero)
Che voglia strafare per imporsi
All’attenzione d’un elefante.
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(Inedito, 2015)
*
Non ti soffermi più a
Riflettere sul ventaglio di.
Le primavere e i loro conflitti.
Lezione di patata e
Generale fisica mare mosso
L’autocritica parola normale
E parola non normale
Parola semplice e parola
Non semplice in un campo di
Barbabietole da zucchero
Lo scherno lo schermo
La frequenza tèrmine
Complesso e tèrmine non
complesso
Confusione e ordine il restante
(fra questo e quello)…
(cosa nacque da questi
Nostri incontri)… l’educazione
Non si sa dove stai andando
Il suo percorso verso il profondo
Con un’aria dimessa
Non fai altro che prendere appunti.
Non si rende aggressivo verso chi
Finge di non capirlo.
Se stanno bene sistemati
Come stanno. L’importante è no chi
Era ma chi sarà se non sarà.
(Inedito, 2017)
BIBLIOGRAFIA DELL’AUTORE
PIROMALLI ALDO, Un uccello nel guscio, Carrella Editore, Roma, 1971 – raccolta di poesie.
PIROMALLI ALDO, Viaggio, Tristram da Cunha, Amsterdam, 1976 – raccolta di poesie e cronache di viaggio.
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PIROMALLI ALDO, Un quartiere nel cielo, Tampax, Torino, 1978 – raccolta di poesie.
PIROMALLI ALDO, Paradiso poëzie: klank, beelden, Parapress, Amsterda, 1979 - Bibliotheek UvA/HvA di Amsterdam.
PIROMALLI ALDO, Uccello libero, Tristram da Cunha, Amsterdam, 1979.
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“Quando Allen Ginsberg disse a Gianni Milano: “Mi fate tenerezza, siete i nostri nipotini, ma il beat è morto”. Storia
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RIFERIMENTI ALLA CORRISPONDENZA (PERIODO 2018-2019)
ANNO 2019
2019/01 – Lettera con timbro postale 12-01-19 h. 13:21 e nel corpo datata 12-01-2019.
2019/02 – Lettera con timbro postale 28-01-19 h. 09:43 e nel corpo datata 26-01-2019.
2019/03 – Lettera con timbro postale 20-02-19 h. 10:42 e nel corpo datata 19-02-2019.
2019/04 – Lettera con timbro postale 14-03-19 h. 14:09 e nel corpo datata 13-03-2019 (sebbene sia stata spedita
precedentemente alla 2019/05) essa è giunta dopo in relazione del fatto che è stata vagliata (aperta e analizzata)
nel centro ispezione della Douane Schiphol Cargo – Postbus 3070 – 6401 Dn Heerlen (come il bigliettino inserito
all’interno della busta richiusa con scotch attesta).
2019/05 – Lettera con timbro postale 23-03-19 h. 11:15 e nel corpo datata 22-03-2019.
2019/06 – Lettera con timbro postale 25-03-19 h. 09:27 e nel corpo datata 25-03-2019.
2019/07 – Lettera con timbro postale 13-04-19 h. 12:07 e nel corpo datata 12-04-2019.
ANNO 2018
2018/01 – Lettera con timbro postale 27-01-18 h. 10:18 e nel corpo non datata.
2018/02 – Lettera con timbro postale 05-02-18 h. 14:32 e nel corpo datata 22-01-2018.
2018/03 – Lettera con timbro postale 23-02-18 h. 08:59 e nel corpo datata 22-02-2018.
2018/04 – Lettera con timbro postale 19-03-18 h. 09:04 e nel corpo non datata.
2018/05 – Lettera con timbro postale 22-08-18 h. 11:23 e nel corpo datata 22-08-2018.
2018/06 – Lettera con timbro postale 23-08-18 h. 09:43 e nel corpo datata 23-08-2018. Allegata alla lettera si trova
una cartolina bicolore verde-viola eseguita con colori pastello la cui immagine rimanda a un totem o una figura
primitiva resa con elementi geometrici.
2018/07 – Lettera con timbro postale 10-09-18 h. 12:47 e nel corpo datata 08-09-2018. Allegata alla lettera si trova
una cartolina bicolore grigio-viola eseguita con colori pastello la cui immagine rimanda a un totem o una figura
primitiva resa con elementi geometrici.
2018/08 – Lettera con timbro postale 27-09-18 h. 10:58 e nel corpo datata 27-09-2018.
2018/09 – Lettera con timbro postale 29-09-18 h. 09:59 e nel corpo datata 29-09-2018. Allegata alla lettera si trova
una cartolina bicolore grigio-viola eseguita con colori pastello la cui immagine rimanda a un totem o figura
primitiva resa con elementi geometrici.
2018/10 – Lettera con timbro postale 02-10-18 h. 13:08 e nel corpo datata 02-10-2018.
2018/11 – Lettera con timbro postale 15-10-18 h. 13:11 e nel corpo datata 13-10-2018.
2018/12 – Lettera con timbro postale 09-11-18 h. 14:26 e nel corpo datata 09-11-2018.
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