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Alle origini della Destra Radicale italiana Saggio di Pierpaolo Cetera Il “Movimento politico per l’Ordine Nuovo” fino allo scioglimento (1973) La seconda serie di “Ordine Nuovo” e “Anno Zero” 1973-1974. Dal primo congresso ufficiale del gruppo, tenutosi nel 1965, fino al 1969, ON si era suddiviso in una miriade di iniziative che ne avevano “dissociato” l’ originaria unità fra elaborazione culturale e pratica attiva nelle componenti più vivaci del gruppo dei “giovani nazionali”. Comunque la pratica di utilizzare le altre strutture dei radicali era considerata un’esigenza tattica: la “conquista” di questi gruppi alle tesi di una superiore linea politica a finalità nazionalrivoluzionarie”, era un compito che poteva avere frutti per quel che riguardava l’ azione comune della destra “rivoluzionaria”. Proprio nel 1967, nella pubblicazione “Noi Europa”(che si definiva “mensile per l’ ordine nuovo”), il gruppo avanzava elogi ai giovani nazionali del FUAN che, come organizzazione «.. sta scuotendosi di dosso la tutela interessata del MSI e della sua inconcludente politica riformista » Roberto Besutti, Per la riscossa nazionale, in “Noi Europa”, anno II, n.1, gennaio 1967. Nel 1968 in questa pubblicazione, organo ordinovista edito a Roma, compariva un appello a non votare da parte del fondatore del “Fronte Nazionale”, Junio Valerio Borghese.. I temi e i dirigenti dell’ “Ordine Nuovo” erano presenti in quasi tutte le iniziative, culturali e non solo, avanzate dei gruppi giovanili di tutta l’ Italia. L'ascia bipenne diventava il simbolo più importante del radicalismo di destra negli anni sessanta Secondo un manifesto, publicato sulla rivista “Ordine Nuovo”, «... dalla primordiale ascia bipenne le cui lame stanno appunto a simboleggiare, rispettivamente l' azione realizzatrice interiore ed esteriore e la loro inscindibile connessione, dal che il venir meno dell' impegno di unione o il prevalere dell' una sull' altro tradirebbe... l' anima del nostro movimento, il quale, con l' incarnare il senso dell' antica arma a due lame, va ad assumere la fisionomia di un Ordine di Combattenti e di credenti... » (O.N., Manifesto per l'Ordine Nuovo, in "Ordine Nuovo", giugno 1955).. Proprio mentre la rottura fra neofascisti “movimentisti” e “missini” raggiunse l’ apice, con lo scontro, nei pressi della facoltà roccaforte dei giovani rivoluzionari (Giurisprudenza), fra i gruppi di “Lotta di Popolo” (ex di AN e di ON) e i missini di Almirante e Caradonna, alcuni esponenti come Maceratini, Rauti e Besutti aumentarono gli incontri con esponenti del MSI, nei convegni dedicati alla minaccia “sovversiva” e nelle collaborazioni con i giornalisti vicini al partito. Pino Rauti rientrò nel MSI il 15 novembre 1969: questa “improvvisa” inversione di marcia del progetto extraparlamentare fu così spiegata dal leader «... è necessità vitale per la vita futura di ON inserirsi dalla finestra nel sistema da cui eravamo usciti dalla porta, per poter usufruire della difesa che il sistema offre attraverso il parlamento » Pino Rauti pubblicò questo documento sul numero 7 della rivista “Europa”, fondata nel Maggio 1969, come continuazione di "Ordine Nuovo" ( la rivista ufficiale del mvimento ordinovista fu chiusa nel settembre 1965). « Nel 1969 parte della dirigenza di O.N., guidata dallo stesso Rauti, di fronte alla minaccia ”sovversiva” dell’autunno caldo, si convinse che era giunto il tempo di ricongiungere le forze con il MSI. Qui dopo la morte di Michelini, Almirante era tornato alla segreteria e dava nuovo impulso al partito, con una strategia rivolta sia alla componente radicale sia a quella moderata ( “manganello e doppio petto”). Rauti e gli altri figlioli prodighi furono riaccolti nel partito, e premiati con l’immediata cooptazione nel suo comitato centrale » (F. Ferraresi, Minacce alla Democrazia..., cit. pag. 111). Una parte di O.N., relativamente al progetto di rientro nel partito di Almirante, si opponeva perchè il giudizio sul MSI era netto e irrevocabile: «...è ormai incapace di darsi un indirizzo valido, coerente e rivoluzionario».Questo giudizio era stato ufficialmente espresso da alcuni dirigenti (fra cui Roberto Besutti, Elio Massagrande, Leone Mazzeo e Clemente Graziani) che firmarono una “lettera aperta” a tutti i militanti, in cui sostenevano la validità dell' esperienza «... fuori dal parlamento e delle consorterie partitiche... » Clemente Graziani, Processo ad Ordine Nuovo. Processo alle idee, ed. dell' Ordine Nuovo, Roma 1973, pag. 5. . Già nell'ottobre Rauti aveva avviato una serie di consultazione con gli altri dirigenti di Ordine Nuovo. Nel novembre 1969, i gruppi O.N. di Messina e Napoli, si proclamarono autonomi dal Centro: si trattava di una situazione divenuta incontrollabile da parte dei vertici del gruppo. Serpeggiava una forte tensione fra i vari centri di O.N., causata della proposta di Rauti che produceva un' animata discussione e contrapposizione nelle sedi e spaccava il gruppo dirigente. Nella riunione tenutasi il 21 dicembre, in casa Graziani a Roma, con la presenza dei responsabili di Roma, Trento, Messina, Verona, Bergamo, Perugia, Mantova e Napoli, veniva proposta «... la trasformazione, anzi meglio ancora l'ulteriore politicizzazione del Centro studi O.N., con la costituzione del Movimento Politico per l' Ordine Nuovo...» Clemente Graziani, Processo a Ordine... , cit. pag. 8, rafforzando l' impegno fuori dal parlamento e cercando di inserirsi nel moto della “crisi generale del sistema”. Dirigenti come Rauti, Maceratini, Andriani furono cooptati all’ interno del comitato centrale del partito. Sul numero due della rivista “Orientamenti”, il primo foglio del “Movimento Politico Ordine Nuovo” compariva la prima delle “circolari”:« La direzione Nazionale del MPON intende lasciare poco spazio all’iniziativa, all’improvvisazione dei quadri periferici. Si è voluto affermare un concetto di disciplina e del rispetto delle gerarchie che in un movimento rivoluzionario quale è ON, non sono semplicemente richiesti, ma rivoluzionariamente imposti...» L’articolo è riprodotto in: Vittorio Borraccetti, Eversione di destra, terrorismo, stragi. I fatti e l’intervento giudiziario, Angeli Milano, 1986, pag. 32. . La direzione del MPON era così ripartita: alla propaganda era stato nominato Roberto Besutti, al finanziamento era preposto Mario Tedeschi, alle attività nelle scuole e nelle Università erano, rispettivamente, Antonio Ragusa e Bruno Esposito; alla stampa era delegato Elio Massagrande, alla propaganda nelle fabbriche e fra i lavoratori Roberto Gubellini, e, infine, Sandro Saccucci si occupava delle “organizzazioni parallele” Questo organigramma è riportato in Borraccetti, Eversione di destra..., cit. pag. 36. Le prime attività del gruppo furono improntate su una serie di corsi di preparazione “politica”: i temi di queste lezioni erano sulla “guerra rivoluzionaria” e sulle tecniche militari relative alla “guerra rivoluzionaria”, oltre che di impostazione ideologica (gli argomenti erano sulla “rivoluzione tradizionalista”, sulla sovversione, sulle “due razze”, la “rivolta contro il mondo moderno” e la plutocrazia). Il primo campo di attività fu programmato nell’ estate del 1970. Nel mese di aprile dello stesso anno il MPON organizzava una “commemorazione di Benito Mussolini” a Messina. Fu Clemente Graziani stesso a definire i presupposti ideologici e caratteriali che stavano dietro alla lotta intrapresa dal Movimento: «... contro il mito della massa proletaria senza pratica e senza volto, noi opponiamo il concetto aristocratico, la razza, che denota l’ appartenenza ad un’élite chiusa ed ereditaria, in cui è il sangue l’unico privilegio salvatosi dalla scalata democratica ad ogni valore...» C. Graziani, Processo ad ON..., cit. pag. 21. Per quel che riguarda il tipo di militante il leader Graziani così esplicitava il suo pensiero:« Un movimento autenticamente rivoluzionario tende a spersonalizzare al massimo la figura dei suoi dirigenti ed educa il militante, il soldato politico a servire e seguire, con fedeltà e onore, soltanto l’Idea per cui si batte.