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Storia della Riforma del Secolo Decimosesto_Vol 2

2024, Light of the World Publications

Nello stato in cui le cose furono nella maggior parte d'Europa durante i secoli decimo, undecimo, duodecimo e decimoterzo, e' per alcun tempo pria e dopo, la costituzione della chiesa di Roma può essere considerata come la combinazione più formidable che mai si fosse formata contro l'autorità e la sicurezza del governo civile, ed anco contro la libertà, la ragione e la felicità del genero umano, che possono solamente florire ove quello è abile a proteggerli. In questa costituzione le illusioni più grossolane della superstizione erano il tal guisa sostenute dai privati interessi d'una immensa moltitudine d'uomini, ch'esse erano fuor di pericolo da ogni assalto dell'umana ragione; imperciocchè quando pure avesse questa forse potuto svelare alcune di quelle illusioni innanzi agli occhi della commune del popolo, non avrebbe potuto mai disciogliere i legami del privato interesse. Se tale costituzione non fosse stata attaccata da altri nemici che dai deboli sforzi dell'umana ragione, sarebbe fuor dubbio durata per sempre. [Adam Smith]

2 Copyright © 2024. Società Editrice di Luce del Mondo. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico o meccanico, tranne che nei casi consentiti dalla legge, senza l'autorizzazione del titolare del copyright; tranne nel caso di brevi citazioni in articoli di critica letteraria e riviste. Tutti i diritti riservati. Tutti i diritti riservati. Questa pubblicazione non puo essere riprodotta in tutto o in parte, né registrata o trasmessa con qualsiasi sistema di recupero di informazioni, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, meccanico, fotochimico, elettronico, magnetico, elettro-ottico, in fotocopia o altro, senza la previa autorizzazione scritta dell'editore. ISBN: 359-2-85933-609-1 Catalogazione in dati di pubblicazione A cura di: Light of the World Publications Company Ltd. Stampato a Torino, Italia Pubblicato da Light of the World Publications Company Ltd. Casella postale 144, Piazza Statuto, Torino, Italia “Lux Lucet in Tenebris” La Luce splende nelle Tenebre Light of the World Publication Company Limited La Luce del Mondo P.O. Box 144 Piazza Statuto, Turin, Italy Email: newnessoflife70@gmail.com STORIA DELLA RIFORMA DEL SECOLO DECIMOSESTO SCRITTA DA J. H. MERLE D'AUBIGNÉ. Chiamo accenoria la condizione delle Ío'cnde di questa cad uca e transitoria vita. Chiamo principale il reggimento spirituale in cuz novransmente risplende la divina provvidenze. TEODORO BEZA Secondo Volume. PRIMA VERSIONE ITALIANA LOSANNA: PUBBLICATO DA S. BONAMICI E COMPAGNI MDCCCXLVII Tipografi-Editori Questa pagina è stata lasciata intenzionalmente vuota PREMESSA Questa edizione è stata riprodotta da Light of the World Publication Company. Questo libro intende illuminare sulle reali controversie in gioco, che si riflettono in un conflitto inarrestabile e in molteplici dilemmi morali. Il resoconto e le illustrazioni sono stati appositamente studiati e incorporati per edificare il lettore sugli sviluppi pertinenti in ambito storico, scientifico, filosofico, educativo, religioso-politico, socio-economico, legale e spirituale. Inoltre, si possono scorgere schemi e correlazioni chiari e indiscutibili, in cui si percepisce il collegamento in rete, l'interazione e la sovrapposizione di scuole di pensiero antitetiche, ma armoniose. La lunga traiettoria di coercizione, conflitto e compromesso della Terra ha preparato la piattaforma per l'emergere di una Nuova Era. Domande scottanti riguardano l'avvento di questa nuova era anticipata, accompagnata dalle sue sovrastrutture, dai sistemi di governo, dai regimi basati sui diritti e dagli ideali di libertà e felicità. Con un'analisi che si snoda tra inganni di base, repressioni strategiche e obiettivi di un nuovo ordine mondiale, questo libro collega i punti tra le realtà moderne, i misteri spirituali e la rivelazione divina. Traccia il progresso cronologico dalla catastrofe nazionale al dominio globale, la distruzione di un vecchio sistema e la creazione di un nuovo; illumina succintamente sull'amore, la natura umana e persino l'intervento soprannaturale. Più volte, eventi straordinari hanno plasmato il corso della vita e della storia, prefigurando persino il futuro. Vivendo in tempi di grande turbolenza e incertezza, il futuro è stato solo vagamente compreso. Fortunatamente, quest'opera consente una visione panoramica del passato e del futuro, evidenziando i momenti critici del tempo che si sono svolti in adempimento delle profezie. Sebbene siano nati in condizioni poco promettenti, afflitti da un'estenuante crisi, diversi individui hanno risolto, perseverato nella virtù e suggellato la loro fede, lasciando un segno indelebile. I loro contributi hanno plasmato la modernità e aperto la strada a un meraviglioso culmine e a un imminente cambiamento. Pertanto, questa letteratura serve sia come ispirazione che come strumento pratico per una comprensione penetrante e profonda delle questioni sociali, della religione e della politica. Ogni capitolo narra del mondo e della condizione umana, avvolti nell'oscurità, in preda a forti scontri e spinti da agende sinistre e nascoste e da secondi fini. Qui, questi sono spudoratamente esposti alla vista. Tuttavia, ogni pagina irradia raggi splendenti di coraggio, liberazione e speranza. In definitiva, il nostro desiderio è che ogni lettore sperimenti, cresca nell'amore e accetti la verità. In un mondo permeato di menzogne, ambiguità e manipolazioni, la verità rimarrà per sempre il desiderio per eccellenza dell'anima. La verità genera vita, bellezza, Abbonati a DeepL Pro per poter modificare questa presentazione. Visita www.DeepL.com/pro per scoprirne di più saggezza e grazia; ne derivano uno scopo rinnovato, vigore e una trasformazione autentica e personale della prospettiva e della vita Storia della Riforma del Secolo Decimosesto 1 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto PREFAZIONE Non è già la storia di una fazione che imprendo a scri vere, ma sibbene la storia di una delle maggiori rivoluzioni che siansi operate nellumana famiglia, quella di un possente impulso dato, tre secoli fa, al mondo intero, e la cui influenza appalesasi ancora ovunque odierna mente. La storia della Riforma è ben diversa da quella del protestantesimo; in quella tutto reca l’impronta d’una rigenerazione dellumanità, di una trasformazione re ligiosa e sociale emananti da Dio; in questa, scorgesi troppo spesso un notevole degenerare deprimitivi principii, un ginoco di parti, uno spirito di setta. unimpronta di meschine personalità. La storia dei protestan- tesimo potrebbe unicamente interressare i protestanti; ma quella delia Riforma risguarda tutti i cristiani, anzi gli uomini in universale. Nel campo che offresi asuoi lavori, io storico può scegliere a suo piacere; può narrare i grandi avvenimenti che mutano tutto un popolo o l'aspetto dei mondo intero; o veramente può descrivere quel corso pacifico e progres-sivo di una nazione, o delia Chiesa o deliumanità, che suol tener dietro ai validi mutamenti sociali. Entrambi questi campi della storia sono di unalta importanza; pure l'interesse parve recarsi maggiore sopra quellepoche, le quali, sotto nome di rivoluzioni, conducono tutto un popolo, o la societe tutta quanta, ad unera novella, e a nuova vita. Una siffatta trasformazione con le mie povere forze imprendo appunto a descrivere; nella fiducia che la bontà deliargomento possa supplire al mio diletto. Il nome che le do di rivoluzione è a giorni nostri di mal odore per moiti, i quali lo confondono quasi con Ialtro di ribellione, e a gran torto veramente. Rivoluzione significa un mutamento che si opera nelle cose del mondo; è aicunchè di nuovo che svolgesi dai seno deliumanità; ed anche questa voce verso la fine dellultimo secolo, fu le più volte usurpate in buona anzi che in mala signill- canza. Dissesi, ad esempio, una felice, una maravigliosa rivoluzione. La Riforma altro non essendo che ii risto- ramento deprimitivi principii de1 cristianesimo, è ap- punto l'opposito di una ribellione; fu una spinta rigene- rairice di quanto doves tornarsi a vita, ma conservatrice pronta di meschine personalità. La storia del protestantesimo potrebbe unicamente interressare i protestanti; ma quella della Riforma risguarda tutti i cristiani, anzigli uomini in universale. 2 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Nel campo che offresi asuoi lavori, lo storico può scegliere a suo piacere; può narrare i grandi avvenimenti che mutano tutto un popolo o l’aspetto del mondo intero; o veramente può descrivere quel corso pacifico e progressivo di una nazione, o della Chiesa O dellumanità, che suol tener dietro ai validi mutamenti sociali. Entrambi questi campi della storia sono di unalta importanza; pure l'interesse parve recarsi maggiore sopra quellepo che, le quali, sotto nome di rivoluzioni, conducono tutto un popolo, o la societa tutta quanta, ad unera novella, e a nuova vita. Una siffatta trasformazione con le mie povere forze imprendo appunto a descrivere; nella fiducia che la bontà dellargomento possa supplire al mio difetto. Il nome che le do di rivoluzione è a giorni nostri di mal odore per molti, i quali lo confondono quasi con l’altro di ribellione, e a gran torto veramente. Rivoluzione si gnifica un mutamento che si opera nelle cose del mondo; è alcunché di nuovo che svolgesi dal seno dellumanità; ed anche questa voce verso la fine dellultimo secolo, in le più volte usurpata in buona anzi che in mala signifi canza. Dissesi, ad esempio, una felice, una maravigliosa rivoluzione. La Riforma altro non essendo che il risto ramento dcprimitivi principii 'del cristianesimo, è ap punto l’opposito di una ribellione; fu una spinta rigene ratrice di quanto dovea tornarsi a vita, ma conservatrice ad un tempo di quanto deve sempre durare. Il cristia nesimo e la Riforma, nel mentre che pongono il gran principio dellugualità dellanime dinanzi a Dio, nel mentre che rovesciano le usurpazioni di un sacerdozio superbo, che pretendeva farsi ammezzatore tra il crea tore e la creatura, stabiliscono qual principio primitivo dellordine sociale: Non esservi potere che non venga immediatamente da Dio; e gridano ad ogni uomo: « Amate tutti i vostri fratelli; temete Dio; ed onorate » il re. » La Riforma eminentemente si distingue dalle rivoluzioni detempi antichi, e dal maggior numero di quelle detempi moderni. Trattasi in queste di politici mutamenti, di stabilire o di rovesciare la signoria di un solo o quella di molti; ma in quella che noi imprendiamo a descrivere, l’amore della verità, della santità, della vita eterna fu la susta semplice e possente che mossela ad operare; e ci addita una marcia progressiva dellumanità. E nel vero, se l’uomo, a vece di andar perduto dietro interessi mate riali, temporali e terreni, proponsi un più alto intendi mento, e fassi sollecito debeni incorporei ed immortali, certo è chegli si avanza e progredisce. Di questa marcia gloriosa uno depiù bei giorni è la Riforma; e questa ci è arra che la nuova lotta, chora sta per compiersi, ter minerassi in pro della verità con un trionfo più puro, più magnifico, più divino. Il cristianesimo e la Riforma sono le due maggiori rivo luzioni che ci oll'ra la storia; esse non operaronsi unica mente presso un popolo, siccome i diversi 3 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto mutamenti politici raccontati dalla storia, ma sibbene presso molle nazioni; e i loro elfetti dovean rendersi sensibili sino agli ultimi fini della terra. Il cristianesimo e la Riforma sono una stessissima rivo luzione operatasi però in tempi diversi, e in diverse cir costanze; dissimigliansi unicamente neloro secondarii lineamenti, ma sono identiche neprincipali. Luna è ripetizione o immagine dellaltra; l’una termina il mondo antico, e laltra il nuovo incomincia, e tra l’unae laltra sta frapposto il medio evo; l’una e madre dellaltra; e se la figliuola in certi rispetti è meno venusta, essa, per altro verso, ha caratteri tutti suoi propri. Primeggia tra questi la prontezza della suaazione. Le grandi rivoluzioni rovesciatrici duna monarchia e condu centi al mutamento dun intero sistema politico, o quelle che sospinsero l’umano intelletto in una nuova carriera di trovati, di cognizioni, furono lentamente e passo passo preparate; lantico potere fu minato un lungo tempo, e li suoi principali puntelli vidersi sparire a poco a poco; e tanto incontrò pure al cristianesimo. Ma la Riforma di primo sguardo ci si presenta sotto ben diverso aspetto. La Chiesa di Roma, al tempo di Leone X, parea aggiugnere il sommo della sua possanza e della sua glo ria; ma un semplice monaco alza la voce, e nella metà dell’Europa crollano quella possanza e quella gloria. Questa rivoluzione richiama a mente le parole con le quali il Figliuolo di Dio annunzia la sua seconda venuta: « A quel modo che il lampo esce dall Oriente e fassi vedere sino allOccidente, cosi avverrà nella venuta del Figliuolo delluomo. » Questa rattezza riesce inesplicabile a coloro, i quali veder non sanno che una Riforma in questo grande avve- nimento, ed avvisanio unicamente un atto di critica, consistente in una mera scelte di dottrine tra moltaltre rifiutate, ed in un ordinamento 'delle servate, in guisa da formarne un tutto novello. Ma in qual modo un popolo intero, anzi più popoli, avrebber potut.o sì spaccialamente condurre a termine un sì faticoso lavoro? in qual modo un siffatto esame critico avrebbe acceso quel fuoco delientusiasmo chè necessario alle grandi e precipuamente alle subite rivo- lazioni? La Riforma fu ben altra cosa, e la sua storia tanto verrà dimostrando. Essa fu una novella effusione di vita dal cristianesimo recata al mondo; essa fu il trionfo della maggiore fra le dottrine, di quella, vogliamo dire, che inspira a chi Iabbraccia l’entusiasmo ii più puro, il più possente, la dottrina della Fede, la dottrina della grazia. Se la Riforma fosse stata quale se la figurano odiernamente molti cattolici e molti protestanti, vogliam dire, quel sistema negativo duna ragione negativa che fanciullescamente caccia via da sè ciò che gli spiace, e disconosce le grandi verità dei cristianesimo universale, essa non sarebbe mai uscita dagli angusti confini dunaccademia, di un chiostro, di una oella; ma essa non ebbe cosa alcuna di comune con ciò che i più sogliono inten- dere per 4 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto protèstantesimo; e lungi dallessere un corpo dimagrato e spossato, ella si alzò quai uomo valido delle membra e pieno di fuoco. Due considerazioni bastano a render ragione della prontezza e dei vasto campo occupato da questa rivoluzione. Luna vuolsi cercare in Dio e l'altra fra gli uomini impulso fu dato da un:l mano invisibile e possente, e il mutamento che si compì fu opera di Dio. Tale è la con- clusione a cui è necessariamente condotto un osservatore spassionato ed attento, e che nei suo esame va oltre la scorza. Ma allo storico rimane un altro ufficio, unaltra fatica, sendochè Dio operi per via di cause seconde. Molte circostanze, spesso non avverLite, prepararono a poco a poco gli uomini alla grande trasformazione dei secolo XVI, in guisa che lo spirito umano era già maturo quando. iora suonò della sua emancipazione. Ufficio dello storico è di riunire questi due grandi cie- rnen Li nel quadro che egli presenta; ed è appunto ciò che ci siamo ingegnati di fare in questa storia; e saremo agevolmente intesi quando ci applicheremo a scovrire le cause seconde che contribuirono al compimento della rivoluzione che dobbiamo narrare. Moiti forse intende- rannoci men bene, e saranno anche tentati a darci la taccia di superstiziosi, quando ci udiranno attribuire a Dio il compimento di questopera. Frattanto questo è il pensiero più dogni altro da noi avuto caro. Questa storia, siccome accennasi dallepigrafe per noi posta nel frontispizio, pone anzi tutto ed in testa questo semplice e fecondo principio: Dio NELLA STORIA. Ma questo principio è universalmente negleuo e talvolta anche negato; il perchè avvisiamo accomodato l’esporre in proposito il nostro modo di vedere, a giustificare il metodo per noi seguitato. Ai giorni nostri la storia non può essere più quella lettera morta degli avvenimenti a cursi strinse la mag- gior parte degli storici detempi passati. Si è finalmente conosciuto esservi nella storia, siccome nel!uomo, due diversi elementi: lo spirito e la materia. I nostri grandi scrittori, non sapendo accomodarsi ad un semplice racconto, il quale riuscirebbe ad una magra cronica, cercarono un principio di vita acconcio ad animare i materiali desecoli passati. Gli uni presero a prestanza dallarte questo principio; e cercarono l'ingenuità, la verità, il pittoresco della descrizione, ed .ingegnaronsi di conferire al loro racconto la vita degli stessi avvenimenti. Altri fecersi a chiedere alla filosofia lo spirito fecondatore deloro lavori, ed unirono ai narrati casi pensamenti e precetti, e verità politiche e filosofiche, e diedero anima al loro racconto col sentimento che ne trassero fuori e coi pensamenti che seppero rappicearvi a proposito. 5 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Questi due modi certamente sono buoni, e devono praticarsi con la debita misura; ma avvi unaltra sor-gente a cui devesi, prima che ad altra, richiedere 'la intelligenza, lo spirito e la vita detempi andati; e questa fonte è la religione. Bisogna che la storia viva della vita che le è propria, e questa vita è Dio. Dio devessere riconociunto, Dio devessere proclamato nella storia; e quella del mondo deve considerarsi come annali del governo del Re onnipossente. Discesi nellarringo in cui mi chiamavano i racconti dei nostri storici; e vi trovai i fatti degli uomini e dei popoli svilupparsi con forza ed urtarsi tra loro con violenza; udii un non so quale scricchiolar darmi percosse; ma in niun luogo mi fu mostrata la maestosa immagine del Giudice che presiede al combattimento. E frattanto in ogni commozione de popoli avvi un prinaltri forse a rivolgersi al novello protestantesimo, il quale in più luoghi è succeduto alle possenti dottrine del tempo degli apostoli e dei riformatori? Una grande incertezza di dottrina regna in molte di quelle Chiese riformate, i cui membri primitivi suggellarono col proprio sangue la Fede precisa e vivente che li animava. Uomini chiari pei loro lumi, sensibili a tutto ciò che questa terra offre di bello, vi si trovano trasmodanti, sviati da singolari errori. Una Fede universale alla divinità del Vangelo è il solo stendardo che vogliasi servare. Ma questo Vangelo che é ? Ecco l’essenziale quistione; e frattanto ognuno qui si tace, o parla a sua posta. Che giova sapere trovarsi trapopoli un vaso depostovi da Dio per guarirli, se niuno si cura di conoscerne il contenuto, se niuno si sforza per farne suo pro ? Questo sistema non può riempiere il vuoto del tempo corrente; e nel mentre che la Fede degli apostoli e dei riformatori si appalesa ovunque operosa e possente per la conversione del mondo, questo sistema dincertezza nulla fa, nulla rischiara, nulla vivifica. Non istiamo a sfiduciarci per questo. Il romano cattoli-cesimo non confessa egli forse le grandi dottrine del cri-stianesimo, quel Dio Padre, Figliuolo e Spirito Santo, Creatore, Salvatore e Santificatore, che è la verità? L'incerto protestantesimo non tien forse tra le mani il Libro della vita, che basta per insegnare, per convincere, per istruire secondo giustizia.? E quante anime giuste, nobili agli occhi demortali, e amabili agli occhi di Dio, non trovansi tra la folla sommessa alluno od allaltro dei due sistemi ! E come potremmo non amarle, come non desiderare ardentemente di vederle compiutamente franca te da ogni caligine umana? La carità ha grandi braccia; tra le quali si stringe le più disparate opinioni per trascinarle ai piedi di Gesù Cristo. Già segni vi sono appalesanti che queste due estreme opinioni camminano per accostarsi a Gesù Cristo, centro della verità. Non vi sono forse alcune chiese cattoliche romane in cui la lettura della Bibbia è raccomandata e praticata ? E per 6 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto quanto spetta al razionalismo protestante, chi non vede quanti passi egli ha già fatti? Non è punto uscito dalla Riforma; chè la storia di questa gran rivoluzione proverà chessa fu unepoca di Fede; ma non è forse a sperarsi chesso vi si accosti? La forza della verità non uscirà forse per esso dalla parola di Dio, e questa non giungerà per trasmutarlo? Spesso già scorgesi in lui un sentimento religioso, al certo non bastevole ancora, ma che è sempremai una mossa verso la sana dottrina, e che può darci speranza di più diffinitivi risulta.menti. Ma il novello protestantesimo, del pari che il vecchio cattolicesimo, sono in sè stessi fuor di quistione e fuori di combattimento; e ben daltra cosa fa di mestieri per rendere agli uomini odierni la potenza che conduce alla via di salvazione. Vuolsi alcun che non delluomo, ma che venga da Dio. « Mi sia dato, diceva Archimede, un » punto fuori del mondo, .e lo trarrò decardini suoi. » Il vero cristianesimo è questo punto fuori del mondo, che sposta il cuore umano dal doppio cardine dellegoismo e della sensualità, e lo renderà girevole sopra un asse novello di giustizia e di pace. Ogni volta che si trattò di religione, si attese precipuamente a tre obbietti: Dio, luomo e il sacerdote. Dar non si possono in terra che tre maniere di religione, e secondo che Dio, l’uomo, od il prete ne sono l’autore od il capo. Chiamo religione del sacerdote quella chè trovata dal sacerdote a propria gloria, e in cui domina un ordine di sacerdoti; chiamo religione delluomo quesistemi, quelle opinioni diverse che si forma l’umana ragione, e che lopera essendo delluomo di mente inferma, sono per conseguenza streme dogni forza per guarirlo; chiamo finalmente religione di Dio la verità rivelataci da lui, e che ha per fine ed effetto la gloria di Dio e la salute delluomo. Il gerarchesimo, o religione del sacerdote, il cristianesimo, o la religione di Dio, il razionalismo, o la religione delluomo, sono le tre dottrine che odiernamente tengono divisa la cristianità. Ma non vha salute nè per luomo, nè per la società nel gerarchesimo, nè tampoco nel ra-zionalismo; e il solo cristianesimo darà vita al mondo; ma per isciagura questo, fra i tre dominanti sistemi, è quello che conta minor numero di seguaci. Egli ne ha nondimeno; e nell Alemagna continua lopera sua col rigenerarvi molti cattolici, siccome fa pure in altre contrade. Ei compie la sua missione con più di forza e purità, in nostra sentenza, tra li cristiani evangelici della Svizzera, della Francia, della Gran Bretagna, degli Stati Uniti, ec. Ringraziato sia Dio di queste rigenerazioni individue o sociali prodotte dal Vangelo, le quali odiernamente non sono di piene rarità che bisogni andar cercando negli antichi annali. Noi abbiamo avuta l’occasione di veder cominciare un valido ridestamento del cristianesimo in 7 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto una picciola repubblica, i cui cittadini vivono felici e riposati nel seno delle maraviglie di cui li circonda la creazione '. Non è questo che un cominciamento, e già per quel popolo esce dellabbondevol corno del Vangelo una professione nobile, sublime ed animosa delle grandi verità della religione di Dio; una libertà vera ed amplissima; un governo illuminato e zelantissimo; unaffezione demagistrati verso il popolo, e di questo verso quelli, assai rara altrove; un possente impulso dato alla educazione, alla istruzione universale, che renderà in proposito questo paese un esemplare degno dimitazione; un miglioramento lento, ma sicuro, necostumi; uomini dingegno, cristiani tutti, e da sostener nobile le ra copiù riputati scrittori francesi. Tutte queste ricchezze sviluppantisi tra il nero Jura e le grandezze dellAlpi e lunghesso le rive bellissime del Lemano, devono rendere ammirato il viaggiatore ivi tratto dalle maraviglie di quemonti e di quelle valli, ed offerirgli una delle pagine più eloquenti della providenza di Dio scritte in pro del Vangelo e di Gesù Cristo. È la storia della Riforma in universale ehio desidero di scrivere; e propongomi di seguitarla passo passo presso i diversi popoli; di mostrare che le stesse verità hanno ovunque prodotti i medesimi effetti; e di accennare nel tempo stesso le diversità che emersero dal diverso ca-rattere delle nazioni. Ma, più che altrove, noi riconosceremo e studieremo la storia della Riforma in Alemagna: ivi trovandosene il tipo primitivo; ivi offerendo essa i più organici sviluppamenti; ivi appalesando essa precipuamente il carattere di una rivoluzione non ristretta a tale o tal altro popolo, ma che risguarda il mondo intero. La riformazione in Alemagna é la storia vera e fondamentale della Riforma; essa è lastro. maggiore, gli altri si aggirano più o meno attorno di essa, a modo di satelliti trascinati dal suo moto. La riformazione nella Svizsera però, per certi rispetti, devesi eccettuare, tanto per aver operato contemporaneamente ed indipendentemente dalla Riforma alemanna, quanto per aver offerto, e singolarmente più tardi, alcuni di quograndi lineamenti che seorgonsi nel germanico riformamento. Molte rimembranze di famiglia, di rifugio, e il pensiero decombattimenti, degli affanni e decacciamenti sostenuti per la causa della riformazione in Francia, danno per me alla Riforma francese una singolare attrattiva, non so sessa possa porsi allo stesso livello dellalemanna. Credo fermamente essere la Riforma unopera di Dio, e penso di averlo dimostrato. Ad ogni modo nel mio racconto m’asterrò dal mostrarmi di parte; e penso di aver parlato de principali attori cattolici romani di questo gran dramma, quali, ad esempio, Leon X, Alberto di Magdeburgo, Carlo-Quinto, il dottor Eck, ec., 8 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto in modo più favorevole di quello chabbiano fatto i più tra gli storici. Per altro verso, non ho voluto dissimulare le mende e i falli commessi dai riformatori. ***Discours sur l'étude de l'histoire du christianisme, ci son utilité poter l'époque actuelle. Nel verno del 1831 al 1832 feci pubbliche letture in torno l'epoca della Riforma, e pubblicai allora la mia prelezione; e queste letture hannomi servito di lavoro preparatorio a questa storia che ora fo di pubblica ragione. Io lho tratta dalle fonti a cui mi abituai ad attingere nel lungo mio soggiorno in Alemagna, nePaesi-Bassi e nella Svizzera; e lo studio nelle lingue originali dei documenti risguardanti la storia religiosa della Gran Bretagna e di qualche altra contrada, supplì al rimanente. Queste sorgenti verrò mano mano citando a piè di pagina nel corso dellopera; e tornerebbe indarno il qui ricordarle. Avrei desiderato fiancheggiare le varie parti del mio racconto con molte note originali; ma lunghe e spesse come sarebbero riuscite, temetti che interrompessero la narrazione con noia e fastidio del leggitore; e mi strinsi a citare alcuni passi che mi parvero i più accomodati ad iniziarlo nella mia storia. Due storici di primordine del tempo nostro, i signori Michelet e Mignet, danno opera a lavori che risguardano la Riforma; e nhanno già letti frammenti in pubbliche adunanze, tanto nella facoltà delle lettere, quanto nellAccademia di scienze morali e politiche. Il mio lavoro ha poca rispondenza con quelli di questi celebri scrittori. È una semplice storia, comunale, scritta senza ingegno, senzarte, senza filosofia, che narra i casi avvenuti e ne accenna i principii creatori, e nulla più. Se i signori Michelet e Mignet pubblicheranno il risultamento delle loro ricerche, avremo scritti di un altro ordine. I futuri loro leggitori questi nostri fogli non leggeranno; abituati da questi scrittori alla magia dello stile, alla novità dei pensamenti, o a quel possente ordinamento della storia che para dinanzi agli occhi di chi legge gli avvenimenti in sì mirabile maniera, che troverebbero essi mai nel mio nudo racconto ? Io lo indirizzo a coloro, i quali amano di vedere le cose andate quali furono semplicemente, non già aiutate da quella magica lente del genio che le colora, le ingrandisce, ma che tal volta pure le altera o le im-picciolisce I. Per altro verso, non tarderassi a scorgere ehio scrissi questa storia in ben diverso intendimento. Il modo di vedere delodati scrittori intorno alla Riforma non si accorda, anzi è molto diverso; il mio discostasi ancora più da quello delluno e dellaltro. Non la filosofia del secolo XVIII°, non il romanticismo del XIX° presterannomi giudizi e colorito; e io scrivo la storia della Riforma nello spirito di questopera stessa. I principii, si è detto, non sono modesti; la natura loro è di dominare; ed essi ne rivendicano imperturbabilmente il benefizio. Trovano in sul 9 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto cammino altri principii intesi a contrastar loro l’impero ? tosto dispongonsi a combatterli. Un principio non si dà requie, se non vinto; nè può essere altrimenti; regnare è sua vita, e se non regna è morto. Per la qual cosa, nel dichiarare chio non posso, nè voglio, venire la paragone coi due storici sopralodati, faccio la mia riserva per li principii su cui fondasi questa mia storia, e la loro superioranza sostengo a spada tratta. Noi sinora non possediamo, per quanto a me pare, una storia in francese dellepoca memoranda, ehio passo a descrivere; e niun indizio si aveva chaltri pensasse a supplire questa lacuna quando allopera io mi posi; unico fatto che recarmi potesse ad entrare in siffatta fatica; e Dopo aver io cosi scritto, vennero in luce le Mémoires de Luther del signor Michelet qui lo ricordo a mia giustificazione. La lacuna esiste tuttavia; ed io chieggo a Colui da cui procede ogni bene, che questo mio debole lavoro non riesca sterile per alcuni di coloro che lo leggeranno. 10 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto STORIA DELLA RIFORMA DEL SECOLO DECIMOSESTO LIBRO SECONDO Conbigotte belle rase prima bella Riforma 11 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto . 12 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto INDICE DEL CONTENUTO PREFAZIONE ................................................................................................................ 2 LIBRO QUINTO. LA DISPUTA DI LIPSIA. 1519 ..................................................... 15 CAPITOLO PRIMO ..................................................................................................... 25 CAPITOLO SECONDO ............................................................................................... 38 CAPITOLO TERZO ..................................................................................................... 45 CAPITOLO QUARTO .................................................................................................. 50 CAPITOLO QUINTO................................................................................................... 59 CAPITOLO SESTO...................................................................................................... 68 CAPITOLO SETTIMO................................................................................................. 74 CAPITOLO OTTAVO .................................................................................................. 78 LIBRO SESTO (BOLLA DA ROMA 1520) ................................................................. 83 CAPITOLO PRIMO ..................................................................................................... 83 CAPITOLO SECONDO ............................................................................................... 87 CAPITOLO TERZO ..................................................................................................... 95 CAPITOLO QUARTO ................................................................................................ 104 CAPITOLO QUINTO................................................................................................. 110 CAPITOLO SESTO.................................................................................................... 115 CAPITOLO SETTIMO............................................................................................... 119 CAPITOLO OTTAVO ................................................................................................ 127 CAPITOLO NONO .................................................................................................... 131 CAPITOLO DECIMO ................................................................................................ 137 CAPITOLO UNDECIMO .......................................................................................... 145 CAPITOLO DUODECIMO ........................................................................................ 154 LIBRO SETTIMO - LA DIETA DI WORMS 1521 GENNAIO — MAGGIO ........... 161 CAPITOLO PRIMO ................................................................................................... 161 CAPITOLO SECONDO ............................................................................................. 168 CAPITOLO TERZO ................................................................................................... 173 CAPITOLO QUARTO ................................................................................................ 179 CAPITOLO QUINTO................................................................................................. 185 13 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SESTO.................................................................................................... 191 CAPITOLO SETTIMO............................................................................................... 196 CAPITOLO OTTAVO ................................................................................................ 205 CAPITOLO NONO .................................................................................................... 213 CAPITOLO DECIMO ................................................................................................ 222 CAPITOLO UNDECIMO .......................................................................................... 230 CAPITOLO DUODECIMO ........................................................................................ 239 LIBRO OTTAVO. 1484 — 1522 ................................................................................ 248 CAPITOLO PRIMO ................................................................................................... 248 CAPITOLO SECONDO ............................................................................................. 253 CAPITOLO TERZO ................................................................................................... 260 CAPÌTOLO QUARTO ................................................................................................ 267 CAPITOLO QUINTO................................................................................................. 274 CAPITOLO SESTO.................................................................................................... 282 CAPITOLO SETTIMO............................................................................................... 292 CAPITOLO OTTAVO ................................................................................................ 298 CAPITOLO NONO .................................................................................................... 307 CAPITOLO DECIMO ................................................................................................ 315 CAPITOLO UNDECIMO .......................................................................................... 320 CAPITOLO DUODECIMO ........................................................................................ 327 CAPITOLO TREDECIMO ......................................................................................... 333 CAPITOLO QUATTORDICESIMO .......................................................................... 339 14 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto INDICE DEI CONTENUTI DETTAGLIATO LIBRO QUINTO. LA DISPUTA DI LIPSIA. 1519 CAPITOLO PRIMO Pericolo di Lutero — Dio lo salva — Miltitz inviato dal Papa — La Rosa d'Oro ibid. — Viaggio del Legato ibid. — Spavento degli Amici di Lutero — Morte di Massimiliano — Guerra nell’Impero ibid. — Interregno — Miltitz presso Spalatino ibid. — Terrore di Tezel ibid. — Abboccamento tra Miltitz e Lutero — Accordo — Bacio del Nunzio — Tezel Dinanzi a Miltitz ibid. — Lettera di Lutero al Papa — Natura della Riforma — Lavori di Lutero ibid. — È Chiamato a Treveri — poi Rimandato alla prossima Dieta — Progressi della Riforma in Alemagna ibid. — nella Sviz zera ibid. — Nel Belgio — In Francia ibid. — In Inghilterra ibid. — In Ispagna ibid. — In Italia ibid. CAPITOLO SECONDO ll Combattimento sembra Terminato nell’Alemagna — Eck lo Ravviva ibid. — Disputazioni tra Eck e Carlstadt — La Quistione del Papa — Lutero risponde — Sua Fede e suo Coraggio — Rifiuto del duca Giorgio — Opposizione del vescovo ibid. — Mosellano ed Erasmo CAPITOLO TERZO Arrivo di Eck e dei Wittemberghesi a Lipsia — Amsdorf — Gli Studenti ibid. — Ordini del Vescovo — Eck e Lutero ibid. — La Pleissenburg — Pubblicità e Giudici della Disputa CAPITOLO QUARTO Il Codazzo — Invocazione dello Spirito Santo — Ritratti di Lutero di Carlstadt e di Eck ibid. — I Libri di Carlstadt — Questione del Libero Arbitrio— Merito di Convenienza ibid. — Forze Naturali ibid. — Punto in cui Roma e la Riforma si separano — Il Quaderno di Carlstadt — Le Tribune ibid. — Melantone durante la Disputa — Concessione fatta da Eck — Predicazione di Lutero ibid. — I Cittadini di Lipsia — Querele degli Studenti e dei Dottori — Il Duca Giorgio ibid. CAPITOLO QUINTO Disputa tra Eck e Lutero — Il primato di Roma — Esso è di Diritto Umano — Ugualità de' Vescovi — Chi è il Fondamento Pietro o Gesù Cristo? — Eck Insinua che Lutero è Ussista — Lutero Dichiarasi favorevole alle Dottrine di Huss — Agitazione nell’Uditorio ibid. — Celia del Dottore Eck — ll Buffone di Corte — 15 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Lutero alla Messa ibid. — Parola del duca — Il Purgatorio ibid. — Le Indulgenze ce ibid. — Fine della Disputazione CAPITOLO SESTO Interesse de' Laici nella Disputa — Opinione di Lutero ibid. — Confessione del dottore Eck — Jattanze de' Romani ibid. — Effetti della disputa — Poliandro ibid. — Cellario ibid. — Il Giovine Principe di Anhalt ibid. — Gli Studenti di Lipsia — Crucigero — Vocazione di Melantone ibid. — Francamento di Lutero CAPITOLO SETTIMO Operosità del Dottore Eck — Attacca Melantone ibid. — Scritto di Melantone — Fermezza di Lutero i — Contro versia tra Emser e Lutero — Staupitz si Allontana ibid. — La Rosa d'oro Presentata CAPITOLO OTTAVO Lutero Pubblica il suo primo Comento sui Galati — Nuovi Assalti — Acciecamento degli Avversarti — Prime idee intorno la Cena ibid. — Il Sacramento Non Basta Senza la Fede — Lutero accusato d'esserenato in Boemia — Forza della Parola di Dio ibid. — Eck assalito in Diversi Scritti — Parte per Roma ibid. — Intrepidezza di Lutero LIBRO SESTO – LA BOLLA DI ROMA CAPITOLO PRIMO Elezione di un Imperatore — Carattere di Massimiliano ibid. — Pretendenti all’impero — Carlo ibid. — Francesco l — Arrigo Vili ibid. — Disposizioni degli Alemanni e del Papa ibid. — La Corona offerta a Federico di Sassonia che la Ricusa — Carlo è Eletto CAPITOLO SECONDO Lutero scrive all'Imperatore — Condanna delle Università di Colonia e di Lovanio ibid. — Pericoli di Lutero — Teut leben a Roma ibid. — Istruzioni dell’elettore per questa Corte — Fermezza di Lutero — Timori di Melantone ibid. — Nobili Alemanni Dichiaransi per la Riforma — Schaum burg Sickingen Cronberg Ulrico di Hutten ibid. — Lutero Diviene più Libero — Discorso intorno le buone opere — La Fede Sorgente dell’opere ibid. — Ciò che è dato dalla Fede 16 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TERZO Appello alla Nobiltà cristiana della Nazione alemanna — Diffidenza di sè stesso ibid. — I tre muri — Tutti i Cristiani sono Sacerdoti ibid. — Il Magistrato deve Correggere il Clero — Abusi di Roma — Il Papa ibid. — L'Italia Ruinata dalla Corte Papale ibid. — Pericoli dell’Alemagna ibid. — Appello — Riforma del Papa — I Legati ibid. — I Monaci — Il Celibato de' Preti ibid. — Le Feste — I Boemi ibid. — Le Università ibid. — L'impero — Conclusione — Successo di quello Appello — Pos senti effetti CAPITOLO QUARTO Roma si Sveglia — Cagioni della sua Resistenza ibid. — Sta Incerta da Prima — Conati di Eck ibid. — Roma si risolve — Dio opera la Separazione ibid. — Un prete svizzero perora a Favore di Lutero — Il Concistoro Romano — Esordio della Bolla di scomunica — Condanna di Lutero CAPITOLO QUINTO Melantone a Wittemberga — Suo matrimonio — Catterina ibid. — Vita domestica — Beneficenza e man Suetudine ibid. — Cristo e l'antichristà — Lavori con Versazioni amore delle lettere — La sua Patria e sua madre ibid. — Tumulto degli studenti CAPITOLO SESTO Lutero vuol Inviare Evangelisti in Italia — Discorso in torno la santa messa — La babilonese cattività della Chiesa — Il battesimo ibid. — Abolizione degli altri voti — Maniera eon cui ha Proceduto la Riforma ibid. CAPITOLO SETTIMO Capitolo degli Agostiniani ad Eisleben — Istanze di Miltitz — Deputazione dell’Ordine a Lutero ibid. — Miltitz all’Elettore — Conferenza tra Miltitz e Lutero — Lettera di Lutero a Leone X — Libro intorno la Libertà del cristiano — Unione di Cristo e del Fedele — Libertà e Servitù CAPITOLO OTTAVO La Bolla in Alemagna — Fallo del Papa nel Consegnarla al Dottore Eck — Come egli Venga Accolto — Morte di Miltitz — La Bolla in Erfurt ibid. — In Wittemberga ibid. — Intervenire di Zuinglio 17 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO NONO Lutero si Raccoglie con la Mente in Dio — Ciò che Pensa intorno la bolla — Bilibaldo Carità e Chiara Pirckheimer — Uomini inviluppati nella Condanna ibid. — Scritto di Lutero contro la Bolla dell’Anticristo — Il Papa Proibisce di Credere — Gli Scritti di Lutero Bruciati in Diversi Luoghi — La governatrice de' Paesi Bassi — Il Conte di Nas sau ibid. — Lutero tranquillo CAPITOLO DECIMO Lutero Preparasi a Rispondere — Appello ad un Concilio Ecumenico — Lutero brucia la Bolla Papale — Significala di quest' atto — Dichiarazione di Lutero nell' Accademia ibid. — Parole intorno al Papa — Scritto di Melantone — Modo con cui Lutero Fasicuri i suoi Amici — Melantone intorno le Turbazioni occasionate dalla Verità — Fondamenti degli articoli Condannati dalla bolla — Lutero tutto solo ibid. — Annunzia cose Nuove ibid. — Ne Cessità della Grazia — Ritrattazione di Lutero CAPITOLO UNDECIMO Incoronazione di Carlo Quinto — Il Nunzio Aleandro — Passi de' Nunzio presso l’imperatore contro Lutero ed i Libri di lui — Udienza data ai nunzi dall’elettore — Difficile Condizione dell'Elettore — Giovanni Federico suo nipote Parla in favore di Lutero ibid. — Confidenza del Riformatore — Risposta dell’Elettore ai Nunzi — Loro indignazione ibid. — Erasmo capo della mediana Fazione in Colonia — Suoi timori ibid. — Erasmo presso l’ elettore — Franche dichiarazioni — Suoi consigli e sua politica — Sistema di Carlo Quinto ibid. CAPITOLO DUODECIMO Persecuzione nel Confessionale — Lutero intorno la confessione (Unterricht der Beichtkinder) — Manifestazione dell' Anticristo contro Catarino — Entusiasmo in pro di Lutero — Satire — Ulrico di Hutten ibid. — Grido sull' arsione di Lutero ibid. — Incisioni di Luca Cranach — Uno Scritto di Emser ibid. — Il Cardinale a Wittemberga ibid. — Staupitz è intimorito — Lavori di Lutero — Sua fer mezza ibid. — Sua Umiltà ibid. — Forza della Riforma LIBRO SETTIMO – LA DIETA DI WORMS GENNAIO – MAGGIO CAPITOLO PRIMO Vittoria della Parola di Dio — La Dieta di Worms — Cagioni che vi Traggono i Principi ibid. — Difficoltà — L’Imperatore Domanda Lutero ibid. — Questi si Dichiara pronto a Partire — L’elettore ricusa di Condurlo a Worms ibid. — Aleandro nel suo Viaggio scorge la Disposizione degli Animi — Si Oppone alla 18 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Domanda che Lutero sia Ascoltato — Poco Frutto dei Discorsi di Aleandro in Worms — Egli Roma risveglia ibid. — II Papa Pronuncia la Scomunica contro Lutero — Lutero intorno la Comunione con Cristo ibid. — Fulminazione della bolla — Lutero spone i suoi Motivi nella Riforma ibid. CAPITOLO SECONDO Divisamenti Mulinati dai Ministri della Corte Imperiale — Giovanni Glapione Confessore di Carlo ibid. — Pontano Cancelliere dell’Elettore — Conferenza tra il Confessore ed il Cancelliere ibid. — Inutilità di Queste mene — Proposta di un Domenicano — Operosità di Aleandro ibid. — Lutero Teme di Violenza CAPITOLO TERZO Carlo Quinto invita Aleandro a Convincere la Dieta — Il Nunzio si reca in quell’Assemblea ibid. — Suo discorso — Lutero accusato ibid. — Roma Giustificata — Appello a Carlo Quinto contro Lutero — Effetto del Discorso del Nunzio CAPITOLO QUARTO I Principi Vogliono sostenere i Richiami della Nazione — Discorso del Duca Giorgio ibid. — Differenza tra il Duca e Lutero — Carattere della Riforma — Centuno Richiami Presentati all'imperatore — Carlo cede in qualche cosa ibid. — Aleandro si oppone alla comparsa di Lutero — I grandi di Spagna ibid. — Tranquillità di Lutero — Il Magnifìcat ibid. — Lutero vuol recarsi a Worms per morire ma non per disdirsi CAPITOLO QUINTO Carlo Quinto Risolvesi a citar Lutero a Worms — Gli sarà dato un Salvocondotto ibid. — Intimazione dell’Imperatore — Il Salvo-condotto ibid. — Timori dell’Elettore — Il Giovedì santo a Roma — Pubblicazione della bolla in Ccena Domini ibid. — Il Papa e Lutero CAPITOLO SESTO L’Araldo Imperiale giunge a Wittemberga — Il Vangelo in Pomerania — Melantone vuol partire con Lutero — Amsdorff Schurff e Suaven lo Accompagnano ibid. — Hutten e Carlo Quinto — Supplica in nome dell’Alemagna CAPITOLO SETTIMO Partenza di Lutero — Il Ritratto di Savonarola — Si espone in pubblico la condanna di Lutero a Weimar ibid. — Que'di Erfurt vannogli Incontro — Giusto 19 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Jonas ibid. — Lutero Predica in Erfurt — La salute per Fede e per opere ibid. — Lutero Infermo — Concorso del Popolo ibid. — Coraggio di Lutero ibid. — Lutero ed un uffiziale — Sog Giorno in Francoforte — Diviso de' Cortigiani Imperiali — Glapione presso Sickingen ibid. — Fermezza Invincibile di Lutero CAPITOLO OTTAVO Entrata in Worms — Il Canto de' Morti ibid. — Consi glio Tenuto da Carlo Quinto — Capitone ed i Temporeggia tori ibid. — Concorso intorno di Lutero — È citato a Comparire ibid. — Lettera di Hutten ibid. — Inquietudini di Lutero — Sua Preghiera — Sua marcia verso la Dieta — Parole del Vecchio Generale G di Freundsberga — Maestosa Assemblea ibid. — Vittoria contro Roma — Incoraggiamento di Parecchi Principi ibid. CAPITOLO NONO Silenzio — Domande del Cancelliere ibid. — Introm mettersi di Schurff — Risposta di Lutero ibid. — Sua saviezza ibid. — Parola di Carlo Quinto — Inquietudini degli amici di Lutero ibid. — Sua fermezza — Oltraggi de' soldati spagnuoli ibid. — Consiglio dato a Lutero — Suo giuramento alla Scrittura ibid. — Lutero nel cortile del palazzo della Dieta ibid. — Diceria del cancelliere — Di scorso di Lutero — Tre generi di scritti ibid. — Domanda che si provi il suo errore — Parole di avvertimento alla Dieta ibid. — Ripete il suo discorso in latino — Eravata del cancelliere ibid. — « Eccomi io non posso altrimenti. — Dio m'assista ! Così sia! » — Alzasi l'assemblea CAPITOLO DECIMO Tumulto nel ritorno — Effetti della comparigione — Il bicchiere di cervogia del duca Erico ibid. — L'elettore e Spalatino — Mene di Aleandro — Dispaccio dell'im peratore alla Dieta ibid. — Si propone di porre a morte Lutero — Sentimenti posteriori di Carlo Quinto ibid. — Viva opposizione — Entusiasmo del popolo in favore di Lutero ibid. — Voce di conciliazione — Permesso dell’impera tore — Timori dell’elettore di Sassonia ibid. — Concorso presso Lutero — Visita di Filippo d'Assia ibid. CAPITOLO UNDECIMO Conferenza di mediazione presso l’arcivescovo di Treveri — Aleandro e Cocleo ibid. — Esortazione del cancelliere Wehe a Lutero — Risposta ibid. — Conversazione privala — Visita di Cocleo a Lutero — Cena dell’arcivescovo di Tre veri — Un tentativo fatto al palazzo di Rodi — Proponsi un concilio — Ultima conferenza tra l'arcivescovo e Lutero — Il rimedio — Visita ad un amico infermo — Ordine a Lutero di partirsi da Worms ibid. — Risposta ibid. — Partenza 20 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DUODECIMO La giornata di Worms — Lutero a Cranach ibid. — Lettera all’imperatore ed agli stati dell’impero — Lutero presso il principe-abate di Hirschfeld — Lutero predica ad Isenac — Molti principi lasciano la Dieta — Influenza di Aleandro ibid. — Carlo Quinto soscrive la condanna di Lutero — L’editto di Worms — La fine od il cominciamento ? — Lutero si reca presso i suoi parenti a Mora ibid. — È assalito e rapito — Le vie di Dio — Lutero è condotto al castello della Wartburg — Gli sono dati gli abiti di un cavaliere ibid. — Sua cattività ibid. LIBRO OTTAVO – GLI SVIZZERI CAPITOLO PRIMO Turbazione Nella Svizzera — Sorgente della Riforma — Sua Unità e Sua Diversità — Carattere Democratico Nella Svizzera Ibid. — Servizio Straniero — Moralità — Il Tockenburgo — Una Cascinetta dell’alpi Ibid. — Una Famiglia di Pastori — Ii Giovane Ulrico Ibid. CAPITOLO SECONDO Ulrico È Condotto a Wesen — Ulrico a Basilea — Ulrico a Berna Ibid. — Il Convento Dei Domenicani Ibid. — Jetzer — Le Apparizioni Ibid. — La Passione del Frate Laico — L'impostura Scoperta Ibid. — Zuinglio a Vienna — A Basilea Ibid. — Musica — Teologia Scolastica — Wittembach Insegna Il Vangelo Ibid. — Leone Giuda Ibid. — Vocazione CAPITOLO TERZO Zuinglio Curato a Glarona — Passione De' Glaronesi Per La Guerra — Il Cardinale di Sion Ibid. — Zuinglio Riceve Una Pensione del Papa — Guerra Ibid. — Laberinto — Glaronesi e Zuinglio in Italia — Zuinglio Al Suo Ritorno Studia Il Greco Ibid. — Autorità della Parola di Dio — I Padri — Zuinglio e Lutero Ibid. — Zuinglio e Gli Autori Pagani — Paragone Tra Parigi e Glarona CAPITOLO QUARTO Zuinglio Presso Erasmo a Basilea — Osvaldo Miconio — Scena di Malviventi Ibid. — Ecolampade — Ri Spetto Per Zuinglio — Zuinglio Alla Battaglia di Marignano — Suo Metodo di Predicare — Chi Abbia Cominciata La Riforma — Scoperta — Preghiera Ibid. — Conversione Dalle Cose Mondane Alle Celestiali Ibid. CAPITOLO QUINTO Nostra Donna D' Einsidlen — Zuinglio Vi È Chiamato Ibid. — Increscimenti a Glarona Ibid. — L’abate di Rechberg — Geroldsek Ibid. — Società di Studii Ibid. 21 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto — Capitone — Zuinglio Copia Il Nuovo Testamento Ibid. — Vede di Presso La Superstizione — Suoi Discorsi Ad Einsidlen — Sensazione Ibid. — Edione Ad Einsidlen — Parole di Zuinglio Ai Legati — Roma Vuol Trarlo a Sè Con Gli Onori — Ll Vescovo di Costanza Ibìd — Samson e Le Indulgenze Giungono Nella Svizzera — Opposizione di Zuin Glio Ibid. — Stapfer — Amici di Zuinglio — Mi Conio a Zurigo Ibid. CAPITOLO SESTO La Cattedrale di Zurigo — Elezione del Predicatore — Zuinglio Proposto Ibid. — Favola — Accusa Contro Zuinglio Ibid. — Sue Confessioni — Appalesansi I Dise Gni di Dio — Leone Giuda Surroga Zuinglio — Ar Rivo a Zurigo Ibid. — Esortazione del Capitolo — Zuin Glio Dichiara Le Sue Intenzioni Ibid. — Comincia a Sporre S Matteo— Natura Ed Effetto della Sua Predicazione Ibid. — Fiisslin e Rauschlin — Opposizione — Ca Rattere di Zuinglio Ibid. — Sua Passione Per La Musica — Affabilità — Ordine della Sua Giornata Ibid. — Libri Recati Attorno Ibid. CAPITOLO SETTIMO Samson a Berna — Sua Partenza — Le Anime del Cimitero di Basilea Ibid. — Il Decano di Bremgarten — Il Giovine Enrico Bullinger Ibid. — Samson e Il Decano — Battaglie Interne di Zuinglio — Predica Contro Le Indulgenze Ibid. — Samson È Mandato Via Da Zurigo e Dalla Svizzera CAPITOLO OTTAVO Zuinglio Recasi Ai Bagni di Pfeffers — Le Vie di Dio Per For Mare I Suoi Servi — La « Gran Morte » — Zuinglio Ritorna a Zurigo Ibid. — È Soprappreso Dalla Pestilenza Ibid. — Inno Al Principio della Sua Màlattia Ibid. — Nel Mezzo — Timori in Zurigo e Nella Svizzera — Inno Nel Fine della Sua Malattia — Letizia Universale Ibid. — Effetti di Quel Flagello Sui Costumi e Sulla Riforma — Osvaldo Miconio È Chiamato a Lucerna — Dà Animo a Zuinglio Ibid. — Zuinglio Fa Una Gita a Basilea — Predicazione di Capitone — Edione Lo Surroga — Assembramenti Particolari Ibid. — Corrado Grebel — Mausuetudine di Zuinglio CAPITOLO NONO Duemila Persone Convertite a Zurigo — Paragone Tra Zuinglio e Lutero Ibid. — Dottrina di Zuinglio — Caduta dell’uomo Ibid. — Espiazione dell’Uomo-Dio — Non Merito dell’opere — Potenza dell’amore Verso Gesù Cristo — Cristo È La Legge del Cristiano Ibid. — Elezione — Cristo Solo È Il Signore di Zuinglio Ibid. — Fama Per Tutta La Svizzera della Predicazione di Zuinglio Ibid. — Suo Smarrimento e Suo Coraggio — Chiama Staheli — Primo Atto del Magistrato — Assalti Contro Zuinglio Ibid. — Galster Martire della Verità a Sciaffusa 22 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DECIMO Bertoldo Haller Da Basilea Recasi a Zurigo Per Vedervi Zuinglio — Questi Lo Rafferma — Il Vangelo a Lucerna — Persecuzioni Contro Osvaldo Miconio Ibid. — Enrico Bullinger — Geroldo Meyer di Knonau Discepolo di Zuinglio — Rubli Predica in Basilea e Deve Partirne — Wis Semburger Allo Spedale — La Guerra Tra Carlo V Ed Il Papa da una Parte e Francesco I Dall’altra Ibid. — Zuinglio Predica Contro Le Capitolazioni CAPITOLO UNDECIMO La Quaresima del — Zuinglio Predica Contro I Pre Cetti dell’Uomo Ibid. — Bollore — La Verità Cresce Ne' Combattimenti — Deputati del Vescovo di Costanza a Zu Rigo — Portano Le Accuse Loro Dinanzi Al Clero Poi Dinanzi Al Picciolo Consiglio Ibid. — Pericolo Ibid. — Appello Al Gran Consiglio — Accusa del Coadiutore Ibid. — Altercazione Tra Il Coadiutore e Zuinglio — Risposta di Questo — Decreto del Gran Consiglio — Trionfo Degli Evangelici Ibid. — Accusa di Hoffman Contro Zuinglio CAPITOLO DUEDECIMO Lutto e Letizia in Alemagna — Lettera Anonima Ed Avviso Intorno I Pericoli di Zuinglio Ibid. — Ordine del Vescovo — Lettera del Vescovo al Capitolo di Zurigo — Risposta di Zuinglio Ibid. — Archetele Ibid. — Il Vescovo Ricorre Alla Dieta — Decreto e Rigore di Quest' Assemblea Ibid. — Ll Monaci di Zurigo Prendon Baldanza — Comparsa di Zuinglio Ibid. — Sua Coraggiosa Dichiarazione Ibid. — Le Monache di Oelenbach — Battaglia della Bicocca Ibid. — Destcrità di Zuinglio a Svitto Contro Le Condotte Militari CAPITOLO TREDECIMO Il Francese Lambert a Zurigo — Maninconia di Miconio — Sermone del Commendatore Schmidt di Ciisnach a Lucerna Ibid. — Il Carnavale di Berna — I Mangiatori De' Morti di Niccolò Manuel Ibid. — Il Cranio di Sant' Anna — La Riforma in Appenzello — I Grigioni Ibid. — Vita Abbandonata De' Preti — Matrimonio di Zuinglio CAPITOLO QUTTORDICESIMO Convocazione De' Ministri Evangelici Ad Einsidlen — Memoriale Al Vescovo — Ll Celibato — Memoriale Ai Confederati — Gli Uomini D' Einsidlen Si Dividono Ibid. — Grebel e Hottinger Citati — Una Scena in Un Monastero — Miconio Riceve I Memoriali Ibid. — Loro Effetto a Lucerna — Il Canonico Kilchmeyer — Haller Citato Alla Podesteria — Hollard e Vanio a Friburgo — Licenziamento di Miconio — Ricorre a Dio Ibid. — Zuinglio lo Consola Ibid. — Oswaldo Lascia Lucerna — Primo 23 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Atto di Rigore della Dieta Ibid. — Afflizione De' Fratelli di Zuinglio — Risposta e Coraggio del Riformatore Ibid. — L’avvenire — Preghiera di Zuinglio Ibid.. 24 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto LIBRO QUINTO. LA DISPUTA DI LIPSIA. 1519 CAPITOLO PRIMO SOMMARIO. — Pericolo di Lutero. — Dio lo salva. — Miltitz inviato dal Papa. — La rosa d'oro. — Viaggio del legato. — Spavento degli amici di Lutero. — Morte di Massimiliano. — Guerra nell* Impero. — Interregno. — Miltitz presso Spalatino. — Terrore di Tezel. — Abboccamento tra Miltitz e Lutero. — Accordo. — Bacio del nunzio. — Tezel dinanzi a Miltitz. — Lettera di Lutero al Papa. — Natura della Riforma. — Lavori di Lutero. — È chiamato a Treveri, poi rimandato alla prossima Dieta. — Progressi della Riforma in Alemagna, — nella Svizzera, — nel Belgio, — in Francia, — in Inghilterra, — in Ispagna, — in Italia. Gravi pericoli minacciavano da ogni banda Lutero e la Riforma; e V appello ad un concilio ecumenico fatto dal dottore di Wittemberga avvisa vasi dai cattolici un novello attentato contro il papale potere. Una bolla di Pio II avea pronunciata la scomunica maggiore sin contro gli stessi imperatori nel caso che si fossero resi rei di un tal atto di ribellione; e Federico di Sassonia, non ancora fermo a bastanza nell’evangelica dottrina, era già parato a mandar fuori de' suoi stati il riformatore [1]. Un novello dispaccio di Leone X poteva adunque balestrare Lutero Ira popoli strani che avrebbero temuto di porsi in compromesso col ricevere un monaco colpito dalla papale maledizione; e se pur qualche nobile sguainata avesse la spada in difesa di lui, questi semplici cavalieri, mispregiati dai potenti principi dell’Alemagna, avrebber dovuto ben presto soccombere in si rischievole impresa. Ma nel momento in cui tutti i cortigiani di Leone X tentavano sospingerlo a rigidi divisamenti, a un colpo riciso che posto avrebbe in sue mani Lutero, questo Papa mutò subitamente consiglio, e tentar volle la via della conciliazione e di un' apparente dolcezza [2]. Può dirsi con certezza ch' egli si illuse riguardo alle disposizioni dell’elettore, e che le avvisò più favorevoli a Lutero di quello che fossero veramente. Si può anche supporre che la pubblica voce e lo spirito del secolo, due potenze in quel tempo nuove all’intutto, paressero a lui inespugnabili baluardi che cingessero il riformatore; o veramente, come opinò Roscoe [3], ch' egli ubbidisse agl’impulsi del suo giudizio e del suo cuore in chinevole alla benignità, alla moderazione. Checchè ne fosse, questo insolito comportarsi di Roma in tal congiuntura è tanto maraviglioso, da dovervisi riconoscere una mano invisibile più alta e più possente. Trovavasi in quel tempo alla corte di Roma un nobile sassone, ciamberlanodel Papa e canonico di Magonza, di Treveri e di Meis sen, il quale avea saputo credito acquistarvi. Vantavasi parente dalla lunga della casa regnante di Sassonia, per la qual cosa i cortigiani papali onoravanlo pur qualche volta del titolo di duca di Sassonia. Costui in Italia goffamente ostentava la sua nobiltà germanica, e in Alemagna svenevolmente affettava la eleganza e le maniere del Bel Paese. 25 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Trasmodava nel bere [4], vizio ch' erasi in lui fatto maggiore nel suo soggiorno alla corte di Roma; ma cionon pertanto grandi speranze avevano in lui riposte i cortigiani pontifìcii. La sua origine alemanna, i lusinghieri suoi modi, la sua desterità ne' pubblici negozi, tutte queste cose insieme facevano ad essi sperare che Carlo Miltitz (così si chiamava) riuscirebbe con la prudenza sua ad arrestare la possente rivoluzione che minacciava di scuotere il mondo. Importava assai il tener secreto il vero obbietto della sua incumbenza, e vi si riuscì agevolmente. Erano già quattro anni passati dalla domanda fatta al Papa della rosa d' oro dal pio elettore di Sassonia. Questa rosa, il più bello de' fiori, raffigurava il corpo di Gesù Cristo; era ogni anno dal sommo pontefice consacrata e poscia da lui mandata in dono all’uno de' primi principi di Europa; e questa volta si pensò ad inviarla al lodato elettore. Miltitz partì, incombenzato di esaminare da vicino la condizione delle cose e di gratificarsi Spalatino e Pfeffinger, consiglieri dell’elettore. Aveva per essi lettere particolari, e Roma, col cercare di trarre dalla sua coloro che circondavano quel principe, sperava di aver presto nelle mani il suo terribile avversario. Giunto in Alemagna nel dicembre del 1518, il nuovo legato, cammin facendo, s' intese a scandagliare la pubblica opinione; e con sua gran sorpresa ovunque sostò si avvide che i più parteggiavano per la Riforma [5]. Dappertutto udì parlare con entusiasmo in favore di Lutero; e se uno stava per Roma, tre almeno erano tutti inchinevoli al riformatore [6]. Lutero ci ha conservato un saggio di questi colloquii. Il legato andava domandando agli albergatori ed alle fantesche degli alberghi: « Che pensate voi della » sedia di Roma ?» E una volta da una di quelle semplici si udì bonariamente rispondere: « Veramente noi non sappiamo se le » sedie che voi avete a Roma siano di pietra o di legno [7]. » Rastò la voce corsa della venuta del nuovo legato a riempiere di diffidenza e di sospetti la corte dell’elettore, l’università, Wittemberga e tutta la Sassonia; e Melantone sgomentato scriveva: « Grazie a Dio, Martino respira ancora [8]. »Assicuravasi che il ciamberlano del Papa aveva già l’ordine ricevuto di recarsi nelle mani Lutero o coll’astuzia o con la forza; e da ogni lato consigliavasi al riformatore di tenersi benegli guardia contro le insidie di Miltitz. « Ei viene (gli andavan dicendo) per farvi catturare » e per darvi nelle mani del Papa; e persone degne di Fede hanno veduti i brevi ch'ei porta. [9] » Lutero rispondeva: « Aspetto la volontà di Dio. » E nel fatto, Miltitz giugneva carico di lettere indirizzate all' elettore, a' consiglieri di lui, ai vescovi ed al borgomastro della città di Wittemberga, e munito di settanta brevi apostolici. Se le lusinghe ed i favori di Roma giugnevano al loro fine, se Federico dava Lutero nelle mani di Miltitz, questi settanta brevi dovevano valere a costui in certa guisa di passaporto. Divisava di farne appender uno pubblicamente in ogni città ch' egli 26 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto avrebbe traversata, e sperava di riuscire in tal modo a trarsi dietro senza impedimento il suo prigione sino a Roma [10]. Pareva che il Papa prese avesse tutte le possibili cautele; e alla corte elettorale già più non sapevasi qual partito pigliare. Alla forza sarebbe si opposta resistenza; ma che potevasi opporre al capo della cristianità che parlava con tanta dolcezza e con sì grande apparenza di ragione? Andavasi dicendo: E non tornerebbe accomodato il nascondere Lutero in alcun luogo e sino a tanto che cessata fosse la burrasca?... Un caso inopinato sopraggiunse a trarre Lutero, l'elettore e la Riforma da sì difficile condizione. D' improvviso il mondo mutò d' aspetto. Massimiliano, imperatore di Alemagna, passò tra i più il giorno 12 di gennaio del 1519; e in conformità della germanica costituzione, Federico divenne amministratore dell’impero; e da quell' ora più non ebbe paura degl’intendimenti dei nunzi apostolici. Nuovi interessi sorgi unsero allora a porre in sollecitudine la corte di Roma; la forzarono ne' suoi negoziati a blandir Federico, e sostarono il colpo che mulinavano certamente Miltitz e il Gaetano. Vivo era il desiderio del Papa di allontanare dal trono imperiale Carlo d' Austria, re di Napoli, ripensando che un re, suo vicino, era più a temersi di un monaco dell’Alemagna. Bramoso di aver favorevole F elettore, che in questa bisogna poteva essergli di un grande aiuto, risolse di lasciare in pace per allora il monaco per opporsi più efficacemente al re; ma a mal suo grado, l’uno e l'altro fecero progressi. A tal modo mutossi Leone X. Un' altra circostanza sopravvenne ancora ad avertere la tempesta che minacciava la Riforma, e furono le politiche turbazioni che scoppiarono morto appena l’imperatore. Al mezzodì dell’impero la sveva confederazione volea punire Ulrico di Wurtemberga che le avea rotta Fede; ed al settentrione, il vescovo di Hildes heimgittavasi, armata mano, sul vescovado di Mirden e sulle terre del duca di Brunswick. Tra siffatte turbazioni come mai i grandi della terra avrebber potuto avvisar fatto d'importanza una disputazione intorno la remissione de' peccati? Ma Dio fece precipuamente servire ai progressi della Riforma la riputazione di saviezza dell’elettore, divenuto vicario dell’impero, e la protezione ch' egli accordava ai nuovi dottori. « La tempesta (dice Lutero) sospese i suoi furori; la scomunica papale cominciò a cadere in dispregio. All’ombra del vicariato dell’elettore il Vangelo si propagò di lontano, e ne emerse un gran danno al papato [11]. » Per altra parte, durante un interregno, li più severi divieti perdevano naturalmente assai della loro forza, e ogni cosa rendevasi più libera e più facile. Il raggio di libertà che venne a splendere sopra questi primordi della Riforma, sviluppò possentemente questa pianta ancora delicata, e si potè conoscere allora quanto la libertà politica possa giovare ai progressi del cristiane simo evangelico. 27 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Giunto Miltitz in Sassonia già prima della morte di Massimiliano, erasi affrettato a visitare Spalatino, suo antico familiare; ma appena avea cominciato a lamentarsi contro Lutero, che il cappellano lo aveva interrotto' col toccare i trasmodamene di Tezel. Lo istruì minutamente delle menzogne e delle bestemmie di questo venditore d' indulgenze, e dichiarogli ad un tempo che tutta l’Alemagna accagionava quel domenicano della scissura che lacerava la Chiesa. Miltitz n' era rimaso maravigliato; e di accusatore era divenuto accusato. La sua collerasi rivolse allora tutta quanta contro Tezel, e gli intimò di recarsi ad Altenburgo per rendergli conto della sua condotta. Questo domenicano, arcifanfano e vile ad un tempo, già postosi in paura del popolo ch' egli avea con tante fraudi ingannato, più non correa le città e le campagne, ma tenevasi appiattato in Lipsia nel collegio di san Paolo. Nel leggere la lettera del nunzio, impallidì; Roma stessa lo abbandona, lo minaccia, lo condanna, vuol trarlo dal solo asilo in cui si crede egli sicuro, ed esporlo alla collera de' suoi nemici Tezel, per non presentarsi, pose innanzi questa scusa: « Non increscerebbemi al certo (scriveva a Miltitz il 31 dicembre 1518) la fatica del viaggio, s' io potessi uscire di Lipsia senza arrischiarvi la vita; ma l’agostiniano Martino Lutero ha in siffatto modo commossi e sollevati contro me gli uomini possenti, che in niun luogo posso più trovarmi sicuro. Molti sono i seguaci di Lutero che hanno giurata la morte mia; e questa è la cagione che m' impedisse di venire alla presenza vostra [12]. »Questi due uomini che tenevansi allora rinchiusi l’uno nel collegio di san Paolo a Lipsia, e l’altro nel chiostro degli Agostiniani in Wittemberga, offerivano allora un contrasto maraviglioso. Il servo di Dio in presenza de' soprastanti pericoli mostravasi animoso ed intrepido, e il servo degli uomini, di una viltà spregevole veramente. Miltitz avea ordine di usare da prima l’armi della persuazione, e solamente nel caso che queste non bastassero, dovea dar mano a' suoi settanta brevi e prodigare all’elettore tutti i favori di Roma per recarlo ad infrenare Lutero. Mostrò quindi desiderio di un abboccamento col riformatore; e Spalatino, loro amico comune, offerse per ciò la propria casa. Lutero partì il 2 o il 3 di gennaio da Wittemberga per recarsi ad Altenburgo. In questa conversazione Miltitz usò tutte le finezze di un diplomatico, di un cortigiano di Roma. Giunto appena Lutero, il nunzio gli si accostò con le maggiori dimostrazioni di amicizia. « Oh! (disse allora Lutero in suo cuore) oh! come la sua violenza è mutata in dolcezza ! Questo Saul novello veniva in Ale magna armato di settanta e più brevi apostolici per condurmi vivo e carico di catene a Roma omicida; ma il Signore l’ha rovesciato in cammino [13]. » « Caro Martino (con voce carezzevole gli disse il ciamberlano » del Papa), io mi pensava di vedere in voi un vecchio teologo, » il quale seduto posatamente dietro la 28 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto sua stufa, fantasticasse » teologiche bizzarrie, ma scorgo in voi un uomo ancor giovane » e proprio nel fiore degli anni [14]. Sapete voi (continuò in tono » più grave ) che voi avete tolto al Papa il mondo intero, e resolo » vostro seguace [15] ? » Miltitz sapeva benissimo che la più agevole via per sedurre gli uomini è quella di lusingarne l’orgoglio; ma questa volta ignorava con qual uomo aveva egli a fare. « Quand' » anche avessi (continuò) sotto i miei ordini un esercito di venti» cinquemila, uomini non oserei veramente di togliervi da questo [16]» paese per condurvi a Roma [17]. »E vero diceva; chè Roma, in onta della sua possanza, sentivasi debole in quell’ora dinanzi ad un povero monaco; e questo sentivasi forte dinanzi a Roma. « Dio (diceva Lutero) sosta i flutti lungo la spiaggia del mare, e » li sosta con sabbia [18]. » Il nunzio, avvisando di avere a tal modo ben disposto l’animo del suo avversario, soggiunse: « Fasciate voi stesso la piaga che » fatta avete alla Chiesa, e che voi solo potete guarire. Guarda » tevi bene(aggiunse, lasciandosi cadere qualche lagrima), guar » datevi benedal sommuovere una tempesta che recherebbe » alla ruina dell’uman genere [19]. »Passò poscia ad insinuare a poco a poco che una ritrattazione poteva sola riparare il male; ma tosto cercò di addolcire la spiacevolezza di questa parola col dire a Lutero ch' egli altamente lo apprezzava, e col pronunciar parole adirose contro di Tezel. La rete era abilmente tesa, e chi mai non sarebbe vi entro caduto ? « Se l’arcivescovo di Magonza » (disse più tardi il riformatore) da principio mi avesse parlato » in si dolce maniera, questa faccenda non avrebbe al certo fatto » tanto romore ». Lutero rispose con gravità, e fecesi ad esporre con animo se dato, ma ad un tempo con forza e dignità, i giusti lamenti de' verifedeli; mostrò tutta la sua indignazione contro l’arcivescovo di Magonza, e lamentossi nobilmente del modo indegno con cui Roma lo aveva trattato, in onta della purità delle sue intenzioni. Miltitz, che un sì fermo linguaggio non erasi aspettato, seppe nondimeno dissimulare ed infrenare la collera sua. « Io vi propongo (soggiunse Lutero) di tenervi in silenzio in » avvenire intorno a queste materie, e lasciare che questa faccenda cada da sè in dimenticanza; ben inteso che i miei avversarii tengansi zitti anch' essi [20]; ma se continuano a stuzzi » carmi, una picciola querela condurrà presto ad un grave combattimento. Tutte le mie armi sono apparecchiate. — Farò di più (aggiunse dopo breve pausa), scriverò a Sua Santità per i riconoscermi in colpa di troppa subitezza, e per dichiarargli » che qual fedele figliuolo della Chiesa ho combattuto contro predicazioni che traevansi addosso gli scherni e le ingiurie del popolo. Consento per giunta di pubblicare uno scritto, nel quale » inviterò tutti i leggitori dell’opere mie a non avvisarvi verun attacco contro la romana Chiesa, e a tenersi ad essa obbedienti » Sì veramente sono disposto a tutto fare, a tutto soffrire; ma » una ritrattazione da me non si speri giammai. » 29 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Dal riciso parlare di Lutero, Miltitz si avvisò che il più savio consiglio era quello di mostrarsi contento di quanto era gli proferto dal riformatore; e propose unicamente che si prendesse un arcivescovo per arbitro intorno alcuni punti che sarebbero a di scutersi. Lutero rispose: « Sia pure così; ma temo forte che il » Papa non voglia punto sottoporsi ad un giudice; e in tal caso io » non accetterò nè punto nè poco il giudizio del Papa, e la lotta » ricomincierà. Il Papa componga il testo, ed io gli farò il commento. » A tal modo terminò il primo abboccamento tra Miltitz e Lutero; e in un secondo la tregua, anzi la pace fu soscritta tra loro. Lutero non tardò ad informare l'elettore di questo fatto ne' termini seguenti: « Serenissimo principe e graziosissimo signore, mi » affretto a far conoscerò umilissimamente all’Altezza Vostra » Elettorale, che Carlo Miltitz ed io siamo finalmente venuti in » un accordo, e terminata la faccenda coi due articoli seguenti: » Primieramente: è proibito alle due parti il predicare, lo » scrivere e l’operare più oltre intorno all’insurta disputazione. » Secondamente: Miltitz farà tosto conoscere al santo padre lo » stato delle cose. Sua Santità ordinerà ad un vescovo illuminato » di prender piena cognizione della faccenda e di accennare gli articoli erronei ch' io deggio ritrattare. Se mi sarà provato » ch' io sono nell’errore, mi disdirò volontieri, nè farò più cosa » che possa nuocere all’onore, all’autorità della santa romana » Chiesa [21]. » Stipulato a tal modo l’accordo, Miltitz si mostrò tutto lieto, e sclamò: « Da cento anni in qua niun fatto occasionò più di questo » maggior inquietudine ai cardinali ed ai cortigiani di Roma. » Dato avrebbero diecimila ducati anzichè consentire che fosse » durato un più lungo tempo [22]. » Il ciamberlano papale non risparmiò le dimostrazioni di letizia verso il monaco di Wittemberga; ed ora lagrime versava, ed ora mostravasi tutto contento. Questo fasto di sensibilità poco commosse l’animo del riformatore; ma si guardò benedal far conoscere ciò ch' egli in sostanza ne pensava; e scrisse in proposito: « Io finsi di non addarmi della verasignificanza di quelle lagrime da coccodrillo [23]. »Dicesi che questo animale piange quando gli sfugge la sua preda. Miltitz invitò a cena Lutero, il quale accettò. Il suo ospite pose da banda la rigidezza attribuita al suo ufficio, e Lutero si abbandonò all'amenità sua naturale. La cena fu lieta [24]; e venuto il momento di separarsi, il legato stese le braccia all’eretico dottore e lo baciò d [25]. « Bacio di Giuda, » disse Lutero in suo cuore; e scrivendone a Staupitz, gli disse: v Io mostrai di non intendere tutte queste moine italiane [26]. » Questo bacio doveva veramente reconciliare tra loro Roma e 'la nascente Riforma? Miltitz ne avea la speranza, e gratula vasene seco stesso, sendochè da vicino scorgesse ciò che non vedevano i cortigiani di Roma, vogliamo dire, le funeste conseguenze che il papato dovea temere dalla Riforma. Se Lutero e li seguaci di lui 30 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto si tacevano (diceva Miltitz a sè stesso), la disputa sarebbe terminata; e Roma, col dar occasione a favorevoli circostanze, riguadagnerebbe intera la sua pristina influenza. Pareva adunque prossima la fine della discussione; Roma aveva aperte le braccia, e pareva che il riformatore tra esse gittato si fosse a tutta fidanza; ma trattavasi di un' opera che non era dell’uomo, ma sibbene di Dio. L’errore di Roma fu di avvisare in quella querela la mano di un semplice monaco, mentr' era quella di Dio che risvegliava la Chiesa; e i baci di un ciamberlano del Papa non pote vano arrestare il rinnovellamento della cristianità. Miltitz, fedele all’accordo conchiuso, da Altenburgo recossi a Lipsia dov' era Tezel. D'uopo non era di chiudere la bocca a costui; chè, lungi dall’aver voglia di parlare, sarebbe si più volontieri nascoso entro le viscere della terra; ma il nunzio versar voleva sopra di lui tutta la piena dell’ira sua. Appena giunto a Lipsia, fece citare lo sciagurato Tezel; e venutogli dinanzi, l’oppresso di rimbrotti, lo accusò d' essere la cagione di tanti mali, e lo minacciò di tutta la papale indignazione[27]; nè standosi a ciò contento, chiamato a sè l’agente della casa Fugger, che trovavasi allora in Lipsia, lo pose a confronto con Tezel, e con le ragioni alla mano, ricevute da que' banchieri, e con le carie soscritte da Tezel stesso lo convinse di spese sprecate e d' aver rubate somme di gran considerazione.... Questo sciagurato, da nulla cosa atterrito ne' giorni de' suoi trionfi, sentissi gravato in sì fatta guisa sotto il peso di sì giusto accuse che venne in disperazione e cadde infermo; nè sapeva dove e in qual modo nascondere la sua vergogna. Lutero intese la misera condizione del suo antico avversario, e forse fu il solo che tocco ne fosse. « Sento » pietà di Tezel, [28]» scriveva egli a Spalatino; nè stettcsi contento a queste parole. Non era l’uomo ch' egli avesse odiato ma sibbene le male opere di lui; e nel momento che Roma gravava questo domenicano di tutto il peso dell’ira sua, Lutero gli scrisse una lettera piena di consolazioni. Tutto tornò indarno; chè Tezel, angustiato dai rimorsi della sua coscienza, sgomentato dai rimproveri de' suoi migliori amici, e tutto in paura della collera papale, morì miseramente alcun tempo dopo, e si pensò che la morte preparata gli fosse dal dolore [29]. Lutero, fedele alle impromissioni fatte a Miltitz, il giorno 3 di marzo scrisse al Papa la lettera che seguita: « Beatissimo Padre! Si degni Vostra Beatitudine di volgere le » sue paterne orecchie, che sono come quelle di Cristo stesso, verso la povera vostra pecorella, ed ascoltarne con animo benevolo i belati. Che farò io, santissimo Padre? Patir non posso » lo scoppio dell’ira vostra, nè so in qual guisa cessarla. Mi si » domanda una ritrattazione; ed io mi affretterei a farla, se » ciò condurre potesse al divisato intendimento. Ma le persecuzioni de' miei avversarii hanno sparso di lungi i miei scritti, e » questi sono troppo profondamente impressi ne' cuori, per riuscire impossibile il ritirarli. Una ritrattazione tornerebbe sempre a maggior disonore della romana Chiesa, e porrebbe sulle labbra di tutti un grido di accusa contro di essa. Santissimo » Padre, lo dichiaro alla presenza di Dio, e di tutte le sue » creature: io non ho mai voluto, nè voglio ancora attentare menomamente 31 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto con fraude o forza al potere della romana Chiesa, » nè a quello di Vostra Santità. Riconosco che niuna cosa può » mettersi al disopra di questa Chiesa, tanto in cielo, quanto in » terra, trattone Gesù Cristo, il Signore di tutti » Queste parole, uscite dalla penna di Lutero, potrebbero sem brare strane ed anche riprensibili a chi non si ricordasse ch' egli non giunse di un sol tratto, ma con passo lento e progressivo, alla luce del vero. Importa moltissimo il trarre da esse una considerazione, ed è questa: ch' esse ci appalesano non essere stata la Riforma solamente un' opposizione al papato. Essa non fu condotta a compimento dalla contraddizione opposta a tale o a tal’altra forma, da tale o tal’altra tendenza negativa; in questa battaglia l’opposizione al Papa si trovò in seconda linea; e una vita novella ed una dottrina positiva ne furono il principio generatore. « Gesù Cristo, Signore di tutti, e che a tutto dev' » essere posto innanzi, [30]» a Roma stessa, siccome dice Lutero nel fine della sua lettera, ecco la cagione essenziale della rivoluzione del secolo XVI. E probabile che qualche tempo prima il Papa non avrebbe lasciata passare inosservata una lettera, in cui il monaco di Wittemberga ricusava ricisamente ogni ritrattazione. Ma era morto Massimiliano; e la scelta di un successore teneva Roma in grandi pensieri; sicchè la lettera di Lutero fu negletta tra la folta delle mene politiche che agitavano allora la città santa. Il riformatore spendeva il tempo meglio del suo possente avversario; e nel mentre che Leone X, tutto dato ai mondani ne gozii del suo potere temporale, scattar faceva ogni susta per allontanare dal trono imperiale un temuto vicino, Lutero ogni dì più forte facevasi in cognizioni ed in Fede. Studiava i decreti dei papi, e le scoperte che vi andava facendo modificavano grande mente i suoi pensamenti. « Leggo le decretali (scriveva a Spalatino), e non so dire (siavi ciò ragionato all’orecchio) se il Papa » sia l’Anticristo stesso od un apostolo di lui, tanto trovo sfigurato » e crocifisso Gesù Cristo in questi papali decreti [31]» Nondimeno egli stimava sempre l'antica Chiesa romana, e non pensava allora ad una separazione. Nella dichiarazione ch' egli aveva promessa a Miltitz di pubblicare, dice: « Che la romana » Chiesa sia da Dio sopra ogni altra onorata, è fatto da non po » tersene dubitare. San Pietro, san Paolo, quarantasei papi e » parecchie centinaia di migliaia di martiri hanno sparso il loro » sangue nel suo seno, ed hannovi trionfato del mondo e dell’Inferno; per la qual cosa l’occhio di Dio sta fiso, più che altrove, « sovr'essa. Sebbeneoggidì tutto vi si trovi in ben misero stato, » non è questa una ragione che debba condurci a separarci da essa. Per l’opposito, più vi peggiorano le cose, e più dobbiamo » rimanerle congiunti; sendochè non sia la separazione che possa « renderla migliore. Dio non vuolsi abbandonare a cagione del demonio; nè i figliuoli di Dio, che trovansi ancora in Roma, » a cagione della moltitudine de' malvagi. Non avvi verun peccato, verun male che debba distruggere la carità, o rompere » l’unità; chè la carità tutto può, e niuna cosa all’unità può » malagevole riuscire [32]. » 32 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Non fu Lutero che separossi da Roma, ma sibben questa che separossi da lui, e che rigettò a tal modo l'antica Fede della cattolica Chiesa, di cui Lutero era allora il rappresentante. Non fu Lutero che tolse a Roma il potere e che ne fece scendere il vescovo da un trono usurpato; le dottrine ch' egli annunziava, la parola degli apostoli che Dio manifestava di nuovo nella Chiesa universale con un poter grande e con una mirabile purità, poterono sole prevalere contro la romana potenza, che da secoli tenea nel servaggio la Chiesa di Gesù Cristo. Queste dichiarazioni di Lutero, pubblicate in sul cadere di febbraio, non satisfacevano ancora ai due nunzi Miltitz. De Vio. Questi due avoltoi, vedutasi fuggire di sotto i loro artigli la preda, eransi riparati entro le antiche mura di Treveri; e là, secondati dal principe arcivescovo, speravano di giungere uniti all’intendimento ch' era a ciascun di loro andato fallito. I due nunzi ve devano benenon rimanergli più nulla a sperare da Federico esercitante il supremo potere nell’impero, e sapevano che Lutero persisteva nello scusarsi da ogni ritrattazione. L’unica via da tentarsi ancora era quella di sottrarre il monaco eretico alla protezione dell’elettore e di trarlo a sè. Quando ci riesca (dicevano) di condurre in Treveri il riformatore, in uno stato soggetto ad un principe della Chiesa, sarà egli molto abile se gli riuscirà di uscirne senza aver prima soscritto a quanto vuolsi da lui dal sommo pontefice. Tosto si pongono all’opera, e Miltitz disse all' elettore arcivescovo di Treveri: « Lutero ha accettato Vostra » Grazia per arbitro; chiamatelo adunque a voi dinanzi. »L’e lettore di Treveri scrisse per ciò all’altro di Sassonia, il 3 di maggio, per pregarlo ad inviargli Lutero. De Vio, e poscia Miltitz stesso, scrissero pure all’elettore, per annunciargli che la rosa d'oro era giunta nelle mani dei Fugger in Augusta. Pensavano costoro che quello fosse il momento di menare il colpo decisivo. Ma le cose erano mutate; nè Federico nè Lutero si lasciano prendere all’amo. L’elettore ha conosciuta la sua novella condizione; e più non teme il Papa e molto meno i servitori di lui. Lutero poi, scorgendo riuniti Miltitz e De Vio, indovina la sorte che lo attende, se fosse tanto dolce di sale da obbedire al loro invito. « Ovunque (die' egli) e in ogni modo si vuole la morte mia [33]. » Per altra parte, egli ha domandato che il Papa pronunci, e il Papa, tutto assorto in pensieri di corone e di mondani intrighi, non ha parlato. Lutero scrisse a Miltitz: « E in qual modo potrei io pormi in cammino senza un ordine di Roma e fra le tante » turbolenze che agitano l'impero? Come posso affrontar tanti » pericoli ed espormi a sì considerevoli spese, io, povero monaco, che non ho un obolo che ben mi voglia? » L’elettore di Treveri, uomo savio, discreto ed amico di Federico, voleva gratificarselo; e per giunta, non amava punto me scolarsi in questa bisogna, a meno d' esservi condotto da un' autorità superiore. Convenne adunque con l’elettore di Sassonia che l’esame di questa faccenda sarebbe rimesso alla prossima Dieta, la quale poi non si aperse che due anni dopo a Worms. 33 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Nel mentre che la mano della Provvidenza rimoveva, l’uno dietro l'altro, tutti i pericoli che minacciavano Lutero, questi camminava animosamente verso uno scopo ch' egli stesso ignorava. La sua riputazione facevasi ognora maggiore; la causa della verità si afforzava; il numero degli studenti accrescevasi in Wittemberga, e tra questi si contavano i giovani più spettabili dell' Alemagna. « La nostra città (scriveva Lutero) appena può contenere coloro che vi giungono; » e in altra occasione: « Il numero degli studenti si accresce a dismisura, e qual’onda che » straripa [34]» Ma già non era unicamente nell’Alemagna che intesa fosse la voce del riformatore; essa avea passate le frontiere dell’impero, e tra i diversi popoli della cristianità incominciava a scuotere dalle fondamenta la papale possanza. Frobenio, celebre stampatore di Basilea, avea pubblicate in una sola edizione tutte le opere di Lutero, e furono a tal modo divulgate rapidamente. A Basilea il vescovo stesso a Lutero applaudiva; e il cardinale di Sion, dopo averne lette le opere, sclamò con un poco d' ironia e scherzando sul nome del riformatore: « O Lutero! tu sei un vero Lutero ! » (cioè un vero purificatore, chè tanto suona la voce Lauterer ). Erasmo trovavasi a Lovanio, quando gli scritti di Lutero giunsero ne' PaesiBassi. Il priore degli Agostiniani di Anversa, che aveva studiato a Wittemberga, e che, al dire di Erasmo possedeva il vero cristianesimo primitivo, ed altri Belgi ancora lessero con grande avidità le opere di Lutero. Ma coloro, i quali non cercavano che il proprio interesse, dice il savio di Rotterdamo, e che nudrivano il popolo con favole da vecchierelle, fecero scoppiare un cupo fanatismo. Erasmo scrisse a Lutero: « Non saprei dirvi le emozioni e le agitazioni tragiche veramente deste negli animi dai vostri scritti [35]. » Frobenio mandò secento esemplari di queste opere in Francia ed in Ispagna; e in Parigi furono pubblicamente vendute. I dottori della Sorbona le lessero allora, e, per quanto pare, le onorarono della loro approvazione. Parecchi di questi dissero: che era ben tempo che coloro, i quali intendevansi allo studio delle sacre Lettere, parlassero con tale libertà. Nell’Inghilterra le opere di Lutero furonvi accolte con favore ancora maggiore. Parecchi trafficanti spagnuoli ch' erano in Anversa, le fecero voltare nella loro lingua, e mandaronle nella loro patria; per la qual cosa il Pallavicini ebbe a dire che per le vene di que' mercatanti scorreva il sangue moro [36]. Calvi, dotto libraio di Pavia, portò in Italia gran numero di copie dell’opere suddette, e le sparse per tutte le città trans alpine; e tanto non fec' egli per amore di guadagno, ma sibbene pel desiderio di ridestare negli animi degl’Italiani il sentimento della vera pietà cristiana. La forza con cui Lutero sosteneva la causa di Gesù Cristo, lo colmava di letizia, e scriveva al riformatore: « Tutti i sapienti dell’Italia unir annosi meco, e noi vi » manderemo versi composti dai più celebri 34 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto nostri scrittori. » Frobenio, nel far giugnere a Lutero un esemplare di questa sua edizione, gli narrò tutte queste confortevoli novelle, ed aggiunse: « Di quest' ora non mi rimangono che dieci copie di » questa edizione, e mai non feci migliore negozio di questo. » Altre lettere ancora esprimevano a Lutero la gioia occasionata dalle sue opere. « Tutto mi conforto (scriss' egli in proposito) nel » considerare che la verità tanto piace, sebbenesia per me parlata con sì poca scienza ed in sì barbara maniera [37]. » Tale fu !' inizio del ridestamento ne' diversi paesi dell’Europa; e se vogliasene la Svizzera eccettuare, dove la predicazione del Vangelo s'era già fatta intendere, il giugnere dell’opere del dottore di Wittemberga forma ovunque la prima pagina della sto ria della Riforma. Uno stampatore di Basilea sparse questi primi germi della verità; e nel momento in cui il Papa pensa a soffocar l’opera della Riforma in Alemagna, essa incomincia in Francia, ne' Paesi-Bassi, nell’Italia, nella Spagna, in Inghilterra e nella Svizzera. Che gioverebbe a Roma l’abbattere il tronco primitivo?... i semi sono già ovunque sparsi. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Lettera dell’elettore al suo inviato a Roma (Luth., Opp. [L-], XArlI, p. 298). ' Rationem agendi prorsus oppositam inire statuii (Pallav., Hist. Concil. [2] Trid., I. p. 51). [3] Vita di Leone X (voi. IV, p. 2). [4] Nec ab «su immoderato vini abstinuit (Pallav, Hist. Cono. Trid., I, p. 69). [5] Sciscitatus per viam Miltitius quanam esset in testimatione Lutherus sensit de eo cum ammiratone homines loqui (lbid.). [6] Ecce ubi unum pro Papa stare inverni, tres pro te cantra papam stabant (Luth., Opp. lai., in Praf.). [7] Quid nos srive possumus quales vos Roma; habeatis sellas, ligneasne an lapideas? (Luth., Opp. lat., in Praf.) [8] Martinus noster, Deo gratias, adhuc spirai (Corpus refor., ed. Bretschnei der, I, 61). 35 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] Expecto consilium Dei (Luth., Epp., I, p. 191). [10] Per singola oppida afflgeret unum, et ita tutus me perdueeret Romam (Luth., Opp. lai., in Praf.). [11] Tune desiti paululum savire tempestas (Luth., Opp. lat., in Praf.) [12] Lòscher, II, 567. [13] Sed per viam a Domino prostratus. ... mutavit violentiam in benevolen tiam fallacissime simulatam (Luth., Epp., I, p. 206). [14] O Martine, ego credebam te esse senem aliquem theologum, qui posi for nace™ sedens (Luth., Opp. lai., in Praf.). [15] Quod orbem totum mini conjunxerim et Papa abstraxerim (Luth., Epp., l,p. 231). [16] Si haberem 25 millia armatorum, non confiderem te posse a me Romam perduci (Luth., Opp. lat., in Praf.). [17] Luth., Opp. (W.), XXII. [18] Profusis lacrymis ipsum oravit, ne tam perniciosam christiana generi tempestatem cieret (Pallav., I, 52). [19] Non evasisset res in tantum tumultum (Luth., Opp. lat., in Praf.) [20] Und die Sache sich zu Tode bluten (Luth., Bpp., I, 207). [21] Luth.. Epp., 1, 207. [22] Integro jam siculo nullumnegotium. Ecclesia contigisse quodmajorem sollicitudinem incussisset (Pallav., I, 52). [23] Ego dissimulabam has crocodilli lacrymas a me intelligi (Luth., Epp., I, p. 216). [24] Atque vesperi. me accepto. convivio Iatati sumus (Ibid., p.231). [25] Sic amice discessimus etiam cum osculo (Juda scilicet). (Luth., Epp., I, p. 216). * Bas italitates (Ibid., p. 231). [26] Verbis minisque pontificiis ita fregit hominem, hactenus terribilem cune 36 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [27] Ut et imperterritum Stentorem (Luth., Opp. lat., in Praf.). [28] Doleo Tetzelium (Luth., Epp., I, p. 223). [29] Sed conscientia indignitene Papa forte oecubuit (Luth ., Opp .lat.. In Praf.). [30] Prater unum Jesum Christum Dominum omnium (Luth, Epp.,l, p. 234). [31] Nescio an Papa sit Antichristus ipse vel apostolus ejus (Luth, Epp., I, p. 239). [32] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 224. [33] Video ubique, undique, quocumque modo, animarli meam quairi (Lutli., Epp., I, 274, 16 maggio). [34] Sicut aqua inundans (Luth., Epp., I, p. 278 e seg.). [35] Nullo sermone consegui queam quas tragedias hic excitarint tui libelli (Eras., Epp., VI, 4). [36] Mauroftim stirpe prognatis (Bist. Conc. Trid., 1,91). [37] in his id gaudeo, quod veritas faro barbare et indocte loquens, adeo placet (Luth., Epp., I, p. 255). 37 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SECONDO SOMMARIO. — Il combattimento sembra terminato nell’Alemagna. — Eck lo ravviva. — Disputazioni tra Eck e Carlstadt. — La quistione del Papa. — Lutero risponde. — Sua Fede e suo coraggio. — Rifiuto del duca Giorgio. — Opposizione del vescovo. — Mosellano ed Erasmo. Nel mentre che il combattimento incominciava fuori dell’im pero, pareva quasi all’intutto cessato al di dentro. I più focosi militi di Roma, ch' erano monaci francescani di Juterbock, i quali avevano imprudentemente attaccato Lutero, dopo una va lida risposta loro fatta dal riformatore, s' erano affrettati a rien trare nel silenzio. Muti erano i partigiani del Papa; Tezel era fuori di combattimento; gli amici di Lutero lo pregavano a non continuare la lotta, e ne aveva egli data loro la parola; le tesi cominciavano a cadere in dimenticanza. Questa perfida pace teneva chiusa la bocca eloquente del riformatore; e la Riforma pareva arrestata nella sua via. « Ma gli uomini divisavano cose » vane (disse Lutero più tardi, parlando di quest' epoca); chè il » Signore si è ridesto per giudicare i popoli della terra [1]. Dio non » mi conduce (die' egli altrove), ma sospingemi e mi rapisce; e » più padrone non sono di me stesso. Vorrei vivere riposato, » ma io sono risospinto nel mezzo del tumulto e delle rivoluzioni [2]. » Eck, lo scolastico, l’antico familiare di Lutero, V autore degli Obelischi, fu colui che ravvivò la battaglia. Egli erasinceramente devoto al papato; ma dimostra di essere stato stremo di veraci sentimenti religiosi, e del numero di coloro, in ogni tempo troppi, i quali considerano la scienza ed anche la teologia e la religione, quai mezzi acconci a farsi largo nel mondo. La vana gloria nascondesi sotto la sottana del pastore del pari che sotto la corazza del guerriero. Eck erasi applicato all’arte della disputazione secondo le regole degli scolastici, e in tal genere di lotta era tenuto gran maestro. Nel mentre che i cavalieri del medio evo ed i guerrieri del secolo della Riforma cercavano la gloria ne' tornei, gli scolastici la cercavano nelle dispute sillogistiche, delle quali le accademie solevano spesso lo spettacolo offerire. Eck, tenendosi per un gran fatto, e superbo de' suoi talenti, del favor popolare della sua causa, e delle vittorie per lui ripor tate in otto università di Ungheria, di Lombardia e d' Alemagna, desiderava ardentemente l’occasione di mostrare contro Lutero le sue forze e la sua desterità, e di romper seco una lancia. Questo monacello, ch' erasi d' improvviso falto gigante, questo Lutero che sino a quell’ora niuno aveva potuto vincere, offuscava l’orgoglio di Eck e destava in lui gelosia [3]. Nel cercare la propria gloria, Eck forse può guastare i fatti di Roma; ma la scolastica vanità non lasciasi soffermare da siffatte considerazioni. I teologi, del pari che i principi, più d' una fiata hanno saputo sa crificare alla propria loro gloria l’interesse universale. Passiamo a vedere quali circostanze offerirono al dottore d' Ingolstadt il modo di entrare in lizza col suo importuno rivale. 