[...].Questo concetto pratico si unisce all’altro spirituale, ascetico, per cui è l’azione spersonalizzata (condotta in piena libertà da legami “suggestivi” che spesso s’instaurano nei riguardi di capi prestigiosi...) che più ha valore sul piano della “realizzazione individuale”...» (C. Graziani, Processo a ON..., cit. pag. 30) . I gruppi del MPON, costituitisi nei mesi del 1970 in tutte le città, organizzarono la prima assemblea generale a Lucca (tenutasi l’11 ottobre 1970) dove venivano delineati le prospettive e l’azione politica «... del principale gruppo per la battaglia nazionale rivoluzionaria » (come era stato scritto sull’ unico numero, Marzo 1971, di “NOI”, altro foglio del “Movimento” diretto da Tommaso Stabile). L’esistenza di numerosi circoli culturali (fra cui il più importante era sicuramente il “Drieu la Rochelle” di Tivoli, Roma, organizzato da Paolo Signorelli; un altro circolo era “la Fenice”, diretto da Giancarlo Rognoni, che pubblicava un omonimo “foglio di battaglia politica, a Milano) legati fra di loro corrispondeva all’iniziativa ordinovista di costituire un arcipelago di situazioni organizzate e centralizzate dalla struttura dirigente del M.P.O.N . a) Una rivista della destra radicale: “Ordine Nuovo - Azione” La rottura nei vertici di “Ordine Nuovo” tra coloro che proseguirono la lotta politica nel MSI e coloro che costituirono il “Movimento Politico per l’Ordine Nuovo” (M.P.O.N.) fu dovuta principalmente alle diverse interpretazioni che si erano date alla crisi politica prima (il biennio dell’azione collettiva, 1968-69) e quella economica dopo ( una crisi che raggiunse l’ apice nel 1973). Il nuovo gruppo dirigente del Movimento O.N. si faceva promotore di un settimanale (che ebbe tuttavia periodicità irregolare) che mirava esplicitamente alla conquista dell’egemonia sulla destra radicale, insistendo sulla mobilitazione e sull’azione diretta contro il sistema politico esistente. Il primo numero di “Ordine Nuovo - Azione” usciva il 4 novembre del 1972. La redazione era, naturalmente, a Roma. Il primo Direttore responsabile fu il giornalista Pierpaolo Bagatta, già esponente del gruppo romano di “Ordine Nuovo”. Il collettivo redazionale, che firmava il primo editoriale della rivista, definisce la pubblicazione “uno strumento di lotta contro democrazia e marxismo per una alternativa ordinovista”. Per i fondatori della nuova organizzazione della destra radicale, l’ esistenza di un mezzo di comunicazione diffuso che promoveva le iniziative del gruppo, fu un’- esigenza solo ora soddisfatta a causa delle difficoltà di varia natura (economiche, organizzative etc.). L’editoriale presentava le posizioni politiche di un gruppo in cerca di un rafforzamento l’identità del combattente, del soldato politico: « Questo giornale esce in un momento di scontro politico generalizzato che vede O. N. impegnato su tutti i fronti. Un giornale, quindi, scritto in trincea, con stile scarno, essenzializzato, del combattente. L’asprezza e i tempi incalzanti della lotta non ci consentono infatti d’indulgere in preziosismi letterari di cui, per altro, non saremmo capaci. I lettori, i nostri lettori ai quali è particolarmente diretto questo ‘strumento di lotta’, ci perdoneranno ne siamo certi di tale manchevolezza, badando più alla sostanza, più alle idee coraggiosamente espresse che alla forma... » Editoriale, Uno strumento di Lotta, in “Ordine Nuovo-Azione”, 4 novembre 1972. . L’articolo proseguiva poi con una non tanto velata critica ad una certa pubblicistica “cosiddetta di destra”, capace di utilizzare una forma letteraria arricchita ma sterile dal punto di vista strettamente politico (riferimento era indirizzato, forse alla “Destra” di Gianfranceschi). « Un giornale politico vive e si afferma nella misura in cui esprime, interpreta e guida la battaglia politica di un gruppo organizzato...» Editoriale, Uno strumento di..., in “Ordine Nuovo-Azione”, 4 novembre 1972. e questo era stato possibile grazie all’ottimo livello raggiunto dallo sviluppo politico-organizzativo di tutti i gruppi ordinovisti presenti sul territorio nazionale, nonché dalla possibilità, nel contesto politico e sociale italiano d’inizio anni settanta, di una azione continuativa di “Ordine Nuovo” come movimento politico extraparlamentare. Nell’editoriale venivano anche individuati le tematiche principali e funzionali della prassi politica: « O.N. non è soltanto un nome, un simbolo, una bandiera prestigiosa nello schieramento nazional-rivoluzionario, è anche e finalmente una realtà come gruppo organizzato...su queste pagine elaboreremo soprattutto la tematica della lotta per l’edificazione dello Stato Organico e la costruzione di una società differenziata dove l’uomo possa attuarsi completamente secondo le sue capacità e nell’ambito che gli è proprio ». La semplificazione dei concetti politici della destra radicale elaborati durante il decennio precedente e la continuità ideologica conseguente, nella fattispecie della dottrina dello Stato e della società, erano contrastate da giudizi liquidatori sul trascorso passato, mentre venivano posti gli accenti sulla efficienza organizzativa: « Un insuccesso (...) non significa soltanto una battuta d’arresto ma molto probabilmente la liquidazione di Ordine Nuovo come organizzazione di Avanguardia rivoluzionaria e l’arretramento dello stesso su posizioni di Centro Studi la cui sterilità politica è stata largamente sperimentata... » Editoriale, Uno strumento di..., in “Ordine Nuovo-Azione”, 4 novembre 1972. Esplicita era la posizione di solidarietà in favore di Franco Freda. In un articolo, anonimo come la maggior parte di quelli pubblicati, veniva espressa la solidarietà con l’esponente veneto della antecedente struttura di O.N. con le seguenti motivazioni: « Solo i tremebondi esponenti della destra conservatrice e riformista fanno mostra di non aver afferrato i rischi e il prezzo politico del loro disimpegno. Invece di gestire e coordinare, sfruttando le loro maggior possibilità di intervento sull’opinione pubblica, la difesa politica del camerata Freda - così come il P.C.I., trascinandosi dietro tutta la sinistra, ha fatto per il ballerino anarchico Pietro Valpreda - costoro s’ illudono di rimanere fuori della mischia affermando che Freda è un nazimaoista, quindi legato alle attività eversive della sinistra extraparlamentare » Anon., Solidarietà a Franco Freda, in “O.N.- Azione”, 4 nov. 1972.. La pubblicazione di una lettera di Freda, uscita anche in un opuscolo della “Casa editrice AR”, in cui l’autore si scagionava da ogni accusa relativa alla strage di Piazza Fontana, veniva introdotta da un breve commento in cui la diffusione del settimanale e la sua tiratura (valutata in circa trenta mila copie) secondo la redazione della rivista, consentivano una rapida conoscenza della posizione dell’ autore della “Distruzione del Sistema” in merito alle sue idee e ai recenti fatti di stragi. L’ excursus di Freda, non privo di un certo autocompiacimento, era una veemente esposizione della sua “weltanschauung”: « Quanto a me state pur certi che anch’io, per dirla con Ortega y Gasset, considero le formule “destra” e “sinistra” come “ alcuni dei vari modi a disposizione dell’umanità per dimostrare la propria imbecillità”. O, forse Ortega y Gasset, voleva riferirsi anziché all’ umanità, alla democrazia? Dubito che la questione si ponga: non vi hanno detto, Amici miei, che si tratta della stessa bestia ? » Franco Freda, Lettera, in “O.N.-Azione”, 4 nov. 1972. Nel 1963 Freda pubblicò un feroce libello antisionista. L’onorevole Terracini, del PCI, si fece promotore di una interrogazione parlamentare in cui dimostrava il contenuto puramente antisemita del pamphlet. Nella succitata lettera definisce, ricordando quell’ esperienza, Terracini un giudeo-comunista mentre per lo stesso Freda l’appellativo di antisemita gli appariva lusinghiero. . Si trattava, per Freda, di inquadrare il nuovo soggetto radicale al di fuori degli schemi politici classici di “destra” e “sinistra” oppure “conservatore” e “rivoluzionario”, allo scopo di valutare gli elementi più importanti di una nuova dottrina nazionale e socialista (o più esplicitamente nazional-socialista italiana ed europea). La sua polemica investiva sia il partito istituzione del neofascismo (il MSI ), «... per le contraddizioni che ne caratterizzano le soluzioni ai problemi economici-sociali...», sia il fascismo storico, criticato per «... non essersi esso potuto bonificare dai rigurgiti del Democraticismo liberale, del Socialismo, del Clericalismo, del populismo e di non aver saputo decantare quella dimensione di aristocrazia politica che pur ne animava le migliori tendenzialità ». Queste ultime considerazioni esplicitavano la continuità ideologica (e il discorso sul “lascito” storico del fascismo) con gli spiritualisti che diedero inizio, quindici anni prima, al gruppo di “Ordine Nuovo” (si trattava, comunque, della riproposta della tesi generale espressa da Julius Evola in vari suoi scritti e in modo più organico in “ Il Fascismo, saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra”, Volpe, Roma 1964). Per quel che riguarda le accuse rivolte contro il suo presunto legame con la “sinistra rivoluzionaria” così continua la missiva di Freda: «...ho conosciuto - a volte anche stimato - uomini che si sogliono collocare oltre la sinistra di questo sistema...ma che di vincoli associativi, tra me e uomini o ambienti della sinistra extraparlamentare non vi sia proprio modo di parlarne... ». Freda continuava il suo “curriculum vitae” passando al camuffamento del suo antisemitismo (modellato su quello goebbelsiano dell’azione distruttiva dell’Ebraismo mondiale), che era così elaborato: «... e vero che io non ho mai nascosto le mie simpatie per la lotta antisionista dei Palestinesi e mi onoro di aver organizzato a Padova nel 1969 la prima manifestazione nazionale contro i crimini commessi dal Sionismo, che ha continuato in Palestina, la tradizione dei crimini mondiali dell’ Ebraismo ». Questo modo di costruire un nuovo antisemitismo innestandolo con le tematiche della lotta di liberazione nazionale e dell’anti-imperialismo, aveva avuto, proprio fra gli ambienti della destra radicale europea, il suo terreno di coltura. Proseguendo poi in una valutazione, nell’ottica di un’affinità politica, delle simili esperienze d’oltralpe, l’autore affermava che «... solo la malafede potrebbe affidare il monopolio delle posizioni antisioniste alle sinistre: lo confermano le coraggiose posizioni del “fascista” Bardèche (assieme all’ équipe della rivista “Defence de l’Occident “), dei “neonazisti” francesi dell’ “Ordre Nouveau” , di Henri Coston ( con il suo periodico “Lectures francaises” )... ». La lettera di Freda si concludeva con uno sperticato elogio del Maoismo, in cui i caratteri “idealtipici” del movimento nazionalsocialista vengono visti ed esaltati nell’ esperienza cinese: «... una visione del mondo quasi “spartana”, un senso della vita sobrio, duro, militare; uno stile “ascetico” di esistenza; un ritmo organico di fedeltà che vincola al capo tutta la comunità nazionale... ». Della “Rivoluzione Culturale” in Cina, Freda tracciava una traiettoria con una direzione verso la risoluzione in chiave neofeudale (con la relativa contrapposizione fra città e campagna, fra cultura borghese e cultura popolare, volkisch, delle campagne) delle contraddizioni della modernità. Il modello Maoista fu per Franco Freda simile al modello, proposto da Oswald Spengler, del “Bauerntum”, del “Contadino Libero”, legato al suolo e alla stirpe della nazione ed efficacemente dotato volontà di lotta contro il livellamento del modernità e contro il declino dell’Occidente. Un altro articolo interessante della nuova pubblicazione ordinovista s’ intitolava “Caccia al nazista ON nel MSI”: l’attacco contro le posizioni politiche del partito sfumano in una lotta per l’ egemonia, grazie alle conseguenze, in realtà poco realistiche, dello sfaldamento causato dalla “parlamentarizzazione” del MSI. Così nell’ articolo:«La costruzione di un grande movimento extraparlamentare nazional- rivoluzionario è un processo che si sviluppa di pari passo all’ inserimento del MSI all’ interno del sistema... », mentre, per quel che riguardava i militanti «... per la radicalizzazione d’ impostazione ideologica e di linee politiche divergenti, la frattura tra i “fascisti” fuori del partito e i missini, anche a livello di base, è incolmabile ». La collocazione nello spazio politico veniva riassunta con queste parole: «... siamo così lontani e distaccati dal MSI quanto possiamo esserlo dalla DC e dal PCI » Anon., Caccia al “nazista” ON nel MSI, in “O.N.-Azione”, 4 nov 1972. La pubblicazione non si limitò all’analisi delle prospettive strategiche del movimento della destra radicale, ma volle impostare un discorso anche partendo da eventi e da alcune considerazioni sulle condizioni del sistema democratico: la capacità del gruppo redazionale di intuire alcune evoluzioni delle alleanze politiche dei partiti a lungo periodo venivano poi ridimensionate a causa dell’eccessivo peso (o meglio all’ossessione per la “cospirazione comunista” ) dato alla strategia politica del Partito Comunista. L’articolo intitolato “Dalla contestazione alla Rivoluzione” così esplicitava queste tesi: « La nuova maggioranza dopo il logoramento della formula di centro-sinistra, non potrà essere che quella richiesta da Berlinguer: l’incontro storico antifascista tra le forze cattoliche, socialiste e comuniste. Il “nuovo trasformismo”, il connubio degli anni settanta, concluderà la lunga marcia dei comunisti attraverso le istituzioni ». Per i neofascisti di ON essendo incapace di una rivoluzione il PCI ”borghesizzato” tenterà una via riformista anche perchè «... molti interessi spingono a fare dell’Italia la vetrina del comunismo liberale » Anon., Dalla contestazione alla rivoluzione, in “O.N.-Azione”, 4 nov. 1972 . Il giudizio sul movimento studentesco post-sessantotto, nelle colonne della rivista, era netto: nessuna prospettiva di cambiamento è possibile con un movimento studentesco, ma principalmente a causa della “trappola antifascista” «... montata dalle articolate componenti del sistema, a cui hanno abboccato i “rivoluzionari istrionici”, quelli che seguono le mode e sono incapaci di un serio movimento di lotta » Anon. Dalla contestazione alla...,in “ON-Azione”, 4 nov. 1972. Sul versante dell’analisi della politica internazionale, furono gli eventi del Cile a interessare il gruppo ordinovista: « Salvador Allende, fosca figura di avventuriero politico, inventerà tanti complotti di destra quanti saranno necessari per far tacere l’opposizione e infrangere la lotta del popolo cileno contro l’oppressione massonica e marxista...» Anon., Notizie, in “Ordine Nuovo- Azione”, 4 nov. 1972, un giudizio che s’integrava con la solidarietà espressa nei confronti dei gruppi della destra più radicale, come “Patria y Libertad”. Fra le notizie dell’inizio del mese di ottobre le cronache segnalano questi due eventi : il “Movimento Politico Ordine Nuovo” compiva una azione «... contro i comunisti di ogni confessione davanti al Liceo classico Tacito e al Liceo scientifico Malpigli di Roma » Anon., Notizie, in “O.N.-Azione”, 4 nov. 1972. , in pratica una azione squadrista; il camerata Felice Genovesi-Zerbi, di “Avanguardia Nazionale”, veniva arrestato con un mandato di cattura per istigazione a delinquere per i fatti di Reggio Calabria. Furono proprio gli eventi della rivolta di Reggio Calabria a interessare il collettivo che lavorava al secondo numero della rivista, uscito l’ 11 Novembre 1972 (con il nuovo direttore Pietro Gianmaria Bagatta). “Giustizia per il Sud” era il titolo del lungo editoriale in prima pagina: « Il Mezzogiorno d’Italia si avvia a vivere un’ ora di tragica, esaltante bellezza. Il silenzio cupo e fiero con cui le genti del Sud hanno assistito in questi ultimi ventisette anni ad un’ ipocrita gara di lusinghe senza seguito, di errori non disinteressati, di ingiustizie mal camuffate da statistiche truffaldine sta per rompersi in un unico grande grido di protesta, in un solo disperato slancio di riscatto e di vittoria... I valori tradizionalmente espressi dalla gente del Sud , il culto della famiglia, la fierezza, il senso dell’onore, il rigore dei costumi, sono continuamente derisi e calpestati dagli intellettuali del sistema, pallidi efebi asessuati incapaci di comprendere la forza virile e la tenacia indomabile del popolo meridionale...» anon., Giustizia per il Sud, in “ON-Azione”, 11 novembre 1972. Fu in questa atmosfera “tragica”, “cupa” e “fiera” che i neofascisti di O.N. sembravano alla presa col un “loro” movimento popolare: i “movimentisti” concepivano la rivolta municipalista come un preludio di un vasto movimento nazionale con caratteri populistici, autoritari e antidemocratici. Lo stesso giornale aveva una sua specifica linea d‘intervento, enfaticamente espressa dalla partecipazione alla “lotta rivoluzionaria di un grande sindacato di popolo”. Gli ordinovisti videro nella rivolta di Reggio Calabria, come successivamente in quella de L’ Aquila, una speranza per la loro azione politica, e s’ infiammarono per le barricate nei quartieri e per la resistenza militare all’ esercito mandato a sedare la guerriglia. Questi “entusiasmi”, nonostante il cupio dissolvi che caratterizzava il fondo idealistico del fascismo atipico degli ordinovisti, furono “visibili” anche nella prosa utilizzata per la cronaca degli eventi meridionali («...il vento caldo di scirocco che viene dal Sud annuncia tempesta. Esso è come il vento del deserto che con il suo furore in un attimo può mutare il paesaggio. Che esso ci porti presto il profumo delle zagare, che esso ci porti presto una nuova primavera... » anon., Giustizia per il Sud, in “ON-Azione”, 11 novembre 1972, mentre venivano tralasciate le analisi sulle condizioni del sottoproletariato (Reggio Calabria era una delle città più povere del meridione, con un tasso di disoccupazione del 30 %, ed un livello di degrado urbano impressionante specialmente nei Quartieri in rivolta, come “Barra” o “S.Lucia”), dei rapporti fra i poteri legali e illegali nel capoluogo calabrese (le cosche reggine dell’ associazione mafiosa denominata “n’Drangheta” erano le più potenti della Calabria, e controllavano il territorio e i principali appalti e traffici illegali delle città della regione) e sulla classe dirigente della città che da democristiana divenne “frondista” (con il caso tipico del sindaco della città diventato “capopopolo”). La difesa della politica attuata fuori dal parlamento diviene una delle tesi più dibattute dal foglio, mente alcune scelte appaiono indirizzate verso un modello autoritario e plebiscitario della organizzazione sociale e politica dello Stato. Un articolo tipico - “La linea extraparlamentare: una scelta coerente”- iniziava con una lunga disamina sulle differenza tra la scelta istituzionale del MSI e la “vocazione” extraparlamentare di O.N., per quel che riguardava alcuni nodi politici, fra cui la questione dei ceti medi, la rottura coll’accerchiamento antifascista e il cambiamento della linea moderata con l’azione all’ interno del partito (temi questi emersi con il ritorno nel 1969 dentro il partito MSI del fondatore di ON., Pino Rauti). Queste differenze possono essere appianate, ma bisogna porre in modo chiaro che “negare il sistema è negare i partiti e le istituzioni nell’ambito delle quali sviluppano la loro azione politica” (come era il sottotitolo dell’articolo). L’importanza data all’autonomia del gruppo e alla forte identità militante, trapelata in varie occasioni di confronti col MSI, veniva ulteriormente posta come base irrinunciabile di ogni possibile comunanza d’- intenti, e non escludendo, in fine, una convergenza politica fra i “fascisti” di varia dottrina: «... la nostra milizia politica significa soprattutto allargare i margini di credibilità per una battaglia ordinovista nel Paese, diversa - non subordinata, anche se per certi aspetti complementare - all’azione che il MSI svolge all’interno del sistema » anon., La linea extraparlamentare: una scelta coerente, in “ON-Azione”, 11 nov 1972 . Queste idee venivano successivamente rielaborate in un opuscolo pubblicato dalle “Edizioni dell’Ordine Nuovo” intitolato ”Orientamenti per una linea politica ordinovista”. In questo scritto furono condensati alcuni punti considerati fondamentali per la costruzione di un movimento nazionale e popolare di ispirazione ordinovista. I partiti politici, sostenevano i giornalisti, erano storicamente superati: «... una società che richiede continuamente decisioni rapide, interventi tempestivi e improcastinabili che certamente non possono attuarsi con strumenti politici e di potere di tipo ottocentesco quali appunto i partiti » anon., I partiti politici sono storicamente superati, in “O.N.