38 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il zelante, ma troppo focoso Carlstadt tenevasi tuttavia in cor rispondenza con Lutero; e questi due teologi stavansi tra loro uniti, precipuamente per la comune loro affezione alla dottrina della grazia e per la loro ammirazione dell’opere di sant' Ago stino. Carlstadt, inchinevole all'entusiasmo e poco savio, non era uomo da poter essere soffermato dalla desterità, dalla politica di un Miltitz. Egli aveva pubblicate alcune tesi contro gli Obelischi di Eck, nelle quali difendeva Lutero e la Fede ch' era loro comune. Eck aveva risposto, e Carlstadt non gli avea lasciata l’ultima parola [4]. La disputa s' era fatta ardente; ed Eck, bramoso di prendere a capelli una si accomodata occasione, avea gittato il guanto al suo avversario. Il subitano Carlstadt l’avea tosto rac colto; e pare che Dio si valesse delle passioni di questi due uomini per compiere i suoi disegni. Lutero in questi dibattimenti non entrò per niente, e frattanto essere doveva l’eroe della batta glia; chè dannosi uomini nel mondo dalla forza degli avvenimenti tratti sempre sulla scena. Fu convenuto che Lipsia sarebbe il luogo della discussione; e tal fu l’origine di questa disputa di Lipsia, che divenne poi sì famosa. Eck poco si curava di combattere Carlstadt, ed anche di trionfarne; chè Lutero era quello ch' egli voleva ferire di punta; per la qual cosa mosse ogni susta per trarlo sul campo di battaglia; c pubblicò a tale effetto tredici tesi [5] contro le capitali dottrine professate dal riformatore. La tredicesima era del tenore se guente: * Neghiamo che la romana Chiesa non sia stata posta al d disopra dell’altre Chiese prima del tempo di Silvestro Papa; e » riconosciamo in ogni tempo qual successore di san Pietro e qual » vicario di Gesù Cristo, colui che ha occupata la sedia di san » Pietro e che ne ha avuta la Fede. »Silvestro viveva ai tempi di Costantino il Grande; e per conseguenza Eck con questa sua tesi negava che il primato, di cui Roma godeva, dato le fosse da questo imperatore. Lutero, che a suo malincuore avea consentito a servare il silenzio, fu vivamente scosso dalla lettura di queste proposizioni. Riconobbe che volevasi a forza trarlo sull’agone, e senti di non potere con onore cessare il combattimento. « Quest' uomo (diss' » egli ) nomina Carlstadt per suo avversario, e al tempo stesso » scagliasi contro me; ma Dio regna, e sa ciò che vuol fare emer » gere da questa tragedia [6]. Non tratterassi nè di me, nè del » dottore Eck; e compierassi il disegno di Dio. In grazia di Eck, » questa faccenda, che sinora non fu altro che un giuoco, si » farà grave, e recherà un colpo funesto alla tirannia di Roma e » del pontefice romano. » Roma stessa aveva stracciato l’accordo; e per giunta, col dar di nuovo il segno del combattimento, ha impegnata la lotta in un luogo da Lutero non per anco direttamente attaccato. Il dottor Eck opponeva a' suoi avversarii il primato del Papa, e seguitava a tal modo imprudentemente il periglioso esempio dato da Tezel [7]. Roma provocò i colpi del valido atleta, e se ella nel ginnasio lasciò palpitanti 39 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto alcuni suoi membri, ciò fu per essersi tratto da sè sul proprio capo il braccio tremendo di un fortissimo campione. Rovesciato una volta il primato pontificio, tutto il romano edifizio cadeva in ruina. Un mortale pericolo soprastava adunque al papato; e nondimeno nè Miltitz nè il Gaetano fecero un sol passo per impedire questa lotta novella. Immaginavansi forse di dover cantare vittoria? od erano più presto presi da quell’accie camento che trascina le potenze nella loro caduta ? Lutero, che dato aveva un raro esempio di discrezione col tenersi un sì lungo tempo in silenzio, senza tema rispose alla provocazione del suo avversario, e tosto oppose novelle tesi a quelle di Eck. L’ultima era questa: « Ed è con decretali da » movere a compassione, con decretali di romani pontefici, fat » tura di quattro secoli fa, e forse meno, che vuolsi provare il » primato della romana Chiesa ? Ma questo primato ha contro di » sè la storia degna di Fede di undici secoli, e le conclusioni » del concilio niceno, il più santo di tutti i concilii [8] » « Dio sa (scriss' egli nel tempo stesso all’elettore), Dio sa che » mia ferma intenzione era quella di tacermi, e sa quanto io » era contento di veder finalmente terminato questo giuoco. Ho » si fedelmente servato il patto concluso col commissario del Papa, » da non aver io risposto a Silvestro Prierias, in onta degli in » sulti fattimi dagli avversarii, in onta de' consigli de' miei amici. «Ma ora il dottore Eck s' alza per attaccarmi, e con me tutta » l’intera università di Wittemberga; nè io posso consentire che » la verità sia a tal modo coperta di obbrobrio [9]. » Nel tempo stesso Lutero scrisse a Carlstadt: « Non voglio, » eccellente Andrea, che voi vi mettiate in questa contesa, sen » dochè sia evidente ch' io sono il chiamato alla mislea. Gitterò » volontieri attraverso i miei più gravi lavori per intendermi e » rispondere ai giuochi di questi lusingatori del pontefice ro » mano [10]. »Poi apostrofando il suo avversario: « Ora adunque ,» mio caro Eck (con altero disdegno gli grida da Wittemberga t ad Ingolstadt), uomo forte! mostrati animoso, e sul femore ti » cingi la spada [11], Se non potei piacerti qual mediatore, ti pia » cerò forse più qual avversario; non già ch' io presuma di vin » certi, ma sibbene perchè, dopo i tuoi trionfi di Ungheria, di » Lombardia e di Baviera (se pur Fede è dovuta alla voce che ti facesti correre tra noi), io ti offrirò l'occasione di essere gridato » trionfatore della Sassonia e della Misnia, in guisa che tu sarai » per sempre salutato col glorioso titolo di augusto [12]. » Tutti gli amici di Lutero non erano al pari di lui coraggiosi, perocchè niuno sino a quelr ora avea potuto resistere ai sofismi di Eck. Ma ciò che più solleciti li tenea era l’argomento della di sputazione: il primato del Papa ! Come mai il povero monaco di Wittemberga potrà venire alle prese con quel gigante che per tanti secoli ha 40 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto schiacciati tutti i suoi nemici? Tremano i cortigiani d' intorno all’elettore di Sassonia; Spalatino, il confidente del principe, l’intimo amico del riformatore, è in grandi inquietu dini; sollecito è lo stesso Federico; e la spada stessa di cavaliere del santo Sepolcro che gli fu cinta in Gerusalemme, non baste rebbe a questa guerra. Lutero solo impavido si sta, pensando che l’Eterno gli dia vittoria contro il suo avversario, e nella Fede che lo anima trova di che afforzare i suoi amici. « Ve ne sup » plico, mio caro Spalatino (gli scriveva), non vi lasciate da ti » more sopraffare: voi ben sapete che se Gesù Cristo non fosse » per me, quanto feci sinora mi avrebbe condotto in perdizione. » Ultimamente ancora non fu scritto dall’Italia al cancelliere del » duca di Pomerania, ch' io aveva posta Roma sossopra, e che r, non sapevasi in qual modo attutire quel tumulto? Per la qual » cosa si pensava di pormi le mani addosso, non già con le regole volute dalla giustizia, ma con le romane astuzie (tali sono » le parole) che suonano, per quanto penso, veleno, insidie ed » assassinio. » Io vado infrenando me stesso; e per riguardo da me dovuto » all’elettore ed alla università, servo in petto da parecchi mesi » assai cose ch' io farei servire contro Babilonia se fossi altrove. » Oh ! mio povero Spalatino ! è impossibile il parlare con verità ') della Scrittura e della Chiesa, senza irritare la bestia. Non ispe » rate adunque mai di vedermi in riposo, a meno che io non » rinunzi alla teologia. Se questo fatto è veramente di Dio, non » potrà terminarsi che quando sarò abbandonato da tutti i miei » amici, a quel modo in cui tutti i discepoli abbandonarono Gesù » Cristo. La sola verità terrassi ferma e trionferà con la sua de » stra, non già per la mia, nè per la vostra, nè per quella d' uomo » qualsivoglia [13]. Se perirò, non perirà meco il mondo; ma, mi » serabile qual sono, temo di non essere degno di porre la vita » per una tal causa. »Verso quel tempo stesso scriss' egli ancora : « Roma brucia dalla voglia di avermi nelle mani, ed io spreco » troppo tempo nel ridermi di lei. Mi si dà per cosa certa che in » Roma si è bruciato pubblicamente nel Campo di Flora un Mar » tino Lutero di carta, dopo averlo esecrato e maledetto. Aspetto » il loro furore [14]. Il mondo intero (continua) si agita e traballa; » che sarà per accadere? Dio solo lo sa ! in quanto a me, preveggo guerre e grandi sciagure. Dio abbia pietà di noi [15]! » Lutero scriveva lettera sopra lettera al duca Giorgio * per ot tenere da lui la permissione di recarsi e di prender parte alla disputa di Lipsia, città de' suoi stati; ma non ricevevane mai risposta [16]. Il nipote di Podiebradio, re di Boemia, atterrito dalla proposizione di Lutero intorno l’autorità del Papa, e in timore di veder sorgere nella Sassonia le guerre di cui la Boemia era un sì lungo tempo stata il teatro, non voleva concedergli una tale permissione. Lutero allora si determinò a render di pubblica ra gione parecchie sue dichiarazioni intorno questa tredicesima tesi. Ma questo scritto, lungi dal persuadere il duca Giorgio, lo con fermò invece nella sua prima risoluzione. Ricusò ricisamente al riformatore la domandata 41 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto permissione di disputare, e gli permise unicamente di assistere alla disputazione qual uditore [17]. Era questa una grande angustia per Lutero; ma la volontà che in lui prevale ad ogni altra è quella di ubbidire a Dio. Egli vi andrà, starà a vedere. ad udire, e aspetterà il tempo accettevole. Il principe Giorgio favoriva in quell’ora calorosamente la di sputa tra Eck e Carlstadt; era devoto all’antica dottrina, ma era ad un tempo di gran rettitudine, e sincero, ed amante del libero esame, nè credeva che ogni opinione dovesse aversi per eretica unicamente per dispiacere a Roma. L'elettore, per altro verso, insisteva presso di suo cugino, e Giorgio, fatto più sicuro dalle parole di Federico, ordinò che la disputa si tenesse [18]. Il vescovo Adolfo di Merseburgo, nella cui diocesi Lipsia erasita, intese, meglio di Miltitz e del Gaetano, il pericolo che si correva nel commettere a singolare certame il dubbio successo di si capitali argomenti. Roma non poteva esporre a siffatti rischi il frutto di un lavoro di tanti secoli; e tutti i teologi di Lipsia, non meno inquieti, supplicavano al loro vescovo l’interdizione di questa disputazione. Adolfo adunque fece in proposito le più energiche rimostranze al duca Giorgio, il quale con molto buon senso gli rispose: « Mi sorprende che un vescovo palesi tanto or » rore per l’antica e lodevole costumanza de' nostri padri, di » esaminare le quistioni dubbiose nel fatto della Fede. Se i vostri » teologi si ricusano dal difendere le loro dottrine col denaro » ch' è loro dato, meglio sarebbe sovvenire alle vecchierelle ed » ai fanciulli, che saprebbero, se non altro, filare e cantare [19]» Questa lettera non operò sul vescovo e sui teologi l’effetto che se ne doveva aspettare. L’errore ha una secreta coscienza che gli fa temere l’esaminare, anche quando più parla di libero esame; e dopo di essersi fatto innanzi con imprudenza, si ritira con vi gliaccheria. La verità non suol provocare, ma provocata tien fermo; l’errore provoca, poi dassi vilmente alla fuga. Per altro verso, il fiorire dell’università di Wittemberga era per quella di Lipsia cagione di gelosia; e per giunta, monaci e preti dall’alto de' pergami supplicavano il popolo a fuggire gli eretici novelli. Lutero laceravano in ogni guisa, e lo rappresentavano, in uno co' suoi seguaci, agli occhi della moltitudine co' più neri colori, per aizzare la folla degl’ignari contro i dottori della Riforma [20]. Tezel, che viveva ancora, si ridestò, per gridare dal suo ritiro: « E il » demonio che sospinge a questo combattimento [21] ! » Tutti i professori di Lipsia, vuolsi pur dire, non la pensavano ad un modo. Vi erano gli indifferenti sempre in frega di ridersi de' falli delle due sette; e di questo numero era Pietro Mosellano, professore di greco. Poco curavasi di Eck, di Carlstadt e di Martino Lutero, ma dalla loro lotta grande spasso riprometteva a sè stesso, e ad Erasmo, suo amico, scriveva in proposito: « Glo ri vanni Eck, il più illustre de' gladiatori di penna e dei rodo » monti, Giovanni Eck, che, qual Socrate in Aristofane, dis pregià gli stessi dei, verrà alle mani in una disputa con Andrea » Carlstadt. Finirà il combattimento con grandi risate. Dieci De » mocriti troverannovi di che ridere [22]. » 42 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Erasmo all’incontro, il timido Erasmo, era sgomentato dal pensiero di un combattimento, e la sua timorosa prudenza avrebbe voluto la disputa impedire. Scrisse per ciò a Melantone: « Se » vorrete ascoltare Erasmo, voi v' intenderete più di proposito a » far fiorire i buoni studii, anzichè a perseguitarne i nemici 1; » e pensò che a tal modo più rapidi sarebbero i nostri progressi. » Abbiamo sempre presente che in questa lotta noi dobbiamo » trionfare non solo con la eloquenza, ma sibbene con la mode » stia e con la dolcezza. »Ma nè le paure de' preti, nè la pru denza de' rappaciatori potevano più impedire il combattimento; ed ognuno preparò l'armi sue. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Dominus evigilavit et stat ad judicandos populos (Luth., Opp. lat., in Praf.). [2] Deus rapuil, pellit, nedum ducit me; non sum compos mei; volo esse quie tus, et rapior in medios tumultus (Luth., Epp., I, p. 231 ). [3] Nihil cupiebat ardentius, quam sui specimen prabere in solemni disputa tione curn arnuto (Pali., Hist. Con. Trid., I, p. 55). [4] Defensio adversus Ecìdi monomachiam. [5] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 242. [6] Sed Deus in medio deorum; ipse novit quid ex ea tragadia deducere vo luerit (Luth., Epp., I, 230, 232). [7] Veggasi il volume 1°. [8] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 245. [9] Luth., Epp., I, p. 237. [10] Gaudens et videns posthabeo istorum mea seria ludo (Luth., Epp., I, p. 25] ). [11] Esto vir fortis et accingere gladio tuo superfemur tuum, potentissime ! (Luth., Epp., I, p. 251). [12] Ac si voles semper Augustus saluteris in aiternum (Ibid.). 43 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [13] Et sola sit veritas, qua salvet se dextera sua, nonmea, non tua, non illius hominis (Luth., Epp., l, 261). [14] Expecto furorem illorum (Ibid., p. 280, 30 maggio 1519). [15] Totus orbis nutat et movetur, tam corpore quarn anima (Ibid.). [16] Ternis litteris a duce Georgia non potui eertum obtinere responsum (Ibid., p. 282). [17] Ita ut non disputator, sed spectator futurus Lipziam ingrederer (Luth., Opp iai., in Praf.). [18] Principi* nostri verbo firmatus (Luth., Epp., I, 255). [19] Schneider, Lipz. Chr., IV, 168. [20] Theologi interim me proscindunt. Epp., J, 255). [21] Das watt der Teufel ! (Ibid.). [22] Seckend., p 201. populum Lipsia indomani (Luth., 44 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TERZO SOMMARIO. — Arrivo di Eck e dei Wittemberghesi a Lipsia.— Amsdorf. — Gli studenti. — Ordini del vescovo. — Eck e Lutero. — La Pleissenburg. — Pubblicità e giudici della disputa. Eck fu il primo a recarsi a Lipsia; e vi giunse il dì 21 giugno in compagnia di Poliandro, giovane per lui condotto da Ingolstadt al fine di fargli scrivere la relazione della disputa. Ogni maniera d' onori resi furono allo scolastico dottore; in abiti sacerdotali, ed alla testa di numerosa processione, percorse le strade della città nel giorno del Corpusdomini. Ognuno voleva vederlo, e tutti gli abitanti (die' egli stesso) parteggiavano per lui; « E frat » tanto (aggiunge j correva voce per tutta la città che nel combattimento avrei avuto la peggio. [1]» Il giorno dopo il Corpus domini, venerdì 24 giugno, festa di san Giovanni, giunsero in Lipsia i Wittemberghesi. Carlstadt, che dovea combattere con Eck, stava solo nel suo carro, e tutti gli altri precedeva. Il duca Barnim di Pomerania, che studiava a Wittemberga, e che vi era stato eletto rettore della università, veniva agli altri dietro in una vettura scoperta, e stavangli ai fianchi i due gran teologi, i padri della Riforma, vogliamo dire, Lutero e Melantone. Quest' ultimo non aveva voluto lasciare il suo amico, ed a Spalatino aveva detto: « Martino, il soldato del Signore, ha rimestata questa fetida fogna Il mio animo si sdegna quando penso ai vergognosi portamenti do' teologi del Papa. » Tenetevi fermo e stateci in Fede! [2]» Lutero stesso aveva desiderato che il suo Acate, come lo chiamava, lo accompagnasse. Giovanni Lange, vicario degli Agostiniani, molti dottori di leggi, parecchi licenziati in lettere ed in filosolìa, due licenziati in teologia, ed altri ecclesiastici, tra' quali, Nicolao Amsdorf, chiude vano il codazzo. Amsdorf, rampollo di una nobile famiglia della Sassonia, nulla curandosi della splendida carriera a cui poteva essere chiamato dall’illustre suo nascimento, erasi consacrato alla teologia. Le tesi intorno le indulgenze lo avevano condotto alla conoscenza della verità; ed avea tosto fatta una coraggiosa professione di Fede [3]. Dotato dalla natura d'una tempra d'animo forte e di un carattere veemente, sospinse spesso Lutero, già subitano naturalmente, ad atti forse imprudenti.nato grande com'era, i grandi punto non temeva, e parlò loro talvolta con una libertà che sentiva di ruvidezza. « Il Vangelo di Gesù Cristo (disse un giorno in una nobile assemblea) pertiene ai poveri ed agli afflitti, » e non a voi, principi, signori e cortigiani, che versate assidui » tra gli agi e le morbidezze e la letizia [4]. » Ma il seguito di Wittemberga componevasi inoltre di molti studenti, venuti a Lipsia coi loro professori. Eck pretende che questi fossero dugento; e armati di picche e di alla barde, circondavano i veicoli dei dottori, pronti a difenderli, e alteri della loro causa. Tal era l’ordine in cui entrò in Lipsia il codazzo de' riformatori per la porta di Grimma. Giunto dinanzi al cimitero di san Paolo, una ruota del carro di Carlstadt si 45 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ruppe, e l’arcidiacono, il cui amor proprio tanto fruiva di un ingresso sì solenne, cadde nella fanghiglia. Non fecesi alcun male; ma fu obbligato di recarsi pedestremente al luogo di sua dimora. Il carro di Lutero gli preì rapidamente, e condusse il riformatore sano e salvo all’albergo, dove smontò. Il popolo di Lipsia assembrato lungo le vie per vedere i campioni di Wittemberga, trasse un sinistro presagio dal caso occorso a Carlstadt; e ben presto per tutta la città si conchiuse: che Carlstadt sarebbe perdente nel combattimento, ma che Lutero rimarrebbe vi vincitore [5]. Adolfo di Merseburgo non tennesi con le mani in mano; e appena intese l'appressarsi di Lutero e di Carlstadt, prima che fossero discesi dalle loro vetture, fece affiggere a tutte le porte delle chiese il divieto di cominciare la disputa sotto pena di scomunica: il duca Giorgio, maravigliato di tanta audacia, ingiunse al consiglio della città di far lacerare quegli affissi, e fece incarcerare l’ardito mezzano che osato aveva di eseguire quell’ordine vescovile [6]. Questo principe erasi recato a Lipsia, accompagnato da tutta la sua corte, e seco era quel Gerolamo Emser, presso il quale Lutero avea passata in Dresda una famosa sera [7]. Giorgio fece ai campioni delle due parti i regali d'uso. « Il duca (dice Eck coniattanza) mi fece presente di un bel cervo, e a Carlstadt donò » un capriuolo [8]. » Appena seppe Eck che giunto era Lutero, recossi tosto da lui, e gli disse: « E che ! intendo dire che vi ricusate dal disputare con me ! » Lutero. E come potrò io disputare, se il duca me lo divieta? » Eck. Se non posso con voi disputare, mi curo pochissimo di » accapigliarmi con Carlstadt. Per voi qui venni [9]. »Poi fatto un momento silenzio, soggiunse: « E se vi procuro la permissione » del duca, vi mostrerete voi sul campo di battaglia? » Lutero, tutto lieto. Procuratemela, e noi combatteremo. » Eck andò tosto dal duca, e s' ingegnò di dissiparne i timori; disse gli di essere certo della vittoria, e che l’autorità del Papa, lungi dall’essere dalla disputa abbassata, ne uscirebbe raggiante di gloria. Bisogna (diceva) attaccare il capo di fronte. Se Lutero rimane in piedi, tutto rimane in piedi; e se cade, tutto cade con lui. Il duca Giorgio accordò la chiesta permissione. Egli avea fatto apparecchiare una gran sala nel suo palagio detto la Pleissenburg. Due cattedre alzavansi l’una rimpetto all’altra, e tavole v' erano attorno disposte pe' notai che dovevano distendere per iscritto la disputa, e banchi per gli uditori. Le cattedre ed i banchi erano coperti di magnifici tappeti; a quella del dottore di Wittemberga stava appesa l’immagine di san Martino di cui portava il nome, e da quella del dottore Eck pendeva la figura del cavaliere san Giorgio. «Noi vedremo (disse il prosuntuoso Eck » nel fisar gli occhi sopra questa immagine), vedremo se l’animo » mi basta di pormi a cavallo sopra i miei nemici. »Ogni cosa annunziava l’importanza che ognuno dava a questa disputazione. Il dì 25 giugno una riunione ebbe luogo nel palagio ducale per i stabilir l’ordine da seguitarsi. Eck, che molto si confidava nelle sue declamazioni e ne' suoi gesti, e forse poco nella forza 46 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto de' suoi argomenti, gridò: « Noi disputeremo liberamente e di abbondanza; ed i notai si asterranno dal distendere per iscritto le nostre parole. » Carlstadt. Si è già convenuto che la disputa sia scritta, pubblicata e sottoposta a pubblico giudizio. » Eck. Scrivere tutto ciò che è detto, è un voler illanguidire lo » spirito de' combattenti e trarre per le lunghe la battaglia; e tutta » vien meno allora quella vigoria che richiedesi in un' animata » disputazione; non pongasi intoppo al torrente delle parole [10]. » Gli amici di Eck fiancheggiarono tal sua domanda; ma Carlstadt stette alla dura, e il campione di Roma ceder dovette alle obbiezioni poste innanzi dal suo avversario. « Eck. Ebbene, così sia (gridò); ma la disputa scritta da' notai non sarà pubblicata se prima non sarà stata sottoposta all’esame di certi giudici. » Lutero. La verità del dottore Eck e de' suoi seguaci teme » adunque la luce? » Eck. Giudici sono necessari ! » Lutero. E quali? » Eck. Quando la disputa sarà finita, c' intenderemo per nominarli. » L’intendimento de' papisti era palese. Se i teologi di Wittemberga accettavano giudici, la loro causa era perduta; sendochè i loro avversarii fossero già sicuri del favore di que' giudici a cui avrebbero questa causa rimessa; e se li avessero ricusati, gli avversari avrebberli coperti di vergogna, col vulgare ovunque ch' essi temevano di soggettarsi alla sentenza di giudici senza amore di parte. I riformatori volevano per giudici non tale o tal altro individuo di un' opinione anticipatamente fermata, ma l'intiera cristianità. Se ne appellavano in sostanza al suffragio universale; e del rimanente poco si ponevano in affanno; chè se fossero anche stati con dannati, nel trattare la loro causa in presenza del mondo intero, avrebbero sempre mai tratta qualche anima all’evangelica luce. « Lutero (dice uno storico romano) domandava per giudici tutti i fedeli, un tribunale in sostanza da non trovarsi urna grande a bastanza per contenerne i voti [11]. » Separaronsi senza aver nulla conchiuso; e Lutero e gli amici dj lui si dissero tra loro: « Vedete qual’astuzia usano costoro ! Essi » vogliono certamente domandare per giudici il Papa stesso o le » università ! » E nel fatto, il giorno dopo i teologi di Roma inviarono a Lutero un loro messo, incombenzato di proporgli per giudice... chi'? il Papa!... « Il Papa! (sclamò Lutero) e come potrei io accettarlo?..» Tutti gli amici del riformatore gli furono attorno per dirgli: « Guardatevi benedall’accettare sì ingiuste condizioni. »Eck e i suoi consultarono di nuovo; e rinunciando al Papa, proposero alcune università. Lutero rispose: « Non ci togliete la libertà che » prima ci avete accordata; » ed essi a lui: « Su questo punto » cedere non possiamo. »Lutero allora soggiunse: « Quando la » 47 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto vogliate a tal modo, io non disputero [12] ! » Ed eccoli separali un' altra volta ! Tutta la città d' altro non parla che di questo fatto; i papisti gridano dappertutto: « Lutero » non vuol accettare la disputa!... non vuol riconoscere alcun giudice!... »Si pispiglia, si commenta, si torcono le parole, e fassi ogni sforzo per trarlo alla peggiore sentenza. I migliori amici del riformatore andavan dicendo: « E sarà vero ch’ egli non voglia disputare? » E in questo dire, corrono a lui a fargli palesi le loro inquietudini: « Voi ricusate il combattimento! 'gli gridano) e non considerate l’eterna vergogna che il vostro rifiuto riversa sulla vostra università e sulla vostra causa? » Era questo un ferir Lutero nella parte sua più sensibile; per la qual cosa, pieno il cuore d' indignazione, rispose: « Or bene! accelto le condizioni che mi si impongono; ma riservomi il diritto di appello, ed » escludo la corte di Roma '[13]. » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Malim te plus opera sumere in asserendis bonis litteris, quam in sectandis harum hostibus (Corpus Reform., ed. Bretschneider, I, 78, del 22 aprile 1519). [2] Martìnus, Domini miles, hanc camarìnam movit (Corpus Ileform., ed. Bretschneider, I, 82). [3] Nec curti carne et sanguine din contulit, sed statini palam ad alios idei confessionem constanter edidit (M. Adami Vita Amsdorf). [4] Weissmann, Hist. Eccl, I, p. 1444. [5] Seb. Froschel, vom Priesterthum. Wittemb., 1585, in Praf. [6] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 245. [7] Yeggasi il volume I°. [8] Seck., p. 190. [9] Si tecum non licet disputare, neque cum Carlstatio volo; propter te enìm huc veni (Luth., Opp, in Praf.). [10] Melantone, Opp., 1, 139 (ed. Kocthe). [11] Aiebat, ad universos mortales pertinere jadicium, hoc est, ad tribunal eujus colligendis calculis nullaurna satis capax (Pallav., Hist. Cono. Trid., 1, p. 55). 48 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [12] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 245. [13] Ibid., p. 246. 49 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUARTO SOMMARIO. — Il Codazzo. — Invocazione dello Spirito Santo. — Ritratti di Lutero, di Carlstadt e di Eck. — I libri di Carlstadt. — Questione del libero arbitrio. — Meritodi convenienza. — Forze Naturali. — Punto in cui Roma e la Riforma si seperano. — Il Quaderno di Carlstadt. — Le Tribune. — Melantone durante la disputa. — Concessione fatta da Eck. — Predicazione di Lutero. — I Cittadini di Lipsia. — Querele degli stu denti e dei dottori. — Il Duca Giorgio. Il dì 27 giugno fu stabilito per dar principio alla disputazione; e nella mattina riunironsi le due parti nel gran collegio della università, da cui si resero processionalmente alla chiesa di san Tommaso, dove una messa solenne fu celebrata per ordine ed alle spese del duca. Terminata che fu, gli assistenti si recarono in processione al palagio ducale, e stavano alla testa il duca Giorgio e il duca di Pomerania. Seguitavano i conti, gli abbati, i cavalieri ed altri personaggi autorevoli, e ultimi i dottori delle due parti. Una guardia composta di settanta sei cittadini, armati di labarde, accompagnavano quel seguito con bandiere spiegate e al suono di marziali istrumenti; la quale si fermò alle porte del palagio. Entrati nella sala, ognuno recossi al posto ch' era gli assegnato. Il duca Giorgio, il principe ereditario Giovanni, il principe Giorgio di Anhalt, in età di dodici anni, e il duca di Pomerania occuparono gli scanni ad essi destinati. Mosellano montò sulla tribuna per ricordare ai teologi, d' ordine del duca, in qual modo dovevano disputare. « Se vi gittate in querele (disse loro l’oratore), qual differenza si potrà fare » tra un teologo che discute, ed un duellante sfrontato ? Il trionfare in questo agone deve stringersi a far ricredere un fratello » dell’error suo...; e pare che ciascuno debba qui desiderare » d' essere vinto anzichè vincitore [1] ! » Terminato questo discorso, un' armonia religiosa risuonò sotto le volte della Pleissenburg; tutti si posero in ginocchioni, e l’inno Veni, Sancte Spiritus fu cantato solennemente. Ora solenne veramente si fu questa nei fasti della Riforma ! Tre volte l’invocazione fu ripetuta; e nel mentre che questo canto grave si udiva, i campioni dell’antica e quelli della nuova dottrina, gli uomini della Chiesa del medio evo e quelli che volevano stabilire la Chiesa degli apostoli, riuniti e frammisti, inchinavano umilissimamente la loro fronte a terra. L’antico vincolo d' una sola comunione riuniva ancora in un fascio tutti gli uomini diversi nel pensare ch' erano ivi; la stessa preghiera usciva ancora da tutte quelle bocche, come se venisse da un cuor solo. Erano quelli gli ultimi istanti dell’esterna unità, vogliamo dire, della morta; e una nuova unità di spirito e di vita andava a cominciare. Lo Spirito Santo era invocato sopra la Chiesa, e lo Spirito Santo veniva a rispondere, a rinnovellare la cristianità. 50 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Finiti i canti e la preghiera, ognuno si alzò; la disputazione doveva incominciare, ma l’ora meridiana suonò; e rimandossi il fatto alle due pomeridiane. Il duca riunì alla sua mensa i principali personaggi che vole vano assistere al dibattimento; e levate le tavole, tornossi al palagio ducale. La sala era piena di uditori; chè le dispute di tal genere erano allora quali oggidì le pubbliche assemblee; e in esse i rappresentanti del secolo trattavano le quistioni che preoccupavano tutte le menti. Gli oratori, senza indugio, corsero ai loro posti; e affinchè ognuno se li possa raffigurare alla meglio in suo pensiero, offriremo qui le loro iconografie, e quali ci furono la sciate dall’uno de' testimonii più spassionati di quella lotta. «Martino Lutero è di mezzana statura, e tanto magro, a cagione de' faticosi suoi studii, che quasi tutte le sue ossa si possono annoverare. È nel vigore degli anni, e la sua voce è chiara » e sonora. La scienza e l'intelligenza sua nelle sante Scritture » sono incomparabili veramente; la Parola di Dio è tutta intera » nelle sue mani [2]. Oltre a ciò ha gran divizia di argomepti e di pensieri. Forse potrebbesi in lui desiderare un maggior giu o dizio per porre ogni cosa al suo debito luogo. Nel conversare è » affabile ed onesto; nulla di stoico nè di orgoglioso in lui si ravvisa; sa accomodarsi a ciascuno; il suo modo di parlare è pia si cevole e pieno di giovialità. Palesa gran fermezza, e il suo volto » ha sempre un' aria di soddisfazione, per quanto siano gravi le minacce de' suoi avversar». Obbliga per tal modo a credere » ch' egli operi sì grandi cose non da sè, ma coll’aiuto di Dio. » Gli si rimprovera, per altro, di essere, nel riprendere altrui, più mordace che ad un teologo si convenga, e precipuamente quando annunzia cose nuove in materia di religione. » Carlstadt è ancora più picciolo della persona; la sua faccia è » nera ed abbronzata; la sua voce è spiacevole; la sua memorativa è meno sicura di quella di Lutero, e più di questo è inchinevole all'ira. Nondimeno scorgonsi in lui, ma in grado minore, le qualità che splendono nel suo amico. »Eck è d' alta statura, di late spalle; e la sua voce è tutta alemanna. È valido di reni, in guisa che farebbesi intendere benissimo sul teatro, e sarebbe un eccellente gridatore di pub » blici bandi. Il suo accento è rozzo, più presto che distinto; e r, manca di quella grazia tanto laudata da Fabio e da Cicerone. » La sua bocca, i suoi occhi e tutto il suo volto destano l'idea » di un soldato, di un beccaio, più presto che di un teologo [3]. » Ha un' eccellente memorativa; e se l’intelligenza in lui fosse » pari, sarebbe un uomo veramente perfetto. Ma stenta ad in tendere, e manca di buon giudizio, in difetto del quale ogni » altro pregio intellettuale torna indarno. Il perchè nel disputare » agglomera senza scelta, senza discernimento, passi della Bibbia, citazioni di Padri e argomenti d' ogni maniera. Arrogo, » ch' egli è di un' impudenza appena credibile; sicchè se trovasi » avviluppato, esce dell’argomento, e slanciasi in altro, e qual » che volta ancora fa sua l’opinione del suo avversario, rimpa » standola con altre parole, e con istraordinaria destrezza attribuisce all’emolo suo l’assurdo eli' egli difendeva. » Tali erano, in sentenza di Mosellano, gli 51 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto uomini che in quell' ora traevano a sè tutta l’attenzione della folla che accalcavasi nella gran sala della Pleissenburg. La disputa cominciò tra Eck e Carlstadt. Eck teneva gli occhi fisi sugli oggetti che cuoprivano la tavoletta della cattedra di Carlstadt, e pareva che gli dassero inquietudine: erano la Bibbia e i santi Padri. Gridò d' improvviso: « lo mi ricuso dal disputare, se vi è permesso di recar libri convoi. »Un teologo aver ricorso per disputare a' suoi libri ! La ma raviglia di Eck era più maravigliosa ancora. « E una foglia di fico, di cui questo Adamo si serve per nascondere la sua vergogna (dico Lutero). E Agostino non consultò forse libri nel combattere contro i manichei [4]? » Non importa ! i partigiani di Eck menano gran romore, e si esclama: « Quest' uomo è senza » memoria ! » Finalmente si stanziò, secondo il desiderio del cancelliere d' Ingolstadt, che ciascuno dovesse servirsi unica mente della sua memoria e della propria loquela. « A tal modo » (dissero molti ) in questa disputazione non tratterassi punto di cercare la verità, ma sibbene encomii da darsi alla lingua ed » alla memoria de' combattenti. » Non potendosi qui riferire per disteso una disputa che durò diciassette giorni, noi dobbiamo, come dice uno storico, i di pintori imitare, i quali, quando trattasi di rappresentare una battaglia, disegnano sul primo campo i fatti più notevoli, gli altri figurando in lontananza [5]. L’argomento della disputa di Eck e Carlstadt era importante : « La volontà dell'uomo, prima della sua conversione (diceva » Carlstadt), non può operare il bene; chè ogni opera buona » viene interamente ed esclusivamente da Dio, che dà all’uomo, » prima la volontà di farla, e poscia la forza di compierla. » Questa verità era stata proclamata dalla santa Scrittura, che dice: Conciosiacosachè Iddio sia quel ch’ opera in voi il volere e l’operare, per lo suo beneplacito [6]; e poscia da sant'Agostino, il quale, nella sua disputa co' pelagiani, l’aveva annunziata quasi nè termini stessi. Ogni opera in cui manchi l’amore e l’obbedienza verso Dio, è agli occhi di Lui spoglia di ciò che solo può renderla buona veramente, fosse nel rimanente prodotta dai più onorevoli motivi umani. Ora, nell’uomo sta una naturale opposizione a Dio, il vincer la quale è cosa al disopra delle sue forze. Gliene manca il potere, gliene manca pure la volontà. Questo adunque deve farsi per divina potenza. Tal’era la questione discussa tra Carlstadt ed Eck. Questi in sulle prime avea mostrato di opporsi all’intutto alle proposizioni del suo avversario su questo argomento; ma scorgendo la malagevolezza di mantenersi sul terreno per lui scelto, disse: « Accordo che la volontà dell’uomo non ha il potere di fare un' » opera buona, e che lo riceve da Dio. »— Carlstadt, tutto lieto per aver ottenuta una tale concessione, gli domandò: « Riconoscete voi adunque che un' opera buona viene tutta intera da » Dio ?» E lo scolastico allora sottilmente rispose: « Tutta l’opera » buona 52 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto vien beneda Dio, ma non interamente. »— « Ecco, » sclamò Melantone, ecco un trovato ben degno della scienza » teologica !» — « Un pomo (Eck proseguiva) è prodotto tutto dal » sole, ma non totalmente e senza il concorso della pianta [9]. » Certamente niuno mai sostenne che un pomo sia tutto prodotto dal sole. « Ebbene» dissero allora gli opponenti, addentrandosi viemaggiormente in questa quistione sì delicata e di tanta importanza in filosofia ed in religione, « esaminiamo adunque in qual modo Dio » opera sull’uomo e come l'uomo si adoperi in questaazione .» — « Riconosco (diceva Eck) che il primo impulso per la conversione » dell’uomo viene da Dio, e che la volontà dell’uomo vi è passiva interamente [10]. »E sin qui i due disputanti erano d' accordo. Carlstadt poi dal canto suo diceva: « Riconosco che dopo questa » primaazione che viene da Dio. bisogna che qualche cosa » venga dalla parte dell’uomo; ed è ciò che san Paolo chiama » volontà, e i santi Padri, consentimento. »Ed anche qui i due campioni trovavansi d' accordo; ma da questo momento si separano. « Questo consentimento dell’uomo (diceva Eck) viene in » parte dalla nostra volontà naturale, e in parte dalla grazia di » Dio [11]. »E Carlstadt rispondeva: « No, no; chè fa d' uopo » che Dio crei intieramente questa volontà nell’uomo [12]. »Eck comincia a maravigliarsi, ad irritarsi, all’udir parole sì proprie a far sentire all’uomo tutto il suo nulla, e grida: « La vostra » dottrina fa dell’uomo una pietra, un tronco, inetto ad ogni » reazione!... » — E i riformatori rispondono: « E che! la » facoltà di ricevere queste forze che Dio opera in lui, questa » facoltà che l'uomo possiede, secondo noi, non lo distingue » a bastanza dalla pietra, dal tronco? » Ed Eck ad essi: « Ma » voi vi ponete in contradizione con l’esperienza nel ricusare » all’uomo ogni forza naturale. »E gli avversarii a lui: « Noi » non neghiamo forze all’uomo, nè la facoltà di riflettere, di » meditare, di scegliere. Noi consideriamo solamente queste forze e queste facoltà quai semplici strumenti che nulla possono fare » di buono se non sono prima mossi dalla mano di Dio. Sono » come la sega nella mano dell’uomo che l’adopera [13]. » La gran quistione della libertà era quivi discussa; ed era facile il mostrare che la dottrina de' riformatori non toglieva all’uomo la libertà di un agente morale, e che di lui non faceva una macchina passiva. La libertà di un agente morale consiste nel potere di operare conformemente alla sua scelta. Ogniazione fatta senza esterna violenza, e in conseguenza della determinazione dell’anima stessa, è un'azione libera. L’anima si determina per motivi, ma scorgesi sempre che gli stessissimi motivi adoperano diversamente sulle diverse anime. Molti uomini non operano punto in conformità dei motivi, de' quali, per altro, riconoscono tutta la forza; e questa inefficacia dei motivi deriva dagli ostacoli loro opposti dalla corruzione dell’intelletto e del cuore. Ora, Dio questi ostacoli rimuove col dare all’uomo un altro cuore, un altro intelletto; e col toglierli via, lungi dal togliere all’uomo la libertà, toglie invece ciò che impediva all’uomo di 53 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto .operare liberamente, di seguitare la voce della sua coscienza, e, secondo l’evangelica parola, lo rende veramente libero (Giovanni, Vili, v. 36). Un picciolo incidente sorgiunse ad interrompere la disputa. Carlstadt (Eck è quello che lo racconta [14]) avea preparati parecchi argomenti, e, come far sogliono molti oratori odierni, leggeva ciò che aveva scritto. Eck in questo altro non seppe scorgere, se non una pratica da scolaro, e vi si oppose. Carlstadt, imbarazzato, e in timore di non camminar benese gli era tolto il suo quaderno, insistette; e lo scolastico dottore, tutto altero del vantaggio che parvegli avere sopra di lui, sclamò: « Ah! egli non ha buona memoria com' io. »In arbitri fu rimesso questo fatto, i quali permisero di leggere i passi de' Padri; ma stanziarono nel rimanente che si parlasse all’improvviso. Questa prima parte della disputa fu spesso interrotta dal rumore degli assistenti, che si agitavano e gridavano quando udi vano una proposizione di mal suono per le orecchie loro; e allora interverveniva, siccome a' giorni nostri, che bisognava intimare il silenzio agli uditori. Gli stessi disputanti si lasciavano alcuna volta troppo andare, accesi dalla discussione. Al fianco di Lutero stavasi Melantone, il quale, quasi del pari di lui, a se traeva gli sguardi dell’uditorio. Era picciolo della persona, e pareva tanto giovane che niuno dato gli avrebbe più di diciannove anni. Lutero, ch' era più alto di lui di tutta la testa, mostravasi a lui distretto famigliare, e sempre erano veduti entrare, uscire e passeggiare insieme. Un teologo svizzero che fece i suoi studii in Wittemberga, dice « A guardar Melantone, direbbe si un giovanetto; ma per intendimento, per » sapere e per genio è un vero gigante; nè si può intendere » come sì grandi altezze di genio e di sapienza si possano trovar rinchiuse in sì picciolo corpo [15]. »Tra l’una e l’altra conferenza, Melantone conversava con Carlstadt e con Lutero; e li aiutava a prepararsi al combattimento col suggerir loro gli argo menti che la sua vasta erudizione gli faceva trovare. Ma durante la disputa, sfavasi tranquillamente seduto tra gli uditori, attentissimo alle parole de' teologi [16]. Qualche volta però venne in aiuto di Carlstadt; e quando questi stava per soccombere sotto. Ia possente declamazione del cancelliere d' Ingolstadt, il giovane professore soffiava una parola, o porgevagli sotto mano una carta in cui stava scritta la risposta. Sendosene Eck una volta avveduto, sdegnato che questo grammatico (com' egli lo chiamava) osasse mescolarsi nella disputa, si volse a lui e con orgoglio gli disse: « Tacetevi, Filippo, intendetevi ai vostri studii, e non datemi questa noia [17]. » Eck forse presentiva sin d' allora il terribile avversario che avrebbe in lui trovato più tardi. Lutero poi offeso dal villano insulto fatto al suo amico, rispose: « Il giudizio di Filippo per me vale più che quello di mille dottori Eck. » Il sedato Melantone avvisò di leggieri i lati deboli di questa discussione; e con tutta la saviezza e la grazia che sempre splendono nelle sue parole, lasciò scritto: « 54 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Si rimane veramente » sorpresi nel pensare alla violenza posta nel trattare tutte queste » quistioni ! E qual pro avrebbe si mai potuto trarne? Lo Spirito di Dio ama la solitudine ed il silenzio; e quando vi si dimora esso penetra ne' cuori. La sposa di Gesù Cristo non si sta sulle » vie e nei trivii, ma conduce il suo sposo nella casa della madre sua [18]. » Le due parti attribuironsi ciascuna la vittoria; ed Eck pose in opera tutta la sua scaltrezza per far mostra di avere trionfato. Siccome i punti di divergenza si toccavano quasi, spesso interveniva ch' egli sclamava d' aver tratto il suo avversario nella sua opinione; o veramente, Proteonovello, come dice Lutero, rivolgevasi d' improvviso, sponeva in altri termini l’opinione stessa di Carlstadt, poi coll’accento del trionfo gli domandava se già non vedevasi costretto a cedergli la palma E il maggior numero degli uditori, inabili com' erano a discernere questi pessimi sutterfugi del sofista, plaudivano a lui e menavano vanto di vittoria! ... Nondimeno Eck, senza addarsene, concesse assai più di quello ch' erasi proposto. I suoi partigiani ad ogni sua gherminella ridevano sgangheratamente. « Ma io credo assai (dice » Lutero) che ne facevano le viste, e che tra quelle risa occulta vasi per essi una gran croce, quella, cioè, di vedere il loro » capo abbandonare la sua bandiera e il suo esercito, e farsi vergognoso desertore, dopo aver cominciato il combattimento con tanta burbanza [19]. » Tre o quattro giorni dopo il cominciamento della conferenza, erasi il disputare interrotto a cagione della solennità degli apostoli san Pietro e san Paolo. Il duca di Pomerania pregò Lutero di predicare in questa occasione nella sua cappella, e Lutero accettò con allegrezza di cuore. Ma la cappella presto si rese angusta pel gran numero degli accorrenti uditori, e dovettesi pensare a tramutarsi nella gran sala del palagio ducale, dove si tenevano le disputazioni. Lutero, preso il testo del giorno, predicò intorno la grazia di Dio e la potenza di Piero; e la dottrina ch' egli soleva difendere dinanzi ad un uditorio di sapienti, ivi espose pianamente al popolo. Il cristianesimo fa penetrare del pari la luce della verità tanto ne' più alti intelletti, quanto ne' più umili cuori; ed è questo il carattere che lo distingue da ogni altra religione, da ogni altra filosofia. I teologi di Lipsia che avevano udito Lutero predicare, si affrettarono di riferire ad Eck le scandalose parole che offesi avevano i loro orecchi. « Bisogna rispondere (gridarongli), bisogna » pubblicamente confutare questi errori sottili. »Eck desidera valo grandemente; e tutte le chiese sendogli aperte, quattro volte di seguito montò sul pergamo per iscreditare Lutero ed il sermone di lui. Gli amici di Lutero ne furono indignati, e chiesero che il teologo di Wittemberga fosse udito alla volta sua. Ma le loro parole tornarono indarno; chè i pulpiti sono aperti agli avversarii dell’evangelica dottrina, e divietati a coloro che la proclamano. « Io mi terrò in silenzio, disse Lutero, a costo di lasciarmi li ingiuriare, assalire, calunniare, anche senza potermi scusare » e difendere. [20]. » 55 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Nè solamente gli ecclesiastici mostravansi avversi ai dottori evangelici, ma i cittadini stessi di Lipsia in ciò accordavansi col loro clero. Un cieco fanatismo dava in preda quella città alle menzogne ed agli odii che cercavasi di propagare. I principali cittadini non visitarono Lutero, nè Carlstadt, nè punto li saluta vano se per caso li incontravano per le vie. Cercavano di screditarli, di perderli nell’opinione del duca; e per l’opposito, andavano e venivano, mangiavano e bevevano ogni giorno col dottore d' Ingolstadt. Contentaronsi di offerire a Lutero il regalo del vino dovuto ai combattenti; e que' pochi che parteggiavano per lui tenevansi occulti; parecchi nicodemiti lo visitarono di notte ed in gran secreto. Due soli uomini ivi dichiararonsi pubblicamente suoi amici, e furono il dottore Auerbach, che abbiamo già incontrato ad Augusta, e il dottore Pistor, il giovane. La maggior agitazione regnava in Lipsia; e le due sette vi formavano quasi due campi nemici che azzuffavansi pur qualche volta. Gli studenti di questa città spesso venivano a male parole negli alberghi; e dicevasi ad alta voce, e sin nelle assemblee del clero, che Lutero portava seco un diavolo rinchiuso in una scatoletta. « Se nella scatola (rispondeva malignamente Eck) o » semplicemente sotto la sua cocolla si trovi questo diavolo, non so, ma entro quella o sotto questa si appiatta certamente. » Parecchi dottori delle due fazioni, durante la disputa, alloggiati trovavansi in casa lo stampatore Herbipolis; e recaronsi a tali eccessi, che il loro albergatore fu obbligato di tenere in testa della tavola una guardia della città armata di labarda e incombenzata di frapporsi tra' commensali nel caso che fossero per porsi le mani addosso. Un giorno Baumgartner venne alle prese con un gentiluomo amico di Lutero, e si abbandonò ad ira tanto smodata che ne morì. Froschel, narratore di questo fatto, dice: » Io fui tra coloro che l'hanno recato al sepolcro » A tal modo si palesava l’universale agitazione degli animi; e in quel tempo, siccome ai giorni nostri, i discorsi della tribuna offerivano materia di clamorosi ragionamenti nella sala e nella pubblica via. Il duca Giorgio, sebbeneinchinevole assai alla parte di Eck, non mostravasi poi tanto appassionato quanto i suoi sudditi. In vitò seco a pranzo Eck, Carlstadt e Lutero, tutti e tre insieme, e a quest' ultimo disse, a modo di preghiera, che lo andasse a visitare tutto solo. Ma non tardò a starsi in umore con lui, a dar segno di tutte le male prevenzioni che gli erano state ispirate, i Col vostro scritto intorno l’Orazione domenicale (disse gli un giorno con mal umore) molte coscienze avete smarrite; e v'ha » chi si lamenta di non aver potuto dire un solo Pater per oltre quattro giorni. [21] » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Seckend., p. 209. 56 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [2] Seine Gelehrsamkeit aber und Verstand in heiliger Schrift ist unver gleichlich, so dass er fast alles im Griff hat (Mosellano, in Seckend., p. 206). [3] Das Maul, Augen und ganze Gesicht, presentirt ehe einen Fleischer oder Soldaten, als einen Theologum (Ibid.). [4] Pratexil tarnen et hic Adam Me folium ftei pulcherrimum (Lutb., Epp., I, p. 294). [5] Pallav., Risi. Conc. Trid.A, p. 05. [6] Epistola di san Paolo ai Filippesi, lI, v. 13. [7] Meritamih» corujruum. ' . [8] Planck, I, p. 176. [9] Quanquam totum opus Dei sit, non tamen TOTALITER a Deo esse, quem admodum totum pomum eflìcitur a sole, sed non a sole TOTALITER ci sine piantai eflìcientia (Pallav., Hist. Cono. Trid., I, p. 58). [10] Motionem seu inspirationem prevenientem esse a solo Deo; et ibi liberum arbitrium habet se passive. [11] Partim a Deo, partirti a libero arbitrio. [12] Consentit homo, sed consensus est donum Dei. Consentire non est agere. [13] Ut serra in marni hominis traheniis. [14] Seckendorf, p. 192. [15] Giovanni Kessler, che fu più tardi riformatore di San Gallo. [16] Lipiica pugnai otiosus spcclator in reliquo vulgo sedi (Corpus Reform., I, p. HI). [17] Tace, tu, Philippe, ac tua studia cura, ne me perturba (Ibid., p. 149). [18] Melanth., Opp., p. 134. [19] Relictis signis, desertorem exercitus et transfugarti factum (I.uth-, F.pp., I, p. 295). 57 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [20] Mich verklagen, schelten und schmuchen. .. (Luth., Opp., XVII, p. 247). [21] Lòscher, HI, 278. 58 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUINTO SOMMARIO. — Disputa tra Eck e Lutero. — Il primato di Roma. — Esso è di diritto umano. — Ugualità de* vescovi. — Chi è il fondamento, Pietro o Gesù Cristo! — Eck insinua che Lutero è Ussista. — Lutero dichiarasi favorevole alle dottrine di Huss. — Agitazione nell’uditorio. — Celia del dottore Eck. — Il buffone di corte. — Lutero alla messa. — Parola del duca. — Il Purgatorio. — Le indulgenze, ec. — Fine della disputazione. Fu nel dì 4 luglio che incominciò il combattimento tra Eck e Lutero; e tutto annunziava che sarebbe stato più violento, più decisivo del precedente. Calavansi i due campioni nell’arena ,' risoluti a non deporre le armi se non quando la vittoria fossesi dichiarata in favore dell’uno o dell’altro. Gli uditori erano tutti in grande ansietà, sendochè il primato del Papa dovess' essere il primo argomento della disputa. Il cristianesimo ha due grandi avversarii, e sono: il ierarchesimo ed il razionalismo. Nella prima parte della disputa di Lipsia, il razionalismo applicato alla dottrina delle forze dell’uomo era stato combattuto dai Riforma tori. Nella seconda dovevano combattere il ierarchesimo, consi derato in ciò che n' è la base ed il comignolo ad un tempo, vogliamo dire, la dottrina del Papa. Da una parte stava Eck, difensore della religione stabilita, e gloriantesi delle dispute so stenute, siccome suol fare un generale d' esercito delle sue trionfate battaglie [1]: e dall’altra Lutero veniva, il quale pareva che da questa lotta altro non dovesse raccogliere che ignominia e per secuzioni. Ma egli offerivasi al pubblico con una buona coscienza, con una ferma risoluzione di tutto sacrificare alla causa della verità e con un' aspettazione piena di Fede in Dio e nelle liberazioni da lui concedute. Alle sette antimeridiane i due emoli erano saliti nelle cattedre loro, circondati da una numerosa ed attenta assemblea. Lutero si alzò, e usando di una necessaria cautela, disse con modestia : « in nome del Signore ! Così sia. Dichiaro che il rispetto ch' io » ho per lo sommo pontefice mi avrebbe impegnato a non entrare » in questa disputazione, se l’eccellente dottore Eck non mi avesse » trascinato. » Eck. In tuo nome, dolce Gesù ! prima di scender nell’arena, » protesto in vostra presenza, magnifici signori, che quanto dirò » è sottoposto al giudizio della suprema di tutte le sedi e del signore che vi sta seduto. » Dopo breve pausa Eck continuò. « Avvi nella Chiesa di Dio un primato che viene da Cristo me » desimo; la Chiesa militante fu stabilita ad immagine della Chiesa » trionfante. Ora, questa è una monarchia, in cui tutto s'innalza » ierarchicamente sino al solo capo che è Dio. Questa è la ragione » per cui Gesù Cristo ha un tal ordine stabilito sulla terra. Qual » mostro sarebbe mai la Chiesa se capo non avesse [2] !. .. » » Lutero, volgendosi agli uditori. Quando il signor dottore » dichiara: esser 59 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto necessario che la Chiesa universale abbia un » capo, dice bene. Se pure avvi alcuno tra noi che la pensi al » tramente, si alzi e risponda; chè, in quanto a me, questo fatto » non mi risguarda. » Eck. Se la Chiesa militante non fu mai senza monarca, vorrei » ben sapere chi possa esserlo, se non è il pontefice di Roma ? » Lutero, volge gli occhi al cielo, e con autorità soggiunge: » Il capo della Chiesa militante è Cristo medesimo, non già un » uomo. Tanto credo in virtù della testimonianza di Dio. conviene (dice la Scrittura) che Cristo regni, finché egli abbia » messi tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi l. Non si ascoltino » adunque coloro che confinano Cristo nella Chiesa trionfante del » cielo. Il suo regno è un regno di Fede. Noi veder non possiamo » il nostro capo, e nondimeno lo confessiamo [3]. » Eck, non estimandosi vinto, ricorre ad altri argomenti, e » dice: Da Roma, come dicelo san Cipriano, è venuta l’unità » sacerdotale [4]. » Lutero. Per la Chiesa d' Occidente lo accordo; ma questa » stessa romana Chiesa non è forse uscita da quella di Gerusa » lemme? Questa è propriamente la madre, la nutrice di tutte » le altre Chiese [5] . » Eck. San Girolamo dichiara: che se un potere straordinario » e superiore ad ogni altro non è dato al Papa, vi sarà nelle » Chiese tanti scismi quanti pontefici [6]. » Lutero. Con una condizione (diss' egli), cioè, che tutti gli altri » fedeli vi consentissero, questo potere potrebbe essere di umano » diritto attribuito al primo pontefice [7]. Ed io punto non nego che » se tutti i fedeli del mondo intero venissero in un accordo di » riconoscere per primo e sovrano pontefice il vescovo di Roma, » o quello di Parigi, o l'altro di Magdeburgo, d' uopo sarebbe » riconoscerlo per tale, per lo rispetto che sarebbe dovuto a un » tale accordo dell’universa Chiesa; ma questo mai non avvenne » nè mai avverrà. Anche a' dì nostri la Chiesa greca non ricusa » forse a Roma il suo assenso? [8]» Lutero era paratissimo allora a riconoscere il Papa qual primo magistrato della Chiesa, quando fosse liberamente eletto da essa; ma negava che fosse stabilito da Dio. Solamente più tardi negò poi il doversi sottomettere a lui in verun modo; e fu questo un passo innanzi che gli fece fare la disputa di Lipsia. Ma Eck erasi inoltrato in un terreno che Lutero conosceva meglio di lui. Eck se ne appella ai Padri, e coi Padri alla mano sarà battuto da Lutero. « Che il senso per me esposto (die' egli ) sia pur quello di sah » Girolamo, lo provo con l'epistola di san Girolamo stesso scritta » ad Evagrio. — Ogni vescovo (dice il santo), sia a Roma, sia a » Gubbio, sia a Costantinopoli, sia a Reggio, sia in Alessandria, » sia a Tanis, ha lo stesso merito, lo stesso sacerdozio [9]. La pos » sanza delle ricchezze e l’umiliazione della povertà, sono le sole » che pongono i vescovi o più in alto o più in basso. » Dagli scritti de' Padri, Lutero passò ai decreti 60 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto de' concilii; i quali non veggono nel vescovo di Roma se non il primo tra' suoi pari [10]. « Nel decreto del concilio d' Africa (diss' egli) noi leggiamo: che » il vescovo della prima sede non sia chiamato nè principe de' » pontefici, nè sommo pontefice, nè con altro nome simigliante, » ma unicamente vescovo della prima sede. Se la monarchia del » vescovo di Roma era di diritto divino (continua Lutero), non » sarebbe vi là un' eretica parola ? » Eck risponde con una di quelle. sottili distinzioni che gli sono tanto familiari : « Il vescovo di Roma, se lo volete, non è vescovo universale, » ma il vescovo della Chiesa universale [11]. » Lutero. Mi garba il tacermi intorno questa risposta; e ne » lascio far giudizio agli stessi nostri uditori! » Ecco una chiosa (soggiunse) degna veramente di un teologo » e molto accomodata a satisfare a un disputante bramoso di » gloria. Non ho sprecato il mio denaro nel rimanermi a Lipsia » con grande spendio, poichè v' ho imparato che il Papa non è » il vescovo universale, ma sibbene il vescovo della Chiesa universale [12] ! » Eck. Or bene! vengo all’essenziale. Il venerabile dottore mi » domanda di provargli che il primato della Chiesa di Roma sia di » diritto divino; ed io lo provo con queste parole di Gesù Cristo: » Tu sei Pietro, e sopro questa pietra edificherò la mia Chiesa. » Sant' Agostino in una delle sue epistole ha sposto questo testo » come seguita: Tu sei Pietro, e sopra questa pietra, cioè sopra » Pietro, edificherò la mia Chiesa. — Vero è che questo stesso » Agostino in altro luogo ha dichiarato che per questa pietra do » vevasi intendere Gesù Cristo medesimo; ma non ha punto ri » trattata la prima sua sposizione. » Lutero. Se il reverendo dottore vuole assaltarmi, incominci » dal conciliare insieme queste parole contrarie di sant'Agostino; » sendo corto che sant' Agostino ha detto spessissimo che la pietra » era Cristo, e forse una volta appena ch' essa era Pietro. Ma » quand' anche sant' Agostino e tutti i Padri dicessero che questo » apostolo è la pietra di cui parla Gesù Cristo, io solo mi op » porrei a tutti, fondandomi sull’autorità della santa Scrittura, ' » cioè, sul diritto divino [13], stando scritto: — Perciocché ninno » può porre altro fondamento che quello che è stato posto, il quale » è Gesù Cristo [14]. Pietro stesso chiama Cristo la pietra angolare » e viva, sulla quale noi siamo edificati per essere una casa spi » rituale [15]*. » Eck. Maraviglio della umiltà e della modestia con cui il re » verendo dottore promette di opporsi tutto solo a tanti illustri » Padri, e che pretende saperne più de' sommi pontefici, de' » concilii, dei dottori e delle università!.... Sarebbe fatto mara » 61 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto viglioso veramente che Dio avesse nascosta la verità a tanti » martiri..,, sino alla venuta del reverendo padre! » Lutero. I Padri non istanno contro di me; sant' Agostino, » sant' Ambrogio e i più eccellenti dottori parlano com' io parlo. » Superisto articulo fìdei, fundata est Ecclesia 1, dice sant' Am » brogio, nel dichiarare ciò che debbasi intendere per la pietra » su cui riposa la Chiesa. Il mio avversario infreni adunque la » lingua; chè parlare a tal modo è un fomentar.l’odio, e non un » disputare da vero dottore. [16]* Eck non erasi aspettato dal suo avversario tanto corredo di co gnizioni, e seppe trarsi dal laberinto in cui Lutero lo voleva smar rito. « Il reverendo dottore (diss' egli) è disceso nel vallo dopo » aver ben preparato il suo soggetto. Le signorie vostre mi scu » sino se loro non offro ricerche esatte del pari; qui venni per » disputare, non già per fare un libro. »— Eck era maravigliato ma non battuto; e non avendo più ragioni da porre innanzi, ri corse ad un artificio spregevole ed esoso, il quale dovea, se non vincere il suo emolo, giIta rlo almeno in grande imbarazzo. Se l’accusa di essere un Boemo, un eretico, un Ussista è data a Lutero, questi può tenersi per vinto, conciossiachè i Boemi siano detestati nella Chiesa; e a quest' astuzia di guerra ricorre il dottore d' Ingolstadt. a Sino dai tempi primitivi (die' egli) è sem prestato riconosciuto da tutti i buoni cristiani che la Chiesa di Roma » tiene il suo primato da Cristo stesso e non dal diritto umano. » Deggio per altro confessare che i Boemi, nel difendere con per » vicacia i loro errori, hanno attaccata questa dottrina. Chieggo » perdono al venerabile Padre, se nemico sono io de' Boemi, » sendo essi nemici della Chiesa; e se la disputa di quest' oggi » mi richiamò alla mente questi eretici, pur me ne scusi; chè... » dietro il mio debole giudizio... le conclusioni del dottore favo » riscono all’intutto questi errori. Assicurasi, per giunta, che gli » Ussisti di ciò si gloriano altamente [17]. » Eck aveva fatti benei suoi conti; e tutti i suoi partigiani accol sero con gran favore questa perfida insinuazione; e un movimento di gioia appalesossi nell’udienza. « Queste ingiurie (disse più tardi » il riformatore ) diletticavano gli uditori assai più della stessa » disputazione. » « Lutero. Non desidero nè desidererò mai uno scisma. Poichè i » Boemi di loro propria autorità segregaronsi dalla nostra unità, » hanno male operato, quand' anche il diritto divino fosse favo » revole alla loro dottrina; sendochè il supremo diritto divino sia » la carità e l'unità di spirito [18]. Correva il dì 5 luglio, e nella tornata di quella mattina Lutero avea pronunciate queste parole. Giunta V ora del desinare, ognuno si separò. Pare probabile che qualche amico di Lutero, o fors' anche qualche suo nemico, gli facesse intendere essersi egli troppo lasciato andare nel condannare a tal modo i cristiani della Boemia. Non hanno essi in sostanza mantenute dottrine da Lutero stesso in 62 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto quell’ora difese? Per la qual cosa, riunita che fu l’assemblea alle due pomeridiane, Lutero, presa la parola, disse con animo sicuro : « Tra gli articoli di Giovanni Huss e de' Boemi se ne trovano » de' cristianissimi. Tale, ad esempio, è il seguente: Non esservi » che una sola Chiesa universale; e tale quest' altro: Non essere » necessario per salvarsi il credere la Chiesa romana superiore » alle altre. Sia pure Wiclefo od Huss che abbia ciò detto, poco » importa... Queste sono due verità. » Questa dichiarazione produsse negli uditori una impressione profonda. Huss e Wiclefo, questi nomi abborriti, pronunciati con elogio da un monaco e nel mezzo di una cattolica assemblea ! Udissi un rumore quasi universale; e lo stesso duca Giorgio ne rimase sbigottito; parendogli vedere spiegarsi nella Sassonia quel vessillo di guerra civile, che aveva un sì lungo tempo desolati i dominii de' suoi avi materni. Più non potendo contenere la sua emozione, sclamò ad alta voce e in guisa da poter essere inteso da ognuno: « È la rabbia che lo sospinge [19] ! » — Poi, scuotendo il capo, si pose le mani in sui fianchi. Tutta l'assemblea era agitata; chi si alzava in piedi, chi parlava col suo vicino; destavansi i dormigliosi; trionfavano gli avversarii di Lutero; i suoi amici tro vavansi in grande imbarazzo. Molti che sino a quell’ora lo ave vano con piacere ascoltato, cominciarono a dubitare della sua ortodossia. L’impressione di queste parole non si cancellò più mai dall’animo del duca Giorgio; il quale da quel momento incomin ciò a vedere di mal occhio il riformatore e divennegli nemico [20]. Lutero da questa scena non lasciossi punto intimorire; e che tato alquanto il mormorio, sedatamente continuò: « Gregorio » Nazianzeno, Basilio il Grande, Epifane, il Grisostomo, e un » immenso numero d'altri vescovi greci sono salvati, e nondimeno » non hanno creduto che la Chiesa di Roma fosse superiore all' » altre Chiese. I romani pontefici non hanno il potere di far nuovi » articoli di Fede, e per li fedeli cristiani non avvi altra autorità » fuori di quella della santa Scrittura. Essa sola è il diritto divino; » ed io supplico il signor dottore ad accordare che i pontefici di » Roma sono stati uomini, e a non volerne egli far tanti dei [21]. » Eck ricorse allora ad una di quelle arguzie che danno gratuita mente a colui che ne usa una picciol'aria di trionfo. « Il reverendo padre, che poco intende l'arte della cucina » (diss' egli), fa qui un turpe miscuglio di santi e di eretici greci, » in guisa che l’odore di santità degli uni impedlsce di sentire il » veleno degli altri [22]. » » Lutero, interrompendo Eck con vivacità. L'eccellente dot » tore parla con impudenza; chè per me nulla avvi di comune » tra Gesù Cristo e Bellal. » Tali erano le discussioni che facevansi dai due dottori. Gli udi tori stavano attenti; ma talvolta l’attenzione diminuiva, e gli ascoltanti piacevansi assai degl’incidenti che sorvenivano ad esi lararli, a distrarli. Spesso alle cose più gravi si mescolano le più ridevoli; e questo appunto avvenne allora in Lipsia. 63 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il duca Giorgio, secondo l’usanza del tempo, aveva un buffone di corte; e alcuni burloni dissero a costui: « Lutero sostiene che » un buffone di corte può ammogliarsi, ed Eck sostiene la contraria proposizione. »Tanto bastò a rendere Eck fuormodo esoso al buffone, ed ogni volta ch' egli entrava nella sala al se guito del duca, sguardava minaccevolmente il teologo d' Ingol stadt. Questi poi non disdegnando di abbassarsi sino alla buffo neria, un giorno chiuse un occhio (il buffone era monocolo), e coll’altro si pose a guardare di traverso il picciolo personaggio. Questi uscì allora dei gangheri e al grave dottore disse mille villanie. « Tutta l’assemblea (dice Peifer) si pose a ridere, e » questo po' di spasso attenuò alquanto l’estrema tensione degli » animi [23]. » Nel tempo stesso accadevano scene nella città e ne' templi, le quali palesavano l’orrore ispirato ai partigiani di Roma dalle ardite proposizioni di Lutero. Gridavasi allo scandalo precipua mente ne' conventi devoti al Papa. Una domenica il dottore di Wittemberga, prima della messa solenne, erasi recato alla chiesa dei Domenicani. Non v' erano che alcuni monaci celebranti messe basse a' piccoli altari. Saputosi appena nel chiostro che l'eretico Lutero sta nella chiesa, i monaci vi accorrono in tutta fretta; prendono l’ostensorio, lo recano al tabernacolo, lo chiudono e fannogli la guardia, in paura che il santissimo sacramento fosse profanato dagli eretici sguardi dell’agostiniano di Wittemberga. Nel tempo stesso i celebranti la messa riuniscono prestamente ogni arredo, ed abbandonano gli altari, traversano ratti la chiesa, e fuggonsi nella sagristia come fossero dal demonio inseguiti, al dire di uno storico. Ovunque ragionavasi dell’argomento della disputa, nelle lo cande, nell’università, alla corte, e ognuno diceva il suo pa rere. Il duca Giorgio, per grande che fosse la sua irritazione, non ricusava ostinatamente di lasciarsi capacitare. Un giorno in cui Eck e Lutero pranzavano con lui, interruppe la loro conversazione col dire: « Che il Papa sia Papa di diritto divino o di diritto » umano, egli è sempre Papa [24]. »Lutero fu soddisfattissimo da queste parole. « Il principe (diss'egli) non avrebbele mai pronunciate, se colpito non l’avessero i miei argomenti. » Cinque giorni continui erasi disputato intorno il primato del Papa; e il dì 8 luglio si passò alla dottrina del purgatorio, disputa che durò un po' più di due giorni. Lutero in quel tempo ammet teva ancora l’esistenza del purgatorio; ma negava che questa dot trina si trovasse insegnata nella Scrittura e ne' Padri nel modo che pretendevano gli scolastici ed i suoi avversari. « Il nostro » dottore Eck (disse Lutero, col far allusione all’ingegno di pura » vernice dell’emolo suo), il nostro dottore Eck oggi è corso so » pra la Scrittura senza quasi toccarla !.. a modo di ragnatelo » sull’acqua. »Il giorno 11 poi si venne alle indulgenze, e Lutero dice in proposito: « Non fu questo altro che un giuoco, una » disputa di puro spasso; le indulgenze caddero distese, ed Eck » fu quasi interamente del mio parere [25]. »Eck 64 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto stesso disse: « Se » io non avessi disputato col dottor Martino intorno il primato del » Papa, potrei quasi dirmi d'accordo con lui [26]. » La discussione poscia fu rivolta al pentimento, all’assoluzione de' chierici ed alle soddisfazioni; Eck, seguitando il suo stile, citò gli scolastici, i Domenicani, i canoni dei papi; e Lutero chiuse la disputazione con queste parole : « Il reverendo dottore fugge dinanzi le sante Scritture, siccome » il diavolo dinanzi la croce. In quanto a me, salva la reverenza » dovuta ai Padri, preferisco ad ogni altra l’autorità della Scrit » tura, e questa io raccomando ai giudici nostri [27]. » E qui ebbe fine la disputa tra Eck e Lutero; Carlstadt poi dis putò ancora due giorni col dottore d' Ingolstadt intorno i meriti dell’uomo nelle buone opere. Il giorno 16 di luglio fu chiuso l’ar ringo, stato aperto venti giorni, con un discorso del rettore di Lipsia; terminato il quale, una gran musica risuonò, e la solennità fu chiusa col canto del Te Deum. Ma durante questo canto solenne le menti più non erano nello stato in cui si trovavano quando si cantò il Veni, creator Spiritus. I presentimenti di molti già pareva che si fossero avverati; e i colpi che i due campioni s' erano vicendevolmente recati fatta avevano una gran ferita al papato. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Faciebat hoc Eccius quia certam sibi gloriam proposiiam cernebat, prof ter propnsitionem meam, in qua negabam papam essejure divino caput Eccle sia:: hic patuit ei campus magnus (Luth., Opp. lat., I, p. 243 ). [2] iVam quoà monttrvmi esset, Ecclesiam esse acephalam! (Luth., Opp. lai., I, p. 243). [3] Prima Epistola ai Corinti, XV, v. 25. [4] Prorsus audiendi non sunt, qui Christum extra Ecclesiam militantem tendunt in triumphantem, curri sit regnum fidei. Caput nostrum non videmus; tamen habemus (Luth., Opp. lat., I, p. 243). [5] linde sacerdotalis unitas exorta est (Ibid.). 65 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [6] Hac est matrix proprie omnium ecclesiarum (Ibid., p. 244). [7] Cui si non exors quadam et ab omnibus eminens detur potestas (Ibid, p. 243). [8] Detur, inquit, hoc est jure fiumano. posset fieri, consentientibus catari* omnibus fidelibus (Ibid., p. 244). [9] Ejusdem meriti et ejusdem sacerdoti est (Luth., Opp. lai., I, p. 244). [10] Primus inter pares. [11] Xon episcopus universalis, sed universalis Ecclesia cpiscopus (Luth., Opp. Ut., I, p. 246). . [12] Ego glorior me tot expensis non frustra.... (Lutb., Epp., I, p. 299). [13] Resistam eis ego unus, auctoritate apostoli, id est divino jure (Luth., Opp. lat., I, 237). [14] Prima Epistola di san Paolo ai Corinti, III, v. 11. [15] Prima Epistola di san Pietro, II, v. 4 e 5, [16] La Chiesa è fondata sopra quesl’articolo di Fede (Luth., Opp. lat., I, p. 254). [17] Et, ut fama est, de hocplurimum gratulantur (Luth., Opp. lat., I, 250). [18] Nunquam mihi placuit, nec in aternum placebit quodcumque schisma … Cum supremum jus divinum sit charitas et uniias spiritus (Ibid.). [19] Das watt die Sucht ! [20] Nam adhuc erat dux Georgius mihi non inimicus, quod sciebam certo (Luth., Opp., Praf.). [21] JVcc potcst fidelis christianus cogi ultra sacram Scripturam, qua: est pro prie jus divinum (Luth., Opp. lat., I, 252). [22] AtRev. Pater artis coquìnaria minus instructus, commiscet sanctos gracos curti schismaticis et hcereticis, ut fuco sanctilatis Patrum hareticorum tueatur perfidiarti (Ibid.). [23] Luth., Opp. (W.), XV, 1440. — 2 Loscher, III, p. 281. 66 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [24] Ita ut ipse dux Georgius inter prandendum, ad Eccium et me dicat « Sive sit jure umano, ske sit jure divino, Papa, ipse est Papa. »(Luth., Opp. lat., in Praf.). [25] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 246. [26] So wollt' er fast einig mit mir gewest seyn (Ibid.). [27] Videtur fugete a facie Scripturarum, sicut diabolus crucem. Quare, salvis reverentiis Patrum, prafero ego auctoritatem Scriptura, quod commendo judicibus futuris (Luth., Opp. lat., I, p. 291). 67 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SESTO SOMMARIO. — Interesse de' laici nella disputa. — Opinione di Lutero. — Confessione del dottore Eck. — Jattanze de' Romani. — Effetti della disputa. — Poliandro. — Cellario. — Il giovine principe di Anhalt. — Gli studenti di Lipsia. — Crucigero. — Vocazione di Melantone. — Francamento di Lutero. Queste teologiche disputazioni, a cui le odierne persone di mondo non converrebbero un solo momento, erano state in quel tempo con grande attenzione ascoltate duranti venti giorni; e laici, cavalieri e principi vi avevano mostrato un assiduo inte resse. Il duca Barnim di Pomerania e il duca Giorgio si resero più d' ogni altro notevoli per l’assiduità, per l'attenzione con cui as sistettero alle conferenze; in tempo che parecchi teologi di Lipsia, amici del dottore Eck, sonnecchiavano in quella vece dolcemente, al dire di un testimonio oculare. Talvolta accadeva di doverli risvegliare, quando la disputa era finita, affinchè non perdessero il loro desinare. Lutero fu il primo a partirsi di Lipsia; Carlstadt se ne andò poco dopo; ed Eck ivi rimase alcuni giorni dopo la loro partenza. Niuna decisione fu recata intorno alla disputa [1]; sicchè ognuno ne parlò a suo senno; perchè Lutero ebbe a dire in proposito: « A Lipsia vi è stato sprecamento di tempo e non ricerca della » verità. Dopo l’esame per noi fatto duranti due anni delle dot » trine degli avversarii, noi ne abbiamo contate tutte le ossa. » Eck non è mai passato oltre la scorza [2]; ma in un' ora egli » ha declamato più che noi non abbiamo fatto in due lunghi » anni. » Eck, scrivendo in confidenza a' suoi amici, confessava in varii punti la sua sconfitta; ma non mancavangli le ragioni per ispie garla. « I Wittemberghesi (scrisse il 24 di luglio ad Hochstra » ten ) m' hanno vinto sopra parecchi punti [3]: primieramente, » per aver seco recati libri; secondamente, perchè la disputa era » loro anticipatamente scritta, e potevano ponderarla in casa a » loro piacere; terziamente, perchè essi erano in molti, due » dottori (Carlstadt e Lutero), Lange, vicario degli Agostiniani, » due licenziati in teologia, Amsdorff ed un arrogantissimo ni » potè di Reuchlin (Melantone), tre dottori in diritto, e parecchi » maestri di filosofia e belle lettere. Tutti facevano spalla ai loro e disputanti o palesamente od in secreto; ed io era tutto solo, » accompagnato unicamente dall’equità. »Eck passava in si lenzio Emser, il vescovo, e tutti i dottori di Lipsia. Ma se tali confessioni sfuggivano ad Eck in una familiare cor rispondenza, in pubblico governavasi egli ben diversamente; e in uno co' teologi di Lipsia menava gran vanto di ciò ch' essi chia mavano la loro vittoria. Ovunque spargevano false narrazioni; e tutte le lingue della loro setta ripetevano le vanitose loro parole. « Eck trionfa dappertutto » scriveva Lutero [4]; ma nel campo romano gli allori erano disputati; chè que' di Lipsia andavano dicendo: « Se ad Eck fosse mancato il nostro aiuto, l’illustre » dottore rimaso sarebbe riversato. »E in questa vece il dottore d' 68 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ingolstadt diceva: « l teologi di Lipsia sono uomini dabbene, » ma troppo in essi mi confidai; io solo ho fatto tutto. »— Lutero poi scriveva in proposito a Spalatino: « Tel vedi; essi can » tano una nuova Illiade, un' Eneide novella; ed hanno la dc » gnazione di fare di me un Ettore od un Turno, nel mentre che » per essi Eck è Achille od Enea. Il solo dubbio che loro rimane » è di sapere se la vittoria siasi riportata dagli eserciti di Eck o » da quelli di Lipsia. Tutto ciò ch' io posso dire, a schiarimento » di questo fatto, si è: che Eck non ha mai cessato di gridare, e » che quei di Lipsia mai non hanno cessato dal tacersi [5]. » « Eck ha trionfato nell’opinione di coloro che non intendono » questa faccenda (dice l’elegante, l'ingegnoso, il savio Mosel » lano ) e che sonosi invecchiati sui libri degli scolastici; ma Lu » tero e Carlstadt sono rimasi vincitori in sentenza di tutti coloro » che hanno scienza, intendimento e modestia [6]. » La disputa di Lipsia non dovea frattanto risolversi in fumo; chè ogni opera fatta con santo zelo deve portare i suoi frutti. Le parole di Lutero erano con possa irresistibile penetrate nelle menti degli uditori; e molti di coloro che ogni giorno erano in tervenuti alle conferenze nella sala del palagio ducale, furono vinti dalla verità. Per giunta, fu precipuamente tra' suoi maggiori avversarii che fece conquiste. Poliandro, secretano del dottore Eck, suo familiare e suo discepolo, fu tratto alla Riforma, e sin dal 1 522 predicò pubblicamente in Lipsia il Vangelo. Giovanni Cellario, professore di ebraico, l’uno de' maggiori avversari della Riforma, vinto dalle parole del possente dottore Lutero, inco minciò ad addentrarsi meglio nello studio della santa Scrittura; nè guari andò che, rinunziata la cattedra, tutto pieno di umiltà, recossi a studiare in Wittemberga a' piedi di Lutero. Più tardi poi fu pastore a Francoforte ed a Dresda. Tra coloro ch' eransi assisi sulle sedie riservate alla corte, e che circondavano il duca Giorgio, trovavasi un giovane principe in età di dodici anni, uscito da una famiglia celebre pe' suoi combattimenti contro i Saraceni. Era il principe Giorgio di An halt, che allora studiava a Lipsia sotto la direzione di un governatore. Un grande ardore per la scienza, e una viva passione per la verità rendevano spettabile questo illustre giovanetto; ed era spesso udito ripetere questa sentenza di Salomone: « Disdice » al principe la parola menzognera. »La disputa di Lipsia con dusse questo giovinetto a gravi riflessioni e ad un riciso inchi namento verso Lutero [7]. Alcun tempo dopo gli venne offerto un vescovado; e i suoi fratelli, tutti i suoi parenti lo sollecitarono ad accettarlo, nell’intendimento di recarlo alle più eminenti dignità della Chiesa. Ma nulla valse a svolgerlo dal suo rifiuto. La pia sua genitrice, secreta amica di Lutero, era morte, e n' ebbe gli scritti del riformatore. Porgeva a Dio assidue e calde supplicazioni, affinchè volgesse il suo animo alla verità; e spesso nel silenzio del suo gabinetto con le lagrime sclamava: Fa de gno, o Signore, il servo tuo della tua misericordia, ed inse gnami i tuoi voleri, i tuoi comandamenti*[8] ! Le sue preghiere furono esaudite; e convinto, trascinato, senza timore si pose sotto il vessillo del Vangelo. Indarno i suoi tutori, e precipua 69 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto mente il duca Giorgio, gli furono attorno con preghiere, con riflessioni; chè il garzonetto inflessibile si rimase; e il duca, mezzo convinto dalle ragioni del suo pupillo, sclamò: « Nulla » poss' io rispondergli; frattanto io mi rimarrò nella mia Chiesa; » chè l’educare un vecchio cane è fatto impossibile. » Noi tro veremo più tardi questo principe di Anhalt, amabile tanto, essere l’uno de' migliori uomini della Riforma, il quale predicò in persona a' suoi sudditi la parola della vita, ed al quale fu applicata queste sentenza di Dione risguardante l’imperatore Marc-Antonino: « Durante la sua vite somigliò sè stesso; era » un uomo dabbene, nè mai s' infinse [9]. » Tra gli studenti di Lipsia le parole di Lutero fecero la maggior breccia, e le accolsero con entusiasmo. Conobbero la differenza che v' era tra lo spirito e la vita del dottore di Wittemberga e le sofistiche distinzioni e le vane speculazioni del cancelliere d' Ingolstadt. Vedevano Lutero fondarsi sulla Parola di Dio, e il dottor Eck appoggiarsi alle tradizioni degli uomini; e l’effetto ne fu pronto. Le scuole dell’università di Lipsia dopo la disputa si rimasero quasi deserte; ed un caso occorse a contribuirvi. La peste ivi parve manifestarsi; pur v' erano ben altre univer sità, quelle, ad esempio, di Erfurt, di Ingolstadt, alle quali gli studenti avrebbero potuto recarsi; ma la forza della verità li trasse in vece a Wittemberga; ed ivi si doppiò il numero degli studenti Tra coloro che dall’una università si trasmutarono all’altra, traeva a sè gli sguardi un giovane di sedici anni, malinconico per natura, rado parlatore, e che spesso tra il conversare e lo spassarsi de' suoi condiscepoli, mostravasi assorto in gravi pen sieri [10]. I suoi parenti lo avvisarono da prima di un povero inge gno; ma presto si avvidero della sua prontezza d' imparare, e vedutolo di continuo occupato ne' suoi studii, concepirono di lui grandi speranze. La sua rettitudine, la sua schiettezza, la sua modestia, la sua religione lo rendevano caro a tutti; e Mosellano lo accennò qual esemplare a tutta l’università. Chiamavasi Gas pare Crucigero, ed era originario di Lipsia; e questo nuovo studente di Wittemberga fu più tardi l’amico di Melantone e l’aiutante di Lutero nella versione della Bibbia. La disputa di Lipsia partorì effetti ancora maggiori; chè ivi ricevette la sua chiamata il teologo della Riforma, vogliamo dire Melantone. Modesto e taciturno, aveva assistito alla discussione quasi senza mescolarvisi. Sino a quell’ora erasi inteso alla lette ratura; e la conferenza di Lipsia diedegli un altro impulso, e balestrò l’eloquente professore nel campo della teologia. Da quell' ora fece piegare 1' altezza del suo sapere dinanzi alla Parola di Dio; e ricevette l’evangelica verità con la semplicità di un fan ciullo. I suoi uditori l’intesero esporre le dottrine della salvazione con una grazia, con una chiarezza che ogni animo rapiva. Incedeva animoso in questa carriera nuova per lui, col dire: « Gesù Cristo non mancherà a' suoi seguaci [11]. »Da quel momento i due amici camminarono insieme, combattendo per la libertà, per la verità, l’uno con la possa di un san Paolo, e l’altro 70 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto con la dolcezza di un san Giovanni. Lutero espresse in modo mirabile la differenza della loro vocazione. « Io sononato (die' egli) per » pormi alle prese sul campo di battaglia con le fazioni e coi » demonii, ed è per questo che i miei scritti respirano guerra e » tempesta. Bisogna ch' io sradichi ceppi e tronchi, ch’ io sbarbichi » le spine e le prunaie, ch' io colmi le pozzanghere ed i pantani. » Io sono il rozzo taglialegna che deve preparare le vie, ed » uguagliare il cammino. Ma Filippo, il maestro in belle lettere » ed in filosofia, incede grave e riposato; egli coltiva e pianta » dolcemente; semina ed irriga giocondamente, secondo i doni » fattigli da Dio con tanta larghezza s[12]. » Se Melantone, il sedato seminatore, fu chiamato all’opera dalla disputazione di Lipsia, Lutero, il valido abbattitore, da essa senti afforzarsi le braccia, e il suo coraggio s' infiammò vie maggiormente. Il più possente effetto di questa discussione operossi allora in Lutero. « La scolastica teologia (die' egli) crol » lossi allora interamente a' miei occhi, sotto la trionfante presi » denza del dottore Eck. »Il velo dalla scuola e dalla Chiesa teso dinanzi al santuario, fu d' alto in basso lacerato dal rifor matore. Questi, costretto a nuove ricerche, giunse a scoperte inaspettate, e con istupore e pari indignazione vide il male in tutta la sua estensione. Esaminando a fondo gli annali della Chiesa, scoperse che la superioranza di Roma altra origine non aveva se non l’ambizione da una parte e la credula ignoranza dall’altra. Nè sopra queste triste scoperte gli fu permesso il silenzio; chè l’orgoglio de' suoi avversari, la iattanza del loro preteso trionfo e i conati per essi fatti onde estinguere la luce del vero, lo risolsero a parlare. Egli progredì nella via per cui Dio lo guidava senza punto porsi in affanno dello scopo a cui poteva condurlo; e Lutero accennò questo istante siccome quello del suo francamento dal giogo papale. « Imparate da me (scrisse egli) » quanto sia malagevole lo spogliarsi degli errori a' quali il mondo » intero ha posto il suggello del suo consentimento, e che per » lunga abitudine sonosi in noi fatti una seconda natura [13]. Erano » già sette anni passati dacchè io leggeva e sponeva pubblicamente con sommo zelo la santa Scrittura, in guisa che io la » sapeva a memoria quasi tuttaquanta [14]. Io possedeva inoltre » tutte le primizie della cognizione e della Fede nel mio Signore » Gesù Cristo; voglio dire, ch' io sapeva: non essere noi giusti fi ficati e fatti salvi dalle nostre opere, ma sibbene dalla Fede » in Cristo; ed io sosteneva, per giunta, apertamente che il » Papa non è per diritto divino il capo della Chiesa cristiana. » E ciononpertanto io non poteva scorgere la conseguenza » che ne emerge, cioè: che necessariamente e certamente il Papa » è del demonio; imperciocchè tutto ciò che non è di Dio, deve » necessariamente essere del demonio [15]. »Lutero poi più innanzi aggiunge: « Più non mi lascio dominare dal mio sdegno contro » coloro che al Papa si attengono ancora; sendochè io, che da » tanti anni meditava con tanta sollecitudine le sante Scritture, » io mi teneva ancora stretto al papismo con tanta ostinazione*[16]. » 71 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Tali furono le vere conseguenze della disputa di Lipsia, e molto più importanti della disputa stessa. Questa somigliò a que' primi successi che disciplinano un esercito e che ne infiammano il co raggio. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Ad exitum certaminis, utisolet, nulla prodiit decisio (Pallav., I. 65). [2] Totam islam conclusionum cohortem multo acrius et validius nostri Wittembergenses oppugnaverunt ut ossa eorum numerare licuerit, quas Eccius vix in facie cutit leviter perstrinxit .(Latti., Epp., I,p. 291), [3] Verum in multis me obruerunt (Corpus Reform., 1, 83 ). [4] Eccius triumphat ubique (Lutii., Epp., I, p. 290). [5] Novam quamdam Iliada et Aeneida illos cantare.... (Luth., Epp., I, p. 305). [6] Lutheri Sieg sey um so viel weniger berùhmt, weil der Gelelirten, Verstandigen, und derer die sich selbst nicht hoch ruhmen, wenig seyen (Seckendorff, 207). [7] Luth., Opp. (W.), XV, 1440. [8] A Deo petivit, flecti pectus suum ad veritatem, oc lacrymans sape htec verbo, repetivit.... (M. Adami, Vita Georgii Anhalt, p. 248). 72 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] O|iio{ Sia itàvTiuv èyéveto à-jaèo; he rjv, xax ouSev itpotitoirjTOv efyev (Vit. Melch. Adam., p. 255). [10] Peifer (Bistor. Lipsiensis, 356). a Et cogitabundus et sape in medios sodalitios quasi peregrinante animo (M. Adami, Vita Crucigeri, p. 193). [11] Christus suis non deerit (Corp. Reform., I, p. 104). [12] Luth., Opp. (W.), XIV, 200. [13] Quatti difficile sit eluctari et emergere ex erroribus, totius orbis esemplo f'irmatis (Opp. lai., in Praf.J. [14] Per septem annos, ila ut memoriter pene omnia tenerem.... (Ibid.). [15] (Juod enim ex Deo non est, necesse est ex diabolo esse (Ibid.). [16] Cum ego tot annis sacra legens diligentissime, tamen ita hasi tenaciter (Ibid.). 73 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SETTIMO SOMMARIO. — Operosità del dottore Eck. — Attacca Melantone. — Scritto di Menti tone. — Fermezza di Lutero. — Controversia tra Emser e Lutero. — Staupitz si allon tana. — La rosa d' oro presentata. Eck abbandonavasi a tutta l’ebbrezza di ciò ch' egli voleva far credere una sua vittoria, e Lutero lacerava, e accuse sopra ac cuse ammonticellava [1]. Scriveva a Federico; e, qual abile generale, volea profittare della turbazione che suol sempre tener dietro ad una battaglia, per ottenere dal principe importanti concessioni. In aspettazione di provvedimenti a prendersi contro lo stesso suo avversario, domandava frattanto che ne fossero bruciati gli scritti, ed anche quelli ch' egli non aveva mai letti; e supplicava l’elettore a convocare un concilio provinciale: « Sterminiamo (diceva » il goffo dottore), sterminiamo tutta questa ribaldaglia, prima » che si moltiplichi fuormisura [2]. » Nè solamente contro Lutero disfogò costui la sua bile; chè l’impudenza sua lo recò a trarre nella lizza Melantone. Questi, distretto da una tenera amicizia all’eccellente Ecolampade, gli rese conto della disputa, e gli parlò con lode del dottore Eck [3]. L’orgoglio del cancelliere d' Ingolstadt fu nondimeno offeso; e tosto prese la penna contro « questo grammatico dì Wittemberga, » il quale, a dir vero (diceva), non ignorava il greco ed il latino, » ma che aveva osato pubblicare una lettera in cui insultava a » lui, dottore Eck [4] ! » Melantone rispose; e fu questo il suo primo scritto teologico. Vi si ravvisa quella esquisita urbanità tutta propria di quest' uomo eccellente. Nel porre i principii fondamentali dell’erme neutica, dimostra: non doversi sporre la Santa Scrittura secondo i Padri, ma sibbene i Padri secondo la santa Scrittura. « Quante » volte Girolamo (die' egli) non è caduto in errore ! quante volte » Agostino ! quante volte Ambrogio! quante si discordano ne' » loro pareri ! quante volte non hanno essi ritrattati i loro errori ! » Non avvi che una sola Scrittura, quella ispirata dallo Spiri » tossanto, pura e vera in ogni cosa [5]. » Lutero (si dice) non seguita alcune sposizioni ambigue degli » antichi; e per qual ragione seguiterebbele egli? Quand' egli » dichiara il passo di san Matteo: Tu sei Pietro, e sopra questa » pietra edificherò la mia Chiesa, egli parla come Origene, che » solo vale per molti; parla come Agostino nella sua omelia; » come Ambrogio nel suo sesto libro sopra san Luca; passo gli » altri in silenzio. — Come adunque? direte voi, i Padri si con io tradicono ! — E qual maraviglia in questo fatto [6] ? Credo ai » Padri perchè credo alla santa Scrittura. Il senso di questa è » uno e semplice come la stessa verità celeste; e questo senso s si trova col conferire insieme le Scritture; e si 74 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto deduce dal filo, », dall’andamento del discorso [7]*. Avvi una filosofia a noi ordi » nata riguardo alle Scritture di Dio; ed è di raccostare ad essei, tutte le opinioni e tutte le massime degli uomini, siccome » a pietra di paragone che deve provarle [8]. » Era un lungo tempo che non eransi esposte con tanta eleganza sì possenti verità. La Parola di Dio era riposta al suo luogo, ed i Padri al loro; e fermamente segnata era la semplice via per la quale si giunge al vero senso della Scrittura. La Parola galleg giava sopra tutte le difficoltà, sopra tutte le sposizioni della scuola. Melantone dava materia di rispondere a coloro, i quali, al modo del dottore Eck, intricherebbero questo argomento, e sino nei tempi più lontani. Il debile grammatico s' era levato, e le valide e late spalle dello scolastico gladiatore eransi curvate sotto la prima mossa del braccio di lui. Più Eck era infiacchito, e più forte gridava; e con le sue ac cuse e le sue smargiasserie, pretendeva di assicurarsi quella vit toria ch' era sfuggita alle sue disputazioni. I monaci e tutti i par tigiani di Roma con le loro eco facevano alle sue grida; e da ogni parte dell’Alemagna si udivano rimproveri contro Lutero, che sopportavali impassibilmente. Nel fine delle sue dichiarazioni ch'egli pubblicò intorno le proposizioni di Lipsia, scrisse: « Più » scorgo il mio nome coperto di vituperio, e più me ne glorio. » Conviene che la verità, ch' è quanto dire Gesù Cristo, cresca » e ch' io impicciolisca. La voce dello Sposo e della Sposa mi dà » più diletto, che tutti questi clamori terrore. Non sono gli uomini » autori de' miei mali, ed io non ho per essi odio veruno. E Sa » tana, il principe del male, che vorrebbe atterrirmi; ma Colui, » ch' è in noi, è più grande di colui che è nel mondo. Malo è il » giudizio de' nostri eontemporanei; ma quello della posterità sarà » migliore [9]. » Se la disputa di Lipsia crebbe in Alemagna il numero de' ne mici di Lutero, accrebbe pure da lungi il numero de' suoi amici. I fratelli di Boemia gli scrissero: « Ciò che Huss fu in altri tempi » nella Boemia, voi, o Martino, lo siete odiernamente nella Sas » sonia; per la qual cosa voi dovete pregare e tenervi in ferma » Fede al Signore ! » Verso questo tempo scoppiò rottura tra Lutero ed Emser, che era allora professore a Lipsia. Questi scrisse al dottore Zack, ze lante cattolico romano di Praga, una lettera, nella quale pareva ch' egli si fosse proposto di togliere agli Ussisti la credenza che Lutero si accostasse alle loro dottrine. Lutero in questo fatto non potè dubitare che il dotto Lipsiese, sotto colore di giustificarlo, mirava invece a farlo credere intinto nella boemica eresia, e volle violentemente squarciare questo velo col quale l’antico suo ospite di Dresda pretendeva coprire la sua inimicizia. A tal fine pubblicò una lettera indirizzata « al becco Emser, » sendo che questi avesse por istemma un becco, e la terminò con queste parole che fanno immagine del suo carattere: « Amare tutti gli uomini, » ma non temerne alcuno [10]. » 75 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Nel mentre che nuovi amici e nuovi nemici mostravansi a tal modo, antichi famigliari di Lutero mostravano di allontanarsi da lui. Staupitz, che tratto aveva il riformatore dall’oscurità del chiostro di Erfurt, cominciò a mostrarsi seco lui molto freddo. Lutero alzavasi troppo alto per Staupitz, che più non potevalo seguitare. Lutero gli scrisse: « Voi mi abbandonate ! Io sono » stato tutto questo giorno in grande tristezza per vostra cagione, » e qual fanciullo slattato che piange la madre sua [11]. Sognai di » voi la passata notte (continua il riformatore). Voi vi allontana » vate da me, ed io singhiozzava e piangeva amaramente; ma » voi, con lo stendermi la mano, mi dicevate di tranquillarmi, » e che a me sarete ritornato. » Il rappaciatore Miltitz volle tentare novelli sforzi per condurre gli animi a concordia; ma qual potere può mai aversi sopra uo mini dominati ancora dal bollore della lotta ? I suoi passi diedero in nonnulla. Egli recò la famosa rosa d' oro all’elettore; e questo principe non curossi neanche di riceverla in persona [12]. Federico conosceva l’arti volpine di Roma, e questa non doveva più pen sare ad ingannarlo [13]. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Proscidit, post abiturti nostrum, Martinum inhumanissime (Mei., Corpus Iteform., I, p. 106). [2] Elie das L'ngeziffer uberhand nehme (Luth, Ofp. [L.], XVII, 271). [3] Eccius ob varias et insignes ingenti dotes.... (Luth, Opp. lat., I, 337). [4] Ausus est grammaticusWittembergensis, graee et latine sane non indoctus epistolam edere (Ibid., p. 338). [5] Una est seriptura, calcstis spiritus, purà1, et per omnia verax (Cantra Eckium Defensio. Corp. Reform., I, p. 115). [6] Quid igitur? Ipsi secum pugnanti Quid mimmi (Ibid.) [7] Quem collatis Scripturis e filo duetuque orationis licet ossequi (Ibid., p. 114). 76 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [8] Ut hominum sententias, decretaque, ad ipsas, seu ad Lydium lapidem, exigamus (Ibid., p. 115). [9] Prasens male judicat atas; judicium melius posteritatis erit (Opp. lai., I, p. 310). [10] Luth., Opp. tot., I, 252. [11] Ego superte, sicut ablactatus supermaire sua, tristissimus hac die fui (Epp., I, 342). [12] Rosam quam vocant auream nullo honore dignatus est; immo pro ridiculo habuit fOpp. lai,., in Prcef.J. [13] Intellexit princeps artes romana curia et eos (legatosj digne tractare novit (Ibid.). 