-Azione”, 11 nov. 1972. Importante fu anche l’azione politica al di fuori delle istituzioni liberali classiche e l ‘esistenza di spazi per un’azione politica extraparlamentare è riconosciuta oramai da tutti: infatti c’ era già una «... tendenza in atto di uno spostamento dell’iniziativa politica dai partiti tradizionali ai gruppi rivoluzionari... » e i movimenti politici sia di destra che di sinistra hanno in comune «... la caratteristica rivolta della richiesta globale della direzione e il radicalismo della lotta al sistema » anon., Esistono spazi per un’azione politica extraparlamentare, in “ON-Azione”, 11 nov. 1972 . Nonostante le critiche avanzate fin dal primo numero della rivista al Movimento Sociale Italiano, a O.N. non dispiaceva l’avanzata del partito neofascista a Reggio Calabria, interpretandola come una conseguenza del movimento politico e della radicalizzazione dello scontro sociale: « Il successo elettorale del MSI a Reggio, tanto per fare un esempio, è stato indubbiamente dovuto anche ad una opportuna e tempestiva utilizzazione sul piano contingente, cioè elettorale, della lotta rivoluzionaria condotta dalla popolazione di quella città unitariamente ai gruppi extraparlamentari nazionali. Ciò non contrasta però con il disegno strategico dei gruppi che cercano di radicare il processo di tipo rivoluzionario nel contesto politico italiano... » anon., La linea extraparlamentare..., in “O.N.-Azione”, 11 nov. 1972 . Naturalmente, oltre a questa posizione “morbida” nei confronti nel neofascismo istituzionale, gli ordinovisti avevano preso in considerazione che l’avanzata della destra istituzionale poteva «... ritardare i tempi della repressione democratica » anon., La linea extraparlamentare..., in “O.N.- Azione”, 11 nov. 1972. Era comunque evidente che nonostante la strategia d’inserimento nella dirigenza missina e del potenziale ricattatorio di O.N. nei confronti del partito guidato da Almirante, l’arresto dei militanti di O.N., coinvolti in alcuni atti eversivi, proseguirono (l’ultimo caso fu quello di Alfio Spampinato, un ordinovista catanese arrestato per alcuni attentati dinamitardi). Nello stesso numero comparve un articolo di elogio alle Forze Armate. « Siamo per la politicizzazione delle Forze Armate » intitolava l’anonimo estensore dell’articolo, e proseguiva: « La nostra speranza è rivolta ai giovani, ai quadri intermedi. Chi ha scelto, andando controcorrente un modo di vita “antiborghese”, chi rimane al suo posto resistendo alle lusinghe del successo economico, è portatore di una concezione del mondo aristocratica identica alla nostra... » anon., Siamo per la politicizzazione delle forze armate, in “ON- Azione”, 11 novembre 1972.. Il terzo numero di “Ordine Nuovo - Azione” uscì il 25 novembre dello stesso anno. Il titolo principale, a caratteri cubitali, recitava la formula « Usciamo con la lotta dalla palude di una Civiltà morente ». Era un’analisi in stile evoliano: « Il processo oramai avanzato di decomposizione della società capitalistico-borghese fa si che la milizia politica coincida con la lotta esistenziale, con la salvaguardia dell’uomo della sua misura, del suo ambiente. La visione del mondo razionalista ed economicista ha portato a risultati demenziali, all’ alienazione totale... ». Sono temi questi che appartenevano al repertorio della destra radicale novecentesca, sintetizzati da Julius Evola specialmente nel testo “Gli uomini e le Rovine” del 1951 (negli anni settanta riedito dalla casa editrice romana “Volpe”). « E’ tempo di lotta senza quartiere. Non più mezze misure, non più compromessi, non più difesa. La parola d’ordine è strategia d’attacco. La sortita degli eroi capovolgerà il “dorso della Storia”. L’ Europa avrà un Ordine Nuovo. Il mondo conoscerà una nuova civiltà che dovrà nascere dall’azione rivoluzionaria rivolta insieme contro la democrazia, maschera del capitalismo e contro il marxismo stadio estremo dell’alienazione razionalista... La Rivoluzione Tradizionalista Europea sarà fatta dai rivoluzionari veri senza indulgere nè al cosmopolitismo borghese nè ai condizionamenti del marxiano razzismo sociologico. Crediamo che l’uomo, l’eroe sia il centro, il principio e il fine della storia... Cureremo se necessario col ferro e col fuoco , i guasti prodotti dalla sete di potere degli sperimentatori della distruzione dell’uomo, della sua bellezza, della sua gioia di vivere.. E allora avrebbe avuto ragione Cèline a scrivere: “sarà già molto se del nostro tempo si ricorderà la parola merda”...» Redazione, Usciamo con la lotta dalla palude di una civiltà morente, in “ON-Azione “, 25 nov. 1972 . Una delle campagne più importanti, per quel che riguardava la situazione dei camerati rinchiusi nelle carceri, fu portata avanti nelle colonne della rivista, con interviste ad avvocati, volantini e dossier sulla condizione dei detenuti neofascisti ( in quegli anni iniziarono alcuni processi a componenti di gruppi della destra radicale, esponenti di Avanguardia Nazionale e di Ordine Nuovo stesso furono principali accusati di una serie di attentati fra il 1969 e il 1972). Uno dei nomi più ricorrenti è Giorgio Freda. Il collegio di difesa dell’ imputato si faceva promotore di numerose iniziative (pubblicazioni sui principali giornali della destra, dossier e convegni pubblici) per ribadire la infondatezza delle accuse rivolte verso l’ex procuratore Freda. L’avvocato Bezicheri di Bologna, uno degli organizzatori del collegio di difesa, così presentava le tesi espresse durante i dibattimenti in aula di giustizia: « In un primo momento il dottor Freda, mentre era detenuto per altra causa, e cioè per una serie di imputazione che andavano dagli attentati sui treni dell’agosto 1969 a reati di opinione... ricevette solo un avviso quale indiziato di reato il che voleva dire che non vi erano nè prove nè indizi sufficienti per un mandato di cattura... Il mandato di cattura giunse in un momento prossimo ad una consultazione elettorale e quindi evidentemente improntato a un interesse politico; tanto più evidente nella contemporanea emissione del mandato di cattura anche nei confronti del dottor Pino Rauti, che già si sapeva essere candidato alle elezioni... ». La linea difensiva era, quindi, incentrata su una presunta volontà d’inquisizione da parte di un settore della magistratura politicizzata e quindi, nella sostanza, di un tentativo di colpire, criminalizzare una parte politica, i neofascisti, mentre era in realtà più fondata la consonanza ideologica fra gli imputati e i difensori, e infatti così continuava l’ intervista all’avvocato che esprimeva una solidarietà a Freda: «... accanto a lui vi è solo la simpatia e la stima di coloro che lo hanno conosciuto e che hanno sempre lottato per le idee che egli ha propugnato e difeso con preparazione e con stile virile » Anon., Intervista con l’ avv. Bezicheri del collegio difensivo di F. Freda, in “O.N.-Azione”, 25 nov. 1972. Successivamente l’avvocato Bezicheri veniva egli stesso arrestato per altre inchieste relative alla strategia della tensione. Altro personaggio importante nelle file della destra rivoluzionaria, Salvatore Francia, uno dei principali esponenti di “Ordine Nuovo” di Torino, fu presente, in questa iniziativa del giornale a favore dei detenuti politici, con una sua lettera spedita dal carcere torinese. Dopo aver parlato bene della sua condizione di carcerato, polemizzando contro un certo vittimismo di maniera, a suo dire, delle organizzazioni di sinistra, così improntava la sua epistola: « L’accusa di aver promosso e organizzato “la ricostruzione del disciolto partito fascista” è semplicemente assurda. In effetti stavo interessandomi alla riorganizzazione di qualcosa di disciolto... il “sciolto e fuso”(come è stato scritto sul quotidiano missino) Centro Politico per l’ Ordine Nuovo, allo scopo di costruire il centro torinese del nuovo Movimento Politico O.N., non vedo quindi, quale attinenza questa mia iniziativa possa avere con le imputazioni che pesano sul mio capo » Salvatore Francia, Lettera dal carcere, in “O.N.