77 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO OTTAVO SOMMARIO* — Lutero pubblica il suo primo comento sui Galati. — Nuovi assalti. — Accecamento degli avversarli. — Prime idee intorno la Cena. — Il sacramento non basta senza la Fede. — Lutero accusato d' esserenato in Boemia. — Forza della Parola di Dio. — Eck assalito in diversi scritti. — Parte per Roma. — Intrepidezza di Lutero. Lungi dall’arretrarsi, Lutero sempre si avanzava; e allora fu ch’ egli recò all’errore il maggior colpo, quando pubblicò il suo primo commento sopra l’Epistola ai Galati [1]. Il secondo commento passò in merito certamente il primo; ma anche in questo sponeva con gran forza la dottrina della giustificazione per la Fede. Ogni parola del novello apostolo era piena di vita; e Dio se ne valse per far penetrare la conoscenza sua negli animi de' popoli: « Cristo » ha dato tutto sè stesso pe' nostri peccati (diceva Lutero a' suoi » contemporanei [2] ). Non è oro od argento ch' egli ha dato per » noi; non è un uomo, non sono gli angioli tutti, ma sibbene sè » stesso ch' egli ha dato, Lui, fuori del quale nulla avvi di grande. » E questo tesoro incomparabile, egli lo ha dato.... per li nostri » peccati ! E dove sono ora coloro che vantano con orgoglio la » possanza della nostra volontà? dove sono i precetti della mo » rale filosofia? dove il potere e la forza della legge? Poichè sono » sì grandi i nostri peccati da non poter essere tolti che me » diante un sì immenso riscatto, pretenderemo noi ancora di ot » tenere la giustizia con la forza della nostra volontà, con la » potenza della legge, con le dottrine degli uomini? Che faremo » noi con tutti questi giri e rigiri di scaltrezza, con tutte queste » illusioni ? Ah ! noi cuopriremo le nostre iniquità col manto di » una giustizia menzognera, e faremo di noi medesimi tanti ipo » criti, che nullo umano argomento potrà salvare. » Ma se Lutero stabilisce in tal forma: non esservi salute per l’uomo se non in Gesù Cristo, dimostra pure che questa salute muta P uomo e lo fa abbondare in opere buone. « Colui (die' egli) » che ha veramente intesa la parola di Gesù Cristo e che sa cu » stodirla, è tosto rivestito dello spirito di carità. Se tu ami colui » che ti fece dono di venti fiorini, o che ti rese qualche servigio, » o che in altra maniera qualsivoglia ti dimostrò la sua affezione, » quanto maggiormente non devi amare Colui che per te non » diede oro od argento, ma tutto sè stesso, che per amor tuo » fu tanto piagato, che per te sudò sangue e per te morì, in una » parola che, pagando per tutti i tuoi peccati, la morte ingoiò, » e ti acquistò nel cielo un Padre pieno di amore!... Se tu non » l’ami, ciò significa che non hai intese di cuore le cose per lui » operate, che tu non le hai credute; sendochè la Fede sia resa » operosa dalla carità. »Lutero, parlando dell’Epistola ai Galati, soleva dire: « Questa epistola è l’epistola mia prediletta; e mi » sono ammogliato con essa. » I suoi avversari lo sospingevano a camminare a maggior fretta ch' egli fatto non avrebbe se a tal modo non lo avessero risospinto. Eck in questo tempo mosse contro di lui i Francescani di Juter bock; e Lutero nella sua risposta [3], non contento di 78 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ripetere ciò ch' egli aveva di già insegnato, contradisso ad errori per lui sco perti dappoi: o Vorrei ben sapere (diss' egli ) in qual luogo della » Scrittura trovasi conferito ai papi il potere di canonizzare i » santi? vorrei pure sapere quale necessità e quale utilità vi sia » a canonizzarli?... Nondimeno (aggiunse con ironia) si cano » nizzi pur quanto si voglia [4] ! » Questi novelli assalti di Lutero erano lasciati senza risposta. L’accecamento de' suoi nemici gli era a tal modo più favorevole che il suo proprio coraggio. Essi difendevano con passione qui stioni accessorie; e quando Lutero recava la mano sui fondamenti della dottrina romana, senza dir verbo li lasciavano pericolare. Affaccendavansi nella difesa di alcuni fortini distaccati, e in questo mentre il lor tremendo avversario penetrava animoso nel corpo della piazza e vi piantava lo stendardo della verità. A tal modo rimasero più tardi attoniti e stupefatti nel vedere la fortezza, di cui eransi fatti difensori, minata, incendiata, crollarsi tra le fiamme, nel mentre che la stimavano inespugnabile, e che sfi davano essi ancora coloro che le davano l'assalto. A tal modo si compiono le grandi cadute l Il sacramento della Cena del Signore incominciava a dar ma teria di meditazione a Lutero. Indarno cercava egli nella messa questa santa Cena. Poco dopo il suo ritorno da Lipsia, egli salì un giorno sul pergamo. Attendiamo benea queste parole, sen dochè siano le prime ch' egli pronunciasse sopra un argomento che poi scisse in due parti la Chiesa della Riforma. «Avvi (diss' » egli) nel santo sacramento dell’altare tre cose che bisogna » conoscere, e sono: il segno, il quale dev' essere esterno, vi » sibile e sotto una forma corporale; la significanza, la quale è » interna, spirituale, e nell’intelletto dell’uomo; e la Fede, la » quale fa uso dell’uno e dell’altra [5]. »Se più oltre non si fos sero spinte le definizioni, l’unità non sarebbe stata punto di strutta. Lutero continua: « Sarebbe beneche la Chiesa in un concilio » ecumenico ordinasse di distribuire le due specie a tutti i fedeli; » non già che una sola specie non basti; cliè la sola Fede già ba » sterebbe. »Queste ardite parole piacciono ai più degli uditori; nondimeno alcuno se ne maraviglia e se ne sdegna, e grida: « È questa una falsità, uno scandalo [6]. » Il predicatore soggiunge: « Non avvi unione più intima, più » profonda, più indivisibile di quella che ha luogo tra l’alimento » ed il corpo nudrito dall’alimento. Cristo si unisce a noi nel » sacramento, e in tal modo, ch' egli agisce come s' egli fosse » noi stessi. I nostri peccati lo assaltano; la sua giustizia ci di » fende. » Ma Lutero non si contenta di esporre la verità; egli fassi a con Iradire ad uno degli errori più fondamentali di Roma [7]. La Chiesa romana pretende che il sacramento operi da sè, indipendente mente dalla disposizione di colui che lo riceve. Nulla v' ha di più comodo di una tale opinione; e da ciò viene l’ardore con cui si cerca il sacramento, e i lucri del clero romano. Lutero contradice a questa dottrina [8] e le 79 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto oppone la contraria [9]*, in virtù della quale la Fede e la buona volontà del cuore sono necessarie. Questa energica protesta dovea rovesciare antiche superstizioni; ma, fatto maraviglioso ! niuno vi badò. Roma lasciò correre ciò che avrebbe dovuto sospingerla ad un grido di pericolo mortale, e scagliossi impetuosa contro l’osservazione di poca importanza gittata là da Lutero nel principio del suo discorso intorno la comu nione sotto le due specie. Questo discorso, pubblicato nel mese di dicembre, sollevò da ogni parte un grido contro l’eresia. Alla corte di Dresda, dove il sermone giunse duranti le feste del Na tale, si gridò: « E la dottrina di Praga, pura, pura ! e per giunta » il discorso è in lingua alemanna, affinchè possa essere inteso » anche dai semplici [10] ! » La divozione del principe ne fu inquie tata, e nella terza festa natalizia scrisse al suo cugino Federico: « Dopo la pubblicazione di questo discorso, il numero di coloro » che ricevono la Cena sotto le due specie, è cresciuto in Boemia » di semila persone. Il vostro Lutero, di professore di Wittem» berga, va ad esser vescovo di Praga ed arcieretico !. .. »— Gri da vasi: « Egli ènato in Boemia, da genitori boemi; egli è stato » allevato a Praga, ed istruito sui libri di Wiclefo ! » Lutero pensò di dovere smentire siffatti rumori in uno scritto, nel quale spose con gravità la storia della sua origine: « Io sono »nato ad Eisleben (die' egli) e fui battezzato nella chiesa di san » Pietro. Dresda poi è il luogo più vicino alla Boemia, nel quale » io sia stato in vita mia [11]. » La lettera del duca Giorgio non valse a porre l’elettore in mala disposizione contro Lutero. Passati pochi dì, questo principe in vitò il dottore ad un magnifico banchetto per lui dato all’amba sciatore di Spagna; e Lutero vi combattè validamente contro il ministro di Carlo [12]. L’elettore lo aveva fatto pregare dal suo cap pellano di difendere la sua causa con discrezione. Lutero rispose: « Soverchia follia spiace agli uomini, ma soverchia saviezza di » spiace a Dio. Senza tumulto e senza scandalo non puossi difen » dere il Vangelo; chè la Parola di Dio è una spada, una guerra, » una ruina, uno scandalo, una distruzione, un veleno [13]*; e, come » dice Amos, essa si affaccia qual orso in sulla via e qual leonessa » nella foresta. Nulla cerco, nulla chieggo; avvi alcuno più grande » di me, che cerca, che domanda; s' egli cade, nulla vi perdo; » e se ritto rimane, non vienmene alcun pro [14]. » Tutto annunziava che bisognato sarebbe a Lutero, più che mai, animo coraggioso e viva Fede. Eck meditava vendette; e a vece degli allori ch' egli avea creduto di cogliere, questo gladiatore di Lipsia era fatto zimbello di tutti gli uomini d' ingegno della sua nazione. Satire mordaci furono contro lui pubblicate, e tra queste un' Epistola di canonici ignoranti scritta da Ecolampade che ferì Eck sin nel fondo dell’anima; era un' elegia sopra Eck, lavoro probabilmente dell’egregio Pirckheimer di Norimberga, piena di una mordacità e ad un tempo di una dignità, di cui i soli Pro vinciali di Pascal possono dare pur qualche idea. 80 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Lutero disapprovò molte di tali scritture, e disse in proposito: « Meglio è assaltare apertamente di fronte, che mordere col te » nersi nascosi dietro una siepe [15]. » Qual errore di calcolo fu mai questo per lo cancelliere d' Ingol stadt! I suoi nazionali lo abbandonano; ed è stretto a pensare d' andarsene oltre l’Alpi a mendicare aiuto straniero. Ovunque passa vomita minacce contro Lutero, contro Melantone, contro Carlstadt e contro lo stesso elettore, a Dall’alterigia delle sue » parole (dice Lutero) direbbesi ch' egli s'immagina di essere lo » stesso Dio onnipossente [16]. »Acceso d' ira e spirante vendetta, Eck parte per l'Italia, per ricevervi il ricompenso de' suoi pretesi trionfi, e per temprare a Roma presso il Campidoglio papale fol gori più possenti delle fragili armi scolastiche che gli si spezzarono tra le mani. S' avvide Lutero di tutti i pericoli che sopra lui trarre poteva questo viaggio del suo avversario; ma di nulla si sgomentava. Spa latino ne fu inquieto, e invitò Lutero ad offerire la pace. « No » (questi rispose); finchè costui grida, ritrarmi non posso dalla » battaglia. Nelle mani di Dio commetto intera questa faccenda. » Abbandono la mia navicella in balìa dell’onde e dei venti. La » guerra è del Signore. E perchè v' immaginate che Cristo voglia » la sua causa far progredire con la pace? Non ha egli forse combattuto col proprio sangue, e dopo lui, i martiri non hanno » fatto lo stesso [17] » Tal’era al principio del 1520 la posizione de' combattenti di Lipsia: l’uno subillava i papisti per abbattere l’emolo suo; V altro aspettava la guerra, imperturbato come colui che aspetta la pace. L’anno che s' apre vedrà scoppiare la tempesta. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] 8 Settembre, 1519. [2] Lutb., Opp. (L.), X, p 46J. [3] Defensio cantra malignimi Eccii judicium (Opp. lai., 1, 356). [4] Canonisct quisque quantum volet (Ibid., p. 367). 81 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [5] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 272. [6] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 281. [7] Si quis dixent per ipso, nova legis sacramenta ex opere operato non con. ferri gratiam, sed solam fidem divina promissionis, ad gratiam consequendam sufficcre, anathema sii (Conc. di Trento, Sess. 7, can. 8). [8] Nota sotto nome d' Opus operatum. [9] Quella dell’Opus operantis. ' [10] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 281. [11] Cwterum ego natus sum in Eisleben.... (.Epp., I, 389). [12] Cum quo heri ego et Philippus certavimus, splendide invitati (Ibid., 296). [13] Verbum Dei gladius est. bellum est, ruina est, scandalum est, perditio est, venenum est (Luth., Epp., I, 417). [14] Ego nihil queero: est, qui quarat. Stet ergo, sire cadat. ego nihil lucror. ani amido (Ibid., 418). [15] Melior est aperta criminatio, quam iste sub sepe morsus (Luth., Epp., I, p. 426). [16] Deum crederes omnipotentem loqui (Ibid., 380). [17] Cogor rem Deo commiUere, data (latibus et fluctibus nave. Bellum Domini est. ... (Ibid., p. 425). 82 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto LIBRO SESTO (BOLLA DA ROMA 1520) CAPITOLO PRIMO SOMMARIO. — Elezione di un Imperatore. — Carattere dt Massimiliano. — Pretendenti all’impero. — Carlo. — Francesco I. — Arrigo Vili. — Disposizioni degli Alemanni e del Papa. — La corona offerta a Federico di Sassonia che la ricusa. — Carlo è eletto. Un personaggio novello stava per mostrarsi sulla scena. Dio volle porre in presenza del monaco di Wittemberga il monarca più possente che, dopo Carlomagno, veduto avesse la cristianità. Scelse un principe nel fior degli anni, e a cui ogni cosa annun ziava un lungo regno; un principe il cui scettro stendevasi sopra una considerevole parte del mondo antico e sopra il mondo nuovo; in guisa che, secondo una famigerata sentenza, il sole mai non tramontava ne' suoi vasti stati. Un tal principe Dio oppose a quest' umile Riforma, incominciata neh ignobile cellettadiun convento di Erfurt dalle angoscie, dai sospiri di un monaco tapinello. La storia di questo monarca e del suo regno pare che fosse destinata a dare al mondo una gran lezione. Doveva far toccare con mano la vanità di tutta « la potenza dell’uomo » quand' osa lottare contro « la » debolezza di Dio. »Se un principe, amico di Lutero, fosse stato chiamato all’impero, i trionfi della Riforma sarebbersi attribuiti alla protezione di lui. Inoltre, se un imperatore avverso alla nuova dottrina, ma fiacco, avesse l'imperiai trono occupato, i trionfi di una tal’opera sarebbersi esplicati col porre innanzi la debo lezza del monarca. Ma fu il superbo vincitore della battaglia di Pavia che dovette il suo orgoglio umiliare dinanzi alla possanza della Parola divina; e tutta la terra potè vedere che colui, al quale era agevole il trascinare Francesco I nelle carceri di Madrid, doveva deporre la sua spada dinanzi al figliuolo di un povero minatore. Morto era l'imperatore Massimiliano, e gli elettori eransi riu niti a Francoforte per eleggergli un successore. Fatto importante era questo per l'Europa, nella condizione in cui allora si trovava; e tutta la cristianità poneva mente a questa elezione. Massimiliano non era stato un gran principe; ma ad ogni modo era cara al popolo la sua memoria; e ognuno piacevasi ricordare e l'acutezza del suo ingegno, e la sua benigna natura. Lutero spesso parlava tli lui co' suoi amici, e un giorno narrò loro il seguente aneddoto di questo monarca : Un accattone seguitava l’imperatore e chiedevagli la limosina, chiamandolo suo fratello; « sendochè (diceva) entrambi discen »diamo da uno stesso padre, Adamo, lo sono povero, e voi ricco, » quindi dovete sovvenirmi. »A queste parole Massimiliano si volse a riguardo, poi gli disse: « Prendi, eccoti due soldi; vat » tene verso gli altri tuoi fratelli, e se ciascuno farà tanto, quant' » io ho teco fatto, tu sarai allora più ricco di me [1]. » Non era un mansueto Massimiliano ch' esser dovesse chiamato a cingere l’imperiale corona. I tempi stavano per mutarsi; grandi ambizioni dovevano 83 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto disputarsi il trono degl’imperatori d' Occidente; una valida mano doveva prender le redini dell’impero, e guerre lunghe e sanguinose stavano per succedere ad una pro fonda pace. Tre re chiedevano la corona de' Cesari alla Dieta di Francoforte. Un giovane principe, nipote dell’ultimo imperatore,nato col secolo, e per conseguenza in età di diciannove anni, offerivasi il primo. Il suo nome era Carlo, ed eranato a Gand. Maria, sua ava materna e figliuola di Carlo l'Ardito, avevagli lasciate le Fiandre e i ricchi stati di Borgogna. Giovanna, sua madre, figliuola di Ferdinando d' Aragona e di Isabella di Castiglia, e donna di Filippo, figliuolo dell’imperatore Massimiliano, gli aveva trasmesse le corone riunite delle Spagne, di Napoli e di Sicilia, alle quali Cristoforo Colombo aveva aggiunto un nuovo mondo. La morte poi dell’avo suo lo poneva allora allora in pos sesso degli stati ereditarii d' Austria . Questo principe, dotato di molta intelligenza e amabile, quando il volea, al diletto de' mi litari esercizii, ne' quali s' erano sì a lungo segnalati i chiari du chi di Borgogna, congiungeva la sagacità e il penetrevole intelletto degl’Italiani, il rispetto per le esistenti instituzioni (rispetto che caratterizza ancora la casa d' Austria e che prometteva al papato un fermo difenditore), e finalmente una grande cognizione de' pubblici negozii, acquistata sotto la disciplina di Chièvres. Sino dall’età di quindici anni egli aveva assistito a tutte le deliberazioni de' suoi consigli [2]. Queste sì diverse qualità stavansi in lui come coperte e velate dal soprappensiero e dalla taciturnità natu rali agli Spagnuoli. Nell’oblungo suo volto leggevasi un non so che di tristo. Lutero diceva: « Egli è pio e quieto quieto; e tengo » per certo ch' egli in un anno tanto non parla quant' io in un » sol giorno [3]. »Se Carlo sviluppate avesse le sue intellettive facoltà sotto un' influenza libera e cristiana, sarebbe forse stato uno de' principi più degni di ammirazione ricordati dalla storia; ma la politica assorbì intera la vita sua, e maculò le sue felici disposizioni. Non contento di tutti gli scettri che riuniva nella sua mano, il giovano Carlo ambiva la dignità imperiale. « È un raggio di sole » che getta splendore nella casa che rischiara (dicevano molti); » ma stendete la mano per coglierlo, e nulla troverete. »Ma Carlo, per l’opposito, vi scorgeva il sommo d' ogni terrena gran dezza, ed un modo di acquistarsi sull’animo de' popoli una magica influenza. Francesco l, re di Francia, era il secondo competitore. Igio vani paladini corte di questo re paladinesco, susurravangli senza posa: dover egli, Carlomagno, farsi imperatore di tutto l’Occidente, e, col risuscitare le gesta antichi prodi, assaltare la Mezza-luna che minacciava l’impero, fare in gl’infedeli e riconquistare il santo Sepolcro. della come degli pezzi Gli ambasciatori di Francesco I dicevano agli elettori: « Vuolsi » provare ai duchi d' Austria che la corona dell’impero non è » ereditaria. L’Alemagna, per altro verso, nelle odierne circo » stanze abbisogna, non di un giovane di diciannove anni, ma » di 84 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto un principe, il quale a maturo e provato senno congiunga » talenti già conosciuti. Francesco riunirà l’armi di Francia e » Lombardia a quelle dell’Alemagna, per far la guerra ai Mu » suhnani. Signore del ducato di Milano, egli è d' altra parte già » membro dell’impero. »Gli ambasciatori francesi avvalora vano queste ragioni con quattrocentomila scudi che distribuivano per comprare i suffragi, e con conviti, ne' quali dovevasi trionfare de' convitati. Finalmente, Arrigo Vili, re d' Inghilterra, geloso dell’influenza che la scelta degli elettori darebbe a Carlo od a Francesco, si pose anch' egli tra gli aspiranti; ma presto si ritrasse, e lasciò che questi due emoli possenti si disputassero tra loro la imperiale corona. Gli elettori erano poco disposti in favore di entrambi. Pensa vano che i loro popoli avviserebbero nel re di Francia un pa drone straniero, e che questo padrone potuto avrebbe per giunta togliere a loro stessi quell’indipendenza di oui erano già stati spogliati da poco tempo i grandi del suo regno. In quanto Carlo risguardava, era massima degli elettori di non dar la corona dell' impero ad un principe che vi sostenesse una gran parte. Il Papa divideva cogli elettori queste paure; e non voleva nè il re di Na poli, suo vicino, nè il re di Francia, di cui temeva lo spirito in conquiste; e fece dire agli elettori: « Scegliete piuttosto uno di » voi. »L’elettore di Treveri propose di nominare Federico di Sassonia; e la corona imperiale fu posta a' piedi dell’amico di Lutero. Questa scelta sarebbe riuscita accetta a tutta l’Alemagna. La saviezza di Federico ed il suo amore inverso il popolo erano già noti. Quando Erfurt tumultuò, fu consigliato a prendere d'as salto questa città; ed egli si ricusò, abborrente com' era dal san gue. « Ma questo fatto (gli dissero) non vi costerà cinque uomini; » ed egli rispose: « Un sol uomo sarebbe anche troppo [4]. »Pareva che l’elezione del protettore della Riforma fosse sul punto di assicurare il trionfo di quest' opera; e Federico nel desiderio de gli elettori non avrebbe dovuto vedere una chiamata di Dio? Chi meglio di un principe tanto savio avrebbe potuto presiedere ai destini dell’impero? Chi meglio di un imperatore pieno di Fede avrebbe potuto mostrarsi forte contro i Turchi? Forse il rifiuto dell'elettore di Sassonia, tanto encomiato dagli storici, fu un fallo di questo principe; forse a lui voglionsi in parte imputare le lotte che più tardi insanguinarono e desolarono l’Alemagna ! Ma non è agevole il decidere se Federico meriti biasimo per lo suo difetto di Fede, o più presto di essere onorato per la sua umiltà. Egli pensò che la salvezza stessa dell’impero richiedeva ch' egli ne ricusasse la corona [5]. « Bisogna (disse questo principe » modesto e disinteressato) un imperatore più possente di me per » salvare l’Alemagna. Il Turco è alle nostre porte; e il re di » Spagna, i cui dominii ereditarii d' Austria toccano la fron » tiera minacciata, ne è il naturale difensore. [6]» Il legato di Roma, scorgendo che Carlo sarebbe già stato eletto, dichiarò che il Papa ritirava le sue obbiezioni; e il dì 28 giugno il nipote di Massimiliano fu eletto. 85 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Più tardi Federico ebbe a dire: u Dio ce lo ha dato nel suo favore e nell’ira sua » GÌ' inviati spagnuoli presentarono all’elettore di Sassonia trentamila fiorini d' oro, qual segno della riconoscenza del loro signore; ma Federico li ricusò, e proibì a' suoi ministri di accettare verun regalo. Nel tempo stesso assicurò le libertà alemanne con una capitolazione dagl’inviati di Carlo giurata in nome di lui. Le circostanze in cui questo principe cingeva l’imperiale diadema, parevano dover per giunta assicurare, e meglio che i suoi giuramenti, le germaniche franchigie e l’opera della Riforma. Questo giovine principe sentivasi oscurato dagli allori colti a Marignano dal suo emolo Francesco I. La lotta doveva continuarsi in Italia; e questo tempo basterebbe certamente alla Riforma per afforzarsi. Carlo lasciò la Spagna nel maggio del 1520, e il dì 22 di ottobre dell' anno stesso fu coronato in Aquisgrana. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Luti)., Opp. IW.), XXII, p. 1869. [2] Mèmoires de du Bellay. I, 45. [3] Luth., Opp. (W.), XXII, p. 1874. [4] Luth., Opp. (W.J.XXII, p. 1858. [5] Tsvcro heroica piane moderatione animi magnile repudiami (Pallav., 1, 7-9). [6] Luth., Opp. (W.), XXII, p. 1880. 86 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SECONDO SOMMARIO. — Lutero scrive all’Imperatore. — Condanna delle università di Colonia e di Lovanio. — Pericoli di Lutero. — Teutleben a Roma. — Istruzioni dell’elettore per questa corte. — Fermezza di Lutero. — Timori di Melantone. — Nobili alemanni dichiaransi per la Riforma. — Schaumburg, Sickingen, Cronberg, Ulrico di Hutten. — Lutero diviene più libero. — Discorso intorno le buone opere. — La Fede sorgente dell’opere. — Ciò ch’ è dato dalla Fede. Lutero previde che la causa della Riforma sarebbe portata ben presto dinanzi al novello imperatore; e scrisse a Carlo, mentre questo principe si trovava ancora a Madrid: « Se la causa ch' io » difendo (gli scriveva ) è degna di presentarsi dinanzi al trono » della Maestà celeste, non dev' essere indegna di occupare un » principe terreno. O Carlo, principe dei re della terra ! mi getto » supplice ai piedi della Vostra Serenissima Maestà, e vi s congiuro a degnarvi ricevere sotto l’ombra dell’ali vostre, non me, » ma sibbene la causa stessa di quell’eterna verità, per la cui » difesa Dio vi ha posto in mano la spada [1]. »Il giovine re gittò in un canto questa singolar lettera di un monaco alemanno, nè fecevi risposta. Nel mentre che Lutero volgevasi indarno verso Madrid, la burrasca s' ingrossava intorno a lui. Il fanatismo accendevasi in Alemagna. Hochstraten, infaticabile ne' suoi conati di persecuzione, avea stratte dagli scritti di Lutero alcune tesi; e dietro sua inchiesta, le università di Colonia e di Lovanio avevano queste opere condannate. Quella di Erfurt, sempre irritata della preferenza da Lutero accordata all’università di Wittemberga, stava per seguitare l'esempio delle sovraccennate; ma Lutero, sendone stato avvertito, scrisse a Lange una lettera tanto ener gica, che sgomentò i teologi di Erfurt per maniera che si tennero zitti. Ma la condanna, pronunciata a Colonia ed a Lovanio, ba stava benea riscaldare le menti. Per soprappiù, i chierlci della Misnia, che sposata avevano la causa di Emser, dicevano ad alta voce (è Melantone che lo riferisce), dicevano ad alta voce che colui il quale uccidesse Lutero, farebbelo senza peccare « Ecco » il tempo (disse Lutero) in cui gli uomini crederanno di rendere » servigio a Gesù Cristo col porci a morte. [2]» Quelle micidiali pa role non dovevano rimanere senza frutto. Un giorno (narra un biografo) in cui Lutero stavasi dinanzi al convento degli Agostiniani, uno strano, che teneva nascosa in unamanica una pistola, lo affrontò, e gli disse: « Perchè andate voi » cos'i tutto solo? » Lutero gli rispose: « Sono nelle mani di Dio, [3]» egli è mia forza e mio scudo. E che può farmi l’uomo mortale? » Lo storico aggiunge: che a tale risposta lo sconosciuto impallidì, e tremante se ne andò via *. Serra-Longa, l’oratore della conferenza di Augusta, scrisse verso questo tempo all’elettore: « Non » trovi Lutero verun asilo negli stati di Vostra Altezza; sia da » ogni uomo respinto e lapidato alla faccia del cielo; ciò farammi » maggior piacere che non farebbemi un vostro presente di die » cimila scudi [4]. » 87 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ma dalla parte di Roma minacciava precipuamente la tempesta. Un nobile della Turingia, Valentino Teutleben, vicario dell’ar civescovo di Magonza e focoso papista, era in Roma rappresen tante del duca di Sassonia. Vergognoso per la protezione dal suo signore accordata ad un monaco eretico, scorgeva con inquie tezza resa vana la sua ambascieria da una sì imprudente con dotta. S' immaginò egli pertanto che ool porre in apprensione l’elettore, lo risolverebbe ad abbandonare il teologo ribelle. Scrisse pertanto al suo signore: « Qui nessuno mi vuole ascol » tare a motivo della protezione che voi accordate a Lutero. » Ma i Romani ingannavansi a partito se pensavano sgomentare il savio Federico. Questo principe sapeva che la volontà di Dio e l’inchinamento de' popoli erano irresistibili assai più che i decreti della papale cancelleria. Ordinò quindi al suo inviato di far bellamente intendere al Papa, ch' egli, lungi dal difendere Lutero, lo avea sempre lasciato difendersi da sè stesso; che Lutero era già stato avvertito di dover lasciare l’università e la Sasso nia; ch' erasi già mostrato pronto ad obbedire, e che già più non troverebbesi negli stati elettorali, se lo stesso legato, Carlo di Miltitz, non avesse supplicato il principe a tenerselo vicino, nel timore che Lutero, nel recarsi in altri paesi, potesse operare con maggiore libertà che nella Sassonia[5]. Federico andò più oltre ancora, e tentò di aprir gli occhi alla romana corte. « L’Alema » gna (continua nella sua lettera) ha oggidì un gran numero di » sapienti, periti in ogni maniera di lingue e di scienze; i laici » stessi cominciano a mostrarsi illuminati e ad amare lo studio della santa Scrittura. Se ricusansi adunque le oneste condizioni proposte dal dottore Lutero, è molto a temersi che la pace yi più non possa essere restituita alla Chiesa. La dottrina di Lu » tero ha gittate radici profonde nell’animo e nell’intelletto di d molti; e se a vece di confutarla con testimonianze scritturali, cercasi annientarla con le folgori dell’ecclesiastica potenza, si occasioneranno grandi scandali, e susciterannosi pericolose e » terribili ribellioni [6]. » L’elettore, fidentissimo in Lutero, fecegli conoscere la lettera di Teutleben ed un' altra scrittagli dal cardinale di san Giorgio. Il riformatore fu commosso da tale lettura, e misurò d' un guardo tutti i pericoli che lo minacciavano da ogni lato. La sua anima ne fu trambasciata un istante; ma era appunto in siffatti casi che appalesavasi tutta la forza della sua Fede. Spesse fiate, già fievole e sul punto di vedergli cader l’animo a terra, era veduto rile varsi improvviso e più grande mostrarsi nel mezzo della tempesta. Vorrebbe poter cessare sì dure prove; ma intende a qual prezzo gli si offre il riposo.... e lo rigetta sdegnosamente: « Tacermi! » (die' egli) a ciò sono disposto, se mi si permette, voglio dire, » se farannosi gli altri tacere. Se alcuno invidia le mie cariche, » ch' egli se le prenda; se altri vuole distruggere i miei libri, li » arda. Io sono parato a tacere, purchè non si pretenda che » muta si stia la evangelica verità [7]. Non chieggo il cappello » cardinalizio, nè oro, nè altra cosa qualsivoglia avuta in pregio da » Roma. Nulla v' ha al mondo che non si possa ottenere da me, » purchè non si chiuda agli uomini cristiani la via di 88 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto salvazione [8]. » Tutte le loro minacce non mi spaventano, tutte le loro im promissioni non possono sedurmi. » Animato da tali sentimenti, Lutero ritrovò ben presto il suo umore battaglieresco, e alla quiete della solitudine preferì il combattimento del cristiano. Una notte bastò a tornargli il desi derio di rovesciar Roma; e il dì che venne, scrisse: « Il mio » partito è preso; disprezzo del pari il furore ed il favore di » Roma. Non più riconciliazione, non più corrispondenze conessa, e per sempre [9]. Condanni essa pure le mie opere e le » arda ! dannerò e brucierò anch' io alla volta mia il diritto » pontificale, quel nido d' ogni eresia. Tornò indarno la discrezione per me usata sinora; è tempo di rinunciarvi ! » I suoi amici erano ben lontani dal mostrarsi ugualmente tran quilli, e grand' era la costernazione inWittemberga. « Noi siamo » in istraordinaria sollecitudine (diceva Melantone). Vorrei più » presto morire che vedermi separato da Lutero *[10]. Se Dio non ci » aiuta, noi siamo sul punto di perire. »E un mese dopo scrisse nella sua ansietà: « Piaccia a Dio ch' egli (Lutero) viva un lungo » tempo ! chè i sicofanti romani dannosi ad ogni mena per farlo » perire. Pregate, tanto ch' egli viva, quest' unico vendicatore » della santa teologia [11]. » Queste preghiere dovevano essere esaudite. Gli avvertimenti che l’elettore avea fatti dare a Roma dal suo inviato non erano senza fondamento. La parola di Lutero avea risuonata ovunque, nelle capanne, ne' chiostri, nelle case de' cittadini, ne' castelli de' nobili, nelle accademie, e ne' palagi dei re. Lutero aveva detto al duca Giovanni di Sassonia: « Abbia la mia vita giovato » alla conversione di un sol uomo, e soffrirò di buon animo ti che tutti perano i miei libri [12]. » E non era un uomo solo, ma molti e molti che aveano trovato il lume della verità negli scritti dell’umile dottore. A tal modo trovaronsi ovunque uomini appa recchiati a proteggerlo. La spada che dovea percuoterlo lavo ravasi nella fucine del Vaticano; ma alzavansi eroi in Alemagna per fargli scudo de' loro corpi. Nel mentre che i vescovi s' irrita vano, che i principi stavansi silenziosi, che il popolo era in aspettazione e che le folgori papali rumoreggiavano dai sette colli, Dio ridestò la nobiltà alemanna per farne antemurale al suo servo. Silvestro di Schaumburg, l’uno de' più possenti cavalieri della Franconia, mandò in questo tempo il suo figliuolo a Wittemberga con una lettera per Lutero. « La vostra vita (scrivevagli) » trovasi in pericolo. Se vi vien meno l’aiuto degli elettori, de' » principi e de' magistrati, priegovi di guardarvi benedal recarvi » nella Boemia, dove un tempo sapientissimi uomini molto eb » bero a soffrire. Venite più presto da me; chè in ogni caso, » piacendo a Dio, più di cento gentiluomini unirannosi a me, » e da essi aiutato, saprò guardarvi da ogni pericolo [13]. » Francesco di Sickingen, questo eroe del suo secolo, del quale abbiamo veduto altrove l’intrepido coraggio [14], amava il Riforma tore e per esser degno di amore e per saperlo odiato dai monaci s, e gli sci isse: « I miei servigi, le mie sostanze, la mia 89 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto vita, [15] » tutto ciò ch' io posseggo in somma, pongo alli vostri coman » damenti. Voi volete mantenere la cristiana verità, ed in questo » sono parato ad aiutarvi [16]. »Harmuth di Cronberga parlavagli simigliantemente; e da ultimo, Ulrico di Hutten, questo poeta, questo strenuo cavaliere del secolo XVI, non ristavasi dal parlare in favore di Lutero. Ma qual contrasto tra questi due uomini ! Hutten scriveva al riformatore: « Occorrono a noi spade ed archi » e dardi e bombe per distruggere il favore del demonio; » e Lutero, nel leggere siffatte lettere sclamava: « Per difendere il » Vangelo non voglio che si ricorra all’armi ed al sangue. conla parola il mondo fu già vinto; con la parola fu salvata la » Chiesa, e con la parola sarà essa pure ristorata. » Nel leggere poi la lettera di Schaumburg, di cui si è fatta menzione, Lutero diceva: « Le sue offerte io non dispregio, ma nondimeno sovr' » altri non voglio appoggiarmi, trattone Gesù Cristo [17]*. »A tal modo non parlavano i romani pontefici quando marciavano sul sangue e sui cadaveri dei Valdesi e degli Albigesi. Hutten avvisò la differenza che passava tra la sua causa e quella di Lutero, e così scrissegli con nobiltà: « Io mi occupo di fatti mondani; » ma tu con la mente assai più in alto ti sollevi, e alle cose di » Dio tutto t' intendi [18]. »Partì poscia nell’intendimento di trarre all’evangelica credenza, se pure gli riusciva, Ferdinando e Carlo-Quinto. A tal modo Lutero era tal fiata da' suoi nemici oppressato, e tal’altra da suoi amici confortato, mutamenti da lui adombrati là dove dice: « Fluttua il mio navilio qua e là in balìa de' venti;. . » e la speranza ed il timore vi regnano con vicenda; ma che » importa [19]? » Nondimeno le testimonianze di simpatia che rice veva non furono sterili di potere sull’animo di lui. « Regna il » Signore visibilmente (diss' egli), eccolo là; noi lo possiamo » toccare [20]. »Vide Lutero di non essere più solo; le sue parole recati avevano i loro frutti; e questo pensiero doppiava in lui il coraggio. Il timore di porre in compromesso l’elettore più non l’inquietava, nè più lo soffermerà, adesso che altri difensori si offrono a fargli spalla, a sfidare tutta la collera di Roma. Fassi più libero, se tanto pur si può dire, e più risoluto. È questa un' epoca dello sviluppo di Lutero ben degna di considerazione ! Scrisse al cappellano dell’elettore: « È d' uopo che Roma si » capaciti, che quand' anche con le sue minacce giungesse a » farmi cacciare di Wittemberga, ella non farebbe che render » più pericolante la sua causa. Non è in Boemia, ma sibbene nel » seno dell’Alemagna, che trovansi coloro, che sono apparec » chiati a difendermi contro i fulmini papali. Se ancora non ho » fatto verso i miei nemici tutto ciò che ho preparato e preparo, » ciò non devesi ascrivere nè a modestia per parte mia, nè a » tirannia per parte loro, ma veramente al nome dell’elettore » ed alla prosperità dello Studio di Wittemberga, ch' io ebbi » paura di porre in compromesso. Odiernamente, deliberato sic » come sono da siffatte paure, sarò veduto con forza novella » scagliarmi contro Roma, e contro i suoi cortigiani [21]. » E frattanto non era ne' grandi della terra che Lutero ponesse la sua fidanza. Spesso era stato sollecitato a 90 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto dedicare un suo libro al duca Giovanni, fratello dell’elettore, e ciò fatto non aveva: e scrisse in proposito: « Temo che questo suggerimento venga » indirettamente da lui; e la santa Scrittura servir deve unicamente alla gloria del solo nome di Dio [22]. »Lutero poi mutò d' avviso, posti questi scrupoli dall’un de' lati, e dedicò al duca Giovanni il suo Discorso intorno le opere buone. È l’uno degli scritti ne' quali con maggior forza il riformatore spone la dot trina della giustificazione per la Fede, possente verità, la cui forza pone egli molto al disopra della spada di Hutten, dell' esercito di Sickingen, e della protezione dei duchi e degli elettori. « La prima, la più nobile, la più sublime di tutte l’opere » (die' egli) è la Fede in Gesù Cristo [23]; ed è da quest' opera che » tutte le altre devono procedere: queste sono tutte vassallo » della Fede, e da essa sola ricevono la loro efficacia. » Se un uomo sente in sè certezza che ciò ch' egli fa è accetto » a Dio, l’opera è buona, non facess' egli altro che levare di » terra una festuca tli paglia; ma se non trova in lui questa » certezza, la sua opera non è buona, quand' anche i morti » resuscitasse. Un pagano, un ebreo, un turco, un peccatore, » possono tutte l’altre opere fare; ma confidarsi fermamente in » Dio e aver certezza di gradire a lui, è fatto che il solo cristiano » confermato nella grazia è in abilità di operare. » Un cristiano che ha Fede in Dio, fa tutto con libertà, conletizia; nel mentre che l’uomo che non è uno con Dio, è » pieno di sollecitudini e tenuto nel servaggio. Chiede a sè conansia inquieta quante opere dovrà fare; corre qua e là; interroga ora questo, ora quello; in niun luogo trova pace, e » tutto opera a malincuore e con paura. » Per queste considerazioni, io ho sempre esaltata la Fede. Ma » nel mondo si pensa altramente. Là vuolsi in sostanza che le » opere siano molte, grandi, alte e d' ogni dimensione, senza » curarsi punto punto della Fede che deve animarle; e a tal modo » si fonda la propria pace, non già sul volere di Dio, ma sopra i » meriti suoi proprii, ch' è quanto dire sulla sabbia... (Matteo» VII, 27). » Si risponde: predicare la Fede è un impedire le opere » buone; ma quando un uomo avesse in sè tutte le forze di tutti » gli uomini od anche di tutte le creature [24], questa sola obbli » gazione di vivere nella Fede sarebbe per lui un troppo grande » imprendimento per non poterlo mai compiere. S' io dico ad » un infermo: ricupera la sanità e tornerai a valerti delle tue » membra, dirassi mai ch' io gli divieti V uso de' suoi membri ? » La sanità non deve necessariamente precedere il lavoro? Di » casi lo stesso quando noi predichiamo la Fede: questa deve » preire alle opere, affinchè l’opere stesse possano riuscire » efficaci. » Domanderete: Dove può adunque trovarsi questa Fede, e » in qual modo si potrà riceverla? Questo appunto è il fatto » che più importa di sapere. La Fede viene unicamente da Gesù » Cristo, promesso e dato gratuitamente. 91 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » O uomo ! raffigurati Cristo in tuo pensiero, e contempla n come in lui Dio ti mostra la sua misericordia, senza essere a » ciò mosso da veruno tuo merito [25]. In questa immagine della » sua grazia attingi la Fede e la certezza che i tuoi peccati ti » sono perdonati; chè questa Fede non può essere dall'opere t, prodotta. Essa derivasi dal sangue, dalle piaghe, dalla morte » di Gesù Cristo; e di là scende ne' nostri cuori. Cristo è la » rupe da cui stilla latte e miele (Deuter., XXXII). » Non potendo noi far conoscere tutte le opere di Lutero, ab biamo citati alcuni brevi frammenti di questo discorso intorno le buone opere, a cagione della sentenza datane dallo stesso autore: « E questo, a mio giudizio (die' egli), il migliore degli » scritti ch' io abbia pubblicati. »Poi vi aggiunge questa grave considerazione: « Ma io so beneche quando mi compiaccio di » ciò che ho scritto, l’infezione di questo malvagio fermento » impedisce che ciò piaccia agli altri [26]. »Melantone, nell’In viare questo discorso ad un amico, lo accompagnava con queste parole: a Fra tutti gli scrittori greci e latini non trovo chi più » di Lutero siasi accostato allo spirito di san Paolo [27]. U ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Causam ipsam veritatis (Epp., I, 392, 15 gennaio 1520). [2] Ut sine peccato esse eum censebant, qui me mterfecerit (Epp., 1, 383). [3] Was kann uiir egli Mensch thun? (Keit, L. Umstànde, p. 89). [4] Tenzel, Hist. Ber., II, p. 168. [5] Da er viel freyer und sicherer sebreiben und bandeln mòchte was er wolle.... (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 298). [6] Schreckliche, grausame, schàdliche und verderbliche F.mporungen cr regen (Ibid.). [7] Semper quiescere paratus, modo veritatem evangelicam non jubeant quiescere (Luth., Epp., I, p. 462). [8] Si salutis viam Christianis permittant esse liberam, hocunumpeto ab illis, ac praterea nihil (Ibid.). 92 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] IVoio reis reconciliari nec comunicare inperpetuum (Ibid, p. 466, 10 lu glio 1520). [10] Emori mallem, quam ab hoc viro avelli (Corp. Seform., p. 160, 163 ). [11] Martinus noster spirai, atque utinam diu... (Corp. Reform., 190, 208). [12] Luth., Opp. (Leipz.), XVII, p. 392. [13] Derni lch, unii hundert von Adel, die Ich (ob Gott will ) aufbringen will, euch redlich anhallen (Lutii., Opp. L.], XVII, 381 ). [14] Equitum Germania rarum decus, disse allora Melantone (Corp. Reform., I,201). [15] Et ob id invisus illis (Ibid., 132). [16] Ibid. 4 Nolo nisi Christo protectore niti (Luth., Epp., I, 148). [17] Mea fiumana sunt .- tu perfectior, jam totus ex divinis pendes (Luth., Opp. lat., II, 175). ' [18] Viam facturus libertati (eod. Bavar. ventati) per maximos principcs (Corp. Ref., I. 201). [19] Ita fluctuai navis mea -, nunc spes, nunc timor regnat (Epp., I, 443) . [20] Dominus regnat, ut palpare possimus (Ibid., p. 451). [21] Savius in Romanenses grassaturus.... (Ibid., 465). [22] Scripturam sacram nolim alicujus nomini nisi Dei servire (Epp., I, 431). [23] Das erste und uòchsle, allereldeste.... gute Werck isl der Glaube in Cliristum (Luto., Opp. [L.], *VII, 394). [24] Wenn egli Mensch tausend, oder alle Menschen, oder alle Creaturen ware (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 398). [25] Siehe, also must du Cbristum in dich bilden, und sehen wie in Ihm Gott seine Barmherzigkeit dir fùrhàlt und anbeut (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 401). 93 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [26] Erit meo judieio omnium qua ediderim, optimum: quamquam scio qua mini mea piacerti, hoc ipso fermento infecta, non solere aliis piacere (Luth., Epp., I, 431). [27] Quo ad Pauli spiritum nemo proprius accessit (Corp. Ref., I, p. 202). 94 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TERZO SOMMARIO. — Appello alla nobiltà cristiana della nazione alemanna. — Diffidenza di sè stesso. — 1 tre muri. — Tutti i cristiani sono sacerdoti. — Il magistrato deve correggere il clero. — Abusi di Roma. — Il Papa. — L’Italia minata dalla corte papale. — Pericoli dell’Alemagna. — Appello. — Riforma del Papa. — I legati. — I monaci. — Il celibato de' preti. — Le feste. — I Boemi. — Le università. — L’impero. — Conclusione. — Successo di questo appello. — Possenti effetti. Ma v' era stato nella Chiesa un altro male, peggiore che la sostituzione d' un sistema di opere meritorie all’idea di grazia e di amnistia [1]. Un superbo potere avea alzate le corna tra gli umili archimandriti di Gesù Cristo; e Lutero assalterà questa autorità usurpata. Nel mezzo di tante sue agitazioni Lutero nella solitudine avea studiato l’origine, i progressi e le usurpazioni del papato; e le scoperte per lui fatte in proposito lo avevano reso grandemente ammirato. Non indugiossi allora più a farle conoscere, ed a menare un colpo, il quale, come in antico la verga di Mosè, dovea risvegliare tutto un popolo addormentato da una lunga cattività. Prima che Roma avesse il tempo di pubblicare la sua tremenda bolla, Lutero le gittò il guanto con una sua dichiarazione di guerra. « Il tempo di tacersi (grida egli) » è passato; il tempo di parlare è venuto ! » Il giorno 23 giu gno 1520 pubblicò il suo famoso Appello a Sua Maestà Imperiale ed alla nobiltà cristiana della nazione alemanna, intorno la Riforma del cristianesimo « Non è per temerità (die' egli al cominciamento di questo » scritto), che io, uomo del popolo, imprendo a parlare alle » vostre signorie. La miseria e l’oppressione che affliggono odiernamente tutti gli stati della cristianità, e precipuamente l’Ale fi magna, mi strappano un grido di cordoglio. È d'uopo ch' io » chiegga aita; è d' uopo ch' io vegga se Dio non infonderà il » suo spiro in qualche uomo della patria nostra, e se non isten » derà la sua mano alla sventurata nostra nazione. Dio ci ha » dato per capo un principe magnanimo e nel fiore degli anni [2]» (l’imperatore Carlo-Quinto), ed ha a tal modo ricolmi di grandi » speranze i nostri cuori. Ma conviene che dal canto nostro si » faccia tutto ciò che possiamo fare. » Ora, la prima cosa necessaria è di non porre fidanza nella » nostra gran forza o nell’alta nostra saviezza. Se incominciasi » un' opera buona fidenti in sè stessi, Dio l’abbatte e l’annienta. » Federico I, Federico II, e molt' altri imperatori ancora, dinanzi » ai quali il mondo tremava, furono calpestati dai papi, perchè » posero nella loro possa più fidanza che in Dio. Caddero necessariamente! E contro le potenze infernali che noi abbiamo » a combattere in questa guerra. Nulla aspettarci dalla forza » dell’armi e confidarci umilmente nel Signore, attendere al » pericolo della cristianità più che ai delitti de' malvagi, ecco il » modo di comportarsi in questa bisogna. Facendo altramente, l’opera comiucierà forse con belle apparenze; ma nel mezzo » della lotta s' inframmetterà d'improvviso la confusione; gli l spiriti malvagi 95 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto occasioneranno immenso disastro, e il mondo » intero nuoterà nel sangue... Maggiore è il potere che si ha, e maggiore è il pericolo a cui si è esposti, se non camminasi » nel santo timore di Dio. [3]» Dopo questo esordio, Lutero continua a questo modo: « l Romani tre muri di cinUi hanno eretti a sè d' intorno per » premunirsi contro ogni maniera di Riforma. Furono assaliti dal » potere temporale? risposero: non aver questo verun diritto » sopra di loro, e che il potere spirituale al temporale stava sopra. » Si vollero correggere con l'autorità della santa Scrittura? essi » hanno soggiunto: niuno poterla interpretare, trattone il Papa. » Sonosi minacciati di un concilio ? hanno detto: non potersi ciò » fare se non dal sommo pontefice ! » Hannoci a tal modo toltele tre verghe destinate a correggerli, » e sonosi abbandonati ad ogni maniera di malizia. Ma al presente » Dio ci francheggi e ci dia una di quelle trombe che fecero crol » lar le mura di Gerico! Col nostro soffio abbattiamo i muri di » carta e paglia dai Romani eretti a sè d' intorno, ed alziamo le » verghe che puniscono i malvagi, con porre in piena luce le » diaboliche malizie. » Lutero qui comincia l’assalto, e scrolla dai fondamenti la pa pale monarchia, la quale da secoli riuniva in un sol corpo i popoli dell’Occidente sotto lo scettro del vescovo romano. Nel cristia nesimo non v' ha distinzione di gradi sacerdotali; e questa verità, sino da' primi secoli involata alla Chiesa, si espone da Lutero con grande energia : « Si è detto (sono sue parole) che il Papa, i vescovi, i preti e » tutti coloro che popolano i conventi, formano lo stato spirituale » od ecclesiastico; e che i principi, i nobili, i cittadini, ed i la » voratoRiformano lo stato secolare o laicale. È questa una bella » novelletta ! Nondimeno niuno se ne sgomenti. Tutti i cristiani » pertengono allo stato spirituale, nè v' ha tra loro altra differenza » che quella degli uflicii che adempiono. Tulli abbiamo uti solo » battesimo, una sola Fede, e tanto basta all’essenza di un uomo » spirituale. L'unzione, la tonsura, l'ordinazione, la consacrazione che danno i vescovi od il Papa, possono ben fare un ipo » crita, ma giammai un uomo spirituale. Noi siamo tutti consacrati preti col battesimo; ed è san Pietro che lo dice: Voi siete » preti e re; sebbenea tutti non s' aspetti l’esercizio di tali cari » che; sendochè niuno può prendere per sè ciò che a tutti è co » mune senza il consentimento di tutta la comunità. Ma se questa » consacrazione di Dio non fosse sopra di noi, l’unzione del Papa » non potrebbe mai fare un prete. Se dieci fratelli, figliuoli del » re, aventi uguali diritti all’eredità, scegliessero l’uno di loro » per amministrarla, essi sarebbero tutti re, e frattanto l’uno di » loro solamente sarebbe l’amministratore della loro comune » potenza. Tanto accade pure nella Chiesa. Se qualcuni laici pii » fosser confinati in un deserto, nè seco avessero prete consacrato » da un vescovo, quando si accordassero nella scelta di uno di » loro, ammogliato o no che si fosse, quest' uomo sarebbe veramente prete. e come se fosse consacrato da 96 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tutti i vescovi del » mondo. A tal modo furono scelti Agostino, Ambrogio e Ci » priano. » Da ciò ne seguita, che i laici ed i preti, i principi ed i vescovi, » o come dicesi, gli ecclesiastici ed i laici, null’altro li distingue » se non gli uffici per essi esercitati. Tutti hanno lo stesso stato, » ma non tutti la stessa opera a fare. » Se il fatto sta di tal forma, per qual ragione il magistrato non » avrà il diritto di correggere il clero?.. Il potere secolare fu sta » bilito da Dio per punire i malvagi e per proteggere i buoni; e » bisogna lasciarlo operare per tutta la cristianità, o qualunque » sia l’uomo ch' egli colpisca, Papa, vescovo, prete, frate, mo » naco, ecc. San Paolo dice a tulli i cristiani: Ogni persona [4] (e » per conseguenza anche il Papa) sia sottoposta alle podestà stipe* » riori, perciocché indarno non portano la spada. » Lutero, dopo avere in ugual modo rovesciati gli altri due muri, passa in rassegna tutti gli abusi di Roma; e con un' eloquenza tutta popolare, espone i mali, già segnalati da secoli. Mai non fu intesa una più nobile opposizione. L’assemblea a cui parla Lutero è la Chiesa; il potere di cui attacca gli abusi, è quel papato che da secoli tutti i popoli aggrava; e la Riforma ch' egli invoca altamente, deve esercitare la sua validissima influenza sopra l’intera cristia nità, per tutta la terra, e durante la vita della più tarda posterità. Incomincia dal Papa: « E orribil cosa (die' egli) il vedere colui » che si dice vicario di Gesù Cristo, sfoggiare un fasto da niuno » imperatore mai pareggiato. E sarà questo il modo di rassomi » gliarsi al povero Gesù o all’umile san Pietro ? Rispondono: il » Papa è il signore del mondo ! Ma Cristo, di cui egli vantasi vi » cario, ha detto: Il mio regno non è di questo mondo. E il regno » di un vicario si stenderà oltre quello del suo signore !... » Lutero passa ora a dipingere gli effetti della papale dominazione: « Sapete voi a che servono i cardinali? Ve lo dirò io. L’Ita » lia e l’Alemagna hanno molti conventi, e fondazioni, e beneficii » magnificamente dotati. In qual modo trarre a Roma queste ric » chezze?... Crearonsi cardinali, e dati furono loro questi mo » nasteri, queste prelature, ec.; e di quest' ora.. .. l’Italia è » quasi deserta, i conventi sono distrutti, i vescovadi divorati, le » città scadute, gli abitanti corrotti, il culto spirante e la predi » cazione abolita!... Perchè? perchè bisogna che tutti i beni delle » chiese siano recati a Roma. Il Turco stesso non avrebbe mai » tanto ruinata l’Italia ! » Lutero si rivolge poscia verso il suo popolo, e dice: « Ed ora, che hanno tratto intero il sangue alla loro nazione, » vengono nell’Alemagna; essi cominciano blandamente; ma » stiamo beneoculati! L’Alemagna diverrà ben presto misera al » pari dell’Italia. Noi abbiamo già parecchi cardinali. — Prima » che i rozzi Alemanni (pensano costoro) si avveggano del nostro .» disegno, già più non avranno nè vescovado, nè convento, nè » cura, nè un soldo, un denaro. È d' uopo che l’Anticristo pos » segga i tesori della terra. Trenta o quaranta cardinali saranno » creati in un 97 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto giorno: a questo sarà data Bamberga, a quello il » vescovado di Wurtzburgo; vi si aggiungeranno pingui benefizii, » sino a tanto che le chiese e le città siano desolate. E allora il » Papa dirà: Io sono vicario di Cristo e pastore delle sue greggi ! » Si rassegnino gli Alemanni ! » L’indignazione di Lutero s' infiamma : « Come mai noi, Alemanni, soffriremo dal Papa siffattispo» gliamehti, siffatte concussioni? Se il regno di Francia ha saputo » difendersene, per qual ragione ci lasciamo noi a tal modo giuo » care e gabbare? Ma si contentassero almeno di rapirci le so » stanze! Fanno di peggio: spogliano le chiese, spogliano le peco » relle di Cristo, aboliscono il culto, annientano la Parola di Dio. » E qui Lutero passa ad esporre « le pratiche di Roma » per pro cacciarsi la moneta e le rendite dell’Alemagna. Annate, palii, commende, amministrazioni, grazie espettative, incorporazioni, riservagioni, ec., ogni cosa passa in rassegna; poi soggiunge: « Sforziamoci di far argine a tante desolazioni, a tante miserie. » Se vogliamo marciare contro i Turchi, incominciamo da questi » Turchi romani che sono i peggiori. Se tra noi s'impiccano per » la gola i borsaiuoli, e si mozza il capo ai ladri, non lasciamo » fuggire la romana avarizia, che è il maggior dei ladri e dei taglia » borse, e che ruba in nome di san Pietro e di Gesù Cristo ! Chi » può ingoiarla ? Chi può tacersi ? Tutto ciò che possiede il Papa » non è forse rubato? chè egli non lo ha comprato, nè ereditato » da san Pietro, nè guadagnato co' suoi sudori. Donde viengli » adunque tutto questo?... » Lutero propone rimedii a tutti questi mali. Sprona energica mente l’alemanna nobiltà a far cessare le romane ruberie; indi passa alla Riforma del Papa stesso: « Non è forse fatto ridicoloso » (die' egli) che il Papa pretenda di essere il legittimo erede dell' » impero? Chi glielo ha dato? Forse Gesù Cristo, quando ha detto: » Li re delle genti le signoreggiano; ma non già così di voi? » (Luca, XXII, 25, 26.) Come si può governare un impero, e nel tempo slesso predicare, far orazione, studiare ed aver cura de' « poveri? Gesù Cristo ha proibito a' suoi ministri di portar oro » sovr' essi, ed abiti, sendochè non si possa attendere debitamente » al divino ministerio, se non si è liberi da ogni mondana solle » citudine; e il Papa vorrebbe governare l’impero, e rimaner » Papa ad un tempo ! Lutero continua a spogliare il sommo pontefice: « Rinunzi il » Papa ad ogni maniera di titolo sul regno di Napoli e di Sicilia: li chè egli non v' ha sopra maggior diritto di me. Ingiustamente » e contro tutti i comandamenti di Gesù Cristo egli possiede Bolo » gna, Imola, Ravenna, la Romagna, la Marca d'Ancona, ec. » Ninno che va alla guerra s' impaccia nelle faccende della vita » (2 Tim., II, 4). E il Papa, che pretende essere il capo nella » guerra del Vangelo, si mescola ne' mondani negozii più che a alcun re, più di qualsivoglia imperatore. Vuolsi liberarlo da o tutto questo lavoro. Ponga l'imperatore nelle mani del Papa » la Bibbia ed un libro di 98 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto preghiere, affinchè il Papa lasci i re » governare, e ch' egli s' intenda alla predicazione ed alla preghiera [5]. » Lutero, se il Papa non vuole signore temporale in Italia, non lo vuole del pari signore spirituale in Alemagna. « Vuolsi, prima li di tutto (die' egli), cacciare da tutti i paesi alemanni i legati » del Papa con tutti quei loro pretesi beni che ci vendono a peso d' oro, e che sono una vera trufferia. Ci prendono il denaro; e » per qual ragione? per legittimare i mali acquisti, per iscioglierci » dai giuramenti, per insegnarci a romper Fede, a peccare, ad » andar difilati all’inferno... L'intendi, o Papa! non Papa santissimo, ma peccaminosissimo!... Che Dio, dall’alto del suo » cielo, precipiti ben presto il tuo trono nel baratro infernale! » Il tribuno cristiano continua la sua corsa; e dopo aver citato il Papa al suo tribunale, vi cita tutti gli abusi, tristo codazzo del papato; e pretende spazzare dal pavimento della Chiesa queste immondezze che lo ingombrano; ed incomincia dai monaci: « Ed ora mi reco a quella pesante masnada che molto promette » e poco mantiene. Non vi scorrubbiate, messeri miei cari! chè » buona è la mia intenzione. Ciò che dir deggio, è una verità » dolce ed amara ad un tempo, ed è: che non bisogna più fab » bricare conventi per monaci mendicanti. Gran Dio ! noi ne » abbiamo anche troppi; e piacesse a Dio che fossero tutti sop » pressi.... Il birboneggiare per lo paese non ha mai fatto alcun » bene, nè saprà farne giammai. » Scende al celibato de' chierici; ed è la prima volta che Lutero ne parla : « in qual condizione (dice) è caduto il clero, e quanti preti non » trovansi carichi di donne, di figliuoli, di rimorsi, senza che » alcuno venga in loro aiuto ! Che il Papa ed i vescovi lasciano » correre ciò che corre, e perdersi ciò che si perde, non fa ma .), raviglia ! ma io voglio salvare la mia coscienza, e voglio aprire .» liberamente la bocca; e se ne scandalizzino poi Papa, vescovo » e chi vorrà !. .. Dico adunque, che, stando alla instituzione di » Gesù Cristo e degli apostoli, ogni città deve avere un pastore o » vescovo, e che questo pastore può avere una moglie, siccome » san Paolo scrive a Timoteo: II vescovo sia marito di una sola » donna ( Tim., Ili, 2), e come si pratica ancora nella Chiesa » greca. Ma il demonio persuase al Papa, come lo dice san Paolo » a Timoteostesso (Ep. cit., IV, 1-3), di proibire il matrimonio » ai chierici; e da ciò nacquero disordini in tanto numero, da » non potersi tutti ricordare. Che fare? in qual modo salvar » tanti pastori, ai quali altro non puossi rimproverare se non di » vivere con una concubina, cui vorrebbero di tutto cuore essere » legittimamente congiunti? Ah ! veggano di salvare l’anima loro! » Piglino questa donna per loro legittima sposa, e vivano onestamente con essa, senza punto badare se ciò piaccia o dispiaccia » al Papa. Attendi a salvare l’anima tua, più presto che a leggi » tiranniche ed arbitrarie che punto non emanano da Dio, » A tal modo la Riforma voleva ristabilire nella Chiesa la santità de' costumi. Il riformatore continua: « Siano abolite le feste, eccettuatane la domenica; o se voglionsi » servare le grandi feste della cristianità, si celebrino unicamente » nella 99 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto mattina, e il rimanente della giornata sia come un giorno » di lavoro. Chè dopo il mezzodì ne' giorni festivi altro non si fa » che giuocare, ubbriacarsi, commettere ogni maniera di peccati, » o rimanersi con le mani in mano, sicchè ne' giorni di festa si » offende a Dio più che non si faccia negli altri giorni. » Attacca poscia le consacrazioni delle chiese, ch' egli chiama vere taverne; poi i digiuni e le confraternite. — Nè vuole unica mente distruggere gli abusi, ma inoltre por fine agli scismi. « È » tempo (die' egli) di volgere seriamente il pensiero alla causa de' » Boemi, che facciata l’odio cessare e l’invidia, e che ad essi ci » riuniamo. »Propone modi eccellenti di conciliazione; indi ag giunge: « Con la Scrittura alla mano hannosi a convincere gli » eretici, siccome fecero gli antichi Padri, e non coi roghi. Nel » sistema di Roma, i carnefici sarebbero i più sapienti dottori dell' » imiverso... Oh! piacesse a Dio che da ambo le parti date fossero » le destre con fraterna umiltà, anzichè farsi rigidi nel senti ,o mento della nostra forza e del nostro diritto. La carità ci è più » necessaria che il papato di Roma. Frattanto ho fatto quant' era » in mio potere; e se il Papa od i suoi seguaci vi si oppongono, ne » renderan conto a Dio. Il Papa dovrebbe mostrarsi pronto alla » rinuncia della sua dignità, di tutti i suoi beni, di tutti i suoi » onori, dovesse con tutti questi sacrifica salvare un' anima sola. » Ma egli vorrebbe veder più presto perire l’universo intero che » cedere un sol capello del suo potere usurpato [6]' !. . Io sono mondo » da tutte queste cose. » Lutero passa a parlare delle università e delle scuole. « Temo grandemente (die' egli) che le università siano spa » lancate porte dell’inferno, se non attendesi in esse con gran » sollecitudine a dichiararvi la santa Scrittura ed a scolpirla ne' » cuori della studiosa gioventù. Non consiglio ad alcuno di porre » a studio il proprio figliuolo là dove la santa Scrittura non regna. » Ogni instituzione in cui non si dia opera incessante alla Parola » di Dio, deve corrompersi [7]. »Gravi parole sono queste, e che dovrebbersi meditare dai magistrati, dai padri e dai sapienti di tutti i secoli. Verso la fine del suo discorso, torna a parlare dell’impero e dell’imperatore : » Il Papa (die' egli) non potendo a suo piacere condurre gli an » tichi signori dell’impero romano, immaginò di torre ad essi e il » loro titolo ed il loro impero, e di conferir l’uno e l’altro a noi » altri Alemanni. Tanto fece egli appunto; e noi siamo a tal modo » divenuti i servitori del Papa; chè questi si è fatto signore di » Roma, ed ha obbligato con giuramento l'imperatore a non di » morar mai in quella città. Emerge da ciò che l'imperatore è » imperatore di Roma senza Roma! Noi abbiamo il nome, e il » Papa le città ed il paese; noi abbiamo il titolo e gli stemmi » dell’impero, e il Papa ne ha il tesoro, il potere, i privilegi e » la libertà; il Papa mangia il frutto, e noi ci trastulliamo con la » scorza ! Egli è di tal guisa che l’orgoglio e la tirannia de' Ro » mani hanno sempre la nostra dabbenaggine abusata. » Ma adesso, Dio, che ci ha dato un tale impero, venga in » nostro aiuto ! Operiamo in conformità del nome 100 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto nostro, del no » stro titolo, e dell’armi nostre; salviamo la nostra libertà; ed » imparino una volta i Romani a conoscere ciò che Dio ci ha fatto » consegnare dalle loro mani. Essi si vantano di averci donato un » impero. Or bene! prendiamo ciò che è nostro. Il Papa Roma a » noi dia e tutto ciò ch' egli possiede dell’impero; ponga fine a' » suoi balzelli, alle sue concussioni! Ci renda la nostra libertà, il, nostro potere, i nostri averi, il nostro onore. la nostr' anima c » il nostro corpo! Sia l'impero ciò che dev' essere un vero im » pero, nè la spaila do' principi sia più costretta ad abbassarsi, dinanzi all’ipocrita pretensione di un Papa ! » In queste parole non avvi unicamente forza e attraente vio lenza, ma vi splende per entro ancora un' alta ragione. S'intese mai oratore parlar a tal modo a tutta la nobiltà dell’impero ed allo stesso imperatore? Lungi dall’essere maravigliati che tanti stati germanici siansi staccati da Roma, non abbiam noi a mara vigliarci più presto che tutta l’Alemagna non sia corsa sul Tebro a riprendersi quel potere imperiale, gli attributi del quale furono dai papi imprudentemente posti sul capo del germanico impe ratore? Lutero termina questa coraggiosa arringa con queste parole: « Penso benedi avere troppo alto cantato, di aver proposte assai » cose che parranno impossibili, e di aver assaliti in modo so » verchiamente brusco molti errori. Ma che posso farvi io? preferisco la collera del mondo a quella di Dio!... Tutto al più mi » si potrà togliere la vita. Spesse fiate offersi la pace a' miei av » versarii; ma Dio si valse dell’opera loro per farmi sempre più n spalancar la bocca contro di loro. Tengo in riserva un' altra » canzone intorno Roma; e se ad essi pizzican gli orecchi, la » canterò loro ad alta voce Dimmi, Roma, intendi tu bene» ciò ch' io voglia dire? » Qui accenna probabilmente ad uno scritto intorno il papismo che Lutero si proponeva di dare in luce, e che poi inedito lasciò. Il rettore Burkhard scriveva in quel tempo a Spengler: « Avvi » ancora un opuscolo De execranda venere Romanorum; ma si » tiene in riserva. »Il titolo prometteva un grande scandalo; e dobbiamo andar lieti della discrezione di Lutero per non aver reso un tal libro di pubblica ragione. « Se la mia causa è giusta (continua egli), essa dev' essere con fi dannata sulla terra, e giustificata unicamente da Cristo in cielo. » Facciansi adunque innanzi, Papa, vescovi, preti, monaci ,» dottori ! Dispieghino intoro il loro zelo ! Aprano il varco alla » piena del loro furore ! Questa è la gente, a vero dire, che deve » naturalmente perseguitare la verità, siccome videro tutti i se » coli passati. » E dove mai questo monaco apprese una sì lucida intelligenza delle pubbliche cose, che gli stessi stati dell’impero trovano spesso di sì malagevole schiarimento? Dove mai quest' Alemanno, nel seno di una nazione serva da tanti secoli, attinse questo co raggio che gli fa alzar alta la testa e recare sì duri colpi al papato? Di qual natura è questa misteriosa forza che lo anima, lo sospìnge? Non direbbesi aver egli 101 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto intese queste parole da Dio dirette ad un uomo de' giorni antichi: Ecco, che io ho la tua faccia affor zata contro le faccie loro, ed ho resa la tua fronte svnigliante ad un diamante e più dura di un sasso: non isgomentarti adunqite per loro cagione ? Questa esortazione, indirizzata alla nobiltà germanica, giunse ben tosto alle mani di coloro per cui era scritta, e si sparse per tutta l’Alemagna con rattezza appena credibile. Ne tremarono gli amici di Lutero; Staupitz e tutti coloro che volevano proce dere a beli' agio e con dolcezza, avvisarono il colpo troppo forte; e Lutero rispose: « A' giorni nostri tutto ciò che vuolsi condurre » posatamente cade tosto in dimenticanza, e niuno più vi ponmente [8]. »Nel tempo stesso il riformatore mostrava una semplicità ed un' umiltà mirabili veramente; e quasi sdimenticava se stesso. « Di me (scriveva) non so che dire; forse sono io il » precursore di Filippo (Melantone). Io gli preparo, siccome Elia, » la strada, in ispirito ed in forza; ed egli è colui che un giorno » turberà Israele e la casa di Acabbo [9]. » Ma d' uopo non era di aspettare un altro diverso da quello ch' erasi già mostrato. La casa di Acabbo era già tutta quanta scossa. L indirizzo alla nobilta germanica erasi pubblicato il dì 26 giugno del 1520; e in poco d' ora quattromila esemplari furono venduti, numero in que' tempi non mai udito. Universale era lo stupore ì e questo scritto comunicò a tutto il popolo un possente impulso. La forza, la vita, la chiarità, il magnanimo ardimento che vi splendevano, ne formavano uno scritto veramente popolare; e il popolo si avvede finalmente di essere amato da colui che parla a tal modo. Le nozioni confuse di molti savi si fanno limpidis sime; le usurpazioni di Roma fannosi evidenti in ogni mente; nè v' ha alcuno in Wittemberga che non ravvisi nel Papa l’Anticristo. La stessa corte dell’elettore, sì timida, sì circospetta, non disapprova il riformatore, e sta a vedere. Ma la nobiltà, ma il popolo rompono le dimore; la nazione si riscalda; la voce di Lutero l’ha commossa, l'ha guadagnata, e corresida ogni banda sotto lo stendardo alzato dal riformatore. A questo niuna cosa avrebbe potuto maggiormente giovare di questa pubblicazione; ne' palagi, ne' castelli, nelle case de' cittadini e sin nelle ca panne ognuno è già preparato e cavaliere armato contro la sen tenza di condanna che sta per piombare sul capo di questo pro feta del popolo. Tutta l’Alemagna è in fermento ed in fiamme ! Giunga pure la bolla ! essa non sarà di un tanto incendio l’estin guitrice. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Veggasi il volume I°. 102 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [2] Luth., Opp. (L.), XVII, 457 a 502. [3] Gott hat uns egli junges edles Blut zum Haupt gegeben .... (Ibid ., 457) . [4] IHact (fiuy>i, Rom. Xlll ,1,4, [5] Ihm die Biblien und Betbùcher dafùr anzeigen und er predige und bete (Luth., Opp. [L ], XVII, 472). [6] Nuli liess er ehe die Welt untergehen, ehe er egli Haarbreit seìner ver messenen Gewalt tiesse abbrechen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 483). [7] Es muss verderben, alles was nicht Gottes Wort ohn Unterlass treibt (Luth., Opp. [L.J, XVII, p. 486). [8] Qua nostro sanilo quiete tractantur, mox cadere in oblivionem (Luth., Epp., I, p. 479). [9] Luth., Epp., I, p. 478. 103 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUARTO SOMMARIO. — Roma si sveglia. — Cagioni della sua resistenza. — Sta incerta da prima. — Conati di Eck. — Roma si risolve. — Dio opera la separazione. — Un prete svizzero perora a favore di Lutero in Roma. — Il concistoro romano. — Esordio della bolla di scomunica. — Condanna di Lutero. Tutto in Roma si apparecchiava per la condanna del difensore della libertà della Chiesa. Ivi erasi un lungo tempo vissuti in albagiosa sicurezza. Da un pezzo i monaci di Roma avevano ac cusato Leone X di non intendersi che al fasto ed ai piaceri, di non occuparsi d' altro che di caccia, di commedie, di musica [1], nel mentre che la Chiesa stava per crollare. Finalmente, ai cla mori del dottore Eck, da Lipsia ivi andato per invocare la pos sanza del Vaticano, Papa, cardinali, monaci, tutti in Roma si svegliano e pensano a salvare il papato. Roma, in sostanza, dovea recarsi alle sue più severe prov videnze. Il guanto le era gittato; essa doveva raccoglierlo, e combattere sino all’ultimo sangue. Lutero più non attacca gli abusi del pontificato romano, ma sibbene questo stesso pontifi cato; e alla voce del riformatore il Papa avrebbe dovuto scendere umilmente dal suo trono, e tornar semplice pastore o vescovo delle rive del Tebro. Tutti i dignitarii della romana gerarchia avrebbero pure dovuto rinunziare alle loro ricchezze, alla loro gloria mondana, e ritornare anziani e diaconi delle chiese d' Ita lia. Tutta questa pompa, tutta questa potenza, che da secoli ab barbagliavano l’Occidente, avrebber dovuto venir meno, e far luogo all’umile semplicità del culto de' cristiani primitivi. Dio solo avrebbe potuto far queste cose, e le farà quandochessia; ma non erano ad aspettarsi dagli uomini. Posto ancora che un Papa fosse stato di tanta annegazione e di tanto ardimento da voler rovesciare l’antico e suntuoso edifizio della Chiesa romana, mi gliaia di preti e di vescovi avrebbero stese le braccia per farle pun tello, affinchè non si crollasse. Il Papa avea ricevuto il potere sotto l’espressa condizione di mantenere quanto era gli confidato. Roma credevasi instituita da Dio per governare la Chiesa; e tutte que ste cose insieme devono bastare a non renderci ammirati che la romana corte si fosse già apparecchiata a menar colpi alla dispe rata. E nondimeno in sulle prime stette forte sospesa; chè molti cardinali ed il Papa medesimo non pendevano alle rigide prov videnze. L’abile e sagace Leone prevedeva beneche un giudizio da doversi consumare dal dubbiosissimo volere dell’autorità ci vile, poteva porre gravemente in compromesso l’autorità della Chiesa. Per altro verso, l’esperienza lo aveva scaltrito che i modi violenti già posti in opera, non erano riusciti che a crescere il male. I politici di Roma si andavano per ciò domandando: e non sarà possibile il trovar modo di guadagnarci questo monaco sas sone? Tutta la forza della Chiesa, e tutti gli ingegnuoli italiani non saranno da tanto? E in questi pensieri si conchiudeva che bisognava negoziare ancora. 104 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Eck adunque incontrò grandi ostacoli; ma nella sua foga non trascurò veruna cosa per impedir empie concessioni. Percorreva le vie di Roma esalante l’ira sua e gridante vendette; e la fana tica fazione de' monaci non tardò punto a collegarsi con lui. Reso forte da quest' alleanza, assali con novello coraggio il Papa ed i cardinali. Ogni tentativo di conciliazione, in sua sentenza, era vano; « e sogni sono questi (diceva ) che lusingano da lontano. » Egli conosce il pericolo, sendochè abbia lottato col monaco te merario; e sa che bisogna affrettarsi a tagliar questo membro gangrenoso, per paura che il malore non ammorbi tutto il corpo. Il focoso combattente di Lipsia risolve obbiezione dietro obbiezione, e nondimeno stenta a persuadere il Papa [2]'. Egli vuol Roma salvare a dispetto di Roma stessa, e tutto pone in opera per riuscirvi. Passa le ore intere in deliberazione nel gabinetto del pontefice [3], e sommuove la corte, i monasteri, il popolo e la Chiesa, a Eck (diceva Lutero) scongiura gli abissi degli abissi » contro di me; egli pone il fuoco alle foreste del Libano [4]. » Finalmente egli la vince; i politici sono vinti dai fanatici ne' consigli del papato. Leone si lascia svolgere, e la condanna di Lutero è risoluta. Eck respira finalmente; e il suo orgoglio si compiace nel ripensare ch' egli è colui che ha fatto decidere la ruina del suo emolo eretico, e che ha salvata la Chiesa. « Fu » gran ventura (diss' egli ) ch' io mi recassi a Roma in quel » tempo, sendochè vi fossero poco conosciuti gli errori di Lutero. » Un giorno si saprà ciò ch' io ho operato in questa causa *[5].» A tal modo Iddio soffiò un' aura di stordimento sopra i dottori di Roma. Intanto bisognava recare in atto la separazione tra la verità e l’errore, ed era destinato l’errore a compiere questo fatto. Se fossersi le parti calate agli accordi, sarebbe si ciò fatto alle spese della verità; e togliere a questa il più menomo che, sarebbe stato un prepararne il compiuto suo annientamento. La verità simigliasi a quell’insetto a cui basta togliere, per quanto dicesi, un' antenna per farlo tosto morire. Essa vuol essere in tera in ogni suo membro, per dispiegare quell’energia che le assicura i grandi e salutari trionfi, e per propagarsi ne' secoli a venire. Mescolare un po' di errore alla verità, è gittare un grano di veleno in una pietanza abbondante; questo grano basta a mu tarne ogni qualità, e ne risulterà la morte, lenta forse, ma certa. Coloro che vegliano a guardia della dottrina di Cristo contro gli avversarii che l'attaccano, vigilano gelosamente tanto sulle opere avanzate, quanto sul corpo della piazza; conciossiachè, impa dronito che siasi il nemico della meno importante di queste posizioni , non è lontano dalla conquista. Al tempo in cui siamo giunti col nostro racconto, il romano pontefice si determinò a lacerare la Chiesa; e il frammento che gliene è rimaso, per quanto magnifico che sia, nasconde indarno sotto pomposi ornamenti il mortifero malore che lo infetta. Là solamente dove regna la Pa rola di Dio trovasi la vita I Lutero, per quanto fosse il suo co raggio, sarebbe si probabilmente tenuto zitto, se Roma si fosse uccisa da sè stessa, se fosse discesa a concessioni apparenti. Ma Dio non aveva abbandonata la Riforma alla fiacchezza dell’uman cuore. Lutero era nelle mani di tale che vedeva assai più lontano di luil La divina Provvidenza si valse del Papa per 105 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto rompere ogni vincolo tra il passato e l'avvenire, e per sospingere il Riforma tore in una carriera tutta novella, sconosciuta, incerta a' suoi occhi, e della quale ei non avrebbe potuto trovare da sè i ma lagevoli ingressi. La bolla pontificia fu la lettera di divorzio che Roma inviò alla intemerata Chiesa di Gesù Cristo nella persona di colui che n' era allora l’umile ma fedele rappresentante; e questa Chiesa l’accettò per non riconoscere da quell’ora altro capo se non Colui che sta ne' cieli. Nel mentre che a Roma si tirava innanzi con tanta violenza la condanna di Lutero, un umile prete, abitante di una delle sem plici città dell’Elvezia, e che non aveva mai avuto a che fare col riformatore, erasi vivamente commosso nel ripensare al colpo che stava per incoglierlo. Nel tempo che gli amici stessi di Lutero tremavano e stavansi muti, questo figliuolo dell’elvetiche montagne si risolveva a tutto tentare per impedire la tremenda bolla. Ulrico Zuinglio era il suo nome; ed era amico di Guglielmo dei Faucons, secretano del legato del Papa in Isvizzera. Questo Guglielmo, nell’assenza del legato, rimaneva incaricato delle fac cende di Roma; e pochi giorni prima questo legato ad interim aveva detto a Zuinglio: « Finchè io vivrò voi dovete ripromet » tervi da me tutto ciò che può aspettarsi da un vero amico. » Il prete svizzero, confidatosi a tanta promissione, recossi alla romana nunziatura (tanto almeno possiamo concludere da una delle sue lettere). Non temette per lui i pericoli a cui espone l’evangelica Fede; chè sapeva benedovere un discepolo di Gesù Cristo essere sempre parato a dare la vita. « Tutto ciò ch' io do » mando a Cristo per me (diceva ad un amico, cui confidava le » sue inquietudini per Lutero) è la forza di sopportare con ma » gnanimo cuore i mali che mi aspettano. Io sono un vaso d' ar » gilla posto nelle sue mani; mi spezzi o mi afforzi secondo il n piacer suo [6]. » Ma lo svizzero evangelista temeva per la Chiesa cristiana se un colpo sì terribile incolto avesse il riformatore. Si sforzò quindi di persuadere al rappresentante di Roma di volere illuminare il Papa, e di porre in opera tutti i mezzi ch' erano in suo potere per impedire la scomunica di Lutero [7]. « La dignità » stessa della santa Sede vi ha grande interesse (diceva); im » perciocchè se le cose recansi a tal punto, l’Alemagna, piena » di entusiasmo per lo Vangelo e per colui che glielo annunzia, » dispregerà il Papa ed i suoi anatemi [8]. »Questo ufficio tornò indarno; e pare anche che la folgore fosse già scagliata, quando fu fatto. Tale fu la prima occasione in cui i sentieri del dottore sas sone e quelli del prete svizzero si incontrarono insieme. Noi tro veremo Zuinglio nel corso di questa storia, e lo vedremo svilup parsi e crescere poco a poco sino ad un' alta statura nella Chiesa del Signore. Risoluta che fu la condanna di Lutero, nuove difficoltà insor sero nel concistoro. I teologi volevano che fosse issofatto fulmi nata, e i giureconsulti, all’incontro, opinavano che si dovesse cominciare con una citatoria. « Adamo (dicevano questi ai teo» logi loro colleghi) non fu egli prima citato? Adamo, dove sei? » disse il Signore. Lo stesso fu di Caino: Dov'è Abele tuo fra ti tello? domandogli l’Eterno. »A questi singolari argomenti tratti dalla santa Scrittura, i canonisti aggiungevano ragioni tratte dal diritto naturale: « L’evidenza del delitto (dicevano ) non po » trebbe 106 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto togliere al delinquente il diritto naturale di difendersi [9]. » Gode l’animo nel trovare questi principii di giustizia in una ro mana congregazione ! Ma questi scrupoli non andavano a sangue ai teologi dell’assemblea, i quali, ciccati dalla passione, ad altro non pensavano che ad operare spacciatamente. Accordansi final mente nel condannar tosto la dottrina di Lutero, e che, in quanto a lui ed alli suoi seguaci, sarebbe loro assegnato un termine di sessanta giorni, corsi i quali, se non disdicevansi, sarebbero tutti ipso facto scomunicati. De Vio, tornato infermo dall’Alemagna, fecesi portare nell’assemblea; nè mancar volle a questo picciolo trionfo, che gli offeriva pur qualche consolazione. Battuto in Augusta, pretendeva condannare almeno in Roma quell’indomito frate dinanzi al quale avea veduto frangersi la sua scienza, la sua scaltrezza e la sua autorità. Lutero là non era per rispon dergli; e De Vio sentivasi forte. Fu il giorno 15 di giugno che il sacro collegio stanziò la condanna ed approvò la famosa bolla. Il pontefice romano, parlando in quel momento solenne qual vicario di Dio e capo della Chiesa, incomincia la bolla a questo modo: « Alzati, o Signore, alzati, per farti giudice nella tua » causa, e sovvengati dell’obbrobrio che i disennati riversano » ogni giorno sopra di te. Alzati, o Pietro ! e sovvengati della tua » santa Chiesa romana, madre di tutte le Chiese, e signora della » Fede ! Alzati, o Paolo ! chè sorse un Porfirio novello a contrad » dire alle tue dottrine, ad offendere ai santi papi nostri prede » cessori. Alzati, da ultimo, o consesso di tutti i santi ! santa » Chiesa di Dio ! fatti interceditrice presso l’Onnipossente [10]. » Il Papa accenna poscia come perniciose, scandalose e velenose quarant' una proposizioni di Lutero, nelle quali questi espone la sana dottrina dell’Evangelio. Tra le dannate proposizioni trovansi le seguenti : « Negare che il peccato rimane nel fanciullo dopo il batte » simo, è un calpestare ad un tempo san Paolo ed il nostro Signore Gesù Cristo. » « Una vita novella è la migliore e la più sublime penitenza. » « Bruciare gli eretici è contro il volere dello Spiritossanto, ecc. li ecc. » Il Papa continua: « Nell’ora stessa in cui sarà pubblicata questa » bolla, i vescovi dovranno con cura cercare gli scritti di Martino » Lutero che rinchiudono questi errori, e bruciarli pubblicamente » e solennemente in presenza del clero e dei laici. Per quanto » risguarda lo stesso Martino, buon Dio ! che non abbiamo noi » fatto? Imitando la bontà dell’Onnipotente, noi siamo pronti a » riceverlo ancora nel seno della Chiesa, e gli accordiamo ses » santa giorni per farci giungere la sua ritrattazione in uno scritto » suggellato da due prelati, o veramente (fatto che a noi sarebbe ,. più accetto ) per recarsi egli in persona a Roma, affinchè niuno » potesse più dubitare della sua obbedienza. In questo mentre. » e da questo medesimo istante deve astenersi dal predicare, » dall’insegnare, dallo scrivere; e deve bruciare i suoi scritti. Se » poi non ritrattasi nello spazio di sessanta giorni, noi con la » presente lo 107 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto condanniamo, in uno co' suoi aderenti, quali ere » tici pubblici ed ostinati. »Il Papa pronuncia poscia un gran numero di scomuniche, di maledizioni e d' interdetti contro Lutero e contro i seguaci di lui, con ordine di catturarli e di man darli a Roma [11]. Si può senza fatica indovinare che sarebbe inter venuto a questi magnanimi confessori del Vangelo nelle carceri pontificie ! A tal modo la folgore romana minacciava il capo di Lutero; la bolla era pubblicata; e già (In secoli la bocca di Roma non aveva pronunciata una parola di condanna senza che il suo brac cio non recasse la morte. Questo micidiale messaggio stava per partire dai sette colli per correre a colpire nel suo chiostro il monaco sassone. E il momento pareva benescelto ! Potevasi ragio nevolmente supporre che il novello, imperatore, il quale avea tanti motivi per dover cercare V amicizia del Papa, farebbesi sol lecito a meritarla col sacrificargli un monaco oscuro. Già Leone X, i cardinali e Roma tutta trionfavano, e credevano di vedersi presto a' piedi il loro nemico. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] E sopra tutto musico eccellentissimo, e quando el canta con qualche uno, li fa donar cento e più ducati (Zorsi, Ms.). [2] Sarpi, Storia del Concilio di Trento. [3] Stetimus nuper, Papa, duo cardinales. ...et ego per quinque horas in dc liberatione (Eckii epist., 3 maii. Luth., Opp. lat., II, 48). [4] Impctraturus abyssos abyssorum.... succensurus saltum Libani... (Luth., Epp., I, p. 421 e 429). [5] Bonum fuil me venisse hoc tempore Romam ... (Epist. Eckii], [6] Hoc unum Christum obtestans, ut masculo omnia pectore ferte donet, et me figulinum suum rumpat aut fxrmet, ut Mi placitum sit (Zwinglii epist., curant. Scimi. etSchult. p. 144). [7] Ut pontificem admoneat, ne exeommunicationem ferat (Ibid.). 108 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [8] Nam si feratur, auguror Germanos cum exeommunicatione pontificem quoque contempturos (Ibid.). [9] Sarpi, Storia del Concilio di Trento, I, 12. [10] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 305, e Opp. lat., I, p. 32. [11] Sub pradictis panìs, prafatum Lutherum, complices, adharentes, recep tatores et fautatores. personaliter capiant et ad nos mittant (Bolla di Leone X, loc. cit.). 109 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUINTO SOMMARIO. — Melantone a Wittemberga. — Suo matrimonio. — Catterina. — Vita domestica. — Beneficenza e mansuetudine. — Cristo e 1' antichità. — Lavori, conver sazioni, amore delle lettere. — La sua patria e sua madre. — Tumulto degli studenti. Nel mentre che gli abitanti dell’eterna città si agitavano a tal modo, scene più miti scorgevansi in Wittemberga. Ivi Melantone spandeva una dolce ma chiarissima luce. Mille e cinquecento, se pur non erano due mila, uditori, venuti dall’Alemagna, dall' Inghilterra, dai Paesi Bassi, dalla Francia, dall’Italia, dall’Un gheria e dalla Grecia, erano spesso riuniti a lui d' intorno. Egli aveva ventiquattro anni, ed era secolare. A Wittemberga ognuno faceva in propria casa le più oneste, le più liete accoglienze a questo giovane professore, ch' era sì amabile e sì dotto. Altre università, tra le quali quella d' Ingolstadt, desideravano di trarlo a sè; e gli amici di lui col dargli moglie avvisaronsi di ritenerlo in Wittemberga. SebbeneLutero desiderasse una compagna al suo diletto Filippo, nondimeno dichiarava altamente di non vo lergli essere consigliere in questa faccenda. Altri si presero questo impegno. Il giovine dottore frequentava precipuamente la casa del borgomastro Krapp, rampollo di un'antica famiglia, il quale aveva una figliuola, per nome Catterina, di dolce natura e di un' esquisita sensibilità. Melantone fu invitato a domandarla in isposa; ma questo giovane sapiente, tutto immerso ne' suoi studii, non voleva udir parlare d' altro che di libri. I suoi autori greci e la Bibbia erano le sue delizie; e agli argomenti posti innanzi da' suoi amici, altri argomenti opponeva. Ma a furia d' insistenza, si giunse a strappargli un sì; tutti i passi furono fatti da altri, e Catterina gli fu data a donna. Egli l’accolse freddissimamente [1]; e man dando dall’imo petto un sospiro, disse: « Dio ha dunque voluto » di me disporre a tal modo ! Conviene ch' io rinunzi a' miei » studii, a' miei più soavi diletti, per fare il piacere de' miei » amici [2]. »Apprezzava nondimeno le qualità di Catterina. « La giovane (diceva) è di un carattere e di una educazione tali quali » io li avrei potuto supplicare a Dio: δεξιᾷ ὁ θεὸς τεκμαίροιτο [3]. Degna » veramente sarebbe stata di un marito migliore. »Questa biso gna fu decisa nel mese di agosto; la promessa di matrimonio ebbe luogo il dì 25 settembre, e alla fine di novembre celebrossi questo imeneo. Il vecchio Giovanni Lutero e la donna sua reca ronsi in questa occasione a Wittemberga con le loro figliuole [4]*; e molti scienziati ed altre ragguardevoli persone assistettero a queste nozze. 110 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Là giovane sposa mostrava tanta affezione, quanta freddezza il giovane professore. Sempre sollecita per lo suo marito, Catterina ponevasi in affanno alla menoma apparenza di pericolo minac ciante un essere a lei sì caro. Quando Melantone proponevasi di far cosa che porre lo potesse in compromesso, la moglie con preghiere lo oppressava sino a tanto che le riusciva di svolgerlo. « Mi fu d' uopo (scriveva Melantone in una di queste occasioni ) » di cedere alla sua debolezza... tal’è la nostra sorte. »Quante infedeltà- nella Chiesa non ebbero origine simigliante ! Forse all' influenza di Gatterina hannosi ad apporre la pusillanimità e le paure che spesso furono rimproverate al suo marito. Questa donna fu tenera madre del pari che tenera sposa; e ai poveri do nava con abbondanza; e il consueto sospiro di quest' anima timida e pia era questo: « O mio Dio, non abbandonarmi nella » mia vecchiezza, quando i miei capelli comincieranno a inca » nutire ! » Melantone fu presto vinto dalla tenerezza della moglie sua, e gustate ch’ egli ebbe le gioie dimestiche, ne conobbe le dolcezze. La natura lo avea disposto a sentirle; e in niuna parte si sentì mai più felice che là dove trovavasi con la sua Catterina e co' suoi figliuoli. Un viaggiatore francese avendo un giorno trovato « il maestro dell’Alemagna » che cullava con una mano il suo fanciullo, e coll’altra teneva aperto un libro, si arretrò per maraviglia. Ma Filippo, senza punto scomporsi, gli spose con tanto calore il prezzo de' figliuoli dinanzi a Dio, che lo stra niero usci di quella casa più dotto, die' egli, che non fosse quando vi entrò. Il matrimonio di Melantone diede alla Riforma un dimestico asilo; chè da quell’ora fuvvi in Wittemberga una famiglia, la casa della quale era aperta a tutti coloro ch' erano animati dalla vita novella. Immenso v' era il concorso de' forestieri [5]; andavasi da Melantone per mille faccende diverse; e l’ordine stabilito proibiva di ricusare quanto venivasi a domandare [6]. Il giovane professore erasingolarmente abile nell’occulto beneficare. Se stremo trovavasi di moneta, recava in secreto a qualche traffi cante il suo vasellame, poco increscendogli di privarsene, quando trattavasi di sollevare i sofferenti. « Per la qual cosa (dice il suo » amico Camerario) gli sarebbe riuscito impossibile di provve » dere ai proprii bisogni ed a quelli de' suoi, se una divina e » secreta benedizione non gli avesse di tanto in tanto fornito il » bisognevole. »Estrema veramente era la sua dabbenaggine! Egli avea raccolte parecchie medaglie antiche d' oro e di argento, pregevoli per iscrizioni e figure, e mostravale un giorno ad uno straniero ch' era andato a visitarlo. « Prendete (gli disse Melantone) quella che più desiderate. — Tutte le desidero — rispose » il forestiero. Confesso (dice Filippo) che una sì indiscreta domanda mi offese di primo impeto; ma nondimeno tutte gliele » donai [7]. » Un profumo di classica antichità spiravano gli scritti di Melan tone; ma questo non impediva punto il buon odore di Gesù Cristo che vi oliva in ogni parte, e che ad essi conferiva un indicibile allettamento. Non avvi alcuna delle sue lettere a' suoi amici, in cui non si trovi nel modo più naturale ricordata la sapienza di Omero, di Platone, di Cicerone, di Plinio, Cristo manente sempre il suo signore, il suo Dio. Spalatino gli avea chiesta la dichiarazione di questa parola di Gesù Cristo: Fuori di 111 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto me, voi nulla potete operare (Giovanni, XV, 5); e Melantone lo rimanda a Lutero, col dirgli con Cicerone: Cur agam gestum spedante Roseto [8] ? Poi continua: « Questo passo significa che bisogna che » noi siamo assorbiti da Cristo, in guisa che noi più non operiamo, ma che Cristo viva in noi. A quel modo che la divina » natura è stata incorporata all’uomo in Gesù Cristo, conviene » che l’uomo sia incorporato a Gesù Cristo per la Fede. » L’illustre letterato solea corcarsi poco dopo d' aver cenato; e a due o a tre ore dopo la mezzanotte ponevasi al lavoro [9]; e in queste ore di silenzio furono composti i migliori suoi scritti. Le sue scritture solevano giacere sulla sua tavola, esposte alla vista di chi andava e veniva, in guisa che molte gliene furono rubate. Quando invitava qualche amico, ora l’uno ora l’altro pregava, prima di mangiare, a leggere qualche picciola composizione in prosa od in versi. Ne' suoi viaggi si faceva sempre accompagnare da qualche giovane o da più, ed intertenevasi con essi in maniera ad un tempo dilettevole ed istruttiva. Se la conversazione si freddava, ciascuno dovea recitare, alla volta sua, sentenze tratte dagli antichi poeti. Egli poi era inchinevole all’ironia, ma sempre la temperava con dolcezza inestimabile. « Ei punge, ei taglia (diceva egli di sè), ma per altro non fa » verun male. » La scienza era la .sua maggior passione; e l’intendimento della sua vita era sempre quello di avanzare le buone lettere, e di diffondere le utili cognizioni. Non dimentichiamo che in fatto di lettere egli poneva sopra ogni cosa le sante Scritture, e dopo la scienza de' pagani. « Io m' intendo (diceva) ad una sola cosa, » alla difesa delle lettere. Bisogna col nostro esempio infiammare » la gioventù di ammirazione per le lettere, e fare ch' essa le » ami per sè stesse e non già per trarne guadagno. La ruina » delle lettere seco trascina la desolazione di quanto v' ha di » buono: religione, costumi, cose umane e divine [10]. Più un » uomo è buono, più grande è l’ardore che pone per salvare le » lettere; sendochè sappia essere F ignoranza la peste più d' ogni » altra perniciosa. » Alcun tempo dopo il suo maritaggio, Melantone si recò a Bret ten, nel Palatinato, per visitarvi la sua tenera madre; e v' andò in compagnia di Camerario e di altri suoi famigliari. Scorta ch' egli ebbe di lontano la sua città natale, smontò di sella, e postosi inginocchioni, ringraziò Dio di avergli conceduto di rivederla. Margherita nell’abbracciare il suo figliuolo, misvenne quasi per gioia soperchia. Voleva ch' egli si rimanesse a Bretten, e lo scon giurò grandemente a non abbandonare la Fede de' padri suoi. Melantone si scusò in proposito, ma soavemente ed in guisa da non offendere alla coscienza della madre sua. Molto gli costò a separarsi da lei, e ogni volta che un viaggiatore gli recava novelle del suo luogo natio, tutto si confortava, quasi fosse tornato (siccome ei diceva) ai tripudii della sua infanzia. Tal era nella sua dimestica vita l’uno de' maggiori organi della reli giosa rivoluzione del secolo XVI. 112 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Una pubblica turbazione sopravvenne frattanto a turbare le scene domestiche e l’operosità studiosa di Wittemberga. Gli stu denti vennero alle mani co' cittadini; e in questa occasione il rettore dell’università mostrò gran fiacchezza. Si può pensare qual fu l’afflizione di Melantone nel vedere i suoi discepoli lasciarsi tanto andare. Lutero se ne sdegnò; chè era ben lontano dal vo lersi gli animi gratificare con una falsa condiscendenza. L’ob brobrio da questi disordini riversato sopra l’università gli stra ziavano il cuore [11]; per che, salito sul pergamo, inveì con forza contro queste sedizioni, ed invitò le due parti a som mettersi ai magistrati [12]. Il suo discorso eccitò una grande irritazione, u Satana (diss' egli) non potendo assalirci al di fuori, cerca nuo » cerei al di dentro. Io punto nol temo; ma temo beneche noi » incolga la collera di Dio, sendochè noi non abbiamo debitamente ricevuta la sua Parola. Duranti gli ultimi tre anni, per » tre volte sono stato esposto a grandi pericoli: nel 1518 in » Augusta, nel 1519 in Lipsia, ed ora nel 1 520 in Wittem» berga. L’opera del rinnovellamento della Chiesa non compi » rassi nè con la scienza nè per forza d' armi, ma sibbene conumili supplicazioni e con una Fede animosa che ponga Cristo » dalla parte nostra [13]. O amico mio, le tue orazioni unisci alle » mie, nel timore in cui sono che i malvagi spiriti non si » giovino di questa picciola scintilla per accendere un vasto » incendio. » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Uxor mirti datur mihi non dico quam frigniti (Corp. Ref., 1, 211). [2] Ego meis studiis, mea me voluptate fraudo (Ibid., I, p. 265). [3] Dio con la sua destra meni questo fatto a buon fine (Ibid., 1, 212). [4] Parentes mei curn sororibus nuptias honorarunt Philippi (Luth., Epp., I, p. 528). [5] Videres in adibus illis perpetuo accedentes et introeuntes et dùcedentes atque exeumes aliquos (Camer., Vit. Melanth., p. 40). [6] Ea domus disciplina crat, ut nihil cuiquam negaretur (Ibid.) [7] Sed dedisse nihilominus illos (Camer., Vit. Melanth., p. 43). [8] Come gesteggierò io in presenza di Roscio? (Corp. Ref., Ep., 13 aprile 1520). [9] Surgebat moxautnon longo intervallo post mediani noctem (Camer., p. 58). 113 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [10] Religionem, mores, humana divinaque omnia labefactat litterarum in teitia (Corp. Ref., I, p. 207, 22 luglio 1520). [11] Urti meista confusio academia nostra (Luth., Epp., I, p. 467). [12] Commendatis potestatem magistratuum (Ibid.). ' [13] JVec prudentia nec armis, sed humili oratione et foni fide, quibus obtineamus Christumpro nobis (Ibid., p. 469). 114 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SESTO SOMMARIO. — Lutero vuol inviare evangelisti in Italia. — Discorso intorno la santa messa. — La babilonese cattività delta Chiesa. — Il battesimo. — Abolizione degli altri voti. — Maniera con cui ha proceduto la Riforma. Ma più terribili combattimenti attendevano Lutero. Roma brandiva la spada con cui disponevasi ad estinguere il Vangelo; ma il corso rumore della condanna, lungi dall’atterrire il rifor matore, animo gli crebbe. Poco si cura di parare il colpo vibrato da questa superba potenza; e col risponder egli di rimando con più terribili colpi, renderà vani quelli de' suoi avversarii. Nel mentre che le transalpine congregazioni fulminano contro di lui i loro anatemi, egli recherà la spada della Parola nel seno de' popoli italiani. Lettere di Venezia nunciavano il favore con cui ivi erano accolti i pensamenti di Lutero; ed egli arde del desi derio di far l’Alpi varcare all’Evangelio, e cerca evangelisti ch'ivi lo recano. « Desidererei (die' egli) che vi fossero tra noi » libri viventi, voglio dire, predicatori [1], e che si potesse molti » plicarli e proteggerli ovunque, affinchè trasmettessero a' po » poli la conoscenza delle cose sante. Il principe far non potrebbe » opera più degna di lui. Se il popolo dell’Italia ricevesse la » verità, in allora la causa nostra farebbesi inespugnabile. » Questo divisamento di Lutero non pare che fosse recato in atto. Vero è che più tardi uomini evangelici, e tra questi Calvino, soggiornarono alcun tempo in Italia; ma per allora il disegno di Lutero si ridusse a un desiderio. Egli si era rivolto a un grande della terra; e se avesse pensato ad appellarsene ad uomini amili di cuore e zelatori del regno di Dio, il successo sarebbe stato ben diverso. Ma in quel tempo si pensava doversi tutto far* dai governi; e l’associazione de' semplici individui, questo po tere che odiernamente opera sì grandi cose nella cristianità, era quasi sconosciuto. Se Lutero non riusciva ne' suoi divisamenti di propagare in lontane parti la verità, cresceva almeno in ardore nell’annun ziarla egli stesso. Fu appunto in questo tempo che recitò in Wittemberga il suo discorso intorno la santa messa [2]. In esso si scagliò contro le tante sette della Chiesa romana, e con altezza di discorso le rimproverò il suo difetto di unità. « La farragine delle leggi » spirituali, diss' egli, ha ripieno il mondo di sette e di divisioni. » I preti, i monaci ed i laici sono giunti ad avversarsi tra loro » più che turchi e cristiani. Che dissi io? i preti tra loro e » monaci tra loro si odiano mortalmente. Ognuno tiene per la » sua setta, e tutte l’altre dispregia. Non v' ha più unità, non » più carità di Gesù Cristo. »Poi contraddice al pensamento che la messa sia un sacrifizio e che abbia qualche potere in sè stessa: «Ciò che v' ha di migliore in ogni sacramento (die' egli), » e per conseguenza nella Cena, sono la Parola e le promesse di » Dio. Senza la Fede in questa Parola, in queste impromissioni, » il sacramento è morto; e un corpo senz' anima, un vaso senza b vino, una borsa senza denaro, una figura senza compimento, » una lettera senza spirito, un astuccio senza diamanti, un fodero » senza spada. » 115 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto La voce di Lutero non era però rinchiusa in Wittemberga; e se non trovavansi missionari per recare da lungi le sue dottrine, Dio aveva provveduto con un missionario di nuovo genere. La stampa dovea far le veci di evangelisti, la stampa dovea battere in breccia la rocca di Roma. Lutero avea preparata una mina, l’esplosione della quale smosse sin dalle fondamenta il romano edifìzio. Fu la pubblicazione del suo famoso libro intorno la Cat tività babilonese della Chiesa, libro dato in luce il dì 6 ottobre del 1520 [3]. Niun uomo, in sì critica condizione, mostrò mai tanto coraggio. In questo scritto comincia dall’esporre con una stupenda iro nia tutti i vantaggi di cui va debitore a' suoi nemici: «Che io il voglia o no(diss' egli), ogni dì più m' avanzo in sapere, » sospinto come sono da tanti celebri maestri. Due anni fa, mossi » guerra all’indulgenze, ma il feci in modo sì indeciso, sì pau » roso, che adesso ne ho rossore. Non bisogna però farsene caso; t sendochè mi trovassi allora tutto solo a rotolare quel masso. » Rende grazie a Prieria, ad Eck, ad Emser e agli altri suoi con traddittori; poi continua: « Negava il papato venire da Dio; ma » accordava ch' egli fosse di diritto umano; ma adesso, dopo aver « lette tutte le sottigliezze sulle quali questi damerini stabiliscono » l’idolo loro, so che il papato non è che il regno di Babilonia » e la violenza del gran cacciatore Nemrod. Priego adunque tutti » i miei amici e tutti i librai di bruciare i libri che ho scritti so » pra questo argomento, e di surrogare ad essi quest' unica proposizione: papato è una caccia generale, comandata dal » vescovo romano, per prendere e condurre le anime in perdi ti zione [4].» Lutero scagliasi poscia contro gli errori dominanti intorno ai sacramenti, intorno i voti monastici, ec. I sette sacramenti della Chiesa sono da lui ridotti a tre soli: battesimo, penitenza, e santa Cena. Espone la vera natura della Cena del Signore; indi passa al battesimo; ed è qui precipuamente ch' egli stabilisce l'eccellenza della Fede e che Roma assalta validamente. « Dio » (die' egli) ci ha conservato questo solo sacramento mondo da » ogni umana tradizione. Dio ha detto: Colui che avrà creduto » e che sarà stato battezzato, sarà salvo. Questa promessa di » Dio dev' essere preferita a tutto il fasto dell’opere, a tutti i voti, a tutte le soddisfazioni, a tutte le indulgenze, e a tutt' » altro inventato dall’uomo. Ora, da questa promessa, se pure » la riceviamo con Fede, dipende intera l’eterna nostra salute. » Se crediamo, il nostro cuore è fortificato dalla divina imprc— » missione; e quando il fedele si trovasse abbandonato da tutti e » da ogni cosa, non sarebbe abbandonato da questa promessa » ch' egli crede. Con essa resisterà all’avversario che assalta » l'anima sua, e risponderà alla morte spietata e al giudizio stesso di Dio. In tutte queste dure prove sarà sua consolazione » il dire: Dio nelle sue promesse è veritiero: n' ho ricevuto il » pegno nel battesimo; se Dio è per me, chi sarà contro me? Oh quanto è ricco il cristiano, il battezzatoi nulla può perderlo, » se pure non si ricusa dal credere. » Forse a quanto dico intorno la necessità della Fede si opporrà » il battesimo de' fanciulli. Ma come la Parola di Dio è impotente » per mutar anche il cuore di un 116 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto empio, il quale non è men » sordo nè meno inabile di un fanciullo, così la preghiera della » Chiesa, a cui tutte le cose sono possibili, muta il fanciullo, per » la Fede che a Dio piace di versare nell’anima di lui, e a tal » modo la monda e rinnovella [5]. » Esposta la dottrina del battesimo, Lutero se ne giova come di un' arma contro il papato. E nel fatto, se il cristiano trova intera la sua salute nel rinnovellamento del suo battesimo per la Fede, qual bisogno può esservi delle prescrizioni di Roma ? a Egli è per questo (dice Lutero ), e lo dichiaro apertamente, » che riè il Papa, nè il vescovo, nè uomo qualsivoglia, non ha » il potere d' imporre la più menoma cosa ad un cristiano, se » pure ciò non fassi col sentimento di lui. Tutto ciò che fassi al » tramente, si fa tirannicamente [6]. Noi siamo liberi perfettamente in questo. Il voto che facciamo nel battesimo basta tutto » solo, e vale più di quanto per noi si possa mai adempire [7]. » Tutti gli altri voti possono adunque essere aboliti. Chiunque » entra nel sacerdozio o in un ordine religioso, intenda bene» che le opere di un preto o di un monaco, per quanto malage » voli ch' esser possano, non differenziami dinanzi a Dio da » quelle del lavoratore che il suo campo coltiva, o della donna » che ha cura della sua casa [8]. Dio misura ogni cosa dalla Fede. » E spesso accade che il semplice lavoro di un famiglio o di una » fantesca è più accetto a Dio dei digiuni e delle opere di un mo » naco, quando a questo manca la Fede di quelli.... Il popolo cristiano è il vero popolo di Dio, trasmutato nella schiavitù di Babilonia, dove gli si è involato ciò che il battesimo dato gli avea. » Tali erano l’armi con le quali recavasi a compimento la reli giosa rivoluzione di cui scriviamo la storia. La necessità della Fede erasi già posta innanzi, e in allora i riformatori se ne vale vano qual mazza ferrata per ridurre in polvere le superstizioni. Con quella possa di Dio, che i monti smuove e di luogo tramuta essi abbattevano tanti errori; e queste parole di Lutero, e di tant' altri simigliami, sparse per città e villaggi, pe' chiostri ed altrove eran fermento che tutta la pasta facevano lievitare. Lutero termina poi questo famoso scritto intorno la cattività di Babilonia con queste parole : » Intendo che novelle scomuniche papali devono essersi già » contro me formulate; e se il fatto è vero, potrà avvisarsi que » sto mio scritto qual parte della mia futura ritrattazione. Il rimanente non si farà punto aspettare, a dar prova della mia » obbedienza; e queste parti riunite formeranno, aiutandomi Id » dio, un tutto di tal natura che Roma non avrà mai veduto nè » inteso cosa alcuna di simigliarne. » ________________________________________ 117 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Si vivos libros, hoc est, concionatores possemus multiplicare (Luth., Epp., I, p. 491). [2] Luth., Opp. (L.), XVII, p. 490. [3] Luth., Opp. lat., II, 63, e Lipsia, XVII, p. 511. [4] Papatus est robusta venatio Romani episcopi (Luth., Opp. lat., II, p. 64). [5] Sicut enim verbum Dei potens est dum sonai; etiam impii cor immutare, quod non minus estsurdum et incapax quam ullus parvulus, ilaper orationem Ecclesia offerentis et credentis parvulus fide infusa mutatur, mundatur et renovatur (Luth., Opp. lat., II, p. 77). [6] Dicoitaque, neque Papa, neque episcopus, neque ullus homirmm habet jus unius syllaba constituenda superchristianum hominem, nìsi id fiat ejusdem consensu; quidquid aliter fit, tyrannico spiritu fu (Luth., Opp. lat., Il, p. 77). [7] Generali edicto tollere vota abunde enim vovimus in baptismo, et plus quam possimus implere (Ibid., p. 78). [8] Opera quantum libet sacra et ardua religiosorum et sacerdotum, in oculis Deiprorsus nihil distare ab operibus rustici in agro laborantis, aut mulieris in domo sua curantis (Ibid.). 118 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SETTIMO SOMMARIO. — Capitolo degli Agostiniani ad Eisleben. — Istanze di Miltitz. — Deputa zione dell’Ordine a Lutero. — Miltitz all’elettore. — Conferenza tra Miltitz e Lutero. — Lettera di Lutero a Leone X. — Libro intorno la libertà del cristiano. — Unione di Cristo e del Cedole. — Libertà e servitù. Dopo siffatta pubblicazione, ogni speranza di aggiustamento tra il Papa e Lutero dovea venir meno; chè ai meno sagaci fa cevasi palese l’impossibilità di conciliare insieme la Fede del Riformatore con la dottrina della romana Chiesa. Eppure allora allora eransi incominciati novelli negoziati. Sul cadere di agosto del 1520, cinque settimane prima della pubblicazione della Cat tività di Babilonia, il capitolo generale degli Agostiniani erasi assembrato in Eisleben. Il venerabile Staupitz vi rinunciò il vi cariato generale dell’ordine, che fu conferito a quel Vincislao Link, che aveva accompagnato Lutero ad Augusta. L’infaticabile Miltitz giunse inaspettato nel seno di quel capitolo [1], ardentissimo oom' era di rappattumare Lutero col Papa. Il suo amor proprio, la sua avarizia, e più ancora il suo odio e la sua gelosia vi erano interessati. Eck e le sue smargiassate lo inquietavano; sapeva che costui lo aveva in Roma screditato, nè v' era sacrifizio a cui non fosse parato in quell’ora per fare, con una pronta pace, fallire lesoppiatte mene di un emolo cotanto importuno. L’interesse re ligioso era per lui forse nullo, se devesi argomentare da ciò che narra egli stesso. Un giorno trovavasi a pranzo dal vescovo di Meissen; e i convitati fatte avevano già molte libazioni, quando fu recato nella sala del convito un nuovo libro di Lutero. Si apre, si legge; il vescovo si adira; l’uffìziale giura; e Miltitz in quella vece ne ride di tutto cuore [2]. Miltitz trattava la Riforma da uomo di mondo, ed Eck da teologo. Risvegliato dal giugnere del dottore Eck, Miltitz indirizzò al capitolo degli Agostiniani un discorso detto con pronunzia tutta italiana [3], estimando a tal modo di porre in soggezione i suoi buoni connazionali. « Tutto l’ordine agostiniano (diss' egli ) è » posto in compromesso da questa faccenda. Accennatemi un » modo di reprimere Lutero [4]. »Que' padri risposero: « Noi non » abbiamo più cosa alcuna di comune con questo dottore, nè » sappiamo qual consiglio darvi. »Essi appoggiavansi certamente sul fatto di Staupitz, il quale in Augusta, come si disse, avea prosciolto Lutero da ogni obbligo verso l’ordine suo. Miltitz in sistette, dicendo: « Una deputazione di questo venerabile capi » tolo si rechi da Lutero, e lo solleciti a scrivere al Papa, coll' » accertarlo di non aver mai tramato in modo nessuno contro la » sua persona [5]*; e tanto basterà a porre un termine a questa » faccenda. »Il capitolo si arrese all’inchiesta del nunzio, e incombenzò Staupitz e Link, l'antico vicario generale ed il suo successore, certamente per domanda di Miltitz, di recarsi a portare la parola a Lutero. Questi deputati partirono tosto alla volta di Wittemberga con una lettera di Miltitz per lo riformatore piena di rispettose 119 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto espressioni. »Non v'ha tempo da perdere, diceva; » la folgore sta già sospesa sul capo di Lutero; e se scoppia, tutto » allora sarà finito. » Nè il riformatore, nè i deputati, a cui la causa della Riforma non dispiaceva [6], nulla speravano da una lettera al Papa; ma questa era appunto una ragione per non ricusarsi dallo scriverla. Una tal lettera esser non poteva che un fatto di pura formalità, che farebbe viemeglio apparire il diritto di Lutero. « Questo Ita »liano della Sassonia (Miltitz) mira certamente (pensava Lutero) » al suo privato interesse con questa domanda. Ebbene, che im » porta? Scriverò secondo verità, che io non fui mai menomamente indisposto contro la persona del Papa. Mi converrà, per » giunta, procedere considerato per non dir troppo contro la sede » romana, ma non mancherò di aspergerla di sale [7]. » Ma poco andò che Lutero seppe giunta la bolla in Alemagna; e il 3 di ottobre dichiarò a Spalatino ch' egli più non iscriverebbe al Papa; e il dì 6 dello stesso mese pubblicò il suo libro intorno la Cattività di Babilonia. Miltitz non cadde d' animo per questo; chè il desiderio suo di umiliare Eck gli facea creder possibili le più impossibili cose. Il 2 di ottobre questo prelato aveva già scritto all’elettore con grandi speranze: « Tutto anderà bene; ma, per » l’amore di Dio, non indugiate più oltre a farmi pagare la pen » sione che voi e vostro fratello da parecchi anni mi avete asse » gnata. Mi occorre denaro per farmi di nuovo amici in Roma. » Scrivete al Papa, fate omaggio ai giovani cardinali, parenti di » Sua Santità, di monete d' oro e di argento coli' immagine di [8]» Vostra Altezza Elettorale, e aggiugnetene ancora per me, sen » dochè fossemi rubata quella che mi regalaste s. » Anche dopo aver Lutero avuta notizia della bolla, l’affannone Miltitz non si sconfortò; e domandò di aver con Lutero una con ferenza a Lichtemberga. L'elettore mandò ordine al riformatore di recarvisi [9]; ma gli amici di questo, e più di tutti l'affettuoso Melantone, vi si opposero [10]. « E che ! (pensavano essi) nel mo 'i mento in cui si pubblica la bolla che ordina di catturare Lutero » per condurlo a Roma, dovrassi accettare un abboccamento col » nunzio del Papa in luogo lontano! Non è forse evidente che il » dottore Eck, non potendo accostarsi al riformatore, per aver » reso troppo palese l’odio suo, l’astuto ciambellano si è impe » gnato a trarre Lutero nelle sue reti? ». Queste paure non potevano arrestare il dottore di Wittemberga; il principe ha comandato, e il suddito obbedirà. Il dì ottobre Lutero scriveva a Spalatino: « Parto per Lichtemberga; » pregate per me. »I suoi amici non vollero abbandonarlo; e il giorno stesso, verso il tramonto, Lutero entrò in Lichtemberga a cavallo con trenta cavalieri, tra' quali era Melantone. Il nunzio del Papa vi giunse quasi ad un tempo, accompagnato da quattro persone [11]. E questa scorta modesta non era forse un' astuzia per ispirar fidanza a Lutero ed a' suoi amici?.... 120 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Miltitz sollecitò grandemente Lutero, coll’accertarlo che il fatto sarebbe tutto riversato sopra Eck e le sue matte iattanze *[12], e che tutto terminerebbesi con piena soddisfazione delle parti. « Ebbene» (rispose Lutero) io mi offro di starmi zitto per lo tempo [13]» a venire, a patto però che i miei avversarii facciano lo stesso; » che per la pace voglio fare quanto so, quanto posso » Miltitz ne fu tutto lieto; e volle accompagnare Lutero sino a Wittemberga. Il riformatore ed il nunzio papale vi entrarono l’uno di costa all’altro, nel mentre che il dottore Eck si appros simava a quella città con la bolla formidabile che doveva rove sciare la Riforma. Miltitz scrisse tosto all’elettore: « Noi condur » remo a buon termine questa bisogna; ringraziate il Papa della » sua rosa; e mandate nel tempo stesso quaranta o cinquanta fio » rini al cardinale di Santi-quattro [14]. » Lutero dovea compiere la sua promessa e scrivere al Papa. Prima di dare a Roma un eterno addio, volea farle intendere ancora una volta importanti e salutari verità. Forse nella sua let terasi scorgerà un ostico scritto, una satira amara ed insultante; ma non devesi a tal modo far giudizio de' sentimenti che lo animavano. Egli attribuiva sinceramente a Roma tutti i mali della cristianità; e allora le sue parole non suonano insulti, ma sib benesolenni avvertimenti. Se ama Leone, più ama la Chiesa di Gesù Cristo; e vuole per ciò mostrare la piaga in tutta la sua grandezza. La forza delle sue parole è misura dell’energia della sua affezione; e il momento è venuto di calar gran fendenti. Pare di vedere un profeta che faccia l’ultimo giro della città per rim proverarle tutte le abbominazioni di cui si è bruttata, e per rivelarle i giudizii dell’Eterno, col gridarle: « Ancora pochi » giorni !. .. »Ecco la lettera : « Al santissimo Padre in Dio, Leone X, Papa a Roma, ogni » salute in Cristo Gesù, nostro Signore. Così sia. » Nel mezzo di questa guerra violente da tre anni per me » mossa ad uomini sbrigliati, non posso a meno di volgere a voi » pur qualche volta il pensiero, o Leone, santissimo Padre in Dio ! » E sebbenela mattezza degli empii vostri lusingatori mi abbia » costretto ad appellarmi della vostra sentenza ad un futuro concilio, il mio cuore non è alienato da Vostra Santità, nè mai ri » stato io mi sono dal supplicare a Dio, con assidue supplicazioni » e con profondi sospiri, la propria vostra prosperità e quella del » vostro pontificato [15]. » Ho contradetto, egli è vero, ad alcune dottrine anticristiane, » ed ho recata una ferita profonda a' miei avversarii, a cagione » della loro empietà. Di ciò non mi pento, sorretto dall’esempio » di Gesù Cristo. A che giova il sale, se non pizzica ? a che il tagli o » della spada, se non fende [16]? Maledetto sia l’uomo che accidio » samente fa l’opera del Signore ! Eccellentissimo Leone, lungi » dall’aver io mai avuto un mal pensiero contro di voi, io vi desidero i più preziosi beni per tutta la eternità. Una sola cosa ho » fatta': quella di mantenere la Parola della verità. A tutti ed a » tutto sono a cedere apparecchiato, trattane questa Parola, che » abbandonare io non posso, nè voglio [17]; e chi pensa altramente, » pensa male. 121 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » Vero è che dissi male della romana corte; ma nè voi, nè » verun altro uomo sulla terra, può negare che la corruzione vi » sia più grande che a Sodoma e Gomorra, e che l’empietà che » vi regna non sia malore di disperata guarigione. Sì, veramente, » che orrore mi prese nel vedere in vostro nome ingannato il » povero popolo di Gesù Cristo. Io mi vi opposi, e farollo ancora, » se bisogna; non già ch' io mi immagini, in onta dell’opposi » zione degli adulatori, di venire a termine di qualche cosa in » cotesta Babilonia, ch' è la stessa confusione, ma perchè so ciò » ch' io deggio a' miei fratelli, e m' ingegno di trarre pur qual » cimo, se è possibile, da questi terribili flagelli. » Voi ben vel sapete. che Roma da molt' anni ha il mondo » inondato di quanto può valere a perdizione dell’anima e del » corpo. La Chiesa romana, in altri tempi la prima in santità, è » fatta spelonca di ladroni, teatro di prostituzione e regno della » morte e dell'inferno [18], in guisa che l’Anticristo stesso, se ve » nisse, non potrebbe crescere la malizia. Tutto ciò è più chiaro » della luce del Sole. » E frattanto voi, o Leone, siete qual agnello tra lupi, qual » Daniele nella fossa de' leoni! Tutto solo, che potete voi mai » opporre a tanti mostri? Forse è un gran fatto se v' hanno quat » tro cardinali che congiungano la scienza alla virtù. E che giovar » possono contro un tanto numero? Voi perirete di veleno anche » prima di poter pure un qualche rimedio sperimentare. Per la » corte di Roma è finita; l’ira di Dio l’ha colpita, e la consu » mera [19]. Essa rifugge dai savi consigli; essa teme la Riforma: » essa non vuole punto infrenare il furore della sua empietà, e » merita a tal modo che di essa dicasi, come della madre sua: » Noi abbiamo medicata Babilonia; ma non è guarita, lascia ti mola [20]! Toccava a voi ed ai vostri cardinali l'applicare il ri » medio; ma l’infermo del medico, si ride, e il cavallo le redini » non vuol sentire.... » Tutto pieno di amore per voi, eccellentissimo Leone, increb » bemi sempre di veder voi, formato per miglior secolo, innal » zato in questo tempo al pontificato. Roma non è degna di voi, » nè di coloro che vi somigliano; e merita per capo Satana stesso; » tanto è vero ch'egli regna più di voi in cotesta Babilonia. Pia » cesse a Dio che, deposta voi quella gloria cotanto esaltata dai » vostri nemici, dato vi fosse di commutarla in un modesto pastoratico, o di vivere del vostro censo paterno ! chè i soli Iscarioti » sono degni di una tal gloria O mio caro Leone ! a che servite » voi adunque in questa romana corte, se non a ciò che gli uomini » i più esecrandi abusino del nome vostro e del vostro potere, per » ruinare le fortune, perder le anime, moltiplicare i delitti, op » primere la Fede, la verità e tutta la Chiesa di Dio ! O Leone ! » Leone ! voi siete il più infelice degli uomini; voi sedete sul più » pericoloso di tutti i troni ! Vi ragiono il vero appunto perchè vi » voglio tutto il mio bene. » Non è forse vero che sotto la vasta estensione de' cieli non » avvi cosa che sia più guasta, più abbominosa della romana » corte? in rotti costumi di gran lunga ai Turchi sta sopra. Stata » un tempo porta del cielo, ora è fatta bocca dell’inferno; ampia » bocca da Dio tenuta aperta [21], in guisa che, nello scorgere tanti » 122 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto sciagurati ch' entro vi piombano, m' è d' uopo gridare, come » in mar fortunoso, affinchè qualcuno campi almeno da un abisso » cotanto pauroso. » Eccovi, o Leone, padre mio, eccovi accennato il perchè io » mi sia scatenato contro cotesta Sede che dà morte. Lungi dall' » alzarmi contro di voi, ho pensato di faticarmi a vostra salvezza, » coll’assaltare strenuamente cotesta prigione, o a dir meglio, » cotesto inferno, in cui vi trovate chiuso. Fare alla corte di Roma » ogni maniera di male è fatto del vostro proprio dovere; cuo » prirla di vergogna è un rendere onore a Gesù Cristo; in una » parola, non essere Romano è essere cristiano. » Frattanto, scorgendo ch' io sprecava solleoitudini e sudori nel o voler sovvenire alla romana Sede, le inviai la mia lettera di » divorzio, e le dissi: Addio, Roma! Chi è ingiusto sialo ancora » vieppiù, e chi è contaminato contaminisi vieppiù [22] .' e dato » mi sono ai tranquilli e solitari studii della santa Scrittura. » Satana allora ha gli occhi aperti e risvegliato il suo servo Gic— » vanni Eck, gran nemico di Gesù Cristo, per farmi tornar sull' » arena. Egli voleva stabilire, non già il primato di Pietro, ma » sibbene il suo, e a tal modo trarsi dietro in trionfo Lutero » sconfitto. Egli è l’autore di tutto V obbrobrio che ricuopre la » romana sede. » Lutero narra quanto intervennegli con De Vio, con Miltitz e con Eck; poi continua : « Ora adunque, a voi mi rivolgo, o santissimo Padre ! e prostrato a' vostri piedi vi supplico a porre un freno, se pure è » possibile, ai nemici della pace. Ma disdirmi non posso in fatto » di dottrina, nè posso permettere che regole d' interpretazione » siano comandate riguardo alla santa Scrittura. Vuolsi libera » lasciare la Parola di Dio, che è la fonte stessa da cui ogni liberta » scaturisce [23]. » O Leone, padre mio, turate gli orecchi al canto di coteste » lusinghiere sirene che vannovi dicendo, voi non essere un » semplice uomo, ma un semidio, e che potete comandare quanto » vi piace. Voi siete il servo dei servi, e il posto in cui vi sedete » è il più pericoloso, il più misero di tutti. Prestate orecchio non » a coloro che vi esaltano, ma a quelli che vi umiliano. Forse » troppo audace son io nel voler dar precetti ad una sì alta Maestà, » che deve tutti gli uomini ammaestrare; ma io scorgo i pericoli » che vi circondano in Roma, veggovi ivi sospinto or qua or là, » siccome sui flutti in alto mare fortunoso. La carità mi sprona, » ed io deggio far intendere un alto grido di avvertimento e di » salvezza. » Per non presentarmi dinanzi alla Vostra Santità con le mani » vuote, vi presento un libretto a voi intitolato, il quale vi darà » a conoscere gli argomenti che potrò io trattare, se gli adulatori » vostri non mi faranno impedimento. Parrà povera cosa a coloro, che giudicano i libri dalla loro mole; ma sarà grande assai se » vorrà considerarsene la materia; sendochè sia il sommario della » vita cristiana che in esso si rinchiude. Povero sono io, nè » altro ho ad offerirvi; e per altro verso, di che 123 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto abbisognate voi » mai, se non di doni spirituali? Raccomandomi alla Vostra Santità, cui prego il Signor nostro Gesù Cristo a custodire eternamente ! E così sia ! » Il picciol libro da Lutero offerto al Papa, era il suo discorso intorno la libertà del cristiano, nel quale il riformatore senza polemica dimostra come il cristiano, senza offendere alla libertà conferitagli dalla Fede, può sommettersi ad ogni legge esterna in uno spirito di libertà e di carità. Due verità servono di base a tutto il rimanente: « Il cristiano è libero e signore di ogni » cosa. Il cristiano è servo ed è soggetto in tutto ed a tutti. Egli » è libero e signore per la Fede; egli è servo e soggetto per la » carità. » Incomincia dallo sporre la potenza della Fede per render libero il cristiano: « La Fede unisce l’anima con Cristo, siccome una » sposa allo sposo (dice Lutero al Papa); e tutto ciò che Cristo » possiede fassi proprietà dell’anima fedele; e ciò ch' è di questa » fassi di quello. Cristo possiede tutti i beni e tra questi l’eterna » salute, e da quell’ora sono proprietà dell’anima. Questa » possiede tutti i vizii e tutti i peccati, i quali per questo acco ., munamento divengono proprietà di Cristo. Comincia allora un ir avventurosissimo scambio: Cristo, che è Dio ed uomo, Cristo, .» che mai non peccò e la cui santità è invincibile, Cristo l’On » impossente e l’Eterno, col far proprii tutti i peccati dell' » anima fedele col suo anello nuziale, voglio dire, con la Fede, » questi peccati sono in lui assorti ed aboliti, sendochè non » siavi peccato che possa sussistere nel cospetto della sua infinita » giustizia. A tal modo per via della Fede l’anima è fràncata » da ogni peccato e rivestita dell’eterna giustizia del suo sposo » Gesù Cristo. O felice unimento! il ricco, il nobile, il santo » sposo, Gesù Cristo, si ammoglia con quest' anima povera, ab » bietta e colpevole [24], la libera da ogni male, e l’abbellisce de' » più esquisiti beni.... Cristo, re e sacrificatore, divide quest' » onore e questa gloria con tutti i cristiani. Il cristiano è fatto re, » e per conseguenza possiede tutte cose; egli è sacrificatore, e » per conseguenza possiede Dio; ed è la Fede, non le opere » sono, che gli reca un tale onore. Libero è il cristiano in ogni » cosa e al disopra d' ogni cosa, sendochè la Fede tutto a lui » doni abbondevolmepte. » Nella seconda parte del suo discorso Lutero rappresenta l’altro lato della verità: « Sebbeneil cristiano sia a tal modo libero » divenuto, si fa servo nondimeno volontariamente, per comportarsi co' suoi fratelli siccome Dio si è comportato con lui per » li meriti di Gesù Cristo. — Voglio (die' egli) servire liberamente, » lietamente e gratuitamente un padre che a tal modo ha versato » sopra di me tutta l’abbondanza de' suoi beni: voglio darmi » tutto al mio prossimo, siccome Cristo tutto a me si diede. — » Dalla Fede (continua Lutero ) procede l’amore di Dio, e dall' » amore una vita piena di libertà, di carità e di gioia. Oh! » quanto è nobile e sublime la vita cristiana ! Ma aimè ! niuno » la conosce, niuno la predica. Per la Fede il cristiano sollevasi » sino a Dio, e per l’amore si abbassa sino all’uomo, e frat » tanto dimora sempre in Dio. Ecco la vera libertà, la quale » ogni altra avanza di tanto spazio, quanto è quello ohe separa » i cieli dalla terra. » 124 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Tale è lo scritto con cui Lutero accompagnò la sua lettera a Leone X. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Nondum tot pressus difficuhatibus animum desponderat Miltitius Dignus profecto non mediocri laude (Pallav., Hist. Cono. Trid.,1, P- 68). [2] Der Bischof entriìsiet, der OfficiaI gefluchet, er aber gelachet habe (Seckend., p. 266). [3] Orationem habuit italica pronunciatione vestitum (Luth., Epp., I, 483). [4] Petens consilium superme compescendo (Ibid.). [5] Nihil me in personam suam fuisse molitum (Ibid., p. 484). [6] Quibus omnibus causa mea non displicet (Luth., Epp., I, p. 486). [7] Aspergetur tamen sale suo (Ibid.). [8] Den Pabsts Nepoten, 2 oder 3 Churfùrstliche Gold und Silberstùcke, zu verohren (Seckeud., p. 267). [9] Sicut princeps ordinavit (Luth., Epp., I, p. 455). [10] Invito preceptore (Melantone ) nescio quanta metuente (Ibid.). [11] Jener von mehr als 30, diser aber kaum mit 4 Pferden begleitet (Seckend., p. 268). [12] Totum pondus in Eecium versurus (Luth., Epp., I, p. 496). [13] Ut nihil vidcar omittere quod in me ad pacem quoqun modo facete possit (Ibid.). [14] Seckend., p. 268. [15] Ut non tolis viribus, sedulis atque quantum in me fuit gemebundis pre cibus apud Deum quasicrim (Luth., Epp., I, 498). 125 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [16] Quid proderit sai, si non mordeat l Quid os gladii, si non caldai ? (Luth., Epp., I, p. 499.) [17] Verbum deserete et negare neepossum, nec volo (Ibid.). [18] Facta est.. .. spelunea latronum licentiosissima, lupanar omnium impu dentissimum. regnum peccati, mortis et inferni (Ibid., p. 500). [19] Actum est de romana curia; pervenit in eam ira Deiusquegli fmem. . (Ibid.). [20] Geremia, cap. LI, v. 9. [21] Olim janua eoeli, nunc patens quoddam os inferni et tale os, quod urgente ira Dei, obstrui non potest (Luth., Epp., I, p. 501). [22] Apocalisse di san Giovanni, cap. XXII, v. 11. [23] Legcs interpretandi verbi Dei non patior, cum oporteat verbum Dei esse non alligatum, quod libertatem docet.... (Luth., Epp., I, p. 504). [24] Ist nun das nicht eine fròliliche Wirlhschafft, dar der reiche, edle, fromme Bràutigam Christus, das arme, verachtete, bose Huhrlegli zur Elie nimnit.... (tulli., Opp. [L ], XVII, p. 385 . 126 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO OTTAVO SOMMARIO. — La Bolla in Alemagna. — Fallo del Papa nel consegnarla al dottore Eck. — Com' egli venga accolto. — Morte di Miltitz. — La bolla in Erfurt, — In, Wittemberga. — Intervenire di Zuinglio. Nel mentre che il riformatore s'indirizzava a tal modo per l’ultima volta al pontefice romano, la bolla che lo scomunicava era già nelle mani de' capi della Chiesa germanica ed alle porte della dimora di Lutero. Il Papa aveva incombenzati due alti personaggi della sua corte, Caraccioli ed Aleandro, di recare la bolla all’arcivescovo di Magonza, e di invitarlo a provvedere alla sua STORIA DELLA RIFORMA pronta esecuzione. Ma Eck in persona appariva in Sassonia, qual araldo ed esecutore della grand' opera papale. Il dottore d' Ingol stadt meglio d' ogni altro aveva appresa la possa de' colpi menati da Lutero; egli avea scorto il pericolo e steso il braccio per farsi puntello al pericolante edifìzio di Roma. Egli era, in suo pensiero, l’Atlante destinato a sostenere sulle valide sue spalle l’antico mondo romano già vicino a ruinare. Altero de' successi del suo viaggio di Roma, altero della carica ricevuta dal sommo pontefice, altero finalmente della bolla che teneva in mano, e nella quale chiudevasi la condanna dell’indomito suo emolo, l’incumbenza allora ricevuta era per lui un trionfo superiore d'assai a tutte le vittorie per lui riportate in Ungheria, in Baviera, in Lombardia ed in Sassonia, e delle quali s'era già tanto gloriato. Ma quest' orgoglio dovea essere ben presto fiaccato. Il Papa avea commesso un grave errore nell’affidare ad Eck la pubblicazione della bolla, errore che dovea distruggerne ogni effetto. Una sì grande preferenza accordata ad un uomo che non occupava grado eminente nella Chiesa, offendeva alla gerarchia; e i vescovi, che solevano ricevere direttamente dal Papa le bolle, trovavano sconveniente che questa fosse pubblicata nelle loro diocesi da questo nunzio improvvisato. La nazione poi, che avea schernito con fischiate questo millantatore, quando dopo la disputa di Lipsia s' era veduto costretto a fuggirsi in Italia, lo vedeva con istupore e con indi gnazione a ripassar l'Alpi coli' insegne di nunzio pontificio, e munito del potere di schiacciare i maggiori ingegni dell’Alema gna. Lutero dal canto suo avvisava in questa sentenza recata dal suo implacabile nemico un atto di privata vendetta; e questa condanna, al dire del Pallavicini, era per lui qual perfido pu gnale di un nemico capitale, e non legittima scure di un littore romano [1]. Non consideravasi più quello scritto qual bolla del so vrano pontefice, ma qual bolla del dottore Eck; e a tal modo l'arma era già anticipatamente spuntata da colui che la recava. Il cancelliere d' Ingolstadt erasi affrettato a recarsi in Sassonia; era il luogo in cui avea commessa battaglia, e là voleva far pompa della sua vittoria. Verso la fine 127 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto di settembre giunse a pubblicare la bolla a Meissen, a Merseburgo e a Brandeburgo; ma nella prima di queste città fu affissa in tal luogo che nessuno leggere la poteva; e i vescovi di queste tre sedi punto non curaronsi di pubblicarla. Lo stesso duca Giorgio, gran proteggitore di Eck, divietò al consiglio di Lipsia di por fuori la bolla, se l’ordine non veniva dal vescovo di Merseburgo; e quest' ordine non fu dato che nell' anno seguente. « Queste difficoltà (Eck pensò da prima) non sono » che per la forma; » chè, a dir vero, tutto sembrava sorridergli in quell’ora. Il duca Giorgio gli mandò una coppa dorata con parecchi ducati; Miltitz stesso corse a Lipsia, saputo ch' ebbe ivi arri vato l’emolo suo, e l’invitò seco a pranzo. I due legati dilettavansi entrambi assai della tavola, e Miltitz pensò non poter meglio leg gere entro i pensieri di Eck ohe co' bicchieri alla mano. « Quando » Eck ebbe ben bevuto (dice Miltitz), cominciò a farla da mattoglo » rioso, trasse fuori la bolla, e disse il modo con cui intendeva » di porre in dovere quel mariuolo di Martino [2]. »Ma il dottore d' Ingolstadt non tardò ad avvedersi che il vento si mutava. In un anno erasi in Lipsia operato un gran mutamento [3]. Il giorno di san Michele alcuni studenti sospesero in dieci luoghi diversi cartelli ne' quali attaccavano fieramente il nuovo nunzio. Questi, sgomentato, corse a chiudersi nel chiostro di san Paolo, già rifugio di Tezel, e vi ricusò ogni visita. Ottenne soddisfazione dell’insulto fattogli dagli scolari con un richiamo al rettore di quella università; ma poco vi guadagnò quel meschino; chè gli studenti composero una canzonetta contro di lui, e l’andavan cantando per le vie, sicchè Eck potè udirla dalla sua prigione. Sentesi allora cader l’animo a terra, e il tremendo campione di Roma fatto è tremante da capoa' piedi. Giungongli ogni giorno lettere minacciose, e per giunta centocinquanta scolari ivi si recano da Wittemberga, e parlano audacemente contro l’inviato del Papa. Il povero nunzio apostolico non può più sostenere la paura. Lutero andava dicendo: « Non » voglio che si uccida; ma desidero beneche gli falliscano i suoi » divisamenti [4]» Eck lascia nottetempo il suo ritiro, e fuggitosi secretamente di Lipsia, corre ad appiattarsi a Coburgo. Miltitz, narratore di questo fatto, ne trionfava più dello stesso Lutero; ma questo trionfo fu per lui di breve durata. Tutti i suoi tentativi di conciliazione diedero in nonnulla, e terminò miseramente la sua vita; chè a Magonza cadde briaco nel Reno e dentro vi annegò. Eck a poco a poco animo riprese; e recossi ad Erfurt, i cui teologi dato avevano a Lutero più di un segno della loro gelosia. Ivi insistette per farvi la bolla pubblicare, e vi riuscì; ma gli stu denti ne strapparono gli esemplari, li stracciarono e gittaronli nel fiume, dicendo: « Poichè trattasi di una bolla, nuoti essa nell' » acqua [5]. »Lutero poi, inteso questo fatto, sclamò: « La carta » del Papa è una vera bolla. » Eck non osava far mostra di sè in Wittemberga; quindi mandò la bolla al rettore con minaccia, se non vi si conformavano, di annientare l'università. Scrisse nel tempo stesso al ducagio vanni, fratello e correggente di Federico: « Non istate a prendere » in mala parte ciò ch' io faccio, chè io opero in pro della Fede; » fatto che mi costa grandi pensieri, gran fatica e molti denari [6]. » Il rettore dichiarò, che non 128 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto avendo ricevuta la bolla unita ad una lettera del Papa, ricusavasi dal pubblicarla, e si rapportò al consiglio dei giurisperiti. A tal modo dai letterati era accolta la condanna del riformatore. Nel mentre che la bolla papale sì grandemente gli animi agitava nell’Alemagna, una voce grave si alzò in altra contrada europea. Un uomo che già prevedeva le immense scissure che la bolla del Papa doveva occasionare nella Chiesa, si presentò per dar severo avvertimento e per difendere il riformatore. Fu quel medesimo prete svizzero, di cui dicemmo altrove, Ulrico Zuinglio, il quale, senza essere da niun vincolo di amicizia distretto a Lutero, pubblicò uno scritto pieno di saviezza e dignità, che fu il primo de' molti che poscia pubblicò [7]. Parea che una affezione tutta fraterna lo inchinasse verso il dottore di Wittemberga: « La pietà del pon » tefice (diceva) chiede ch' egli (Lutero) sacrifichi con allegro cuore » quanto può avere di più caro, la gloria di Cristo, suo re, e la » pubblica pace della Chiesa. Non avvi cosa che tanto offenda alla » papale dignità, quanto il volerla difendere con salarii o con ter » rori. Gli scritti di Lutero non erano ancora stati letti quando si » cominciò a screditarlo tra il popolo, ed a gridarlo un eretico, » uno scismatico, anzi lo stesso Anticristo. Niuno lo avvertiva, » niuno lo confutava; chiedeva egli una discussione, e gli altri » risponde vangli con una condanna. La bolla or ora pubblicata » contro di lui, dispiace a coloro stessi che onorano la grandezza » del Papa; sendochè vi respiri ovunque l’odio impotente di pa » recchi monaci, a vece della dolcezza di un pontefice, vicario di » un Salvatore pieno di carità. Tutti riconoscono essere la vera » dottrina di Gesù Cristo grandemente degenerata, e che rendesi » necessaria una Riforma pubblica e luminosa di leggi e di co » stumi [8]. Osservate tutti gli uomini per sapere e per virtù emi » nenti; più sono sinceri, più sono affezionati all’evangelica ve » rità, e meno degli altri si scandalizzano de' libri di Lutero. » Non avvi alcuno che non confessi essere stato dalla lettura di » questi libri reso migliore [9], sebbenericorrano forse in essi certe » proposizioni da non potersi avere per buone. —Scelgansi uomini » di una pura dottrina e di una probità conosciuta, tre principi, » su cui non cada il menomo sospetto, quali, ad esempio, l’im » peratore Carlo, il re d' Inghilterra e l’altro d' Ungheria, nominino » essi stessi gli arbitri, e si ratifichi quanto da essi verrà deciso ! » Νιμησατω ἡ του Χριστου παιδεια και εληθεια» [10] ! » Questa proposizione venuta dal paese degli Svizzeri, non fu accolta. Era scritto che il gran divorzio compiere si dovesse, che la cristianità esser dovesse lacerata; e nelle stesse sue ferite dovea trovar rimedio a' suoi mali. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA 129 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [1] Non tanquam a securi legitimi lictoris, sed e telo infensissimi hostis.... (Hitt. Conc. Trid.,l, p. 74). [2] Nachdem (scrisse Miltitz ) er nun tapfer getrunken batte, fleng er gleich an trefflich von seiner Ordre zu prahlen, ec. (Seckend., p. 238). [3] Longe aliam faciem et mentem Lipsia eum invenire quam sperasset ... (Luth., Epp., I, p. 492). [4] Nollem eum occidi, quamquam optem eius oonsilia irrita fieri (Luth., Epp., I, p. m) [5] A studiosis discerpta et in acquam projecta, dicentibus: Bulla est, in aquam nateti (Ibid., p. 520.) [6] Mit vici Multe, Arbeit unti Kosten (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 317). [7] Consilium cujusdam ex animo cupientis esse consultum et pontificis digni tati, et christiana religionis tranquillitati (Zwiuglii Opp., cur. Schul. et Schult., IH, p. 1-5). [8] Multum degenerasse ab Ma sincera Christi evangelica doctrina, adeo ut nemo non fateatur opus esse publica aliqua et insigni legum ac morum instau ratane (lbid., p. 3). [9] Nemo non fateturse ex illius libris factum esse meliorem (Zwinglii Opp., cur. Schul. et Schult., IlI, p. 4). [10] Possano il precetto e la verità di Cristo rimanere vittoriosi ! 130 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO NONO SOMMARIO. — Lutero si raccoglie con la mente in Dio. — Ciò che pensa intorno la bolla. — Bilibaldo, Carità e Chiava Pirckheimer. — Uomini inviluppati nella condanna. — Scritto di Lutero contro la bolla dell’Anticristo. — Il Papa proibisce di «redere. — Gli scritti di Lutero bruciati in diversi luoghi. — La governatrice de' Paesi Bassi. — Il conte di Nassau. — Lutero tranquillo. E nel fatto, che significavano tutte queste resistenze di studenti, di rettori e di preti? Se la possente mano di Carlo-Quinto si unisce alla possente mano del Papa, non ischiacceranno esse questi sco lari, questi grammatici? Saravvi chi resista al potere del pontefice della cristianità e dell’imperatore d' Occidente? Il colpo è dato; Lutero è segregato; il Vangelo sembra perduto. In si solenne mo mento il riformatore non dissimula a sè stesso la grandezza del pericolo in cui si trova. Volge gli occhi al cielo; e si apparecchia a ricevere, come dalla mano di Dio stesso, il colpo che minaccia di annientarlo. La sua mente si raccoglie a' piè del trono di Dio: « Che sta per accadere? (die' egli) io nol so, nè mi curo di saperlo, » certo com' io sono che Colui che sta ne' cieli, da tutta l’eternità » ha preveduto il cominciamento, la continuazione ed il termine » di questa faccenda. In qualunque luogo m'incolga il colpo, io » non so sgomentarmene. Una sola foglia non cade senza la vo— » lontà del Padre nostro; e quanto meno cadremo noi!... Poca » cosa è il morire per la Parola, poichè questa Parola che s' in » carnò per noi, morì prima ella stessa. Noi risusciteremo conessa, se con essa moriremo, e, passando per dove essa passò, » giungeremo dov' essa è giunta, e rimarremo con essa per tutta » l’eternità [1]. »Qualche volta però Lutero non sa frenare il di sprezzo in lui mosso dalle mene de' suoi nemici; e in tai casi noi troveremo in lui quel misto di sublime e d' ironia che ne formano il carattere singolare. « Di Eck altro non so (die' egli) se non che » giunse con lunga barba, con lunga bolla e con lunga borsa;. .. » ma io mi rido della sua bolla [2]. » Il dì 3 ottobre, ebbe contezza della lettera papale. « Eccola » giunta finalmente (diss' egli ) questa bolla romana ! Io la di » sprezzo e l'attacco siccome empia, menzognera e degna di Eck » per ogni verso. In essa è Cristo stesso che si condanna; non » vi si dà ragione di veruna cosa; vi sono citato, non già per » essere ascoltato, ma perchè io canti la palinodia. La tratterò » come falsa, sebbenevera io la creda. Oh! se Carlo-Quinto fosse » un uomo ! S' egli, per amore di Cristo attaccasse que' demoni » infernali [3]! Io mi conforto d'avere a sopportare alcuni mali per » la migliore delle cause; e sento già più libero il mio cuore, » conciossiach' io sappia finalmente che il Papa è l’Anticristo, » e che la sua sede è quella di Satana stesso. » Nè solamente nella Sassonia sparso avevano l’allarme le folgori di Roma; chè una tranquilla famiglia della Svevia, sebbeneneutrale, vide nondimeno d' improvviso turbata la sua dimestica pace. Bilibaldo Pirckheimer, di Norimberga, 131 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto l’uno degli uomini più eminenti del suo secolo, orbato assai per tempo dell’ama tissima donna sua Crescenzia, volta avea intera la sua affezione alle giovani sorelle sue, Carità, badessa di santa Chiara, e Chiara, monaca nello stesso monistero. Queste due giovani ser vivano a Dio nella solitudine, e dividevano il loro tempo tra lo studio, la cura de' poverelli ed i pensieri dell’eternità. Bilibaldo, uomo di stato, solea distrarsi dai pubblici negozi coll’intertenersi seco loro con epistolare corrispondenza. Entrambe erano dotte, sapevano di latino e studiavano i Padri; ma libro non v' era che le dilettasse più della santa Scrittura. Altro maestro non ebbero che il loro fratello. Le lettere di Carità hanno un' impronta mi rabile di amabilità e di delicatezza. Amava teneramente Bilibaldo, e temea sempre il menomo pericolo per lui. Pirckheimer, per afforzare quest' anima paurosa, scrisse un dialogo tra Charitas e Veritas, nel quale la Verità cerca di far Sicura la Carità [4]. Non può darsi scritto più commovente e più accomodato a consolare un cuor tenero ed angoscioso. Qual esser dovette lo sgomento di Carità, quando corse voce che il nome di Bilibaldo stava notato sotto la bolla del Papa, af fissa alle porte delle cattedrali al lato di quello di Lutero! E nel vero, Eck, sospinto da furor cieco, aveva associati a Lutero sei de' più eminenti uomini dell’Alemagna: Carlstadt, Feldkirchen, Egrano (che poco se ne commossero), Adelman, Pirckheimer e il suo amico Spengler, i quali sentirono singolarmente quell’In giuria, in considerazione delle pubbliche cariche da essi soste nute. Grande fu l'agitazione nel monastero di santa Chiara. E come poter mai comportare la vergogna fatta a Bilibaldo? Nulla v'ha che più accuori i parenti di sì fatte prove. Pirckheimer e Spengler scrissero una lettera al Papa, nella quale dichiararono: non aderire essi alle dottrine di Lutero se non in tanto ch' esse erano conformi alla Fede cristiana. La collera e la vendetta erano state malvagi consiglieri; e i nomi di Bilibaldo e de' suoi amici nocquero all’intendimento della bolla. Il carattere di questi uo mini eminenti ed il loro gran seguito, resero l’irritazione più universale. Lutero in sulle prime finse di sospettare dell’autenticità della bolla; e nel primo scritto che poscia pubblicò, dice: « Intendo » avere Eck recata da Roma una nuova bolla, a lui tanto simigliante, che potrebbesi chiamarla Dottore Eck, tanto essa ri » bocca di falsità e di errori. Egli ha dato ad intendere ch' essa » è opera del Papa, nel mentre ch' essa è opera di pura menzogna. »Dopo avere sposti i fondamenti delle sue dubitazioni, Lutero termina col dire: « Voglio cogli occhi miei proprii esaminare il piombo, il sigillo, i cordoni, la clausola, la segnatura » della bolla, tutto insomma, o non valutare la grossezza di un » capello tutto questo schiamazzìo [5]. » Ma niuno dubitava, non escluso lo stesso Lutero, dell’auten ticità di questa bolla papale; e tutta l’Alemagna era in ansia di vedere ciò che fosse per fare il riformatore. Rimarrà egli fermo? Tutti gli occhi stavano rivolti a Wittemberga; e Lutero non tenne a lungo in sospeso i suoi contemporanei. Rispose con una sparata 132 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto fulminante, pubblicando il dì 4 novembre 1520 il suo scritto intitolato: « Contro la bolla dell’Anticristo. » « Quanti errori, quante fraudi (die' egli) si sono sparsi tra il » povero popolo sotto il manto della Chiesa e della vantata infal » libilità del Papa! Quante anime sonosi a tal modo perdute! » quanto sangue fu sparso! quanti assassinii furono commessi » quanti regni rumati! » So benissimo far distinzione (dice più in là con ironia) tra » arte e malizia, e pochissimo apprezzo una malizia senza arte. » Bruciar libri è si agevole cosa che i fanciulli stessi la possono » fare; e a quanto maggior ragione il santo Padre ed i suoi dot » tori [6] ! Ma converrebbe loro mostrare adesso maggiore abilità » che non bisogni per bruciar libri Per altro verso, distrag » gansi pure le opere mie ! Quello che volli l’ottenni, nè bramo » di più. Volli con esse condur anime allo studio della Bibbia, e » che poi fossero abbandonati tutti i miei scritti [7]. Gran Dio! se » la Scrittura fosse conosciuta, qual bisogno vi sarebbe mai de' » miei libri?... Libero sono, per la grazia di Dio, e le bolle nè » mi consolano, nè dannomi spavento. La mia forza e la mia consolazionesono in tal luogo da non poter essere aggiunte nè dagli » uomini nè dai demonii. » La decima proposizione di Lutero, condannata dal Papa sta in questi termini: « I peccati non sono ad alcun uomo perdonati, » a meno ch' egli non creda che gli sono perdonati quando il sa » cerdote lo assolve. »Il Papa, col condannarla, negava che la Fede fosse necessaria nel sacramento; per che Lutero grida: « Pretendono che noi non dobbiamo credere che i peccati ci siano » perdonati quando siamo dal sacerdote assoluti. E che dobbiamo » noi adunque fare?.... Udite ora, o cristiani, una novella ve » nuta da Roma. Condanna è pronunziata contro questo articolo » di Fede che noi professiamo col dire: — Credo allo Spiritossanto, » la Chiesa cristiana e la remissione de' peccati. — Se io sapessi » (e del fatto però non dubitava) che il Papa data avesse veramente da Roma questa bolla, nè io la sospettassi inventata da » Eck, V arcimentitore, vorrei gridare a tutti i cristiani, ch' essi » devono avvisare nel Papa il vero Anticristo di cui parla la Scrittura. E se egli non si volesse ristare dal proscrivere pub » blicamente la Fede della Chiesa, In. tal caso... la spada tempo » rale gli resista anch'essa, più presto che al Turco! Chè il » Turco consente il credere, in tempo che il Papa lo divieta. » Mentre Lutero parlava con tanta forza, i suoi pericoli si face vano maggiori. Il divisamento de' suoi nemici era di farlo cacciare di Wittemberga. Se Lutero e Wittemberga sono separati, l’uno e l’altro saranno perduti; e a tal modo con un sol colpo Roma sarebbe deliberata e del dottore e dell’università, intinti entrambi di eresia. Il duca Giorgio, il vescovo di Merseburgo ed i teologi di Lipsia lavoravano chiusamente per giugnere a tanto [8]; e risa putosi questo fatto da Lutero, disse: « Io commetto intera questa » bisogna nelle mani di Dio [9]. 133 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto »Queste soppiatte mene non furono senza effetti: Adriano, professore di ebraico a Wittemberga, d'improvviso si volse contro Lutero; e bisognava essere ben fermo nella Fede per sostenere il colpo che recava la bolla di Roma. Uomini vi sono i quali camminano nelle vie della verità sino ad un certo punto, ma non più in là; e di questo numero fu Adriano. Spaventato da questa condanna, abbandonò Wittemberga, per recarsi a Lipsia a crescervi il seguito di Eck. La bolla cominciava ad essere recata in atto; nè vana era ivi ancora la parola del pontefice della cristianità. Da lungo tempo il ferro ed il fuoco avevano insegnata questa sommessione; ed alla voce di Roma i roghi s'innalzavano ancora. Ogni cosa annun ziava che una terribil catastrofe dovea tra poco por fine all’audace ribellione del monaco agostiniano. I nunzi del Papa erano sempre a' panni al giovane imperatore; e Carlo dichiarò che protetta avrebbe l'antica religione [10]. In alcuni luoghi de' suoi dominii ere ditarii vidersi palchi innalzati, sui quali gli scritti dell’eretico Lutero esser dovevano bruciati; e consiglieri di stato e principi della Chiesa assistevano alla esecuzione di siffatti auto-da-fè. — Queste fiamme, dicevasi a Roma, recheranno ovunque lo spavento; e tanto poterono veramente in molti animi timidi e superstiziosi. Ma nondimeno anche negli stati ereditarii di Carlo, i soli in cui si ardisse mandare ad effetto la bolla, il popolo, e qualche volta i grandi stessi, spesso risposero a queste papali dimostrazioni con risa ed anche con segni d' indignazione. I dottori di Lovanio, nel presentarsi a Margherita che governava allora i Paesi Bassi, le dissero: « Lutero rovescia la cristiana Fede. »La principessa domandò loro: « Chi è questo Lutero? » Ed essi a lei: « È un monaco ignorante. »La principessa allora soggiunse: « Quando sia così, voi che siete saputi e in sì gran numero, » scrivete contro di lui; chè il mondo presterà maggior Fede a » molti sapienti che ad un uomo tutto solo e stremo di dottrina. [11]» Ma i dottori di Lovanio preferirono un metodo più facile. A pro prie spese fecero alzare un vasto rogo; e gran folta di gente ac corse sulla piazza della esecuzione. Vedevansi studenti e cittadini traversare in tutta ressa la folla, recanti sotto le braccia grossi volumi che poi gittavano in sul rogo. Il loro zelo edificava i mo naci e i dottori; ma più tardi seppesi che il fatto era ben d' altra forma; che a vece de' libri di Lutero, que' zelanti gittati ave vano tra quelle fiamme i Sermones discipuli, il Tartaro ed altri libri scolastici e papisti. Il conte di Nassau, vicerè d' Olanda, disse ai Domenicani che sollecitavano il favore di bruciare i libri di Lutero: « Andate, » e predicate il Vangelo nella purezza sua siccome fa Lutero, e » in allora non avrete a dolervi di alcuno. »Ad un reale ban chetto, dove siedevano i maggiori principi dell’impero, caduto il discorso sopra il riformatore, il signore di Ravenstegli disse ad alta voce: a Nel corso di quattro secoli un sol uomo cris » tiano ha osato alzare la testa, ed ecco che il Papa lo vuol n morto [12]! » Lutero, con la coscienza della forza della sua causa, era d' animo sedato fra il trambusto sommosso dalla bolla [13]; e scri veva a Spalatino: « Se da voi non fossi cotanto stimolato, io muto » mi rimarrei, sapendo beneche quest' operasi deve 134 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto compiere » per consiglio e per volere di Dio [14]. »Il timido voleva che si parlasse, e il forte voleva tacersi ! E questo interveniva perchè Lutero scorgeva un potere che sfuggiva agli sguardi dell’amico suo. « Vivete a buona speranza (continuava Lutero); chè queste » cose furono incominciate da Gesù Cristo, ed egli le compirà, » tanto ch' io sia sbandeggiato, quanto nel caso ch' io fossi posto » a morte. Gesù Cristo è qui presente; e Colui che è in noi, è più possente di colui che sta in questo mondo [15]. » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Parum est nostro Verbo mori, cumipsum incornaturn pro nobis privs mortuum sit (Luth., Epp., I, p. 488). [2] Venisse euro barbatum, bullatum, nummatum Ridebo et ego bullam sive ampullam (Ibid.). [3] Utinam Carolits vir csset, et pro Christo hos satanas aggrederetttr (Ibid., p. 494). [4] Pirckheimeri Opera, ed. di Francofone. [5] OdernichteinHaarbreitgeben.... (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 323). [6] So ist Bùcher verbrennen so leicht, class es auch Kinder kònnen schweig denn der heilige Vater Pabst (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 324). [7] in Biblien zu fùhren, dass man derselben Verstand erlangte, und denn meine Biìchlegli verschwinden, liess (Ibid.). [8] Ut Wittemberga pellerer (Luth., Epp., I, p. 519). [9] Id quod in manum Dei refero (Ibid., p. 520). [10] A ministri! pontificiis matura praoccupatus, deeìaravit se velIe veterem idem tutari (Pallav., Hist. Conc. Trid., I, 80). [11] Seckend., p. 289. 135 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [12] Es ist in 400 Jahren eia christlicher Mann aufgestanden, den wiU der Pabst todt haben (Ibid., p. 288). [13] in bullosis illis tumultibus (Luth., Epp., I, p. 519). [14] Rem totam Deo committerem (lirici., p. 521). [15] Christusista capit, ipse perficiet, etiam me sù'c extincto, sive fugato (Ibid., p. 526). 136 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DECIMO SOMMARIO. — Lutero preparasi a rispondere. — Appello ad un concilio ecumenico. — Lutero brucia la bolla papale. — Signifìcanza di quest' atto. — Dichiarazione di Lutero nell’Academia. — Parole intorno al Papa. — Scritto di Melantone. — Modo con cui Lutero fa sicuri i suoi amici. — Melantone intorno le turbazioni occasionate dalla verità. — Fondamenti degli articoli condannati dalla bolla. — Lutero tutto solo. — Annunzia cose nuove. — Necessità della grazia. — Ritrattazione di Lutero. Ma il dovere lo obbligava a parlare per manifestare al mondo la verità. Roma ha fulminato, e Lutero farà conoscere in qual modo egli accetti tai colpi. Il Papa lo ha escluso dalla cristiana comunione, e Lutero proscriverà il Papa da tutta la cristianità. La parola del pontefice era stata sino a quell’ora onnipossente; Lutero opporrà parola a parola, e il mondo conoscerà quale sia quella che ha maggior potere. « Voglio (diss' egli) porre in quiete » la mia coscienza col rivelare agli uomini il pericolo in cui, sono [1]; » e nel tempo stesso egli si prepara a rinnovare il suo appello ad un concilio universale. Un appello dal Papa ad un concilio era a Roma un delitto; ed è adunque con un nuovo atten tato contro il potere papale che Lutero pretende giustificarsi degli altri già da lui perpetrati. Il dì 17 novembre, un notaio con cinque testimonii, tra' quali era Crucigero, si riunirono alle dieci antimeridiane in una delle sale del convento degli Agostiniani dove abitava Lutero. Ivi il pubblico uffiziale, Sarctor d' Eisleben, postosi al tavolino per distendere la minuta della protesta del riformatore, questi in tono solenne disse in presenza dei cinque testimonii: n Considerato che un concilio ecumenico della cristiana Chiesa » è superiore al Papa, precipuamente per quanto-risguarda la » Fede; » Considerato che il potere del Papa è, non al disopra, ma al disotto della Scrittura, e ch' egli non ha il diritto di scannare » le pecorelle di Gesù Cristo e di gittarle in bocca al lupo: » Io, Martino Lutero, agostiniano e dottore della santa Scrit » tura a Wittemberga, con questa scrittura me ne appello, per » me e per coloro che sono o saranno con me, dal santissimo » Papa Leone ad un futuro concilio universale e cristiano. » Mi appello dal detto Papa Leone, primieramente come da un » giudice iniquo, temerario e tirannico, che mi condanna senza » ascoltarmi e senza esporne i motivi; secondamente, come da » un eretico e da un apostata smarrito, indurato, dannato dalle » sante Scritture, che mi comanda di negare che la.Fede cristiana » sia necessaria nell’uso de' sacramenti [2]; terzamente, come » da un nemico, da un Anticristo, da un avversario, da un » tiranno della santa Scrittura [3], che ardisce opporre le sue parole » a tutte le parole di Dio; in quarto luogo finalmente, come » da un dispregiatore, da un calunniatore, da un bestemmia » tore della santa Chiesa cristiana e di un libero concilio, che » pretende essere un concilio in sè stesso un bel nulla. » Per queste cose io supplico umilissimamente i serenissimi, » illustrissimi, 137 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto eccellenti, magnanimi, nobili, forti, savi e pru » denti signori, Carlo imperatore romano, gli elettori, principi, » conti, baroni, cavalieri, gentiluomini, consiglieri, città e co » munità di tutta la nazione alemanna, di aderire alla mia protesta e di meco resistere ai portamenti anticristiani del Papa, » per la gloria di Dio, per difensione della Chiesa e della dottrina » cristiana, e per la conservazione dei liberi concilii della cristianità; e Cristo, nostro Signore, li rimeriterà abbondevolmente con l’eterna sua grazia. Ma se pur vi fossero di coloro » che dispregiassero la mia preghiera e continuar volessero ad » obbedire al Papa, a quell’empio uomo, anzi che a Dio [4], con la ,i presente intendo riversarne sovr' essi tutte le conseguenze; » chè, in quanto a me, ho fedelmente ammonite le loro coscienze, Deli abbandonerò al supremo giudizio di Dio, siccome fo del » Papa e di tutti i suoi aderenti. » Tale è l’atto di divorzio fatto da Lutero; tale è il modo con cui risponde alla bolla del pontefice. Avvi molto di grave in questa dichiarazione ! Le accuse per lui recate contro il Papa sono gra vissime veramente, ma gittate là non sono con levità di mente. Questa protesta fu vulgata per tutta l’Alemagna, e inviata a quasi tutte le corti cristiane. Lutero frattanto teneva in serbo nella sua mente un più ardito divisamento, sebbenel’atto di protesta paresse il colmo dell’au dacia. Non voleva in niuna cosa lasciarsi da Roma sopraffare. Il monaco di Wittemberga in ogni fatto renderà al sommo pon tefice pane per focaccia. Egli pronuncia parola contro parola, ed alza rogo contro rogo. Il figliuolo dei Medici e quello del minatore di Mansfeld sono discesi nell’arena; e in questa lotta di corpo a corpo che scuote il mondo, l’uno colpo non dà a cui l’altro non risponda di rimando. Il dì 10 dicembre potevasi leggere, affisso ai muri dell’università di Wittemberga, un cartello, in cui pro fessori e studenti erano invitati a trovarsi alle nove della mattina alla Porta Orientale, presso la santa croce. Un gran numero di dottori e di scolari vi convennero; e Lutero, postosi alla loro testa, li condusse al divisato luogo. Quanti roghi furono accesi da Roma papale negli andati secoli ! Lutero vuol farne una applicazione migliore di quella del gran principe romano; trattavasi di distrug gere alcune vecchie carte, e il fuoco (diceva Lutero) è fatto a posta. Un palco erasi preparato, ed uno de' più anzianimaestri in lettere e filosofia sopra vi accese un fuoco. Tosto che alzaronsi le fiamme, Lutero si accostò al rogo, e vi gittò entro il Diritto canonico, le Decretali, le Clementine, le Estravaganti de' papi, ed alcuni scritti di Eck. e di Emser. Consumati che furono questi libri, Lutero prese la bolla del Papa, levolla in alto, e disse : « Poichè tu hai contristato il santo del Signore, il fuoco eterno te » contristi e consumi !» E in questo dire la gittò sulle fiamme. Riposesi poscia tranquillamente in via per rientrare in Wittemberga, e dietro gli tenne la folla dei dottori, de' professori e degli scolari, testificanti con grida la loro approvazione. « Le Deere— » tali (diceva Lutero ) somigliano ad un corpo la cui testa è dolce » come una vergine, le cui 138 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto membra sono piene di violenza, a » modo di un leone, e la coda delle quali è piena di malizie, e a modo di serpente. In tutte le leggi de' papi non avvi una pa » rola che c' insegni chi sia Gesù Cristo [5]. l miei nemici (diss' egli » ancora ) bruciando i miei libri, hanno potuto nuocere alla verità nello spirito del popolo minuto, e perdere le anime; ed è » per questo ch' io ho bruciati i loro libri alla volta mia. Una » grave lotta si è aperta. Io sino a quest' ora sono andato scherzando col Papa. Cominciai quest' opera in nome di Dio, e sarà, » senza di me e per la possanza di Lui, condotta a compimento. » Se ardiscono essi di bruciare i miei libri, ne' quali, per dirlo o senza iattanza, trovasi più Vangelo che in tutti i libri del Papa, » posso ben io, a maggior ragione, bruciare i loro, ne' quali nulla » trovasi di buono. » Se Lutero avesse in tal modo incominciata la Riforma, avreb bela certamente condotta a funeste conseguenze; chè il fanatismo avrebbe potuto prevalere, e gittare la Chiesa in una via di di sordine e di violenza. Ma il riformatore incominciò l’opera sua coll’esporre gravemente i precetti della Scrittura; e a tal modo le fondamenta furono gittate con saviezza. Nel tempo poi di cui scri viamo, un colpo di forza, siccome quello dato da Lutero, potea non solo essere senza sconcio, ma tornare accomodato ad affret tare il momento in cui la cristianità cader vedrebbe le sue ca tene. Lutero dichiarava solennemente così ch' egli segregavasi dal Papa e dalla romana Chiesa; e dopo la sua lettera a Leone X, ciò gli poteva parere necessario. Accettava la scomunica da Roma pronunziata; e faceva sapere al mondo cristiano che era già co minciata una guerra d' ultimo sangue tra lui ed il Papa. Sulla spiaggia bruciava il suo navilio, e ponevasi in volontaria necessità di farsi innanzi e di combattere. Lutero era rientrato, come dicemmo, in Wittemberga; e il dì che venne la sala accademica era più piena del solito. Gli animi erano agitati; e in quest' assemblea scorgevasi alcun che di so lenne; ognuno si aspettava un discorso dal riformatore. Sponeva in quel tempo i Salmi, lavoro per lui cominciato nel marzo dell' anno precedente; e terminata ch' egli ebbe la sua lezione, stette alquanto soprappensiero, poi con molta energia: « Tenetevi bene» in guardia contro le leggi, contro gli statuti del Papa. Ho bru » ciato le Decretali, ma questo non è altro che un giuoco fanciul » lesco. Sarebbe tempo, anzi più che tempo, che si bruciasse il » Papa, volli dire, la romana sede con tutte le sue dottrine, contutte le sue abbominazioni. »Preso poscia un'aria più grave, soggiunse: « Se voi non combattete con tutto l’animo vostro » l’empio governo del Papa, voi non potrete salvarvi. Chiunque » si piacerà della religione e del culto papale, sarà eternamente » perduto nella vita a venire [6]. » « Se rigettasi (aggiunse), bisogna aspettarsi di correre ogni ma ii niera di pericoli, e anche quello della vita. Ma più giova l’es » porsi a siffatti pericoli in 139 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto questo mondo, che lo starsi muti ! » Finchè avrò vita, io dinuncierò a' miei fratelli la piaga e la peste di Babilonia, per paura che molti de' nostri ricadano con gli » altri nell’abisso infernale. » Si può appena appena immaginare l’effetto prodotto negli udi tori da questo discorso, la forza del quale ci rende ammirati. Il sincero studente che ce lo ha tramandato, aggiunge: « Niuno di » noi, se pure non fuvvi qualche melenso privo d' intendimento » (come sono tutti i papisti, pone fra parentesi), niuno di noi » punto non dubita essere in questo discorso la pura verità. Egli » è evidente per tutti i fedeli che il dottore Lutero è un angelo del ii Dio vivente [7], chiamato a pascere della Parola di Dio le peco » relle di Cristo da tanto tempo smarrite. » Questo discorso e l’atto stesso che lo coronò, accennano un' epoca importante della Riforma. La disputa di Lipsia avea inter namente staccato Lutero dal Papa; ma nel momento in cui bruciò la bolla, dichiarò nel più espresso modo la sua intera separazione dal vescovo di Roma e dalla romana Chiesa, e il suo attacca mento alla Chiesa universale, tale qual’era stata fondata dagli apostoli di Gesù Cristo. Lutero fuori della Porta Orientale di Wittemberga accese un fuoco che dura ancora dopo tre secoli. « Il Papa (diceva egli ) ha tre corone, ed eccone la signifìcanza : » La prima è contro Dio, sendochè condanni la religione; la seconda è contro l’imperatore, sendochè condanni il potere secolare; la terza è contro la società, sendochè condanni il ma il trimonio [8]. »Quando sentivasi accagionare di smodata violenza contro il papismo, rispondeva: « Ah ! ch' io vorrei, a vece di » parole, far intendere contro di lui colpi di tuono, vorrei che » ciascuna mia parola fosse una saetta-folgore [9]. » Questa fermezza si trasfondeva ne' famigliari e ne' compatrioti di Lutero; e tutto un popolo a lui si annodava. Verso questo tèmpo Melantone indirizzò agli stati dell'impero un suo scritto, nel quale splendono l’eleganza e la saviezza, pregi peculiari di questo ama bile saputo. In esso rispondeva ad un libro attribuito ad Emser, ma pubblicato sotto il nome di Radino, teologo romano. Lutero stesso mai non parlò con maggior forza; e frattanto, nelle parole di Melantone spira una grazia che le fa passar difilate al cuore de' leggitori. Dopo aver dimostrato con testi scritturali: non essere il Papa superiore agli altri vescovi, dice agli stati dell’impero: « Che » c' impedisce mai di togliere al Papa il diritto che gli abbiamo » dato [10]? Poco importa a Lutero che le nostre ricchezze, anzi i » tesori di tutta l’Europa, siano mandati a Roma ! Ciò che move » il suo ed il nostro dolore è, che le leggi de' pontefici ed il regno » del Papa, non solamente pongono in pericolo le anime degli » uomini, ma le traggono in perdizione. Ciascuno può far giudizio » da sè stesso se gli torni o no dare il suo denaro per mantenere » il fasto romano; ma giudicare delle cose di religione e de' mi » steri divini non è peso per gli omeri de' vulgari. Egli è appunto » in questo che Lutero implora la vostra Fede, il vostro zelo, e » con lui lo implorano tutte l’anime pie, le une ad alta voce, le » altre co' loro gemiti e coi loro sospiri. Principi del popolo cristiano, vi sovvenga che 140 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto siete cristiani, e strappate i poveri » avanzi del cristianesimo alla tirannia dell’Anticristo. V ingan »nano coloro, i quali dannovi a credere non aver voi autorità » niuna contro la chiericìa. Quello spirito stesso che infiammò » Jehu contro i sacerdoti di Baal, vi sprona, con questo antico » esempio, ad abolire la romana superstizione, orribile più assai » della idolatria di Baal [11]. »Così parlava ai principi dell’Ale magna il mansueto Melantone. Alcune grida di spavento si udirono tra li seguaci della Riforma. Parecchi di poco animo ed inchinevoli a soverchi risguardi, Staupitz più di tutti, espressero le maggiori inquietudini. « Tutta » questa faccenda non è stata sinora che un giuoco (scriveva » Lutero a Staupitz). Voi stesso avete detto: Se Dio non fa queste a cose, è impossibile ch' esse si facciano. Il tumulto fassi vieppiù » tumultuoso, nè penso che possa cessare se non nel giorno » finale [12]. »Tal era il modo con cui Lutero sicurava gli animi sgomentati ! Corsi sono tre secoli; e il tumulto non è ancora quietato! « Il papato intanto (continua) non è più quello ch' era ieri e » ieri l’altro. Scomunichi, arda i miei scrini!... mi uccida!... » non arresterà per questo ciò che cammina. Qualche fatto prò1 » digioso bussa alla porta [13]. La bolla ho bruciato, da prima congran tremore; ma ora ne provo il maggior contento che mai » avessi per altre cose da me operate*[14]. » Ci soffermiamo involontarii e ci compiacciamo nel leggere en tro la grand' anima di Lutero tutto l’avvenire che si prepara. « O padre mio (die' egli a Staupitz terminando), pregate per la » Parola di Dio e per me. Sono balzato qua e là da questi flutti » quasi tra i loro gorghi ravvolto [15]. » Così dalle due parti è dichiarato il combattimento, e i combattenti hanno lungi da se gittati i foderi delle loro spade. La Parola di Dio è tornata nell’esercizio de' suoi diritti, e balza dal trono colui ch' erasi posto in luogo di Dio medesimo. Tutta la società si sommuove ! in ogni tempo mai penuria non fu di egoisti, che vorrebbero confortare al sonno l’umana famiglia, immersa nell’errore e nella corruzione; ma i savi, siano pur timidi quanto si voglia, pensano altramente. « Noi sappiamo bene» (dice il dolce e discreto Melantone) che gli uomini di stato » abborriscono da ogni innovamento; e vuolsi pur confessare che » in questa trista confusione, ch' è detta umana vita, le discordie, ed anche quelle che sono mosse dalle cause più giuste, » sono sempre da qualche male contaminate. Frattanto è neces » sario che la Parola ed il comandamento di Dio passino nella » Chiesa dinanzi a tutte le umane cose [16]. Dell’eterna ira sua Dio » minaccia coloro che si sforzano di annientare la verità. Egli » è per questo che Lutero era in dovere (e dovere cristiano da » non potersi intralasciare, precipuamente per esser egli dottore » della Chiesa di Dio) di sgridare i perniciosi errori da effrenati » uomini sparsi a' dì nostri con incredibile impudenza. Se la » discordia è madre di molti mali, siccome io veggo con mio » sommo dolore (aggiunge il savio Filippo), la colpa è di coloro » i quali da principio hanno errori seminati, e di quegli altri, i » quali, pieni d' odio infernale, cercano adesso di mantenerli in » vigore. » Ma tutti non la pensavano ad un modo; e Lutero fu 141 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto oppressalo di rimproveri, e la tempesta da ogni banda si sfogò sopra di lui. Egli è tutto solo ! dicevano gli uni; egli insegna cose nuove ! dicevano gli altri. Nella coscienza della vocazione venutagli dall’alto, Lutero rispondeva: « Chi sa che Dio stesso non m' abbia scelto e chia » mato [17], e che essi, nel disprezzarmi, non abbiano a temere » di dispregiare Dio medesimo?... Nell’uscita di Egitto Mosè d era solo; solo era Elia al tempo del re Acabbo; solo Esaia in » Gerusalemme; solo Ezechiello in Babilonia... Dio non ha mai » scelto per profeta nè il sommo sacerdote, nè qualch' altro gran » personaggio; ma quasi sempre scelse uomini di oscuro nasci » mento e dispregiati, ed una volta un semplice pastore, quale » fu Amos. In ogni tempo i santi hanno dovuto correggere i grandi, i principi, i re, i sacerdoti, i sapienti, e con pericolo » della loro vita.... E nel Nuovo Testamento non avvenne lo » stesso ? Solo fu Ambrosio al tempo suo; solo fu poscia Giro » lamo e solo più tardi Agostino... Io non dico d' essere un » profeta [18]; dico benech' essi devono temere, appunto perchè » sono solo, ed essi molti. Ciò ch' io so di certo si è, che meco » è la Parola di Dio, e ch' essa non è punto punto con loro. » Dicesi pure (continua) ch' io pongo innanzi cose nuove, ed » essere impossibile il credere che tutti gli altri dottori siansi » un sì lungo tempo ingannati. » No, io non predico cose nuove; ma dico che tutte le cristiane i, dottrine sonosi perdute presso queglino stessi che avrebbero » dovuto servarle, voglio dire, i vescovi ed i sapienti. Non dubito » però che la verità siasi annidata in alcune menti, e se non » in altri, ne' bambini [19]. Certo è che, a' dì nostri, poveri lave— ». ratori e semplici fanciulli conoscono Gesù Cristo meglio che » non fanno il Papa, i vescovi ed i dottori... ». Mi si accusa di ricusare l’autorità de' santi dottori della » Chiesa. Punto non la ricuso; ma poichè tutti questi dottori » cercano avvalorare i loro scritti con la santa Scrittura, è d' uopo » ch' essa sia più chiara, più certa di quello che siano i Padri » stessi. E chi penserà mai a provare un discorso oscuro con altro » discorso più oscuro ancora? La necessità adunque è quella che » ci distringe a ricorrere alla Bibbia, siccome fanno tutti i dot d tori, e a chiederle di dar sentenza ella stessa intorno agli » scritti loro; sendochè la Bibbia sola sia signora e maestra. » Ma uomini potenti, si risponde, lo perseguitano. Certo che » si ! E la Scrittura stessa non ci ammaestra forse che i persecu » tori per lo più hanno torto ed i perseguitati ragione, e che i » più sono sempre stati nell’errore ed i meno nella verità? in » tutti i tempi la verità ha sommosso a romore [20]. » Lutero passa poscia in rassegna le proposizioni condannate come eretiche nella bolla, e vere le dimostra con argomenti tratti dalle sante Scritture. Con qual forza precipuamente non difendo egli la dottrina della grazia ! « E che? (die' egli) la natura potrà, prima e senza della grazia, » odiare il peccato, cessarlo e pentirsene, nel mentre che, an » che dopo venuta la grazia, questa natura ama il peccato, lo » ricerca, lo desidera, nè mai cessa di combattere la grazia e » di adirarsi contr' essa; fatto che rende i santi di continuo » lamentosi!... È come se si 142 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto dicesse che un grand' albero, ch' io » non posso piegare coll’adoperarvi tutte le mie forze, flette la » cima da sè quando ho cessato di fargli forza, o che un torrente, » che muri ed argini riversa, s' arresti tosto abbandonato che » sia a sè stesso... No, non è già col meditare sul peccato e » sulle sue conseguenze che si torna a pentimento; ma sibbene » col contemplare Gesù Cristo, le sue piaghe e l’immensa sua » carità [21]. E d' uopo che la conoscenza del peccato derivi dal » pentimento, e non questo da quella. La conoscenza è il frutto, » e il pentimento è l’albero che lo produce. Nelle nostre contrade » i frutti crescono sugli alberi; ma negli stati del santo Pontefice » pare che gli alberi crescano sopra i frutti. » Il coraggioso dottore, sebbeneprotesti, ritratta nondimeno alcune delle sue proposizioni; e lo stupore cesserà quando sa prassi il modo con cui l’ha fatto. Dopo aver citate le quattro proposizioni intorno le indulgenze, e condannate nella bolla [22], aggiunge semplicemente: « in onore della santa e dotta bolla, io ritratto quanto ho mai » insegnato intorno le indulgenze. Se i miei libri furono pure » giustamente bruciati, ciò fu certamente per aver io in essi » fatte alcune concessioni al Papa nella dottrina delle indulgenze; » e per questa mia condiscendenza ora li condanno io stesso alle » fiamme. » In simigliante modo si ritratta per quanto spetta a Giovanni Huss. « Dico adesso tenere per cristiani all’intutto, non già pa » recchi, ma tutti gli articoli di Giovanni Huss. Il Papa nel condannare quest' uomo, ha condannato il Vangelo stesso. Io ho » fatto cinque volte più di quello che Huss facesse, e nondimeno » temo grandemente di non aver fatto a bastanza. Huss stringesi » a dire: che un Papa malvagio non è un membro della cristia » nità; ma io vado più in là, e dico: che se oggidì san Pietro » stesso sedesse a Roma, io negherei ch' egli fosse Papa per » divina instituzione. » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Utmeam conscientiam redimam (Luth., Epp., I, 522). [2] Ab erroneo, indurato, per Scripturas sanctus dannato, haretieo et apostata (Luth., Opp. lat., p. 50; e Opp. (L.), XVII, p. 332). [3] Oppressore totius sacra Scripvura.... (Luth., Opp. lat., II, p. 50; e Opp. (L.), XVII, p. 332). [4] Et Papa, impio homini, plus quam Deo obediant (Luth., Opp. lat., II, p. 50). [5] Luth., Opp. (W), XXII, p. 1493-1496. 143 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [6] Muss ewig in jenem Leben erlohren seyn (Luth., Opp. [L.], XVII, 333). [7] Luthemm esse Dei viventis angelum qui palabundas Christi oves pascat (Luth, Opp. lai., II, p. 123). [8] Luth., Opp. (W.), XXII, p. 1313. [9] Und egli jeglich Wort eine Donneraxt ware (Ibid., p. 1350). [10] Quid obstat, quominus Papa quod dedimus jus adimamust (Corp. Ref., I. 337.) [11] Ut extinguaris illam, multo tetriorem Baalis idolatria, romanam superstitionem (Corp. Ref., I, 337). [12] Tumultus egregie tumultuatur, ut nisi extremo die sedati mihi posso non videatur (Luth., Epp., I, p. 541). [13] Omnino aliquid portenti pm foribusest (Ibid., p. 542). [14] Qual sentimento dell’avvenire ! 1 Primum trepidans et orans, sed nunc Iatior quam ulto totius vita: meai facto (Ibid ). [15] Ego fluctibus his rapior et volvor (Luth., Epp., I, p. 542). [16] Sed tamen in Ecclesia necesse est anteferri mandatum Dei omnibus rebus humanis (Helant., Vita Luineri). [17] Wer weiss ob mieli Gott dazu berufen und erwahlt batte. — Fondamento degli articoli condannati dalla bolla di Roma (Luth., Opp. [ L.], XVII, 338) [18] Ich sage nicht dass Ich egli Prophet sey (Ibid.). J [19] Und sollten's eitel Kinder in der Wiege seyn (Ibid., p. 339). [20] Wahrheit hai allezeit rumort (Luth., Opp. (L.), XVII, 340). [21] Man soli zuvor Christum ìd seine Wunden sehen, urul aus denselben seine Liebe gegen uns (Ibid., p. 351). [22] 19 a 22 (Luth., Opp. fi.], XVII, p. 363). 144 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO UNDECIMO SOMMARIO. — Incoronazione di Carlo Quinto. — Il nunzio Aleandro — Passi de' nunzi presso l’imperatore contro Lutero ed i libri di lui. — Udienza data ai nunzi dall’elettore. — Difficile condizione dell’elettore. — Giovanni Federico, suo nipote, parla in favore di Lutero. — Confidenza del riformatore. — Risposta dell’elettore ai nunzi. — Loro indignazione. — Erasmo, capo della mediana fazione in Colonia. — Suoi timori. — Erasmo presso 1' elettore. — Franche dichiarazioni. — Suoi consigli e sua politica. — Sistema di Carlo Quinto. Le possenti parole del riformatore io ogni mente aprivansi la via, e valevano a renderle libere; e la scintilla che usciva da ciascheduna di esse all’intera nazione si comunicava. Ma rimaneva a solversi una gran quistione; ed era di sapere: se il principe, ne' cui stati Lutero dimorava, avrebbe francheggiata l’esecuzione della bolla o se invece vi si sarebbe opposto. Gli animi in questo pendevano incerti e dubitosi. L’elettore trovavasi allora, in uno con tutti i principi dell’impero, in Aquisgrana, dove la corona di Carlomagno fu posta sul capo del più giovane. ma del più potente monarca della cristianità. In questa cerimonia sfoggiossi una pompa ed una magnificenza appena credibili. Carlo Quinto, Federico, gli altri principi, i ministri e gli ambasciatori recaronsi tosto dopo a Colonia, sendochè la peste manifestata si fosse in Aquisgrana, la cui popolazione detto sarebbe si che fessesi tramutata intera in quell’antica città sedente sulle rive del Reno. Tra la calca de' forestieri che stipavansi allora in Colonia, trovavansi i due nunzi del Papa, Marino Carracioli e Girolamo Aleandro. Carracioli, stato in altri tempi inviato presso Massimiliano, era incombenzato di complimentare il nuovo imperatore e di trattare con lui politici negozi. Ma Roma erasi avvisata che per condurre a buon fine l’estinzione della Riforma, bisognava mandare in Alemagna un nunzio specialmente incaricato di questa faccenda, e che fosse uomo d' una natura, d' un' accortezza e di un' operosità acconce a condurla a compimento. Cadde la scelta sopra Meandro [1], che più tardi fu onorato della porpora romana. Pare che fosse di antico casato, e non giànato da parenti ebrei, sic come fu detto. Il malvagio Borgia lo chiamò a Roma per farlo se cretano del suo figliuolo, di quel Cesare, il cui ferro micidiale tutta la santa città poneva in terrore [2]. « Servitore degno di un » tal padrone ! » dice uno storico, che paragona Aleandro con Alessandro VI; giudizio che pare a noi troppo severo ! Morto il Borgia, Aleandro s'intese agli studii con novello ardore, e la sua perizia in lettere greche, ebraiche, arabe e caldee, gli valse la fama di uno de' maggiori eruditi del suo secolo. Applicavasi con gran passione a ciò ch' egli imprendea, sicchè se fu zelante nello studio delle lingue antiche, nol fu meno nel perseguitare la Riforma. Leone X lo prese alli suoi servigi. Gli storici protestanti parlano de' suoi costumi epicurei, nel mentre che gli storici romani ne esaltano la integrità della vita [3]. Pare, in 145 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto sostanza, ch' egli amasse il fasto, e l’apparere e gli spassi. Erasmo, suo antico famigliare, dice: « Aleandro visse in Venezia da basso epicureo » ed in alte dignità. »Tutti poi si accordano nel riconoscere in lui un uomo veemente, pronto nell’operare, pieno di ardore, infaticabile, soprastante, e devoto al Papa. Eck è il focoso ed intrepido campione della scuola; ed Aleandro, il superbo ambasciatore dell’orgogliosa corte de' pontefici. Parea fatto a posta per essere nunzio. Roma aveva tutto preparato per perdere il monaco di Wittemberga. Il dovere di assistere all’incoronazione dell’imperatore era per Aleandro una incumbenza secondaria, ma acconcia ad agevolare l’altr' opera sua, per la estimazione che gli procacciava. Egli era sostanzialmente incumbenzato di recare l’imperatore a schiacciare la nascente Riforma « Il Papa (avea egli detto a Carlo » nel presentargli la bolla), il Papa che ha saputo spuntarla contanti e sì grandi principi, saprà ben condurre al dovere tre » grammatici; » ed accennava a Lutero, ad Erasmo ed a Melantone. Erasmo trovossi presente a questa udienza.[4] Giunto appena in Colonia, Aleandro, in uno conCarracioli, mosse ogni susta per far bruciare per tutto l’impero, e precipuamente in Colonia sotto gli occhi de' principi d' Alemagna, gli scritti eretici di Lutero. Carlo Quinto vi aveva già Consentito per li suoi stati ereditarii; ma il fatto, dal nunzio ora proposto, gli animi gran demente agitava. Il perchè fu detto ai ministri imperiali ed ai nunzi medesimi: « Siffatte disposizioni, lungi dal guarire la piaga, d non faranno che esasperarla vieppiù. Pensate voi che la dottrina di Lutero si trovi unicamente chiusa ne' libri che dar volete alle » fiamme? Essa sta scritta in luogo che voi non sapreste immaginarvi, vogliamo dire, nel cuore della nazione [5]. Se volete » aver ricorso alla forza, vi bisogneranno innumerevoli spade » perisgozzare un popolo immenso [6]. Alcuni pezzi accatastati di legno per consumare alcuni fogli di carta, non tornerannovi a niun pro; ed armi siffatte offendono alla dignità dell’imperatore » ed a quella del pontefice. »— Il nunzio ciononpertanto faceva a' suoi roghi l’apologia: « Queste fiamme (diceva) sono una sen » tenza di condanna scritta in caratteri giganteschi, intelligibili » del pari ai vicini ed ai lontani, ai sapienti ed agl’ignoranti, ed » anche a tutti coloro che leggere non sanno. » Ma, in sostanza, di carte e di libri poco sollecito era il nunzio, e ciò che forte gli stava all’animo era la persona stessa di Lutero. » Queste fiamme (soggiunse) bastar non possono a purificar l'aria » infetta dell’Alemagna [7]; chè se esse sgomentano i semplici, non » giovano a correggere i malvagi. Un editto dell’imperatore contro il capo di Lutero stesso, ecco quanto è necessario [8]. » Aleandro non trovò l’imperatore tanto arrendevole quando si trattò della persona del riformatore, quanto docile s' era mostrato riguardo ai libri di lui. « Salito appena sul trono (rispose ad Aleandro) io non posso » calar si gran colpo sopra una sì immensa fazione che fa siepe a » sì validi difensori, senza interrogare 146 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto l’avviso de' miei consiglieri, senza ottenere il consenso de' principi. Incominciamo » dal sentire ciò che pensi di questa faccenda il padre nostro » l'elettore di Sassonia, e poscia vedremo quale risposta s'abbia » da fare al Papa [9]. »Egli è adunque presso l’elettore che i due nunzi vanno a far prova dei loro artifizii e del potere della loro eloquenza. La prima domenica di novembre avendo Federico assistito alla messa nel convento de' Cordelieri, Carracioli ed Aleandro gli fecero chiedere udienza. Egli li ricevette in presenza del vescovo di Trento e di molti suoi consiglieri. Carracioli incominciò dal presentargli il breve del Papa; e, di natura più mite di Aleandro, pensò doversi il principe gratificare con lusinghe; quindi si pose ad esaltare con magnifiche lodi Federico e gli antenati di lui. Terminò il suo discorso col dire: « Egli è in voi che Roma » spera per la salvezza della Chiesa romana e dell’impero romano. » Ma il subitano Aleandro volendo andar per le corte, fecesi bruscamente innanzi, ed interruppe il suo collega, che gli cesse modestamente la parola [10]. « A me e ad Eck (diss' egli) fu affidata » la faccenda di Martino. Considerate i pericoli immensi ne' quali » quest' uomo piomba la repubblica cristiana. Se non si corre » tosto a rimediarvi, l’impero può tenersi per ispacciato. Per » qual cagione sono i Greci caduti ? per avere abbandonato il Papa. » Voi non potete rimanervi unito a Lutero, senza separarvi da » Gesù Cristo [11]. Due cose io vi chieggo in nome di Sua Santità: » la prima, che facciate bruciare gli scritti di Lutero; la seconda, v ch' egli sia per voi punito col supplizio che merita, o, se non » altro, che lo consegniate nelle mani del Papa [12]. L’imperatore e » tutti i principi dell’impero sonosi dichiarati pronti ad aderire » alle nostre domande; voi solo indugiate ancora » Federico fece rispondere dal vescovo di Trento: « Questo fatto » è troppo grave per non potersi decidere così su due piedi. consulteremo, poi vi faremo conoscere la nostra risoluzione. » Difficile veramente era la condizione in cui Federico era posto. Qual partito prenderà egli ? Da una parte stanno l’imperatore, i principi dell’impero e il sommo pontefice della cristianità, all' autorità del quale l’elettore non pensava ancora a sottrarsi; dall' altra, un monaco, un monaco tapinello, sendochè Roma non do mandasse altri che lui. Il regno di Carlo incominciava allora Allora; e sarà Federico, il più anziano, il più savio di tutti i principi dell’Alemagna, che gitterà la disunione nell’impero ? E d' altra parte, potrà egli rinunziare a quell’antica pietà che lo trasse sino al sepolcro di Gesù Cristo ?.. . Altre voci si alzarono allora in favore di Lutero. Un giovane principe, che più tardi cinse la corona elettorale, Giovanni Federico, figliuolo del duca Giovanni e nipote dell’elettore, allievo di Spalatino, in età d' anni diciassette, e il cui regno fu segnalato per grandezza d' infortunii, aveva in cuore ricevuto un grande amore per la verità, ed era affezionatissimo a Lutero Quando lo vide colpito dai romani 147 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto anatemi, abbracciò la causa di lui con tutto l’ardore di un giovine principe e di un giovine cristiano [13]. Scrisse al dottore, scrisse al proprio zio, e questo sollecitò con nobiltà d' animo a proteggere Lutero contro i suoi nemici. In altra parte Spalatino, sebbene spesso fosse sfiduciato, e Pontano e gli altri consiglieri ch' erano con l’elettore a Colonia, facevano in tendere a Federico ch' egli non poteva abbandonare il Riformatore [14]. In questa universale agitazione un sol uomo serbavasi imperturbato, ed era Lutero. Nel mentre che cercavasi di salvarlo coli' influenza de' grandi, il monaco, nel suo chiostro di Wittemberga, pensava che a lui più presto spettava di salvare questi grandi della terra. « Se il Vangelo (scrisse egli a Spalatino) fosse di tal » natura, da poter essere propagato o mantenuto dai potenti di questo mondo, Dio non lo avrebbe affidato a pescatori*[15]. Ai » principi ed ai pontefici di questo secolo non si aspetta il difendere la Parola di Dio; chè essi hanno molto a fare per cessare i » severi giudizi di Dio e del suo Unto. Se io parlo, sì il fo, affinchè essi ottengano conoscenza della divina Parola, e siano per » essa fatti salvi. » L’aspettazione di Lutero non doveva essere delusa; chè quella Fede, la quale un monastero di Wittemberga si ricettava, nel pa lagio di Colonia esercitava la sua possanza. Il cuore di Federico, stato forse un momento scrollato, si andava viemaggiormente afforzando; e fremeva al solo pensiero di dare un innocente nelle mtini crudeli do' suoi nemici. La giustizia più presto che il Papa, ecco la massima per lui accettata ! Il giorno 4 di novembre i suoi consiglieri significarono in suo nome ai nunzi romani, riuniti presso l’elettore, e in presenza del vescovo di Trento: aver egli veduti con inestimabile dispiacere il dottore Eck abusare dell' assenza sua per inviluppare nella condanna diversi personaggi non menzionati nella bolla; essere possibile, che dopo la sua par tenza dalla Sassonia un immenso numero di sapienti, d' ignoranti, di ecclesiastici e di laici si fossero uniti ed avessero aderito alla causa ed all’appello di Lutero [16]; che nè Sua Maestà Imperiale, nè altri mai gli avevano mostrato che gli scritti di Lutero fossero stati confutati, e che altro più a farsi non rimanesse che ad ar derli; e che chiedeva, da ultimo, che il dottore Lutero, munito di un salvo-condotto, potesse comparire dinanzi a giudici sapienti, pii e senza amore di parIe. Udita questa dichiarazione, Aleandro, Carracioli e coloro elio facevanli codazzo, si ritirarono per deliberare [17]. Era la prima volta che l’elettore faceva conoscere le sue intenzioni riguardo al riformatore; e i nunzi eransi tutt' altro aspettato da lui. Roma aveva pensato che, continuando l’elettore a tenersi neutrale, tratti avrebbe sopra di sè pericoli tali da non saperne egli pre vedere l’estensione, e che allora non avrebbe punto indugiato a sacrificarle quel monaco. Ma le sue arti furbesche romper dove vano a duro scoglio, contro una forza, vogliamo dire, da essa non calcolata: l’amore della giustizia e della verità. 148 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ammessi i nunzi novellamente alla presenza de' consiglieri di Federico, l’altero Aleandro disse loro: « Vorrei ben sapere che » penserebbe l’elettore, se uno de' suoi soggetti scegliesse per » suo giudice il re di Francia o qualch' altro principe straniero. » Avvedutosi da ultimo che nulla giovava a rimuovere dal loro proposito i sassoni consiglieri, disse Aleandro: « Noi faremo » eseguire quanto è prescritto dalla bolla; noi perseguiteremo » e brucieremo gli scritti di Lutero. Per quanto risguarda poi la » persona di lui (aggiunse con simulata e spregiante indiffe » renza), il Papa punto non si cura di bruttarsi le mani nel » sangue di quel malvagio. » Giunta a Wittemberga la notizia della risposta data ai nunzi dall’elettore, gli amici di Lutero allegraronsi grandemente. Me lantone ed Amsdorff, sopra gli altri, abbandonaronsi alle più lusinghiere speranze. « La nobiltà alemanna (disse Melantone) si » governerà in ugual modo, confortata dall’esempio di questo » principe, ch' ella seguita in ogni cosa, come suo Nestore. Se » Omero chiamava il suo eroe il muro de' Greci, perchè non » chiameremo noi Federico il muro dei Germani [18] ? » Erasmo, l’ oracolo delle corti, la fiaccola delle scuole, la luce del mondo, si trovava allora in Colonia, dove parecchi principi lo avevano chiamato per consultarlo. Nell’epoca della Riforma Erasmo fu il capo della mediana fazione; almeno egli s' immaginò d' esser tale, ma erroneamente; chè dove la verità e l’errore trovansi a fronte, la giustizia non istà nel mezzo. Egli era il caporale di quella setta di filosofi e professori di università, che da secoli s' era intesa a correggere Roma, senza potervi mai riuscire. Era il rappresentante della sapienza umana; ma questa sapienza era troppo fiacca per abbattere le superbe altezze del papato. Bisognava quella sapienza di Dio, dagli uomini spesso chiamata follia, ma alla cui voce crollano i monti. Erasmo non voleva nè gittarsi nelle braccia di Lutero, nè sedersi a' piedi del Papa. Stavasi intra due, e spesso ondeggiava tra questi due poteri, tratto alcuna fiata verso Lutero, poi d' improvviso riso spinto verso il Papa. In una sua lettera all’arcivescovo di Ma gonza, egli s' era dimostrato partigiano di Lutero: « L’ultima » scintilla di cristiana pietà sembra a spegnersi vicina (avea scritto » ad Alberto), ed ecco la cagione che ha commosso il cuore di » Lutero; egli non si cura nè di oro, nè di onori [19]. » Ma questa lettera, dall’imprudente Ulrico di Hutten pubblicata, diede tanta noia ad Erasmo, ch' egli si propose fermamente di operare più consideratamente nel tempo a venire. Per altra parte, era accu sato di consorteria con Lutero, e questi lo offendeva con impru denti discorsi. « Quasi tutti gli uomini dabbeneparteggiano per » Lutero [20] (diceva); ma io scorgo che noi c' incamminiamo verso » una ribellione.... Non vorrei che il mio nome si trovasse mai » congiunto al suo; chè ciò mi nuoce, senza fare verun pro a » Lutero .*[21] » 149 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto — « Sia pure così (rispose il riformatore); se ciò vi » riesce molesto, io vi prometto di non fare più mai menzione » di voi, nè di alcuno de' vostri amici. »Tale era l’uomo a cui s' indirizzavano gli amici ed i nemici del riformatore. L’elettore, fatta ragione che il parere di un uomo cotanto rispettato, qual era Erasmo, sarebbe di una grande autorità, invitò l’illustre Olandese a recarsi da lui; ed Erasmo vi andò. Correva il dì 5 dicembre; e gli amici di Lutero da questo abboc camento furono posti in secrete inquietudini. L’elettore stavasi seduto al fuoco con allato Spalatino, quando Erasmo entrò. « Che » pensate voi di Lutero? » senza tanti preamboli gli domandò [22]' elettore. Il prudente Erasmo, sorpreso da una domanda sì diretta, cercò da prima di cessare la risposta; torceva la bocca, inordevasi le labbra, nè dicea verbo. Allora Federico, fatti grand' occhi, siccome solea, al dire di Spalatino, quando parlava ad alcuno da cui voleva una ricisa risposta, fissò sguardi fulmi nanti sopra di Erasmo [23]*. Questi, non sapendo a qual modo uscire da quell’impaccio, disse finalmente in tono semi-faceto: « Lutero » ha commessi due gran peccati, sendochè abbia attaccato e la » corona papale e il ventre de' frati » L’elettore sorrise, ma fece intendere al suo interlocutore ch' egli parlava seriamente. [24] Erasmo allora, posta da banda ogni ritenutezza, disse: « Sor » gente di tutta questa faccenda è l’odio che portano i monaci » ai buoni studii, e il timore che hanno di veder terminare la » loro tirannia. Che posero essi in opera contro Lutero? clamori, » cabale, odii e libelli. Più un uomo è virtuoso e stretto alla » dottrina del Vangelo, e meno avverso lo vediamo a Lutero [25]. » L’asperità della bolla ha mosso a sdegno tutti gli uomini dab » bene, e niuno ha potuto ravvisarvi la dolcezza di un vicario » di Gesù Cristo [26]. Di tante università due sole hanno condan »nato Lutero, e si aggiunga che lo hanno condannato senza » convincerlo. Non istiamo ad illuderci; chè il pericolo è mag » giore di quello che stimisi per alcuni. Diffìcili ed ardui casi ci » stanno alle porte [27]*... Incominciare il regno di Carlo con un atto » cotanto esoso qual sarebbe la cattura di Lutero, sarebbe cosa » di sinistro augurio. Il mondo ha sete dell’evangelica verità8, » e guardiamoci benedall’opporgli una colpevole resistenza. » Facciasi esaminare la bisogna da uomini gravi e di un sano » giudizio; e questo è quanto dar si possa di più conveniente » alla dignità del Papa stesso. [28]» Così parlò Erasmo all’elettore; e una tale franchezza farà forse stupore; ma Erasmo sapeva a chi parlava a tal modo. Spalatino ne fu tutto confortato; e volle accompagnare Erasmo sino a casa il conte di Nuenar, proposto di Colonia, ospite dell' illustre Olandese. Questi, in un libero abbandono, entrato che fu, prese la penna, si assise, scrisse il compendio di quanto avea detto all’elettore, e consegnò questa carta a Spalatino. Ma la paura di Aleandro non tardò ad indonnarsi di lui; il coraggio, che dato gli aveva la presenza dell’elettore e del cappellano di lui, venne meno, e supplicò Spalatino a rimandargli il suo scritto troppo ardito, nel timore che cader potesse nelle mani del terribile Aleandro. Ma non era più tempo. 