-Azione”, 25 nov. 1972.. Salvatore Francia come molti altri esponenti neofascisti, erano accusati di attività paramilitari, molto in voga dagli inizi degli anni settanta negli ambienti che preparavano la reazione alla riscossa operaia e studentesca del biennio precedente. Principalmente queste attività consistevano in esercizi con armi da fuoco e campeggi organizzati militarmente dove si insegnavano tecniche di controguerriglia e sabotaggio. Per scagionarsi da queste accuse di “spirito bellicista” continuava la lettera con queste parole: « ...un campeggio, un innocuo campeggio, con un paio di amici, due ragazze e un cane lupo. Una pura e semplice passione scoutistica dei camerati....uniti dalla passione per l’ ozio agreste... ». Queste furono le risposte del riconosciuto capo rivoluzionario ordinovista Francia: ribadire, cioè, la totale estraneità dei suoi camerati a fatti di cospirazione e di lotta segreta, mentre rimanevano valide le ipotesi “rivoluzionarie” e di lotta al sistema intraprese dal “Movimento Politico per l’Ordine Nuovo”. Man mano che la radicalizzazione delle iniziative politiche comportava un passaggio direttamente alla ridefinizione e alla presentazione di una ideologia ad uso del miliziano ordinovista, i discorsi sulla rivista si spostarono sul piano della “strategia di attacco”, come recitava uno di questi articoli di dottrina. L’abbattimento della democrazia era un processo veramente rivoluzionario se a ciò corrispondesse la costruzione contemporanea di uno « Stato Organico di tipo aristocratico... uno stato incentrato nei valori precipui di una visione del mondo tradizionale, eroica e guerriera, dove i principi spirituali e metafisici preordinano e subordinano il mondo della politica e dell’economia... ». Da questi “brevi cenni sull’universo”, si poteva esperire che in realtà ciò che immediatamente si prospettavano i dirigenti era la costruzione di «...una casta, un Ordine di credenti e di militanti, l’apparizione di un nuovo tipo umano portatore di una più alta concezione del mondo e della vita... » Redaz., Per una Strategia d’ attacco, in “O.N.-Azione”, 25 nov. 1972. La strategia dell’ attenzione nei confronti delle Forze Armate, una dei punti fissi della destra radicale del secondo dopoguerra, era valutata come importante anche dal M.P.O.N., per la soluzione diretta e definitiva che un golpe militare potrebbe produrre nel caso di un’avanzata delle forze di sinistra. « Non sono pochi coloro, tra le nostre stesse file, che ritenendo una cosa tecnicamente possibile vedono proprio in un intervento delle FF. AA. la soluzione ottimale di tutti i nostri problemi politici... », ma gli stessi estensori della articolo non si possono esimere dal «... constatare immediatamente come il colpo di Stato militare sia sempre un fatto controrivoluzionario » Redazione, Per una strategia..., in “ON-Azione”, 25 nov. 1972. La fiducia poteva essere riposta nei giovani ufficiali antidemocratici, ma erano pochi coloro che “simpatizzavano” per la causa ordinovista ( molto più rilevante era, invece, il consenso per il MSI). L’esperienza della Grecia , così importante per i numerosi sostenitori ed estimatori nel gruppo ordinovista di Rauti, doveva essere considerata, secondo “ON Azione” nella sua effettiva realtà: «... è tempo di dire che i movimenti politici di destra sono stati eliminati con la stessa tempestività e determinazione con cui sono stati eliminati quelli di sinistra...ne consegue che il rapporto tra un movimento rivoluzionario e FF.AA. è correttamente imposto solo attraverso un rapporto di forze... » Redaz., Per una strategia..., in “ON-Azione”, 25 nov. 1972.. Quattro erano i punti di partenza di ogni azione del movimento nazional-rivoluzionario: 1) conquistare alla pratica della rivoluzione nazionale le giovani generazioni; 2) svolgere e operare nel mondo del lavoro con «... uno schema di lotta nuovo, originale... » (non veniva specificato in cosa consiste questo schema); 3) sviluppare un’ unica protesta popolare, una “rivolta generalizzata su tutto il territorio nazionale” e 4) «... bloccare la repressione della dittatura democratica » Redaz., Per una strategia..., in “ON-Azione”, 25 nov. 1972.. La difficile e complessa situazione politica italiana, con la relativa scarsa rilevanza delle proposte avanzate dal MPON, anche all’interno della destra sociale e culturale, andava a pari passo con un’ impotenza diffusa negli ambienti della destra radicale nel cercare altre vie più pragmatiche per risolvere, o almeno proporre nel proprio ambito politico, le principali questioni dello sviluppo sociale ed economico, nonché esistenziale, della nazione: era più facile far suonare le note nostalgiche, e infatti così scrivevano in un altro contesto di analisi della società di quegli anni: «...quando siamo lontani dai tempi della quota novanta, quando il fascismo conduceva una grande battaglia per la piena occupazione e stabilire la parità con il dollaro... » Anon., A proposito di economia politica, in “ON-Azione”, 25 nov. 1972.. Fra le attività “degne” di essere rilevate dai rivoluzionari vi erano quelle relative allo scontro fisico coi “provocatori rossi”, come era riportata nella notizia degli scontri fra “gang “ a Messina, nella notte dell’ 11 novembre. Ancora più evidenti furono le abbaglianti esaltazioni per il neopopulismo sudamericano che trapelavano da articoli molto superficiali, nell’ analisi politiche e sociali degli sviluppi degli eventi dell’ Argentina, sulla “sfida peronista”, dove poteva leggersi che «... la battaglia di Peron sia presto coronata dalla vittoria » Anon., La sfida peronista, in “ON-Azione”, 25 nov. 1972 . Il quarto numero della rivista uscì il 28 dicembre del 1972. Era un numero pieno di considerazioni autoreferenziali, di invettive contro ex dirigenti che si erano riparati sotto “l’ombrello almirantiano”, coloro che usufruirono «...delle difese che il sistema offre attraverso il Parlamento...» Queste furono le espressioni riportate da “Il Secolo d’Italia” per definire la posizione “entrista” di Rauti e altri membri della direzione dell’antecedente struttura di “Ordine Nuovo”. I contrasti fra i fautori della linea rivoluzionaria e i “parlamentari” raggiunsero anche momenti di squadrismo contro i deputati del MSI (il caso emblematico fu quello con protagonista i gruppi di O.N. nei confronti dell’on. Abelli) quasi a prefigurare che il direzione intrapresa presentava qualche insormontabile difficoltà. « E’ noto come noi abbiamo individuato il punto nodale della crisi che tre anni fa ha investito il vertice di Ordine Nuovo, nell’ esitazione del gruppo dirigente ad intraprendere la via della lotta al sistema in forme coerenti, cioè di tipo rivoluzionaria, movimentista e extra parlamentare... Abbiamo riproposto forse una nuova edizione del Centro Studi ? O siamo scivolati nostro malgrado sul piano inclinato dell’ avventurismo guerrigliero come temevano i più? Niente di tutto ciò. Abbiamo creato il movimento politico...». La fiducia nell’azione per l’azione non veniva sminuita dalla volontà di costruire un movimento di popolo, anche perchè, e l’articolista lo riconosceva quando scriveva che «... esistono almeno ventimila italiani interessati al nostro discorso politico » Anon., Editoriale, in “O.N.- Azione”, 28 dic. 1972., la persistenza della gestione elitaria fu fondamentale per evitare la perdita della purezza ideale degli ordinovisti: questa aporia fra movimento di massa e movimento elitario sarà insuperabile in ogni organizzazione che in un modo o nell’altro si riconosceva nelle dottrine di Evola. La critica della modernità investiva tutti gli aspetti della vita materiale e sociale della condizione umana. L’ abnorme crescita delle città, per esempio, era spiegata con l’espansione dell’- economia di mercato e della classe borghese, considerati questi ultimi veri e propri mali della modernizzazione; comunque anche la funzione riconosciuta alle città industriali e alle metropoli non spostava di molto la visione, già eredità del fascismo storico Nell’articolo sulle città di Reggio Calabria e Catanzaro, roccaforti di ON., quando avanzarono una soluzione al problema delle metropoli veniva citata una frase di Mussolini sulla Napoli imperiale, “capitale del Mediterraneo”( an., Reggio e Catanzaro unite nell’ azione, in “ON Azione”, 28 dic 1972). che nel contrasto fra città e campagne i Tradizionalisti di O.N. erano schierati nella lotta contro la città, ritenuta come ricettacolo di disordini morali e di egoismi. La “despiritualizzazione” della società contemporanea, causata dal materialismo imperante delle concezioni storiche dominanti, ovvero quella liberale e quella marxista, comportava la strenua difesa (da parte di ogni ordinovista) della religione nazionale, che per i suoi valori intrinseci diventava un’alleata essenziale nella lotta contro le degenerazioni del razionalismo e del livellamento culturale della modernità. Un anonimo articolo sulla religiosità moderna si concludeva con la difesa dei valori cattolici ( o più estesamente cristiani) con l’espressione “Dio riconoscerà i suoi”: una frase pronunciata da un vescovo, passata alla storia come risposta a certi scrupoli di coscienza di alcuni cattolici, dopo la tremenda strage dei Càtari. Il secondo anno di pubblicazione della rivista “Ordine Nuovo-Azione” iniziava col numero del 12 febbraio 1973. L’editoriale « Tra Russia e America la nostra patria si chiama Europa » iniziava con un perentorio « Noi oggi siamo dei senza patria. Quest’ Italia non ci appartiene, nè noi apparteniamo a quest’ Italia ». Gli “ordinovisti” guidati da Clemente Graziani erano alle prese con una svolta culturale (in realtà una idea presente fin dagli anni sessanta fra i gruppi del movimento giovanile ma i cui recenti sviluppi avevano degli esiti incerti), dovuta principalmente agli scritti di Adriano Romualdi, un giovane seguace di Evola, autore di un testo intitolato “La destra e la crisi del nazionalismo” in cui avanzava la tesi della concezione europeista della gioventù nazional-rivoluzionaria come una prospettiva di superamento dell’ aut aut Occidente - Oriente, il primo identificato