150 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto L’elettore, fatto più forte dall’opinione di Erasmo, parlò in modo piò. riciso all’imperatore. Erasmo stesso si sforzò in conferenze notturne [29], siccome in altri tempi quelle di Nicodemo, di persuadere ai consiglieri di Carlo, che bisognava rimettere tutta questa faccenda a giudici senza amore di parte. Forse sperava di essere nominato egli stesso arbitro in questa causa, che minac ciava di dividere in parti il mondo cristiano; e la sua vanità stata sarebbe molto lusingata da un tal fatto. Ma nel tempo stesso, per non guastare i suoi fatti con Roma, scrisse lettere le più offi ciose, le più umili a Leone X, il quale rispondevagli benevol mente, cosa che poneva alla tortura il povero Aleandro [30]. Per l’amore ch' egli portava al Papa, volontieri lo avrebbe ripreso, sendochè Erasmo facesse vedere queste lettere di Leone a crescere la propria considerazione. « Fingete (era gli scritto) di non addarvi » della malvagità di quest' uomo; la prudenza lo vuole; e conviene lasciare aperta una porta al pentimento [31]. » Carlo-Quinto accettò un sistema piaggiatore, che consisteva nel piegarsi ora all’una ed ora all’altra parte secondo che richie devano i bisogni del momento; ed ora il Papa, ora l’elettore lusingava. I suoi ministri diedero bellamente ad intendere ad Aleandro il modo di governarsi che il loro signore voleva segui tare. « L’imperatore (gli dissero) si condurrà verso il Papa a quel » modo che il Papa verso l’imperatore; chè egli non ama veder » crescere la potenza degli emoli suoi, e precipuamente del re » di Francia » A queste parole l’albagioso Aleandro allentò il freno alla sua indignazione, e rispose: « E che? datosi anche » il caso che il Papa abbandonasse l’imperatore, dovrà questi » abbandonare la religione? Se Carlo intende vendicarsi a tal » modo ch' egli tremi ! questa viltà ricadrà sopra di lui.[32] »Ma queste minacce del nunzio punto non commossero i ministri im periali. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Studium flagrantissimum religionis, ardor indolis incredibile quanta solertia (Pallav., Hist. Conc. Trid.. l,84). [2] Capello, ambasciator veneto in Roma nel 1500, dice di lui: «Tutta » Roma trema di esso ducha non li fazza amazzar...» (Relazione ms. tratta da Ranke dagli Archivi di Vienna). [3] Er wird iìbel als egli gebohmer .lude und schandlicher Epicurer Be schiieben (Seckend., 288). — Integrita.* vita; qua pramoscebatur (Pallavicini, loc. cit.). 151 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [4] Cui tota sollicitudo inniteretur nascentis haresis evellenda (Pallav. Hist. Corte. Trid., I, 83). [5] Altiusque insculptam in mentibus universa fere Germania (Ibid., p. 88). [6] in vi innumerabilium gladiorum quiinfinitum populum trucidarent (Ib ). [7] iVon satis ad cxpurgandum aerem Germania jam tabificum (Pallav.,iwit. Cnnc. Trid.. I, p. 89). [8] CcBsaris edictum in eaput.... Lutheri (Ibid.). [9] Audiamus antea hac in repatrem nostrum Fredcricum (Luth., Opp. lat., lì, p. 117). [10] Cui ila loquenti de improviso sese addit Aleander (Luth., Opp. lai., II,117). [11] Non posse ami Luthero conjungi, quin sejungeretur a Christo (Pallav., Hist. Condì. Trid., p. 86). [12] Ut de eo supplicium sumeret, vel captum pontifici 1ransmitterel (Luth., Opp. lai., II, p. 117). [13] Sonderliche Gunst und Gnade zu mir und wirdiglich, und den grossen Willeu und Lust zu der heiligen gòttlichen Wahrbeit..... (Lutli., Epp., I, 548, a Giovanni Federico, 30 ottobre 1520). [14] Assiduo flabello ministrorum, Mi jugiter suadentium ne Lutherum dese reret (Pallav., Hist. Condì. Trid., I, 86). [15] Evangelium si tale esset, quod potentatibus mundi aut propagaretur, aut servaretur, non illud piscatoribus Deus demandasset (LutIi., Epp., I, p. 521). [16] Ut ingens vis populi, doctorum et rudium, sacrorum et profanorum sese, conjunxerint (Luth., Opp. lat., II, p. 116). [17] Quo audito, Marinus et Aleander seorsim cum mis locuti sunt (Ibid., 1 17), [18] Homerica adpellatione mururn Germania (Corp. Bef., I, p. 272). [19] Et futurum erat.... ut tandem prorsus extingueretur Ma scintilla chris tiana: pietatis; hac moverunt animum Lutheri qui nec honores ambit, nec pecuniam cupit (Erasm., Epp. Londoni, 1642, p. 586). 152 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [20] Faventvero ferme boni omnes (Corp. Ref., I, 205). [21] Er will von mir ungenennt seyn (Luth., Epp., I, 525). [22] Namearesme gravat, et Lutherum non sublevat (Corp. Ref., 1, 206). [23] Da sperret auch wahrlich megli gnàdigster Herr seine Augen nur wohl auf... (Spalatino, Hist. ms., in Seckend., p. 291). [24] Lutherus peccavit in duobus, riempe quod tetigit coronarti pontificis et ventre* monachorum (Veggasi il volume I°). [25] Cum optimus quisque et evangelica doctrina proximus dicatur, minime offensus Luthero (Axiomata Erasmi, in Luth., Opp. lat., II, p. 115). [26] Bulla; saivitia probos omnes offendit, ut indigna mitissimo Christi vicario (Ibid.). [27] Urgent ardua negotia (Ibid.). [28] Mundus sitit veritatem evangelicam (Ibid.). [29] Sollicitatis per nocturnos congressus (Pallav., Hist. Conc. Trid., I, p. 87). [30] Qua male torquebant Aleandrum (Ibid.). [31] Prudentis erat eonsilii, hominis pravitatem dissimulare (Ibid., p. 88 ). [32] Casarem ita se gesturum erga Pontifìcem, uti se Pontifex erga Casarem gererel (Pallav., Hisl. Cone. Trid., I, 88). 153 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DUODECIMO SOMMARIO. — Persecuzione nel confessionale. — Lutero intorno la confessione (Unterricht der Beichtkinder). — Manifestazione dell’ Anticristo contro Catarino. — Entusiasmo in pro di Lutero. — Satire. — Ulrico di Hutten. — Grido sull’arsione di Lutero. — Incisioni di Luca Cranach. — Uno scritto di Emser. — Il cardinale a Wittemberga. — Staupitz è intimorito. — Lavori di Lutero. — Sua fermezza. — Sua umiltà. — Forza della Riforma. Se i legati di Roma mal riuscivano ne' loro intendimenti presso i grandi della terra, gli agenti inferiori del papato giungevano a recar turbazione tra il popolo minuto. La milizia di Roma aveva inteso il comando del suo capo, e preti fanatici servivansi della bolla per isgomentare le coscienze. Verano pure Onesti eccle siastici, i quali, per essere di poca levatura, avvisavano sacro loro dovere di operare in ordine alle papali istruzioni. Nel con fessionale aveva Lutero incominciata la lotta contro Roma [1]; e nel confessionale questa impegnò battaglia contro i seguaci del riformatore. Derisa e schernita pubblicamente dalla nazione, la bolla divenne possente in questi solitarii tribunali. « Avete voi » letti gli scritti di Lutero? (domandavano i confessori) gli avete » voi? li credete veritieri od eretici? » Se il penitente esitava a pronunciare l’anatema, il confessore non facevagli l’assoluzione. A tal modo molte coscienze erano turbate, e l’agitazione tra il popolo si fece grande; e quest' abile spediente ricondurrà sotto il giogo papale intere popolazioni ch' erano già fatte seguaci dell' evangelica dottrina. Roma si compiace di avere eretto nel se colo XIII questo tribunale destinato a render serve della chierirìa le coscienze libere de' cristiani [2]. Finchè rimane in piedi, il suo regno non è finito ! Lutero intese queste cose; ma solo com' era, che fare per istornare quest' opera di subillamento ? La parola, una parola altamente ed animosamente pronunciata, sarà l’arma sua; essa andrà a cercare queste coscienze inquietate e quest' anime sbi gottite, e le afforzerà. D' uopo era dare una valida spinta, e Lutero fece intendere la sua voce. Con coraggiosa fierezza s' indirizzò ai penitenti, e parlò con quel nobile disdegno che non si cura di qualsivoglia secondaria considerazione. « Quando vi si domanda » (diss' egli) se voi approvate o no i miei libri, rispondete: Voi » siete un confessore, non già un inquisitore o un carceriere. » Mio debito è di confessare ciò che mi viene suggerito dalla » mia coscienza; e il vostro non è quello di scandagliare i secreti » del mio cuore. Fatemi l’assoluzione, poi recatevi a disputare » con Lutero, col Papa e con chiunque vi aggrada; ma non istate » a fare del sacramento della penitenza una querela, un combattimento. — Se il confessore non vuol capacitarsene, in tal » caso (continua Lutero) farei senza della sua assoluzione. Nè » state per questo a porvi in affanno; chè se l’uomo non vi as » solve, Dio vi assolverà. Consolatevi di essere da Dio stesso » assoluti, e senza timore accostatevi al sacramento dell’altare. » Toccherà poi al confessore nel giudizio finale a render conto » della ricusatavi assoluzione. I sacerdoti possono bene1 ricusarci » il sacramento, non già privarci della forza e della grazia che » Dio gli ha conferite. Non 154 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto è nel volere nè nel potere di essi, ma » sibbene nella nostra Fede, che Dio ha riposta l’eterna salute. » Lasciate da banda sacramento, altare, sacerdote e chiesa; la il Parola di Dio condannata nella bolla, vale più assai di tutte » queste cose. Del sacramento l’anima può far senza, ma non » può vivere senza la Parola. Cristo, il vero vescovo, avrà cura » di nutrirvi spiritualmente « [3] A tal modo la voce di Lutero penetrava nelle famiglie e nelle inquiete coscienze per dar loro animo e Fede. Ma a lui non bastava il difendersi; chè sentiva il bisogno di assaltare e calar colpo sopra colpo. Ambrogio Catarino, teologo romano, aveva scritto contro di lui; e Lutero disse: « Moverò la bile di questa bestia » italiana [4]; » nè mancò di parola. Nella sua risposta provò con rivelazioni di Daniele, di san Giovanni, di san Paolo, di san Pietro e di san Giuda, che il regno del Anticristo, predetto e descritto nella Bibbia, era appunto il papato. « So di certo (dice » terminando) che nostro Signor Gesù Cristo vive e regna; e forte » di questa certezza io non temerei parecchie migliaia di papi. » Ci visiti una volta Iddio secondo l’infinita sua potenza, e faccia » splendere il giorno nella venuta gloriosa del suo Figliuolo, » nella quale sperderà il malvagio; e tutto il popolo dica: Così » sia [5] ! » Tutto il popolo rispondeva: così sia ! e un santo spavento l’anime ricercava; chè ognuno vedeva l’Anticristo seduto sul trono pontificio. Questo novello pensiero, grandemente avvalorato dalle descrizioni de' profeti, gittato da Lutero tra li suoi contemporanei, recò a Roma piaga micidiale. La Fede nella Parola divina prendea il luogo della Fede nella Chiesa romana, e il potere del Papa, stato sì a lungo l’obbietto delle adorazioni del po polo, era per questo fatto segno di odio e di terrore. [6] L’Alemagna rispondeva alla bolla papale col circondare Lutero delle sue acclamazioni. La peste affliggeva Wittemberga, e non dimeno ogni giorno vi si vedevano giugnere nuovi studenti, in guisa che quattrocento a seicento uditori solevansi quotidiana mente trovarsi nelle sale dell’università a' piedi di Lutero e di Melantone. La Chiesa degli Agostiniani e quella della città erano rese troppo anguste per la folla accorrente per raccogliere con gran bramosia le parole del riformatore. Il priore degli Agosti niani tremava dalla paura di veder questi due templi crollarsi sotto il pondo degli uditori Ma questo movimento degli animi non istavasi tutto rinchiuso tra le mura di Wittemberga; esso per correva tutta l’Alemagna; e principi, signori e dotti scrivevano da ogni banda a Lutero lettere piene di consolazione e di Fede. Più di trenta furono da Lutero mostrate a Spalatino [7]. Il margravio di Brandeburgo giunse a Wittemberga con molt' altri principi, per visitarvi Lutero, il quale disse in proposito: « Essi hanno voluto veder l’uomo [8]. »E nel vero, ognuno voleva veder l’uomo la parola del quale i popoli commoveva e faceva tremare sul proprio soglio il pontefice dell’Occidente. L’entusiasmo degli amici di Lutero cresceva ogni dì più. « O » inaudita follia di Emser (sclamava Melantone), nell’osare di » venire al paragone dell’armi col nostro Ercole, non avvistato » il dito di Dio nelle cose operate da Lutero [9]*, siccome nol vide » il re 155 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto degli Egizii nell’opere di Mosè ! » Il mansueto Melantone trovava possenti parole per ispronare coloro che a lui parea das sero indietro o rimanessero stazionarii. « Lutero si è alzato per la » causa della verità (scriveva a Giovanni Hesse ), e tu in questo » mentre te ne stai silenzioso! ... Egli respira ancora, prospera » ancora, sebbeneLeone si sdegni e frema. Considera essere im » possibil cosa che la romana empietà si conduca ad approvare » il Vangelo [10]. E come mai in questo tempo inimico potrebbero » mancare i Giuda, i Caifassi, i Pilati e gli Erodi? Armati adun » que della potenza della Parola di Dio contro siffatti avver» sarii. » Vera di più. Satire mordaci contro i principali oltramontani aggiravansi per le provincie dell’impero. Ulrico di Hutten era infaticabile in questo; e scriveva a Lutero, ai legati, agli uomini più noti e più sommi dell’Alemagna. In una delle sue pubblicazioni diceva al legato Carracioli: « Ti dico e ti ridico, o Marino, » che le tenebre con cui oscuraste gli occhi nostri, sonosi dissipaté; il Vangelo è predicato, la verità è annunziata, le fra » scherie romane sono coperte di dispregio, i vostri decreti lan » guono e si muoiono, la libertà incomincia [11] » Nè tenendosi contento alla prosa, Ulrico ai versi ricorse, e pubblicò i suoi Gridi sull’arsione di Lutero [12]. Richiamandosi a Gesù Cristo, lo scongiura a struggere col fuoco de' suoi sguardi co loro che ardiscono disconoscere la sua potenza. Ma Hutten non volea ristarsi a semplici parole, e bruciava del desiderio di sguai nare la sua spada e di gittarsi arditamente nella mislea. Lutero si oppose a sì disennati intendimenti. « Non voglio (diss' egli ) che » per la causa del Vangelo si ricorra alla violenza ed al sangue, » e l’ho già scritto ad Hutten[14]. » Luca Cranach, celebre dipintore, sotto il titolo di Passione di Cristo e dell’Anticristo, pubblicò incisioni che rappresentavano da una parte la gloria e la magnificenza del Papa, e dall’altra l’umiliazione ed i patimenti del Redentore. Lutero ne compose le iscrizioni; e queste stampe incise produssero un effetto appena credibile. Il popolo segregavasi da una Chiesa che in ogni suo fatto mostravasi tanto opposta allo spirito del fondatore. « Quest' » opera (dice Lutero) pe' laici torna eccellente [15]. » Molti poi, a dir vero, adoperavano contro il papato armi poco in armonia con la santità della vita cristiana. Emser aveva ris posto al libro di Lutero intitolato: Al becco di Lipsia, con uno scritto che in fronte recava questo titolo: Al toro di Wittemberga. ll nome non era di mal conio; ma a Magdeburgo il libro di Emser fu appeso alla forca con la seguente scritta: « Questo libro è de » gno di un tal luogo; » e vi si pose allato una verga, ad accen nare il castigo che meritava l’autore [16]. A Dceblin fu scritto sotto la bolla del Papa, ad accennare che ridevasi dell’impotenza delle sue folgori: « Il nido è qui; ma gli uccelli sono volati via [17]. » A Wittemberga gli scolari, profittando de' giorni carnascia leschi, vestirono uno di loro in abito pontificio, e lo condussero per le vie della città con gran pompa, ma 156 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto in un modo troppo folla stro al dire di Lutero [18]. Giunti sulla gran piazza, si accostarono al fiume, e parecchi, simulato un subito assalto, fecer mostra di voler gittare il Papa nell’acqua; ma quel pontefice, poco voglioso di un tal bagno, diedesi in sul fuggire, e tanto pur fecero i suoi cardinali, i suoi vescovi ed i suoi famigliari, e sperperaronsi per tulti i quartieri della città. Gli studenti non si tennero dall’inse guirli; nè vi fu angolo di Wittemberga, in cui qualche romana dignità non si fugisse dinanzi alle grida ed alle risate del popolo commosso [19]. « Il nemico di Cristo (disse Lutero) che si fa giuoco » dei re e di Cristo medesimo, merita beneche di lui sia preso » questo spasso. »Errore è questo, in nostra sentenza: la verità è troppo bella per non doverla far discendere nel fango; essa deve combattere senza prendere per ausiliari le satire, le cari cature, le mascherate, ec. Forse i suoi successi, senza queste po polari dimostrazioni, saranno meno apparenti; ma saranno più puri, e per conseguenza più duraturi. Frattanto, tutto non era tripudio e trionfo per lo riformatore; chè dietro a questo carro in cui era trascinato dal suo popolo commosso ed ammirato, non mancava lo schiavo incumbenzato di ricordargli la sua miseria. Parecchi de' suoi amici mostravansi disposti a dar la volta; e Staupitz, sovra gli altri, appalesavasi scrollato. Il Papa lo aveva accusato, ed egli s' era mostrato pronto a sommettersi al giudizio di Sua Santità; per la qual cosa Lutero in una sua lettera gli disse: « Nell’accettare che voi fate il Papa » per giudice, io temo che parerà rigettar voi, me e le dottrine » che ho difese. Se Cristo vi ama, vi stringerà a ritrattare la vo ii stra lettera. Egli è condannato, spogliato, bestemmiato; e questo » è il tempo, non di farsi paura, ma di alzar forte la voce [20]. Egli » è per questo che, mentre voi mi esortate ad umiltà, io vi esorto » a nerezza; chè l’umiltà vostra è troppa, siccome il mio orgo » glio è soverchio. Sarò gridato orgoglioso, avaro, adultero, orni ii cida, antipapa, uomo reo d' ogni delitto... Non importa ! salvo p che non mi si possa a buon dritto rimproverare d' essermi te » nuto empiamente in silenzio nel momento in cui il Signore dicea » con ambascia: Io riguardo a destra e miro; e non v1 è alcuno » che mi riconosca (Salmo CXLII, v. 4). La Parola dì Gesù Cristo » è parola non di pace, ma di spada. Se voi non volete Gesù » Cristo seguitare, io marcerò tutto solo, solo mi farò innanzi e » prenderò d' assalto la piazza [21]. » A tal maniera Lutero, qual capitano di esercito, abbracciava tutto il campo di battaglia; e mentre che la sua voce nuovi militi sospingea nella mischia, scuopriva i fiacchi tra suoi, e li richia mava in su le file del dovere. Le sue esortazioni ovunque si fa cevano intendere; le sue lettere succedevano rapidamente; e tre torchi erano in assiduo lavoro per moltiplicare i suoi scritti ' [22]. Correvano tra il popolo le sue parole, ne' confessionali robora vano le allibbite coscienze, rilevavano ne' chiostri gli animi già vicini a caduta e mantenevano i diritti della verità ne' palagi de' grandi della terra. « Tra le tempeste che mi assalgono (scriveva all’elettore ), » sperai sempre trovar finalmente l’ora riposata; ed ora m' av » veggo che un pensiero d' uomo si fu quello. 157 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Di giorno in giorno » l'onda più si solleva, e tutto l’Oceano di già mi accerchia. La » tempesta si scatena con fracasso pauroso [23]. Impugno con una » mano la spada delle battaglie, e eoll’altra edifico le mura di » Sionne [24]*. »Gli antichi suoi vincoli sono rotti, e fu la mano che scagliò contro lui le folgori della scomunica che li ha spezzati, i Scomunicato dalla bolla (die' egli), io sono libero, nè più sog » getto all’autorità del Papa ed alle leggi monastiche. Accetto » con gioia questa liberazione; ma nè l’abito dell’ordine nè il » chiostro abbandono [25]. »E intanto tra tutta questa agitazione non perde di vista i pericoli a cui questa lotta espone l’anima sua; e sente la necessità di vigilare sopra sè stesso. « Benefai tu » (scriveva a Pellicano, che dimorava in Basilea), benefai tu a » pregare per me. Io non posso intendermi a bastanza a' santi » esercizii, e la vita mi è una croce. Benefai tu ad esortarmi a » modestia, chè sento averne bisogno; ma signore io non sono » di me stesso, nè so quale spirito mi trascini. Male io non voglio » ad alcuno [26]; ma i miei nemici m' incalzano con tal furore, ch' io » non mi guardo quanto dovrei dalle seduzioni di Satanasso. » Priega adunque per me.... » In tal forma e il riformatore e l’opera sua correvano verso il segno voluto da Dio. La scossa si comunicava; e gli uomini, che pareva dover essere i più devoti alla gerarchia, incominciavano già a pender verso la Riforma. « Quegli stessi (dice Eck con certa » schiettezza ) che devono al Papa i migliori benefizii e i più pin » gui canonicati, stannosi muti a modo di pesci. Molti di loro, » pergiunta, esaltano Lutero, qual uomo ripieno dello Spirito di » Dio, e adulatori e sofisti dicono i difensori del Papa [27]. » La Chiesa, in apparenza sì piena di forza, sostenuta dai tesori, dalle potenze e dagli eserciti del mondo, ma in sostanza dima grata, affievolita, senza amore di Dio, senza vita cristiana, senza entusiasmo per la verità, trovavasi a fronte di uomini semplici ma coraggiosi, i quali, sapendo che Dio è con coloro che combattono per la sua Parola, punto non dubitavano 'della vittoria. In ogni tempo si è veduto qual è la potenza di un' opinione nel propagarsi tra' popoli; nel sollevare le nazioni, e nel trascinare all’uopo migliaia di uomini sul campo di battaglia ed alla morte. Ma se tanta è la forza di un umano pensamento, qual potere non avrà un pensiero disceso da cielo, quando Dio stesso gli apre la porta de' cuori ! Il mondo nostro rade volte vide recarsi in atto una tale potenza; ma lo vide però ne' primi giorni del cristiane simo, ed in quelli della Riforma, e lo vedrà ne' dì che verranno. Uomini, spregiatori delle ricchezze e delle grandezze terrene, e che stavan contenti ad una vita di triboli e di povertà, inco minciavano a commoversi per ciò che v' ha di più santo sulla terra: la dottrina della Fede e della grazia. Tutti gli elementi re ligiosi ponevansi in fermento nella società riscossa; e il fuoco dell' entusiasmo recava l’anime a gittarsi animose in questa novella via, in quel tempo di rinnovellamento, ch' erasi aperta con tanta grandezza, e nella quale la Providenza poneva i popoli a tutta corsa. 158 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Veggasi il volume I°. [2] Nel 1215, dal quarto concilio Lateranense, sotto Innocenzo III. [3] Und wird dich der rechte Bischoff Christus selber speisen (Luth., Opp. [L.], XVII, 565). [4] Italica bestia bilem movebo (Luth., Epp,, I, 570). [5] Ostendat illum diem adventus gloria Filii sui, quo destruatur iniquus iste (Opp. lai., II, 162). [6] Es mochte noch gar die Kirche uud Capelle um der Menge willen egli fallen (Spalatino, in Seckend., p. 295). [7] Mehr als 30 Briefe von Fùrsten (Ibid.) [8] Videre enim hominem voluerunt (Luth., Epp., I, p. 544, 16 gennaio 1521). [9] Dei digitum esse. qua a Martino fiant (Corp. Reform., I, p. 282). [10] Non posse Evangelium romana imputati probari.... (Ibid., p. 280). [11] Ablata illa est a vobis inducta ohm nostris oculis caligo, pradicatur Evangelium.... Spes est libertatis (Ulrich ab Hutten Eques Mar. Carrac — Luth., Op. lat., II, p. 176 ). [12] « Quo tu oculos, pie Christe, tuos, frontisque severa » Tende supercilium, teque esse oslendc neganti. » Qui te contemnunt igitur, mcdiumque tonanti » Oslendunt digitimi, tandem iis te oslende polcnlem. » Te vidcat ferus iile Leo, te tota malorum » Sential inluvies, scelcralaque Roma tremiscat, » Ultorem scellerum discant le vivere sallcm » Qui regnare negant » [13] (In incendium l.uthernnum Exelamatio Vlrithi Hutteni Equitis. Ibid.) [14] Nollem vi et cade pro Evangelio cerlari; ita scripsi ad hominem (Luth., Epp., I, p. 543). 159 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [15] Bonus est pro laicis liber (Ibid., p. 171). [16] in publico infamia loco afjixus (Ibid., p. 560). [17] Das Nesl ist hie, die Vògel sind ausgellogen (Ibid., p. 570). [18] Kimis ludicre Papam personatum circumvenerunt sublimem et pompati' cum (Ibid., p. 561). [19] Fugitivum cum -cardinalibus-, episeopis, familiisque suis, in diversas partes oppidi disperserunt et insediti sunt (Luth., Epp., I, 17 febbraio 1521). [20] Non enim hic tempus timendi sed clamandi (Ibid., p. 557). [21] Quod si tu non vis sequi, sine me ire et rapi.... (Luth., Epp., I, p. 558). [22] Cum trioprela solus ego occupare cogar (Ibid., p. 558). [23] Videns rem tumultuosissimo tumultu tumultuantem (Ibid., p. 546). [24] Una marni, gladium apprehendens et altera murum (Bdifi,caturus (ih., 565), [25] AbordinisetPapxlegibussolutus.... quod gaudeoetampkctor(ìb., 568). [26] Compos mei non sum, rapior nescio quo spiritu, cumneminim» male velie conscius sim (Luth., Epp., I, 555 ). [27] Reynald., Epist. J. Eckii ad card. Contarenum. 160 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto LIBRO SETTIMO - LA DIETA DI WORMS 1521 GENNAIO — MAGGIO CAPITOLO PRIMO SOMMARIO. — Vittoria della Parola di Dio.— La Dieta di Worms. — Cagioni che vi traggono i principi. — Difficoltà. — L’imperatore domanda Lutero. — Questi si dichiara pronto a partire. — L’elettore ricusa di condurlo a Worms. — Aleandro nel suo viaggio scorge la disposizione degli animi. — Si oppone alla domanda che Lutero sia ascol tato. — Poco frutto dei discorsi di Aleandro in Worms* — Egli Roma risveglia. — Il Papa pronuncia la scomunica contro Lutero. — Lutero intorno la comunione con Cristo. — Fulminazione della bolla. — Lutero spone i suoi motivi nella Riforma. La Riforma, incominciata dall’interne battaglie sostenute da un' anima tutta umiltà in una cella di un chiostro di Erfurt, non aveva cessato mai di farsi maggiore. Un uomo oscuro, recante in sua mano la Parola della vita, erasi tenuto in piedi in presenza delle grandezze del mondo, e queste avevano traballato. Questa Parola aveva egli opposta da prima a Tezel ed alla numerosa coorte di lui, e questi avari venditori, opposta breve resistenza, eransi fuggiti: poscia al legato di Roma in Augusta; e il legato, stupefatto, s' era lasciata fuggir di mano la sua preda: più tardi poi, ai corifei della scienza nelle sale di Lipsia; e i teologi mara vigliati vedute avevano l’armi del silogismo spezzarsi nelle loro mani; finalmente, opposta aveva al Papa stesso questa Parola, quando questi, turbato nel suo sonno, era salito sul suo trono per fulminare il frate importuno; e questa Parola avea attutita tutta la possanza del capo della cristianità. Rimanevale a soste nere un' ultima guerra, e in questa dovea trionfare dell’impe ratore di Occidente, dei re e dei principi della terra; e allora, vittoriosa di tutte le terrene grandezze, doveva innalzarsi nella Chiesa, e regnarvi come la Parola stessa di Dio. Una Dieta solenne stava per aprirsi; ed era la prima assemblea dell’impero ch' esser dovea presieduta dal giovane Carlo. Norimberga, dove avrebbe dovuto tenersi, in virtù della bolla d' oro, era in allora afflitta da pestilenza; e fu perciò con vocata a Worms per il giorno 6 di gennaio del 1521 [1]. In niun tempo mai tanti principi eransi trovati alla Dieta; chè ciascuno volle assistere in persona a questo primo atto del governo del giovine imperatore, e ognuno si piaceva a far mostra del suo potere. Il giovane langravio Filippo di Assia, tra gli altri, che dovea più tardi sostenere sì gran parte nella Riforma, giunse a Worms a mezzo gennaio con secento cavalieri, tra' quali trova vansi uomini per valentìa già famigerati. Ma una più possente cagione recava gli elettori, i duchi, gli arcivescovi, i langravi, i margravi, i conti, i vescovi, i baroni ed i signori dell’impero, del pari che i deputati delle città e gli ambasciatori dei re della cristianità, a cuoprire in quel momento co' loro magnifici codazzi le strade che conducevano a Worms. Erasi annunziato che nella Dieta sarebbe si trattato della nomina di un consiglio di reggenza per governare l’impero duranti le assenze di Carlo, della giurisdizione 161 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto della camera imperiale, e di altre gravi quistioni. Ma la pubblica attenzione recavasi pre cipuamente sopra un allro negozio dall’imperatore pure accennato nella sua lettera di convocazione, ed era quello della Riforma. I grandi interessi della politica impallidivano in presenza della causa del monaco di Wittemberga; e di essa precipuamente intertenevansi i nobili personaggi che giungevano a Worms. Tutto annunziava nella Dieta malagevolezze e tumulti. Carlo, giovane com' era, non aveva ancora accettato un sistema di ben ferma condotta; l’abile ed operoso Chièvres, suo governatore e suo primo ministro, morì a Worms; molte erano le ambizioni che stavansi a fronte per soverchiarsi, molte le passioni che coz zavansi tra loro. Gli Spagnuoli ed i Belgi facevano a gara nel!' insinuarsi nei consigli del giovine principe; i nunzi moltiplica vano i loro intrighi; i principi dell’Alemagna parlavano alto ed animosamente. Potevasi per ciò prevedere una lotta in cui so sterrebbero la parte principale le soppiatte mene delle fazioni [2]. Che farà Carlo, posto tra il Papa e l'elettore al quale è debi tore della corona imperiale? in qual modo cessare il pericolo di far malcontento Aleandro o Federico? Quello sollecitava l’impe ratore a far la bolla eseguire; questo lo supplicava a non dar ordini contro Lutero senza averlo prima ascoltato. Carlo, nel de siderio di gradire possibilmente alle due fazioni, da Oppenheim aveva scritto all’elettore di condur seco Lutero alla Dieta, da tagli parola che niuna ingiustizia sarebbe si commessa contro di lui, nè usata verrebbegli veruna forza, e che uomini periti in divinità avrebbero seco lui conferito. Questa lettera di Carlo, accompagnata da altre di Chièvres e del conte di Nassau, pose l'elettore in grande incertezza. L'al leanza del Papa da un momento all’altro potea rendersi neces saria al giovane ed ambizioso imperatore, e in tal caso Lutero potea tenersi per ispacciato. Se Federico seco traevalo a Worms, correa pericolo di trarlo sul palco di morte ! Ma intanto gli or dini di Carlo erano ricisi; e l’elettore ordinò a Spalatino di far conoscere a Lutero le lettere ch'egli aveva ricevute. « Gli avversarii (scrivevagli il cappellano ) muovono ogni susta per affret » tare questa bisogna [3]. » Gli amici di Lutero tremavano; ma egli imperterrito si te neva. Era in quell’ora cagionevole, ma non badò a questo, e all’elettore rispose: « Se non posso recarmi a Worms in buona » sanità, mi farò portare malato qual sono; sendochè se l’impe » ratore ivi mi chiama, dubitare non posso che questa chiamata » non sia l’opera di Dio medesimo. Se vogliono mèco usare la » violenza, com' è verosimile (che certo là non mi chiamano per » essere istruiti), io ripongo il fatto nelle mani del Signore. Vive » e regna ancora Colui che servò incolumi i tre giovani nella » fornace di Babilonia; e se a lui non piace salvarmi, poca cosa è » la vita mia. Cerchiamo d' impedire unicamente che il Vangelo » sia fatto segno agli scherni degli empii, e versiamo per esso » il nostro sangue, nel timore che essi trionfino. Sarà la mia vita » o la mia morte che gioverà maggiormente alla salute di tutti? » A noi non istà la sentenza. Preghiamo unicamente Iddio che il n giovine nostro imperatore non 162 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto cominci il suo regno col bruttarsi » le mani nel sangue mio; e preferirei morire trafitto dal ferro » de' Romani. Voi sapete di quali castighi fu colpito l’imperatore » Sigismondo dopo l’assassinio di Giovanni Huss. Tutto potete » ripromettervi da me, trattene la fuga e la ritrattazione [4]. Fug » gire non posso; e ritrattarmi ancor meno. » Prima di ricevere questa lettera di Lutero, l’elettore avea già presa una risoluzione. Questo principe, che faceva progressi nella conoscenza del Vangelo, in ogni suo passo era fatto più risoluto. Prevedeva che la conferenza di Worms aver non poteva un fe lice risultamento, e scrisse a Carlo Quinto: « Malagevole parmi » il condurre meco Lutero a Worms; e priegovi a liberarmi » da questo pensiero. Nel rimanente vi dichiaro che mai non » volli prendere la sua dottrina sotto la mia protezione, ma volli » beneimpedire che si condannasse senza averlo prima ascol » tato. I legati, senza aspettare gli ordini vostri, sonosi lasciati » andare, ed han fatto cosa disonorante per me e per Lutero. » Temo per ciò grandemente ch' essi abbiano trascinato a tal » modo Lutero ad un atto imprudente, che potrebbe esporlo a » gravi pericoli se presentassesi alla Dieta. »L’elettore alludeva al rogo su cui Lutero aveva bruciata la bolla pontifìcia. Ma la voce era già corsa a Worms ch' ivi giungere doveva Lutero, e gli uomini avidi di cose nuove n'erano assai lieti. I cor tigiani dell’imperatore se ne sgomentavano; ma niuno tanto se ne sdegnò, quanto il legato del Papa. Aleandro lungo la corsa via erasi da sè scaltrito de' grandi progressi fatti in ogni ordine di persone dal Vangelo annunziato da Lutero. I letterati, i giurispe riti, i nobili, il basso clero, gli ordini regolari ed il popolo par teggiavano per la Riforma [5]. Questi aderenti alla nuova dottrina andavano a testa alta, ardita era la loro parola, e un invincibile terrore a' partigiani di Roma l’animo agghiacciava. ll papato era ancora in piedi, ma i suoi sostegni erano mal fermi; con ciossiachè a' loro orecchi sibilasse un rumore di ruina, simi gliante a quel sordo scricchiolare che precede il crollarsi delle montagne [6]. Aleandro, nel suo viaggio a Worms, s' era spesso tro vato fuori di sè. Voleva mangiare, voleva in alcun luogo ripo sarsi? nè letterati, nè nobili, nè preti, nè gli stessi creduti amici del Papa non osavano dargli ricovero; e l’altero nunzio era co stretto a ripararsi in osterie d' infimo ordine [7]. Sgomentato da siffatte dimostrazioni, dubitava di pericoli mortali; e tra queste paure giunse a Worms. Al suo fanatismo romano si aggiunse da quell’ora il sentimento delle ingiurie personali fattegli lungo la via, e tosto si adoperò grandemente per impedire l’audace comparsa del temuto Lutero. « Non sarebbe forse uno scandalo » (diss' egli) il veder laici prendere ad esaminare una causa dal » Papa già condannata? » Non v' ha cosa che rechi maggiore spa vento ad un cortigiano di Roma quanto un esame de' suoi atti; e per giunta, qual’umiliazione per la corte papale, se questo esame fossesi fatto in Alemagna a vece che in Roma, posto anche il caso che la condanna di Lutero vi fosse unanimemente pronunciata ! Ma questo successo era incerto; e la possente parola di 163 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Lutero, che avea già fatto sì gran danno a Roma, non poteva travolgere in una inevitabile ruina molti di que' principi, di que' signori? Mosso da queste considerazioni, Aleandro insistette presso Carlo, ora supplicò, ora minacciò, e parlò da nunzio del capo della Chiesa [8]. Carlo si arrese, e scrisse all’elettore: che sendo già trascorso il termine accordato a Lutero, questo monaco trovavasi già sotto la scomunica del Papa, in guisa che, se non voleva ritrattare i suoi scritti, Federico dovea lasciarlo a Wittemberga. Ma questo principe avea di già lasciata la Sassonia senza Lutero. Melantone, nel veder partire l’elettore, avea detto: a Supplico il Signore » ad essere favorevole al nostro principe. Sopra di lui si riposano » tutte le speranze nostre per il ristoramento della cristianità. » Tutto ardiscono i suoi nemici «και παντα λιθον κιτησομενους [9]; ma » Dio sperderà il consiglio di Achitofel; e noi, dal canto nostro, » aiutiamo la battaglia coi nostri insegnamenti, e con le nostre » preci. »Lutero si afflisse vivamente del divieto ricevuto, sen dochè molto desiderasse di presentarsi a Worms [10]. Ma ad Aleandro non bastava che Lutero ivi non comparisse; chè; per giunta, voleva che fosse condannato. Tornava senza posa ad importunare i principi, i prelati e i diversi membri della Dieta; ed accusava il monaco agostiniano, non solo di disubbi dienza e di eresia, ina inoltre di sedizione, di ribellione, d' em pietà, di bestemmia. Ma l’accento stesso della sua voce appale sava le passioni da cui era mosso; per che dicevasi: « È l’odio, è » l’amore della vendetta che lo muovono, più presto che zelo e » pietà [11]; » e per quanto i suoi discorsi fossero frequenti e vee menti, egli non riusciva a trarre alcuno dalla sua [12]. Alcuni gli facevano considerare che la bolla del Papa non condannava Lutero se non condizionalmente; altri non gli celavano all’intutto la gioia che loro veniva dalla umiliazione dell’orgoglio romano. I ministri dell’imperatore da una parte, e gli elettori ecclesiastici dall’altra, simulavano grande freddezza; quelli, affinchè il Papa avvisasse il bisogno di stringersi in lega col loro signore; questi, affinchè il pontefice a più caro prezzo acquistasse il loro favore. La persuasione dell’innocenza di Lutero dominava l’assemblea; ed Aleandro non poteva il suo sdegno infrenare. Ma la freddezza della Dieta inquietava il legato ancor meno della freddezza di Roma. Questa, che avea durata sì gran fatica ad occuparsi seriamente dell’Alemanno briaco, era lungi dall' immaginarsi che una bolla del sommo pontefice bastar non po tesse a renderlo raumiliato e sommesso. Rifattasi tutta in sè si cura [13], più non mandava nè bolla, nè borse; e intanto senza moneta in qual modo venire a capo di questa faccenda [14]? Roma sonnecchia, e bisogna risensarla; il perchè Aleandro manda un forte grido di aliar ine. « L’Alemagna (scriss' egli al cardinale de' » Medici), l’Alemagna si stacca da Roma, i principi si separano » dal Papa... Qualche indugio ancora, ancora qualche risguardo, » ed ogni speranza andrà fallita. Denaro! denaro! o l’Alemagna » sarà per noi perduta [15]. » A questo grido Roma si risveglia; e i servi del papato usciti del loro torpore, nella fucina del Vaticano dannosi in tutta ressa a temprare le loro folgori tremende. Il 164 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Papa scaglia un' altra bolla [16]; e la scomunica, di cui erasi sino allora minacciato l'ere tico dottore, fu ricisamente pronunciata contro di lui e contro i suoi aderenti. Roma, col rompere ella stessa l’ultimo filo che tenea Lutero ancora unito alla sua Chiesa, accrebbe la libertà di lui, e con essa la forza di questo riformatore. Fulminato dal Papa, con amore novello Lutero cercò rifugio in Gesù Cristo; e reietto dal tempio esterno, sentì viemaggiormente esser egli stesso fatto tempio in cui Dio abitava. « Gloria grande è per noi (diceva egli), che noi peccatori, col » credere in Gesù Cristo e col cibarsi della sua carne, lo abbiamo » in noi con intere la sua forza, la sua potenza, la sua sapienza » e la sua giustizia, siccome sta scritto: Colui che in me crede, » mi possiede; che in lui io dimoro. Mirabile dimora ! taberna » colo maraviglioso, beneal di sopra di quello di Mosè, e tutto » ornato internamente in magnifica maniera, di stupendi tap » peti, di veli, di porpora e di mobili d' oro, nel mentre che al » di fuori, siccome nel tabernacolo che Dio ordinò di costruire » nel deserto di Sinai, non iscorgesi che una rozza apparenza di » pelli pecorine o di pelo caprino [17]. Spesso i cristiani inciam » pano, e a guardarli così alla scorza, altro non sembrano che » fiacchezza e vituperio. Ma non importa! chè nell’interno di » questa infermità, di questa follia, abita in secreto una potenza » che il mondo non può conoscere, e che frattanto trascende il » mondo, sendochè in loro abiti Cristo. Qualche volta ho veduti » cristiani camminar zoppiconi e stremi di forze; ma quandoti V ora del combattere o del presentarsi al tribunale del mondo » era suonata, Cristo in essi d' improvviso si agitava, e rende » vali sì validi, sì risoluti, che il demonio sì fuggiva al solo » vederli [18]. » Una tal’ora stava per suonare ben presto per Lutero; e Cristo, nella comunione del quale egli si viveva, non dovea abbandonarlo. Ma Roma intanto da sè lo rigettava con violenza: il riformatore e tutti i suoi seguaci erano maledetti, quale che fosse il loro grado, il loro potere, e spodestati, del pari che i loro di scendenti, di tutti i loro onori, di tutti i loro averi. Ogni fedel cristiano, cui calga la salute dell’anima sua, deve fuggire alla vista di quella maledetta torba. Ovunque si è intrusa l’eresia, i chierici devono, nelle domeniche e negli altri giorni festivi, nell’ora in cui il popolo si accalca nelle chiese, pubblicare so lennemente la scomunica. I vasi e gli ornamenti dell’altare sa ranno tolti via; deporrassi in terra la croce; dodici sacerdoti con torchi in mano, accenderannoli, poi li lancieranno con violenza a terra, e li estingueranno col calpestarli; il vescovo allora pubblicherà la condanna di quegli empii; tutte le campane suone ranno; il vescovo ed il suo clero proferiranno gli anatemi e le maledizioni, e si predicherà arditamente contro Lutero e contro i suoi seguaci. Ventidue giorni erano passati dalla pubblicazione di questa scomunica in Roma, e non era ancora nota in Alemagna, quando Lutero, udito che tornavasi a parlare di chiamarlo a Worms, scrisse all’elettore una lettera dettata in tal modo, che Federico potè mostrarla alla Dieta. Lutero voleva purgare i principi da false opinioni, ed 165 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto esporre francamente a quell’augusto tribunale la vera natura di una causa cotanto svisata. « Tutto mi riconforto, » o Serenissimo Signore (die' egli), nell’udire che Sua Maestà Im » periale voglia avocare a sè questa faccenda. Testimonio mi sia » Gesù Cristo, che la causa di cui si tratta non è quella di un » sol uomo e singolarmente di un omicciuolo qual mi son io; » ma è la causa della germanica nazione, della Chiesa cattolica, » del mondo cristiano, di Dio medesimo [19]. Pronto sono io a par » tire per Worms,' a condizione che mi sia dato un salvo-condotto, » e che destinati mi siano giudici dotti, pii e scevri d' ogni amore » di parte. Parato sono a rispondere;. . chè non per temerità, non » per amor di guadagno o d'altro mio pro, insegnai la dottrina » ch' ora mi si rimprovera; ma sibbene per obbedire alla mia » coscienza, per satisfare al mio giuramento di dottore della santa i Scrittura, per dar gloria a Dio, per recar salute alla cristiana ». Chiesa, per giovare alla nazione alemanna, per estirpare tante superstizioni, tanti abusi, tanti mali, tanti vituperii, tanta .i tirannia, tante empietà, tante bestemmie. » Questa dichiarazione, fatta da Luterò in sì solenne momento. merita di non passare inosservata. Ecco espressi i motivi che lo strinsero ad entrare nella lizza; ecco le intime soste che condus sero al ristoramento dell’umana famiglia. Fu ben altro che gelo sia di un monaco, o desiderio in lui di ammogliarsi ! ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1 Sleiden. Tomo I, p. 80. [2] Es gieng aber auf diesem Reichstag gar schlùpferig zu (Seck., 320). [3] Adversarios omnia moliri ad maturandum id negotii (Luth., Epp., I, 534). [4] Omnia de me presumas prater fugam et palinodiam (Ibid., p. 530). [5] Multitudo turba paupcrum. nobilium grammatici, causidici inferiorcs ecclesiastici.... factiomultorumregularium.... (Pallav., Hist. Cono. Triti., I, p. 93). [6] Ba omnes conditiones petulanter grassantium metum cuilibet incu tiebant (Ibid.). [7] Neminem nactus qui auderet ipsum excipere, ad «t'ito sordidaque hospitia «gre divertit (Ibid.). 166 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [8] Legati romani nolunt ut audiatur homo hareticus. Minantur multa (Zw., Epp., 157). [9] Pietra non avvi ch' essi non ismuovano (Corp. Ref., I, p. 279, 24 gennaio). [10] Cum dolore legi novissima* Caroli litteras (Luth., Epp., I, p. 542). [11] Magis invidia et vindicta libidine quam zelo pietatis (Bist. Joh. Cochlei. de actis et scriptis Martini Lutheri. Parisiis, 1565, p. 27, verso. Coclee- fu finché visse uno de' più gran nemici di Lutero, e presto lo vedremo in scena). [12] Vehementìbus suis orationibus parum promovit (Ibid.). [13] Negligens quadam securitas Romam pervaserat (Pallav., Hist. Cone. Trid, I, p. 94). [14] Nec pecunia advariospro eadem sumptus (Ibid.). [15] Periculum denique amittenda Germania ex parcimonia moneta cujusdam (Ibid.). [16] Decet. romanum Pontificem, ecc (Roman. BullariumJ. [17] Esodo, XXVI, v. 7-14. [18] So regete sich der Christus, dass sie so fest wurden, dass der Teufel fliehen musste (Luth., Opp., t. IX, p. 613, sopra Giovanni, VI, v. 56). [19] Causam, qua, Christo teste, Dei, christiani orbis. ecclesia catholka, et totius germanica natiunis, et non unius et privati est hominis (Luth., Epp., I, p. 551). 167 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SECONDO SOMMARIO. — Divisamene mulinati dai ministri della corte imperiale. — Giovanni Glapione, confessore di Carli. — Pontano, cancelliere dell’elettore. — Conferenza tra il confessore ed il cancelliere — Inutilità di queste mene. — Proposta di un domeni cano. — Operosità di Aleandro. — Lutero teme di violenza. Ma ai politici tutto questo poco importava; e ciò che a loro stava all’animo era l’alleanza del Papa con l’imperatore, la quale ren devasi ognor più necessaria agli intendimenti di Carlo. Egli avrebbe voluto staccar Federico da Lutero, o dar satisfazione al Papa senza offendere a Federico. Molti di coloro che stavangli dintorno in questa faccenda del monaco agostiniano mostravano quella disdegnosa freddezza che sogliono i politici ostentare in fatto di religione. « Si rigettino i partiti estremi (dicevano essi); connegoziati allacciamo Lutero, e riduciamolo al silenzio col fargli » pur qualche concessione. Soffocare enon aizzare, ecco la vera via » da tenersi. Se il monaco cade nella ragna, noi siamo vincitori! » chè coli' accettar egli un aggiustamento, verrà ad interdirsi da » sè, e sarà perduto. Decreterannosi per l’apparenza alcune ri » forme esterne; l’elettore si terrà per contento, il Papa sarà » per noi guadagnato, e le cose riprenderanno il loro corso ordi » nario. » Tali erano i divisi degl’intimi consiglieri dell’imperatore; e pareva che i dottori di Wittemberga indovinata avessero questa politica di nuovo conio. « Essi tentano copertamente di guadagnar » gli animi (disse Melantone), e lavorano tra le tenebre [1]. »Il confessore di Carlo-Quinto, Giovanni Glapione, uomo stimato, abile cortigiano e monaco sagacissimo, s' impegnò d' incarnare egli stesso questi disegni. Godeva egli intera la confidenza di Carlo; e questo principe, in ciò seguitando le usanze spagnuole, a lui quasi interamente rimetteva la cura delle faccende che risguarda vano la religione. Appena Carlo fu eletto imperatore, Leone X si affrettò a gratificarsi Glapione con favori, a' quali questo confes sore si mostrò sensibilissimo [2]; ed egli non potea meglio rispon dere alle grazie del pontefice che col ridurre al silenzio l’eresia; il perchè si pose egli all’opera subitamente [3]. Tra li consiglieri dell’elettore trovavasi il cancelliere Gregorio Bruck, o Pontano, uomo pieno di dottrina, riciso e coraggioso nell’operare, che in divinità era sì gran maestro da saperne più di tutti i dottori, e la cui saviezza potea tener fronte alla scaltrezza de' monaci della corte di Carlo Quinto. Glapione sapeva quanta fosse l'influenza del cancelliere ne' consigli di Federico, e doman dogli un abboccamento. Gli si accostò; e come stato fosse amico del riformatore, dissegli con aria di benevolenza: « Grande fu la » mia letizia, quando, nel leggere i primi scritti di Lutero, rico » nobbi in lui un albero vigoroso, che avea messi sì bei rami e » che prometteva alla chiesa frutti i più preziosi. Molti, a dir vero, » hanno prima di lui le stesse cose riconosciute; ma nondimeno » nullo osò con sì nobile coraggio pubblicare la verità, siccome » egli ha fatto. Ma quando ho letto un suo libro intorno la Catti » vita di Babilonia, parvemi d'essere bastonato da capo a' piedi. » Non penso che frate 168 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Martino se ne dichiari l'autore; ne so tro » varvi nè il suo stile, nè la sua scienza... »Dopo alcune discus sioni il confessore seguitò: « Introducetemi presso l’elettore, e in » presenza vostra gli esporrò gli errori di Lutero. » Il cancelliere rispose: che le bisogne della Dieta ozio non lascia vano a sua Altezza, e che, d' altra parte, il principe non mescola vasi punto in questa faccenda. Il monaco patì di mal animo che fallita gli andasse la sua inchiesta. Il cancelliere poi gli soggiunse: « Nel rimanente, poichè voi stesso dite non darsi male senza ri » medio, piacciavi aprirmi il vostro intendimento. » Postosi allora in aria di confidenza, il confessore rispose: « L'imperatore desidera ardentemente di vedere un tal uomo, « qual è Lutero, reconciliato con la Chièsa; chè i suoi libri (prima » della pubblicazione del trattato intorno la Cattività di Babilo » nia) non dispiacquero a Sua Maestà [4]. La collera in lui mossa » dalla bolla ha potuto sola condurre Lutero a dettare quest' Ultimo » suo scritto. Dichiari egli di non aver punto voluto turbare il ri » poso della Chiesa, e i dotti di tutte le nazioni si porranno dalla » parte sua. Procuratemi un' udienza da Sua Altezza. » Il cancelliere si recò da Federico, il quale, sapendo beneim possibile ogni qualsiasi ritrattazione, rispose: « Dite al confessore, » ch' io non posso condiscendere alla sua domanda, e continuate » tra voi la conferenza. » Glapione ricevette questa risposta con grandi dimostrazioni di rispetto; e mutando batteria, disse: « Nomini l'elettore alcuni o uomini di confidenza per deliberare intorno questo negozio. » Il Cancelliere. L’elettore punto non pretende difendere la » causa di Lutero. » Il Confessore. Or bene! voi almeno trattatene meco... Gesù » Cristo m' è testimonio ch' io fo tutto questo per amore verso la » Chiesa e in pro di Lutero, che ha aperti tanti cuori alla verità [5]. » Il cancelliere, ricusatosi dall’impegnarsi in un fatto che spettava al riformatore, si dispose a ritirarsi. « Rimanete qui ! » dissegli il monaco. » II Cancelliere. E che v' ha qui adunque da fare? » Il Confessore. Neghi Lutero di essere l’autore della Cattività » di Babilonia. » II Cancelliere. Ma la bolla del Papa condanna tutte le altre » opere di lui. » Il Confessore. La cagione viene dalla sua caponaggine. Ri » tratti il suo libro, e il Papa, nella sua onnipotenza, può di leggieri ritornarlo in grazia. Quali speranze non possiamo noi concepire, adesso che abbiamo un sì eccellente imperatore !'...' »,' Avvedutosi che queste parole producevano qualche effetto still' animo del cancelliere, il monaco si affrettò ad aggiungére: « Lu » tero vuol sempre argomentare coll’autorità della Bibbia. La » Bibbia... è qual cera che lasciasi distendere e piegare come Si » vuole. Io mi sento forte a bastanza da appostare nella Bibbia » opinioni più strane ancora di quelle di Lutero. Egli s'inganna » quando volge in comandamenti tutte le parole di Gesù Cristo. » Poscia, volendo indurre timore nell’animo del suo interlocutore, aggiunse: « E che accadrebbe mai, se oggi o domani 169 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto l’imperatore » venisse all’armi? Pensateci bene! » Ciò detto, permise a Pon tano di andarsene. Il confessore nuovi agguati andava apparecchiando; ed Erasmo diceva di lui. « Quand' anche si fosse vissuto dieci anni in sua » compagnia, non giugnerebbesi a conoscerlo ancora. » Il avuta occasione di rivedere alcuni giorni dopo il cancelliere, Glapione gli disse: « Che libro eccellente è quello di Lutero intorno » la libertà del Cristiano? quanto sapere! quanto ingegno! Questo » è il modo di scrivere di un vero sapiente! ... Scelgansi dalP Una » parte e dall’altra uomini irreprensibili, e il Papa e Lutero si » rimettano al loro giudizio; e Lutero certamente in più! articoli » sarà trovato aver ragione. Ne parlerò io allo stesso imperatore; » e voi dovete pensare ch'io non dico queste cose di mia'prói » pria fantasia. Ho fatto intendere all’imperatore che1 Dio tói » castigherebbe, del pari che tutti gli altri principi, se la Chiesa ch'è la sposa di Gesuuu Cristo, mondata non fosse da tutte le macchie che la deturpano. Aggiunsi che Dio stesso aveva susci » tato Lutero, e comandato di sgridare vivamente gli uomini, » valendosi di lui come di una verga per punire i peccati del » mondo [6]. » Il cancelliere, udite queste parole, che fanno immagine dell' impressioni di quel tempo, e che mostrano quale opinione si avesse allora di Lutero sino tra li suoi avversarii, estimò di dover palesare il suo stupore per lo riguardo poco che dimostravasi verso il suo signore. « Si delibera ogni giorno presso l'impera » tore intorno a questa faccenda (diss' egli ), e l’elettore non v' è » chiamato. A lui pare strano che l’imperatore, il quale pur gli » deve qualche riconoscenza, lo escluda a tal guisa da' suoi consigli, » Il Confessore. Una volta sola ho assistito a queste deliberazioni , ed ho udito V imperatore resistere alle sollecitazioni dei » nunzi. Tra cinque anni si vedrà ciò che Carlo abbia saputo fare » per la Riforma della Chiesa. » Pontano rispose: « L’elettore ignora le intenzioni di Lutero » Facciasi questo venir qui, e si ascolti. » Il confessore, sospirando profondamente, rispose: Chiamo » Dio in testimonio dell’ardente desiderio mio di veder compiersi la Riforma della cristianità '[7]. » Trarre la faccenda per le lunghe, e chiudere frattanto la bocca a Lutero, ecco quanto Glapione s' era proposto; ma in ogni caso il riformatore piede non ponga in Worms. Un morto venuto dall' altro mondo e subitamente apparso nel mezzo della Dieta, dato avrebbe meno spavento ai nunzi, ai monaci, a tutta la milizia del Papa, di quello che avrebbe ivi fatto la presenza del monaco di Wittemberga. 170 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto « Quanti giorni vi vogliono per recarsi da Worms a Wittem» berga? » chiese il monaco al cancelliere, ostentando indiffe renza; poi, pregato Pontano a porgere i suoi umilissimi compli menti all’elettore, separossi da Ini. Tali furono i rigiri de' cortigiani t Mài Ih» fermezza di Pontano tutti li stentò; chè quest' uomo giusto tennesi fermo qual roccia in ogni negoziato. Intanto i monaci romani cadevano: essi stessi nelle reti per essi tese ai loro nemici. « Il cristiano (diceva Lutero nel favorito suo parlare figurato) è come l’ decollo ché si » pone vicino ad nn trabocchetto. I lupi e le volpi gli si aggirano » dintorno e lanciansi per divorarlo; ma in questo cadono nella li buca e vi trovano la morte, nel mentre che il timido uccello in » vita si rimane. A tal modo siamo noi custoditi dagli angeli santi. » sicché i lupi voraci, voglio dire, gl'ipocriti ed i persecutori, » non possono farci alcun male [8] » —, Nè solamente gli inge gnuoli del confessore tornarono indarno, ma le parole ch' erangli sfuggite valsero a raffermare Federico nel pensiero ehe il riformatore aveva ragione, e ch' egli era in debito di difenderlo.' 1 Gli animi in questo mentre volgevansi ognora più alla dottrina del Vangelo. Un priore dei Domenicani propose che V imperatore, i re df Francia, di Spagna, d' Inghilterra, di Portogallo, di' Un gheria e di Polonia, il Papa e gli elettori nominassero rappresen tanti a cui affidata fosse la decisione di questa faccenda. « Mai » (diceva egli ) questi fatti sonosi rimessi alla decisione del solo » Papa [9]. * in sostanza, la disposizione degli animi tale si faceva, da rendersi impossibile il condannare Lutero, senza averlo prima intéso' e convinto 5. Àleandro né fu grandemente sollecito, e diedesi ad operare con una attività inestimabile. Scorgeva più non bastargli resis tere all’elettoré ed a Liitero; chè discerneva con orrore 'le secrete entrature del confessore la proposizione del priore, il consentimento de ministri di Carlo, la somma freddezza della romana pietà presso gli amici più affezionati al pontefice « in guisa che » (al dire del Pallavicini) detto sarebbe si che un torrente d' acqua gelata vi fosse sopra passato [10]. »Oro ed argento vennegli lilialmente mandato da Roma, e brevi energici indiritti agli uo mini più potenti dell’impero [11]. Temendo egli sempre di vedersi di mano fuggire la sua preda, si avvide essere quello il momento di tentare un colpo decisivo. Consegnò i brevi, sparse a piene mani l'oro e l'argento, prodigò le più allettanti impromissioni;, a armato diquesta triplice industria (dice lo storico cardinale), » si sforzò di volgere novellamente in favore del Papa la barcoll ante assemblea degli elettori » Ma, più che altri, avviluppò ne' suoi lacciuoli l’imperatore. Profittò delle scissure nate tra i mi nistri belgi ed i ministri spagnuoli; fu di continuo a' panni del principe. Ridesti dalla sua voce, tutti gli amici di Roma fecersi sollecitatori del giovane Carlo. « Ogni giorno (scriveva l’elettore a » suo fratello Giovanni), ogni giorno si delibera contro Lutero; si » chiede ch' egli sia proscritto dal Papa e dall’imperatore, e fan » nosi grandi conati per nuocergli. Coloro che fanno pompa de 171 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » loro cappelli rossi, i Romani, con tutta la loro setto, si ado » perano per questa faccenda con zelo infaticabile [12]*.» E nel vero, Aleandro sollecitava la condanna del riformatore con una violenza da Lutero chiamata furia maravigliosa. Il nunzio apostata, come lo appella il riformatore, recato dall’ira oltre i limiti della prudenza, un giorno gridò: « Se voi pretendete, o Germani, di scuotere il giogo della romana obbedienza» noi adopereremo in guisa, che gli uni alzando contro gli altri un ferro sterminatore, tutti abbiate a perire nel proprio vostro sangue 1 ! » — « Ecco il modo (aggiunge in proposito il Riformatore), ecco il modo con cui il Papa pasce le pecorelle di Gesù Cristo! » Ma Lutero non parlava a tal modo; e nulla per sè domandava. Lutero è pronto (diceva Melantone) a comprare con tutto il suo sangue la gloria ed il progresso del Vangelo (2) » Ma il riformatore tremava, nel ripensare alle desolazioni di cui la sua morte valer poteva di segnale. Vedeva un popolo fuorviato vendicar forse il suo martire nel sangue de' suoi avversari e de' chierici precipuamente; e l'animo gli fuggiva nel ripensare ad una si terribile mallerveria. » Dio (diceva egli) arresta la furia de' suoi nemici; ma se laseiala scoppiare ... o allora si vedrà riversarsi sui chierci una tempesta simigliante a quella che devastò la Boemia ... Mondo ne sono io, sendochè io abbia chiesto con vivo istanze alla germanica nobilità di contrastare ai Romani con la saviezza e non col ferro (3). Far guerra contro la chiericia, popolo senza animo, senza forza, ò farla contro femmine e fanciulli. Carlo Quinto non seppe resistere alle, istigazioni dell nunzio chè la sua devozione belgia e spagnuola era stata in lui sviluppata dal suo precettore Adriano, che a Leone X successe poi nel pontificato. Ma bisognava guadagnare la Dieta; il perchè diss' egli al nunzio: « Cercate di convincere quest' assemblea. » Questo era per Aleandro il sovrano de' suoi desiderii; e gli fu promesso che il di 13 febbraio sarebbe ammesso ed ascoltato dagli elettori. 172 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TERZO SOMMARIO * — Carlo Quinto invita Aleandro a convincere la Dieta — Il Nunzio si reca in quell' assemblea — Suo discorso — Lutero accusato — Roma giustificata — Appello a Carlo Quinto contro Lutero — Effetto del discorso del Nunzio Apparecchiossi il nunzio a questa udienza solenne; chè il fatto era veramente di gran momento; ma Aleandro n'era ben degno. Ambasciatore del sommo pontefice, e circondata da tutto lo splendore della sua dignità, era per giunta l'uno de' più eloquenti uomini del suo secolo. Non senza paura aspettavasi questa tornata dagli ammici della riforma. L'elettore di Sassomia si finse ammalato, e non vi ando; ma diede ordine a parecchi suoi consiglieri di recarvisi e di raccogliere il discorso del nunzio. Giunto il di stabilito, Aleandro s'incamminò verso l'assemblea de; principi. Gli animi erano accesi; e molti, in vederlo, tornavansi a mente Anna o Caifasso recantisi al Pretorio per chiedere la morte di quell' uomo che seduceva la nazione (4) Nel momento in cui nunzio era per entrare, l'usciere della Dieta, accostatoglisi bruscamente (dice il Pallavicini), posegli ambo le pugna in sul petto e lo respinse. « Era costui luterano nell' anima, aggiunge lo storico romano; e se il fatto è pur vero, palesa una strana passione, se vogliamo, ma offre ad un tempo la misura della potenza della parola di Lutero sin negli animi di coloro che custodivano la porta del consiglio dell' impero. altero Aleandro, raddrizzatosi con dignità, continuo la sua via, ed entrò nella sala. Roma mai chiamata non fu a fare la sua apologia dinanzi a si augusta assemblea. Il nunzio pose a sè dinanzi gli oggetti necessarii a convincimento degli uditori, i libri di Lutero e le bolle papali; poi fattosi nella Dieta universale il silenzio disse: « Augustissimo imperatore, potentissimi principi, eccellentis » situi deputati ! Io mi presento a patrocinare dinanzi a voi una » causa, per la quale sento ardermi in seno la più calda affezione. » Trattasi di mantenere sul capo del mio signore quella tiara da » tutti adorata; trattasi di mantener ritto quel trono papale per » cui sarei pronto a gittarmi vivo vivo sul fuoco, se pure il monstro, che ingenerò la nascente eresia ch' ora vengo a combat li tere, consumato dalle stesse fiamme, tratto fosse a mescolare le » sue ceneri alle mie [16] » No ! tutto il disparere tra Roma e Lutero non aggirasi sugli » interessi del Papa. Stannomi dinanzi i libri di Lutero; e basta » aver occhi in testa per riconoscere ch' egli muove assalto alle » sante dottrine della Chiesa. Insegna egli comunicarsi degnamente que' soli, le coscienze de' quali sono piene di tristezza e » di confusione per li peccati commessi; insegna che il battesimo i) non giustifica l’individuo se pure non ha Fede nella promessa .» di cui e arra questo sacramento [17]. Egli nega la necessità delle » nostre opere per ottenere la gloria celestiale; nega all’uomo la 173 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto libertà ed il potere di osservare la legge naturale e la divina; » ed afferma che noi pecchiamo necessariamente in ogni nostra »azione. Dall’arsenale dell’inferno uscirono mai dardi più accomodati a rompere il freno d' ogni nudore?.. Egli predica l'abolizione de' voti religiosi; e può- immaginarsi mai una più sacrilega empietà?.. Qual desolazione non vedrnssi nel mondo, » quando coloro che devono valere di pio incitamento ai popoli, » gitteranno lesàcrè 'cocolle, abbandoneranno i templi che ri o suonare' fòcevìiho col sacro loro inneggiare, e correranno ad immergersi nel!' adulterio, nell'incesto, nelle dissolutezze!..: » Farommi adesso ad enumerare tutti i delitti di questo mo ii nach» temerario ? Egli pecca contro i trapassati col negare il r, purgatorio; pecca contro Dio, col dire ch' egli non crederebbe n néanco ad un angiolo de' cieli; pecca contro la Chiesa, col pretendere che tutti i cristiani sono sacerdoti; pecca contro i santi, » col mispregiarne i venerabili scritti; pecca contro i concilii, col » chiamar quello di Costanza un' assemblea di demonii; pecca fi contro il mondo, col proibire di punire di morte chiunque non * abbia commesso un peccato mortale [18]. Alcuni lo predicano per n uomo pio Qui non voglio screditare la sua vita, ma unicamente ricordare a questa assemblea che il demonio suole i po » poli ingannare sotto lo mentite vesti della verità;» Àlèàntìro, dopo aver parlato del purgatorio condannato dal concilio di Firenze, depose a' piedi dell’imperatore la bolla del Papa risguardante questo concilio. L’arcivescovo di Magonza la raccolse, e porsela ai vescovi di Colonia e di Treveri, ohe rice vetterla con gravità e la passarono agli altri principi. Il nunzio poi, accusato a tal modo Lutero, passò alla seconda parte del suo discorso, in cui doveva Roma giustificare. « A Roma (dice Lutero), con la bocca si promette una cosa, e con la mano si opera la contraria. Se questo fatto è vero, non « è forse d' uopo trarne una conseguenza interamente opposta ? Se i ministri di una religione vivono secondo i suoi precetti, è segno ch’essa è bugiarda, Tale fu la religione. degli antichi Romani, tale è quella di Maometto, tale quella di-Lutero stesso; ». ma tale, non è la religione che i romani pontefici a noi insegnano. Si, la dottrina ch'essi professano, tutti li condanna, come aventi falli commessi: molti come colpevoli, e alcuni ancora (dicolo schiettamente) come scellerati.... Questa dottrina espone le loroazioni al biasimo degli uomini durante la loro vita, e all' infamia dopo morte nelle pagine della storia. Ora, io domando, qual piacere, qual pro tratto avrebbero i pontefici ad inventare una siffatta religione? » « La Chiesa (si dirà) non era ne' primi secoli governata dai » pontefici romani. — E qual conclusione vorrà trarsi da ciò? » Con siffatti argomenti, suader potrebbesi agli uomini di nutrirsi di ghiande ed alle principesse di lavare colle proprie mani i loro pannilini » 174 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ma, sopra ogni cosa, stava all’animo del nunzio l’oppressare il suo avversario, il riformatore; e pieno di sdegno coptro coloro die andavano, dicendo: doversi Lutero ascoltare, sclamò: « Lutero da veruno, si lascerà insegnare; il Papa lo aveva già a Roma chiamato, cd egli non vi andò; il Papa allora citello, in Augusta dinanzi al suo legato, nè vi comparve se non fianncheggiato da un salvo-condotto imperiale,. ch' è quanto dire, » dopo aver legate le braccia al nunzio, lasciatagli libera unicamente la lingua [21]... » Yoltosi poscia a Carlo-Quinto, soggiunse: « Deh! io supplico Vostra Maestà Imperiale di non far cosa che » tornerebbe in suo disonore! Non istia ad intrammettersi in una 9 faccenda in cui i laici nulla possono vedere. Fate, o Sire, l’o » pera yostra: la dottrina di Lutero sia interdetta per tutto il » vostro impero; gli scritti di lui siano arsi. Nè abbiate verun ti »^mpre; chè in essi trovansi tanti errori da far bruciare cento » mila eretici1 E che abbiamo noi a temerà? Questo popolazzo? Esso mostrasi tremendo innanzi "fa battaglia » con la sua insolenza, ma spregevole per la sua viltà nell'ora » del combattimento. Forse dobbiamo farci paura de' principi stranieri?... Ma il re di Francia ha divietato l’ingresso ne' suol » stati alla dottrina di Lutero; quello della Gran Bretagna lè » prepara un colpo della reale sua mano. Ciò poi che si pen dino l'Ungheria, l’Italia e la Spagna, voi ben vel sapete; né » v' ha alcuno de' vostri vicini, il quale, per quanto odiare vi' possa, vi auguri una tanta tribulazione, qual’è ì' eresia.'Conciossiachè, se la casa del nostro nemico ci sta vicina, possiam beneaugurargli la febbre, ma la peste non mai... E che sonò » poi tutti questi luterani ? una congerie d' insolentì grammatici* » di chierici corrotti, di monaci scostumati, di giuristi ignoranti di nobili inviliti, di cittadini fuorviati e pervertiti. E la parte » sana, la cattolica quanto è più numerosa, più abile, più pos » sente! Un unanime stanziamento di questa illustre assemblea illuminerà i semplici, avvertirà gl'imprudenti, deciderà gli esitanti, afforzerà i deboli... Ma se la scure non taglia le radici di questa venefica pianta, se non le si reca il colpo di morte o allora... la vedremo aduggiare co'suoi rami l'ereditaa di Gesù Cristo, mutar la vigna del Signore in orribile foresta, trasformare il regno di Dio in una tana di belve selvagge, e condurre l'Alemagna in quello sgomentevole stato di barbarie e di desolazione in cui l'Asia fu ridotta dalla superstizione di Maometto. » Il nunzio si tacque, dopo aver parlato duranti tre ore; é il prestigio della sua eloquenza avea scossa tutta quanta l'assemblea. I principi, sconcertati, sgomentati (dice Cocleo), guardavansi l'un l'altro, e tosto udironsi qua e la sordi rumori contro Lutero e contro i suoi aderenti. Se il possente Lutero ivi trovato si fosse, e se lecito gli fosse stato di rispondere a questa diceria; [24]* se, tratto partito dalle confessioni strappate al romano oratore dalla ricordanza del suo antico signore, l'infame Borgia, avesse dimostrato che questi argomenti, posti innanzi per difesa di Roma, ne formavano invece la condanna; s' egli avesse fatto in tendere che la dottrina rivelatrice della romana 175 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto iniquizia, non era inventata da lui, siccome avea detto F oratore, ma ch' era invece quella religione da Gesù Cristo data agli uomini, e dalla Riforma ricondotta al suo primitivo splendore; e avesse parato innanzi agli occhi degli ascoltanti un quadro esatto ed animato degli errori, degli abusi del papato; e com' esso faceva della re ligione di Gesù Cristo strumento a se d'innalzamento e di rapina; l’effetto dell’aringherìa del nunzio sarebbe sull’alto stato di strutto. Ma niuno si alzò per parlare in favore di lui; e l’assemblea rimase vinta dall’impressione del discorso d' Aleandro; commossa e trascinata, mostrossi disposta a svellere con la forza dal suolo dell’impero la luterana eresia [25]. Nondimeno questa vittoria fu di mera apparenza. Era ne' consigli di Dio che a Roma dato fosse il destro di far mostra delle sue ra gioni e delle sue forze. Il suo maggior oratore avea parlato nell' assemblea de' principi, e vi aveva detto tutto ciò che Roma po teva dire. Ma quest' era appunto l’ultimo sforzo del papato, sforzo che, per molti di coloro che ben leggevano nell’avvenire, dovea farsi segnale della sua sconfitta. Se bisogna confessare altamente la verità per condurla al trionfo, e perchè l’errore soccomba nella lotta, non avvi altra via se non quella di pubblicarla senza tanti riguardi. Nè l’una nè l’altro, per compiere la sua carriera, non deve starsi celato; la luce poi dà giudizio d' ogni cosa. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Clanculurn tentent et experiantur (Corp. Ref., I, 281, 3 febbraio). [2] Benignis offlciis recens a Pontiice delinitus (Pallav., Hist. Conc. Trid, I, p. 90). [3] Et sane in eo loto negotio singulare probitatis ardorisque specimen dedit (Ibid.). [4] Es baben dessen Bùcher Ihro Majestiit... um etwas gefallen... (Archivìi di Weimar. — Seckend., p. 315). [5] Der anderu das Hertz zu vielem Guten eròffnel (Seckend., p. 315). [6] Dass Gott diesen marni gesandt dass er eine Geissel seve um der Sùnden willen (Archiv. di Weimar. — Seck., p. 320). [7] Glapio that hierauf einen tiefen Seufzer, und rufte Gott sum Zeugert Ubici., p. 321). [8] Luth., Opp, (W) XXII, 1655 176 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] Und neimals dem Papst allegli geglaubt (Seck., p. 323) [10] Spalahinus scrììiìt tantum favoris evangelio esse ittie, ut me inaùditum et inconvictum damnati non sperei (Luth., Epp., I, 556, del 9 febbràro).1 [11] Triplici hac industria nune Aleander (Ibid.). [12] Das thun die in rothen Hiìten prangeu.... (Seckend., p. 364). [13] Miro furore Papista moliuntur miki mala (Lutti., lìpp., I, p. 5o6j) ., [14] Xunzius «JgM di parole per apostolica*) agit summit viri [15] San Luca, XX III, 2. [16] Pugnis ejus pcctori admotis repulerit (Hist. Conc. Trid., I, 112). [17] Dummodo mecum una monstrv,m nascentis hmresis arderet (Pallav., Bist. Conc. Trid., I, 97). Seckendorff, e dopo lui parecchi storici protestanti, hanno detto aver il Pallavicini composto il discorso ch'egli pone in bocca ad Aleaudro. Vero è che lo storico cardinale accenna d' aver egli data la forma sotto cui lo esibisce; ma accenna ad un tempo le fonti da cui lo trasse, e singularmente le lettere di Aleandro depositate negli archivii del Vaticano (Ada Wormatia, foli1 66 e 99): Penso per ciò che sarebbe un mostrarsi troppo di parte a ricusarlo per intero; e riferisco alcuni brani di questo discorso tratto da fonti romane e protestanti. [18] Baptismum neminem justificare, sed fidem in verbum promissionis, cui additur Baptismus (Cocleo, Acta Luth., 28) [19] Weil er verbiete jemand mit Todes Strafe Su belegen, der nidu eine Todtsùnde begangon (Seckend., p. 333). [20] Hultos ut quadantenus reos, nonnullos fdicam ingenue) ut sce lestos (Palla»., Hist. Corte. Trid., I, p. 101). [21] Linguarum vituperationi dum vivunt, historiarum infamia post mortem (Ibid.}. [22] Quod idem eroi, ac revinctis legati brachiti, et lingua solum soluta (Ibid., p. 109). [23] Dass 100,000 Ketzer ihrenthalben verbranntwerden (Seck., p. 33^}., 177 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [23] Vehementer exterriti atque commoti, alter alterum mtuebantur, atque in Lutherum ejusque fautores murmurare coeperunt (Cocleo, p. 28) [24] Lutheranam haresim esse funditus evellendam (Pallav., Hist. Cono. Trid., I, p 101. — Vita di Leone I, di Roscoc, IV, p. 30). [25] Hine aqua manabat, quae succensa pictatis aestum restinguebat (Pallav. Hist. Conc. Trid., I, p. 96) [26] Mandata, pecuniae ac diplomata (Ibid., p. 95) [27] Triplici hac industria nunc Aleander .... (Ibid) [28] Das thun die in rothen Huten prangen .... (Seckend, p. 364) [29] Miro furore Papistae moliuntur mihi mala (Luth. Epp I, p. 556) [30] Nunzius apostaticus (giuoco di parole per apostolicus) agit summis viribus (Ibid., p. 569) [31] Ut mutuis caedibus absumpti, vestro cruore persatis (Luth., Epp, I. 556) [32] Libenter etiam morte sua Evangeli gloriam et profecium emerit (Corp. Ref. I, 285) [33] Non ferro, sea consilis et edictis (Ibid. p. 569) 178 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUARTO SOMMARIO. — I Principi Vogliono sostenere i Richiami della Nazione — Discorso del Duca Giorgio ibid. — Differenza tra il Duca e Lutero — Carattere della Riforma — Centuno Richiami Presentati all'Imperatore — Carlo cede in qualche cosa ibid. — Aleandro si oppone alla comparsa di Lutero — I grandi di Spagna ibid. — Tranquillità di Lutero — Il Magnifìcat ibid. — Lutero vuol recarsi a Worms per morire ma non per disdirsi Fu l’opera di pochi giorni il far venir meno queste prime impressioni, siccome sempre interviene quando un oratore cerca vestire con parole sonore la nudità de' suoi argomenti. I più tra' principi erano ben pronti a sacrificare Lutero; ma niuno di loro voleva immolare i diritti dell’impero e i richiami della germanica nazione. Volevano benedar preso il monaco insolente che aveva ardito parlare tanto alto, ma pretendevano ad un tempo far maggiormente intendere al Papa la giustizia d' una Riforma, reclamata dalla nazione mediante i suoi capi. Per la qual cosa il duca Giorgio di Sassonia, sebbenefosse il maggior nemico di Lutero, fu quello che parlò con maggiore energia contro gli usurpamenti di Roma. Il nipote di Podiebrado, re di Boemia, ributtato dalle dottrine della grazia, annunciate dal riformatore, non avea per anco perduta la speranza di vedere operarsi una Riforma morale ed ecclesiastica. Ciò che lo indisponeva fiera mente contro il monaco di Wittemberga, era, in sua sentenza, che questi guastava tutta l’opera con le sue dispregiate dottrine. Ma in quell’ora scorgendo il nunzio affettare di porre in un fascio Lutero e la Riforma della Chiesa, e quello e questa travolvere in una stessa condanna, Giorgio si alzò d' improvviso nell assemblea de' principi, con grande stupore di coloro cui era noto 1' odio suo contro il riformatore, e ragionò in questa sentenza: « La Dieta non deve punto sdimenticare i richiami suoi contro la corte di » Roma. Quanti abusi s' intrusero ne' nostri stati! Le annate che » l’imperatore accordò liberamente in pro della cristianità, ora » si riscuotono come fossero un debito dello stato; i cortigiani di » Roma inventano ogni giorno nuovi decreti, per incaparrare » per vendere, per appigionare ad altri i benefizii ecclesiastici; si consente ad una moltitudine di trasgressioni; i trasgressori, » già fatti ricchi, sono indegnamente tollerati, nel mentre che » coloro, i quali non hanno di che pagare, sono spietatamente » puniti; i papi, non ristandosi mai di conferire ai loro creati di palazzo aspettative e riserve, non pongono mente al danno » che recano a coloro cui partengono i benefizii; le commende » delle badie e de' conventi, sono date a cardinali, a vescovi, » ad altri prelati che se ne appropriano le entrate, in guisa che » veggonsi deserti monasteri che aver dovrebbero venti a trenta » religiosi; le stazioni si moltiplicano in infinito, e così dicasi » delle botteghe d' indulgenze aperte in ogni via, in tutte le » piazze delle nostre città: quelle vi sono di sant' Antonio, quelle dello Spiritossanto, quelle di Sant' Uberto, quelle di san Cornelio, quelle di san Vincenzo, e molt' altre ancora; sonovi società che comprano a Roma il diritto di tenere siffatti mercati, poi 179 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto comprano dal loro vescovo il diritto di porre in vendita la loro mercatanzia, e per curarsi la necessaria moneta, importunano e vuotano la borsa de' poveri; l’indulgenza, che non dev' essere accordata che per la salute dell’anime, e che deve meritarsi con preghiere, con digiuni, con opere di carità, si vende a prezzo; gli uffìziali de' vescovi oppressano i » piccioli con penitenze per bestemmie, per adulterii, per istra » vizzi, per non aver osservato tale o tal altro giorno festivo, » poi non si curano di dire una sola parola di rimprovero a' » que' sbrigliati ecclesiastici che rendonsi rei di simiglianti mi sfatti; al penitente s'impongono pene ordinate in guisa di farlo ben tosto ricadere nello stesso fallo, sicchè torna a pagare maggior somma [1] ...; ecco accennati parecchi de' molti abusi che » gridano contro Roma. Ogni pudore si è gittata via, e più non » attendesi che ad una sola cosa...:, denaro! e poi denaro ancora!.... A tal modo, i predicatori, che dovrebbero la Verità » insegnare, altro più non fanno che spacciar menzogne, nè solamente sono sofferti, ma per mala giunta, premiati, sendochè più mentono, e più crescono i guadagni. Da questa pozza fangosa scaturiscono tant' altre acque corrotte. La dissolutezza dà la destra all’avarizia; gli uffiziali, sotto mendicati pretesti, » fanno venire in casa loro le donne e si sforzano di sedurle, ora » con presenti ed ora con minacce, e, se lo possono, fanno loro » perdere la buona fama [2]. Ah ! che pur troppo è lo scandalo del » clero che precipita tante povere anime nell’eterna dannazione. » E necessario operare una Riforma universale, e per compierla » è d' uopo convocare un ecumenico concilio. Egli è per questo, » eccellentissimi principi e signori, che io vi supplico con sommissione ad intendervi con tutta diligenza a questa bisogna. » Ciò detto, il duca Giorgio consegnò la lista di tutte le enumerate accusazioni. Questo accade pochi giorni dopo il discorso d' Aleandro; e un sì importante scritto del duca ci fu conservato negli archivii di Weimar. Lutero non aveva mai parlato con maggior forza contro gli abusi di Roma; ma però aveva fatto qualche cosa di più; il duca accennava il male, e Lutero, in uno col male, ne aveva accennato e la cagione ed il rimedio. Egli aveva dimostrato che il peccatore riceve la vera indulgenza, vogliam dire, quella che viene da Dio, unicamente per la Fede nella grazia e ne' meriti di Gesù Cristo; e questa semplice, ma possente dottrina avea rovesciati tutti i luoghi di mercato aperti dagli ecclesiastici. « in qual modo » si può diventar pio (domandava un giorno il riformatore)? Un cordigliero risponderà: — Indossate un cappuccio grigio, e cingetevi con una corda. — Un romano invece dirà: — Udite la messa, e digiunate. — Ma un cristiano soggiungerà: — La Fede » in Cristo basta sola a giustificare, a salvare. — Prima dell’opere dobbiamo avere la vita eterna. Ma quando noi siamo rinati, e fatti figliuoli di Dio in virtù della parola della grazia, allora è che facciamo opere buone [3]. » Il discorso del duca era quello di un principe secolare; il di scorso ili Lutero era quello di un riformatore. La gran piaga della Chiesa veni a dall’essersi gittata tutta quanta al di fuori, di aver fatto, cioè, di tu .te le sue opere e di tutte le sue grazie 180 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tante cose esterne e materiali. Le indulgenze erano state il punto estremo di questa via; e ciò che v' ha di spirituale nel cristianesimo, vogliamo dire, il perdono, erasi comprato nelle botteghe, a modo de' commestibili e delle bevande. La grand' opera di Lutero si strinse precisamente in questo: d' essersi servito di questo es tremo punto di degenerazione della cristianità, per ricondurre l’ uomo e la Chiesa alla primitiva sorgente della vita, e ritornare nel santuario del cuore il regno dello Spiritossanto. Il rimedio asci dal male stesso, siccome suole ne' fatti umani intervenire, e i due estremi si toccarono. Da quell’ora la Chiesa, che per tanti secoli s' era mostrata unicamente al di fuori, vogliamo dire, in cerimonie, in osservanze ed in pratiche umane, incominciò a svilupparsi al di dentro in Fede, in isperanza ed in carità. ll discorso del duca adoperò sugli animi con tanta maggiore efficacia, in quanto che sapevasi da tutti fieramente avverso a Lutero. Altri membri della Dieta toccarono diverse altre cagioni di querele; richiami tutti che furono fiancheggiati dagli stessi principi ecclesiastici [4]. « Noi abbiamo un pontefice (si disse ), il » quale ama unicamente la caccia e i piaceri; i benefizii della nazione germanica si conferiscono in Roma a' bombardieri, a falconieri, a meschini artigianelli, ad asinai, a mozzi di stalla, » a guardie del corpo ed altra simile genia, uomini ignavi, inetti » e sconosciuti in Alemagna [5]. » La Dieta nominò una commissione incombenzata di raccogliere tutti i richiami della nazione, e furono centuno. Una deputazione di principi secolari ed ecclesiastici li presentarono all’imperatore, supplicandolo a farne ragione; in conformità degli obblighi per luiassunti nella capitolazione. Dissero essi a Carlo Quinto: « Quante anime cristiane sono condotte a perdizione ! Quante ruberie, » quante concussioni ! cose tutte occasionate dagli scandali di cui » circondasi il capo spirituale della cristianità ! Vuolsi prevenire la ruina e il disonore del nostro popolo; ed è per questo che, tutti uniti, umilissimamente vi supplichiamo, e nel modo più incalzante, di ordinare una Riforma universale, d' imprenderla » e di condurla a compimento [6]. »Vera di que' dì nella società cristiana un potere sconosciuto che principi e popoli agitava, una saviezza piovuta da cielo che trascinava gli avversarii stessi della Riforma, e che preparava l’emancipazione di cui l’ora era finalmente suonata. Carlo non poteva essere insensibile a questi richiami dell’impero; i quali nè egli nè il nunzio s'erano aspettati. Fece tosto ritirare l'editto che ordinava l'arsione de' libri di Lutero per tutti gli stati imperiali, e vi sostituì un altr' ordine temporaneo di consegnare questi libri ai magistrati. Di tanto non si mostrò appagata quell’assemblea; e voleva che il riformatore comparisse e fosse udito dalla Dieta. E ingiustizia (dicevano i suoi amici) il condannare Lutero senza averlo ascoltato, senza sapere da lui s' egli sia veramente l’autore de' libri che voglionsi bruciare. — E gli avversarii di lui andavano dicendo: « La sua dottrina si è fatta donna de' cuori in siffatta guisa, » ch' è impossibile l’arrestarne i progressi se noi non ascoltiamo » lui stesso. Non ci perderemo in 181 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto disputazioni con lui s' egli e riconosce que' libri per suoi, e ricusasi dal ritrattarli, in allora » gli elettori, i principi e gli Stati del Sacro-Impero, tutti in uno accordo, fedeli alle credenze de' nostri padri, con tutte le nostre » forze faremo aiuto a Vostra Maestà nell’esecuzione de' suoi decreti [7] Aleandro, reso sollecito più che mai da siffatte disposizioni, e tutto temendo dalla fermezza di Lutero e dall’ignoranza de' principi, cominciò ad affaccendarsi per impedire la comparsa del riformatore. Dai ministri di Carlo recavasi ai principi i meglio disposti in favore del Papa, e da questi alle stanze dello stesso imperatore [8]. « Non è lecito (diceva) porre in quistione ciò che » dal sommo pontefice fu decretato. Voi dite, che con Lutero non sarà disputato; ma la potenza di questo audace, ma il fuoco » de' suoi sguardi, ma l’eloquenza delle sue parole e quello spirito misterioso che lo anima, non basteranno forse a sommuo ), vere qualche sedizione [9] ? Da molti già si venera qual santo, e » ovunque trovasi esposta la sua immagine cinta di un' aureola » di gloria, come fosse la testa di un beato Se però vuolsi » citarlo a comparire, non pongasi almeno sotto la protezione della pubblica Fede*[10]. »Quest' ultime parole dovevano spaventare Lutero o prepararne la ruina. Facile accesso trovò il nunzio presso i grandi di Spagna, i quali, infiammati dal più ardente fanatismo, erano impazienti di annientare la nuova eresia. Federico, duca d' Alba, era sopra gli altri avverso alla Riforma; fieramente s' adirava ogni volta ohe ne udiva parlare [11], e avrebbe voluto camminare sul sangue di tutti questi settarii. Lutero non era ancora chiamato a comparire, e intanto il solo suo nome agitava tutti i signori che in Worms trovavansi allora riuniti. « L’uomo che a tal modo turbava i grandi della terra, parca solo tranquillo. Inquietanti erano le notizie venute da Worms, e gli stessi amici di Lutero n' erano atterriti. Melantone scriveva a Spalatino: « Altro più non rimanci se non i vostri voti e le vostre preghiere. Oh ! degnassesi Iddio di redimere il popolo cristiano col prezzo del nostro sangue [12] !» Ma Lutero, che timore non conosce, chiuso nella quieta sua celletta, vi meditava, applicandole a sè, quelle parole di Maria, madre di Gesù, con le quali la Vergine esclama: « V anima mia magnifica il Signore; e lo spirito mio festeggia in Dio, mio Salvatore... Conciosiacosachè il Potente m'abbia fatte cose grandi: e santo è il suo Nome... » Egli ha operato potentemente col suo braccio... Egli ha tratti » giù da' troni i polenti, ed ha innalzati i bassi [13]'. » Ecco alcuni pensieri che affoltavansi nella mente di Lutero. « ll Potente... » dice Maria. Oh! è questo un grande ardimento in una donzella! Con una sola parola taccia di languore tutti i forti, di » fiacchezza tutti i possenti, di follia tutti i savi, di vituperio tutti coloro il cui nome è glorioso tra gli uomini; e depone a' piedi di » Dio solo ogni forza, ogni saviezza ed ogni gloria !. — Il suo braccio, continua la Vergine; e dà tal nome a quel potere per » il quale egli opera da sè e senza l'aiuto delle creature: potere » misterioso !... che adoperasi nel silenzio ed in secreto, sino a tanto 182 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto che deve recarsi in atto il suo intendimento. Là trovasi la » distruzione, senza che alcuno siasi avveduto del suo veniré ;'là trovasi il rilevamento, senza che alcuno l’abbia neppure sospettato. Lasciai suoi figliuoli nell'oppressione, nella fiacchezza, » in guisa che ciascuno a sè dice: Sono perduti !.. Ma allora appunto egli è il più forte; chè dove vien meno la forza degli » umani, là comincia la forza di Dio. Basta soltanto che la nostra » Fede in lui ponga fidanza... Per altro verso, Dio consente a' suoi avversarii d' innalzarsi, grandi e potenti; toglie loro l’aiuto della sua forza, e lasciali gonfiar della propria Stremi li lascia di eterna sapienza, e concede che riempiansi della loro flussa saviezza; e nel mentre che s' innalzano in tutto lo splendore del loro potere, Dio da essi ha ritratto il suo braccio; e l’opera » loro..., fatta più vana di niente, svanisce a modo d' una bolla di sapone che in aria scoppi. » Fu nel giorno dieci di marzo che Lutero terminò questa sposizione del Magnificat, tempo in cui il suo nome riempiva di tema la città imperiale. Quieto non fu lasciato nel suo ritiro; chè Spalatino, in obbedienza degli ordini dell’elettore, gli spedì nota degli articoli, de' quali gli si voleva chiedere la ritrattazione. Una ritrattazione, dopo averla ricusata in Augusta [15]!. .. « Non temete (scriss' egli a » Spalatino) ch' io ritratti una sillaba sola; sendochè l’unico loro » argomento sia di pretendere che i miei scritti siano in opposizione ai riti di ciò ch' essi chiamano Chiesa. Se l’imperatore » Carlo mi chiama unicamente affinchè io mi disdica, gli risponderò che rimarrommi qui; e sarà come s' io fossi stato a Worms » e poscia qui ritornato. Ma se V imperatore mi chiama invece » costà per pormi a morte, qual nemico dell’impero, pronto sono » ad obbedire alla sua chiamata [16]; chè, aiutandomi Gesù Cristo, » io non abbandonerò la parola sul campo di battaglia. Questi » uomini di sangue, bene mei so, non avran requie sino a tanto che non m' abbiano morto. Oh ! fossero unicamente i papisti » che rei si rendessero del sangue mio !» ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Sondern dass er es bald wieder begehe und mehr Geld erlegen infisse (Archivii di Weimar. — Seckend., p. 328). [2] Dass sie Weibesbilder unler mancherley Schegli bescbicken, selbige sodami mit Drohungen und Geschenken tu iiillen suchen, oder In, eiueii bòsen Verdaclit bringen (Archivii di Weimar. — Scck., p. 330). [3] Luth., Opp. (W.), XXII, p. 748,752. [4] Seckend. Vorrede von Frick. 183 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [5] Buchsenmeistern, Falknern, Pflstern, Eseltreibem, Stallknechten, Tra banten (Kapp's Naehlese nìitgl. Ref. Urkunden, III, p. 262). [6] Dass eine Besserung and gemeine Reformation geschehe (Ibid.). [7] Luth., Opp. (L.), XXII, 567. [8] Quam ob rem seduto contcslatus est apud Casaris administros (Pallav., Uist. Cono. Trid.. I, 113). [9] Lingua promptus, ardore vultus et oris spiritu ad concitandam seditio nem { Ibid.). [10] llaud certe fidem pùblicam ilU pnebendam (Ibid.). [11] Alba dux videbatur àliquando furentibus modis agitavi (Ibid., p. 302). [12] Miriam Deus redimat nostro sanguine salutem Christiani populi (Corp. Ref., I, 3G2). [13] San Luca. cap. I, vv. 46 a 55. [14] Magnificat. Luth., Opp., Wittemb. Deutsch. Ausg., Ili, p. 11, ec. [15] Er zieht seine Krafft heraus und lasst sie von eigener Krafft sich auf blasen (Magnificat. Lutb., Opp., Wittemb. Deutsch. Ausg., IlI, p. il, ec). [16] Si ad me occidendum deinceps vacare velit offeram me venturum (Luth., Epp., I, 574). 