con l’America e il secondo col dispotico comunismo dell’est. Il rifiuto dell’ Europa asservita ai mercanti e ai lacchè, era correlato alla lotta per la liberazione del continente europeo dagli influssi distruttivi delle due decadenti civiltà: quella del consumismo e del comunismo. La lotta era possibile perchè «... anche nel nostro popolo esiste una terra promessa, una vecchia casa dove un tempo vivevamo da signori e tra le cui rovine siamo oggi costretti a servire. Una patria che la nostra dignità di uomini ci impegna a riconquistare. E il suo nome antico è come una bandiera per la lotta di liberazione nazionale che andiamo a intraprendere. Una lotta che ci vede a fianco dei lavoratori, degli sfruttati, e degli oppressi dai satrapi dell’ alta finanza e dai politicanti in livrea che pretenderebbero di governarci su mandato di imperatori stranieri. Le lotte, i sacrifici ed il carcere di chi ama la libertà distruggeranno la bolla di Yalta » Redazione, Tra Russia e America la nostra patria si chiama Europa, in “ON-Azione”, 12 febbraio 1973 . Questa “libertà” porta a vedere nelle formazioni armate delle SS Waffen europee il primo nucleo compatto di soldati che hanno lottato per la liberazione “nazionale” dell’Europa. E, continuava l’articolo, «... l’ Europa unita sembra lontana, molto più lontana di quei tragici giorni del 1945 quando i volontari francesi morivano sulle rovine di Berlino, perchè allora c’ era la luce sfolgorante di un sogno ormai impossibile ma per questo bello ed esaltante per i suoi protagonisti... ». Ancora sul tema dell’ identità di gruppo, l’ articolo dal titolo “ Come agire - ai semplici lettori ”, era importante anche perchè per la prima volta la redazione invitava altri individui ad organizzarsi sul modello del gruppo O.N., facendo appello, più che al numero dei militanti, alla capacità di direzione e di gerarchia degli affiliati al Movimento Politico Ordine Nuovo. Il periodico “Ordine Nuovo Azione” «... è nato per incontrare e riconoscere chi si tiene ancora in piedi tra le rovine.[...] Malgrado continuano a giungere alla redazione un numero crescente di lettere brodose, sgocciolanti plauso, incoraggiamenti e consigli più o meno ovvi [...] esercitazioni epistolari di pallida gente che passa la propria tremebonda esistenza dietro le persiane [...] Noi cerchiamo militanti non grafomani. Sei un giovane studente o un giovane operaio? Ebbene costituisci il tuo gruppo O.N. nella scuola o nella fabbrica, tra gli amici del quartiere, del Bar che frequenti, della squadra sportiva in cui sei iscritto. Formato il gruppo anche se esiguo, anche se limitato a tre o quattro camerati, inizia subito con entusiasmo e baldanza il tuo lavoro politico: diffondi il giornale, dibatti nel tuo ambiente prima, e tra gli avversari, poi, la linea nazional-rivoluzionaria che esso porta avanti, fai le scritte sui muri, raccogli i fondi per il Movimento, dai un segno politico della tua presenza... » anon., Come agire (ai semplici lettori), in “ON-Azione”, 12 febbraio 1973. In questo stesso numero comparvero le adesioni alle iniziative della rivista. Per “Ordine nuovo - Azione” esistevano nucleo di militanti nelle principali metropoli del nord Italia, ma anche nelle città e province di Treviso, di Padova, di Siena, di Pisa, di Livorno, e in alcuni paesi ( Favara, S.Sepolcro, Anghiari, Umbertide) e in alcune fabbriche e aziende municipali del Lazio, come Autovox, Siemens, Fatme e Nettezza Urbana di Roma. Nella pagina contigua era invece presente un articolo dal titolo « Siamo i veri nemici della destra ». Si trattava di una lunga esposizione delle idee e della prassi politica che separavano e allontanavano il “movimento politico” dai missini o dalla destra tout court. Le polemiche avevano una funzione precisa nei confronti dei gruppi d’ispirazione neofascista. La rivendicazione della una purezza rivoluzionaria era diretta ai gruppi, che ancora legati al Movimento Sociale Italiano, non avevano reciso il cordone ombelicale con il partito, nè avevano intrapreso una coerente linea extraparlamentare. Per il MSI, secondo gli ordinovisti, non esistevano più i margini di una possibile ricollocazione nel campo nazional-rivoluzionario. Così si espressero, prendendo spunto dall’ ultimo congresso del partito: «... il congresso in “doppiopetto”, il congresso del trasformismo e del perbenismo, il congresso che si diverte ai virtuosismi oratorii del funambolo Almirante e soprattutto, il congresso della defascistizzazione, chiude per noi definitivamente il problema del Movimento Sociale Italiano della Destra Nazionale...». Le valutazioni di politica interna si mischiavano con quelle delle questioni internazionali. Gli esponenti di Movimento Politico O.N. speravano in una «...Europa risorta, una e indipendente che magari alleata della Cina Popolare, contrasti lo strapotere di U.S.A. e U.R.S.S. e cancelli la spartizione del mondo sancita dagli accordi di Yalta ». L’ articolo concludeva con una perentoria volontà anticapitalistica: il MPON era contrario «... al “prestito” dell’ idea corporativa, che perpetua così la condizione di sfruttamento capitalistico del popolo italiano... noi rispondiamo con la proposta di esproprio senza indennizzo della F.I.A.T., della Pirelli, della Montedison e di tutte le centrali del potere economico e della loro gestione socializzata da parte dei lavoratori...» anon. Siamo i veri nemici della destra, in “O.N.-Azione, 12 febbr. 1973. Gli argomenti, quando riguardavano il progetto di costruzione del nuovo mondo e del nuovo uomo, secondo i canoni classici della escatologia rivoluzionaria, volgevano verso lo stile profetico ed esortativo: «... i centri di O.N. anziché arida sede di studio nozionistico, saranno il cuore ove pulsa la vita di tutto il popolo. Fuori dai deserti d’ asfalto, dalle megalopoli-alveare volute dallo sfruttamento capitalistico, si svilupperanno le strutture e gli uomini migliori, capaci di impedire la distruzione degli antichi valori...» anon., I centri ON , in “O.N.-Azione”, 12 febbraio 1973 . Questi Centri «...sorgeranno a coronamento della lotta vittoriosa fuori dalla città alveare, su vasti spazi verdi...; ogni giovane sarà insieme studente, operaio e soldato, che studia e lavora per dare il contributo alla rigenerazione di tutto il popolo e per edificare il nuovo ordine ». Importante era la descrizione della gerarchia rigida ma costituita su un semplice modello dualistico: il capo o istruttore e il gruppo di affinità. « La figura del consigliere di Gruppo avrà la massima importanza per il compito affidatogli di aiutare i 10-12 giovani membri del suo gruppo nello sforzo di individuazione e di verifica delle attitudini personali e della formazione di una coscienza politica e sociale...» anon., I centri ON , in “O.N.-Azione”, 12 febbraio 1973. Il secondo numero della rivista “Ordine Nuovo - Azione” uscì il 5 aprile 1973. La magistratura romana aveva aperto un’ inchiesta contro il “Movimento Politico per l’Ordine Nuovo”, con l’accusa esplicita di “ricostruzione di Partito Fascista” ( fu per la prima volta applicata, su un gruppo neofascista, la legge Scelba, e fu la seconda iniziativa con questo carattere antifascista, dopo lo scioglimento del gruppo “Imperium - F.A.R.” nel 1951). Gli ordinovisti inscenarono alcune manifestazioni in numerose città italiane. All’- interno del numero 2 del secondo anno di pubblicazione, v’era un grande manifesto, che annunciava la convocazione della manifestazione nazionale del 7 Aprile contro la decisione della Magistratura, contenente i seguenti slogan: contro la dittatura democratica, contro il fermo di polizia e per la libertà di tutti i camerati e di Franco Freda. « Organizzare la città al di fuori delle idee democratiche, e le classi al di fuori della democrazia, nonostante la democrazia, contro la democrazia... », era la citazione di Georges Sorel usata nel manifesto. Sullo sfondo compariva il vecchio simbolo indoeuropeo, l’ ascia bipenne. L’articolo più importante s’intitolava “La repressione non ferma la rivoluzione”: era un testo che sviluppava alcune tematiche che si ripresenteranno negli anni successivi, nella fase destrutturata dei gruppi rivoluzionari di destra. Riferendosi alle forme di repressione dello Stato (il “decesso” come eufemisticamente definivano le azioni della magistratura contro i “groupuscoles”, specialmente di sinistra) nei confronti dei gruppi, sia di destra che di sinistra rivoluzionaria, gli ordinovisti così si pronunciavano: « Ora se è vero che non saremo certo noi a vestire il lutto per questo decesso (come senz’altro faranno coloro che nel nostro ambiente hanno ancorato tutta la loro azione, anche sul piano delle finalità e delle strategie, su una alleanza tacita e di fatto tra la contestazione di sinistra e di destra, ignorando che le motivazioni della contestazione giovanile sono servite, a sinistra, solo per l’ organizzazione politica di un gruppo di agitatori anarco-marxista), è altrettanto vero che non ci abbandoneremo all’ esultanza (come farebbero invece i patriottardi e i missini) per l’ eliminazione di queste forze politiche avente non trascurabile interazioni con il processo di sviluppo del movimento extra-parlamentare ordinovista...» an., La repressione non ferma la rivoluzione, in “ON-Azione”, 5 aprile 1973 . Era un momento storico preciso, in cui alcuni settori dello Stato erano favorevoli alla messa fuori legge di molte organizzazioni nate dopo il