184 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUINTO SOMMARIO. — Carlo Quinto rteolvesi a citar Lutero aWorms. — Gli sarà dato un salvocondotto! — Intimazione dell’Imperatore. — Il salvo-condotto. — Timori dell’elettore. — Il giovedì santo a Roma. — Pubblicazione della bolla in Coma Domini. — Il Papa e Lutero. L’imperatore finalmente si risolse; chè, tutto beneconsiderato, la comparigione di Lutero davanti alla Dieta parve l’unico spe diente per terminare in qualche modo questa faccenda, che teneva in pensieri tutto l’impero. Carlo Quinto risolvette di farlo citare, ma senza dargli salvo-condotto; e qui cominciava per Federico la parte di protettore. Tutti vedevano il pericolo che a Lutero soprastava; e i suoi amici, al dire di Cocleo, temevano di ve derlo consegnato al Papa, o fatto morire dallo stesso imperatore, come indegno d' essergli tenuta parola a cagione dell’ostinata sua eresia [1]. Lungo e spinoso fu tra' principi il dibattito intorno a que sto fatto [2]; ma finalmente, scossi dalla vasta agitazione de' po poli di quasi intera l’Alemagna, e in paura di qualche subito tumulto od anche di qualche pericolosa sedizione [3] (In favore certamente del riformatore), i principi avvisarono savio consiglio di quietar gli animi in proposito di Lutero; e l’imperatore non solo, ma inoltre l’elettore di Sassonia, il duca Giorgio ed il lan gravio di Assia, per gli stati de' quali doveva passare, inviaron gli, ciascuno, un salvo-condotto. Il dì 6 marzo 1521, Carlo Quinto soscrisse l’intimazione se guente, indirizzata a Lutero : « Carlo, per la grazia di Dio eletto imperatore romano, sem » pre augusto, ec, ec. » Onorevole, caro e pio ! Noi e gli Stati del Sacro-Impero qui » riuniti, avendo risoluto di far luogo ad una inquisizione intorno » la dottrina ed i libri per te da qualche tempo pubblicati, noi ti » che abbiamo conceduto, per qui recarti e ritornare in luogo di » sicurezza, il nostro salvo-condotto e quello dell’impero uniamo » alla presente. E sincero nostro desiderio che tosto a questo » viaggio ti apparecchi, affinchè entro il termine de' ventun » giorni fissati nel nostro salvo-condotto tu possa trovarti immancabilmente qui. Non temere nè d'ingiustizia, nè di violenza; » chè noi vogliamo mantenere con ferma Fede l’enunciato no » stro salvo-condotto, e noi ci ripromettiamo che saprai obbedire » alla nostra chiamata. In ciò seguiterai il serio nostro avviso. » Dato dalla nostra città imperiale di Worms, il giorno sesto » del mese di marzo, l'anno del Signore 1521, e secondo del » nostro regno. » CARLO. » « Dietro l’ordine del mio signore l’imperatore, di propria » mano, » Alberto, cardinale di Magonza, arcicancelliere. » Nicolò ZWYL.. » 185 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il salvo-condotto, inchiuso in questa lettera, recava questo in dirizzo: All’onorevole, caro e fio dottore Martino Lutero, delP ordine degli Agostiniani. Incominciava a questo modo: « Noi Carlo, quinto di questo nome, per la grazia di Dio eletto » imperatore romano, sempre augusto, re di Spagna, delle Due » Sicilie, di Gerusalemme, di Ungheria, di Dalmazia, di Croazia, » ec., arciduca d' Austria, duca di Borgogna, conte di Habsburgo, » delle Fiandre e del Tirolo, ec., ec. » Poi, il re di tanti popoli, facendo sapere di aver citato dinanzi a lui un monaco agostiniano detto Lutero, ordinava a tutti i principi, signori, magistrati ed altri, di rispettare il salvo-con dotto ch' egli a lui concedeva, sotto pena della punizione dell' imperatore e dell’impero [4]. L’imperatore adunque dava i titoli « d' onorevole e di caro e » di pio » ad un uomo dal capo della Chiesa scomunicato. Nel dettato di questo documento erasi voluto allontanare ogni diffi denza dall’animo di Lutero e da quello de' suoi amorevoli. Ga spare Sturm fu destinato a recar questo dispaccio al riformatore e ad accompagnarlo a Worms. Federico poi, nel timore di qual che scandalo per parte della pubblica indegnazione, il 12 di marzo scrisse ai magistrati di Wittemberga di provvedere alla sicurezza di questo ufficiale dell’imperatore, e di dargli una guardia, se la avvisavano necessaria. L'araldo si pose in via. A tal modo compievansi i disegni di Dio; il quale voleva re care sovr' alto monte quella luce che aveva accesa sulla terra; e l’imperatore, i re ed i principi affaccendava nsi tosto per dar mano, senza saperlo, al divino intendimento. Poco al Dio costa l’esaltare quanto v' ha di più basso; e un atto della sua potenza bastò per recare l’umile figliuolo di Mansfeld da un' oscura ca panna sino al palagio in cui i re stavansi congregati. Dinanzi a lui non avvi nè picciolezza nè grandezza, e ad un cenno del suo volere s' incontrano Lutero e Carlos-Quinto. Ma vogliamo dire che il riformatore ubbidisca alla citazióne? I suoi migliori amici ne dubitano fortemente. Il dì 25 marzo l’e lettor di Sassonia scriveva a suo fratello: « Il dottore Martino è » qui chiamato; ma non so se verravvi. Non saprei sperare nulla » di buono. »Tre settimane dopo, il 16 di aprile, questo principe eccellente scrisse di nuovo al duca Giovanni: « Vi sono or » dini affissi contro Lutero. I vescovi ed i cardinali lo assalgono » con gran durezza. Dio volga tutto in bene! e gli piacesse ch' io » potessi procurare a Martino un' equa accoglienza [5] ! » Mentre le cose procedevano di questa forma in Worms ed in Wittemberga, il Papa i suoi colpi addoppiava. Il dì 28 marzo ricorreva in quell’anno il giovedì santo, e Roma in tal dì risuonò d' una solenne scomunica. Era usanza di pubblicarvi in quel giorno la terribile bolla in Ccena Domini, la quale consiste in una lunga serie d' imprecazioni. Gli accessi del tempio in cui doveva ufficiare quella mattina il sommo pontefice, erano assai per tempo stati guerniti di soldati della guardia papale, e 186 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto popolo immenso, ivi accorso da ogni parte d' Italia, stava aspettando la benedi zione del santo padre. Rami di alloro e di mirto ornavano la piazza della basilica; ardevano i ceri sulla loggia del tempio, e l’ostensorio vi stava in alto esposto. D' improvviso un suonar di campane fa l’aere tremare con solenne rumore; il Papa, ve stito de' suoi ornamenti pontificali, si mostra al popolo, assiso sopra una sedia a bracciuoli portata da chierici; ognuno si ingi nocchia, scuoprendosi il capo; si abbassano le bandiere, l’armi sono stese a terra, fassi un silenzio universale e solenne. Passati alcuni istanti, il Papa stende lentamente le mani, le solleva verso il cielo, poi lento lento le abbassa e fa il segno della croce, ripe tendolo per tre volte. Tornasi allora a dar nelle campane, per annunziare alle lontane campagne la papale benedizione. Preti con fiaccole accese fannosi allora innanzi impetuosamente, le riversano, le scuotono, le scagliano con forza, come se fossero le fiamme dell’inferno. Il popolo si agita, si commove, e le pa role della maledizione cadono dall’alto del tempio [6]. Quando Lutero ebbe contezza di questa scomunica, ne pubblicò il tenore con alcune sue osservazioni scritte con quel acre sapore ch' era gli sì proprio. Sebbenequesto suo scritto non fosse allora dato in luce, noi ne riferiremo qui alcuni frammenti. Udi remo il gran prete della cristianità sulla loggia della basilica vati cana, e il monaco di Wittemberga rispondergli dal fondo dell' Alemagna [7]. Avvi alcun che di singolare nel contrasto di queste due voci. « Il Papa. Leone, vescovo.... » Lutero. Vescovo.... a quel modo che un lupo è pastore; chè » il vescovo deve esortare secondo la dottrina della salute, non » già vomitare imprecazioni e maledizioni.... » Il Papa. Servo di tutti i servi di Dio.... » Lutero. La sera, quando siamo briachi; ma la mattina noi » chiamiamo Leone signore di tutti i signori. » Il Papa. I vescovi romani, nostri predecessori, hanno per » usanza di dar mano in questa solennità all’armi della giustizia » Lutero. Le quali, in tua sentenza, sono la scomunica e V anatema; ma in sentenza di san Paolo, sono invece la pazienza, » la dolcezza e la carità (2 Cor., VI, vv. 6 e 7). » Il Papa. Per debito dell’apostolico ufficio, e per servare la » purità della Fede cristiana. » Lutero. Intendi i domimi temporali del Papa. » Il Papa. E la sua unità, che consiste nell’unione de' membri » con Cristo loro capo.... e col suo vicario.... » Lutero. Chè Cristo solo non bastai ne bisogna un altro » ancora! » Il Papa. Per custodire e difendere la santa comunione de' » fedeli, noi seguitiamo l’antica costumanza, e scomunichiamo e » malediciamo da nome dell'onnipotente Iddio, il Padre... » Lutero. Del quale è detto: Conciosiacosach' Iddio non abbia » mandato il suo Figliuolo nel mondo, acciochè condanni il mondo: » anzi acciochè il mondo sia salvato per lui (Giov., Ili, v. 17). » Il Papa. E il Figliuolo e lo Spiritossanto, e secondo la podestà » degli apostoli Pietro e Paolo e della nostra propria » Lutero. Ed io! dice il lupo divoratore, come se la potenza di » Dio fosse troppo debole senza di lui. » Il Papa. Noi malediciamo tutti 187 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto gli eretici, i garasi [8], i pata » rini, i poveri di Lione, gli arnaldisti, gli speronisti, i pas » sagini, i wiclefiti, gli ussisti, i fraticelli.... » Lutero. Sendochè tutti costoro abbiano voluto possedere le » sante Scritture, e chiesero che il Papa fosse sobrio, e predicasse » la Parola di Dio. » Il Papa.... e Martino Lutero, novellamente condannato da » noi per una somigliante eresia, e così dicasi de' suoi aderenti, » e di tutti coloro, quali si siano che lo favoreggiano.... » Lutero. Grazie ti rendo, o graziosissimo pontefice, del condannarmi che fai in uno con tutti questi cristiani ! E un onore » per me che il nome mio sia proclamato a Roma in si grande » solennità, e in modo sì glorioso, e che covra il mondo in compagnia de' nomi di questi umili confessori di Gesù Cristo ! ' » Il Papa. Scomunichiamo e malediciamo del pari tutti i pirati » ed i corsari '. » Lutero. Ma il maggiore tra i pirati ed i corsari non è forse » colui che l'anime rapisce, e le inceppa e le dà morte?... » Il Papa precipuamente quelli che corrono sul nostro » mare.... » Lutero. Nostro mare!... San Pietro, nostro predecessore, » ha detto: Io non ho nè argento ,. nè oro (Atti, HI, 7); e' Gesù » Cristo: Li re delle genti le signoreggiano;. .. ma non già così voi » (Luca, XXII, 25). Ma se un carro carico di fieno deve cedere la fi strada ad un briaco, a quanta maggior ragione san Pietro e » Gesù Cristo dovranno trarsi da banda, per dar libero il passo » al Papa ! » Il Papa. Noi scomunichiamo e malediciamo pure coloro che » falsano le nostre bolle e le nostre lettere apostoliche. » Lutero. Ma le Lettere di Dio, le Scritture di Dio, è lecito ad » ognuno di condannarle, di bruciarle. » Il Papa. Scomunichiamo e malediciamo inoltre tutti coloro » che soprattengono le vittuaglie che recansi alla corte di Roma... » Lutero. Abbaia e morde, a modo di cane cui vogliasi tor » l’ osso che rode [9]. » Il Papa. Condanniamo e malediciamo del pari tutti coloro che » si appropriano i diritti giudiziarii, i frutti, le decime e le en » trate spettanti al clero... » Lutero. Chè Gesù Cristo ha detto: Se alcuno vuole contender » teco, e torti la tonica, lasciagli eziandio il mantello (Matth., V, » 40); e noi ne abbiamo già offerta la sposizione. » Il Papa, senza aver riguardo alla loro condizione elevata, » alla loro dignità, al loro ordine, alla loro potenza, al loro » grado; fossero anche vescovi o re » Lutero. Conciosiachè sarannovi tra voi mendaci dottori che » sprezzeranno le signorie, e diranno male delle dignità, dice » la Scrittura (Giuda, 8). » Il Papa. Noi condanniamo e malediciamo pure tutti coloro, » i quali in tale o tal altro modo recano danno alla città di Roma, » al regno delle Sicilie, all’isole di Corsica e di Sardegna, al » patrimonio di san Pietro in Toscana, al ducato di Spoleto, alla » marca d'Ancona, alla Campagna, alle città di Ferrara e di » Benevento, e a 188 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tutte le altre città o paesi di ragione della Chiesa » di Roma. » Lutero. O Pietro! povero pescatore! da chi dati ti furono » e Roma e tutti questi regni? Io ti saluto, o Pietro, re di Sici » Ha... e pescatore a Betsaida! » Il Papa. Scomunichiamo e malediciamo tutti i cancellieri, » consiglieri, parlamenti, procuratori, governatori, ufficiali, » vescovi ed altri che si oppongono alle nostre lettere di esorta » zione, d' invito, di divieto, di mediazione, di esecuzione » Lutero. Sendochè la santa sede voglia vivere nell’ozio, nella » magnificenza e nella dissolutezza, ed altro non cerchi se non » ad imperare, a tempestare, ad ingannare, a mentire, a diso » norare, a sedurre ed a commettere ogni atto qualsivoglia di » malizia in tutta pace e sicurezza — » Alzati, o Signore ! non istà il fatto nella forma che preten » dono i papisti; tu non ci hai punto abbandonati, nè lungi da » noi tengonsi rivolti gli sguardi tuoi ! » A tal modo parlarono Leone X in Roma, e Lutero in Wittemberga. Terminato ch' ebbe il Papa di pronunciare queste condanne, la pergamena su cui stavano scritte fu lacerata, e i pezzetti furono gittati sul popolo. Una grande agitazione si manifestò nella folla; e ognuno balzava ed ingegnavasi di arraffare qualche pezzuolo della tremenda bolla. Erano quelle le sante reliquie che il papato ai fedeli offeriva nella vigilia del gran giorno di grazia e di espia zione. La moltitudine poscia in un lampo si disperse, e le vici nanze della basilica rientrarono nel solito loro silenzio. Ritorniamo a Wittemberga. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Tamquam perfido haretico nulla sit servando fides (Coeleo, p. 28). [2] Longa consultatia difficilisque disceptatio (Ibid.). [3] Cum autem grandis ubique per Germaniam fere totam excitate esset. ..... animorum commotio (Ibid ). [4] Luca Cranach's Stammbuch, ec, herausgegeben v. Chr. v. Mecheln., p. 12. -. .. [5] Die Cardinale und BischSfe sind ibm hart zuwieder... (Seckend., p. 365). 189 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [6] Questa cerimonia trovasi in diverse opere descritta, tra l'altre: Tagebuch einer Reise durch Deutschland und Italien (Berlino, 1817, IV, p. 94). I tratti principali rimontano a tempi più antichi che quelli di Lutero. [7] Per la bolla del Papa e per la sposizione fattane da Lutero, veggasi: Die Bulla vom Abendfressen (Luth., Opp. [L.], XYJII, p. 1). [8] Questo nome è uno storpio di menante; e vuoIsi leggere gazati o catari. [9] Oleici) wie egli Hund ums Beines willen (Luth., Opp. IL.], XVIII, p. 12). 190 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SESTO SOMMARIO. — L’Araldo Imperiale giunge a Wittemberga — Il Vangelo in Pomerania — Melantone vuol partire con Lutero — Amsdorff Schurff e Suaven lo Accompagnano ibid. — Hutten e Carlo Quinto — Supplica in nome dell’Alemagna. Il dì 24 marzo l’araldo imperiale entrò nella città in cui Lutero dimorava. Gaspare Sturm si presentò a lui e consegnogli l’inti mazione di Carlo-Quinto. Momento grave e solenne fu quello per lo riformatore ! Tutti i suoi amici n' erano trambasciati. Niun principe sino a quell’ora erasi dichiarato in suo favore, neanco Federico il Saggio. Vero è che i cavalieri facevano intendere grida minacciosa; ma il potente Carlo le mispregiava. Nondimeno Lutero si rimase imperturbato. « I papisti (diss' egli, scorto lo » sbigottimento do' suoi amorevoli ), i papisti non desiderano la » mia andata a Worms, ma sibbenc la mia condanna e la mia » morto [1]. Non importa ! Pregate, non per mo, ma per la Parola » di Dio. Il mio sangue non avrà punto perduto del suo colore, » che già migliaia di uomini per tutta la terra saran tenuti a ren » der ragione dell’averlo versato! Il santissimo avversario di Cristo, il padre, il signore, il generalissimo degli omicidi, in » sistc per ispargerlo. Così sia. Compiasi pure il volere di Dio! » « Gesù Cristo mi darà il suo spirito per vincere questi ministri » dell’errore. In vita io li disprezzo, c ne trionferò con la mia » morte [2]. A Worms menasi eran vampo per costringermi a dis » dirmi: ed ecco quale sarà la mia ritrattazione: — Ilo detto nel » tempo passato cho il Papa era il vicario di Gesù Cristo; ed ora » dico in quella vece ch' egli ò l’avversario del Signore e l’apo » stolo del demonio. » Quando poi intese che tutti i pulpiti de' Francescani e dei Domenicani risuonavano d' imprecazioni e di maledizioni contro di lui, esclamò: « Qual gioia maravigliosa ne » provo io3! » Sapeva di avere obbedito al volere di Dio, e che Dio era con lui; e per qual ragione non partirebbe egli con co raggio? Questa purità d'intenzione, questa libertà di coscienza, è una forza nascosa, ma inestimabile, che mai non fallisce al servo di Dio, e che lo rende invincibile più che far non potreb bero tutte le corazze e tutti gli eserciti. Lutero vide allora giugnere in Wittemberga un uomo, ch' essere doveva l’amico di tutta la sua vita, al pari di Melantone, e che era desi inato a consolarlo al momento della sua partenza [3]*. Era un prete di trentasei anni, detto Bugenhagen, il quale fuggiva i rigori con cui il vescovo di Camin ed il principe Bogislao di Po merania perseguitavano gli amici del Vangelo, ecclesiastici, citta dini e letterati [4]. Rampollo di famiglia senatoria, enato a Wollin, nella Pomerania, da cui vennegli il nome più usato di Pomerano, Bugenhagen insegnò in età d' anni ventiquattro a Treptow. Igio vani accorrevano in folla ad udirlo, e la sua compagnia disputa vansi tra di loro i nobili ed i saputi. Studiava assiduo le sacre lettere, supplicando Iddio ad illuminarlo [5]. Un giorno, verso il cadere dell’anno 1520, gli fu dato a leggere il libro di Lutero intorna la Cattività di Babilonia. Cenava quella sera con molti amici, 191 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto e letto ch' egli l’ebbe, disse: « Dalla morte di Gesù Cristo » sino a noi, molti eretici hanno infestata la Chiesa: ma non fuvvi » mai peste maggiore dell’autore di questo libro. »Recatoselo a casa, lo lesse e rilesse con attenzione, e tutti i suoi pensamenti si mutarono. Verità tutte nuove lampeggiarongli nella mente; e tornato alcuni giorni dopo a conversare co' suoi amici, disse loro: « Il mondo intero è caduto nelle tenebre più oscure; quest' uomo » solo vede la verità [6]. »Parecchi preti, un diacono e l'abate stesso abbracciarono la pura dottrina della salute, e in breve tempo, predicando con forza, condussero i loro uditori, al dire d' uno storico, dalle umane superstizioni al solo merito possente di Gesù Cristo' [7]. Allora incominciò la persecuzione, e molti geme vano già nelle prigioni. Bugenhagen fuggì da' suoi nemici, e re cossi a Wittemberga. Melantone scrissene tosto al cappellano dell' eleltore: « Egli soffre (diceagli) per l'amore del Vangelo; e dove » poteva egli mai ripararsi se non in questo nostro ασυλον, e sotto » la guardia del nostro principe [8] ? » Ma niuno fece a Bugenhagen più liete accoglienze di quello che Lutero si facesse; e fu tra loro pattuito che partito appena il rifor matore, Bugenhagen incomincierebbe la pubblica sposizione de' Salmi. A tal modo la divina Provvidenza condusse allora quest' uomo possente in Wittemberga per farvi le veci dell’altro che stava per allontanarsene. Posto un anno dopo alla testa della Chiesa di quella città, Bugenhagen la governò per trentasei anni; e Lutero lo chiamava il Pastore per eccellenza. Lutero doveva porsi in via; e gli amici suoi, vinti da paura, pensavano che se a Dio non piaceva di operare un miracolo, il riformatore sarebbe stato posto a morte. Melantone, lontano com' era dalla sua patria, tutta la sua amichevole affezione avea posta in Lutero: « Lutero (diceva) mi tien luogo di tutti i miei » amici; egli è per me più grande, più ammirabile di quanto io » possa dire. Voi sapete quanta fosse l’ammirazione di Alcibiade » verso Socrate [9]; ma io ammiro inoltre Lutero per un altro ri » spetto ancora, voglio dire, per la sua cristiana pietà. »Poscia aggiungeva questa parola sì semplice, si cospicua: « Ogni volta » ch' io lui contemplo, trovolo sempre più grande di sè stesso [10]. » Melantone voleva seguitarlo e seco dividere i pericoli, ma i co muni loro amorevoli e Lutero stesso si opposero a questo suo de siderio. Filippo, in ogni peggior caso, non doveva essere il suc cessore di Martino? E se questi più non tornava, qual altro più degno di lui trovar si poteva per condurre innanzi l’opera della Riforma? Melantone rassegnato, ma doloroso, sclamò: « Ah! pia » cesse a Dio che conceduto mi fosse di partire con esso lui [11]! » Il veemente Amsdorff dichiarò tosto di voler accompagnare il riformatore; chè la fortezza dell’animo suo piacevasi assai di ci mentarsi ne' pericoli; e la sua nobile alterezza consentivagli di comparire senza veruna tema dinanzi a' re congregati. L’elettore aveva chiamato a Wittemberga, qual professore di giurisprudenza, un uomo celebre, di una grande amabilità, figliuolo di un medico di San-Gallo, Girolamo Schurff, il quale viveva nella più stretta intimità con Lutero. Il riformatore diceva di lui: « Quest' uomo » 192 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto non ha ancora saputo risolversi a pronunciare sentenza di morte » contro un solo malfattore [12]. »Un tal uomo, timido qual era, desiderò nondimeno di assistere il dottore in qualità di consultore in questo viaggio pericoloso. Pietro Suaven, giovane studente danese, che dimorava in casa di Melantone, e che poscia celebre si rese co' suoi lavori evangelici nella Pomerania e nella Danimarca, dichiarò pure di volere accompagnare Lutero. La scola resca doveva essere rappresentata anch' essa allato del campione della verità. Commossa era l’Alemagna nel ripensare ai pericoli che sopra stavano al rappresentante del suo popolo; e trovò allora, in tanta necessità di consiglio, una voce degna di sè per far udire i suoi timori. Ulrico di Hutten tutto fu scosso dal pensiero in lui desto dal colpo che minacciava la patria; e il primo giorno di aprile scrisse a Carlo Quinto in questa forma: « Eccellentissimo impe » ratore, voi siete sul punto di perderci e di perdere voi stesso con noi. A che s' intende in questa faccenda di Lutero, se non a » distruggere la nostra libertà e ad abbattere la vostra potenza '? » in tutto l’impero non trovasi un solo giusto, il quale non prenda » grandemente all’animo questa bisogna [13]. La sola chiericìa s'alza » contro Lutero, sendochè siasi egli opposto alla smodata potenza, » al vergognoso fasto, al vivere abbandonato di essa, ed abbia » difesa la dottrina di Gesù Cristo, la libertà della patria e la san » tità de' costumi. » O imperatore ! allontanate da voi cotesti oratori di Roma, » cotesti vescovi, cotesti cardinali, che vogliono attraversare ogni » Riforma. Non avete voi posto mente alla tristezza del popolo » quando vi vide avvicinarvi al Reno circondato da queste genti » dal cappello rosso, da una mandria di preti, a vece di una coorte » di strenui guerrieri ?.. . » Non abbandonate la sovrana vostra maestà a coloro che vo » gliono porsela sotto i piedi ! Prendavi pietà di noi ! nè vogliate travolvere nella vostra la ruina di tutta la germanica nazione !. . » Guidateci tra i più mortali pericoli, contro le spade, contro le » bocche che vomitan la morte [14]; tutte le nazioni cospirino contro » di noi, tutti gli eserciti ci assaliscano, sicchè possiamo fare » aperta prova del nostro valore, anzichè essere vinti a tal modo » e resi servi in guisa sì oscura e soppiatta, come femmine, senz' » armi e senza battaglie Ah! sì, noi ci confidiamo che da » voi saremo liberati dal giogo de' Romani, e che rovescierete la papale tirannia. Faccia Iddio che l’avvenire sia di maggior valore che non sono questi cominciamentil » L’Alemagna tutta intera abbraccia, prostrata, le vostre ginocchia [15]; e tutta in lagrime vi supplica, e implora il vostro aiuto, la vostra compassione, la vostra fedeltà. Per la » sacra memoria di que' Germani, i quali, mentre il mondo in » tero a Roma obbediva, non curvarono il capo dinanzi a quella » superba dominatrice, la Germania vi scongiura di salvarla, di » restituirla a sè stessa, di liberarla dal servaggio, di vendicarla » de' suoi tiranni!.» In tal guisa a Carlo Quinto parlava la nazione alemanna per bocca del cavaliere Ulrico; ma P imperatore non pose mente a questa lettera, e probabilmente la gittò disdegnoso ad uno de' suoi secretarii. Egli era Fiammingo, non Germano, e l’intendi 193 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto mento d' ogni suo desiderio era la sua propria potenza, e non la gloria, non la libertà dell’impero. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Damnatum et perditum (Lutb., Epp. ,l,p. 556). [2] Ut hos Satana ministros et contemnam vivens et vincam moriens (Ibld., p. 579). 3 Quod mire quam gaudeam (IbId., p. 567). [3] Venit Wittembergam paulo ante iter Lutheri ad comitia Wormatia indicta (Meleti. Adam., Vita Bugenhagii, p. 314). [4] Sacerdotes, cives et scolasticos in vincala conjecit (Melch. Adam., Vita Bugenhagii, p. 313). [5] Precesque adjunxit, quibus divinitus se regi ac doceri petivit (Ibid., 312). [6] in cimmeriis tenebris versatur: hic vir unus et solus verum videt (Ibid., p. 313). [7] A superstitionibus ad unicum Christi meritum traducere (Ibid.). [8] Corp. Reform., I, p. 361. [9] « Alcibiade si era persuaso che la conversazione di Socrate era un aiuto » inviatogli dagli dii per istruirlo e per salvarloh» (Plutarco, Vita di Alcibiade). [10] Quem quoties contemplar, se ipso subinde majorem judico (Corp. Ref., I. p. 264). [11] Utinam licuisset mihi una proficisci (Ibid., p. 365). [12] Luth., Off. (W.), XXII, p. 2067, 1819. [13] Ncque enim, quam lata est Germania, ulli bonisunt (Luth., Opp. lat., Il, p. 182, verso). [14] Due nos in manifestum potius periculum, due in ferrum, due in ignes. .. (Luth., Opp. lat., II, p. 188). 194 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [15] Omnern nunc Germaniam quasi ad gema provolutam tibi.... (Ibid., 184) 195 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SETTIMO SOMMARIO. — Partenza di Lutero. — Il ritratto di Savonarola. — Si espone in pubblico la condanna di Lutero a Weimar. — Que' di Erfurt vannogli incontro. — Giusto Jonas. — Lutero predica in Erfurt. — La salute per Fede e per opere. — Lutero infermo. — Concorso del popolo. — Coraggio di Lutero. — Lutero ed un uffìziale. — Soggiorno in Francoforte. — Diviso de' cortigiani imperiali. — Glapione presso Sickingen. — Fer mezza invincibile di Lutero. Correva il 2 di aprile, e Lutero dovea prender congedo da' suoi amici. Dopo avere scritto a Lange che passerebbe per Erfurt il giovedì o il venerdì seguente disse addio a' suoi colleghi. Rivol tosi poi a Melantone, con voce commossa gli disse: « Se più non » torno, e se sarò posto a morte da' miei nemici, non ristarti, o » fratello mio, dall’insegnare, e tienti in Fede alla verità. Lavora » in vece mia, sendochè io più nol possa; e se tu vivi, poco » importa ch' io pera. [1]»Commessa poscia l’anima sua nelle mani di Colui che è fedele, Lutero salì sul suo veicolo, e lasciò Wittemberga. Il consiglio della città fornita gli aveva una modesta vettura coperta di una tela che i viaggiatori potevano a piacere distendere o levare. L’araldo imperiale, rivestito de' suoi orna menti e recante l’aquila imperiale, cavalcava dinanzi, in compagnia del suo servitore; poi venivano Lutero, Schurff, Ams dorff e Suaven sul loro carro. Gli amici del vangelo, i cittadini di Wittemberga, commossi com' erano, supplicavano a Dio lagn inosi. A tal modo partì Lutero. S' avvide ben presto de' tristi presentimenti che affliggevano coloro ch' egli andava incontrando per la via. Niun onore a Lipsia gli fu reso, e ivi gli fu unicamente offerto il vino di usanza. A Naumburgo incontrò un prete, probabilmente J. Langer, uomo di zelo severo, che custodiva gelosamente nel suo gabinetto l’im magine del famoso fra Girolamo Savonarola da Ferrara, bru ciato nel 1498 a Firenze per ordine del Papa, Alessandro VI, qual martire della libertà e della morale, più ancora che qual confessore dell’evangelica verità. Preso questo ritratto, il prete si accostò a Lutero e tacitamente glielo porse. Questi intese quanto quella muta immagine gli annunciava; ma l’animo non caddegli per questo. « E Satana (diss' egli) che con questi terrori vorrebbe » impedire che la verità fosse confessata nell’assemblea de' prin» cipi, sendochè provegga il colpo che questo fatto sta per recare » al suo regno [2]. »Il prete dissegli allora in tutta gravità: « Tienti » fermo qual rocca nella verità che hai riconosciuta, e il tuo Dio si rimarrà fermo del pari con teco [3]. » Passata la notte a Naumburgo, dove il borgomastro gli si mo strò ospitale, giunse Lutero in sulla sera del dì seguente a Wei mar. Ivi era appena giunto che intese grida da tutte parti: era la sua condanna che ad alta voce si pubblicava. « Osservate ! » dis segli l’araldo imperiale. Egli sguardò, e i suoi occhi maravigliati videro messaggeri imperiali percorrenti le vie appiccare per ogni canto l’editto dell’imperatore che ordinava di consegnare i libri di lui ai magistrati. Lutero non 196 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto dubitò che fossero anticipata mente ostentati questi rigori per tenerlo in timore, e per poscia condannarlo in contumacia se ricusato si fosse di comparire. « Eb » bene, signor dottore, volete voi continuare il vostro viaggio? » dissegli l’araldo imperiale, tutto sgomentato. — « Sì (rispose Lutero); quantunque posto all’interdetto in tutte le città, io continuerò il mio cammino ! lo mi confido nel salvo-condotto » dell’imperatore. » A Weimar ebbe Lutero una udienza dal duca Giovanni, fra tello dell’elettore di Sassonia, che allora vi risiedeva. Il principe l’invitò a predicare, ed egli vi consenti. Parole di vita sfug girono dal labbro del commosso riformatore, le quali furono ricevute nell’animo e nella mente da un monaco francescano. Fu questo Giovanni Voì't, l’amico di Federico Miconio; e fu in quell' ora convertito all’evangelica dottrina. Due anni dopo abbandonò il chiostro, e più tardi fu professore di teologia a Wittemberga. Il duca diede a Lutero il denaro necessario al suo viaggio. Da Weimar il riformatore recossi ad Erfurt, città de' giovanili suoi anni. Ivi sperava vedere Lange, suo famigliare, se pure non v'era pericolo ad entrare in quella città, siccome gli aveva già scritto [4]. Forse di tre a quattro leghe n'era ancora discosto, quando, presso il villaggio di Nora, vide venire da lontano una truppa di gente a cavallo. Erano amici o nemici? Poco durò il sospetto; che ben presto Lutero si udì con acclamazioni salutare. Croto, rettore della università, Eobano Hesse, l’amico di Melan tone e da Lutero detto il re de' poeti, Euricio Cordo, Giovanni Draco, ed altri molti, in numero di quaranta, membri del se nato, dell’università. della borghesia, eransi recati ad incontrarlo. Una gran moltitudine di abitanti di Erfurt cuoprono la via, e mandano grida plaudenti e gioiose; ognuno desiderava di veder l’uomo animoso che non aveva dubitato di dichiarare la guerra al Papa. Un giovane di ventidue anni, detto Giusto Jonas, agli altri era precorso [5]. Dopo aver egli studiata giurisprudenza in Erfurt, era stato nel 1519 nominato rettore dell'università. Illuminato da quella evangelica luce che spandevasi allora in ogni parte, erasi invogliato di divenir dottore in divinità; ed Erasmo gli scrisse: « Credo che Dio abbiati eletto strumento per far risplendere la » gloria del suo figliuolo Gesù [6]. »Tutti i pensieri di Jonas erano rivolti a Wittemberga ed a Lutero. Alcuni anni prima, e mentre non era ancora studente in diritto, Jonas, d' animo pronto ed im prendente, erasi pedestremente partito in compagnia di alcuni amici, ed avea traversate boscaglie infestate da malandrini, e città afflitte dalla pestilenza. per recarsi sino ad Erasmo ch' era in quel tempo a Brusselle. E adesso non affronterà egli altri pe ricoli per accompagnare a Worms il riformatore? Con vive istanze ne lo richiese, e Lutero vi consentì; ed ecco il modo con cui s' in contrarono questi due dottori, i quali poi per tutta la vita loro dovevano faticarsi intorno all’opera del rista aramento della Chiesa. La divina Provvidenza annodava d' intorno a Lutero gli uomini per lei destinati ad essere luce dell’Alemagna, i Melan toni, gli Amsdorff, i Bugenhagen, i Jonas. AI suo ritorno da Worms, Jonas fu nominato prevosto della Chiesa di Wittemberga e fatto dottore in divinità. « Jonas 197 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto (diceva Lutero) è un uomo del » quale converrebbe comprar la vita a gran prezzo per tenerlo a » lungo su questa terra [7]. » Niun predicatore possedeva al pari di lui il dono di cattivarsi gli uditori; e Mclantone soleva dire: « Pomerano è esegeta, io sono dialettico. Jonas oratore. Le parole scorrongli dalla bocca con mirabile venustà, e piena di forza è » la sua eloquenza. Ma Lutero tutti quanti ci avanza [8]. »Pare che in quel torno un amico d' infanzia ed un fratello di Lutero recaronsi a crescerne la scorta. La deputazione di Erfurt volte aveva le briglie, e cavalieri e gente a piedi, fattisi dintorno alla vettura di Lutero, entrarono nelle mura della città. Alla porta, sulle piazze e lungo le vie, dove il povero monaco avea le tante volte mendicato il pane, la folta degli spettatori era immensa. Lutero smontò al convento degli Agostiniani, dove il Vangelo consolò la prima volta il suo cuore. Lange fecegli grandissima festa; Usingen ed alcuni altri monaci tra' più vecchi, gli si mostrarono freddi freddi. Desideravasi di udirlo; la predicazione era gli divietata; ma l’araldo, trascinato egli stesso, cedette alla corrente. La domenica dopo la Pasqua, la chiesa degli Agostiniani d' Er furt si trovò piena di gente; e quel frate che ivi in altri tempi apriva le porte e spazzava la chiesa, salì sul pergamo, ed aperta la Bibbia, vi lesse queste parole: Pace a voi. E detto questo, mostrò loro le sue mani e il costato (Giovanni, XX, vv. 19 e 20). « Tutti » i filosofi (diss' egli), i dottori, gli scrittori, sonosi applicati ad » insegnare in qual modo l’uomo possa ottenere la vita eterna, » nè vi sono riusciti. Io frattanto ve lo voglio dire. » Questa fu la gran quistione di tutti i secoli; per la qual cosa gli uditori di Lutero doppiarono la loro attenzione. « Dannosi due maniere di opere (continuò il riformatore): » opere aliene, e queste sono le buone; opere proprie, e queste » sono di poco momento. L’uno innalza una chiesa, l’altro va in » pellegrinaggio a san Giacomo o a san Pietro; un terzo digiuna, ora, prende il cappuccio e va nudi i piedi; un quarto fa qual » che altra cosa ancora. Tutte queste opere sono zero e periranno; » chè le proprie opere nostre sono, senza veruna forza. Ora voglio » dirvi quale sia l’opera vera. Dio ha resuscitato un uomo, il nostro Signore Gesù Cristo, affinchè schiacci la morte, annienti » il peccato e chiuda le porte dell’inferno. Eccovi l’opera della » salute. Credette il demonio di tenere il Signore in suo potere » quando lo vide tra due malfattori, sofferente il martirio più » vergognoso, maledetto da Dio e dagli uomini.... Ma la divinità » dispiegò la sua potenza, e annientò la morte, il peccato e l’Inferno... » Cristo ha vinto ! eccovi la gran novella ! e noi siamo salvati » dall’opere sue, non dalle nostre. — Il Papa dice altramente; » ma io dichiaro che la stessa santa Madre di Dio è stata salvata » non per la sua virginità, non per la sua purità, non per l’o » pere sue, ma unicamente per mezzo della Fede e per le opere » di Dio... » 198 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Mentre Lutero parlava, alzossi improvviso un rumore; una delle logge scricchiolò, e temettesi che fosse per cadere sotto il peso della folla. Tanto bastò ad occasionare una grande agi tazione tra gli uditori; chi fuggiva, chi restava, preso da spa vento. Sostossi l’oratore un momento; poi, stesa la mano, sclamò con forte voce: « Non temete di nulla ! non v' ha pericolo niuno; il demonio s' intrammetle per impedirmi di annunziare il Vangelo, ma non vi riuscirà [9]. » A quest' ordine, maravigliati e scossi soffermansi i fuggenti; l’assemblea si acqueta, e Lutero, senza porsi in affanno de' diabolici tentativi, continuò: « Forse » direte voi: molto ci favellate della Fede; insegnateci adunque » in qual modo si può ottenerla. Or bene, passiamo ad insegnar » velo. Il nostro Signore Gesù Cristo ha detto: La pace sia convoi ! guardate le mie mani, ch' è quanto dire: Pon mente, o » uomo ! sono io, sono io solo che ha tolti i tuoi peccati e che ti ha » redento; ed ora hai la pace! dice il Signore » Io non ho punto mangiato il frutto dell’albero (soggiunse » Lutero), nè voi pure lo avete gustato, ma noi abbiam ricevuto » il peccato trasmessoci da Adamo, e noi l’abbiamo così come d commesso. Così pure, nè io, nè voi abbiamo sofferto sulla croce; » ma Cristo ha sofferto per noi, e siamo per ciò giustificati dall' » opera di Dio, e non dalla nostra.... Io sono, dice il Signore, » la tua giustizia, la tua redenzione. » Credasi al Vangelo, credasi a san Paolo, e non alle lettere, non alle decretali de' papi [10]» Predicata la Fede qual cagione della giustificazione del pecca tore, Lutero passa a parlare dell’opere qual conseguenza e ma nifestazione della salute. « Poichè Dio ci ha salvati (continuò adire), ordiniamo l’opere o nostre in tal guisa che a lui riescano accette. Sei tu ricco? sia » la tua facoltà utile ai poverelli. Sei tu povero? sia il tuo servigio » utile ai facoltosi. Se il tuo lavoro non fa pro che a te stesso, » il servigio che tu pensi rendere a Dio, altro non è che una » menzogna » In tutto questo discorso verbo ci non disse di sè, niuna allu sione fecevi alle circostanze in cui si trovava, nulla disse di Worms, nè di Carlo, nè dei nunzi. Predicò Cristo e Cristo unica mente; e nel momento in cui tutti gli uomini tengono volti gli occhi a Lutero, questi punto non pensa al fatto suo, indubitabile impronta del vero servo di Dio. Lutero, lasciato Erfurt, passò a Gotha, dove pure predicò; e Miconio aggiunge che nel mentre che la folla usciva dalla chiesa dopo il sermone, il demonio staccò dal frontone di quel tempio alcune pietre, ch' eranvi rimase immobili da dugento anni. Il dottore passò poi la notte a Reinhardsbrunn nel monistero dei Benedettini; poi la mattina partì per Isenac, dove si sentì indi sposto. Amsdorff, Jonas, Schurff e tutti i suoi amici ne furono sgomentati. Fu salassato, furongli usate le più amorevoli cure. Lo scultetto della città, Giovanni Oswald, accorse in persona a recargli un cordiale. Lutero, bevuto che n'ebbe, si addormentò, e le forze ristorate dal sonno gli consentirono di riporsi in via nel dì che venne. 199 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ovunque il popolo accorreva per vederlo [11]; sicchè può dirsi che questo viaggio fu per lui la marcia di un trionfatore. Contem plavasi con animo commosso quest' uomo ardito che andava ad offerire la sua testa all’imperatore ed all’impero [12]. Era sempre circondato da calca immensa, da cui uscivano voci che gli dice vano: « Trovansi a Worms tónti cardinali, tanti vescovi ! Ah ! » voi ivi sarete bruciato, in cenere ridurranno il vostro corpo, » siccome hanno fatto in altri tempi di quello di Giovanni Huss. [13]» Ma nulla valeva a sbigottire Lutero, il quale rispondeva: « Quand' anche accendessero un fuoco che si stendesse da Worms a Wittemberga, e le cui fiamme si alzassero sino al cielo, lo traverserei in nome del Signore, comparirei loro dinanzi, entrerei » nella gola di quel Behemoth, spezzerei i suoi denti, e confesserei il nostro Signore Gesù Cristo [14]. » Un giorno, nell’entrare ch' egli faceva in un albergo, a gran fatica per la folta che premevalo da ogni lato, un ufficiale gli si accostò e gli disse: « Siete voi l’uomo che ha intrapreso di rifor » mare il papato?... In qual modo potrete mai riuscirvi?... — Sì » (rispose Lutero), io sono quel desso; e mi riposo nell’Onnipo » tenie, di cui stannomi dinanzi la parola ed il comandamento. » L’ufficiale commosso lo guardò allora con occhio più benigno, e gli rispose: « Caro amico, quanto mi dite è di qualche considerazione. Io sono servitore di Carlo; ma il vostro signore » è più grande del mio; egli vi custodirà e farà v vi aiuto [15]. » Tal' era l’impressione che far soleva Lutero, che i suoi stessi nemici erano commossi e ammirati alla vista della moltitudine che lo cir condava. Ma essi rappresentarono questo viaggio sotto colori ben differenti [16]. Il dottore giunse a Francoforte la domenica, giorno 1 4 di aprile. La notizia della marcia di Lutero a Worms era giunta; e pati ronla di mal animo gli amici del Papa, i quali non avevano mai creduto che Lutero obbedisse alla citazione dell’imperatore. Al berto, cardinale arcivescovo di Magonza, dato avrebbe ogni suo avere per arrestarlo sulla via, e incominciaronsi nuove mene per riuscirvi. Giunto Lutero a Francoforte, vi si riposò alquanto, poi an nunzio il suo prossimo arrivo a Spalatino ch' era allora a Worms coll’elettore. È questa la sola lettera per lui scritta durante que sto suo viaggio. « Giungo (diss' egli), in onta de' conati di Satana, » il quale ha tentato di soffermarmi per istrada con malattie. Da » Isenac sino a qui, non ho cessato di languire, e mi trovo an » cora più che mai indisposto. Intendo che Carlo ha pubblicato » un editto per atterrirmi; ma Cristo vive, e noi entreremo in » Worms a marcio dispetto di tutte le porte dell’inferno e di » tutte le potenze dell’aria Apparecchiatemi adunque un ri » covero. [17]» Il dì che venne, Lutero andò a visitare la scientifica scuola di Guglielmo Nesse, celebre geografo di quel tempo, e a que'gio vani studenti diss' egli: « Datevi alla 200 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto lettura della Bibbia ed alla » ricerca della verità. »Poi, posta una mano sul capo di uno di que' garzonetti, e l’altra sovra il capo d' un altro, pronunciò una benedizione sopra tutta quella scuola. Se Lutero benediva i giovanetti, i vecchi non isdimenticava ed era loro ferma speranza. Una vedova d'età inclinata e serva di Dio, Catterina di Holzhausen, andò a lui e dissegli: « Mio padre e mia madre hannomi annunziato che Dio susciterebbe un » uomo che opporrebbesi alle papali vanità, e che salverebbe la » parola di Dio. Spero che tu sia quel desso; e per l’opera che » devi compiere io ti auguro la grazia e il santo Spirito di Dio [18]. » Questi sentimenti furono ben lontani dall’esser comuni a tutti gli abitanti di Francoforte. Giovanni Cocleo, ivi decano della chiesa di Nostra Donna, era uno de' più devoti alla romana Chiesa; e nel veder Lutero traversare quella città per recarsi a Worms, non potè reprimere i suoi timori. Avvisò che la Chiesa fosse in necessità di devoti difensori; e quantunque non fosse chiamato da veruno, nondimeno, abbandonata ch' ebbe appena Lutero quella città, tennegli dietro, pronto, diss' egli, a porre la vita in di fensione dell’onore della Chiesa [19]. Grande era lo sgomento nel campo degli amici del Papa. L’e resiarca si avvicinava, ogni ora a Worms più lo accostava, e se vi entrava, tutto era per essi forse perduto. L’arcivescovo Al berto, il confessore Glapione e tutti i politici che circondavano l'imperatore, erano conturbati. In qual modo cessare la venuta di questo frate? Rapirlo è impossibile, francheggiato come trovasi da un salvo-condotto di Carlo. Coll’astuzia puossi unicamente sostarne i passi. Dietro queste considerazioni, senza por tempo in mezzo, questi abili uomini fermano tra loro il seguente divisa mente Il confessore dell’imperatore e il suo gran ciamberlano, Paolo di Armsdorf, partono da Worms in tutta ressa [20], e recansi al castello di Ebernburgo, circa dieci leghe distante da Worms, dove abitava quel cavaliere Francesco di Sickingen, che aveva già offerto, come dicemmo altrove, un asilo a Lutero. Bucer, giovane domenicano, cappellano dell’elettore palatino, conver tito all’evangelica dottrina nel tempo della disputa tenutasi in Heidelberga, erasi allora riparato in quella « osteria de' giusti. » Il cavaliere, che poco intendevasi in fatti di religione, era di leggieri tratto in inganno, e il carattere dell’antico cappellano palatino aiutava i divisi del confessore. Bucer in sostanza era uomo di pace; e nel distinguere i punti fondamentali dai secon darii, pensava di poter questi sacrificare all'unità ed alla pace '[21]. II ciamberlano ed il confessore di Carlo incominciano il loro assalto, col dar a credere a Sickingen ed a Bucer che se Lutero a Worms si recava, era irremissibilmente perduto. Aggiunsero che l’imperatore era pronto ad inviare alcuni sapienti ad Ebern burgo a conferire col dottore, e dissero, conchiudendo, al cava liere: « Sotto la guardia vostra 201 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto porrannosi le due parti. — Siamo » già intesi con Lutero, dissero poi a Bucer, intorno tutte le cose » essenziali; trattasi unicamente di alcuni punti secondarii, e voi » ci servirete di ammezzatore. »Il cavaliere e il dottore sono già scossi, e il confessore e il ciambellano continuano l’opera loro col dire a Sickingen: « E necessario che parta da voi l’invito da » farsi a Lutero, e che Bucer ne sia il portatore [22]. »Tutto venne accordato a seconda dei loro desiderii. Rechisi Lutero, credulo troppo, unicamente ad Ebernburgo, il suo salvo-condotto spirerà ben tosto; e allora, chi mai lo potrà difendere? Lutero intanto era giunto ad Oppenheim; e il suo salvo-condotto era valido ancora per tre soli giorni. Scorge appressarsi un drap pello di cavalieri, e non tarda a riconoscere alla loro testa quel Bucer con cui aveva si intimamente conversato in Heidelberga [23]. « Questi cavalieri pertengono a Francesco di Sickingen (disse » Bucer a Lutero, dopo le più liete e care accoglienze). Egli » voi m'invia per condurvi al suo forte castello [24]. Il confessore » dell’imperatore desidera avere con voi un abboccamento; e la » sua influenza sull’animo di Carlo è senza termini; tutto puossi » adunque aggiustare; ma state lontano da Aleandro ! » Jonas, Amsdorff e Schurff non sanno che pensare. Bucer insiste; ma Lutero non istà punto in forse, e risponde: « Io continuo il mio » cammino; e se il confessore dell’imperatore ha a dirmi alcun » che, troverammi a Worms. Io mi reco dove sono chiamato. » Spalatino per altro incominciava a turbarsi ed a temere. Cir condato in Worms da nemici della Riforma, udiva ripetere: non doversi il salvocondotto di un eretico rispettare; e fu sollecito ed angoscioso per l’amico suo. Poco di lungi era Lutero dalla città, quando un messaggiere gli si presentò per dirgli da parte del cappellano: « Guardatevi dal por piede in Worms ! » Tanto assa pere gli faceva il suo migliore amico, il confidente dell’elettore, lo stesso Spalatino !. .. Lutero, fatta rocca del cuore, sguarda V inviato e risponde: « Tornate al vostro padrone ed annunzia » tegli, che quand' anche fossero in Worms tanti diavoli quanti » sono i tegoli de' suoi tetti, che io nondimeno vi entrerei... [25] » Lutero forse mai non mostrossi più grande ! Il messo tornò a Worms, e vi recò questa maraviglievole risposta. « Intrepido io » era in quel tempo (disse Lutero pochi dì prima della sua » morte), nè temeva di cosa niuna. Dio solo può dare all’uomo » tanto ardimento; e io non so se adesso avrei tanta libertà, » tanta letizia. »Matesio, suo discepolo, aggiunge poi: « L’animo » s' ingrandisce quando la causa è buona, e rende animosi e forti » i militi e gli evangelisti [26]. ________________________________________ 202 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Luth., Epp., 1, p. 580. [2] Terrorem hunc a Sathana sibi dixit adferri (Meleli. Adam., p. 117). [3] Er wolle bey der erkandten Walirheyt mit breylem Fuss aushalten (Matesio, Historien, p. 25: noi citiamo la prima edizione del 1566). [4] Nisi periculum sit Erfordiam ingredi (Luth., Epp., I, p. 580). [5] Hos In'.er, qui nos prrevenerat, ibal Jonas » lite decus nostri, primaque fama Cuori. • (Eob. tIessi. Elegia sccunda.J [6] Velut orqanum quoddam eleclum ad illustranrìum filii sui Jesu gloriarti (Erasm., Epp., V, 27). [7] Vir est quem oportuit multo pratio emptum et servatimi in terra (Weissm., I, p. 1436). [8] Pomeranus est grammatìcus, ego sum dialecticus, Jonas est orator Lutherus vero nobis omnibus antccellit (Knapp., Narrai, de 3. Iona, p. 581). [9] Agnosco insidias, hostis acerbe, tuas (Hessi Elegia tertia). [10] Luth., Opp. (L.), XII, p. 485. [11] Iter facienti occurrebant populi (Pallav., flist. Conc. Trid., I, 114). [12] Quacumque. iter faciebant, frequens erat concursus hominum, videndi [13] Lutheri studio (Coeleo, p. 29). [14] Egli feuer das bis ari den Himmel reichte (Keil, I, p. 98). [15] Nun habt Ihr einen grossern Herrn, denn Ich (Ibid., p. 99). [16] in diversoriis multa propinatici, lata compotatio, musices quoque gaudia. adeo ut lutherus ipse alicubi sonora testudine ludens, omnium in se oculos concerterei, velut Orpheus quidam, sed rasus adhuc et cucullatus, eoque mi rabilior (Cocleo, p. 29). [17] Intrabimus Wormatiam, invitis omnibus portis inferni et potentatibus aeris (Luth., Epp., I, p. 987). 203 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [18] Ich hoffe dass du der Verheissene... (Cypr. Hilar. Ev., p. 608). [19] Lutherum Mac transeuntem subscquutus, ut pro honore Ecclesia vilam suam exponeret (Cocleo, 36). È quello che spesso citiamo. [20] Dass der Keyser seinen Beichtvater und Ihrer Majest. Ober-Kammerling zu Sickingen schickt (Luth., Opp., XVII, p. 587). [21] Condocefaciebat .zà àvayxaca a probabilibus distìnguere, ut scirent qua retinenda (M. Adam., Vita Buceri, p. 223). [22] Dass er solite den Luther zu sich fodera (Luth., Opp., XVII, p. 587). [23] Da kam Bucer zu, mit etlichen Reulern (Ibid.). [24] Uud wollte mir ùberreden zu Sickingen gen Ebernburg zu kommen (Ib ). [25] Wenn so viel Teufel zu Worms waren, als Ziegel auf den Dàchern, nodi wolltlch binein! (Luth., Opp. (L.), XVII, p. 587.1 [26] So wachst das Herz im Leibe (Matb., p. 24). 204 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO OTTAVO SOMMARIO. — Entrata in Worms. — Il canto de' morti. — Consiglio tenuto da Cario Quinto. — Capitone ed i temporeggiatori. — Concorso intorno di Lutero. — È citato a comparire. — Lettera di Hutten. — lriquietudini di Lutero. — Sua preghiera. — Sua marcia verso la Dieta. — Parole del vecchio generale G. di Freudsberga. — Maestosa assemblea. — Vittoria contro Roma. — Incoraggiamento di parecchi principi. Finalmente il dì 16 aprile in sul mattino scoperse Lutero le mura dell'antica città. Ivi era aspettato; e in Worms un solo pensiero predominava. Giovani nobili, non potendo V impa zienza loro infrenare, tra' quali Bernardo di Hirschfeld, Alberto di Lindenau con sei cavalieri ed altri gentiluomini del seguito de' principi, in numero di cento, se dobbiam credere al Palla vicini, correvano a cavallo dinanzi a Lutero e circondavanlo a modo di scorta nel momento del suo ingresso. Egli si avvicinava; e cavalcavagli dinanzi l’araldo imperiale con tutte le insegne della sua carica. Lutero venivagli appresso sul modesto suo carro; seguitavalo Jonas a cavallo; circondavanlo i cavalieri; un popolo immenso aspettavalo alle porte. Alle dieci antimeridiane entrò in quella città, da cui tanti gli avevano predetto che più non uscirebbe; e nondimeno eccolo in Worms! Duemila persone facevan codazzo lungo le strade della città al famoso monaco di Wittemberga. Accorrevasi da ogni banda per vederlo, e di momento in momento la folla facevasi più grossa. Tanta non fu quando ivi entrò l’imperatore. D' improvviso, al dire d' uno storico, un uomo in abiti strani, e recante a se dinanzi una gran croce, siccome suolsi nelle funebri comitive, staccasi dalla folla, si accosta a Lutero, poi ad alta voce e in tuono lamentevole e misurato, siccome suolsi cantare la messa in suf fragio de' trapassati, cantò le seguenti parole come se le avesse fatte udire dall’impero dei defunti : « Advenisti, o desiderabilis ! » Quem expeclabamus in tenebris [1]. » Con un Requiem adunque celebravasi la venuta di Lutero ! Era un buffone dell’uno de' duchi di Baviera, che, se la storia è vera, dava a Lutero uno di quegli avvertimenti pieni ad un tempo di saviezza e d' ironia, di cui citansi tanti esempi di siffatti personaggi. Ma il rumore della moltitudine affogò tosto il De profundis del crocifero. Tanta era la folta delle persone, che il corteosi avanzava a gran fatica; finalmente l’araldo dell’im pero sostò dinanzi al palagio de' cavalieri di Rodi. Ivi alloggiavano due consiglieri dell’elettore di Sassonia, Federico di Thun e Filippo di Feilitsch, ed anche il maresciallo dell’impero, Ulrico di Pappenheim. Lutero scese dal suo carro; e nel por piede a terra, disse: « Dio sarà mia difesa [2]. »Più tardi poi ebbe a dire: « Entrai in Worms sopra un carro coperto, ed avvolto nella mia » cocolla. Ognuno accorreva sulle vie per le quali io passava, ognuno voleva vedere il monaco Martino [3]. » 205 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto La notizia del suo arrivo colmò di spavento e l’elettore di Sassonia ed il nunzio Aleandro. Il giovine e leggiadro arcivescovo Alberto, che il mezzo teneva tra le due fazioni, era costernato da tanto ardimento; e Lutero ebbe a dire in proposito: « Egli è » ben vero, che s' io non avessi avuto maggior coraggio di lui, » niuno mi avrebbe mai veduto in Worms. » Carlo Quinto convocò tosto il suo consiglio, e gl’intimi consi glieri dell’imperatore senza por tempo in mezzo corsero al pala gio; chè lo spavento gli animi loro aveva compresi. « Giunto è » Lutero (disse Carlo); ed ora che dobbiam fare? » Modo, vescovo di Palermo e cancelliere delle Fiandre, rispose, se dobbiam Fede prestare alla testimonianza dello stesso Lutero: « Noi siamo già da lungo tempo consultati in proposito: Vostra » Maestà imperiale si sbarazzi di quest' uomo, e faccialo tosto. » Sigismondo non fece egli bruciare Giovanni Huss? Non si è in » dovere nè di dare nè di servare un salvo-condotto ad un ere » tico [4]. »— « No (Carlo rispose); vuolsi tenere quanto si è pro fi messo. »Fu d' uopo adunque rassegnarsi a lasciar comparire il riformatore. Nel mentre che i grandi agitavansi a tal modo ne' loro consigli in proposito di Lutero, molti uomini trovavansi in Worms che allegravansi di poter finalmente contemplare da vicino questo illustre servo di Dio. Capitone, cappellano e consigliere dell’arci vescovo di Magonza, primeggiava tra essi. Questo spettabile personaggio, che poco prima aveva con gran libertà annunziato il Vangelo nella Svizzera [5], pensava esser debito dell’ufficio ch'egli allora sosteneva il governarsi da piaggiatore tra le due fazioni; per la qual cosa venne accusato da entrambe: vile lo dissero gli evangelici, simulato gridaronlo i Romani [6]. Egli però a Magonza senza infìgnimenti e con chiarezza avea predicata la dottrina della Fede. Nel momento di partirsi da quella città erasi dato a suc cessore un giovine predicatore infiammato di zelo, detto Edione. La Parola di Dio non era punto interdetta in Magonza, antica sede del primato della Chiesa germanica; ed il Vangelo vi era ascoltato con grande avidità. Indarno i monaci ivi si sforzavano di predicare al modo loro la santa Scrittura; e ponevano indarno in opera tutti gli argomenti ch' erano in loro potere, per attutare l’effervescenza degli animi. Più gridavano, e più davano in nonnulla [7]. Ma Capitone, sebbenepredicasse la novella dottrina, sforzavasi nondimeno di non romperla con coloro che la perse guitavano. Egli sperava, con altri che pensavanla come lui, di potere a tal modo fare gran pro alla Chiesa. Ad intendere costoro, se Lutero non era bruciato, se tutti i luterani non erano scomu nicati, tutto il merito n' era dovuto all’influenza di Capitone sull’animo dell’arcivescovo Alberto [8]. Il decano di Francoforte, Cocleo, giunse in Worms quasi nel tempo stesso in cui giunsevf Lutero, e andò difilato da Capitone. Questi ch' era, in apparenza almeno, 206 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto molto in grazia del nunzio, presentò Coeleo ad Alean dro, e valse così a vincolare tra loro i due maggiori nemici del riformatore [9]*. Capitone credette sinceramente di giovar molto la causa di Gesù Cristo con tutti questi riguardi; ma niuno dir potrebbe che da questo suo modo di comportarsi risultasse pur qualche bene. Gli avvenimenti mandarono sempre fallite queste ragioni d' una saviezza puramente umana; e provano che una condotta ricisa, nel mentre che è la più franca, riesce anche la più saggia. In questo mentre la folla non intralasciava di circondare il palagio de' cavalieri di Rodi, dove Lutero era disceso. Egli era per gli uni un prodigio di sav rezza, e per gli altri un mostro d' iniquità. Tutti gli abitanti volevano vederlo [10]; ma gli furono le prime ore concedute per riposarsi dai disagi della lunga via, e per conversare co' suoi intimi amici. Ma giunta la sera stipa ronsi a lui dintorno conti, baroni, cavalieri, semplici gentil uomini, ecclesiastici e semplici cittadini. Tutti, non esclusi ii suoi avversarii, erano maravigliati della baldezza de' suoi porta menti, della letizia che in lui traspariva, della potenza delle sue parole, di quella sublimità e di quell’entusiasmo sì mirabili che conferivano a questo monaco una irresistibile autorità. Se non che gli uni attribuivano questa altezza d' animo ad alcun che di divino, nel mentre che gli amici del Papa gridavano alta mente ch' egli era spiritato [11]. Le visite si andavano succedendo; e questa folla di curiosi tenne Lutero in piedi sino a notte avanzata. Il dì che venne, mercoledì 17 aprile, in sul mattino, Ulrico di Pappenheim, maresciallo ereditario dell’impero, lo citò a comparire alle quattro pomeridiane dinanzi a Sua Maestà Imperiale ed agli Stati generali, messaggio che Lutero accolse con profondo rispetto. A tal modo tutto fu ordinato; e Lutero per la causa di Gesù Cristo sta per comparire dinanzi alla più augusta assemblea della terra. I conforti non gli mancano. Il bollente cavaliere Ulrico di Hutten trovavasi allora nel castello d' Ebernburgo, nè potendo recarsi a Worms (sendochè Leone X chiesto avesse a Carlo Quinto di inviarglielo a Roma mani e piedi legati), volle almeno stendere un' amica mano a Lutero, e quel giorno stesso (17 aprile) gli scrisse, prese a prestanza le parole di un re d' Israele [12]: « II Signore ti risponda nel giorno che tu sarai in distretta ! leviti ad » alto in salvo il Nome del Iddio di Jacob ! Manditi soccorso dal Santuario e sostengati da Sion!... Diati ciò ch’ è secondo il » cuor tuo, ed adempisca ogni tuo consiglio ! Dilettissimo Lutero, » venerando padre mio!... non temete e siate forte. Il consiglio » de' malvagi vi accerchia, e contro voi hanno essi spalancata la » bocca a modo di rugghianti leoni; ma il Signore si alzerà contro » gli empii e sperderalli. Strenuamente combattete adunque per Gesù Cristo. In quanto a me, combatterò io pure animosa » mente. Piacesse a Dio che dato mi fosse vedere com' essi aggrot » tano le sopracciglia! Ma il Signore purgherà la sua vigna guasta » dal cinghiale della foresta... Cristo vi salvi [13]. »Bucer fece ciò che Hutten non aveva potuto; da 207 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ebernburgo recossi a Worms, nè abbandonò il suo amico durante la dimora di lui in questa città [14]. Ma Lutero, anzi che negli uomini, cercava in Dio la sua forza: n Colui, il quale, assaltato dal suo nemico, si fa schermo con lo » scudo della Fede (diceva un giorno), è un Perseo novello difeso dalla testa della Gorgone. Chiunque la riguarda cade morto. A » tal modo dobbiamo noi porre innanzi il Figliuolo di Dio alle » insidie che si sono tese dal demonio [15]. »In quella mattina del 17 aprile ebbe momenti di turbamento, ne' quali la faccia di Dio rimanevagli nascosa. Vacilla la sua Fede, dinanzi a lui si moltipli cano i suoi nemici; tutta n'è scossa la sua immaginativa L’anima sua è fatta nave combàttuta da' più violenti marosi, che si piega, che cade sin nel fondo dell’abisso, e che poscia risale sino ai cieli. In quest' ora di un amaro dolore nel quale accosta il labro al calice di Cristo, e ch' è per lui l’orto di Getsemani, si prostra con la faccia sino a terra, e lascia udire que' gemiti interrotti da non potersi immaginare, da chi non sappia figurarsi la profondità dell’angoscia da cui movevano per salire sino a Dio*[16]: « Dio on » nipotente! Dio eterno! quanto è terribile il mondo.! in qua! » guisa spalanca egli la bocca per ingoiarmi ! e quanto è poca la » mia fidanza in te !... Quanto fiacca è la carne, e quanto Satana » è potente ! Se confidare deggio io in ciò che è possente secondo » gli uomini, posso tenermi per ispacciato!.... La faccenda è risoluta [17], il giudizio è pronunciato!... O Dio! O Dio !... O Tu...Mio Dio!... fammi aiuto contro tutta la sapienza del mondo! Tu il » fa, tu devi farlo. .. tu solo; chè l’opera è tua, non mia. Io nulla » ho a che fare qui; nulla ho da contendere io con questi grandi » della terra ! Anche a me garberebbe la vita consolata e tran » quilla; ma la causa è la tua... ed essa è giusta ed eterna! O Signore ! vienmi in aiuto! Dio fedele, Dio immutabile ! in niun » mortale io mi confido, chè sarebbe indarno! Tutto ciò ch' è dell' uomo è mal fermo; tutto ciò che opera l’uomo vien meno. O Dio ! O Dio !... non mi ascolti?... Mio Dio! se' tu morto?... No, » morire tu non puoi! Tu unicamente ti nascondi... Tu per quest' opera m' hai eletto. Io lo so !... Or bene! opera adunque, o mio Dio !... tienti stretto al fianco mio, in nome dell'amatissimo tuo » figliuolo Gesù Cristo, che è mia difesa, mio scudo, mia fortezza. » Dopo un istante di silenzio e di battaglia, continua a questo modo: « Signóre, ove rimani! O mio Dio! dove sei?... Vieni, » vieni, chè pronto sono io !... Pronto sono a dare la vita per la » tua verità... paziente come un agnello; chè la causa è giusta, » ed è la tua ! Da te non istaccherommi nè adesso, nè mai, per » tutta l’eternità !... E quando il mondo pieno fosse di spiriti infernali, quand' anche il mio corpo, che pure è tua fattura, » dovesse morder la polvere, essere disteso sulla nuda terra, » messo in pezzi... ridotto in cenere... l'anima mia sarà tua! » Sì, emmi mallevadrice la tua Parola. L’anima mia è tutta tua ! » e presso di te rimarrà eternamente... così sia !... O Dio ! fammi » aiuto!... così sia [18]! » 208 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Questa preghiera rende ragione di Lutero e della Riforma. Qui la storia rimuove il velo del santuario, e ci addita la secreta parte in cui la forza ed il coraggio furono dati a quest'uomo umile e meschinello, che fu strumento di Dio per francar l'anima ed il pensiero degli uomini, e dar principio a tempi novelli. Lutero e la Riforma sono qui colti sul fatto, e scuopronsi i loro più occulti ordigni, e si riconosce da qual parte venne la loro potenza. Questa preghiera di un'anima che si fa vittima volontaria della causa della verità si ravvisa in tutti i documenti raccolti insieme che riferisconsi alla comparsa di Lutero a Worms, in numero di se dici, tra i salvicondotti ed altri di simigliante natura. Alcuni suoi amici la udirono certamente, ed hannocela tramandata. Essa è, in sentenza nostra, uno de' più spettabili documenti della storia. Suonate erano le quattro; il maresciallo dell’impero si pre sentò, e conveniva seguitarlo. Lutero si preparò tosto; Dio lo aveva rialzato; ed era d' animo sedato all’uscirsi del palagio dove abitava. L'araldo apriva la via; seguitavalo il maresciallo dell’impero, e dietro questo veniva il riformatore. La calca lungo le vie era più grande ancora del giorno prima, e sti possi dintorno a Lutero in guisa che fu impossibile poter pro gredire. Avvisata dall’araldo l’impossibilità di poter giugnere sino al palagio della Dieta, fece aprir case particolari, e per orti e passi nascosi condusse il riformatore al luogo dov' era aspettato Il popolo che se ne avvide, precipitossi entro le case dietro i passi del monaco di Wittemberga, e chi guadagnò le fi nestre aspicienti sugli orti, chi salì sopra i tetti, e a tal modo i comignoli delle case, e le finestre e le strade, in alto e in basso, tutto era coperto di spettatori [20]. Giunto finalmente Lutero con la sua scorta al palagio della Dieta, vi trovò l'entrata impedita pur dalla folta. Largo! largo! l’araldo gridava, ma niuno si moveva; e allora i militi imperiali fecersi innanzi e con la forza apersero al riformatore una via. Il popolo volea seguitarlo, ma fu indietro tenuto dalle abbassate la barde. Lutero entrato nel palagio, vi trovò pure ogni luogo di gente ripieno; e si stimò che nelle anticamere ed alle finestre ivi fossero più di cinquemila persone di varie nazioni, alemanni, italiani, spagnuoli ed altri. Egli s' inoltrava a fatica; e nel mentre ch’ egli era per toccare la porta che dovea porlo dinanzi a' suoi giudici, incontrò un valoroso cavaliere, il celebre Giorgio di Freundsberga, il quale quattro anni dopo, alla testa dei lanziche necchi alemanni, piegò il ginocchio co' suoi soldati sul campo di Pavia, poi precipitatosi sull’ala sinistra dell’esercito francese. la gittò nel Ticino, e decise in gran parte la prigionia del- re di Francia. Il vecchio generale, veduto passare Lutero, gli battè la spalla con una mano, e scosso il capo tra l’armi incanutito, con grande umanità gli disse : « Monacello ! monacello ! ti sta dinanzi » una marcia ed una faccenda di tal natura, che nè io nè molti » altri capitani abbiamo mai incontrate di simiglianti nelle nostre » più sanguinose battaglie ! Ma se giusta è la tua causa, ed essa » ti fa sicuro, inoltrati in nome di Dio, e non temere di cosa » niuna ! Dio non ti abbandonerà [21]. »Bella testimonianza resa dal coraggio della spada al coraggio 209 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto dell’intelletto ! Meglio vale chi signoreggia il suo cruccio che un prenditore di città, disse un re [22]. Finalmente si apersero le porte della grand' aula; Lutero vi entrò, e molte persone che nulla avevano a che fare quincentro, si spinsero innanzi con lui. Uomo alcuno forse mai non comparve dinanzi a più augusta assemblea. L'imperatore Carlo Quinto, i cui regni dominavano l’antico mondo ed il nuovo; suo fratello l’arciduca Ferdinando; sei elettori dell’impero, i cui discendenti cingono adesso, quasi tutti, diadema reale; ventiquattro duchi, la maggior parte regnanti in paesi più o meno vasti, e tra' quali avvi chi porta un nome che più tardi si renderà terribile alla Riforma, il duca d' Alba e i suoi due figliuoli; otto margravi; trenta arcivescovi, vescovi o prelati; sette ambasciatori, tra' quali quelli dei re di Francia e d' Inghilterra; i deputati delle dieci città li bere; un gran numero di principi, di conti e di baroni sovrani; i nunzi del Papa; in tutto dugentoquattro personaggi. Tale era l’adunanza davanti la quale si presentò Martino Lutero. Questa comparsa era già per lui una splendida vittoria contro il papato. Il pontefice aveva condannato quest' uomo, e questi si trovava dinanzi ad un tribunale che ponevasi così al disopra del Papa. Leone X lo aveva scomunicato, separato da ogni consorzio umano, e invece egli era chiamato con onorevoli parole e rice vuto dinanzi alla più augusta assemblea della terra. Il Papa aveva comandato che muta fosse la sua bocca, e Lutero andava ad aprirla dinanzi a migliaia di uditori convenuti insieme in un sol luogo da lontane parti di tutta cristianità. Un' immensa rivoluzione erasi compiuta da Lutero; Roma già scendeva dal suo trono, ed era la parola di un monaco ohe scendere la faceva. Alcuni principi, veduto l’umile figliuolo del minatore di Mans feld tutto commosso alla presenza di tanti assembrati regnanti, umanamente gli si appressarono, e l'un d' essi gli disse: Non te mete coloro che possono bensì uccidere il corpo ma non l’anima. Un altro aggiunse: Quando sarete menato davanti alli re, lo spirito del Padre vostro parlerà per vostra bocca A tal modo le parole stesse del suo divino Maestro confortavano il Riforma tore per la bocca de' grandi della terra. In questo mentre le guardie facevano far luogo a Lutero, il quale giunse finalmente fino ai gradi del trono di Carlo Quinto. Tutti gli sguardi furono a lui rivolti; il romore cominciò ad ache tarsi, poi fecesi solenne il silenzio. « Non aprite bocca (gli disse » il maresciallo dell’impero) prima d'essere interrogato. »Poi lo lasciò. ________________________________________ 210 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Eccoti giunto, o desiderato, o da noi aspettato nelle tenebre in cui ver siamo! (M. Adam., Vita Lutheri, p. 118). [2] Deus stabit pro me (Pallav., Hist. Concil. Trid., f, p. 114.) [3] Luth., Opp., XVII, p. 587. [4] Das Ihre Majestat, den Luther aufs erste beyseit thàte und um bringen Hess (Ibid.). [5] Veggasi il Libro VIII0. [6] Astutia plusquam vulpina vehementer callidum Lutherismum versu tissime dissimulabat (Cocleo, p. 36 ). [7] Evangelium audiunt avidissime, Verbum Dei alligatum non est (Gaspar. Hedio, Zw. Epp., p. 157). [8] Lutherus in hoc districtu dudum esset combustus, Lutherani ànoauvayuiyot, nisi Capito aliter persiiasisset prìncipi (Ibid., p. 148). [9] Me (Capito) illum (Cochloeum) insinuava Hieronymo Aleandro, nuncio Leonis X (Cocleo, p. 36 ). [10] Eadem die tota civitas sollicite confluxti (Pallav., Hist. Conc. Trid., I, 114*. [11] Nescio quid divinum suspicabantur; ex adverso alti, malo damone obses sum existimabant (Ibid:). [12] Davidde, Salmo XX. [13] Servet te Christus (Lutii., Opp., II, 175). [14] Buxerus eodem t;erot(M. Adam., Vita Buceri, p. 212). [15] Also sollen wir den Solin Gottes als Gorgonih» Haupt.... (Lutb., Opp., [W. ], XXII, 1659). [16] Veggasi Luth., Opp. (L), XVII, p. .589. [17] Die Glocke ist schon gegossen: La faccenda è decisa (Luth., Opp. [L.], XXII, 589). 211 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [18] Die Seele istdegli (Ibid ). [19] Und ward also durch heimliche Gange gefùhrt (Luth., Opp. [L.], XVII., p. 574). [20] Doch lief das Volk hauQg zu, und stieg sogar auf Dacher (Seck., 34S) [21] Mùnchlein, Mùnchlein, du gehest jelzt einen Gang, einen solchen Stand zu thun dergleichen Idi und mancher Obrister, auch in unser allerer nestesten Schlacht - Ordnung nicht gethan baben... (Seckend., p. 848). [22] Proverbi di Salomone, XVI, 32. [23] Einige aus denen Reichs - Gliedern sprachen Ihm einen Muth, mit Christi Worten, egli (San Matteo, X, vv. 20 e 28. — Seckendorf, p. 348). 212 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO NONO SOMMARIO. — Silenzio. — Domande del cancelliere. — Intrammettetsi di Schurff. — Risposta di Lutero. — Sua saviezza. — Parola di Carlo Quinto. — Inquietudini degli amici di Lutero. — Sua fermezza. — Oltraggi de' soldati spagnuoli. — Consiglio dato a Lutero. — Suo giuramento alla Scrittura. — Lutero nel cortile del palazzo della Dieta. — Diceria del cancelliere. — Discorso di Lutero. — Tre generi di scritti. — Domanda che si provi il suo errore. — Parole di avvertimento alla Dieta. — Ripete il suo discorso in latino. — Bravata del cancelliere. — « Eccomi; non posso altrimenti: Dio m' assiste ! Così sia. »— Alzasi 1' assemblea. Dopo un momento di solenne silenzio, il cancelliere dell’arci vescovo di Treveri, Giovanni Eck, amico di Aleandro, e che non vuolsi confondere col teologo dello stesso nome, si alzò, e disse ad alta ed intelligibile voce, prima in latino e poscia in ale manno: « Martino Lutero ! Sua sacra ed invincibile Maestà im » periale ti ha citato dinanzi al suo trono, dietro l'avviso ed il » consiglio degli Stati del sacro imperio romano, per intimarti a » rispondere a queste due domande: Primieramente, riconosci » tu essere stati da te composti questi libri? » E l’oratore in que sto dire accennava col dito a Lutero circa venti opere poste sopra una tavola nel mezzo della sala e posta davanti al riformatore. Lutero nel riferir poi questa circostanza, scrisse: « Io non sapeva troppo bene intendere in qual modo se le fossero procurate; ma era Aleandro che avea presa la fatica di raccoglierle. »Il cancelliere continuò: « Secondamente, vuoi tu ritrattare questi libri e il loro contenuto, o persisti a sostenere le dottrine in o essi da te poste innanzi ? » Lutero, senza sospetto, stava per rispondere affermativamente alla prima di queste domande, quando il suo consultore, Giro lamo Schurff, presa prontamente la parola, gridò ad alta voce: a Legansi i titoli dei libri » Il cancelliere, fattosi presso la tavola, lesse i titoli; e vi erano parecchie opere di divozione estranee alla controversia. Terminata questa enumerazione, Lutero disse prima in latino e poscia in tedesco : « Graziosissimo imperatore ! graziosi principi e signori! » Sua Maestà imperiale mi fa due domande. [1] in quanto alla prima, io rispondo di riconoscere per miei i » libri or ora nominati; e negare che miei siano non posso. » in quanto alla seconda, considerato che trattasi di una que » stione che risguarda la Fede e la salute delle anime, e nella » quale trovasi interessata la Parola di Dio, ch' è quanto dire, il » maggiore, il più prezioso tesoro de' cieli e della terra [2], ope » rerei imprudentemente se rispondessi senza riflessione. Potrei » affermare meno di quanto è dalla cosa richiesto, o più di » quanto dalla verità si domanda, e rendermi a tal modo reo » contro queste parole di Gesù Cristo: Chiunque mi riniegherà » dinanzi agli uomini, sarà per me riniegato dinanzi al Padre mio che sta ne' cieli. 213 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Egli è per ciò che io supplico, con tutta » sommessione, sua Maestà imperiale, di darmi tempo affinchè » io possa rispondere senza recare offesa alla Parola di Dio. » Questa risposta, lungi dal poter indurre in sospetto di qualche dubitazione mossasi in Lutero, era degna del riformatore e dell' assemblea. Egli dovea mostrarsi sedato e circospetto in fatto di tanta considerazione, e rimuovere in quel momento solenne quanto poteva far sospettare di passione o di levità dal canto suo. Col prendersi debito tempo a rispondere, proverebbe per giunta l’immutabile fermezza della sua risoluzione. La storia ci ammaestra come molti uomini per troppo sùbita parola abbiano a sè ed al mondo grandi mali procurati; e Lutero, che ben sel sapeva, infrena l’impeto della sua natura, tiene in briglia la sua parola troppo pronta a sfuggire dal labro, e si ferma nel mentre che tutti i sentimenti che lo animano pur vorrebbero riversarsi al di fuori. Questa temperanza e questa placidezza tanto maravigliosa in un. tal uomo, centuplicano la sua forza e lo pongono in condizione di rispondere più tardi con una saviezza, con una possanza e con una dignità che inganneranno la aspettazione de' suoi avversarii, e ne confonderanno la malizia e l’orgoglio. Nondimeno, siccome egli aveva parlato in tono assai rispettoso, molti pensarono ch' egli stessesi intra due; ed un raggio di speranza balenò nell’animo de' cortigiani di Roma. Carlo, impaziente di conoscere l’uomo la cui parola sommuoveva l’impero, sempre in lui fisi aveva gli occhi tenuti; poi rivoltosi allora ad uno de' suoi cortigiani, disse con disdegno: « Non sarà mai certamente » quell’uomo là ch' abbia potenza di farmi cadere nell’eresia » Levatosi poscia dal suo seggio, il giovane imperatore si ritirò co' suoi ministri in una sala del consiglio; gli elettori co' principi si chiusero in un' altra; e i deputati delle città libere in una terza. Riunitasi poscia la Dieta si convenne di accordare la domanda; e fu questo una grande speranza fallita per gli uomini passionati. Il cancelliere di Treveri disse: « Martino Lutero, Sua Maestà » Imperiale, secondando la sua naturale bontà, vuole accordarti un giorno ancora, ma sotto la condizione che la tua risposta sia » verbale e non iscritta. [3]» L’araldo imperiale allora si fece innanzi e ricondusse Lutero al suo albergo. Minacce e grida di gioia si andarono alternando nel suo passaggio; e i più sinistri rumori corsero tra gli amici di Lutero. « La Dieta (dicevano) è malcontenta; gl’inviati del Papa d trionfano; il riformatore sarà sacrificato. » Le passioni s' accaloriscono; e molti gentiluomini corsero da Lutero, per dirgli tutto commossi: « Signor dottore! come sta questa faccenda ? Si dà per » certo che vogliono bruciarvi [4] !.. Ma ciò non faranno (soggiun » gevano questi cavalieri) senza pagare conia loro vita una tale »azione ! » — « Tanto fosse pure accaduto, » disse Lutero vent' anni dopo, nel ricordare ad Eisleben queste parole. Da un' altra parte vampo di vittoria menavano i nemici del Riformatore; e andavano dicendo: « Egli ha chiesto tempo, e si » disdirà certamente; audace, arrogante era la sua parola mentre » il pericolo rombava di lontano; adesso l'animo gli cade... egli » è già vinto. » 214 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto In Worms il solo Lutero era tranquillo, e tornato appena dalla Dieta, scrisse al consigliere imperiale Cuspiano: « Ti scrivo tra » gran tumulto (e forse voleva alludere al romore della folla che » circondava il suo albergo). In quest' ora stessa sono comparso » dinanzi all’imperatore ed al suo fratello [5]. Mi sono dichiarato » l’autore de' miei libri, e ho detto che risponderò domani intorno » all’altro fatto della ritrattazione. Aiutandomi Gesù Cristo, non » ritratterò un ette di quanto sta nelle mie opere [6]. » I mali umori che bollivano tra il popolo ed i soldati spagnuoli d' ora in ora facevansi più fieri; e nel mentre che le fazioni go vernavansi temperatamente nelseno della Dieta, quello e questi venivano alle mani in sulle vie. I militi spagnuoli, alteri e spie tati, offendevano coll’impudenza loro i cittadini. Uno di questi satelliti di Carlo, trovata da un libraio la bolla del Papa pubblicata da Hutten con un suo commento, la prese, la lacerò, poi co' piedi ne calpestò i frammenti. Altri, scoperti avendo parecchi esem plari dello scritto di Lutero intorno la Cattività di Babilonia, li tolsero per forza e li stracciarono. Il popolo indignato accorse, si gittò sopra i soldati e strinseli alla fuga. Un' altra volta ancora uno Spagnuolo a cavallo e con la sciabla arfla mano inseguiva lungo l’una delle principali strade di Worms un Alemanno, che dinanzi gli fuggiva, e il popolo sgomentato non osava opporsi a quel furi bondo [7]. Alcuni politici credettero di aver trovata una via per salvare Lutero: « Ritrattate (gli dissero) i vostri errori di dottrina; ma » persistete in tutto ciò che detto avete contro il Papa e contro la » sua corte; e voi siete salvo. »Fremette Aleandro di questo con siglio; ma Lutero, immutabile nel suo divisamento, dichiarò di curarsi poco di una Riforma politica se essa non riposava sulla Fede. Giunto il dì 18 aprile, Glapione, il cancelliere Eck ed Alean dro furono insieme di buon mattino per ordine di Carlo Quinto, al fine di stanziare in qual modo si doveva procedere riguardo a Lutero. Il riformatore intanto i suoi pensieri raccoglieva. Egli aveva quella pace dell'anima senza la quale l'uomo nulla può di grande operare. Orò, lesse la divina Parola, percorse i suoi scritti, e cercò di dare forme convenienti alla sua risposta. Il ripensare ch' egli recavasi a rendere testimonianza a Gesù Cristo ed alla Parola di lui in presenza dell’imperatore e dell’impero, colma vagli l'animo di letizia. Approssimandosi il momento di compa rire, si accostò tutto commosso alla santa Scrittura che stava aperta sopra la sua tavola; vi soprappose la mano sinistra, e al zata la destra verso Dio, giurò di rimaner fedele al Vangelo e di confessare liberamente la sua Fede, dovesse col proprio sangue suggellare questa confessione. Ciò fatto, sentì in sè maggior pace. A quattro ore pomeridiane l’araldo si presentò e lo condusse al palagio della Dieta. La curiosità universale era cresciuta, sen ddchè la risposta essere dovesse decisiva. La Dieta era d'altri fatti occupata, e Lutero fu 215 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto obbligato di stare aspettando nel cor tile tra una immensa moltitudine, che si agitava qual mare infortuna, e con le sue onde sbatteva il riformatore. Due lunghe ore passò intere il dottore di Wittemberga tra tanta calca avida di vederlo. « Io non era adusato (diss' egli) a tutte quelle ma » mere e a tutto quel romore. [8]» Per un uomo dozzinale stata sa rebbe quella una trista preparazione ! Ma Lutero era con Dio: sereno era il suo sguardo, e tranquilli tutti i suoi lineamenti. L'Eterno lo innalzava sopra una rupe. La notte incominciava, e lumi furono accesi nell’aula dell’assemblea, il cui splendore per le antiche invetriate si apriva un passaggio sin nel cortile. Tutto prendeva un aspetto solenne. Finalmente il dottore fu introdotto, e molte persone entrarono con lui, chè ciascuno era vago d' in tenderne la risposta. Seduti che furonsi i principi, e trovatosi Lutero un' altra volta in faccia di Carlo Quinto, il cancelliere dell’elettore di Treveri, presa la parola, disse : « Martino Lutero, ieri chiedesti una dilazione, la quale è spi— » rata. Certamente non avrebbesi dovuto accordartela; concios » siachè ciascuno debba essere a bastanza istruito nelle cose della » Fede per essere sempre apparecchiato a renderne conto a tutti » coloro che gliene fanno dimande; tu poi più d' ogni altro, che » sei un sì grande, unsì perito dottore della santa Scrittura » Ora adunque rispondi all’inchiesta di sua Maestà, che teco mo » strossi tanto benigna. Vuoi tu difendere i tuoi libri in tutta » l’interezza loro o vuoi ritrattarne alcuna cosa ?. » Dette queste parole in latino, il cancelliere le ripetè in te desco. « Allora il dottor Martino Lutero (dicono gli atti di Worms) » rispose nel modo più umile, più sommesso. Non gridò, non » parlò con violenza, ma con onestà, con dolcezza, con convenienza e con modestia, e nel tempo stesso con gran letizia e » con grande cristiana fermezza [9]. » « Serenissimo imperatore, illustri principi, graziosi signori ! » (disse Lutero volti i suoi sguardi sopra Carlo, poi sopra l’as » semblea. ) Comparisco umilmente quest' oggi dinanzi a voi, in » obbedienza dell’ordine ricevuto ieri; e per tutte le misericordie » di Dio scongiuro Vostra Maestà e le Auguste Altezze Vostre, ad » ascoltare con bontà la difesa di una causa, la quale, io n' ho » certezza, è giusta e vera. Se, per ignoranza, offendo alle usanze » ed alle convenevolezze delle corti, siatemi cortesi di perdono; » chè allevato io non fui ne' palagi dei re, ma sibbene nel oscu » rezza di un monastero. » Due cose ieri mi furono domandate in nome di Sua Maestà » Imperiale; la prima, se io era l’autore de' libri di cui mi si » lessero i titoli; la seconda, se io voleva ritrattare o difendere » la dottrina per me insegnata. Alla prima domanda risposi sino » da ieri, ed oggi confermo la fatta risposta . » Per quanto risguarda la seconda, dirò di aver composti libri » di svariatissimi argomenti. In alcuni ho trattato della Fede e » delle buone opere in un modo sì puro, sì semplice e sì cristiano, che gli stessi miei avversarii, lungi dal trovarvi di che » 216 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto riprendere, confessano che questi scritti sono utili e degni d' es » sere letti dall’anime pie. La bolla del Papa, con tutta la sua » violenza, per incolpabili li riconosce. Se adunque io li ritrat » tassi ora qui, che farei mai?... Sciagurato ! Solo tra tutti gli uo » mini, romperei Fede a verità unanimamente approvate da' » miei amici e da' miei nemici, e contrasterei a ciò che il mondo » intero si gloria di confessare. » Dirò in secondo luogo di aver libri composti contro il pa » pismo, ne' quali ho mossa guerra a coloro i quali con la bu » giarda loro dottrina, con la malvagia loro vita e coi loro scan ii dalosi esempi, pongono in desolazione il mondo cristiano e » perdono i corpi e le anime de' battezzati. E di ciò ch' io dioo » non fanno forse Fede i lamenti di tutti coloro che temono Iddio? » Non è egli evidente che le leggi e le dottrine mondane de' papi » allacciano, tormentano, martirizzano le coscienze de' fedeli, » nel mentre che le inique ed incessanti estorsioni di Roma ingol » lano i beni e le ricchezze di tutta la cristianità, e in singolar » modo di questa si illustre nazione?... » Se disdicessi quanto scrissi in proposito, che farei io?... se • non afforzare quella tirannia, e spalancare una più lata porta » a tante e sì immani empietà [10]? Straripando allora con maggior » furore di prima, sarebbero veduti quegli orgogliosi crescere » in numero, trasmodare e tempestare viemaggiormente; e il » giogo che aggrava il popolo cristiano, non solo sarebbe reso » più importabile dalla mia ritrattazione, ma renderebbesi, per » dir così, più legittimo; sendochè con tal mia ritrattazione rice » verebbe il suggello dell’approvazione della Vostra Serenissima » Maestà e di tutti gli Stati del sacro impero. Gran Dio ! sarei a fi tal modo reso qual infame mantello destinato a nascondere ed » a ricoprire ogni maniera di malizie e di tirannia!... » Dirò in terzo ed ultimo luogo d' aver libri scritti contro per » sone private, che volevano difendere la romana tirannia e » distruggere la Fede. Confesso con ischiettezza di averli forse » attaccati con maggior violenza di quella che al mio stato eccle » siastico si addicesse. Un sant' uomo io non sono; ma neanco, questi libri posso io ritrattare, sendochè, facendolo, verrei » ad autorizzare le empietà de' miei avversarii, e più baldi » farebbersi costoro a schiacciare con maggiore crudeltà il popolo ... di Dio. » Nondimeno io non sono che un semplice uomo, e non un » Dio; e mi difenderò adunque siccome lo ha fatto Gesù Cristo. » Se io ho mal parlato, testimonia del male per me detto (Gio » vanni, XVIII, v. 23). A quanta maggior ragione, io, ch' altro » non sono che cenere e polve, e che posso sì di leggieri ingan ,' narmi, non deggio desiderare che ciascuno proponga i suoi » dubbii, le sue obbiezioni contro la mia dottrina! » Egli è per ciò che per tutte le divine misericordie io s congiuro voi, serenissimo imperatore, e voi, illustrissimi prin» cipi, e chiunque essere si possa di alta o bassa condizione, » a provarmi con gli scritti de' profeti e degli apostoli che io mi » sia ingannato. Tosto che sarò stato convinto, ritratterò issofatto » i miei errori, ed io sarò il primo a prendere i miei scritti ed » a gittarli sul fuoco. 217 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » Quanto ho detto sin qui dimostra chiaramente, per quanto » io penso, che io ho beneconsiderati e ponderati i pericoli » a' quali mi espongo; ma lungi dall’atterrirne sento grandissima » letizia nel vedere il Vangelo, siccome in altri tempi, fatto » odiernamente cagione di discordia e di turbazioni. Tale è il » carattere, e tale il destino della Parola di Dio. Non pensate » ch'io sia venuto a metter pace in terra, ma sibbene la spada » (Matteo, X, v. 34). Dio è mirabile e terribile ne' suoi consigli; » e temasi bene, nel mentre che si pretende attutare le discordie, » di perseguitare la santa Parola di Dio, e di trarci addosso un » diluvio d' insormontabili pericoli, di disastri nel tempo e di » desolazioni nella eternità... Temiamo che il regno di questo » giovane e nobile principe, sul quale, dopo Dio, fondiamo sì » alte speranze, non solo cominci, ma continui e si compia sotto » auspicii i più funesti. Potrei citare esempi tratti dagli oracoli i) di Dio (continua Lutero, parlando con un coraggio pieno di » nobiltà dinanzi al maggior principe della terra), potrei par » larvi dei Faraoni, dei re di Babilonia e di quelli d' Israele, » i quali mai non affaccendaronsi più efficacemente a loro ruina, » che quando per consigli, saviissimi in apparenza, avvisaronsi » di render più saldi i loro troni. Dio spianta i monti, senza » che si possa sapere com' egli li abbia rivolti sottosopra nell’ira » sua (Giobbe, IX, v. 5). » Se dico queste cose, sì il fo, non già perchè io pensi che sì » gran principi abbisognino de' miei poveri consigli, ma sibbene » per rendere all’Alemagna quanto è in diritto di aspettarsi da' » suoi figliuoli. Così terminando, raccomandomi all’Augusta » Vostra Maestà, ed alle Vostre Altezze Serenissime, e con tutta » umiltà le supplico a non patire che !' odio de' miei nemici fac » cia cadere sopra me uno sdegno ch' io punto non ho meritato [11]. » Lutero avea pronunciate queste parole in tedesco con modestia sì, ma con gran calore e con gran fermezza ad un tempo [12]. Gli fu ordinato di ripeterle in latino, sendochè l’imperatore poco amasse la lingua alemanna. La suggezione spiratagli dall’augusta assemblea che lo circondava, il romore e l’emozione lo avevano spossato. « lo era tutto in sudore (diss' egli), riscaldato dal tumulto, » e in piedi tra tanti principi. »Federico di Thun, intimo consi gliere dell’elettore di Sassonia, posto per ordine del suo signore allato del riformatore per vigilare al fine che fatta non fossegli nè sorpresa, nè violenza, veduto lo stato del povero monaco, gli disse: « Signor dottore, se voi non potete ripetere latinamente » il vostro discorso, quanto avete detto basterà. »Ma Lutero, sostatosi un momento per respirare, ripetè poscia il suo discorso in latino, senza stremarne la forza della prima volta [13]. « Ciò molto piacque a Federico, narra lo stesso riformatore. Terminato ch' egli ebbe di parlare, il cancelliere di Treveri, oratore della Dieta, dissegli con indignazione: « Voi non avete » risposto alla fattavi domanda. Voi qui non siete per revocare in dubbio le decisioni dei concilii. Vi si chiede una risposta » chiara e precisa. Volete voi, o no, ritrattarvi? » Lutero allora, senza punto indugiare, soggiunse: « Dacchè la Vostra Serenis » sima Maestà e le Vostre Alte Signorie 218 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto richiedono da me una » risposta semplice, chiara e precisa, io la darò [14]*, ed è questa. » La mia Fede sommettere non posso nè al Papa, nè ai concilii; » conciosiachè sia chiaro quanto la luce del sole ch' essi sono » spesso caduti in errore, ed anche in grandissime contradizioni » tra loro. Se adunque io non sarò convinto da testimonianze » della Scrittura, o da ragioni chiarissime, se non mi si persuade » con gli stessi testi per me citati, e se non rendesi a tal modo » la mia coscienza serva della Parola di Dio, non posso nè » voglio ritrattarmi, chè il parlar contro la propria coscienza non » è via sicura per l’uomo cristiano. »Poi, girato Io sguardo sopra quell’assemblea, dinanzi alla quale sfavasi in piedi, e che teneva la sua vita tra le mani: « Eccomi (diss' egli). Io non posso A tal modo Lutero, costretto ad ubbidire alla sua Fede, trascinato dalla sua coscienza alla morte, oppressato dal peso della più nobile necessità, schiavo di ciò ch' egli crede, e in tale schia vitù sovranamente libero, simigliante ad una navicella sbattuta da sgomentevole tempesta, e che, per salvare ciò che avvi di più prezioso che sè stesso, corre volontario a frangere contro uno scoglio, egli pronuncia queste sublimi parole, le quali dopo il lasso di tre secoli, ci fanno ancora abbrividare. In tal forma parla un monaco alla presenza dell’imperatore e dei grandi della nazione; e quest' uomo, debile e meschinello, solo, ma fiancheggiato dalla grazia dell’Altissimo, appare più grande e più forte di tutti loro. La sua parola ha una forza contro la quale nulla possono tutte queste potenze. Qui sperimentasi quella debi lezza di Dio, che è più forte che tutti gli uomini. Trovati sonosi a fronte da una parte l’impero e la Chiesa, e dall’altra l’uomo oscuro; e Dio aveva assembrati quei principi e quei prelati per abolire pubblicamente la loro saviezza. Perduta è la battaglia; e le conseguenze di questa scon6tta delle potenze della terra si faranno sentire tra tutti i popoli e in tutti i secoli futuri. L’assemblea attonita si rimase; e molti principi durarono gran fatica a nascondere la loro ammirazione. L’imperatore, ricredutosi, sclamava: « Il monaco parla con sicuro cuore e » con saldissimo coraggio [16]. »Gli Spagnuoli e gli Italiani erano i soli che fossero confusi; ma poco stettero a farsi beffe di un' altezza d' animo ch' essi non potevano intendere. Cessata alquanto la profonda impressione occasionata da que sto discorso, il cancelliere soggiunse: « Se tu non ti disdici, » l’imperatore e gli Stati dell’impero avviseranno ciò che ab » biasi a fare contro un eretico ostinato. »A queste parole tremarono gli amici di Lutero; ma questi ripete: « Mi aiuti Iddio ! che » in quanto a me, disdirmi io non posso [17]. » Ciò detto, Lutero si ritira, e i principi si pongono in deliberazione. Ognuno si capacitava che quello era un momento di crisi per la cristianità; e il sì o il no di questo monaco dovea, forse per secoli, decidere del riposo della Chiesa e del mondo. Si volle atterrirlo, e non fecesi che innalzarlo invece sopra una tribuna in presenza 219 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto di tutta la nazione; si pensò di render più pubblica la sua sconfitta, e non fecesi che render maggiore la sua vittoria. I partigiani di Roma non seppero accomodarsi a patire tanta umiliazione; Lutero fu fatto rientrare nell’aula, e il can celliere gli disse: « Martino, tu non hai parlato con la modestia » che si addiceva alla tua condizione. La distinzione per te fatta » intorno a' tuoi libri, era inutile; chè se tu ritrattavi quelli che » contengono errori, l’imperatore non soffrirebbe che bruciati » fossero gli altri. Stranezza è veramente il domandare di contradirti con la Scrittura alla mano, quando tu vai resuscitando » eresie condannate dal concilio ecumenico di Costanza. L’impe » ratore adunque ti comanda di rispondere semplicemente con « un sì, o con un no, se pretendi sostenere quanto scrivesti, « o se vuoi ritrattarne una parte? » Lutero sedatamente rispose: ., Non ho risposta a fare diversa da quella già per me fatta. » Allora fu egli perfettamente inteso. Saldo qual duro scoglio, tutti i marosi dell’umana possanza andavano a rompere inutilmente contro di lui. La forza della sua parola, l’animoso suo porta mento, i lampi che uscivano da' suoi sguardi, la non pieghevole fermezza che si scorgeva sui rozzi lineamenti del germanico suo volto, fatta avevano sugli animi di quella illustre assemblea la più profonda impressione. Fallita andava ogni speranza; e gli Spagnuoli, i Belgi, i Romani stessi, stavansi silenziosi. Il monaco trionfato aveva di questi grandi della terra col dir no alla Chiesa ed all’impero. Carlo Quinto si alzò, e tutta l’assemblea con lui: « La Dieta si riunirà domanimattina (disse ad alta voce il can » celliere) per intendere il parere dell’imperatore. » ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Legantur Utuli librorum ! (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 588). [2] Weil dles eine Frage vom Glauben und der Seelen Seligkeit ist, und Gottes Wort belanget (Ibid., p. 573.) [3] Eie certe nunquam efflceret ut haretìcus evaderem (Pallav., Hist. Conc. Trid., I, p. 115). [4] Wie geht's? mau sagl sie wollen euch verbrennen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 588). [5] Hac hora coram Cessare el fratre romano constiti (Lutb., Epp., 1, 587). [6] Verum ego ne apicem quidem revocabo (Ibid.). 220 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [7] Kappens Ref. Vrkunden, II, p. 448. [8] Des Getùmmels und Wesens war Ich gap nicht gewohnt (Luth., Opp. (L ), XVII, p. 535, 588). [9] Schreyt nicht sehr noch heftig, sondern redet fein, sittich, zuchlig uud bescheiden (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 576). [10] Nicht allegli die Fenster, sondero auch Thùr und Thor aufthàte (Luth., Opp [L.],XVU, p. 573). [11] Questo discorso, come pure tutte le parole per noi citate, è tratto alla lettera de autentici documenti. Veggansi le Opere di Lutero, edizione di Lipsia, Voi. XVII, pp. 776 b 780. [12] Non clamose at modeste, non tamen sine christiana animositate et con stantìa (Luth., Opp. lai., II, p. 1G5). [13] Ibid., p. 165 a 167. [14] Dabo illud neque dentatum, neque cornutum (Ibid., p. 166). [15] Hier slehe ich: Ich kann nicht anders: Goti helfe mir. Amen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 580). [16] Der Mònch redet unerschrocken, mit getrostem Muth! (Seck., p 350 ) [17] Luth., Opp. (W.), XV, 2235. 221 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DECIMO SOMMARIO. — Tumulto nel ritorno. — Effetti della comparigione. — Il bicchiere di cervogia del duca Erico. — L’elettore e Spalatino. — Mene di Aleandro. — Dispaccio dell’imperatore alla Dieta. — Si propone di porre a morte Lutero. — Sentimenti po steriori di Carlo Quinto. — Viva opposizione. — Entusiasmo del popolo in favore di Lutero. — Voce di conciliazione. — Permesso dell’imperatore. — Timori dell’elettore di Sassonia. — Concorso presso Lutero. — Visita di Filippo Hesse. Era già notte; e ognuno tra le tenebre tornavasi al luogo di sua dimora. Due uffiziali imperiali dati furono a Lutero per ac compagnarlo; la qual cosa fece credere ad alcuni che decretata fosse la sua sorte, che fosse in carcere menato, per non uscirne che al momento d'essere condotto al patibolo. Alzossi immenso un tumulto; e molti gentiluomini gridarono: « Si conduce forse » in prigione? — «No (Lutero rispose); essi mi accompagnano al » mio albergo. »A queste parole gli animi tornarono sedati. Allora parecchi Spagnuoli della casa imperiale, dietro alle poste di quest' uomo audace, con fischiate e berteggiamenti lo seguitarono lungo le vie da lui corse [1], nel mentre che altri facevano inten dere i ruggiti della belva feroce cui tolta è la preda. Ma Lutero non isgomentò per questo. Tale fu la scena di Worms. Questo monaco intrepido, il quale sino a quell’ora aveva, audace anzi che no, sfidati i suoi nemici, nel trovarsi in presenza di coloro ch'erano sitibondi del sangue suo, parlò con calma, con nobiltà, con umiltà; non esagera zione, non umano entusiasmo, non ira; e nella più viva emo zione tennesi riposato; e fu modesto nella resistenza opposta ai grandi della terra; e grande mostrossi dinanzi a tutte le maestà del mondo. Irrecusabile indizio egli è questo che Lutero obbediva in quell’ora a Dio, non già agi' incentivi del proprio orgoglio. Nell’aula di Worms v' era alcuno più grande di Carlo e di Lutero. Gesù Cristo ha detto: Quando mi renderete testimonianza davanti ai rettori, davanti alli re, non siate in sollecitudine conciossiachè non siate voi che parlate [2]. Forse mai questa im promissione non si compì in modo più manifesto. Una profonde impressione era stata prodotta negli animi dei capi dell’impero. Il riformatore erasi di tanto avveduto e da ciò era fatto più animoso. I servitori del Papa s'irritarono contro di Giovanni Eck, per non aver egli al reo monaco tolta più presto la parola; nel mentre che molti principi e signori si accostarono ad una causa difesa con siffatto convincimento. In alcuni, a dir vero, l’impressione fu momentanea e passò; ma in altri, per l’opposito, che s' infinsero allora, più tardi mostraronsi corag giosi confessori. Lutero era già entrato nel suo albergo e vi riposava la carne stanca dal duro scontro sostenuto. Spalatino ed altri amici face vangli corona, e tutti insieme 222 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto lodavano Iddio. Nel mentre che conversavano insieme, un paggio entrò, recante un vaso di ar gento piena di cervogia di Eimbek, e nel presentarlo a Lutero, disse: « Il mio signore v' invita a ristorarvi con questa bevanda. » Il dottore di Wittemberga allora il domandò: « Qual è il principe » che si graziosamente ricordasi di me? » Era il vecchio duca Erico di Brunswick. Il riformatore sentissi grandemente tocco da questa offerta di un signore sì possente e che parteggiava per Roma. « Sua Altezza (continuò il paggio) ha voluto gustare ella » stessa questa bevanda prima di mandarvela. t Lutero allora, tutto commosso, ne versò in un bicchiere, e bevuta che l’ebbe soggiunse: « in qual modo che oggi il duca Erico si è di me ri » cordato, piaccia al nostro Signore Gesù Cristo di ricordarsi di » lui nell’ora dell’ultimo suo combattimento [3]. »Poca cosa ora questo presente; ma Lutero, che pur voleva mostrarsi cono scente verso un principe che ricordavasi di lui in tal’occasione, donavagli ciò ch' egli aveva, una preghiera. Il paggio recò al suo signore l’ambasciata; e il vecchio duca se ne ricordò nel suo letto di morte. Rivoltosi ad un giovine paggio, Francesco di Kramm, che ritto tenevasi allato del suo letto, gli disse: « Prendi l’Evangelio, e fammene lettura. »Il giovinetto lesse le parole di Gesù Cristo, e l’anima del moribondo ne fu tutta confortata. Chiunque vi darà un bicchier d' acqua in mio nome, sendochè voi perte niate a Cristo (ha detto il salvatore), in verità vi dico che ne sarà rimeritato. Uscito era appena il valletto del duca di Brunswick, che un inviato dell’elettore di Sassonia venne ad avvertire Spalatino di recarsi tosto da lui. Federico era venuto alla Dieta pieno d' in quietudini; ed aveva temuto che alla presenza dell’imperatore ogni coraggio sarebbe fallito a Lutero. Il perchè poi la fermezza del riformatore lo aveva forte commosso; e andava altero di aver preso un tant' uomo sotto la sua protezione. Quando giunse il cap pellano, la mensa era imbandita; l'elettore stava per sedersi a cena con la sua corte, e già i valletti avevano il vaso recato per dar l’acqua alle mani. Veduto entrare Spalatine-, Federico fecegli segno di seguitarlo; e trovatosi solo con lui nella sua camera da letto, con grande emozione gli disse: « Oh ! come il padre Lu » tero ha parlato dinanzi all’imperatore e alla presenza di tutti » gli Stati dell’impero ! Io tremava solamente per paura che fosse » troppo ardito » Da quell'ora Federico prese la risoluzione di proteggere il dottore con maggior coraggio in avvenire. Aleandro scorgeva l’impressione latta negli animi da Lutero; e conobbe non rimaner tempo da perdere, e doversi dar opera per condurre il giovane imperatore ad agire vigorosamente. Il momento era favorevole: la guerra con la Francia era immi nente. Leone X, che voleva i suoi stati allargare, e che poco si curava del riposo della cristianità, faceva ad un tempo secreta mente negoziare due trattati, l’uno con Carlo contro Francesco I, e l’altro con questo contro di quello [5]. Col primo, domandava per sè all’imperatore Parma, Piacenza e Ferrara; e col secondo, reclamava dal re di Francia una parte del regno di Napoli da to gliersi a Carlo. Questi conosceva l’importanza di gratificarsi il pontefice, onde averlo per alleato nella guerra contro 223 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto l’emolo suo; e poco gli pareva comprar con la vita di Lutero l’amicizia del possente Leone. Il giorno dopo la comparigione (venerdì, 19 aprile), l’impera tore fece leggere alla Dieta un suo dispaccio scritto in francese e di sua propria mano [6], il quale diceva: « Rampollo de' cristiani » imperatori di Alemagna, dei re cattolici di Spagna, degli arci-duchi d' Austria e dei duchi di Borgogna, i quali tutti sonosi » resi illustri quai difensori della Fede romana, sono nella ferma » intenzione di seguitare l’esempio de' miei antenati. Un solo mo » naco, fuorviato dalla sua propria follia, alza le corna contro la Fede della cristianità. Sacrificherò i miei regni, la mia potenza, » i miei amici, i miei tesori, il mio corpo, il mio sangue, il mio » spirito e la mia vita per arrestare questa empietà [7]. Passo a far » licenziare l’agostiniano Lutero, col proibirgli di occasionare tra » il popolo il menomo tumulto, indi procederò contro di lui e de' suoi aderenti siccome contro eretici palesi, con la scomunica, » con l’interdetto e con tutti i modi acconci a distruggerli [8]. Chieggo ai membri degli stati di governarsi da fedeli cristiani. » Questa scrittura a tutti non piacque. Carlo, giovane e passio nato, non aveva seguitate le forme di usanza; chè dovuto avrebbe, in prima, chiedere il parere della Dieta. Due estreme opposizioni insorsero tosto. I creati del Papa, l'elettore di Brandeburgo e molti principi ecclesiastici, chiesero che punto non si rispettasse il salvo-condotto dato a Lutero [9]. « Il Reno (dissero essi) deve rice » vere le sue ceneri, siccome ricevette, un secolo fa, quelle di » Giovanni Huss. « Carlo, se dobbiamo Fede prestare ad uno sto rico, si pentì grandemente più tardi di non aver seguitato un sì vile consiglio. « Confesso (disse negli ultimi suoi anni) di aver » fatto un gran fallo nel lasciare la vita a Lutero. Io non era ob » bligato a servargli la mia promessa; chè questo eretico aveva » offeso ad un signore più grande di me, a Dio medesimo. Io » poteva, anzi io doveva, sdimenticare la mia parola, e vendi » care l’ingiuria da lui fatta a Dio: per non averlo io fatto mo » rire, l’eresia non ha cessato di far progressi; e spenta in culla » l’avrebbe la sua morte [10]*. » Una sì orribile proposta colmò di spavento l’elettore di Sasso nia e tutti gli amici di Lutero: « Il supplizio di Giovanni Huss » (disse l'elettore palatino) troppe sciagure trasse sulla nazione » alemanna, per non doversi più pensare ad innalzare un pati » bolo simigliante. »Lo stesso duca Giorgio di Sassonia, nemico implacabile di Lutero, sclamò: « I principi d' Alemagna non per » metteranno certamente che sia rotta la Fede ad un salvo-condotto. Questa prima Dieta tenuta dal novello nostro imperatore » non sarà maculata da un fatto cotanto vergognoso; ed una sif » fatta perfidia non consuona punto punto coll’antica lealtà ger » manica. »I principi di Baviera, sebbenedevoti alla Chiesa di Roma, fiancheggiarono nondimeno questa protesta; e la scena di morte che gli amici di Lutero vedevansi già dinanzi agli occhi, parve che si allontanasse. 