biennio della contestazione. Il numero 3 della rivista usciva il 13 giugno del 1973, sotto la direzione nuova del torinese Salvatore Francia. Il tema della repressione diventava sempre più l’argomento principale del numero citato. Veniva pubblicata l’arringa difensiva dell’avvocato Bazicheri del processo nei confronti di Franco Freda. Così aveva parlato l’ avvocato difensore: «... non vi è dubbio che il dottor Freda abbia sempre professato in modo leale e convinto i principi per diffondere i quali egli si è trovato, a un certo punto, sul banco degli imputati, non si può non riconoscere che egli è un uomo d’ onore, un uomo che ha sempre ispirato la sua condotta al motto il nostro onore si chiama fedeltà ...» redazione, L’arringa difensiva dell’ avv. Bezicheri, in “ON-Azione”, 13 giugno 1973 . Nel processo erano emerse accuse rilevanti contro il gruppo padovano, con Freda e Ventura Giovanni Ventura, padovano, militante missino fino al 1956. Iniziò la carriera di editore con una serie di opuscoli, fra cui “Reazione” (1965), una miscellanea di articoli di intellettuali nazisti e fascisti. Successivamente a Treviso, acquistò una piccola casa editrice, la “Galileo”; lo stesso fece a Roma, con la “Nuova Società”, questa volta pubblicando libri di teorici della sinistra rivoluzionaria. Implicato nella strage di Milano venne arrestato insieme a Freda il 13 aprile 1971 (scarcerati nel luglio dello stesso anno): fu l’ inizio di una lunga fase di detenzione e scarcerazioni dei due “ordinovisti” che si risolse in un nulla di fatto. come principali leaders ordinovisti accusati. L’accusatore di Freda, un certo Forziati (ex aderente di O.N.), veniva definito dalla difesa “una mente abnorme”, un “non normale”, un “manovrato” e “un agente provocatore”. La costituzione di un comitato di solidarietà a favore di Franco Freda veniva annunciato con molta enfasi: aderivano numerose organizzazioni della destra radicale, fra cui “Lotta di Popolo” e il “Fronte Studentesco”. L ‘articolo intitolato “Comizio e manifestazione contro la repressione” conteneva alcune interessanti informazioni sulle manifestazioni tenutesi in varie località italiane. Le città di Torino, Perugia, Messina e Verona erano state le più attive nelle organizzazioni della manifestazioni: a Torino avevano partecipato circa trecento membri di O.N., un centinaio nelle altre città. Questi erano numeri importanti per il gruppo neonazista che era sceso in piazza “autonomamente” e senza appoggio di altre organizzazioni della destra. Gli slogan furono contro la «... strumentalizzazione dell’ opinione pubblica operata dal Sistema mediante i mezzi di comunicazione » e a favore della «... solidarietà per il popolo in lotta di Reggio Calabria ». Per il giornale del M.P.O.N. la lotta contro lo Stato Borghese doveva essere su più fronti, a causa principalmente delle trasformazioni avvenute negli ultimi tempi, grazie all’ alleanza stabilitasi fra il grande capitale finanziario nazionale e il riformismo e il “revisionismo” comunista, unione questa che avrebbe rafforzato a dismisura il fronte conservatore. Della sinistra rivoluzionaria gli ordinovisti avevano ripreso e utilizzato il termine “revisionismo”, proprio per confermare l’equivalenza di analisi delle nuove condizioni di assestamento del potere, ma nonostante ciò la destra rivoluzionaria ribadiva che la trappola ideologia dell’antifascismo, rinverdita dopo il tentato “golpe Borghese” e l’inizio della strategia della Tensione, separava definitivamente i due fronti extraparlamentari. Fra i collaboratori (o anche semplici simpatizzanti e benefattori) di “Ordine Nuovo -Azione”, per la prima volta, venivano citati i seguenti nomi: Junio Valerio Borghese, Elio Massagrande, Roberto Besutti, Claudio Bizzarri, Paolo Braschi, Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino, Mario Tedeschi, Gaetano e Clemente Graziani, Tommaso Stabile, Giovanni Ventura e Pino Rauti. Si trattava dei più importanti esponenti della destra radicale italiana. Il 23 novembre 1973 il “Movimento Politico Ordine Nuovo” veniva sciolto con un decreto del Ministro degli Interni Taviani Il democristiano P. E. Taviani veniva definito dalla rivista erede di “O.N.- Azione”, chiamatasi “Anno Zero”, un ‘fascistone’, per le sue numerose partecipazioni ai littorali mussoliniani.. Il procedimento giudiziario contro Clemente Graziani e altri trentanove esponenti del Movimento Politico Ordine Nuovo (in realtà vi furono altri due imputati: Tommaso Stabile e Sandro Saccucci, il primo era ricoverato in Ospedale, mentre il secondo era deputato del MSI) iniziò nel giugno del 1973 e si concluse, con trenta condannati e dieci assoluzioni, il 21 novembre 1973. Il direttore di "Noi", la pubblicazione ufficiosa del MPON, Tommaso Stabile fu, nello stesso processo, assolto, mentre il deputato Saccucci fu condannato a quattro anni di reclusione (dicembre 1975). b) “Anno Zero”(1974) Nel gennaio-febbraio 1974 si formava il gruppo che in più occasioni ( ma anche per i dirigenti che vi figuravano come organizzatori) si definiva come erede dell’esperienza del collettivo di “Ordine Nuovo - Azione”, sia come “movimento politico” che come pubblicazione. La rivista, gestita dall’ultimo direttore di “O.N.- Azione”, Salvatore Francia, si chiamava “Anno Zero”, esplicitando fin dal primo editoriale che essa «... non è, né vuol essere un gruppo politico e tantomeno di estrema destra » Redazione, Il Sistema borghese tenta di coprire le proprie responsabilità..., in “Anno Zero” (AZ), 31 gennaio 1974. Il gruppo si proclamava come “Movimento Socialista Nazionale”, un modo questo di presentarsi che richiamava una presunta continuità coi i vari gruppi allontanatisi dall’ esperienza del Movimento Sociale Italiano di Michelini, prima, e di Almirante poi. Il primo numero della rivista “Anno Zero”, sottotitolato come « periodico di lotta alla società borghese », usciva il 31 gennaio 1974. Il titolo principale era il seguente: « Il sistema borghese tenta di coprire le proprie responsabilità con la scusa della crisi petrolifera ». L’ analisi della politica seguita dagli ultimi anni dalle organizzazioni più importanti del movimento giovanile “nazionalista e socialista”, da “A.N.” fino al “M.P.O.N.”, veniva così esplicitata: «... “Anno Zero”, raccoglie e continua l’ azione formatrice e la battaglia politica dei fogli che lo hanno preceduto sulla linea di sviluppo del pensiero nazionalrivoluzionario ». Le generazioni che avevano partecipato alla nuova lotta rivoluzionaria, costituita in primis nella rivolta contro il mondo moderno capitalista e comunista, avevano alle loro spalle i limiti dell’azione dei vari “A.N.”, “Giovane Nazione”, “Europa Civiltà” di Loris Facchinetti e il “Fronte Nazionale”. Ma delle generazioni precedenti, che «... non avevano fatto in tempo a perdere la guerra... », i nuovi nazionalrivoluzionari avevano ereditato l “insofferenza” e «... non sono affatto disposti a subire la democratizzazione del mondo e della vita quasi che fosse una punizione inevitabile, un’ovvia conseguenza del “peccato originale” commesso da padri temerari, padri che osarono sfidare, in nome dell’Idea, contemporaneamente Cristo, Wall Street e il giudeo di Treviri...e tutti i loro “immortali principi”...» red., Il sistema borghese..., in “Anno Zero” (AZ), 31 gennaio 1974. L’ accentuazione delle tematiche evoliane ( fra cui la concezione dell’ uomo nuovo e “degli uomini in piedi tra le rovine” della modernità) avrebbe spostato l’asse delle discussioni dal piano organizzativo (tipico dei gruppi post-sessantotto) a quello metapolitico, quasi a presagire le novità dell’ evoluzione della destra rivoluzionaria. Naturalmente il passaggio suddetto non fu immediato, infatti le argomentazioni puramente politiche rimanevano pienamente visibili: nello stesso articolo di presentazione del foglio, il tema della critica allo Stato democratico fu ripreso nei termini classici dello Stato come dispositivo delle tecniche di controllo e repressione dell’ individuo e dei gruppi rivoluzionari. L’analisi sul modo di opporsi al regime democratico veniva argomentata nei termini classici della costituzione dei gruppi attivi nella “guerra rivoluzionaria”, ovvero con la creazione di un illimitato numero di gruppi “nazional-rivoluzionari”, che, nello scatenamento di una guerra civile dispiegata con le opposte organizzazioni dei partiti democratici, avrebbero condotto tutte le parti in aperto conflitto. I gruppi nazional-rivoluzionari, nell’ accezione che “Anno Zero” diede ai gruppi affini al progetto “ordinovista”, avevano il vantaggio di concepire la lotta politica in termini di guerra preventiva. Sul significato che ebbero la nascita e il decadimento delle organizzazioni della destra radicale novecentesca, “Anno Zero”, sosteneva di avere le idee chiare, a differenza di altri gruppi. Infatti la fatua aspettativa di alcuni gruppi, nazionali e rivoluzionari, in una certa disponibilità dei militari all’ azione rivoluzionaria, era stata spesso, da alcuni ordinovisti della seconda generazione, sottoposta a pesante ironia. Comunque, il gruppo di “Anno Zero” sapeva che «... non è più possibile organizzare reparti militari o paramilitari come fecero i movimenti nazional-rivoluzionari in passato » ma anche che «... esistono tuttavia altre forme di lotta più sofisticate, tipiche dell’azione sovversiva e della guerra rivoluzionaria, forme di lotta oramai in atto in tutto il mondo che dovrebbero pur assicurare... una presenza reale del movimento rivoluzionario europeo nella vita politica del paese...» an., Guerra e guerra rivoluzionaria, in A.Z., 31 gennaio 1974. Il periodico diretto da Salvatore Francia, se da una parte spingeva verso prese di posizione più radicali nei confronti del sistema democratico, dall’ altra parte le conclusioni portavano alla teorizzazione di un probabile futuro di “comunismo feroce e barbarico”, come conseguenza della democratizzazione della nazione. Nelle considerazioni politiche sulla realtà italiana degli inizi degli anni settanta, l’anonimo autore del lunghissimo articolo di seconda pagina, intitolato “I rivoluzionari e i conservatori”, sempre sul numero del 31 gennaio, così scriveva : «... in questo quadro politico, dove sinistra, centro e destra sembrano operare, più o meno consapevolmente, nella direzione di una soluzione socialistico-riformistico della crisi del sistema, che è poi la fase di parcheggio per un ulteriore balzo verso il regime collettivista integrale, si prefigura un sistema barbarico di economia e socialità fondata sul terrore della classe burocratica dei governanti » an., I rivoluzionari e i conservatori, in A.Z., 31 gennaio 1974. Sicuramente, concludeva l’ autore, la novità dei tempi era il superamento della schematica divisione fra destra e sinistra, quest’ ultima una eredità del passato appena trascorso, dato che la lotta condotta contro il dominio assoluto dell’- elemento economico e le distorsioni sociali della modernità non è più espressione di una destra o di una sinistra storicamente date, ma rappresenta la nuova frontiera dello scontro politico. Questa nuova concezione del “politico” porta alla sostituzione dei termini dicotomici sinistra-destra con quelli più appropriati di “rivoluzionario” e “conservatore”: per l’ autore i «... rivoluzionari sono coloro i quali si battono per distruggere il sistema giudaico-borghese, creatura della sovversione modernista, e per sostituire ad esso un nuovo ordine politico e sociale ». Il numero successivo del ”periodico di lotta alla società borghese” era datato 20 marzo 1974. Fu il direttore Salvatore Francia a scrivere il principale articolo a commento del titolo di prima pagina: « Organizzarsi per fermare e respingere le persecuzioni del sistema ». ”Anno Zero” risultava, in questo numero, supplemento dell’ agenzia “Apolitìa”, anno II, n°1. Da poco tempo la polizia, su ordine della magistratura inquirente (che indagava sull’ attività paramilitare nel Lazio fra il 1972 e gli inizi del 1974), aveva effettuato alcuni arresti fra i membri della destra radicale, da qui il titolo contro la repressione di “Anno Zero” (che così recitava in prima pagina): « Tredici dirigenti provinciali del Fronte della Gioventù si trovano in stato di arresto, incriminati in base alla Legge Scelba (Articoli 1 e 2)... mentre alcuni mesi fa vennero condannati a pene severissime trenta militanti del Movimento Politico per l’Ordine Nuovo... Nell’arco di alcuni giorni la procura della Repubblica di Roma ha fatto pervenire qualcosa come 300 avvisi di procedimento in ordine alla solita legge Scelba... » Salvatore Francia, Organizzarsi per fermare e respingere le persecuzioni del regime, in A.Z. , 20 marzo 1974 . La critica all’ operato della Magistratura, intesa come apparato di uno Stato, era orientata sulla polemica sulla natura democratica della azione disciplinare e penale: in uno stato di democrazia era impossibile opporsi, per via del fatto che ogni critica al sistema democratico tout court era avversato come antidemocratico (si entrava quindi in un “corto circuito” politico): ma essendo i neofascisti antidemocratici per “posizione politica” la repressione preventiva del sistema democratico trovava consensi in tutte le parti politiche. L’ editorialista Francia concludeva che «... per molti aspetti l’ azione della magistratura italiana è paragonabile a quella francese durante la crisi algerina del 1958... », quando cioè il gruppo oltranzista dell’ O.A.S., struttura di estrema destra dentro l’ esercito coloniale francese, tentò il golpe e si trovò la strada sbarrata dalla destra gollista. Sicuramente l’ analisi più importante, compiuta dal gruppo neo-ordinovista di “Anno Zero”, sul movimento politico di contestazione, sviluppatosi durante il biennio 1968-1970, veniva pubblicata sullo stesso numero di marzo: si trattava di uno dei pochi documenti emersi dal dibattito dell’ ambiente della destra antisistema, che integralmente cercava di rivalutare e criticare il periodo politico dell’ azione collettiva. Per il collettivo di “Anno Zero” «... il fenomeno della contestazione globale, spontaneo in parte e in parte diretto e strumentalizzato da forze politiche internazionali, ha presentato quanto prima inconfondibili sintomi di rallentamento della tensione originaria: alla protesta è venuta meno il sostegno di un comportamento coerente, e soprattutto è mancata l’ elaborazione di una strategia veramente rivoluzionaria...». Aver riscontrato questa positiva “tensione originaria” era una chiara manifestazione di distinzione e distaccamento delle tesi che il MSI, quale ortodosso partito neofascista, aveva sostenuto politicamente e nella militanza (si possono ricordare molte delle iniziative compiute dai missini contro le università occupate e contro le iniziative operaie). I neofascisti eterodossi compirono così una rottura di carattere strategico nei confronti del partito ma anche nei confronti di una destra “rivoluzionaria” che non seppe capire la novità della contestazione, e si pose dall’ altra parte della barricata. “Les enfant de l’absurde”, come amavano definirsi i neofascisti che si unirono alle contestazioni e organizzarono autonomamente le azioni di contrapposizione allo Stato, subirono il doppio “intervento” degli studenti antifascisti e degli studenti fascisti ligi alle direttive del Partito. Coloro che si opposero al Sistema e vollero ritrovarsi “nazionalisti” e “contestatori” subirono una sconfitta «... comunque non infruttuosa, dato che era prevedibile che la contestazione, controllata dalla longa manus del PCI, rientrò negli steccati del gregge democratico-borghese » anon., Les enfant de l’ absurde, in “Anno Zero”, 20 marzo 1974. La conclusione dell’ analisi su quel periodo veniva concatenata alle scelte del rinnovato terreno ideologico della destra rivoluzionaria ed era un tutt’uno con la “weltanschauung” tradizionalista del fascismo postbellico: «La questione della contestazione giovanile va ora imposta secondo parametri e prospettive propri della concezione tradizionale e realmente antiborghese della società, tenuto soprattutto conto di quei principi della guerra rivoluzionaria, ai quali deve uniformarsi l’azione delle nostre avanguardie...». Una concezione questa che sfociava in un’altra delle tematiche prese in considerazione dal gruppo, e che attingeva ancora una volta all’ apparato culturale-ideologico elaborato dai “rivoluzionari conservatori” di Weimar, e in modo speciale da quella fucina di idee che è stata la letteratura di Ernst Junger: il realismo eroico. Per il rivoluzionario, erede delle esperienze novecentesche (italiane ed europee) di superamento della crisi della civiltà borghese, il mondo moderno era diverso da quello sviluppato dal materialismo borghese: era piuttosto un mondo orientato verso un nuovo tipo di culto, corrispondente a un sacrificio dell’ individualità a favore della comunità, con la conseguente creazione di uno stato permanente di guerra, capace di generare un uomo nuovo (simili al legionario, al miliziano S.S. al falangista et c.). Il mutamento politico-esistenziale auspicato dai neofascisti era in perfetta continuità con le aspettative che gli intellettuali della crisi weimeriana e non solo, anche perché la civiltà materialista, sia nella variante liberale che marxista, conservava intatta la sua dominazione sul resto del mondo ma si trovava verso la fine di un’epoca caratterizzata dal dominio dell’ economia, della massificazione e dalla distruzione dei valori della tradizione. Da quest’ implosione, da questo collasso, poteva sorgere «... l’ uomo eroico legato alle forze del sangue e della terra, l’ uomo che passa per il cielo e per l’inferno che “tutto si impegna” e si sacrifica senza far domande, non in vista di un fine, ma per umile soggezione alle forze di cui trae vita...» Herbert Marcuse, Cultura e Società, Einaudi, Torino 1969, pag. 4. “Anno Zero”, ottimisticamente, così completava l’analisi sul possibile “sovvertimento” del mondo: « E’ ancora possibile accelerare il processo di disgregazione, distruggere, scoperchiare i sepolcri imbiancati, sputare sugli imbelli e sui borghesi evirati, profanare, con rabbia e con la nostra giovinezza, che per loro è già un affronto, i santuari di un mondo al quale non apparteniamo e non vogliamo appartenere, che ha tutto il nostro disprezzo ». Il radicalismo di destra, in tutte le sue espressioni, avviava così, con questo congelamento di un nucleo consolidato di miti ed idee radicalmente contrapposte alla modernità, un processo particolare: un protagonista accusava direttamente il partito perchè «... riattizzando i vecchi rancori della “guerra civile”, le vecchie contrapposizioni fascismo-antifascismo, dava avvio, nelle file della destra giovanile o al disimpegno politico o, ahimè alla scelta disperata della lotta armata » Giuseppe Niccolai, prefazione a “Noi Rivoluzionari”, cit. pag. 8. . PAGE 222