224 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto II romore di questi dibattimenti, che durarono due giorni, si sparse per la città, e le fazioni si riscaldarono. Alcuni gentiluo mini partigiani della Riforma incominciarono a parlare con fer mezza contro il tradimento domandato da Aleandro. « L’impe » ratore (dicevano ) è un giovane che dai vescovi e dai papisti di » leggieri si lascia volgere e svolgere come loro piace, palpato » dalle loro adulazioni [11]. » Il Pallavicini poi parla di quattrocento nobili pronti a sostenere con la loro spada il salvo-condotto di Lutero. Il sabbato mattina furono trovati affissi alle porte delle case cartelli, quali in pro, quali contro di Lutero. Sovr' uno legge vansi semplicemente queste energiche parole dell’Ecclesiaste: Sventurata la terra che ha per re un fanciullo ! Dicevasi che Sick ingen, a poche leghe da Worms, avea riuniti molti militi a piedi ed a cavallo entro le mura dell’inespugnabile sua fortezza, e che per operare aspettava unicamente di sapere il successo di quella faccenda. L’entusiasmo del popolo, non solo in Worms, ma sib— benenelle più lontane città dell’impero [12], l’intrepidezza de'-cavalieri, l’affezione di più principi verso il riformatore, tutte queste cose insieme dovevano suadere a Carlo ed alla Dieta che l’ubbi dire ai richiami di Roma poteva porre in compromesso la suprema autorità, sollevare i popoli ed anche porre a soqquadro l’impero [13]. TraItavasi di bruciare un semplice monaco, ma nondimeno i principi ed i partigiani di Roma tutti insieme non sentivansi nè forti nè coraggiosi a bastanza per consumare un tal fatto. Dob biamo pur credere che Carlo Quinto, giovine allora com' era, sentisse ribrezzo per lo spergiuro; e ne farebbero pur Fede, se fossero vere, le seguenti sue parole da alcuni storici riferite : « Quando la lealtà e la fedeltà bandite pur fossero dalla terra, » esse dovrebbero trovar sempre un rifugio nell’animo de' prin» cipi. »Dobbiamo dolerci ch' egli presso al morire sdimenticasse una tale sentenza. Ma questo lasciando stare, diremo, che altre cagioni ancora poterono condurre Carlo Quinto a governarsi in tal modo. Il fiorentino Vettori, amico di Leone X e del Machia velli, pretende che Carlo la perdonasse a Lutero unicamente per infrenare il Papa [14]. Nella tornata del sabbato i trasmodanti consigli di Aleandro furono posti da banda e ricusati. Amavasi Lutero; volevasi salvare quest' uomo sì semplice, e la confidenza del quale in Dio ispirava i più teneri sentimenti; ma volevasi ad un tempo salvare la Chiesa. Fremevasi al solo pensare alle conseguenze tanto del trionfo, quanto del supplizio del riformatore; voci di concilia zione si fecero intendere, e fu proposto di far nuovi tentativi presso il dottore di Wittemberga. Lo stesso arcivescovo-elettore di Magonza, il giovane e fastoso Alberto, più divoto che corag gioso, al dire del Pallavicini [15], erasi messo in gran paura nel vedere la gran parte che la nobiltà ed il popolo prendevano in fa vore del monaco sassone. Il suo- cappellano, quel Capitone, stato distretto amico, durante il suo soggiorno in Basilea, di quel prete evangelico, detto Zuinglio, uomo intrepido nella difesa della 225 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto verità, e del quale abbiamo già altrove parlato, Capitone, dice vamo, avea, senza dubitazione, data a conoscere ad Alberto la giustizia della causa del riformatore. Questo mondano arcivescovo ebbe in allora a sentire una di quelle momentanee conversioni cristiane che si riscontrano a quando a quando nella sua vita, e consente di recarsi dall’imperatore per chiedergli la permissione di tentare un ultimo sforzo; ma Carlo non si piegò nel menomo che. Il lunedì (22 aprile) i principi andarono in corpo a rinnovare le preghiere già fatte da Alberto; e l’imperatore rispose loro: « Non mi dipartirò nè punto nè poco da quanto ho stanziato; » niuno incombenzerò di recarsi officialmente da Lutero; ma » (soggiunse con grande scandalo di Aleandro), ma concedo tre » giorni di riflessione a quest' uomo; e durante questo tempo sarà » lecito ad ognuno di fare a lui le debite esortazioni [16]. »Era questo un accordare quanto si domandava. Il riformatore (pensavasi), riscaldato dalla solennità della comparigione, cederà forse in una amichevole conferenza, e si riuscirà forse a ritrarlo dall’abisso in cui sta per cadere. L'elettore di Sassonia sapeva stare la bisogna in altra forma, per la qual cosa tenevasi tutto in paura; e il giorno dopo scrisse in proposito al duca Giovanni suo fratello. « Se ciò fosse in poter » mio, sarei paratissimo a difendere Lutero; ma voi non potete » immaginarvi in quante fiere guise io sia assalito dagli aderenti » di Roma. Se tutto scrivere vi potessi, udreste cose da recare » stupore [17]. Costoro vogliono la ruina di lui; e per quanto sia poca » la parte che si prenda in suo favore, tosto si è gridati eretici. » Dio, che la causa della giustizia non abbandona, a prospero fine conduca questa faccenda! » Federico, senza lasciare apparire al di fuori la viva affezione che lo stringeva al riformatore, vigilò assiduo per non perder di vista un solo de' passi di Lutero. Ma questa prudenza non era comune a molti uomini d' ogni grado che allora si trovavano in Worms, i quali senza verun ti more appalesavano la loro simpatia verso il riformatore. Dal ve nerdì in poi una folla di principi, di conti, di baroni, di cavalieri, di gentiluomini, di ecclesiastici, di laici, di popolari, circonda vano il palagio in cui Lutero dimorava; era continuo l’entrare e l’uscire: chè di veder lui, insaziabile era il desiderio Egli era fatto l’uomo dell’intera Alemagna; e quegli stessi che pure lo credevano nell’errore, erano tocchi da quella sua altezza d' animo che lo recava a sacrificare la vita alla voce della sua coscienza. Lutero con molti de' gran personaggi, fiore della nazione, ch' erano allora in Worms, teneva conversazioni piene di quel sale che soleva condire tutte le sue parole; nè alcuno partivasi da lui, senza sentirsi infiammato di un magnanimo entusiasmo per la verità. « Quante cose avrei io a raccontarvi ! (scriveva allora ad » uno de' suoi amici, Giorgio Vogler, secretario privato del mar » gravio Casimiro di Brandeburgo) Che conversazioni di pietà » piene e di bontà ha Lutero tenute con me e con altri ! Quanta » grazia risplende mai in quest' uomo [19] ! » Un giovine principe di diciassette anni entrò un giorno, vol teggiando sul suo cavallo, nel cortile del palagio dove Lutero di morava; era Filippo, che da due anni 226 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto signoreggiava l'Assia. Questo giovane langravio era di una natura pronta ed imprendi trice, d' una saviezza superiore all’età sua, e disdegnante i con sigli che non s'accordassero co' proprii pensamenti. Tocco dal discorso di Lutero, desiderò conoscerlo più da vicino, « sebbene» ancora non fosse in mio favore, » dice Lutero nel racconto di questo fatto [20]. Balzò d' un salto a terra, e senza tanti complimenti salì nella camera del riformatore, e gli disse: a E come va questo » fatto, mio caro dottore ?» — a Grazioso signore (rispose Lu » tero), ho fidanza che andrà bene. » — « Da quanto intendo » (soggiunse il langravio sorridente), voi insegnate, o dottore, che » una donna può lasciare il suo marito e darsi ad un altro, quando » il primo è riconosciuto troppo vecchio. » Erano le persone di corte che raccontata avevano questa baia al langravio; chè i ne mici della verità mai non ristannosi dall’inventare e vulgare fan donie intorno i pretesi insegnamenti dei dottori cristiani. Lutero con dignità gli rispose: « No, mio signore; di grazia, Vostra Al » tezza non parli in tal guisa ! » Il principe allora stese brusca mente la mano al dottore, e coralmente strinsegli la destra, poi soggiunse: « Caro dottore, se voi avete ragione, Dio venga in » vostro aiuto ! » Lasciata poscia la stanza, frettoloso scese le scale, risali sul suo cavallo, e partì. Fu questa la prima volta che furono insieme questi due uomini, i quali più tardi trovar dove va nsi alla testa della Riforma e difenderla, l’uno con la spada della parola, l'altro con quella dei re. Era l'arcivescovo di Treveri, Riccardo di Greifenklau, che aveva la permissione da Carlo-Quinto di sostenere la parte di ammezzatore. Riccardo, intimo amico dell’elettore di Sassonia, e buon cattolico romano, nelF aggiustare questa malagevole fac cenda, desiderava di render servigio ad un tempo al suo amico ed alla Chiesa. Il lunedì sera (22 aprile), nel momento in cui Lutero stava per sedersi a cena, un inviato di questo arcivescovo si presentò ad annunziargli che il prelato desiderava parlargli nel posdomani (mercoledì) alle sei della mattina. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Subsannatione hominem Dei et longo rugitu prosecuti sunt (Luth., Opp. lai., II, p. 166). [2] Vangelo di San Matteo, cap. X, vv. 18 e 20. 227 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [3] Also gedencke seiner unser Herr Christus in seinem letzten Kampff (Seckend., p. 354). [4] O wie schón hat Pater Martinus geredet (Seckend., p. 355). a Guicciardini (Lib. XIV, p. 175). Dumont (Corp. dipi., T. IV, p. 96). [5] « Dicesi del Papa Leone, che quando 1' aveva fatto lega con alcuno, prima » soleva dir che però non si dovea restar de tratar con lo altro principe op » posto » (Suriano, amhasciatore veneto a Roma. Ms. degli Archivii di Venezia. ) [6] Autographum in lingua Burgundica ab ipsomet enarratum (Cocleo, p. 32). [7] Regna, thesauros, amicos, corpus, sanguinem, vitam, spiritumque pro fundere (Pallav., Hist. Conc. Trid., I, p. 118). [8] Und anderen Wegen sie zu vertilgen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 581). [9] Dass Luthero das sichere Geleit nicht mòchte gehalten werden (Seck., p. 357). [10] Sandoval, Hist. de Carlos V, citata da Llorente — Hist. de la Inquisicion, II, 57. Llorente pretende che la supposizione che Carlo V negl’anni suoi inclinati pendesse al protestantesimo, sia un' invenzione de' protestanti e de' nemici di Filippo II. È questo un vero problema storico, se non che la molte ci lazioni del Llorente inducono sventuratamente a pendere versola sua sentenz a. [11] Eum esse puerum, qui nutu et blanditis Papistarum et Episcoporum trahatur quocunque velini (Cocleo, p. 33). [12] Verum etiam in longinquis Germania civitatibus, motus et murmura pìe bium (Ibid ). [13] « Es ware egli Aufruhr daraus worden, » dice Lutero. [14] « Carlo si excusò di non poter procedere più olire, rispetto al salvo- condotto; ma la verità fu che conoscendo che il Papa temeva molto di questa » doctrina di Luthero, lo volle tenere eoa questo freno » (Vettori, Istoria » d' Italia, ms. Bibl. Corsini di Roma, stratto da Ranke). [15] Qui pio magis animo erat quam forti (Hist. Cono. Trid., I, p. 118). [16] Quibus privatim exhortari hominem possent (Pallav., Hisl. Conc. Trid., I. p. 1 18!. 228 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [17] Wunder horen werden (Seckend., p. 305). [18] tind konnten nicht sali werden ihn zu sehen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 581). [19] Wie eine holdselige Person er ist (Menzel, Magag., I, p. 207 ). [20] War nodi nicut auf meiner Seile(Luth., Opp. [L.], XVII, i>. 589). 229 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO UNDECIMO SOMMARIO. — Conferenza di mediazione presso 1' arcivescovo di Treveri. — Aleandro e Coeleo. — Esortazione del cancelliere Nehe a Lutero. — Risposta. — Conversazione privata. — Visita di Coeleo a Lutero. — Cena dell'arcivescovo di Treveri. — Un ten tativo fatto al palazzo di Rodi. — Proponsi un concilio. — Ultima conferenza tra l'ar civescovo e Lutero. — Il rimedio. — Visita ad un amico infermo. — Ordine a Lutero di partirsi da Worms. — Risposta. — Partenza. Il cappellano e Stura, araldo imperiale, erano quel giorno prima delle sei antimeridiane presso Lutero. Ma già sin dalle quattro del mattino Aleandro avea fatto a sè chiamare Cocleo. Il nunzio non aveva tardato a riconoscere in quest' uomo, presentatogli da Ca pitone, un servo devoto della romana corte, del quale poteva fi darsi come di sè stesso. Aleandro, non potendo trovarsi a quella conferenza, voleva esservi da un altro rappresentato; il perchè diss' egli al decano di Francoforte: « Recatevi dall’arcivescovo; » non entrate in quistione con Lutero; ma porgete orecchio ben » attento a quanto sarà discorso, per potermelo poi fedelmente » riferire [1]. » Giunse Lutero con alcuni suoi amorevoli in casa l’arcivescovo; e vi trovò questo prelato in compagnia del mar gravio Gioacchino di Brandeburgo, del duca Giorgio di Sassonia, dei vescovi di Brandeburgo e di Augusta, di alcuni nobili, di de putati delle città libere, di giureconsulti e di teologi, tra' quali era Cocleo e Girolamo Wche, cancelliere di Baden. Quest' abile giu reconsulto voleva una Riforma ne' costumi e nella disciplina, e andava ancora più di lungi: « Bisogna (diceva) che la Parola di » Dio, giaciutasi un sì lungo tempo nell’oscurità, si mostri no » vellamente in tutto il suo splendore [2]. »Era quest' uomo, di spirito conciliativo, ch' era incombenzato della conferenza; il quale, voltosi umanamente a Lutero, gli disse: « Qui chiamato » non siete per disputare, ma sibbene per farvi intendere fra » tellevoli esortazioni. Voi sapete con quanta sollecitudine la Sent ii tura c' inviti a guardarci dalla freccia volante e dal demonio » del Mezzodì. Questo gran nemico del uman genere avvi so » spinto a pubblicare dottrine contrarie alla religione. Pensate alla » vostra salvezza ed a quella dell’impero; pensate a coloro che » dall’eterna morte furono redenti dalla morte di Gesù Cristo, » e badate beneche, per voi sedotti, non abbiano a perire in » sempiterno.. .. Non istate ad alzarvi contro i concilii; chè se noi » non serbiamo i decreti de' nostri padri, indurremo compiuta » confusione nella Chiesa. Gli eminenti principi che mi ascoltano » con singolare sollecitudine sonosi intesi alla vostra salvezza; ma » se v' incaponite nella resistenza, l’imperatore vi bandirà dall' » impero i, e in niun luogo della terra potrete trovare un asilo » Ponderate benela sorte che vi aspetta ![3]» Lutero rispose: « Serenissimi principi, della vostra sollecitu » dine, quanto più so vi ringrazio; chè finalmente altro io non » sono che un povero uomo, e meschino troppo per essere esor » tato da sì grandi signori [4]. »Poi continuò: « Tutti i concilii io » non ho biasimati, ma quello unicamente di Costanza; conciosiachè nel 230 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto condannare questa dottrina di Giovanni Huss: » Essere la Chiesa cristiana l’universalità di coloro che sono » predestinati alla salute [5]*, ha condannato questo articolo della » nostra Fede: Credo la santa Chiesa universale, e la stessa Pa » rola di Dio. Dicesi, che i miei insegnamenti (aggiunse egli) fanno » luogo a scandali; ed io rispondo, che senza scandali il Vangelo » di Cristo non può essere predicato. E come mai questo timore, » o quello del pericolo potrebbe staccarmi dal Signore, e da quella » divina Parola, ch' è l’unica verità? No, no, darò più. presto il » mio corpo, il mio sangue e la vita mia.... [6]» I principi e i dottori, dopo avere deliberato, fecero richiamare Lutero; e Wehe soggiunse con mansuetudine: « Bisogna onorare » le potenze, anche quando s' ingannano; bisogna saper fare alla » carità grandi sacrificii. »Poi disse con tono più incalzante: » Rimettetevene al giudizio dell’imperatore, e non temete. » Lutero. Di tutto buon animo io consento che l’imperatore, i » principi ed anco il più meschinello tra' cristiani, esaminino e » giudichino i miei libri, ma con una condizione, ed è: ch' essi » prendan per norma la Parola di Dio. Altro non hanno a fare che » ad essa obbedire. La mia coscienza le è serva, ed io sono un » prigioniero sotto la sua obbedienza » L’Elettore di Brandeburgo. Se pur beneio v' intendo, » signor dottore, altro giudice voi non volete riconoscere, se non » la sacra Scrittura? » Lutero. Sì, mio signore, così è precisamente; la è l'ultima mia parola [7]. » I principi e i dottori si ritirarono; ma V eccellente arcivescovo di Treveri non sapeva risolversi ad abbandonare l’impresa sua. « Venite ! » diss' egli a Lutero, nel recarsi (nella sua propria camera; e nel tempo stesso ordinò a Giovanni di Eck ed a Cocleo da una parte, ed a Schurff e ad Amsdorff dall’altra, di andargli dietro. Eck con vivezza disse a Lutero: « Per qual ragione vi » andate voi sempre appellando alla santa Scrittura? Non sono » forse derivate da questa fonte tutte quante le eresie ? » Ma Lutero, dice il suo amico Matesio, si rimase saldo qual roccia che sulla vera roccia si riposa, la Parola del Signore. « Il Papa (rispose) » non è punto giudice nelle cose della Parola di Dio. Ogni cristiano deve vedere ed intendere da se in qual modo deve vivere » e morire [8]. »Finita a tal modo la conferenza, ognuno se ne andò. l papisti sentivano la superioranza di Lutero, e attribui vanla al difetto ivi di un uomo che fosse in abilità di rispondergli. « Se l’imperatore avesse operato da savio (dice il Cocleo) nel » chiamare Lutero a Worms, vi avrebbe pure chiamati teologi » per confutarne gli errori. » L’arcivescovo di Treveri recossi alla Dieta, e vi annunziò il poco successo della sua mediazione. La maraviglia del giovane imperatore fu pari alla sua 231 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto indegnazione; e disse: « Egli è ben » tempo di porre un termine a questo fatto. »L’arcivescovo chiese due altri giorni; tutta la Dieta fiancheggiò tale domanda, e Carlo Quinto l’accordò, con grande scandalo di Aleandro, il quale, quasi di sè tolto, scoppiò in amari rimproveri [9]. Nel mentre che le cose procedevano a tal modo nella Dieta, Cocleo bruciava dal desiderio di riportare una vittoria ricusata ai re ed ai prelati. Sebbenedi tanto in tanto lanciata avesse pur qualche parola, nondimeno, per non trasgredire l’ordine rice vuto da Aleandro di starsi muto, non era entrato in disputazione. Risolse pertanto di rifarsene, e reso ch’ ebbe conto al nunzio d' ogni particolare della conferenza, recossi da Lutero. Gli si presentò quale amico, e gli parlò dell’ambascia ch' egli soffriva per la risoluzione presa dall’imperatore. Pranzato che ebbero, la conversazione fecesi più viva [10]; Cocleo sollecitava Lutero a ritrat tarsi; e questi fece un segno negativo. Molti nobili ch' ivi erano seduti a mensa, contenevansi a gran fatica, indegnati dal vedere i partigiani di Roma volere, non convincere il riformatore con l’autorità della Scrittura, ma costringerlo con la forza. « Or bene» (disse a Lutero Cocleo, reso da questi rimproveri insofferente) ,» io mi offro di disputare pubblicamente con voi, se rinunziate » al salvo-condotto [11]. »Una pubblica disputazione era da Lutero ardentemente desiderata; ma la condizione proposta era troppo dura, e lo pose in angosciosa incertezza. Rinunciare al salvo-con dotto lo avrebbe tratto sul palco di morte; ricusare il guanto gittatogli da Cocleo sarebbe stato un mostrarsi peritoso e poco fidente nella bontà della sua causa. I commensali avvisarono in questa offerta una perfidia già anticipatamente ordinata da Cocleo con Aleandro; per la qual cosa Vollrat di Watzdorf, ch' era della brigata, tolse Lutero dall’imbarazzo d' una scelta cotanto malagevole per lui. Questo signore, di una natura subita e bol lente, adirato di una fraude che mirava a dar Lutero nelle mani del carnefice [12], si alzò furioso, pose le mani addosso al prete, che allibbì, lo sospinse al di fuori, e sangue al certo sarebbe si versato, se gli altri convitati tosto non si fossero da mensa levati per correre ad intrammettersi tra il furioso cavaliere e Cocleo tremante di spavento [13]. Questi si allontanò tutto confuso dal pa lagio de' Cavalieri di Rodi. È da credersi che una siffatta parola sfuggisse involontaria nel bollore della disputa al decano di Fran coforte, e che tra lui ed Aleandro non si fosse mulinata in un accordo anticipato una tanta perfidia. Cocleo almeno tanto vuol darci a credere e ci piace di prestar Fede alla sua testimonianza; ma darà sempre sospetto il pensare ch' egli usciva allora allora da una conferenza avuta col nunzio quando si presentò a Lutero. La sera l’arcivescovo di Treveri riunì a cena le persone che assistito avevano alla conferenza della mattina; chè parvegli que sto un modo accomodato a divertire gli animi ed a ravvicinarli. Lutero, sì intrepido, sì saldo dinanzi ad arbitri o giudici, nel conversar famigliare era d' una bonarietà, d' una festevolezza da far tutto sperare da lui. Il cancelliere dell’arcivescovo, che mo strato erasi tanto severo nel suo ufficio, si offerse egli stesso ad un tale tentativo, e verso il finire della cena salutò con un 232 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto brin disi Lutero. Questi a restituire un tale onore si apparecchiava; versato era il vino, e sopra il bicchiere, secondo l’usanza sua, faceva il segno della croce, quando d' improvviso il bicchiere gli si ruppe tra le mani, e il vino si sparse sulla mensa. I commensali furono costernati; e alcuni amici di Lutero non si tennero dal dire ad alta voce: « Bisogna credere che in quel bicchiere » vi fosse veleno [14]. »Ma il dottore, senza punto turbarsi, rispose sorridendo: « Signori miei cari, o questo vino non erami desti » nato, o stato sarebbemi nocivo. » Poi aggiunse con animo se dato: « Il bicchiere al certo crepò perchè nel lavarlo fu troppo » presto immerso nell’acqua fredda. »Queste sì semplici parole hanno alcun che di grande, considerata la circostanza, e pale sano in lui un animo inalterabilmente riposato. Non pare giusto il sospetto che i cattolici romani tentassero di avvelenare Lutero, e molto meno che lo tentassero in casa l’arcivescovo di Treveri. Questo convito in sostanza non valse nè ad avvicinar gli animi, nè ad indisporli maggiormente; chè nè l’odio, nè il favore degli uomini potevano influire sulla risoluzione del riformatore, perchè questa era gli spirata dall’alto. Il giovedì mattina (25 aprile) il cancelliere Wehe e il dottore Peutinger di Augusta, consigliere dell’imperatore, e che a Lutero avea dimostrata molta affezione nel tempo delle conferenze con De Vio, recaronsi insieme al palagio de' Cavalieri di Rodi. L’elettore di Sassonia vi mandò Federico di Thun ed un altro de' suoi consiglieri per assistere alla conferenza. Wehe e Peutinger, i quali di buon animo tutoi avrebbero sacrificato per cessare la divisione che stava per lacerare la Chiesa, dissero a Lutero con emozione: « Rimettetevi in noi; e questa bisogna si terminerà » cristianamente; noi ve nediamo parola. »Lutero disse loro: « Eccovi in due parole la mia risposta: Consento a rinunciare » al salvo-condotto [15], e pongo nelle mani dell’imperatore la mia » persona, la mia vita; ma la Parola di Dio... mai, e poi mai ! » Federico di Thun, tutto commosso, allora si alzò e disse agi' in viati: « Non basta? Il sacrificio non è forse grande a bastanza? » Poi, dichiarato di non voler altro udire, si partì. Wehe e Peu tinger sperando allora di espugnare più di leggieri quella fortezza, andarono a sedersi a' fianchi di Lutero, e gli dissero: « Rimet » tetevene alla Dieta. » ** « Es müsse Gift darinnen gewesen seyn » — Lutero non accenna questo fatto; ma Razeberg, amico di Lutero; e medico dell’elettore Giovanni Federico, lo narra in una storia manoscritta che trovasi nella biblioteca di Gotha, e dice averlo udito da un testimonio oculare. — « No (rispose Lutero), chè maledetto » sia l’uomo che si confida neW uomo ! (Geremia, XVII, 5 ) » Wehe e Peutinger rinnovarono le loro esortazioni e i loro assalti, ed incalzavano più di presso il riformatore; il quale, più non potendone, si alzò, e nel congedarli disse loro: « Non consentirò » mai che alcuno si ponga al 233 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto disopra della divina Parola [16]; »' ed essi a lui, nell’atto di andarsene: « Pensateci ancora; noi tor » neremo da voi dopo il mezzodì. » Furono puntuali; ma convinti com' erano che Lutero non ce derebbe, recavano a lui una nuova proposizione. Lutero aveva ricusato di riconoscere per giudice prima il Papa, poi l’impe ratore, indi la Dieta; un altro ne rimaneva da Lutero stesso in altra occasione invocato: un concilio ecumenico. Una tale proposta avrebbe certamente Roma incollerita; ma quest' era l’ultima tavola di salvezza; e i delegati offerirono un concilio generale a Lutero. Questi lo avrebbe potuto accettare senza nulla stabilire di preciso; chè anni ed anni sarebbero passati prima che superati si fossero gli ostacoli che il Papa avrebbe frapposti alla convocazione. Guadagnar anni era guadagnar tutto tanto per lo riformatore, quanto per la Riforma; e Dio ed il tempo grandi cose avrebbero operate. Ma Lutero poneva la rettitudine al disopra d' ogni cosa; nè se stesso campar da morte voleva a carico della verità, dovuto avesse unicamente starsi muto per dissimularla. « Io vi consento (rispose), ma a patto che il concilio » sentenzi unicamente appoggiato all’autorità della sacra Scrittura [17]; » condizione che equivaleva in sostanza ad un rifiuto del proposto concilio. Peutinger e Wehe, non pensando che un concilio potesse giu dicare altramente, corsero festanti dall’arcivescovo, e gli dissero: « Il dottor Martino sottomette i suoi libri ad un concilio. »L’ar civescovo si apparecchiava per correre a recare questa buona novella all’imperatore; ma soccorsegli un dubbio, e per chia rirlo fece chiamare Lutero. Riccardo di Greifenklau era tutto solo quando giunse a lui il riformatore; e quest' arcivescovo gli disse con gran bontà e be nevolenza: a Caro signor Martino, i miei dottori fannomi assapere » che consentite a sommettere senza riserba la vostra causa ad » un concilio. »Lutero gli rispose: « Monsignore, tutto posso io » sopportare, ma non abbandonar mai la santa Scrittura. »L’ar civescovo s' accorse allora che Wehe e Peutinger si erano male spiegati. Roma non poteva mai consentire ad un concilio che sentenziasse unicamente stretto alla Scrittura. « Sarebbe stato » (dice il Pallavicini ) un volere che un debil occhio leggesse ca » ratteri picciolissimi, ed un ricusargli occhiali al tempo stesso [18]. » L’ottimo arcivescovo mandò un sospiro; indi soggiunse: « Buona » ispirazione fu la mia di farvi qui venire. Che sarebbe mai av » venuto se tosto io fossi corso a recare questa novella all’impe » ratore? » Certo che recano stupore e l’indomita costanza e la rigidezza di Lutero: ma saranno ben intese e rispettate da tutti coloro che ben conoscono il diritto di Dio. Rade volte un più nobile omaggio fu reso alla Parola immutabile del cielo; e ciò con pericolo della libertà e della vita di chi glielo rendeva. 234 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto « Or bene(rispose a Lutero il venerando prelato), accennate » adunque voi medesimo un rimedio. » Lutero, dopo un momento di silenzio: Monsignore, altro non » ne conosco fuor quello di Gamaliele: Se questo disegno è opera » degli uomini, cadra da sè; ma se viene da Dio, voi non potete » distruggerlo; e guardatevi benedal dar occasione al rim provero che voi abbiate mossa guerra a Dio. Fate che l’imperatore, » gli elettori, i principi e gli Stati dell’impero mandino al Papa » questa risposta ! » L’Arcivescovo. Ritrattate almeno qualche articolo. » Lutero. Farollo, purchè non trattasi di quelli dal concilio di » Costanza condannati. » L'Arcivescovo. Ah! temo beneche precisamente di quelli » vi si chiegga ritrattazione. » Lutero. In tal caso, voglio più presto sacrificare il mio corpo » e la mia vita; voglio piuttosto lasciar braccia e gambe tagliarmi » che romper Fede alla Parola chiara e vera di Dio [19]. » L’arcivescovo intese finalmente qual uomo fosse Lutero; e sempre con la medesima dolcezza gli disse: «Andatevene pure.» Lutero allora soggiunse: « Piacciavi, o Monsignore, di adoperarvi n in guisa che Sua Maestà mi fascia rilasciare il salvo-condotto » necessario per lo mio ritorno. » — «Vi provvedere, » rispose il buon prelato; e poscia si separarono. A tal modo terminaronsi i maneggi. L’impero tutto quanto erasi rivolto verso il riformatore [20] con le più fervide preghiere e con le più terribili minacce, ed egli punto non erasi smosso. Il suo rifiuto di piegarsi sotto il ferreo braccio del pontefice, fran cava la Chiesa, e a tempi novelli dava cominciamento. La mano della Provvidenza vi si era manifestamente intrammessa; ed è questa una delle grandi scene della storia sulle quali si libra e s' innalza maestosa l’immagine della Divinità. Lutero uscì in compagnia di Spalatino, ch' era sopraggiunto durante la conferenza con l’arcivescovo. In Wonns era caduto infermo Giovanni di Minkwitz, consigliere dell’elettore di Sasso nia; e i due amici recaronsi a visitarlo. Lutero porse all’amma lato le più commoventi consolazioni, e nel separarsi da lui, dis segli: « Addio; domani io abbandonerò Worms. » Lutero non s' ingannava; e non erano forse tre ore passate dal suo ritorno al palagio de' Cavalieri di Rodi, quando gli si pre sentò Eck, cancelliere della Dieta, accompagnato da un notaio e dal cancelliere dell’imperatore. 235 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il cancelliere gli disse: « Martino Lutero, sua Maestà impe » riale, gli elettori, principi e Stati dell’impero avendoti più » volte e in più maniere esortato a sommessione, e sempre in ii damo, l’imperatore nella sua qualità di patrono e di difen » sore della cattolica Fede, trovasi obbligato di passar oltre. Egli » ti comanda di tornartene a casa tua nel termine di ventun giorni, » e ti vieta di turbare la pubblica quiete lungo la via, tanto conpredicazioni, quanto con iscritti. [21]» Lutero scorgeva beneche questa intimazione era principio della sua condanna: « N'è risultato quanto all’Eterno è piaciuto (ri » spos' egli con mansuetudine); e il nome dell’Eterno sia bene detto ! » Poi aggiunse: « Prima di tutto, umilissimamente e » con animo commosso io ringrazio sua Maestà, gli elettori, i » principi e gli altri Stati dell’impero, per avermi ascoltato contanta benevolenza. Altro non ho desiderato, nè desidero, se » non una cosa sola, una Riforma della Chiesa conformantesi alla sacra Scrittura. Apparecchiato sono io a tutto operare, a tutto » soffrire, per sottomettermi umilmente al volere dell’impera li tore. Vita e morte, onore e vituperio, tutto pongo in un fascio; » una sola eccezione faccio io, ed è la predicazione del Vangelo; » chè san Paolo ha detto: La Parola di Dio non può essere le ti gala. »I deputati se ne andarono. Il venerdì (26 aprile) in sul mattino, gli amici del riformatore e molti signori si riunirono presso Lutero Nel considerare la cristiana fermezza per'lui opposta a Carlo ed all’impero, compiacevasi ognuno di ravvisare in Lutero tutti i lineamenti del se guente celebre ritratto tramandatoci dall’antichità : « Justum ac tenacem propositi virum » Non civium ardor prava jubentium, » Non vultus instantis tiranni « Mente quatit solida [22]. Volevasi ancora una volta, e forse per sempre, dire addio a questo monaco di sì grand' animo. Lutero mangiò parcamente; poi si dispose a congedarsi da' suoi amici ed a fuggire lungi da loro, sotto un cielo gravido di tempeste. Passar volle quel solenne momento nella presenza di Dio; e sollevata sino al cielo la sua mente, benedì coloro che stavangli d' intorno [23]. Suonarono le dieci del mattino; e Lutero tosto uscì del palagio co' suoi amici che a Worms l’avevano accompagnato. Venti gentiluomini a ca vallo circondavano il suo carro; ed una gran folta di popolo lo accompagnò sin fuori delle mura. Sturm, l’araldo imperiale, lo raggiunse alcun tempo dopo ad Oppenheim, e il dì vegnente giun sero a Francoforte, ________________________________________ 236 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Ahander mane hora quarta vocaverit ad se Cochlaum, jubens ut audirei solum (Cocleo, p. 36). [2] Dass das Wort Gottes, welches so lange unter (lem Scheffel verborgen gesteckt, beller scheine.... (Seckend., p. 364). [3] Und aus dem Reich verstossen (Luth., Opp. | L.], XVII; Sleiden, I, 97). [4] Agnosco enim me homuncionem, longe viliorem esse, quam ut tantis principibus... (Luth., Opp- lat.,p. 167). [5] Ecclesia Christi est universitas pradestinatorum (Ibid.). [6] Sie wollten segli Gewissen, das mit Gottes Wort und heiliger Schrifft gebunden und gefangen wàre, nicht dringen (Matth., p. 27). [7] la, darauf stehe Ich (Luth., Opp. [L.J, XVII, p. 588;. [8] Egli Christenmensch musszusehen und richten.... (Luth., Epp., p. 604). [9] De iis Aleander acerrime conquestus est (Pallav., tìist. Cono. Trid., I, p. 120). [10] Peracto prandio (Coeleo, p. 36 ). [11] Und wollte mit mir disputiren, ich solite allegli das Geleit aufsagen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 589). [12] Atqueita traderet eum carnificina (Coeleo, p. 36). [13] Dasslhm das Blut uber den Kopff gelaufen wàre, wo man niebt gewehret batte (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 589). [14] « Es mùsse Gift darinnen gewesen seyn. » [15] Er wollte ehe das Geleit aufsagen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 589). [16] Er wollte kurtzruro Menschen ijber Gottes Wort nichi erkennen (lbid., P583). [17] Dass dariìber aus der heiligen Schrifft gesprochen (Ibid., p. 584). [18] Simulque conspiciliorum omnium negare (Hist. Condì. Trid., I, p. 111). 237 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [19] Ehe Stumpf und Stiel fahren lassen (Luth., Opp. [L.], XVII. 584). [20] Totum Imperium ad se conversum spectabat (Pallav., Hist. Cono. Trid.. 1, p. 120). [21] Salutatih» patronis et amicis qui eum frequentissimi convenerunt (Lutto., Opp. lat., II, p. 168). [22] Orazio, Lib. IlI, Od. III. [23] Seine Freunde gesegnet (Matesio, p. 27), 238 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DUODECIMO SOMMARIO. — La giornata di Worms. — Lutero a Cranach. — Lettera all’imperatore ed agli Stati dell’impero. — Lutero presso il principe-abate di Hirschfeld. — Lutero predica ad Isenac. — Molti principi lasciano la Dieta. — Influenza di Aleandro. — Carlo Quinto soscrive la condanna di Lutero. — L'editto di Worms. — La fine od il cominciamento! — Lutero si reca presso i suoi parenti a Mora. — È assalito e rapito. — Le vie di Dio. — Lutero è condotto al castello della Wartburg. — Gli sono dati gir abiti di un cavaliere. — Sua cattività. A tal modo Lutero si sottrasse da quelle mura di Worms, che credevasi esser dovessero la sua tomba; e con tutto il suo cuore ne glorificava l’Onnipotente. « Il demonio in persona (die' egli) » guardava la rocca del Papa; ma Cristo le aveva aperta una gran » breccia; e Satana ha dovuto confessare che il Signore è più po » tente di lui [1]» Il pio Matesio, discepolo ed amico del riformatore, lasciò scritto: « Il giorno della Dieta di Worms è uno de' giorni più grandi, » più gloriosi conceduti alla terra prima della consumazione de' » secoli [2]. »La battaglia commessasi in Worms mandò lontana assai la sua nominanza; e al romore che ne corse per tutta la cristianità, dalle regioni settentrionali sino ai monti dell’Elvezia, ed alle città dell'Inghilterra, della Francia e dell'Italia, molti brandirono con ardore le armi possenti della Parola di Dio. Giunto Lutero a Francoforte la sera del sabbato (27 aprile), nel dì che venne profittò di un momento di libertà, per iscrivere un viglietto pieno ad un tempo di famigliarità e di energia al suo amico Luca Cranach, celebre dipintore in Wittemberga; e questo momento di libertà fu il primo ch' egli godesse dacchè erasi di là partito. « Servitor vostro, o Luca, mio caro compare (gli scriveva). Io mi credeva che sua Maestà avrebbe in Worms riuniti » una cinquantina di dottori, per convincere dirittamente il mo » naco; ma nulla di tutto questo. — Questi libri sono tuoi? — Sì. » — Vuoi tu ritrattarli? — No. — Or dunque, vattene via. — » Eccoti in breve tutta la storia. O ciechi Alemanni !.... In qual » modo operiamo da fanciulli, e ci lasciamo giuocare e giuntare » da Roma !... È d'uopo che i Giudei cantino una volta Viva! » Viva ! Viva ! Ma Pasqua verrà anche per noi; e allora noi can » teremo Alleluia [3] ! ... Conviene stare zitti e sopportare ancora » un po' di tempo. Fra poco voi non mi vedrete, e di nuovo tra n poco voi mi vedrete (Giovanni, XVI, v. 16). — Spero che tanto n avverrà di me. Addio. Tutti quanti insieme all’Eterno vi raccomando. La vostra mente stia rivolta a Gesù Cristo, e la vo » stra Fede salda contro gli assalti dei lupi e dei dragoni di Roma. » Così sia. [4]» Scritta ch' ebbe questa lettera, enimmatica anzichè no, Lutero, stretto dal tempo com' era, partì tosto alla volta di Fried berga, distante sei leghe da Francoforte. Nel dì che venne, Lutero si raccolse in sè un' altra volta. Desiderava scrivere an cora a 239 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Carlo Quinto, non amando confonderlo coi ribellanti alla legge di Dio. Nella sua lettera all’imperatore espose con chiarità quale sia la obbedienza dovuta ai regnanti, e quale è quella do vuta a Dio; poi quale sia il termine a cui l’una deve soffermarsi per far luogo all’altra. Nel leggere Lutero, soccorre involontaria alla mente questa sentenza del più grande autocrate de' moderni tempi: « La mia dominazione termina dove comincia quella della » coscienza [5]. » « Dio, che è lo scrutatore de' cuori umani, emmi testimonio » (scriveva Lutero ) che prontò sono io ad obbedire con gran » fretta d' animo a vostra Maestà, tanto nella gloria, quanto nell' obbrobrio, tanto con la vita, quanto con la morte, null’altro » assolutamente eccettuato, dalla Parola di Dio in fuori, per la n quale l'uomo ha vita. In tutte le faccende del tempo, la mia n fedeltà immutabile si terrà, chè il perdere o il guadagnare in » questo mondo, sono cose indifferenti alla salute. Ma dove trai ni tesi de' beni eterni, Dio non vuole che l’uomo all’uomo si sot » temette. La sommessione nel mondo spirituale è un vero culto, » da rendersi unicamente a Dio [6]. » Lutero scrisse inoltre, ma- in tedesco, una lettera agli Stati dell’impero, la sostanza della quale era la stessa; ma vi toccava tutti i casi ch' erangli occorsi in Worms. Essa fu copiata e rico piata, e si sparse per tutta l'Alemagna. Ovunque, dice Cocleo, mosse l’indignazione de' popoli contro l’imperatore e contro l’alto clero [7]. Il dì che venne Lutero assai per tempo scrisse a Spalatino un viglietto accompagnandogli sotto coperta le due lettere scritte il giorno innanzi; e rimandò a Worms l'araldo Sturm, già reso seguace dell’evangelica dottrina. Lutero abbracciò quest' uomo, e partì poscia in tutta ressa per Grunberga. Il martedì, egli era ancora due leghe distante da Hirschfeld, quando incontrò il cancelliere del principe-abate di quella città, che gli andava incontro. Poco stette ad apparire un drappello di cavalieri, alla testa del quale l’abate cavalcava, Questi smontò di sella, e Lutero dal suo carro discese. Il principe ed il riformatore si abbracciarono, poi entrarono in Hirschfeld. Alle porte della città furono ricevuti dal senato [8] ! Così i principi della Chiesa correvano ad incontrare onorevolmente un monaco maledetto dal Papa, ed i maggiorenti del popolo bassavano il capo dinanzi ad un uomo proscritto dall’imperatore. Il principe, nell’alzarsi da tavola la sera, disse al riformatore, che seco aveva voluto a mensa: « Domanimattina alle cinque noi » saremo alla chiesa. »Volle che Lutero dormisse la notte nel suo proprio letto; la seguente mattina Lutero predicò; e il principe abate lo accompagnò col suo seguito. Sul fare della sera Lutero giunse ad Isenac, luogo della sua in fanzia; e tutti i suoi amici di quella città gli furono attorno, e pregaronlo a predicare. La mattina lo condussero alla chiesa; ed ecco farsi innanzi il curato con testimonii ed un notaio. 240 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Tutto tremante si faceva innanzi, combattuto da due paure, quella di perdere la cura, e l’altra di opporsi all’uomo possente che stava gli dinanzi. Finalmente il prete con voce imbarazzata disse : « Io protesto contro la libertà che andate a prendervi. »Lutero montò sul pergamo, e quella voce che ventitrè anni prima can tava lungo le vie di quella città, per trovare di che cibarsi, feoe risuonare sotto le volte di quell’antica chiesa quegli accenti che cominciavano a sommovere il mondo. Dopo il sermone, il curato, tutto confuso, si strisciò verso Lutero. Il notaio aveva già Y atto disteso, i testimonii lo avevano soscritto, e a tal modo le cose erano in buon ordine per assicurare al prete la sua cura; il per chè fattosi poi di costa al riformatore, umilmente gli disse: « Per » donatemi, o dottore, io ho dovuto far questo per la paura che » ho de' tiranni che opprimono la Chiesa [9]» E veramente eravi ragione di temerli; chè le cose in Wornis mutato avevano di aspetto; e detto sarebbe si che Aleandro ivi regnasse qual signore assoluto. L'elettore di Sassonia scriveva al duca Giovanni suo fratello: « L’esilio è il solo avvenire di Lutero, » e nulla cosa potrebbe salvarlo. Se piacerà a Dio ch' io torni » presso di voi, avrò cose incredibili a raccontarvi. Non solamente Anna e Caifasso, ma sibbene Pilato ed Erode sonosi » tutti collegati contro il riformatore. »Poco curavasi Federico di rimanersi più a lungo in Worms, e se ne partì; l’elettore pa latino ne seguitò l’esempio; e la Dieta fu pure abbandonata dall' elettore arcivescovo di Colonia. Principi di un grado meno ele vato pur se ne andarono; conciossiachè, fatti accorti dell’impossibilità loro di stornare il colpo che volevasi calare, preferissero, e forse a torto, di abbandonare il loro posto. Rimasero adunque gli Spagnuoli, gl’Italiani ed i principi alemanni che parteggia vano per Roma. Libero a tal modo rimase il campo ad Aleandro, che trionfava; e tosto presentò a Carlo una forinola di editto che gli doveva valer di modello per lo dettato di quello che la Dieta rendere vo leva contro Lutero. Questo lavoro del nunzio piacque allo sde gnato imperatore, il quale riunì nella sua stanza gli avanzi della Dieta e vi fece leggere l'editto di Aleandro, e tutti i presenti lo accettarono, se pur Fede è dovuta al Pallavicini. Il dì seguente, giorno di una grande solennità, l’imperatore si trovò nel tempio, circondato dai signori della sua corte. Ter minata la solennità religiosa, una gran calca di popolo riempiva il santuario, quando Aleandro, rivestito di tutte le insegne della sua dignità, si appressò a Carlo Quinto Avea tra le mani due esemplari dell’editto contro Lutero, l’uno in latino, l’altro in tedesco, ed inchinatosi rispettosamente dinanzi a Sua Maestà Im periale, supplicò Carlo a soscriverli entrambi e ad apporvi il sug gello dell’impero. Era il momento in cui l’ostia era offerta, in cui gl’incensi profumavano il tempio, in cui l’inneggiare risuonava ancora sotto le volte, e come in presenza della divinità, che do veva essere soscritta la perdita del nemico di Roma. L’imperatore sorridendo graziosamente [11], prese la 241 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto penna e soscrisse; ed Aleandro, senza por tempo in mezzo, uscì trionfante, e mandò tosto sotto i torchi il decreto, e lo fece spargere per tutta la cristianità [12]. Questo frutto delle romane fatiche costò qualche affanno al pa pato ! Lo stesso Pallavicini ci scaltrisce che sebbenequesto editto recasse la data dell’8 maggio, fu soscritto più tardi; e fu anti datato al fine di far credere che fosse stanziato mentre tutti i membri della Dieta trovavansi presenti. L’imperatore diceva: « Noi Carlo Quinto (e seguitavano i suoi » titoli), a tutti gli elettori, principi, prelati ed altri cui spetta: » L’Onnipotente, per difesa della santa Fede, ci ha affidato » e molti regni, e tanta possanza, quanta mai non fu accordata » a veruno de' nostri predecessori; e noi vogliamo adoperare » tutte le nostre forze ad impedire che qualche eresia non venga » ad inquinare il nostro sacro impero. Il monaco agostiniano Martino Lutero, sebbeneda noi esor » tato, si è qual furioso scagliato contro la santa Chiesa, ed ha » preteso soffocarla con libri pieni di bestemmie. Egli ha maculata » in turpe guisa l’indistruttibil legge del santo matrimonio; si è » sforzato di sospingere i laici a lavarsi le mani nel sangue de' » chierici [13]; e rovesciata ogni obbedienza, egli non si è mai » ristato di spronare a ribellione, a divisione, a guerra, ad as » sassini, a rapine, ad incendi ,' e di affaccendarsi alla compiuta » perdizione della cristiana Fede... In una parola, e per intra » lasciare di accennare tant' altre sue malizie, quest' essere, » che non è punto un uomo, ma Satana stesso sotto umana forma » e ricoperto sotto la cocolla di un monaco [14], ha riunito in una » pozzanghera puzzolente tutte le più abbominevoli eresie de' » tempi andati, ed awene aggiunte di nuove... » Noi adunqne ci siamo tolti dinanzi agli occhi questo Lutero, da tutti gli uomini di senno e religiosi tenuto per matto od » ossesso, ed intendiamo che spirato appena il suo salvo-condotto « si ricorra tosto a modi efficaci per infrenarne la rabbia furi » bonda. » Egli è per ciò che noi, sotto pena de' castighi dovuti ai » delitti di lesa maestà, vi divietiamo di ospiziare il detto Lutero, » spirato che sarà il termine fatale, di nasconderlo, di nutrirlo, » di abbeverarlo, e di prestargli veruno aiuto in fatti od in » parole, in secreto o palesamente. Vi ordiniamo per giunta di » catturarlo o di farlo catturare in qualsivoglia luogo vi sarà dato » di trovarlo, e di condurlo tosto a noi, o di guardarlo sicuramente sino a tanto che noi vi avrem fatto assapere in qual a modo dobbiate governarvi in proposito, e che siate meritamente retribuiti delle vostre cure per un' opera cotanto pia. » Per quanto risguarda i suoi seguaci, voi gli farete porre le » mani addosso, gli atterrerete, e confischerete i loro beni. » in quanto a' suoi scritti, se il miglior nudrimento si rende » abbominoso a tutti gli uomini tosto che vi si è versato qualche » stilla di veleno, con quanta maggior ragione non avrannosi ad » abbominare siffatti libri, entro i quali stassi nascoso per le » anime un mortifero veleno ! Essi devono essere non solo reietti, » ma annientati ! Voi pertanto li brucierete o li distruggerete in » altro modo qualsivoglia. 242 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » Per ciò che spetta poi agli autori, poeti, stampatori, pittori, » venditori o compratori di affìssi, libelli o pitture, ecc., contro il Papa o la Chiesa, voi v' impossesserete delle loro persone e de' » loro averi per farne poi il piacer vostro. » Che se alcuno, qualunque sia la sua dignità, osasse operare « in contradizione al decreto di Nostra Maestà Imperiale, noi or » diniamo che sia scaduto da ogni sua dignità e diritto e sbandeggiato dall’impero. » Ognuno adunque si governi in conformità di questo de » creto. » Tal era l’editto soscritto dall’imperatore nella cattedrale di Worms; ed era più terribile di una bolla di Roma, la quale, seb benepubblicata in Italia, non potevasi in atto recare nell’Ale magna. Lo stesso imperatore aveva parlato, e la Dieta aveva ra tificato un tale decreto. Tutti i partigiani di Roma mandarono grida di trionfo, e sclamavano: « Questa è la fine della trage » dia ! » Ma uno Spagnuolo della corte di Carlo, Alfonso Valdez, più previdente. rispose: « in quanto a me, sono persuaso non » esser questo il fine, ma più presto il cominciamento [15]. »Valdez scorgeva benissimo che la commozione era nella Chiesa, nel popolo e nel secolo, e che posto anco che Lutero cadesse, con lui caduta non sarebbe la sua causa. Ciò non pertanto ognuno avvisava l’imminente, l’inevitabile pericolo in cui trovavasi il riformatore; e la gran folla de' superstiziosi sentivasi da orrore compresa al solo pensare a questo Satano incarnato, sotto gli abiti di un monaco, alla nazione accennato dall’imperatore. L’uomo, contro il quale le potenze della terra tempravano a tal modo le loro folgori, era uscito dalla chiesa di Isenac, e pre paravasi a separarsi da parecchi de' suoi più cari amici. Egli non voleva seguitare la strada che menava a Gotha e ad Erfurt, ma volgersi verso Mora, villaggio di cui suo padre era originario, per vedervi ancora una volta la nonna sua, che mori poi quattro mesi dopo, e per visitarvi Enrico Lutero, suo zio, ed altri suoi parenti. Schurff, Jonas e Suaveu partirono per Wittemberga; e Lutero salì sul suo carro con Amsdorff, che seco volle rimanere, ed entrarono nelle foreste della Turingia [16]. Giunse la sera stessa al villaggio de' suoi antenati; e la povera vecchia contadina serrò tra le sue braccia questo suo nipote che avea tenuto fronte all’imperatore Carlo ed al Papa Leone. Lutero passò il dì che venne con la sua famiglia, beato veramente di quella dolce tranquillità, dopo il tumulto di Worms; poi nell’altro si ripose in via. accompagnato da Amsdorff e da Iacopo, suo fratello. In que' luoghi solitarii dovevasi decidere la sorte del rifor matore. Camminavano lunghesso i boschi della Turingia, segui tando la via di Waltershausen; e mentre il carro trovavasi in dirotto sentiero presso l’abbandonata chiesa di Glisbach, a qual che distanza dal castello di Altenstein, udissi un rumore improv viso, e tosto apparvero cinque cavalieri mascherati ed armati da capo a' piedi, che precipitaronsi sopra i viaggiatori. Iacopo, veduti che gli ebbe, balzò dal carro, e senza dir verbo diedesi in sul fuggire. Il vetturale voleva difendersi; ma « fermati ! » con terri bile voce gli gridò l’uno degli sconosciuti, che gli si gittò addosso e lo stramazzò per terra [17]. 243 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Un secondo mascherato prese Amsdorff, e lo tenne lontano dal carro; nel mentre che gli altri tre ponevano le mani addosso a Lutero, tenendosi in profondo silenzio. Strappalo di viva forza dal carro, gittangli sugli omeri un mantello da cavaliere, e pongonlo sopra un cavallo ch' essi tengono in guin zaglio. Gli altri due abbandonano allora Amsdorff e il vetturino, e tutti cinque montati in sella, non si fermano nè anco per rac cogliere il cappello all’uno di loro caduto; e in un batter d occhio disparvero col loro prigione entro la folta foresta. Prendono da prima la via di Broderode; ma non tardano a tornare indietro per altra strada; e senza uscir mai dal bosco, fannovi per ogni verso giri e rigiri, per ingannare coloro che potessero recarsi in traccia di loro... . Lutero, poco avvezzo a cavalcare, si trovò ben presto al più .non posso [18]; e gli fu permesso di scendere a terra per ristorarsi alcuni istanti. Si riposò all'ombra di un faggio, e bebbe frese' acqua ad una fonte, che fu poi detta la fonte di Lutero. Iacopo. suo fratello, postasi senza posa la via tra le gambe, giunse la sera stessa a Waltershausen. Il vetturino, tutto sgomentato, ripostosi sul carro in cui Amsdorff era risalito, aveva sferzati i suoi cavalli, i quali allontanatisi rapidamente da' quo' luoghi, condussero l’amico di Lutero sino a Wittemberga. In questa città, a Walters hausen, ne' villaggi, nelle campagne, e nelle città intermedie, ovunque sulla via, parlavasi del rapimento del dottore. Questa novella, se alcuni pur rallegrava, ai più recò stupore e indegna zione; e poco andò che un grido di dolore s' intese per tutta l’A lemagna: « Lutero è caduto nelle mani de' suoi nemici ! » Dopo il violento combattimento dal riformatore sostenuto, piacque a Dio di condurlo in un luogo di pace e di riposo. Dopo averlo posto sul pomposo teatro di Worms, dove tutte le potenze dell’anima sua erano state sì grandemente accese, gli destinava l’oscuro ed umiliante ritiro d' una prigione. Dio trae dalla più profonda oseurezza i deboli strumenti con cui proponsi dì compiere i più gran fatti, e lasciali risplendere per alcun tempo di gran luce sopra una illustre arena, poi li rimanda nell’oscurità più profonda. La Riforma compiere non dovevasi in altro modo se non per via di lotte violenti e di pompose comparse. Non è a tal modo che penetra il fermento nella massa del popolo; chè allo Spirito di Dio convien procedere per vie più tranquille e meno dubbiose. L’uomo che incessantemente e senza misericordia per seguitava i paladini di Roma, dovea sparire per qualche tempo dalla terra. Questo individuo doveva ecclissarsi, per toglieré l’impronta di un sol uomo alla rivoluzione che compiere si do veva. D' uopo era che l’uomo si ritirasse, affinchè Dio rimanesse tutto solo, col suo Spirito moventesi sopra V abisso in cui spro fondavan le tenebre del medio evo, col dire: Sia fatta la luce ! affinchè la luce fosse fatta. Venuta finalmente la notte, e niuno potendo più le tracce se guitare de' guardiani di Lutero, questi presero un'altra strada; ed erano quasi le undici 244 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto pomeridiane, quando giunsero al piede di una montagna [19]. I cavalli salironla a passi lenti; sull’altura sorgeva un antico castello cinto da ogni banda, trattane quella per cui vi si giungeva dai nereggianti boschi che cuoprivano i monti della Turingia. Fu nell’alto ed isolato castello detto la Wartburg, in cui in antico appiattavansi i langravi, che Lutero fu condotto. Si trassero i chiavistelli, caddero le sbarre del ferro, si apersero le porte, il riformatore entrò, le porte dietro furongli rinchiuse. Scese di sella entro un cortile; l'uno de' cavalieri, Burcardo di Hund, signore di Altenstein, si ritira; un altro, Giovanni di Ber lepsch, proposto della Wartburg, condusse il dottore nella ca mera destinatagli a prigione, e nella quale trovavansi disposte una veste da cavaliere ed una spada. Gli altri tre cavalieri, che dipendevano dal proposto, lo svestirono degli abiti ecclesiastici, e gli indossarono quelli di cavaliere; e gli ingiunsero di lasciarsi crescere barba e capelli affinchè nel castello non potesse essere da veruno riconosciuto. Gli abitanti della Wartburg non dovevano riconoscere nel prigioniero se non il cavaliere Giorgio; e il riformatore, vestito a quella foggia, a mala pena si riconosce [20]. Finalmente, è solo la sciato; e la sua mente ha tutto l’agio di riandare e sulle maravi gliose faccende di Worms, e sul dubbioso avvenire che lo attende, e sul suo novello e strano soggiorno. Dalle anguste finestre della sua torre scuopre le oscure, solinghe ed immense foreste che lo circondano. « Là dimorò il dottore (dice Matesio, suo amico e suo » biografo) siccome san Paolo nella sua prigione di Roma. » Federico di Thun, Filippo Feilitsch e Spalatino, in un' intima conferenza avuta in Worms con Lutero dietro gli ordini dell’elettore, gli avevano già fatto intendere, che la sua libertà doveva essere sacrificata alla collera di Carlo e del Papa [21]. Ad ogni modo questo rapimento si avvolse in tanto mistero. che lo stessoelettore di Sassonia ignorò un lungo tempo il luogo in cui Lutero era stato rinchiuso. Il lutto degli amici della Riforma si prolungò; la primavera trascorse, ed una state, un autunno ed un inverno le tennero dietro; il sole compì l’annuale suo corso, e le mura della Wartburg rinchiudevano ancora il loro prigione. La verità fu colpita d' interdetto dalla Dieta; il sua difensore, chiuso tra le mura di un forte castello, è scomparso dalla scena del mondo, senza che sappiasi che sia di lui; Aleandro trionfa; la Riforma sembra perduta.... ma Dio regna; e il colpo, che pareva dovere annientare la causa del Vangelo, non servirà che a salvare l'a nimoso suo ministro, ed a propagare da lontano il lume della Fede. Lasciamo Lutero prigione in Alemagna sulle alture della Wart burg, e vediamo ciò che Dio faceva in quel mentre in altri paesi della cristianità. ________________________________________ 245 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Aber Cbrisius maebt egli Loch deregli (Luth., Opp. [L.], XVII, 589). [2] Diss ist der berrlieben grossen lag einer vorm Ende der Wellt (p. 28). [3] Es mussen die Iuden einmal singen: Io, Io, Io! (Luth., Epp., I, 589.) [4] Questi gridi di gioia degli Ebrei, al tempo della cruciflssione, rappresentano i canti di trionfo de' papisti, all’occasione de' guai che poscia incolsero Lutero; ma il riformatore legge nell’avvenire gli alleluia della liberazione. [5] Napoleone alla deputazione protestante dopo la sua accessione all' impero. [6] Nam ea fides et submissio proprie est vera Ma latria et adoratio Dei (Luth., Epp., I, p. 592). [7] Per chalcographos multiplicata et ìnpapulos dispersa est ea epistola Casari autem et clericis odium populare, eto. (Cocleo, p. 38). [8] Senatus intra portas nos excepit (Luta., Epp., Il, p, 6). [9] Humiliter tamen excusante ob metum tyrannorum suorum (Luth., Epp., II, p. 6). [10] Cum Cessar in tempIo adesset.... processii Mi obviam Aleander (Palla?., Bisl. Cono. Trid., I, p. 122). [11] Festivissimo mltu (Pallav., Hist. Corte. Trid., I, 122). [12] Et undique pervulgata (Ibid.). [13] Ilire Himde in der Priester Blut zu waschen (Luth., Opp. [L.], XVII, p. 598). * [14] Nicht egli Mensch, sonderti als der bòse Feind in Gestalt eines Menschen mit angenommener Monchskutlen (Ibid.). [16] Ad carnem meam trans sylvam profectus (Luth., Epp., il, p. 7). [17] Dejectoque in solum auriga et verberato (Pallav., Hist. Cane. Trid., I, p. 122). [18] Longo itinere, novus eques, fessus (Luth., Epp., II, p. 3) 246 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [19] Hora ferme undecima ad mansionem noctis perveni in tenebris {Luth., Epp., Il, p. 3). [20] Exutus vestibus meis et equestribus inductus, cornarti et barbam nutriens (Luth., Epp., II, p. 7). [21] Cum ipse me jam dudum nonnoverim (Ibid.) s Seckendorf, p. 365. 247 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto LIBRO OTTAVO. 1484 — 1522 CAPITOLO PRIMO SOMMARIO. — Turbazione nella Svizzera. — Sorgente della Riforma. — Sua unità e sua diversità. — Carattere democratico nella Svizzera. — Servizio straniero. — Moralità. — Il Tockenburgo. — Una cascinetta dell’Alpi. — Una famiglia di pastori. — Ilgio vane Ulrico. Nel momento in cui si pubblicò il decreto della Dieta di Worms, una turbazione sempre crescente incominciava a sommuovere le pacifiche valli della Svizzera. Alle voci che facevansi intendere dalle pianure dell’alta e della bassa Sassonia, rispondevano dal seno delle elvetiche pendici le energiche voci de' loro preti, de' loro pastori e de' cittadini delle città bellicose dell’Elvezia. I partigiani di Roma, presi da spavento, andavano gridando, che una vasta e tremenda congiura formavasi ovunque nella Chiesa contro ia Chiesa. Gli amici del Vangelo, tutti gaudiosi, dicevano invece: che a qual modo, in cui nella primavera il soffio della vita si fa sentire dalle spiagge del mare sino alle vette de' monti, così lo Spirito di Dio liquefaceva allora per tutta cristianità i diacci di un lungo verno, e ricuopriva di verzura é di fiori la terra, dalle più basse pianure, sino alle roccie più alte, più ar .e e più trarupate. Non fu già l’Alemagna che comunicò la luce della verità alla Sv .zzerà, nè questa alla Francia, nè la Francia all’Inghilterra: tutte queste contrade la ricevettero da Dio, in quella guisa che non è una parte della terra che all’altra trasmetta la luce, ma sibbene lo stesso globo luminoso che la comunica immediata mente alla terra. Infinitamente sollevato sopra gli uomini, Cristo, l’alto Oriente, fu al tempo della Riforma, siccome in quello in cui fondossi il cristianesimo, il fuoco celeste, da cui emanò la vita del mondo. Una sola e medesima dottrina si stabilì d' im provviso nel secolo XVI nelle case e ne' templi de' popoli i più lontani, i più diversi; e ciò avvenne perchè lo stesso Spirito spirò ovunque, ed ovunque mosse la stessa Fede. La Riforma dell’Alemagna e quella della Svizzera questa verità rendono manifesta. Zuinglio non ebbe corrispondenze con Lutero; un legame vi fu certamente tra questi due riformatori; ma questo vincolo vuolsi cercare non nella terra, ma più in alto assai. Colui che diede la verità a Lutero, diedela pure a Zuinglio; ed essi, Dio mediante, comunicarono tra loro. « Ho cominciato a f, predicare il Vangelo (dice Zuinglio) l’anno di grazia 1516, » ch' è quanto dire, in un tempo, nel quale il nome di Lutero » noto non era ancora nelle nostre contrade. Non è da Lutero » ch' io abbia imparata la dottrina di Gesù Cristo, ma l’appresi, dalla Parola di Dio. Se Lutero predica Cristo, egli fa ciò che » faccio io; ecco come sta questo fatto [1]. » 248 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ma se uno fu lo Spirito che diede una vasta unità alle diverse riforme che emanarono da lui, esse ricevettero nondimeno sin golari e proprii lineamenti dai popoli diversi tra' quali si compierono. Noi abbiamo già altrove bozzata la condizione in cui trovavcsi la Svizzera all’epoca della Riforma [2]; per la qual cosa ci basterà qui la giunta di poche parole. Nell’Alemagna dominava il principio monarchico, e il democratico nell’Elvezia; in quella, la Riforma ebbe a lottare col volere de' principi, e in questa col volere del popolo. Un' assemblea di uomini, più di leggieri trascinata che un solo, prende pure più sùbite risoluzioni. Il perchè, la vittoria contro il papato, che costò anni al di là del Reno, al di quà di quel fiume fu l’opera di mesi, per non dire di giorni. Nell’Alemagna, la persona di Lutero s' alza grave e maestosa tra le sassoni popolazioni; sembra tutto solo nell’assalto contro il colosso romano; e ovunque si combatte, noi scuopriamo da lontano sul campo di battaglia quest' alta statura: Lutero, in somma, è qual monarca della rivoluzione che si fa. Nella Sviz zera, la lotta s' impegna in vece in più cantoni; ed avvi una confederazione di riformatori; il loro numero ci fa stupore; una testa s' alza, è vero, sopra le altre, ma niuno comanda; è una repubblicana magistratura, dove ognuno si presenta con originali fisonomie, con ben distinte influenze. È Wittembach, è Zuinglio, è Capitone, è Haller, è Ecolampade; sono Osvaldo Miconio, Leone Giuda, Farel, Calvino; è a Glarona, a Basilea, a Zurigo, a Berna, a Neuchàtel, a Ginevra, a Lucerna, a Sciaffusa, ad Appenzello, a San Gallo e ne' Grigioni. Non avvi in Alemagna che una sola scena, una e piana come il paese; ma nella Svizzera, la Riforma è divisa, com' è la Svizzera stessa dalle sue mille montagne: ogni vallata ha, per modo di dire, la sua sveglia, ed ogni altezza dell’Alpi i suoi chiarori. Dopo le onorate loro imprese contro i duchi di Borgogna, un lamentabile tempo era per gli Svizzeri incominciato. L’Europa, che aveva appresa la gagliardia delle loro braccia, tratti li avea dalle loro montagne e fatta lor perdere la libertà coll’assoldarli, per renderli dispensatori della sorte de' suoi stati sui campi di battaglia. La mano d' uno Svizzero vibrava il ferro contro il petto di uno Svizzero nelle pianure dell’Italia e della Francia, e le mene dello straniero gittavano fraterne discordie e soffiavano invidie in quell’alte valli dell’Alpi, state sì a lungo teatro di semplicità e di pace. Sedotti dallo splendore dell’oro, garzonetti, giornalieri e famigli abbandonavano di soppiatto le natie capanne de' loro pascoli alpestri per correre mercenarii sulle rive del Rodano o del Po; e: la elvetica unità s' era rotta sotto i passi lenti de' muli carichi d' oro. La Riforma, conciosiachè anche nella Svizzera non mancasse del suo lato politico, si propose di ritor nare all’Elvezia la prisca unità e le antiche virtù de' cantoni; e il suo primo grido fu: che gli Svizzeri lacerassero le perfide reti degli strani, e si abbracciassero in una stretta unione a' piedi della croce. Ma la magnanima sua voce non fu ascoltata; chè Roma, avvezza a mercatantare in quelle vallee il sangue ch' ella versava per accrescere la sua 249 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto possanza, alzossi incollerita, e sospinse gli Svizzeri contro gli Svizzeri; destò tra loro novelle passioni, le quali lacerarono il corpo della nazione. La Svizzera di una Riforma abbisognava. Vero è che tra gli Elvezii regnava ancora una semplicità, una dabbenaggine che ai sottigliati Italiani parevano ridicolose; ma nel tempo stesso erano tenuti per la nazione la più abituata a passare le leggi della castità. Questo carnale inchinamento era dagli astrologi attribuito alle costellazioni [3]; dai filosofi, alla valida natura di que' popoli indomabili; e dai moralisti, al modo di pensare degli Svizzeri, i quali avvisavano la malizia, il difetto di onestà e la calunnia, peccati assai più gravi delle carnali laidezze [4]. Il matrimonio era ai preti divietato; ma era difficile trovarne un solo che vivesse in un perfetto celibato; ed era loro raccomandato di governarsi se non castamente, almeno prudentemente. Fu questo uno de' primi disordini contro il quale si alzò la Riforma; ed è omai tempo di toccare i cominciamenti di questo giorno novello nelle elve tiche vallate. Verso la metà del secolo XI, due solitarii si avanzarono da San Gallo verso le montagne site al mezzodì di quell’antico monastero, e giunsero in una romita valle lunga forse sei leghe [5]. Al settentrione, gli alti monti del Sentis, il Sommerigkopf ed il Vecchio-Uomo separano questa valle dal cantone di Appenzello; al mezzodì, il Kuhfirsten con le sue sette teste s' innalza tra essa, ed il Wallensee, il Sargans ed i Grigioni; dalla parte orien tale, apresi la valle ai raggi del sole nascente, e scuopre il magnifico aspetto dell’Alpi tirolesi. I due solitarii, giunti presso la sorgente di un picciolo fiume, la Thur, fabbricaronvi due cellette. A poco a poco la valle si andò popolando; e sulla parte più alta, a 2010 piedi sopra il livello del lago di Zurigo, for mossi attorno ad una chiesa un villaggio detto Wildhaus o la casa selvaggia, da cui dipendono adesso due casolari, Lisighaus, o la casa di Elisabetta, e Schcenenboden. I frutti della terra più non crescono sopra quelle alture. Un verde smalto di un' alpestre freschezza ricuopre tutta quella valle, e s' innalza sui fianchi de' monti, al disopra de' quali enormi massi ergono verso il cielo la selvaggia loro grandezza. A un quarto di lega dalla chiesa, presso Lisigaus, allato di un sentiero che mena ai pascoli al di là del fiume, trovasi ancora odiernamente una casa isolata, e la tradizione dice che il legname necessario alla sua costruzione fu tagliato sul luogo stesso [6]. Tutto accenna ch' essa fu costruita in remoti tempi; i muri sono sot tili, le finestre hanno piccioli vetri rotondi; il tetto è coperto di assicelle cariche di sassi, ad impedire che il vento le porti via, e dinanzi alla casa zampilla una limpida fonte. In questa casa viveva verso la fine del secolo XV un uomo, detto Zuinglio, ammano o bailo del comune. La famiglia dei Zuingli era antica e molto reputata dagli abitatori di que' monti [7]. Bartolommeo, fratello del balio, prima curato di quella parroc chia, poi nel 1487 decano di Wesen, godeva nel paese di buona nominanza [8]. La donna dell’ammano di Wildhaus, Margherita Meili, il cui fratello, Giovanni, fu più tardi 250 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto abate del monistero di Fischingen nella Turgovia, lo aveva già consolato di due figliuoli, Heini e Klaus, quando nel primo giorno dell’anno del 1484 (sette settimane dopo la nascita di Lutero) partorì un terzo figliuolo in quel solitario luogo [9], cui pose nome Ulrico. Cinque altri nati, Giovanni, Yolgango, Bartolommeo, Iacopo, Andrea, ed una figliuola, Anna nomata, sorgiunsero poscia ad arricchire quest' alpestre famiglia. In tutta la contrada null’uomo era più venerato dell’ammano Zuinglio [10]; chè il suo carattere, il suo ufficio, e la sua numerosa prole ne formavano il patriarca di quelle montagne. Egli era pastore in uno co' figliuoli; e ne' primi di maggio appena il sole incominciava a dar vita all’erbe di que' monti, egli co' figliuoli uscivano a' pascoli con le greggi loro, salendo a poco a poco di stazione a stazione, in guisa che verso la fine di luglio si trovavano sulle più alte vette dell’Alpi. Allora incominciavano a calarsi al basso gradatamente verso la valle; e nell’autunno tutti gli abitanti di Wildhaus rientravano nell’umili loro capanne. Alcuna volta, durante la state, igio vani che avevano dovuto rimanere nelle abitazioni, avidi di respirare l’aria montana, partivano in compagnie per recarsi alle capanne dell’Alpi, e sposavano il canto alle armonie de' loro musicali strumenti, chè ivi tutti erano suonatori. Al loro giungere sull’Alpi, udivansi salutare di lontano dai canti e dai corni de' pastori; poi al loro giugnere trovavano apparecchiata una colezione di latticinii. L’asciolvere terminato, la festevole brigata, dopo giri e rigiri si ritornava nella valle al suono delle sue cornamuse. Ulrico nell’età sua giovinetta univasi certamente pur qualche volta a quegli spassi; e crebbe ai piedi di que' massi che sembrano eterni, e le cui cime mostrano i cieli. « Spesso ho n meco stesso pensato (dice uno de' suoi amici), che Ulrico, più » vicino al cielo sopra quelle sublimi altezze, vi contraesse alcun. che di divino e di sublime [11]. » Lunghe conversazioni tenevansi nelle sere invernali nelle ca panne di Wildhaus; e allora il giovinetto Ulrico presso il fuoco ascoltava attentamente i discorsi dell’ammano e degli anziani del municipio. Udiva narrare i guai sofferti in altri tempi dagli abitanti di quella vallata, sotto durissimo giogo; e con que' vecchi letiziava grandemente nel ripensare all’indipendenza acquistata dal Tockenburgo, ed assicuratagli dall’alleanza conchiusa con gli Svizzeri. La carità della patria andavasi nel suo cuore accen dendo; la Svizzera carissima gli si rendeva; e se pure qualcuno pronunciava una parola di biasimo contro i confederati, il giova netto tosto si alzava per difendere calorosamente la loro causa [12]. Spesso ancora era veduto starsi tranquillamente assiso, in quelle lunghe sere, a' piedi della divota nonna sua, con gli occhi sempre in lei fisi, e pendente dal labbro di lei, che gli narrava biblici fatti od altre divote leggende, di cui faceva tesoro nella sua mente. _______________________________________ 251 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] 1516, eo scilicet tempore, quum Lutheri nomen in nostris regionibus inauditum adhuc crai.... doctrinarti Christi, non a Luthero, sed ex verbo Dei didici (Zwinglii, Opera, curant. Schul. et Schult. Turici, 1829, voi. I, p. 273, 276). [2] Veggasi il volume I°. [3] Wirtz, Helvetische Kirchen-Geschichte, III, p. 201. [4] Sodomitis melius erit in diejudicii, quam rerum vel honoris ablatoribus (Hemmerlin. De anno jubilao). [5] Il Tockenburgo. [6] Schuler's, Zwingli's Bildmgs Gesch.. p. 290. [7] Diss Geschlàcht der Zwinglinen, wass in guter Achtung diesser Landen, als egli gut alt ebrlicht Geschlàcht (H. Bullinger's Histor. Beschreibung der Eidg. Geschichten). Quest' opera preziosa è inedita; e son debitore alla gentilezza del signor J. G. Hess d' averla conosciuta. Mantengo nelle citazioni fortografia del tempo e del ins. Adesso sta per essere pubblicato per cura di alcuni amatori della storia. [8] Egli Verrumbler Mann (H. Bullinger's Histor.). [9] Quadragesimum octamm agimus, scrisse Zuinglio a Vadiano, il 17 set tembre 1531. [10] Clarus fuit pater ob spectatam vita sanctimoniam (Oswaldo Miconio, Vita Zwinglii). [11] Divinilatis nonnihil cesio propiorem contraxisse (Oswaldo Miconio, Vita Zwinglii). [12] Schuler's Zw. Bildung., p. 291. 252 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SECONDO SOMMARIO. — Ulrico è. condotto a Wesen. — Ulrico a Basilea. — Ulrico a Berna. — Il convento dei Domenicani. — Ietzer. — Le apparizioni. — La passione del frate laico. — L’impostura scoperta. — Zuinglio a Vienna; — a Basilea. — Musica. — Teologia scolastica. — Wittembach insegna il Vangelo. — Leone Juda. — Vocazione. Consolavasi il buon ammano delle felici disposizioni del suo figliuolo; e si avvide che Ulrico far poteva maggior cosa che pasturare le vaccherelle sul Sentis col cantare la boarina de' pastori. Un giorno, datagli la mano, seco il condusse a Wesen. Traversarono insieme i verdeggianti gioghi dell’Ammone, cessate le rocce selvatiche e premito che circondano il lago di Wallen stadt; e giunti al borgo, entrarono nella casa del decano, fratello dell’ammano, affinchè esaminasse il giovanetto onde conoscerne l’ingegno [1]. Il decano tenne presso di sè il suo nipote, e amollo qual figliuolo; ed ammirato del suo desto ingegno, lo affidò ad un maestro di scuola, il quale in breve tempo gl’insegnò quanto sapeva. A dieci anni già si scorgeva nel giovanetto Ulrico un ingegno sublime [2]; e suo padre e suo zio si risolsero di mandarlo a studio in Basilea. Quando il figliuolo de' monti del Tockenburgo giunse in quella celebre città, un mondo tutto nuovo per lui gli si parò dinanzi. La fama del famoso concilio ivi tenuto; l’università fondatavi da Pio II nel 1460; le stamperie che vi risuscitavano l’opere più celebrate dell’antichità, e che vulgavano per la terra i primi frutti delle risorte lettere; il soggiornarvi di uomini celebri, dei Wessel, dei Wittembach, e precipuamente del principe dei dotti, del sole delle scuole, Erasmo vogliamo dire, rendevano Basilea, all’epoca della Riforma, l’uno de' grandi centri dei lumi dell’Occidente. Ulrico entrò nella scuola di san Teodoro, nella quale v' insegnava allora Gregorio Binzli, uomo di bravissimo cuore e di una rara benignità. Il giovine Zuinglio vi fece rapidi avanzamenti. Le disputazioni scientifiche e letterarie di moda allora tra i dottori dell’università, erano discese sino ai giovani delle scuole; ed Ulrico si esercitò per tempo in tale palestra. Cimentò le nascenti sue forze contro i giovanetti dell’altre instituzioni; e in questi cimenti fu sempre vincitore, preludente in tal modo a quelle lotte che dovevano più tardi rovesciare il papato nella Svizzera [3]. Questi successi movevano gelosia negli emoli di età maggiore; e ben presto la scuola di Basilea più non ebbe di che insegnargli, siccome era a quella di Wesen intervenuto. Lupulo, celebre letterato, aperta aveva allora allora in Berna la prima scuola di letteratura che fosse fondata nella Svizzera; e l’ammano di Wildhaus ed il curato di Wesen risolsero di man darvi il loro giovinetto. Ulrico abbandonò nel 1497 le ridenti pianure di Basilea, e si avvicinò a quegli alti monti tra quali ave;» passata la sua 253 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto infanzia, e de' quali scuopriva da Berna i nevati ca-. cumi dorati dai raggi solari. Lupulo, famigerato poeta, introdusse Zuinglio nel santuario della classica letteratura, recesso allora sconosciuto, e del quale pochi iniziati erano allora passati entro le soglie [4]. Il giovine neofito respirava con ardore que' profumi dell’antichità; sviluppossi il suo ingegno, si formò uno stile, e divenne poeta. Tra li monisteri di Berna quello ch' era in miglior voce era il domenicano. Questi monaci allora impegnati in grave controversia co' Francescani intorno la immaculata concezione della Vergine, contradetta da quelli e difesa da questi. Ovunque andavano, dinanzi ai magnifici altari che ornavano la loro chiesa, e tra le dodici colonne che ne sostenevano le volte, i Domenicani non pensavano che ad umiliare gli emoli loro. Attesero alla bella voce di Zuinglio; udirono parlare del suo ingegno che preiva agli anni; ed avvisando ch' egli avrebbe potuto riuscire di splendore all’ordine loro, sforzaronsi di trarlo a sè [5], ed invitaronlo a di mora nel loro convento sino al tempo in cui avrebbe potuto farvi il noviziato. Tutto l’avvenire di Zuinglio era a tal modo minacciato; ma l’ammano di Wildhaus avendo inteso con quali lusin ghe affaccendavansi i Domenicani per trarre a sè il suo figliuolo, tremò nel ripensare al pericolo della innocenza del garzonetto, e gli comandò di abbandonar tosto Berna. Zuinglio fuggì a tal modo da quelle monastiche mura, entro le quali si precipitò volontario Lutero; e ciò che accadde più tardi può capacitarci dell’imminenza del pericolo che corse allora Zuinglio. ... [6] Nel 1507 nella città di Berna regnò una grande agitazione. Un giovine di Zurzach, detto Giovanni Jetzer, erasi un giorno presentato a quel medesimo convento dei Domenicani per esservi ricevuto, e n' era stato respinto. Il poveretto angosciato era tornato alla carica, seco recando cinquanta fiorini ed alcuni drappi di seta: « Questo è quanto posseggo (aveva detto ); prendetelo, » e ricevetemi nel vostro ordine. »Fu ricevuto il dì 6 febbraio tra i laici; ma sin dalla prima notte un singolare romore si fece intendere nella sua celletta che lo pose in grandissimo terrore. Egli si fuggì al convento dei Certosini, da cui fu rimandato a quello dei Domenicani. La notte seguente, vigilia della festa di san Mattia, fu ridestato da profondi sospiri; apre gli occhi, e vede presso il suo letto un fantasma tutto bianco, alo sono (disse con voce sepolcrale) un' » anima fuggita dalle fiamme del purgatorio. »Il laico meschi nello tremebondo rispose: « Ti salvi Iddio, che in quanto a me, » nulla posso ! » Allora la fantasima gli si fe' di presso, e preso il povero frate per la gola, gli rimproverò con indignazione il suo rifiuto. Jetzer esterrefatto gridò: « Che posso io adunque fare » per salvarti? » S' udì rispondere: « Per otto dì flagellati sino asparsione di sangue, e rimanti prosternato a terra nella cappella di san Giovanni. » Ciò detto la fantasima disparve. Il laico confidò questa apparizione al suo confessore ch' era il predicatore del convento, e n'ebbe per consiglio di sottomettersi alla do mandata flagellazione. La città fu tosto piena del caso, e ovunque si diceva che un' anima purgante s' era rivolta ai Domenicani per essere liberata dal 254 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto purgatorio. Ognuno abbandona i Francescani ed accorre alla chiesa dei Domenicani a vedervi il sant' uomo prosternato contro terra. L'anima del purgatorio, prima di andar sene aveva detto al laico che tornata sarebbe entro otto dì; e là notte stabilita eccola di ritorno, da due altri spiriti accompagnata, i quali la tormentavano mandando urli spaventosi. « Scotto (diss' » ella ), Scotto, inventore della dottrina de' Francescani intorno la immaculata concezione di Maria, è tra coloro che soffrono meco sì atroci dolori. » A questa novella, tosto vulgata per tutta Berna, i partigiani de' Francescani furono maggiormente sbigottiti. L’anima poi, nell atto di sparire aveva annunziata la visita della Vergine stessa; e nel giorno accennato l’attonito fraticello videsi dinanzi nella sua cellette la Vergine Madre, sicchè egli durò fatica a credere a' suoi occhi. Ella gli si accostò con benignità; gli donò tre lagrime di Gesù, tre gocce del suo sangue, un crocifisso ed una lettera indirizzata al Papa Giulio II, « il quale (diss' ella) » era l’uomo scelto da Dio per abolire la festività della pretesa sua immaculata concezione. »Fattasi poscia ancora più vicina al letto in cui il frate si stava coricato, con voce solenne gli annunziò che una grazia grande era per essergli fatta, e con un chiodo gli trapassò una mano. Vinto dal dolore, mandò il monaco un orribile grido; ma l’offesa mano gli fu fasciata da Maria con un pannolino che il suo divin figliuolo (diss' ella) aveva portato nel tempo della fuga d' Egitto. Questa ferita non doveva bastare per uguagliare la gloria dei Domenicani a quella de' Francescani; e Jetzer dovea ricevere le cinque piaghe di Gesù Cristo e di san Francesco, nelle mani, ne' piedi e nel costato. Le altre quattro gli furono fatte; poi datogli un beveraggio, fu collocato in una sala ricoperta di quadri rappresentanti la passione del Signore, dove fu tenuto in digiuni molti giorni, e dove la sua immaginativa non tardò a riscaldarsi. Allora si cominciò ad aprire di tempo in tempo le porte di questa sala alla moltitudine, la quale correva a con templare con pio stupore il frate dalle cinque piaghe, che stendeva le braccia, il capo inchinava, e co' gesti e con le posture atteggiava la crocifissione del Redentore. Qualche volta, fuori di sè, dalla bocca mandava spuma, e parea che spirasse; e allora pis pigliavasi d' intorno a lui: « Egli soffre gli spasimi della croce di » Gesù Cristo. »La moltitudine, avida sempre di miracoli, riempiva incessante il monastero. Uomini degni di un' alta estimazione, tra' quali quel Lupulo stesso, precettore di Zuinglio, cre dettero nel miracolo ed erano pieni di timore; e i Domenicani dall’alto loro pergamo esaltavano la gloria con cui Dio il loro ordine ricuopriva. Quest' ordine, da parecchi anni avea avvertita la necessità di umiliare l’altro de' Francescani, e di accrescere con miracoli il rispetto e la liberalità del popolo. Per teatro di queste operazioni Berna fu scelta, città semplice, rozza ed ignorante » aveva detto il sotto priore di Berna nel capitolo tenutosi a Wimpfen, sul Necker. Il priore, il sotto-priore, il predicatore ed il proveditore del convento s' impegnarono a sostenere le parti principali di questo dramma; ma non seppero ben condurlo sino 255 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto alla fine. In una nuova apparizione di Maria, Jetzer credette riconoscere la voce del suo confessore; e dettolo ad alta voce, tanto bastò a fare sparire Maria. Ma poco tardò a presentarsi di nuovo per censurare l’incredulo fraticello. « Questa volta poi è la voce del priore ! gridò letzer, e corse gli incontro con un coltello alla mano. La Vergine allora gittò sulla testa del povero laico un piatto di stagno, e sparve ancora. Atterriti dalla scoperta fatta da Jetzer, i Domenicani pensarono a spacciarlo con un veleno; ma egli se ne avvide; si fuggì del convento, e corse a rivelare l’impostura. Essi tennero il fermo, e deputati mandarono a Roma; e il Papa incombenzò di questo giudizio il suo legato in Isvizzera ed i vescovi di Losanna e di Sion. I quattro Domenicani, convinti, furono condannati ad es sere arsi vivi; e il dì 1° di maggio del ISO 9 furono consumati dalle fiamme in presenza di trenta e più mila spettatori. Questo fatto si divulgò ben presto per tutta Europa, e col disvelare una delle maggiori piaghe della Chiesa, preparò gli animi alla Riforma. Tali erano gli uomini dalle cui mani Ulrico Zuinglio si salvò. Egli aveva le belle lettere in Berna apprese, ed era tempo di concedersi agli studii della filosofia. Fu per ciò dai parenti man dato a Vienna d' Austria, dov' ebbe a compagni di studio e di passatempi Gioacchino Vadiano, giovine Sangallese, il cui genio prometteva alla Svizzera un sapiente ed un illustre uomo di stato; Enrico Loreti, del cantone di Glarona, comunemente detto Glariano, e che palesava dover risplendere tra i poeti; un giovane Svevo, Giovanni Heigerlin, figliuolo di un fabbro-ferraio, e per ciò Fabbro nominato, di versatile natura, amatore degli onori e della gloria, e che palesava in sostanza tutte le qualità di un cortigiano. Zuinglio ritornò a Wildhaus nel 1502; ma nel rivedere i patrii monti, sentì di aver bevuto al calice della scienza e di non poter più vivere tra i canti ed il belare delle loro gregge. Era allora in età di diciotto anni, e recossi a Basilea [7] in busca delle buone lettere; ed ivi maestro e discepolo ad un tempo, insegnava nella scuola di san Martino e studiava all'università. Posto in tal con dizione, potè da quell’ora in poi far senza de' paterni aiuti; e poco andò che prese il grado di licenziato in lettere e filosofia. Ivi tra' suoi migliori amici fu un giovane dell’Alsazia, detto Capitone, il quale avea nove anni più di lui. Zuinglio diede si allo studio della scolastica teologia; chè, destinato com' era a combatterne i sofismi, era d' uopo ch' egli ne esplorasse prima l’oscuro laberinto. Ma il festevole studente delle montagne del Sentis era spesso veduto scuotere da se d' im provviso quella polvere della scuola, e interrotti i suoi filosofici studii, dar mano al liuto, o all’arpa, o al violino, o al flauto, o al salterio, o alla cornetta, o al corno da caccia, e trarre da questi strumenti gaie melodie, siccome soleva ne' prati di Lisighaus; e di questi suoni della sua patria allegrava ora la sua camera ed ora le dimore de' suoi amici, mescolandovi gli accenti della sua buona voce. 256 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Nel fatto della musica, egli era vera mente un figliuolo del Tockenburgo, ed un maestro fra tutti [9]. Egli suonava tutti gli strumenti che abbiamo accennati, ed altri ancora; e pieno di entusiasmo per quest' arte, ne sparse il gusto nell’università [10]. Nè questo faceva per iscioperio, ma unicamente per riposo della mente faticata dalle severe applicazioni, e per porsi in condizione di rivolgersi con maggior ardore a più mala gevoli lavori Nìuno era di lui d' umore più lieto, di più ama bile natura, e di un conversare più attraente [11]. Era un vigoroso albero dell’Alpi, che sviluppavasi valido ed aggraziato, e che non essendo ancora stato rimondo, da ogni banda metteva rami rigogliosi. Il tempo dovea venire, in cui questi rami si volge rebbero con vigoria verso il cielo. Forzata ch' egli ebbe l’entrata della scolastica teologia, da quell’aride lande uscì faticato ed affastidito, non avendovi tro vato che idee confuse, e vuote ciance, e vanagloria, e barbarie, e indarno pescatovi per entro un pensiero di sana dottrina. « È » un vero perditempo, » diss' egli; e intanto stava aspettando. Nel novembre del 1505 giunse in Basilea Tommaso Wittembach, figliuolo del borgomastro di Bienna, il quale fino a quell' ora aveva insegnato in Tubinga a lato di Reuchlin. Era nel vigore degli anni, sincero, pio, dotto nell’arti liberali, nella cognizione delle sante Scritture, e perito nelle matematiche. Zuinglio e tutta la studiante gioventù gli fecero tosto corona. I suoi discorsi erano animati da un' aura vitale sino allora sconosciuta; e pro fetiche parole gli sfuggivano dal labbro: « Il tempo non è lontano » (diceva), in cui sarà abolita la scolastica teologia, e in cui sarà » ristorata l'antica dottrina della Chiesa [12]. »Poi aggiungeva: « La morte di Gesù Cristo è l’unico riscatto dell’anime nostre [13]. » La mente e il cuore di Zuinglio ricevevano con avidità questi semi della vita [14]. Tra gli studenti che assistevano con maggior entusiasmo alle lezioni del novello professore, trovavasi un giovane di ventitrè anni, di breve persona e in apparenza gracile ed infermiccio, ma di uno sguardo che annunziava ad un tempo amabilità ed intrepidezza. Era Leone Giuda, figliuolo di un curato dell’Alsa zia, e un zio del quale era morto a Rodi sotto lo stendardo de' Teutonici cavalieri, in difesa della cristianità. Leone ed Ulrico vivevano in distretta famigliarità; Leone suonava il salterio e cantava egregiamente; ed era nella sua stanza che spesso face vansi intendere i lieti canti degli amatori dell’arti belle. Leone Giuda divenne più tardi il collega missionario di Zuinglio, nè la morte fu possente a distruggere una sì santa amicizia. Vacò in quel tempo la chiesa di Glarona; ed un giovane corti giano del Papa, Enrico Goldli, palafreniere di Sua Santità, e già investito di molti benefizii, accorse a Glarona con una lettera del Papa che gli assegnava quella parrocchia. Ma i pastori glaro nesi, alteri dell’antichità della razza loro e de' combattimenti per essi trionfati in pro della loro libertà, piegar non si vollero dinanzi ad una bolla di Roma. Wjldhaus da Glarona non è disco sto, e Wesen, dov' era curato il zio di Zuinglio, è il luogo di mercato di quella popolazione. La fama del giovane Zuinglio da Basilea era 257 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto giunta sino a que' monti; e quegli abitanti lui vogliono per pastore, e lo chiamarono nel 1506. Zuinglio, consa crato dal vescovo di Costanza, disse il suo primo sermone a Rap perswil, e la sua prima messa a Wildhaus il dì di san Michele, presenti tutti i suoi parenti ed amici di casa sua, e verso il cader dell’anno recossi a Glarona. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Tenerrimum adhuc ad fratrem sacrificum adduxit, ut ingenti ejus pericu lum faceret (Melch. Adam., Vit. Zw., p. 25). [2] Und in Ihm erschinen merkliche Zeichen eines edlen Gemiìths (Ms. di Bullinger). [3] in disputationibus, qua pro more tum erant inter pueros untala victo riam semper reportavit (Osw. Micon., Vita Zio.). [4] Ab eo in adyta classicorum scriptorum introductus (Ibid ). [5] Und alss er wol singen kòndt lòkten Jhu die prediger Mònchen in dass Kloster (Bullinger, Ms.}., . [6] Storia della Riforma. Voi. II. 20 [7] Wirz, Helvetische Kirchen-Gesch., HI, 387. Anshelm's Chronik, III e IV. Niun avvenimento dell’epoca della Riforma diede occasione a maggior numero di libri. Veggasi Haller's Biblioth. der Schw.-Gesch., III. [8] Ne diutius ab excrcitio litterarum cessaret (Osw. Mie, Vita Zw ). [9] Ich habe auch nie von Keinem gehòrt, der in der Kimst Musica so erfahren gewesen (B. Weysen, Fusslin Beytràge sur Reform.-Gesch., IV, 35). [10] Ut ingenium scriis defatigatum recrearetur et paratius ad solila studia rediretur (Melch. Adam., Vita Zw.). [11] Ingenio amanus, et ore jucundus, supra quam dici possit, erat (Osw. Mie, Vita Zw.]. 258 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [12] Et doctrinam ecclesia; veterem.... instaurati opporteat (Gualterus Mise., Tig. nI, 102). [13] Der Tod Christy sey die einige Bezahlung fùr unsere Sùnde (Fùsslin Beytr., II ,268). [14] Quum a tanto viro semina qurtdam Zwingliano pectori injecta essent (Leo Juda, in pref. ad Ann. Zw. In N. T.). 259 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TERZO SOMMARIO. — Zuinglio curato a Glarona. — Passione de' Glaronesi per la guerra. — Il cardinale di Sion. — Zuinglio riceve una pensione del Papa. — Guerra. — Il laberinto. — Glaronesi e Zuinglio in Italia. — Zuinglio al suo ritorno studia il greco. — Autorità della parola di Dio. — I Padri. — Zuinglio e Lutero. — Zuinglio e gli autori pagani. — Paragone tra Parigi e Glarona. Zuinglio s' intese tosto e zelantemente ai doveri della vasta sua cura; ma giovane com’era di ventidue anni, lasciavasi tal volta andare al vivere abbandonato, obbediente ai rilassati inchinamenti del suo secolo. Prete di Roma, non fu diverso dagli altri preti che gli stavano attorno; ma nondimeno, anche in que' tempi in cui l’evangelica dottrina non aveva mutato il suo cuore, Zuinglio non diede mai di que' scandali che sì spesso affliggevano la Chiesa [1], e sentì sempre il bisogno di sommettere le sue passioni alla santa regola del Vangelo. La passione delle battaglie infiammava in allora i petti degli abitanti delle pacifiche vallate di Glarona; ed ivi erano famiglie di eroi, i Tschudi, i Wala, gli Ebli, il sangue de' quali avea onoratamente bagnati i campi di battaglia. I veterani narravano all’impaziente gioventù i grandi fatti guerreschi combattuti nella Borgogna e nella Svevia, i combattimenti di san Iacopo o di Ragaz. Ma, aimè! questi belligeri pastori più non brandivano l’armi contro i nemici della loro libertà ! Alla voce dei re di Francia, degl’imperatori, dei duchi di Milano o del Papa stesso, eran veduti precipitarsi dall’Alpi, a modo di valanga, e con romor di tuono scagliarsi impetuosi contro le truppe ordinate in battaglia sulle pianure. Un povero ragazzo, detto MatteoSchinner, che frequentava la scuola di Sion nel Vallese (correva il secolo XV verso la sua metà), nel mentre che un dì cantava dinanzi alle case, siccome più tardi fece il giovanetto Martino Lutero, s' intese chiamare da un vecchio. Questi maravigliò del libero modo con cui il garzonetto rispondeva alle sue domande, e con quell’accento profetico che si crede trovare pur qualche volta l’uomo presso al sepolcro, gli disse: « Va, che tu sarai un giorno vescovo e principe [2]. » Queste parole fecero profonda impressione nell’animo delgio vanetto, il quale da quel momento senti i pungelli di una trasmodante ambizione. A Zurigo, a Como fece mirabili progressi, che resero attoniti i suoi precettori; fu curato d' una parrocchia del Vallese; corse di grado in grado rapidamente; fu più tardi mandato a Roma per chiedere al Papa la conferma di un vescovo di Sion eletto allora allora; ottenne per sè quel vescovado, ecinse la mitria episcopale. Quest' uomo ambizioso e scaltro, spesso nobile e generoso, non avvisò mai una dignità ottenuta se non qual grado per salire ad altra maggiore. Fatti offerire i suoi servigii a Luigi XII, col fissarne il prezzo, il monarca rispose: « È troppo per un uomo ! » E il vescovo di Sion, irritato della ripulsa, rispose: « Gli farò ben io vedere ch' io sono un uomo » che conta per molti. »E nel fatto, e' si rivolse al Papa Giulio II, che lo accolse con 260 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto animo lieto; sicchè Schinner nel 1510 giunse a riunire intera l’elvetica confederazione alla politica di quel pontefice ambizioso. Il vescovo di Sion fu remunerato con un cappello da cardinale; e la sua ambizione sorrise nel considerare che un sol passo a farsi rimaneva per salire sul trono de' papi. Gli sguardi di Schinner stavansi di continuo rivolti sopra i cantoni della Svizzera, e tosto che in qualche parte scuopriva un uomo di qualche seguito, affrettavasi ad affezionarselo. Gittò gli occhi addosso al pastore di Glarona, e Zuinglio non tardò a sapere che il Papa gli assegnava una pensione di cinquanta fiorini annuali per confortarlo al coltivamento delle lettere. La sua povertà non consentivagli l’acquisto di libri; e questo denaro, durante il poco tempo che gli fu pagato, fu da lui interamente speso in opere classiche o teologiche ch' egli traeva da Basilea [3]. Zuinglio da quell’ora fu creatura del cardinale, e sposò con lui la causa papale. Schinner e Giulio II lasciarono finalmente conoscere il fine delle loro mene; ed ottomila Svizzeri dall’eloquenza del cardinale-vescovo riuniti sotto gli stendardi, varcarono le Alpi; senonchè, lo stremo di vittuaglie, e l’armi, e più di queste, Y oro di Francia tornare li fecero inonorati alle loro montagne. Vi recarono tutte le solite conseguenze delle guerre forestiere, la diffidanza, la licenza, lo spirito di parte, le violenze e i disordini d' ogni maniera. I cittadini ai magistrati ricusavano obbedienza; negavanla ai padri i figliuoli; abbandonata l’agri coltura, le greggi trascurate; lusso e miseria crescere del pari; rotti i legami più sacri; e la confederazione già a sciorsi parea vicina. Caddero allora le traveggole al giovane curato di Glarona; l’indignazione gì' infiammò il petto; e la valida sua voce tuonò per accennare al suo popolo l’abisso in cui stava per isprofondarsi. Fu nel 1510 ch' egli pubblicò un poema intitolato il Laberinto. Dietro gli andirivieni di quel giardino misterioso Minosse avea nascoso il Minotauro, quel mostro mezzo uomo e mezzo toro, ch’ egli nudrì della carne de' giovani Ateniesi. « Il Minotauro.... » (dice Zuinglio) sono i peccati, i vizii l’irreligione, il servigio » forestiero degli Svizzeri, che divora i figliuoli dell’Elvezia. » Un uomo coraggioso, Teseo, vuol la sua patria francare; ma ostacoli molti lo attraversano nella via; prima un lione con un sol occhio in testa: è la Spagna e l’Aragona; seguita un' aquila incoronata, il cui gozzo si spalanca per ingoiare: è l’impero; viene poi un gallo a cresta ritta e che mostra voler all’armi provocare: è la Francia. L’eroe trionfa di tutti questi impacci, giunge sino al mostro, lo ferisce e salva la patria sua. « A tal modo odiernamente (sclama il poeta) errano gli uomini » per entro un laberinto; ma trovandosi senza filo non possono » uscirne fuori. In niuna parte si scorge più l’imitazione di Gesù » Cristo. Un po' di gloria mondana ci fa porre a mortali rischi » la vita, ci reca a tribolare il nostro prossimo, a correre alle risse, alle 261 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto guerre, alle battaglie... Direbbe si che le Furie scatenate sonosi fuggite dal baratro infernale [4]. » Un Teseo abbisognava alla Svizzera, o in altri termini, un riformatore; Zuinglio se ne avvide, e sin da quell’ora presentì l’alto ufficio a cui era chiamato. Poco dopo compose un' altra allegoria di una sposizione ancora più chiara [5]. Nell’aprile del 1512 i confederati alzaronsi di nuovo alla voce del cardinale, per la liberazione della Chiesa. Glarona era in prima fila; chè in fatti d' armi quell’intero municipio era il più stimato; stavasi ordinato sotto la sua bandiera, capitanato dal suo landamano e dal suo curato. Zuinglio adunque dovette mar ciare; l’esercito varcò l’Alpi; e il cardinale apparve nel mezzo de' confederati coi presenti ricevuti dal pontefice, tra' quali un cappello ducale, ornato di perle e di oro, e con sopra uno Spiritossanto sotto la forma di una colomba. Gli Svizzeri davano la scalata alle città e fortezze; passavano a nuoto i fiumi in presenza del nemico, ignudi e con la loro allabarda alla mano; ovunque erano da questi prodi posti in fuga i Francesi; risuo— navano le trombe e le campane; i popoli accorrevano da tutte parti per salutarli; i nobili mandavano a quest' esercito vino e frutti in abbondanza; i monaci ed i preti salivano sopra palchi ad annunciare che i confederati erano il popolo di Dio, che la Sposa del Signore venivano a vendicare de' suoi nemici; ed il Papa, profeta come Caifasso in antico, dava ai confederati il titolo di « difensori della libertà della Chiesa [6]. » Questo soggiorno in Italia non fu senza frutto per Zuinglio in riguardo alla sua vocazione di riformatore; e tornatosi a Glarona dopo questa campale stagione, diedesi allo studio della lingua greca, « per potere (diss' egli) attingere alle sue pure sorgenti la » verità della dottrina di Gesù Cristo [7]. »Il dì 23 febbraio del 1513 scriveva in proposito a Vadiano: « Ho risoluto di applicarmi » al greco in siffatta guisa, che niuno potrà stornarmene, se pure » non è Dio stesso; tanto fo, non per ansia di umana gloria, ma » sibbene per l’amore che porto alle sante lettere. »Più tardi un buon prete, ch' era stato suo condiscepolo, andò a visitarlo, e gli disse: « Maestro Ulrico, mi si dà per certo che voi cadete nel » nuovo errore, e che siete luterano. »Zuinglio gli rispose: « Lu » terano non sono io; sendochè io sapessi già la greca lingua » prima ch' io udissi parlare di Lutero [8]. »Sapere di greco, e studiare il Vangelo nella sua lingua originale, era, in sentenza di Zuinglio, la base della Riforma. Nè riconobbe egli unicamente assai per tempo il gran principio del cristianesimo evangelico, vogliamo dire, l’infallibile autorità della santa Scrittura; ma intese per giunta in qual modo si do veva determinare il senso della divina Parola. « Hanno un'idea » poco sublime del Vangelo (diss' egli ) tutti coloro che tengono » per frivolo, o vano, od ingiusto ciò che non si accorda con la » loro ragione [9]. Non è lecito agli uomini il piegare il Vangelo a » loro fantasia, al loro modo d' intendere e di sporre 262 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [10]. »Il mi gliore de' suoi amici dice in proposito: « Zuinglio alzò gli occhi al » cielo, altro interprete non volendo che Dio [11]. » Tale fu dal principio della sua carriera l’uomo che si osa da certuni rappresentare qual pretensore di sommettere la Bibbia all’umana ragione. « La filosofia e la teologia (diceva) non ristan » nosi dal suscitarmi obbiezioni; e allora, dopo aver ben meditato, conchiudo col dire a me stesso: Tutte queste cose han » nosi a lasciare dall’un de' lati, e cercare il vero intendimento » di Dio unicamente nella sua propria Parola. Mi posi (continua ) » a supplicare fervorosamente il Signore di concedermi il suo » lume; e benchè io non leggessi che la sola Bibbia, pure essa » mi divenne tanto chiara, quanto resa a me non l’avrebbero » un gran numero di spositori. »Con la Scrittura la Scrittura in tendeva, vogliamo dire che egli con passi chiari gli oscuri an dava dichiarando [12]; e a tal modo giunse a conoscere ben presto a fondo la Bibbia e precipuamente il Nuovo Testamento [13]. Quando Zuinglio si rivolse a tal modo verso la santa Scrittura, la Svizzera fece il primo passo verso la Riforma; conciossiachè, nell’udirlo comentare i sacri libri, ognuno sentiva in sè venire da Dio, non dall’uomo, siffatti insegnamenti [14]. « Opera tutta divina ! (sclama » qui Osvaldo Miconio) e fu a tal modo che ci fu restituita la co » noscenza della celeste verità ! » Zuinglio, per altro, non disdegnò le sposizioni de' più celebri dottori; e più tardi studiò Origene, Ambrogio, Girolamo, Ago stino, il Grisostomo, ec.; ma non già come autorità. « Studio i » dottori (diss' egli ), in quello stesso intendimento con cui doman » dasi ad un amico: Come le intendete voi? » La santa Scrit tura, in sua sentenza, era la pietra di paragone con cui dove vansi provare gli stessi più santi dottori *. Lenta, ma progressiva fu la marcia di Zuinglio. Egli non giunse alla verità, siccome Lutero, attraverso di quelle tempeste che obbligano l’anima a cercarsi in tutta ressa un rifugio; ma vi per venne mediante la tranquilla influenza della Scrittura, la cui po tenza a poco a poco negli animi si fa grande. Lutero giunse al la crimato porto fra le tempeste dell’alto mare, e Zuinglio, col lasciarsi andare lungo il fiume, seguitando la corrente. Sono queste le due principali vie, per le quali Dio gli uomini conduce. Zuinglio non fu all’intutto convertito a Dio ed al Vangelo, se non ne' primi tempi del suo soggiorno in Zurigo; nondimeno, quando quest'uomo, fosse nel 1514 o nel 1513, piegò le ginocchia dinanzi a Dio, per supplicare l’intelligenza della sua Parola, fu il vero momento in cui cominciarono i primi albori del bel giorno che più tardi lo illuminò. Fu appunto in questo tempo che una profonda impressione sorgiunse a lasciare nell’animo di Zuinglio una poesia di Erasmo, nella quale è Gesù Cristo introdotto indirizzantesi all’uomo che per colpa propria si danna. Solo nella sua stanza di studio, ripe teva que' versi, in cui Gesù si lamentava che ogni grazia a lui chiesta non fosse, a lui, sorgente di tutto ciò che è buono, a Tutto ! » (disse Zuinglio) tutto ! » E questa parola gli sta fitta nella mente. « Avvi adunque creatura, avvi santo 263 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto (chiedeva a sè stesso ) a cui » dobbiamo domandare qualche aiuto? No; chè Cristo è l’unico » nostro tesoro [15]. » Zuinglio non contentavasi della lettura degli scritti cristiani; e l’uno de' tratti che caratterizzano i riformatori del secolo deci mosesto, è lo studio profondo per essi fatto sui classici greci e latini. Le poesie di Esiodo, di Omero e di Pindaro rapivano Zuin glio, è ci ha lasciati comenti, o caratteri ch' abbiansi più propria mente a dire, di questi due ultimi poeti. Studiò a fondo Demo stene e Cicerone; chè a lui bisognavano e le arti dell’oratore e la conoscenza dei doveri del cittadino. Piacevasi inoltre questo fi glio dell’elvetiche montagne di iniziarsi ne' misteri della natura negli scritti di Plinio; e la conoscenza del mondo apparò da Tu cidide, da Sallustio, da Tito-Livio, da Cesare, da Svetonio, da Plutarco e da Tacito. Gli fu rimproverato il suo entusiasmo per li grandi uomini dell’antichità; e a voler dir vero, alcune sue parole sopra questo proposito lo accusano di trasmodanza. Ma se per lui furono sì grandemente magnificati, ciò significa ch'egli credeva vedere in essi non umane virtù, ma Y influenza dello Spirito di Dio. L’azione divina, lungi dall’aggirarsi entro i brevi termini della Palestina, stendevasi, in sua credenza, al mondo universale [16]. « Platone (diceva egli) ha pur bevuto alla divina » Fonte; e se i due Catoni, se Camillo, se Scipione, stati non » fossero veramente religiosi, sarebbero essi mai stati magnanimi » a tal segno [17] ? » Zuinglio spandeva a sè d' intorno l’amore delle lettere, e il fiore della gioventù formavasi alla sua scuola. « Voi mi avete » offerto libri non solo, ma con essi voi medesimo, i, scriveva a Zuinglio Valentino Tschudi, figliuolo dell’uno degli eroi delle guerre di Borgogna; e questo giovine, che aveva già studiato a Vienna ed a Basilea, sotto la disciplina de' più celebri professori, aggiungeva: « Mai non trovai chi sponesse i classici autori con quella fedeltà, con quella profondità che voi fate [18]. »Tschudi si recò poscia a Parigi; e vi potè paragonare lo spirito che domi nava in quella università con quello che trovato aveva nell' angusta valle dell’Alpi alla quale soprastanno le gigantesche vette e l’eterne nevi del Dòdi, del Glarnisch, del Wiggis e del Freyberg. « Quante scempiaggini (die' egli ) sono insegnate alla » francese gioventù ! Niun veleno è più mortifero dell’arte sofi stica che ad essa è fatta studiare; arte che i sensi rende ottusi, » toglie il retto giudizio, e rende somiglianti ai bruti. L’uomo » fassi a tal modo un vano suono all’eco somiglievole; e nel » chiacchierare dieci donne non potrebbero tener fronte ad un » solo di questi retori frondosi [19]. Nelle loro preghiere sono certo » ch' essi presentano a Dio i loro sofismi, e che col loro sillogiz » zare pretendono di costringere lo Spiritossante ad esaudirli. » Tali erano allora Parigi e Glarona; la metropoli scientifica della cristianità ed un borgo di pastori dell’Alpi. Un barlume della Parola di Dio rischiara assai più d' ogni umano sapere. ________________________________________ 264 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Sic reverentia pudoris, imprimis autcm officii divini, perpetuo cavit (Osw. Micon., Vita Zw.). [2] Helvet. Kirch.-Gesch von Wirz., IlI, p. 314. [3] Wellches er an die Bucher verwandet (Bullinger Ms ). [4] Das wir die hcellscben wiiterinn'n Mregend dvnken alibrochcn zyn. (Zw., Opp., ed. di Scimi, e Schult., II, Parte II, p. 250). [5] Fabelgedicht vom Ochsen und etlichen Thieren, iez loufender dinge begriffenlich (Ibid., p. 257). [6] De Gestis inter Gallos et Helveticos (Relatio H. Zwinglii). [7] Ante decem annos, operam dedi gratis litteris. ut ex fontibus doctrinarti Christi haurire possem (Zw., Opp., I, p. 274, nella sua Explan. Artic. ,ch'è del 1523). [8] Ich hab graecae kònnen, ehe ich ni nùt von Luther gehòrthab (Salat., Chronik. Ms.). [9] Nihil sublimius de evangelio sentiunt, quam quod, quidquid eorum ra tioni non est consentaneum, hoc iniquum, vanum et frivolum existimant (Zw., Opp., I, p. 202). [10] JVec posse evangelium ad sensum et interpretationem hominum redigi (Ibid., p. 215). [11] in coelum suspexit, doctorem quasrens spiritum (Osw. Mie, Vita Zw.). [12] Scripta contulit et obscura claris elucidava (Osw. Mie, Vita Zw.). [13] in summa, er macht im, die H. Schriffl, Insonders dass N. T. gantz gemegli (Bullinger Ms.). a Ut nemo non videretspiritumdoctorem, non hominem (Osw. Mic.Fff. Zw.). [14] Scriptura canonica, seu Lydia lapide probandos (Ibid.). [15] Dass Christus unser armen seelen egli einzigerSchatz sey {Zw., Opp., I. p. 298). Zuinglio dice, nel 1523, di aver letta questa pocsia di Erasmo otto o nove anni prima. 265 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [16] Spiritus Me calestis non solam Palestinam vel creaverat vel fovebat, sed mundum universum (Oecol. et Zw., Epp., p. 9). [17] Nisi religiosi, nunquam fuissent magnanimi (Oec. et Zw., Epp., p. 9). [18] Nam qui sii acrioris in ertodandis auctoribus judiciis, vidi neminem (Zw., Epp., p. 13). [19] Ut nec decem muliercula uni sopItisi® adaquari queant (Zw., Epp., p. 45). 266 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPÌTOLO QUARTO SOMMARIO. — Zuinglio presso Erasmo a Basilea. — Osvaldo Miconio. — Scena di mal viventi. — Ecolampade. — Rispetto per Zuinglio. — Zuinglio alla battaglia di Marignano. — Suo metodo di predicare. — Chi abbia cominciata la Riforma. — Scoperta — Preghiera. — Conversione dalle cose mondane alle celestiali. Un uomo illustre di quel secolo, Erasmo, ebbe un gran potere sull’animo di Zuinglio; nè veruno suo scritto pubblicava che da Zuinglio tosto non fosse acquistato. Nel 151 i, Erasmo era giunto a Basilea, dove era stato dal vescovo ricevuto con tutte le testi monianze della più alta estimazione. Il perchè, tutti gli amatori degli ameni studi eransi stretti a lui dintorno; ma tra questi il re delle scuole seppe di leggieri appostare quello ch' esser dovea la gloria della Svizzera. « Io mi consolo con l’elvetica nazione » (scrisse a Zuinglio) nel vedervi affaccendato nel pulirla, nel no » bilitarla coi vostri studii e coi vostri costumi, che sono del pari » eccellenti [1]. »Zuinglio bruciava di voglia di conoscerlo da vicino, e disse fra sè: « Galli e Spagnuoli recaronsi pure a Roma espres » samente per conoscervi Tito Livio ! » E in questo pensiero re casi a Basilea. Vi trova un uomo di forse quarant' anni, di pic ciola persona, di gracile temperamento, di un aspetto delicato, ma spirante grazia ed amabilità [2]; e questi era Erasmo. Lagio vialità di quest' uomo dissipa la timidezza di Zuinglio, e l’altezza dell’ingegno l’animo soggioga di Ulrico, il quale gli disse: « Po » vero al pari di Eschine, allor quando ogni discepolo di Socrate » offeriva un presente al suo maestro, io ti dono ciò che Eschine » donò... donoti tutto me stesso ! » Tra gli uomini di lettere che formavano la corte di Erasmo, gli Amberbach, i Rhenan, i Frobenii, i Nessen, i Glarean, Zuinglio gittò gli occhi addosso ad un giovine Lucernese, di ventisette anni, nomato Osvaldo Geisshusler, che Erasmo, grecizzandone il nome, avea chiamato Miconio. Noi, nell’accennarlo, vi pro porremo il nome di Osvaldo, a distinguerlo da Federico Miconio, discepolo di Lutero. Osvaldo, fatti i suoi studii in compagnia di un suo coetaneo, detto Bertoldo Haller, prima a Rothwyl, poi a Berna, indi a Basilea, era in quest' ultima città stato fatto rettore della scuola di san Teodoro, e poi dell’altra di san Pietro. Quest' umile precettore aveva un tenue stipendio; ad ogni modo erasi ammogliato ad una giovinetta di una semplicità e di un candore d' animo che traevano ognuno a ben volerle. Abbiamo già veduto che correva allora un tempo di turbazione nella Svizzera, dove le guerre straniere suscitavano violenti disordini, e dove i soldati, nel ritornare alla patria loro, vi recavano la licenza e la bruta lità. Un giorno d' inverno, oscuro e nugoloso, parecchi di questi malviventi, nell’assenza di Osvaldo, assaltarono la pacifica sua dimora. Battono alla porta, gittano sassi, chiamano con laide parole la modesta sposa di lui; poi, sforzate le finestre, entrano nella scuola, vi rompono quanto lor viene alle mani, poi se ne vanno. Osvaldo giunge poco dopo; il suo figliuoletto Felice cor regli incontro, 267 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto mandando alte grida; poi vede la donna sua senza voce, e dante segni di grandissimo spavento. Intende V occorso caso, ed ode nel tempo stesso un romore sulla via. Fuori di sè, il maestro di scuola impugna un' arma e corre dietro ai malfat tori sino al cimitero. Essi vi entrano per difendersi; tre di costoro si gittano sopra Miconio e lo feriscono; e nel mentre che si cura la sua ferita, que' nequitosi tornano a porgli sossopra la casa, e mandanvi grida furiose. Osvaldo nel suo racconto non va più oltre [3]; ma tanto può bastare a dare un' idea della condizione in cui trovavansi le città della Svizzera al principio del secolo decimosesto, e prima che la Riforma avesse addolciti e disciplinati i costumi. La rettitudine di Osvaldo Miconio e la sua sete di virtù e di sapere lo accostarono a Zuinglio. 1l rettore della scuola di Basilea riconobbe quanto v' era di grande nel curato di Glarona; e pieno di umiltà, siccome era, sottraevasi più che poteva agli elogi ch' erangli fatti da Zuinglio e da Erasmo. Questi gli andava dicendo: « Al pari dei re io stimo voi, maestro di scuola. »Ma il modesto Miconio di se non pensava a tal modo, e diceva: « Io non faccio che radere il suolo; e sin dalla mia infanzia » fuvvi in me un non so che di umile, di rimesso [4]. » Un predicatore, giunto in Basilea quasi nel tempo stesso che Zuinglio, traeva a sè l’attenzione universale. Era di una natura pacifica e benigna, lento e considerato in ogni faccenda, e singolar sua passione era il faticare sui libri nella romita sua stanza, e il curare concordia tra li cristiani [5]. Chiamavasi Giovanni Haus schein, e grecamente Ecolampade, che significa « luce della » casa; » eranato da ricchi parenti nella Franconia, un anno prima di Zuinglio. La pia sua genitrice desiderò di consacrare alle lettere ed al servigio di Dio l’unico figliuolo ch' erale rimaso, nel mentre che il padre volle da prima farne un trafficante, poi un giureconsulto. Tornatosi Ecolampade da Bologna, dove studiata aveva la giurisprudenza, Dio, che di lui voleva fare una lampada della Chiesa [6], lo chiamò allo studio della teologia. Egli predicava nella sua città natia, quando Capitone, che lo aveva conosciuto ad Heidelberga, fecelo nominare predicatore a Basilea. Ivi Cristo annunziò con una eloquenza che rese ammiratigli uditori [7]. Erasmo ne fece un suo gran famigliare; ed Ecolam pade sentivasi rapito nell’ore che passava con un uomo di sì gran genio. Questo principe delle lettere gli andava dicendo: « Una sola cosa ci bisogna cercare nelle sante Scritture, voglio » dire, Gesù Cristo [8]. »Per ricordo della sua amicizia, donò al giovine predicatore il cominciamento del Vangelo di sangio vanni; ed Ecolampade spesso baciava questo pegno di una sì preziosa affezione, e tenevalo appeso al suo crocifìsso, « affine » (diceva) di ricordarmi sempre di Erasmo nelle mie supplicazioni a Dio. » Zuinglio ritornò ne' suoi monti, l’animo e la mente ripieni di tutto ciò che aveva veduto ed inteso a Basilea; e poco dopo il suo ritorno, scriveva ad Erasmo: « Non potrei sonno pigliare, » senza essermi prima intertenuto qualche tempo con voi. Non » v' ha cosa di cui tanto io mi glorii, quanto dell’aver veduto » Erasmo. »Zuinglio aveva un nuovo impulso ricevuto; e sì fatti, viaggi sogliono spesso esercitare una 268 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto grande influenza sulla carriera del cristiano. I discepoli di Zuinglio, Valentino, Iost, Luigi-Pietro, ed Egidio Tschudi; i suoi amici, il landammano JEbi, il curato Binzli di Wesen, Fridolino Brunner, ed il celebre professore Glareano, scorgevanlo con ammirazione crescere in saviezza ed in sapere. I vecchi onoravano in lui un animoso servitore della patria, ed i pastori devoti, un zelante ministro del Signore. Nulla facevasi nel paese senza prender prima con siglio da lui; e tutti gli uomini dabbenesperavano che dall' opera sua resuscitata si vedrebbe la prisca virtù degli Svizzeri [9]. Francesco I sendo salito sul trono di Francia, desiderava ven dicare in Italia l’onore del nome francese; per la qual cosa, il Papa, tutto postosi in paura, cercò di trarre alla sua parte i cantoni. Ciò diede occasione a Zuinglio di rivedere nel 1515 le campagne dell’Italia tra le falangi de' suoi compatrioti. Le scissure dalle mene de' Francesi sommosse nell’esercito confederato, furono acutissime spine che passarono il cuore di Ulrico. Era spesso veduto nel mezzo de' campi ad arringarvi con forza e con gran saviezza ad un tempo per condurre a concordia i suoi uditori armati da capo a' piedi e già pronti a battaglia [10]. ll dì 8 settembre, cinque giorni prima della giornata di Mari gnano, predicò sulla piazza di Monza, dove si erano assembrati gli Svizzeri rimasi fedeli alle loro bandiere; e Werner Steiner di Zugo ebbe a dire in proposito : « Se tanto allora, quanto » più tardi si fossero accettati i consigli di Zuinglio, quanti mali » sarebbersi risparmiati alla patria nostra ! » Ma chiusi stavansi gli orecchi alle parole di concordia, di prudenza, di sommes sione. La veemente eloquenza del cardinale Schinner infiammava i confederati, e li condusse a precipitarsi impetuosi sui campi funesti di Marignano. Il fiore della elvetica gioventù vi periva; e Zuinglio, che non aveva potuto un tanto disastro impedire, con la spada alla mano, per la causa di Roma, si scagliò ove più ferveva la mischia [11]. Deplorando errore di Zuinglio ! chè, ministro qual’era di Dio, sdimenticò più d' una fiata che a lui spettava il combattere unicamente coli' armi dello Spirito santo ! errore, per cui dovette più tardi vedersi in lui compiere in modo maraviglioso questa profezia del Signore: Colui che prende la spada perira per la spada. Zuinglio con gli Svizzeri suoi Roma non avea potuto salvare. Il veneto ambasciatore fu il primo nella città de' pontefici ad aver notizia della rotta di Marignano; e tutto lieto, recossi di buon mattino nelle sale del Vaticano. Il Papa uscì mezzo vestito dalle sue stanze per dargli udienza. Udito il caso, Leone X non potè il suo terrore nascondere; e in quelr istante di grande spa vento, veder non seppe altr' àncora di salvezza che Francesco I. « Signor ambasciatore (diss' egli tutto tremante a Zorzi), ci bisogna gittarci nelle braccia del re, e gridare misericordia ! » Lutero e Zuinglio nel pericolo conoscevano un altro braccio, ed invocavano un' altra misericordia [12]. 269 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Questo secondo soggiorno in Italia non tornò vano per Zuinglio. Egli vi notò la differenza che passa tra il rituale Ambrosiano, che usasi nella diocesi milanese, ed il Romano. Riunì e raffrontò tra loro i più antichi canoni della messa; e a tal modo lo spirito di esame si andava in lui sviluppando anche fra il tumulto dei combattimenti. Ma nel tempo stesso la vista de' figliuoli della sua * patria, condotti al di là dell’Alpi, per esservi sgozzati a modo di bestiame, lo riempì d' indignazione. « La carne de' confe» derati (si diceva) è a prezzo più vile di quella de' loro buoi e » de' loro vitelli. »La misleanza e l'ambizione del Papa [13], l’igna via e l’avarizia de' preti, la vita abbandonata de' monaci, l’or goglio ed il fasto de' prelati, la corruzione e lo spirito vendereccio che da ogni parte gli Svizzeri guadagnava, tutti questi mali che vedevasi dinanzi agli occhi, fecero a Zuinglio più vivamente sentire la necessità d' una Riforma nella Chiesa. Zuinglio da quell’ora predicò più chiaramente la Parola di Dio; sponeva i frammenti de' Vangeli e delle Pistole scelte per lo culto, ponendo sempre la Scrittura al paragone con la Scritr tura [14]. Calda e possente era la sua parola*[15], e co' suoi uditori teneva quel modo che Dio teneva con lui. Non poneva a nudo, al modo di Lutero, le piaghe della Chiesa, ma di mano in mano che lo studio della Bibbia gli appalesava qualche utile insegna mento, ne facea cibo del suo gregge. Ingegnavasi di scolpire ne' cuori de' suoi uditori la verità, poi confidavasi sull’opera ch' essa vi doveva fare [16]. « Se s' intende ciò che è vero (diceva), di » leggeri si scorgerà ciò che è falso. »Questa massima è buona ne' primordi di una Riforma; ma il tempo giunge poi, nel quale è mestieri che una voce coraggiosa si alzi a denunciare l’errore. Tanto Zuinglio benissimo si sapea; e andava dicendo: « La » primavera è la stagione per seminare; » e quel tempo era per lui primavera. Zuinglio ha questo tempo accennato (an. 1516) qual principio dell’elvetica Riforma. E nel fatto, se quattr' anni prima aveva il capo inchinato sul libro di Dio, rialzollo allora, e verso il suo popolo si volse per farlo partecipe della verità che vi aveva trovata. È questa un' epoca novella ed importante nella storia dello sviluppo della rivoluzione religiosa di quelle contrade; ma da queste date a torto si è per alcuni conchiuso la Riforma di Zuinglio aver preceduta quella di Lutero. Zuinglio forse predicò il Vangelo un anno prima delle tesi di Lutero; ma questi lo predicò quattr' anni prima di pubblicare quelle famose proposizioni [17]. Se questi due riformatori stretti si fossero alla sola predicazione , la Riforma non avrebbe sì presto invasa la Chiesa; chè nè l’uno nè V altro erano il primo monaco e il primo prete che predicassero una dottrina più pura di quella degli scolastici. Ma Lutero fu il primo a dispiegare, pubblicamente e con indomabile coraggio, lo stendardo della verità contro l’impero dell' errore; a volgere l’universale attenzione alla dottrina fonda mentale del Vangelo, vogliamo dire, la salute delle anime per la grazia; ad iniziare il suo secolo in questa novella carriera di scienza, di vita e di Fede, da cui è uscito un mondo novello; fu il primo, in una parola, a dar principio ad una salutare, ad una vera rivoluzione. La gran lotta, di cui nel 1517 le tesi furono il 270 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto segnale, partorì veramente la Riforma nel mondo, e diedele tutto ad un tempo un' anima ed un corpo. Concludiamo che Lutero fu il primo riformatore. Uno spirito di esame incominciò a soffiare sulle montagne della Svizzera. Il curato di Glarona trovandosi un dì nella ridente con trada di Mollis presso Adam, curato del luogo, con Bunzli, curato di Wesen, e con Varschon, curato di Kerensen, questi amici scoversero una vecchia liturgia, in cui lessero queste parole: « Battezzato che sia il fanciullo, gli si amministri il sacramento » dell’eucaristia, e il calice del sangue [18]. »— « Adunque (disse » Zuinglio ) la cena era allora ministrata nelle nostre chiese sotto » le due specie. »— Quella liturgia era antica di forse due secoli; e fu quella una grande scoperta per que' preti dell’Alpi. La rotta di Marignano i suoi frutti recava nell’interno de' can toni. Il vincitore, Francesco l, l’oro e le lusinghe prodigava per trarre a se i confederati; e l’imperatore li aggiurava per l’onor loro, per le lagrime delle vedove e degli orfani, e per lo sangue de' loro fratelli, di non vendersi ai loro uccisori. La fazione fran cese sormontò in Glarona; e da quell’ora quel soggiorno ad Ulrico fecesi increscioso. Zuinglio in Glarona rimaso sarebbe forse un uomo mondano; chè le mene di parte, le politiche preoccupazioni, l’impero, la Francia, il duca di Milano quasi intero lo avrebbero assorto. Ma tra i tumulti del mondo Dio mai non lascia coloro ch' egli vuole per i popoli preparare; anzi traeli in disparte ed in solitudine li pone, dove trovansi faccia a faccia con Dio, raccolti in sè stessi, e vi attingono inesauribili lezioni. Lo stesso Figliuolo di Dio, esemplo in ciò delle vie che vuole battute da' suoi servi, passò quaranta giorni nel deserto. Tempo era di trarre Zuinglio da quella politica agitazione, che, col ripetersi incessante nell’anima sua, spento vi avrebbe lo spirito di Dio. Tempo era di trarlo so pra scena diversa da quella sulla quale vannosi agitando gli uo mini delle corti, de' gabinetti e delle fazioni, e su cui egli avrebbe indarno spese forze degne di più alto ufficio. Ben d' altro il suo popolo avea mestieri ! Bisognava che una vita novella scendesse dagli alti cieli, e che colui che doveva spirare negli altri, disim parasse le cose di mondo, per imparar quelle del cielo. Due sfere sono queste, differenti all’intutto; uno spazio immenso separa questi due mondi; e prima di passare dall’uno all’altro, Zuinglio soggiornare doveva in uno spazio neutrale, sopra un terreno intermedio e preparatorio, per esservi ammaestrato da Dio. L'Onnipotente tolselo di mezzo alle fazioni di Glarona; e per fare il debito noviziato lo condusse nella solitudine di un eremo. Tra le anguste mura di una badia chiuse questo germe magnanimo della Riforma, il quale poi in miglior suolo trapiantato, dovea coli' ombra sua i monti ricuoprire. ________________________________________ 271 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Tu, tuique similes optimis ctiam stndiis ac moribus et e,rpolietis et nobì Utabitis (Zw., Epp., p. 10). [2] Et corpusculo hoc tuo minuto. verum minime inconcinno. urbanissime gestientem videre videar (Ibid ). [3] Erasmi laus stultitia, cum Annoi. Myconii. [4] Equidem humi repere didici hactenus, et est natura nescio quid humile vel a cunabulis in me (Osw. Mie., Vita Zw.). [5] Ingenio miti et tranquillo, pacis et concordia studiosissima (M. Adam., Vit. Oec, p. 58). [6] Flectente et vacante Deo, qui eo in domo sua pro lampade usurus eral (Ibid., p. 46). [7] Omnium vere spiritualium et eruditorum admiratione Christum pradi eavit (M. Adam., Vita Oec.,p. 46). [8] Nihil in sacris litteris prater Christum quarendum (Erasm., Epp., 403). [9] Justitiam avitam per hunc olirti restitutum iri (Osw. Mie, Vta te ). [10] in dem Heerlager hat er Flyssig geprediget (Bullinger Ms.). [11] in den Schlachten sich redlich und dapfer geslellt mit Ralhen, Worten und Tbaten (Ibid.). [12] Domine orator, vederemo quel farà il re christianissimo se remetteremo en le so man dimandando misericordia (Zorzi, Bel. ms.). [13] Bellissimo parlador (Leone X): prometteva assa, ma non atendea (Rei. ms. di Gradenigo, venuto orator di Roma). [14] Non hominum commentis, sed sola Scripturarum biblicarum collatione (Zw., Opp.,1, p. 273). [15] Sondern auch mit predigen, dorrinen er heftig wass (Bullinger Ms.). [16] Volebat veritatem cognitam in cordibus auditorum, agere suum ofjìcium (Osw. Mie, Vita Zw.). 272 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [17] Veggasi il volume I°. [18] Detur Eucharistia sacramentimi* similiter poculum sangvinis (Zw., Opj>., I, p. 266) 273 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUINTO SOMMARIO. — Nostra Donna d' Einsidlen. — Zuinglio vi è chiamato. — Increscimenti a Glarona. — L’abate di Rechberg. — Geroldsek. — Società di studii. — Capitone. — Zuinglio copia il Nuovo Testamento. — Vede di presso la superstizione. — Suoi discorsi ad Einsidlen. — Sensazione. — Edione ad Einsidlen. — Parole di Zuinglio ai legati. — Roma vuol trarlo a sè con gli onori. — Il vescovo di Costanza. — Samson e le indulgenze giungono nella Svizzera. — Opposizione di Zuinglio. — Stapfer. — Amici di Zuinglio. — Miconio a Zurigo. Un monaco alemanno, Meinrado di Hohenzollern, sendosi spinto, verso la metà del secolo IX, tra il lago di Zurigo e l’altro dei Wallstetten, erasi sostato sopra un poggio cinto da un anfi teatro di abeti, e murata vi aveva una cella. Alcuni malfattori bruttaronsi le mani nel sangue di quel sant' uomo; e la cella insanguinata rimase un lungo tempo deserta. Verso il cadere del secolo X si eresse sopra questo sacro luogo un monistero ed una chiesa in onore della Vergine. La vigilia della consacrazione, in sulla mezzanotte, il vescovo di Costanza co' suoi preti stavano orando nella chiesa, quando un canto celeste di esseri invisibili risuonò d' improvviso nella cappella. Prostrati a terra ed ammi rati stettero ad ascoltare. Nel dì che venne, mentre il vescovo disponevasi a consacrare la cappella, una voce ripetè tre volte « Ti arresta! Ti arresta! Dio stesso l'ha consacrata [1]. »Dicesi adunque che Gesù Cristo stesso l’avea benedetta durante la notte; i canti intesi erano degli angioli, degli apostoli e de' santi; e la Vergine sull’altare splendente qual lampo erasi veduta. Una bolla di Papa Leone Vili, divietò ai fedeli di dubitare della verità di questa leggenda; e da queil’ora una folla immensa di pellegrini non ha cessato di visitare la chiesa di Nostra Donna degli Eremiti per la « consacrazione degli angioli. »Delfo ed Efeso nell’anti chità, e Loreto ne' tempi moderni, hanno sole uguagliata la gloria d' Einsidlen. Fu in sì strano luogo, che Ulrico Zuinglio fu chia mato, l'anno 1516, qual prete e predicatore. Zuinglio subito accettò, e disse in proposito: « Non ambizione, » non cupidigia mi vi recano, ma sibbene il desiderio di cessare » le mene de' Francesi [2]. »Ma più alte ragioni lo risolsero a re carsi in quel luogo. Per una parte, trovandosi ivi più solitario, più quieto, ed in una parrocchia meno estesa, potrà maggior tempo concedere allo studio, alla meditazione; potrà per l’altra, in questo luogo di pellegrinaggio avere agio e abilità di vulgare la conoscenza di Gesù Cristo e della verità nelle più lontane con trade [3]. Gli amanti l’evangelica predicazione in Glarona, forte si dol sero della sua partenza; e Pietro Tschudi, l’uno de' più onorevoli cittadini di quel cantone, ebbe a dire in proposito. « Che mai » potrebbe di più tristo accadere per Glarona della perdita di un » tanto uomo [4]? » I suoi parrocchiani, vedutolo fermo qual pila stro nel suo proposto, risolsero di lasciargli il titolo di pastore di Glarona, con una parte del benefizio, e abilità di tornarvi a suo piacere [5]. 274 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Un gentiluomo, rampollo di un' antica famiglia, grave, aperto ed intrepido, e tal fiata rozzo anzi che no, Corrado di Rechberg, era l’uno de' più celebri cacciatori delle contrade in cui Zuinglio si recava. Nel Silthal, una delle sue terre, avea stabilita una razza di cavalli che divenne celebre in Italia. Tal era l’abate di Nostra Donna degli Eremiti; il quale abborriva del pari le pretensioni di Roma e le controversie de' teologi. In una visita del suo Ordine uditesi fare alcune osservazioni, un po' bruscamente rispose: « lo qui sono padrone, non voi; andatevene pe' fatti vostri. » Un' altra volta, mentre Leone Giuda questionava a tavola coll' amministratore del convento sopra difficili controversie, l’abate cacciatore sclamò: « Finitela una volta ! Io mi vo gridando conDavidde: Mio Dio, abbi pieta di me, secondo la tua misericor » dia, e non ti piaccia porre in giudizio il servo tuo; nè mi » occorre sapere più in là [6]. » Il barone Tebaldo di Geroldsek era l’amministratore del mo nastero; uomo di un animo dolce, di una sincera pietà, e grande amatore de' buoni studii. Suo favorito divisamento era di riunire in quel chiostro una società di uomini saputi, ed erasi per ciò ri volto a Zuinglio. Avido d' istruzione e di letture, pregò il suo nuovo amico di volerlo ben incamminare; e Zuinglio gli rispose : « Leggete le sante Scritture, e per meglio intenderle, studiate » san Girolamo. Deggio avvertirvi però che verrà tempo (e forse » presto con l'aiuto di Dio) che i cristiani più non terranno in » alta estimazione nè san Girolamo, nè verun altro dottore, ma » unicamente la Parola di Dio [7].» Geroldsek si condusse da quell' ora in guisa, da far progressi nella Fede. Consentì ad un mo nastero di religiose, che dipendeva da Einsidlen, di leggere la Bibbia in lingua volgare; e passati alcuni anni, tramutossi a Zu rigo per vivervi con Zuinglio ed ultimamente morire con lui sul campo di Cappel. Le stesse cagioni unirono teneramente a Zuinglio il cappellano Zink, l’eccellente Oexlin, Lucas ed altri abi tanti della badia; e tutti questi studiosi, appartati dal romore delle fazioni, leggevano insieme le Scritture, i Padri della Chiesa, i capo-lavori dell’antichità e gli scritti de' ristoratori delle lettere. Spesse fiate amici forestieri ivi convenivano a crescere questa dotta società; e un giorno ivi pur giunse Capitone. I due amici di Basilea percorrevano insieme il convento ed i suoi selvaggi dintorni, tutti assorti ne' loro discorsi, o meditavano sulle Scrit ture, tutti intesi a scuoprirvi la divina volontà. Un punto vi fu sul quale trovaronsi d' accordo, e fu questo: « Il Papa di Roma » deve cadere! » Capitone in quel tempo era coraggioso più che non fosse dappoi. Tranquillità, agevolezze, libri, amici ebbe Zuinglio in quel ri tiro, ed ivi cresceva in sapienza ed in Fede. Fu in quel tempo (maggio, 1517) ch' egli imprese un lavoro che gli riuscì poi di gran pro. Siccome in antico i re d' Israele di propria mano scrivevano la legge di Dio, Zuinglio copiò con la sua le Pistole di san Paolo. Le edizioni d' allora del Nuovo Testamento erano voluminose, e Zuinglio volea poterlo seco recare ovunque [8]. Imparò a mente quelle Pistole, e più tardi gli altri libri del Nuovo Testamento, poi una parte dell’Antico; e a tal modo il suo cuore si strigneva 275 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ognor più alla sovrana autorità della Parola di Dio. Al conoscerla e' non istavasi contento; chè volea, per giunta, uniformare ad essa interamente la sua vita; e andavasi a poco a poco ponendo in vie sempre più cristiane. Il fine per cui fu egli condotto in quel deserto volgeva a compimento, e se fu veramente in Zurigo che la vita cristiana penetrò con possanza tutta l’anima sua, non può negarsi ch' egli non facesse già prima grandi progressi di santificazione in Einsidlen. A Glarona era stato veduto spassarsi co' mondani; e in Einsidlen menò vita incontaminata e che nulla sentì di mondanità; e cominciovvi a meglio conoscere i grandi interessi spirituali del popolo, e a poco a poco imparò ciò che Dio gli voleva insegnare. Altri intendimenti la Provvidenza avuti avea nel condurlo ad Einsidlen. Ivi dovea conoscere più da vicino le superstizioni e gli abusi che invasa avevano la Chiesa. L’immagine della Vergine, preziosamente custodita nel monistero, si dicea aver il potere di operare miracoli; sopra la porta della badia leggevasi questa or gogliosa iscrizione: « Qui trovasi una piena remissione di tutti i » peccati. »Una moltitudine di pellegrini da tutte parti della cristianità accorreva ad Einsidlen per meritarsi una tal grazia con quel pellegrinaggio. La chiesa, la badia, tutta la valle nelle so lennità della Vergine si riempivano di questi divoti adoratori. Ma fu precipuamente nella gran festa della « consacrazione degli angioli, » che la folla inondò quell’eremo. Migliaia d' individui d' ambo i sessi, in fila ordinati, salivano il monte che mena all' oratorio, inni cantando o tra le dita girando i paternostri e l’a vemmarie del rosario. Questi devoti pellegrini si affoltavano con ressa nella chiesa, ivi credendo trovarsi più vicini a Dio che in tutt' altro luogo. Per quanto risguarda gli abusi del papato, il soggiorno di Egli sidlen produsse un effetto simigliante a quello prodotto in Lutero dal suo soggiorno in Roma. Zuinglio, in sostanza, maturò in Egli sidlen la sua educazione di riformatore, e quanto di grave, di severo avea fatto in sè tesoro, lo versò tosto al di fuori. Scosso da tanti mali, risolse di opporvisi animosamente; e posto fra due estremi, il debito di coscienza e i vantaggi suoi temporali, punto in forse non si tenne. Alzossi arditamente, e dall’alto del pergamo, con energica parola, senza tanti rigiri, attaccò di fronte la su perstizione della folla che stava ad ascoltarlo. « Non vi date sì di » leggieri a pensare (disse loro) che Dio dimori in questo tempio » più che in verun altro luogo della sua creazione. In qualunque » luogo voi dimoriate, Dio vi circonda, Dio vi ascolta tanto bene, » quanto in Nostra Donna d' Einsidlen. V immaginereste mai di » ottenere la grazia di Dio con opere vane, con lunghi pellegri » naggi, con offerte, con immagini, coli' invocare la Vergine ed i » santi ?... A che giovano le tante parole delle nostre preci ? Che » giova uno splendido cappuccio, un capo ben raso, una veste » lunga a belle pieghe, e muli ornati d'oro?.. Dio guarda unicamente per entro i nostri cuori, e questi sono lontani da Dio [9] ! » Ma Zuinglio non voleva unicamente far guerra alle superstizioni; ma sibbene satisfare all’ardente desiderio di una reconci liazione con Dio che nudrivano molti pellegrini accorsi al santua rio di Nostra Donna d' Einsidlen. « Cristo (gridava egli, 276 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto novello » Precursore in quel nuovo deserto de' monti di Giudea ), Cristo, » che si è offerto una volta sopra la croce, è l’ostia, è la vittima » che soddisfa per tutta l’eternità ai peccati di tutti i fedeli [10]. »A tal modo Zuinglio progrediva; e il giorno in cui fu intesa una sì coraggiosa concione nel santuario più venerato della Svizzera, lo stendardo contro Roma cominciò a dispiegarsi più distintamente al disopra de' suoi alti cacumi, e l’eco di quelle parole fu terre moto di Riforma che ne scosse le fondamenta. E nel fatto, all’udire i discorsi di questo prete eloquente, universale era lo stupore degli ascoltanti; allontanavansi gli uni inorriditi; stavansi gli altri dubitosi tra la Fede de' padri loro e questa dottrina che dovea assicurar loro la pace; molti poi volge vànsi a quel Gesù ch' era loro presentato sì pieno di dolcezza, e a lui recavano i ceri ch' ivi erano andati per offerirli alla Vergine. Una folla di pellegrini tornavano ai loro paesi, e vi nunciavano aver inteso ad Einsidlen: che « Cristo solo salva, e che salva » dappertutto. »Spesso accadeva che certe compagnie, udito questo, tornavansi indietro, senza più pensare a compiere il loro pellegrinaggio. Gli adoratori di Maria stremavansi ogni dì più; e intanto dalle loro oblazioni componevansi quasi intere le rendite di Zuinglio e di Geroldsek; ma questi arditi testimonii della verità estimavansi fortunati del loro impoverire per arricchire spiritual mente i fedeli. Il giorno della Pentecoste del 1518, tra gran calca di uditori di Zuinglio trovavasi un sapiente, uomo di benigna natura e di un' operosa carità, Gaspare Edione, dottore in divinità a Basilea. Zuinglio predicò intorno la storia del paralitico (Luca, V), dove si trova questa dichiarazione del Signore: figliuolo dell'uomo ha sulla terra l’autorita di perdonare i peccati, sentenza accomo data a far colpo su la folla riunita nel tempio della Vergine. Il ser mone del predicatore agitava, rapiva, infiammava gli uditori, e più che altri il dottore di Basilea [11]'; e molti anni dopo Edione ne espresse ancora tutta la sua ammirazione. « Quanto è bello (diss' » egli ) quanto grave, profondo, compiuto, penetrante, evange » lieo questo discorso, e come ricorda l’èvépYeia (la forza ) degli » antichi dottori [12] ! » Da quel momento in poi Edione ammirò ed amò Zuinglio [13]; e in quell’ora voluto avrebbe correre a lui, aprir gli il suo cuore; andò aggirandosi dintorno all’eremo, ma non osò entrarvi, «ritenuto, diss' egli, da una superstiziosa peritanza. » Bisalì sul suo cavallo e lento lento si allontanò da Nostra Donna di Einsidlen, spesso volgendosi a riguardare i luoghi che rinchiude vano un sì gran tesoro, e seco recando i più affannosi incresci menti [14]. A tal modo Zuinglio predicava; certo con minor forza, ma con maggior discrezione e con successo uguale di Lutero, nulla preci pitava; urtava gli animi men bruscamente di quello si facesse il sassone riformatore; egli tutto aspettava dalla possanza della verità. Conducevasi con pari saviezza verso i caporali della Chiesa; e lungi dal palesarsi aperto loro avversario, siccome Lutero, un lungo tempo rimase loro amico. Questi lo palpavano in ogni mi gliore maniera, non tanto per la sua scienza (chè Lutero avrebbe avuti gli stessi diritti ai riguardi 277 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto de' vescovi di Magonza e di Bran deburgo), ma più presto per lo suo attaccamento alla politica fa zione del Papa, e per l’influenza di un uomo, qual era Zuinglio in uno stato repubblicano. E nel fatto, parecchi cantoni, affastiditi del servigio che pre stavano al Papa, eran sul punto di romperla con lui; ed i legati speravano di tenerne in Fede parecchi col gratificarsi Zuinglio, siccome eransi Erasmo gratificato con pensioni ed onori. I legati Ennio e Pucci recavansi spesso in quel tempo ad Einsidlen, dal qual luogo, per la vicinanza de' cantoni democratici, più agevoli riuscivano i loro negoziati con essi. Ma Zuinglio, lungi dal sacrifi care la verità alle inchieste ed alle offerte di Roma, passar non lasciava verun destro di difendere il Vangelo. Il famoso Schinner, che soffriva allora dispiaceri nella sua diocesi, dimorò alcun tempo in Einsidlen. « Tutto l'edificio del papato (dissegli un giorno Zuin » glio) riposa sopra mali fondamenti [15]. Ponete la mano all’opera, » rimovetene gli errori e gli abusi; in caso diverso, voi vedrete » crollar tutto l’edifìzio con orribile fracasso [16]. » Con la stessa franchezza al legato Pucci parlava; e quattro volte tornò alla carica. « Con l’aiuto di Dio (gli disse ) continuerò a predicare il Vangelo; e questa predicazione scuoterà Roma dai fon » damenti. »Poi gli espose ciò che far doveva per salvare la Chiesa. Pucci tutto promise, poi nulla operò; e Zuinglio finì per dichiarare ch' egli rinunziava alla pensione del Papa. Il legato lo pregò di conservarla; e Zuinglio, che per allora non pensava a porsi in aperta rottura col capo della Chiesa, consentì ancora a riceverla per tre anni; ma soggiunse: « Non pensate però che » per cupidigia d' oro, io tolga verbo alla verità [17]. » Pucci, da ciò reso sollecito, fece nominare il riformatore cappellano acolito del Papa; primo grado a novelli onori. Roma voleva con sentenza Lutero atterrire, e con grazie trarre a sè Zuinglio; contro l’uno scomuniche fulminava, nel mentre che all’altro gittava il suo oro e le sue magnificenze. Erano due vie diverse per giugnere allo stesso intendimento, e render mute le audaci labbra che osavano, in onta del Papa, proclamare la Parola di Dio nell’Alemagna e nella Svizzera. L'ultima di queste vie era la più abile; ma nè l’una nè l’altra giovarono a Roma; e le anime francate de' pre dicatori della verità mostraronsi del pari inaccessibili, quella alle vendette, e questa ai favori. Un altro prelato svizzero, Ugo di Landenberga, vescovo di Costanza, diede allora alcune speranze a Zuinglio; ed ordinò una visita generale delle chiese. Ma questo prelato era uomo senza carattere, e un giorno lasciavasi guidare da Faber, suo vicario, un altro da una malvagia femmina, all’impero della quale sottrarsi non sapea. Mostrava talvolta di onorare il Vangelo; e frattanto, se con coraggio si annunziava, divenivasi a' suoi occhi un perturbatore. Era uno di quegli uomini, troppi molto nella Chiesa, i quali, più amanti della verità che dell’errore, per questo hanno più rispetti che non per quella, e che terminano per rivolgersi le più volte contro coloro co' quali dovrebbero invece combattere. Zuinglio a lui s' 278 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto indirizzò, ma indarno; chè gli conveniva far l’esperienza di Lutero, e riconoscere l’inutilità d' invocare l’aiuto de' capi della Chiesa; e che l’unica via per ristaurare il cristianesimo era di governarsi da fedele dottore della Parola di Dio. L’occasione si offerse ben presto. Sulle alture del san Gotardo, per quegli alti passi che a fatica vi furono aperti tra le prerutte rocce che separano la Svizzera dall’Italia, si traeva innanzi nell’agosto dell 1518 un carmelitano scalzo. Uscito di un convento italiano, seco recava papali indul genze, ch' egli era mandato a vendere ai buoni cristiani dell' elvetica confederazione. Fortunatissimi successi sotto i due pon tificati precedenti lo avevano reso famoso in quel traffico ver gognoso. Parecchi compagni, destinati a far valere la mercatanzia ch' egli recavasi a spacciare, traversavano con lui quelle nevi e que' ghiacci antichi quanto il mondo. Questa carovana, avida di moneta, di un' apparenza miserabile molto e somigliante assai ad una banda di que' malandrini che cercano far bottino, mar cianti in silenzio tra il remore di que' torrenti impetuosi che formano il Reno, la Reuss, l’Aar, il Rodano, il Ticino ed altri fiumi, meditava la spogliazione de' semplici popoli dell’Elvezia. Samson (era il nome del carmelitano) con la sua masnada giunse ad Uri, ed ivi incominciarono il loro spaccio. Spogliati ch' ebbero in brev' ora que' poveri villani, passarono nel cantone di Svitto, dove appunto Zuinglio si trovava. Ivi era il campo sul quale dovea cominciare il combattimento tra questi due servitori di due pa droni ben differenti. Il monaco italiano, il Tezel della Svizzera. diceva in Svitto: « Io posso tutti i peccati perdonare; il cielo e » l’inferno sono soggettati al mio potere; ed io vendo i meriti » di Gesù Cristo a chiunque vuol comprarli col pagare un' indul » genza a denaro sonante. » Zuinglio intende questi discorsi, e il suo zelo s' infiamma; e predica con forza: « Gesù Cristo, il Figliuolo di Dio, ha detto: » Venite a me voi tutti che siete carichi ed affaticati, ed io vi » conforterò. Non è adunque un' audace follia ed una insensate » temerità il dire per l’opposito: Compra lettere d' indulgenza ! » corri a Roma ! dona ai frati ! sacrifica ai preti ! Se tu fai queste » cose, io ti assolverò da' tuoi peccati1. Gesù Cristo è l’unica » oblazione, l’unico sacrificio, l’unica via [19]. » Tanto bastò a far dire agli Svittesi che Samson era un truffa tore, un seduttore; il perchè, Svitto lasciato, a Zugo se ne andò; e per allora i due campioni non vennero ad altro scontro. Samson erasi appena allontanato da Svitto, che un cittadino di questo cantone, di bell’ingegno, e che più tardi fu secretario di stato, Stapfer, cadde con la sua famiglia nello stremo d' ogni cosa; e nella sua grande ambascia rivoltosi a Zuinglio, gli disse: « Aimè ! io non so in qual modo sovvenire alla mia fame ed a » quella de' miei poveri figliuoli [20]... » Zuinglio era al dare tanto pronto, quanto al togliere era Roma; ed era sollecito del pari alla pratica dell’opere buone ed al combattere coloro che inse gnavano acquistarsi con essa l’eterna salute. Ogni à recava a Stapfer abbondevoli sovvenenze [21]; e nel desiderio di non servare per se veruna gloria, gli diceva: « È Dio che 279 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ingenera la carità » nel fedele, e gli dà tutto ad un tempo il pensiero, la risoluzione » e l’opera stessa. Tutto ciò che il giusto fa di bene, è Dio che » lo fa per sua propria virtù. »Stapfer gli rimase affezionato per tutta la vita; e quattr' anni dopo, nominato secretario di stato a Svitto, sentendosi sospinto da più sublimi bisogni, si rivolse a Zuinglio e gli disse con nobiltà e candore: « Poiché » voi avete a' miei temporali bisogni provveduto, quanto più » deggio ora aspettarmi da voi di che saziar la fame dell’animo » mia ! [22]» Il numero degli amici di Zuinglio si andava crescendo; chè non solo a Glarona, a Basilea ed a Svitto trovavansi anime armo nizzanti con la sua, ma ben anche in altri luoghi: in Uri, il secretano di stato Schmidt; a Zugo, Colin, Miiller, e Werner Steiner, suo antico comilitone a Marignano; a Lucerna, Silottete e Kilchmeyer; a Bienna, Wittembach; e molt' altri in altri luo ghi. Ma il curato di Einsidlen non avea amico che più affezionato gli fosse di Osvaldo Miconio. Questi avea lasciata Basilea nel 1516 per dirigere a Zurigo la scuola della cattedrale; e in quel tempo nè dotti uomini nè buone scuole trovavansi in quella città. Os valdo vi lavorava con alcuni uomini ben disposti, tra gli altri con Utinger, notaio pontificio, per dirozzare il popolo zurighese e per iniziarlo nell’antica letteratura. Nel tempo stesso egli difen deva l’immutabile verità della santa Scrittura, e dichiarava: che se il Papa o l’imperatore comandavano cose contrarie al Vangelo, l’uomo era tenuto ad obbedire al solo Iddio, che è molto al disopra del Papa e dell’imperatore. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Cessa, cessa, frater, divinitus capella consecrata est (Hartm., ArmaI. Einsidl., p. 51). [2] Locum mutavimus non cupidinis aut cupiditatis moti stimulis, verum Gallorum technis fZw., Epp., 24). [3] Christum et eius veritatem in regiones et varias et remotas divulgati tam felici oportunitate (Osw. Mie, Vita Zie ). [4] Quid enim Glareana nostra tristius decidere poterat, tanto vidclicet privati vivo? (Zw., Epp., p. 16. ) [5] Due anni dopo Zuinglio soscrivevasi ancora: Pastor Glarona, Minister Eremi (Ibid., p. 30). [6] Wirz, K. Gesch., IlI, 363. — Zwinglis Bildung v. Schuler, p. 174. — MiscelI. Tigur., IlI, 28. 280 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [7] Fare, idque brevi, lieo sic juvante, ut neque Hieronymus, neque cateri, «ed sola Scrittura divina apud Christianos in pratio sit futura (Zw., Opp., I, p. 273). [8] Questo manoscritto trovasi nella biblioteca della città di Zurigo. [9] Vestis oblonga et plicis piena, muli auro ornati. ... Cor vero interim pro cul a Deo est (Zw., Opp., I, p. 236). [10] Christus qui sese semel in cruce obtulit, hostia est et vidima satisfaciens in aternum, pro peccatis omnium fidelium (Ibid., p. 263 ). [11] Is sermo ita me infiammavi (Zw., Epp., p. 90). [12] Elegansille, doctus, gravis, copiosus, penetrans et evangelicus (Ibid., p. 89). [13] Ut inciperem Zwinglium arctissimc complecti, suscipere etadmirari(lb ). [14] Sicque abequitavi, non sine molestia, quam lumen ipse mihi pepereram (Zw., Epp., p. 90). [15] Dass das ganz papstum einen schlechten grund habe (Zw., Opp., II, Parte I, p. 7). [16] Oder aber sy werdind mit grosser unrùw selbs umfallen (Ibid.). [17] Frustra sperari me vel verbulum de ventate deminuturum esse, pecunia gratia (Zw., Opp., I, p. 365). [18] Romam curte ! redime litteras indulgentiarum ! da tantumdem monachisi ! offer sacerdotibus, etc. (Zw., Opp., I, 222). [19] Christus una est oblatio, unum sacrificium, una via (Ibid., p. 201). [20] Ut mea, meorumque liberorum inedia; corporali subveniretis (Ibid., Epp., p. 234). [21] Largas mihi quotidie suppetias tulistis (Zw., Opp., I, p. 234). [22] Caritatem ìngenerat Deus, consilium, propositum et opus. Quidquid boni prastat justus, hoc Deus sua virlute prastat (Ibid ., p. 220 ). 281 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SESTO SOMMARIO. — La cattedrale di Zurigo. — Elezione del predicatore. — Zuinglio pro posto. — Favola. — Accusa contro Zuinglio. — Sue confessioni. — Appalesansi i di segni di Dio. — Leone Giuda surroga Zuinglio. — Arrivo a Zurigo. — Esortazione del capitolo. — Zuinglio dichiara le sue intenzioni. — Comincia a sporre san Matteo. — Natura ed effetto della sua predicazione. — Fiisslin e Rauschlin. — Opposizione. — Carattere di Zuinglio. — Sua passione per la musica. — Affabilità. — Ordine della sua giornata. — Libri recati attorno. Erano già sette secoli che Carlomagno avea dato un collegio di canonici a quella stessa cattedrale, di cui Osvaldo Miconio presiedeva allora la scuola. Que' canonici', scaduti dalla prima loro instituzione, e vaghi di gustare i loro benefizi tra le dolcezze di una vita sfaccendata, eleggevano un prete, a cui affidavano la predicazione e la cura delle anime. Questo posto divenne vacante alcun tempo dopo l’arrivo di Osvaldo, il quale tosto volse il pensiero al suo amico; e disse: qual acquisto sarebbe mai questo per Zurigo! L’appariscenza di Zuinglio molto lo raccomandava. Bello della persona [1], grazioso nelle maniere, di carissima compagnia; la sua eloquenza lo avea reso già celebrato; e per bellissimo ingegno splendea nel mezzo di tutti i confederati. Miconio parlò di lui col proposto del capitolo, Felice Frey, al quale Zuinglio andava a sangue per buona fisionomia e per talenti [2]; ne parlò ad Utinger, vecchio che godea di gran credito; ne parlò al canonico Hoffman, uomo franco e diritto, che avea predicato un lungo tempo contro il servigio forestiero, e che era in buone disposizioni in favore di Ulrico. Altri Zurighesi avevano in di verse occasioni inteso Zuinglio a Einsidlen, e n' erano tornati pieni di ammirazione per lui. L’elezione del predicatore della cattedrale pose in moto tutti gli abitanti di Zurigo, che si agita vano in sensi diversi; molti si affaccendavano notte e giorno per far eleggere l’eloquente predicatore di Nostra Donna degli Eremiti [3]; e Miconio ne diede avviso al suo amico. Zuinglio gli rispose: « Mercoledì prossimo venturo sarò a pranzo in Zurigo, » e allora noi parleremo di tutto questo. »Vi andò, siccome avea promesso; e avendo ivi un canonico visitato, questi gli disse: « Potreste voi qui venire per predicarvi la Parola di Dio? » e Zuinglio gli rispose: « Potreilo; ma non verrovvi se non visono chiamato. »Zuinglio poi tornossene alla sua badia. Questa visita pose l’inquietudine nel campo degli avversarii; e molt' altri preti furono stimolati a concorrere al posto vacante. Uno Svevo, detto Lorenzo Fable, pronunziò un sermone di sperimento; e tanto bastò a sparger voce ch' egli era eletto. « E » dunque ben vero (disse Zuinglio a quella corsa voce), che niuno » è profeta nel proprio paese, quando vediamo ad uno Svizzero preferirsi uno Svevo. So ben io quanto valgono gli applausi popolari [4]. »Ma non tardò egli ad essere chiarito da una lettera del secretario del cardinale Schinner, che la elezione non era ancor fatta. Nondimeno, stimolato da quella falsa no vella il curato di Einsidlen, e sapendo che un uomo indegno di un tale ufficio, qual era Fable, vi aspirava, destossi in lui 282 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ardente desiderio di ottenerlo per sè, e scrissene a Miconio. Questi nel dì seguente gli rispose: « Fable rimarrà sempre favola: » questi signori hanno saputo esser egli padre di sei figliuoli, » e provveduto già di non so quanti benefizi [5]. » I. nemici di Zuinglio non diedersi vinti per questo. Vero è che l’universalità si accordava nel lodare a cielo la sua sapienza [6]: ma alcuni dicevano: « Egli ama troppo la musica ! » ed altri: u Egli è troppo amante del mondo e dei piaceri. »Tal altro pur soggiugneva: « Egli è stato troppo distretto amico di persone di una condotta poco grave; » e vi fu un uomo che giunse per sino ad accusarlo di seduzione. Era questa una calunnia; ma Zuinglio, sebbene per condotta morale avanzasse tutti gli ecclesiastici del tempo suo, nondimeno, ne' primi anni del suo apostolico ministero s'era lasciato andare più d'una volta ne' giovanili inchinamenti. Non è agevole il comprendere tutta l’influenza che può in un' anima esercitare la corrotta atmosfera in cui vive. Nel papato e tra' preti v' erano disordini stabiliti, ammessi ed autorizzati siccome conformi alle leggi della natura; ed una parola di Enea Silvio Piccolomini, che fu poi Papa col nome di Pio il, basta a darci un' idea della trista condizione de' pubblici costumi di que' tempi: noi la riferiremo in nota *[7]. Il disordine, in sostanza, era fatto ordine universalmente stabilito. Osvaldo intanto si affaccendava con operosità inestimabile in favore del suo amico; e con tutte le sue forze lo difendeva, lo giustificava; e finalmente la vinse1. Recavasi dal borgomastro Roust, da Hoffman, da Frey, da Utinger; e con tutti lodava la probità, l'onestà, l’incontaminata condotta di Zuinglio; e fermava i Zurighesi nella favorevole opinione ch' essi avevano del curato di Einsidlen. Poca Fede prestavasi ai discorsi degli avversari; e gli uomini di maggior seguito dicevano che Zuinglio sarebbe evangelista a Zurigo. I canonici pure tanto andavano dicendo, ma ne parlavano sommessamente. « Spero, perchè spero, [8]» con animo commosso Osvaldo gli andava scrivendo; ma non istettesi per questo di dargli a conoscere le accuse che gli erano fatte dai nemici. Quantunque Zuinglio divenuto non fosse ancora un uomo rinnovellato, era cio nonpertanto di quelle anime di coscienza desta, che possono cader nel fallo, ma non mai senza resistenza, senza rimorsi. Spesso erasi proposto di vivere santa mente, solo della sua specie, nel mezzo del mondo; ma quando seppesi accusato, vantar non volle d'essere senza peccato; e scrisse in proposito al canonico Utinger: « Non avendo trovato » alcuno disposto a camminar meco animoso nelle risoluzioni » ch' io aveva prese, anzi molti con cui converso essendosene » scandiilezzati, io sono, pur troppo ! caduto; e come il cane, di » cui parla san Pietro (IIa Epist., II, 22), tornai a ciò ch' io aveva vomitato [9]. Ah! Dio solo sa con qual vergogna e con quale angoscia trassi questi falli dall’intime làtèbre del cuore, e li ho » confessati a quel grande Iddio a cui apro frattanto la mia mi » seria assai più volontieri che all’uomo mortale [10]. »Ma se Zuinglio riconobbesi peccatore, non mancò nel tempo stesso di giùstificarsi delle calunniose accuse ch' erangli fatte; e dichiarò di aver sempre abbonito dal pensiero di salirsi sopra adultero letto o di sedurre l’innocenza [11], funesti eccessi in que' 283 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tempi troppo comuni; e soggiunse: « Me ne appello alla testimonianza di tutti » coloro, co' quali ho la mia vita menata [12]. » Il dì dicembre fecesi la elezione; e di ventiquattro suffragi, diciassette gli furono favorevoli, sicchè venne egli eletto. Era già tempo che la Riforma nella Svizzera incominciasse; e lo scelto strumento, dalla divina Provvidenza per tre anni apparecchiato nell’eremo di Einsidlen, era già pronto; e in qualche parte dovea essere trasferito. Dio, che avea scelta la novella università di Wittemberga, sita nel centro dell’Alemagna, sotto la protezione del più savio de' principi, per chiamarvi Lutero, scelse nell’Elvezia la città di Zurigo, avvisata la testa della confederazione, per porvi Zuinglio. Là andava a porsi in corrispondenza, non solo coll’uno de' popoli i più intelligenti, i più semplici, i più pronti ed i più forti della Svizzera, ma sibbene con tutti i cantoni che aggruppavansi attorno di questo antico e possente stato. La mano ch' era andata a scegliere un giovane pastore del monte Sentis, per condurlo nella prima scuola, lo stabiliva allora, possente in opere ed in parole, in presenza di tutto il suo popolo, per rigenerarlo. Zurigo era destinato a centro di luce per tutta l’Elvezia. Il giorno in cui s' intese la nomina di Zuinglio fu in Einsidlen giorno di letizia e di dolore. Il circolo ch' ivi s' era formato, andava a guastarsi dalla partenza del più prezioso de' suoi membri; e chi poteva sapere, se la superstizione da lui cacciata, non sa rebbesi novellamente intrusa in quelr*[13] antico luogo di pellegrinaggio?... Il consiglio di stato di Svitto mandò ad Ulrico una lettera gratulatoria, co' titoli di reverendo, dottissimo, graziosissimo signore e buono amico Geroldsek afflittissimo disse a Zuinglio: « Dateci almeno voi stesso un successore che sia degno » di voi. »Zuinglio rispose: « Ho per voi un picciolo lione semplice e prudente, un uomo iniziato ne' misteri della santa » scienza ! » Al che l’amministratore tosto soggiunse: « Voglio » avere un tal uomo. »Era Leone Giuda, quell uomo dolce ed intrepido ad un tempo, col quale Zuinglio era stato in intima dimestichezza a Basilea. Leone Giuda accettò il propostogli ufficio, tanto più volontieri, in quanto che lo avvicinava al suo caro Ulrico. Questi abbracciò gli amici suoi, lasciò l'eremo d'Einsidlen, e giunse in que' luoghi deliziosi, in cui sorge ridente e piena di vita la città di Zurigo con la sua cinta di poggi coperti di vigneti, adorni di prati e di verzieri, e incoronati da boschi sopra giudicati dalle più alte vette dell’Albis. Zurigo, centro delle politiche faccende della Svizzera, e spesso ritruovo degli uomini di maggior seguito nella Svizzera, era il luogo più acconcio per operare sull’Elvezia e per ispandere per tutti i cantoni i semi della verità. Il perchè gli amatori delle let tere e della Bibbia salutarono con acclamazioni la nomina di Zuinglio. In Parigi singolarmente gli studenti svizzeri, che v' erano in gran numero, ne sentirono grandissima letizia [14]. Ma se Zuinglio aveva in Zurigo a se dinanzi la prospettiva di una gran vittoria, dovea ivi pure aspettarsi durissima contradizione. Gla reano scrissegli da Parigi: « Preveggo che la scienza vostra su » sciterà grande invidia contro di voi [15]; ma fatevi, qual Ercole, » animoso, e domerete i mostri. » 284 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il dì 27 dicembre del 1518 Zuinglio giunse in Zurigo, e smontò all’albergo di Einsidlen. Fu cordialmente ed onorevolmente ri cevuto*[16]; il capitolo tosto si assembrò per riceverlo, e lo invitò a recarsi nel luogo dov' erasi riunito. Felice Frey lo presiedeva; i canonici amici e nemici dell’eletto sedevansi alla mescolata dintorno al loro prevosto. L’assemblea era agitata; chè ognuno, senza saperne il perchè, parea che presentisse tutta la gravità del principio di quel ministerio. Si accordavano di esporre al giovine prete, di cui temevasi lo spirito innovatore, i più im portanti doveri del suo ufficio. « Porrete ogni studio (gli fu detto » gravemente ) a far entrare le rendite del capitolo, senza che » la più menoma sia per voi trascurata. Esorterete i fedeli tanto » sul pergamo, quanto nel confessionale, a pagare i canoni e le » decime, e a dimostrare con le obblazioni loro ch' essi amano la » Chiesa. Sarà vostra cura di accrescere le rendite provenienti » dai malati, dalle messe, in una parola, da ogni atto ecclesiastico.» Il capitolo aggiunse poi: «Per quanto risguarda l'am » ministrare i sacramenti, la predicazione e la presenza tra il » gregge, questi sono pure doveri sacerdotali. Nondimeno voi » potete per queste bisogne darvi un vicario e singolarmente per » la predicazione. Voi non avete obbligo di ministrare i sacramenti se non all’ordine de' maggiorenti, e dopo d' esserne » slato richiesto; e vi si divieta di far questo senza distinzione di » persone [17]. » Qual regolamento per Zuinglio! denaro, denaro e ancora de naro !.... Ed è forse per questo che Gesù Cristo ha instituito il ministerio? La prudenza però modera il suo zelo; chè egli sa benissimo non potersi tutto ad un tempo deporre la sementa, veder crescere la pianta e raccoglierne i frutti. Senza aprirsi egli adunque intorno alle addossategli incumbenze, con umiltà di pa role s' intese a dar testimonianza della sua riconoscenza per l’ono revole scelta caduta sopra di lui; poi annunziò quanto divisava di operare: « La vita di Gesù Cristo (diss' egli) fu al popolo troppo a » lungo nascosa; ed io predicherò precipuamente il Vangelo se » condo san Matteo, capo per capo, secondo il senso dello Spi » rito santo, attingendo unicamente alle sorgenti delle Scritture [18], » col pescarla a fondo, col compararla con sè stessa, e col cer » carne la verasignificanza con ardenti ed incessanti preghiere [19]. » Alla gloria di Dio, a laude del suo unigenito Figliuolo, alla » vera salute dell’anime ed alla loro istruzione nella vera Fede » consacrerò io il mio ministerio [20]. »Un parlare tanto nuovo fece nel capitolo un' impressione profonda; parecchi ne appalesarono la loro letizia; ma i più se ne mostrarono addolorati*[21], e sclamarono: a Questo modo di predicare è un innovamento, il quale » condurrà tosto ad un altro; e dove mai si fermerà? » Il canonico Hoffman, tra gli altri, pensò di dover prevenire i funesti effetti di una elezione per lui sollecitata, e disse: « Questa sposizione » della Scrittura riuscirà al popolo, anzi che utile, nociva. » E Zuinglio gli rispose: « Non è nuova questa maniera, anzi è V an » tica; tornatevi a mente le omelie del Grisostomo sopra san Mat » teo, e disant' Agostino sopra san Giovanni. Nel rimanente, io » parlerò con modestia, nè darò ad alcuno occasione di lamento. » A tal modo Zuinglio scostavasi dall’usanza esclusiva de' fram menti di evangeli stabilita sino dai tempi di Càrlomagno, e ri tornava la santa 285 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Scrittura ne' suoi antichi diritti; sin dai primordi del suo ministero rappiccava la Riforma ai primitivi tempi del cristianesimo; e apparecchiava per le venture generazioni uno studio più profondo della Parola di Dio. Ma avvi di più: questa ferma e indipendente posizione ch' egli prendeva a fronte della Chiesa, annunziava un' opera nuova; la sua statura di Riforma tore delineavasi arditamente agli occhi del suo popolo; e intanto la Riforma incedea. Hoffman, fallitogli il colpo nel capitolo, inviò al proposto un richiamo in iscritto per condurlo a divietare a Zulnglio di rimuo vere il popolo dalle sue credenze; e il proposto, chiamato a sè il novello predicatore, gli parlò con grande affezione. Ma niuna umana possa era da tanto da chiudergli la bocca. Il dì 31 dicem bre Zuinglio scrisse al consiglio di Glarona ch' egli rinunciava alla cura ch' ivi gli si era servata; e tutto diedesi a Zurigo ed all’opera a cui Dio ivi lo destinava. Il sabbato, primo dì dell’anno 1519, Zuinglio, che compiva in tal giorno i trentacinque anni, montò sul pergamo di quella cat tedrale, ch' era già piena di curiosi che desideravano di vedere quest' uomo già famoso e di udire il nuovo Vangelo di cui ciascuno incominciava a parlare. « Egli è a Gesù Cristo (disse Zuinglio) che » io voglio condurvi; a Gesù Cristo, vera sorgente di salute. La » sua divina Parola è il solo cibo ch' io mi propongo ministrare al » vostro cuore, alla vostra vita. »Poi annunziò, che il dì seguente, prima domenica dell’anno, incomincierebbe a sporre il Vangelo di san Matteo. L’udienza era ancora più numerosa in quel secondo giorno, e Zuinglio, salito sul pulpito, aperse il Vangelo, quel libro stato sì a lungo chiuso, e ne lesse la prima pagina. Percorsa la sto ria de' patriarchi e de' profeti (primo capo di san Matteo), la di chiarò in tal forma, che ciascuno maravigliato e rapito sclamava: « Nulla mai fu udito di simigliante [22]. » Continuò a sporre in tal modo san Matteo, attenendosi al testo greco; e andava dimostrando come tutta la Bibbia trovava ad un tempo e dichiarazione ed applicazione nella natura stessa dell' uomo. Con esporre in modo facile e familiare le più alte verità del Vangelo, il suo predicare addicevasi ad ogni ordine di per sone, tanto ai savi ed ai dotti, quanto ai semplici ed agl’igno ranti [23]. Lodava a cielo le infinite misericordie di Dio Padre; e scongiurava tutti i suoi uditori a porre intera la fidanza loro unicamente in Gesù Cristo, qual unico Salvatore [24]. Nel tempo stesso li richiamava a pentimento con grande energia; e con forza contradiceva agli errori tra il popolo dominanti; declamava ani moso contro il lusso, l'intemperanza, il fasto delle vestimenta, l'oppressura de' poveri, l'ozio, il servigio forestiero e le pensioni de' regnanti. Sul pergamo » (dice un suo contemporaneo), non » la perdonava ad alcuno, non al Papa, non all’imperatore, » non ai re, non ai duchi, non ai principi, non ai signori, non » agli stessi confederati. Tutta la sua forza, tutta la sua letizia eran » riposte in Dio; per la qual cosa andava esortando i Zurighesi » a confidarsi unicamente in Dio [25]. »Osvaldo Miconio, che assi steva con allegro cuore e grande speranza ai lavori evangelici dell’amico suo, ebbe a dire: « Mai non erasi inteso un uomo » a parlare con tanta autorità.» 286 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il Vangelo in Zurigo non poteva essere indarno annunziato; ed una moltitudine sempre crescente d' ogni ordine di persone, e precipuamente di popolari, accorreva ad udire Zuinglio [26]. Molti Zurighesi eransi già ristati dal culto palese. FUsslin, poeta, storico e consigliere di stato, solea spesso dire: « Dai discorsi di questi » preti io non traggo verun pro; essi non predicano le cose dell' » eterna salute, conciosiachè non le intendano; nè altro so scor » gere in essi che cupidigie e voluttà. »Enrico Rauschlin, teso riere di stato, ed uomo che leggeva assiduo le Scritture, pensava allo stesso modo. « I preti (diceva) sonosi riuniti a migliaia nel » concilio di Costanza per bruciarvi il migliore di loro. » Questi uomini eminenti tratti furono dalla curiosità ad udire il primo discorso di Zuinglio; e sui loro volti leggere si potea l’e mozione con cui seguivano l'oratore. « Gloria a Dio! (dissero » uscendo) costui almeno predica la verità! Sarà il nostro Mose » per trarci dalle tenebre dell’Egitto [27]; » e da quell'ora si strin sero in grande famigliarità col riformatore. « Grandi della terra ! » (diceva Fusslin) cessate dal proscrivere la dottrina di Cristo! li Cristo, il Figliuolo di Dio, posto a morte, alzaronsi a confes » sarlo poveri pescatori; ed ora se voi fate perire i predicatori » della verità, vedrete prendere il luogo loro vetrai, falegnami, » figuli, fondatori, calzolai e sartori che insegneranno con pos » sanza [28]» Da prima non udissi in Zurigo altro che un grido di ammira zione; ma passatoll bollorprimo, gli avversari alzarono le corna. Parecchi uomini dabbene, cui la paura d'una Riforma atterriva, allontanarohsi a poco a poco da Zuinglio; la violenza de' monaci, tenutasi un istante velata, scoppiò, e il collegio dei canonici ri suonò dei loro lamenti. Zuinglio tennesi fermo qual pilastro; e li suoi amici, nello scorgere in lui tanto coraggio, credevano vedersi dinanzi un uomo dei tempi apostolici [29]. Tra li suoi nemici ve n' erano di quelli che contentavansi di ridere, di proverbiare; ve n' erano degli altri che gli facevano intendere minacce oltrag giose; ma egli tutto portava cristianamente in pazienza [30]*, e solea dire: « Se pur vuolsi convertire i malvagi a Gesù Cristo, è d' uopo » chiuder gli occhi sopra assai cose [31]. »Mirabile sentenza da do versi seguitare ! Il suo carattere, il suo modo di comportarsi con tutti, contri buivano tanto, quanto i suoi sermoni a trar gli animi a sè. Egli era ad un tempo un vero cristiano ed un vero repubblicano; e Y u guaglianza di tutti gli uomini non era per lui un vano giuoco di parole; ma stavagli scolpita in sul cuore, e trovavasi in ogni opera sua. Non era ombra in lui nè di quel farisaico orgoglio nè di quella rozzezza monastica che spiacciono del pari ai semplici ed ai savi; e nel conversare con lui non pativasi soggezione ed erasi tratti ad amarlo. Forte e possente sul pergamo, era affabile con quanti incontrava per le vie e sulle pubbliche piazze; ed era spesso veduto ne' luoghi in cui convenivano le tribù e le società d' artigiani a dichiarare i punti principali della dottrina cristiana, o conversare familiarmente con essi; villani e patrizi erano ac colti da lui con la medesima umanità. Uno de' suoi più violenti nemici dice in 287 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto proposito: « Egli invitava a pranzo i contadini, » passeggiava con essi, parlava loro di Dio, poneva loro il de » monio nel cuore, ed i propriscritti nelle loro tasche. Seppe » inoltre tanto ben fare che i maggiorenti di Zurigo andavano a » visitare que' contadini, davàn loro a bere, andavan con essi » per la città, ed usavano ad essi ogni maniera di cortesia [32] !... » Zuinglio continuò a coltivare la musica « con modestia, » dice Bullinger; ma nondimeno gli avversari del Vangelo trassero da ciò occasione di mormorarlo, e lo chiamarono « l’evangelico suo » natore di flauto e di liuto [33]. »Faber avendogli un giorno rim proverato questa passione, Zuinglio con nobile candore gli ris pose: « Mio caro Faber, tu non sai veramente la musica che sia; » ho imparato, è vero, a suonare il flauto, il violino ed altri » strumenti, e mi servono a far tacere i fanciulli [34], ma tu sei » troppo santo per dannare la musica ! Non sai tu che Da » vidde fu egregio suonator d' arpa, e che con essa cacciava da » Saul lo spirito maligno?... Oh ! se tu conoscessi il suono del ce » leste liuto, il malo spirito dell’ambizione e l’amore dell’opu »lenza che ti distringono cesserebbero di darti martello. »Forse in questo Zuinglio dava nel troppo; ma era in uno spirito di sem plicità e di libertà evangelica ch' egli quell’arte coltivava, dalla religione associata sempremmai alle sue più sublimi ispirazioni. Egli diede il suono a parecchie sue cristiane poesie, e talvolta non dubitava di ricreare col suo liuto gli agnelli della sua greggia. Go vernossi con la stessa semplicità verso i poveri; e troviamo detto da un suo contemporaneo: « Egli mangiava e beveva con chiun » que lo invitava; niuno era da lui spregiato; era per li poverelli » pieno di compassione, sempre fermo, sempre lieto nella pros » pera e nella trasversa fortuna. Niun male lo sgomentava; la sua » parola era sempre piena di forza e il suo cuore sempre colmo v, di consolazioni [35]. »A tal modo Zuinglio rendevasi vieppiù l’uomo di tutti, ora assiso alla povera mensa de' popolani, ed ora ai conviti de' grandi, siccome in antico il suo divin Maestro, e inteso ovunque all’opera a cui Dio l’aveva chiamato. Infaticabile poi era nello studio: dall’alba sino alle sei leg geva, scriveva, volgarizzava; e in quel tempo l’ebraico era la sua precipua occupazione. Desinato che avesse, ascoltava coloro che avevano pur qualche cosa a dirgli o qualche consiglio a ri chiedergli; poi passeggiava con gli amici o visitava le sue peco relle. Alle due riponevasi al lavoro; dopo cena passeggiava alcun poco; poi davasi a scriver lettere, che spesso lo tenevano al ta volino sin verso la mezzanotte. Lavorava sempre in piedi, nè permettea d' esserne stornato se non per gravissime cagioni [36]. Ma il lavoro di un uomo solo non potea alla gran bisogna ba stare. Un certo Luciano recossi un giorno da Zuinglio con gli scritti del sassone riformatore. Rhenan, uomo dotto ch' erasi allora stabilito in Basilea, e infaticabile propagatore nella Sviz zera degli scritti di Lutero, aveva a Zuinglio mandato quel Lu ciano. Rhenan avea scorto che il mandar attorno i libri era effi cacissimo modo per propagare la dottrina del Vangelo. Luciano avea percorsa quasi intera la Svizzera e vi conosceva ogni 288 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto persona; e Rhenan scriveva a Zuinglio: « Esaminate se questo Lu » ciano vi sembri abile e prudente a bastanza; e se vi pare di sì, » rechi egli di città in città, di borgo in borgo, di villaggio in » villaggio, ed anche di casa in casa, per tutta l’Elvezia, gli » scritti di Lutero, e precipuamente la sposizione dell’orazione » dominicale scritta pe' laici [37]. Più egli è conosciuto, e più tro » verà compratori; ma bisogna ben guardarsi dal dargli a ven » dere altri libri; chè se recherà seco sol quelli di Lutero, le » venderà più agevolmente. »Per un tal mezzo molte famiglie nella Svizzera videro alcuni raggi di luce penetrare nell’umili loro abitazioni. Ma v' era per altro un libro che Zuinglio avrebbe dovuto mandare attorno con quelli di Lutero, ed era il Vangelo di Gesù Cristo. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Dan Zwingli vom lyb egli hubscher man wass (Bullinger Ms.). [2] Und als lmme seine gestalt und geschiklichkeit wol geQel, gab er Im syn stimm (Bullinger Ms.). [3] Otti dies et noetes laborarent ut vir Uh subrogaretur (Osv. Mie ., Vita Zw.). [4] Scio vulgi acclamationes et illud blandum Euge ! Euge! (Zw., Epp., 53). [5] Fabula manebit fabula; quem domini mei acceperunt sex pueris esse patrem (lbid.). [6] Neminem tamen, qui tuam doctrinam non ad calum ferat. .. (Zw., Epp ., 53) . [7] Non esse qui vigesimum annum excessi(, nec virginem tetigerit (lbid., 57) . [8] Reprimo haepro viribus, imo et repressi (Zw., Epp., p. 54). [9] Quippe neminem habens comitem hujus instituti, scandalisantes vero non paucos leu.' cecidi, et factus'sum canis ad vomitum (Ibid., p. 55). [10] En, cum verecundia (Deus novitìj magna, hac ex pectoris specubus dc premsi, apud eum scilicet, cum quo etiam coram minus quam cum ulto ferme mortalium confiteli vererer (Ibid.). 289 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [11] Ea ratio nobis perpetuo fuit, nec aliemm thorum conscendere, nec vir ginem vitiare (Zw., Epp., p. 55). [12] Testes invoco cunctos quibuscum vixi (Ibid.) [13] Reverende, perdocte, admodum gratiose domine ac bone amice (Zw., Epp., p. 60). [14] Omnes adeo quodquot ex Helvetiis adsunt juvenes fremere et gaudere (Ibid., p. 63). [15] Quantum invidici tibi inter istos eruditio tua conflabit (Ibid., p. 64). [16] JDo er ehrlicli und wol empfangen ward (Bullinger, Ms.). [17] Schulei's Zwingli's Hildung, p. 227 [18] Absque humanis commentationibus, ex solis fontibus Scriptura Sacra (Zw.(Opp., I, p. 273). [19] Sed mente spiritus, quam diligenti Scripturarum collectione, precibusque ex corde fusis se nacturum (Osw. Mie, VilaZw.). [20] Alles Gott und seinen einigen Sohn zu Lob und Ehren und zu rechten Heil der Seelen, zur Underrichtung im rechten Glauben (Bullinger Ms.). [21] Quibus auditis, maror simul et Iatitia (Osw. Mie, Vita Zw.). [22] Dessgleichen wie jederman redt, nie geliort vorden war (B. Weise, contemporaneo di Zuinglio. Fùsslin Beytràge, IV, 36). [23] Nam ita simplices aqualiter cum prudentissimis et acutissimis quibusque proficiebant (Osw. Mie, Vita Zw.). [24] in welchem er Gott den Valer prysset und alle Menschen alleili uff Issum Christum, als den einigen Heiland verlhrauwen lebrle (Bullinger Ms.). [25] Ali segli 'Irosi stuhnd allegli mil frólichem Gemuti) zu Goti.... (B. Weise, FUsslin Beytràg., IV, 36). [26] Do ward bald eia gross gelaùff von allerley Menschen, innsonders von dem gemeinen Mann (Bullinger Ms.). [27] Und unser Moses seyn, der uns aus Egypten fùhrt (lbid.). 290 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [28] Werden die Glàser, Mùller, Hafner, Giesser, Sclmhmacher und Schneider lehren (MulI., Reliq., HI, p. 185). [29] Nobis, apostolici illius saculi virum reprasentas (Zw., Epp.. p. 74). [30] Obganniunt quidam, ridcnt, minantur, petulanter incessunt.. at tu vere Christiana patientia suffers omnia (Zw., Epp., 7 maggio 1519). [31] Connivendum ad multa, ri quid velit malos Christo lucri facere... 'lbid .) . [32] Dass der Rath gemeldete Bauern besucht (Salat's Chronick, 155). [33] Der Lauthenschlager und evangelischer Pfyffer (Bullinger, Ms.). [34] Dass kombt mir la wol die kind zu geschweigen (Ibid.). [35] War allwegen trostlichen Gemùtbs und tapferer Red(B. Weise, Filssl. Beytr., IV, p. 36). [36] Certas studiis vindicans horas, quas etiam non omisit, nisi seriis coactus (Osw. Mie, Vita Zw.). [37] Oppidatim. municipatim, vicatim, imo domesticativi per Helvetios cir cumferat (Zw., Epp., p. 81). 291 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO SETTIMO SOMMARIO. — Samson a Berna. — Sua partenza — Le anime del cimitero di Basilea. — Il decano di Bremgarten. — Il giovine Enrico Bullinger. — Samson e il decano. — Battaglie interne di Zuinglio. — Predica contro le indulgenze. — Samson è mandato via da Zurigo e dalla Svizzera. L'occasione di appalesare il suo zelo nella nuova sua vocazione non lasciossi molto desiderare; chè Samson, il famoso trafficante d' indulgenze, si accostava già a lenti passi a Zurigo. Questo scia gurato era giunto da Svitto a Zugo il 20 di settembre del 1518, e v'era rimaso tre giorni. Una folla immensa erasi stipata a lui dintorno; i più poveri erano i più ardenti, ed impedivano a tal modo ai ricchi di accostarsi a lui. Il monaco non avea fatto un tal conto; il perchè l’uno de' suoi servitori si pose a gridare al popolazzo: a Buona gente, non istate ad affollarvi sì grandemente; » cedete il luogo a coloro che hanno denari ! Noi cercherem po~ » scia di far contenti quelli che ne van senza. »Da Zugo, Sam som, con la sua masnada, si recò a Lucerna, e da Lucerna ad Underwaldo; poi traversate fertili montagne e ricche vallate, e superati pedestremente gli eterni ghiacci dell’Oberland, e in tutti que' luoghi, i più magnifici della Svizzera, esposte in ven dita le romane mercatanzie, calossi presso Berna. Il monaco in sulle prime ebbe divieto di entrare nella città; ma poscia giunse ad introdurvisi per via di scerete intelligenze, ed espose la sua merce nella chiesa di san Vincenzo. Là posesi a gridare forte più che mai: « Eccovi (diceva ai ricchi), eccovi indulgenze in pergamena per una corona. Ecco (diceva ai poveri) assoluzioni in » carta comunale per due batz ! » Un giorno Giacomo di Stein, celebre cavaliere, si presentò a Samson, volteggiando sopra un cavallo grigio-leardo, che il monaco grandemente ammirava; e il cavaliere gli disse: « Datemi un'indulgenza che valga per me, » per la mia truppa, forte di cinquecento uomini, per tutti i » miei vassalli di Belp, e per tutti i miei antenati, ed io vi offro » in cambio il mio cavallo grigio-leardo. » Era domandar troppo per un cavallo; ma il destriero troppo piaceva al carmelitano scalzo; l'indulgenza fu accordata; il cavallo passò nella stalla del monaco; e tutte queste anime furono da lui dichiarate salve per sempre dall’inferno [1]. Un altro giorno ad un cittadino vendè per tredici fiorini un' indulgenza, che autorizzava il confessore di lui ad assolverlo, tra gli altri peccati, da ogni maniera di spergiuro [2]. Tanto era il rispetto che per Samson si aveva, che il consigliere De May, uomo attempato ed illuminato, avendo dette alcune pa role contro di lui, fu obbligato di chieder perdono al monaco or goglioso, col porsi inginocchioni a' suoi piedi. Giunto il giorno della partenza, un romoroso suono di cam pane annunziò a tutta Berna che il monaco se ne andava. Sam son era nella chiesa, ritto sui gradi dell’altare maggiore; e il canonico Enrico Lupulo, stato precettore di Zuinglio, da interprete gli serviva. Il canonico Ansheltn, rivoltosi allo scultetto di Watteville gli 292 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto disse: « Quando il lupo e la volpe vanno insieme » per la campagna, la cosa più sicura per voi, o mio grazioso » signore, è di chiuder tosto in luogo sicuro le vostre pecore e le » vostre oche. »Ma il monaco poco si curava di siffatti giudizi, i quali, per altro verso, non giungevano sino al suo orecchio. « Ingi » nocchiatevi (dicea egli alla folla superstiziosa ) e recitate tre » Pater e tre Ave Maria, e l’anime vostre rimarranno tosto » monde come al momento del loro battesimo. »Il popolo tosto s' inginocchiò; e poscia volendo Samson superare sè stesso, gridò: « Io libero dai tormenti del purgatorio e dell’inferno tutte le » anime de' Bernesi trapassati, qualunque sia stato il genere ed il » luogo della loro morte! » Questo saltimbanco, al modo di quelli che vanno alle fiere, servava per ultimo il suo più bel colpo. Samson, carico di denaro, s' incamminò verso Zurigo col tra versare l’Argovia e Baden; e mano mano che spingevasi innanzi, il carmelitano, di sì misera apparenza quando passò l’Alpi, con fasto e con orgoglio sempre crescenti si appresentava. L'arcive scovo di Costanza, irritato contro di lui per non aver voluto dalla sua cancelleria far autenticare le bolle, avea divietato a tutti i curati della sua diocesi di aprire a Samson le loro chiese. Ma a Baden il curato non osò resistere lungo tempo al monaco, e gli consenti la vendita della sua merce. Il monaco allora si mostrò doppiamente sfrontato; e nel fare il giro del cimitero alla testa di una processione, fisò lo sguardo in alto, come vedesse qualche cosa nell’aria, nel mentre che i suoi acoliti cantavano l’inno de' morti; e fingendo di veder l’anime volarsi dal cimitero nel re gno de' cieli, gridava: Ecce volant! (ecco che volano al cielo ). Un giorno un uomo del luogo sale sul campanile della chiesa; e in un momento una gran quantità di piume bianche scorgonsi svolazzare per l’aria, e ricuoprono l’attonita processione: » Dete come volano ! » gridava il faceto di Baden, agitando aperto un origliere dall'alto della torre. Molti si posero a ridere [3]; ma Samson montò in ira, nè si calmò che all’intendere che quell' uomo talvolta era fuori del senno; nondimeno egli si usci di Baden tutto vergognoso. Continuando il suo cammino, giunse verso la fine di febbraio del 1519 a Bremgarten, dove erasi recato a petizione dello scul tetto e del secondo curato della città, che veduto l’avevano a Baden. In tutto quel paese niuno v'era che godesse di maggior credito del decano Bullinger di Bremgarten. Quest' uomo, poco illuminato intorno agli errori della Chiesa e intorno alla Parola di Dio, ma sincero, zelantissimo, eloquente, benefico verso i poverelli, e sempre pronto a render servigio ai piccioli, era amato da tutti. Nella sua giovanezza sposata avea per debito di coscienza la figliuola di un consigliere del luogo. Tal’era l’usanza di que' preti che vivere non volevano da dissoluti. Anna lo avea consolato di cinque figliuoli, e questa numerosa famiglia non avea scemato fiore la estimazione di cui il decano godeva. In tutta la Svizzera indarno avresti cercato tetto più ospitale del suo. Grande amico della caccia, vedevasi circondato da dieci o dodici cani, ed accompagnato dai signori di Hallwyll, dall’abate di Mury e dai patrizi di Zurigo, 293 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto cercar le campagne e le foreste dei dintorni. Tenea sempre tavola aperta, nè v' era mai tra' suoi convitati chi più gaio si mostrasse di lui; e quando i deputati alla Dieta si recavano a Baden, passando per Bremgarten, non mancavano mai di sedersi alla tavola del decano. « Bullinger » (si diceva) tiene corte al modo del più possente signore. » Gli stranieri appostavano in quella casa un garzonetto che ap palesava molta intelligenza. Enrico, l’uno de' figliuoli del decano, ne' suoi primi anni grandi pericoli avea corsi; una volta, colpito dal contagio, erasi sul punto di seppellirlo, quando diede alcuni segni di vita che consolarono i suoi parenti; un' altra volta un vagabondo, trattolo seco con lusinghe, lo rapiva alla famiglia, quando riconosciuto da passaggieri, lo sottrassero a quel pericolo. A tre anni sapeva già a mente l’orazione domenicale, e il simbolo degli apostoli; e introducendosi in chiesa, saliva sul pulpito di suo padre, vi si atteggiava con gravità, e con tutta la forza della sua voce recitava il Credo intero. A dodici anni i suoi parenti lo mandarono ad Emmeric a studiarvi di latino, col cuore in gran paura, sendochè fossersi fatti i tempi pericolosi per un giovinetto senza sperienza. Se agli studenti parea troppo severa la regola di una università, raro non era il caso di vederli uniti in truppe, ed andarsene, seco traendo i giovanetti, ad accam parsi ne' boschi. Ivi i più giovani erano mandati a limosinare pe' dintorni, nel mentre che i più validi della persona assalivano armata mano i viandanti e li spogliavano, per consumar poi in dissolutezze il frutto delle loro rapine. Enrico fu per buona ven tura guardato dal male in que' luoghi lontani; e al pari di Lutero, dovette campar la vita coli' andar cantando dinanzi alle porte delle case, sendochè suo padre volesse ch' egli imparasse per tempo a provedere da sè ai propribisogni. Toccava i sedici anni quando gli giunse tra le mani un Nuovo Testamento. « Io vi » trovai (diss' egli) quanto è necessario alla salute dell’uomo; e » sin da quell’ora mi attenni al principio di seguitare unicamente » la Santa Scrittura e di rifiutare tutte le giunte fattevi dagli » uomini. Non credo nè ai Padri, nè a me stesso, ma spiego la » Scrittura con la Scrittura, senza nulla aggiungere o levare [4].» Dio preparava a tal modo questo giovane destinato a successore di Zuinglio; ed è l’autore della cronaca che sì spesso andiamo citando. Fu in quel torno che Samson giunse a Bremgarten con tutto il suo codazzo. Il coraggioso decano, cui quel picciolo esercito italiano non dava fior di paura, proibì al monaco lo spaccio della merce che seco recava, interdicendogli la sua chiesa. Lo scultetto, il consiglio della citta ed il secondo pastore amico di Sam son, stavano congregati in una camera dell’albergo in cui il monaco s' era alloggiato, e tutti perturbati facean corona all' impaziente venditore. Il decano ivi giunse finalmente, e il monaco gli disse: « Eccovi le bolle del Papa, aprite la vostra chiesa. » Il Decano. Non permetterò mai che con lettere non autentiche » (sendochè il vescovo non le abbia approvate) si venga a vuotare » la borsa de' miei parrocchiani. » Il Monaco, con solenne gravità. Il Papa al vescovo sta sopra; » ed io vi proibisco di privare il vostro gregge di una grazia sì » luminosa. 294 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto » Il Decano. Dovessi perdervi anche la vita, non vi aprirò la » mia chiesa ! » Il Monaco, con indignazione. Prete ribelle, in nome del » Papa, santissimo nostro signore, io. pronuncio contro di te la » grande scomunica, nè ti assolverò se con trecento ducati non » avrai fatta penitenza di un' audacia cotanto inaudita... » Il Decano, volte le spalle per andarsene. Saprò risponderti » dinanzi ai legittimi miei giudici; e in quanto a te ed alla tua » scomunica, io punto punto non mi pongo in affanno. » Il Monaco, forsennato. Bestia impudente I corro a Zurigo, » e là recherò i miei richiami dinanzi ai deputati della confede »razione [5]. » Il Decano. Io posso comparirvi al pari di te, e di questo » passo io mi vi reco. » Nel mentre che queste cose accadevano in Bremgarten, Zuin glio, che vedeva il nemico andarsi a poco a poco appressando predicava con forza contro le indulgenze [6]. Era in ciò confortato da Faber, vicario vescovile di Costanza, che gli prometteva l’appoggio di quel vescovo [7]. Samson intanto nell’andarsene verso Zurigo, dicea: « So beneche Zuinglio parlerà contro di » me; ma io gli chiuderò la bocca. »Zuinglio, in sostanza, troppo vivamente sentiva la dolcezza del perdono di Gesù Cristo per non poter perdonare a quell’indulgenza di carta che seco recavano que' temerari. Spesso tremava come Lutero a cagione del peccato; ma trovava nel Salvatore l’assoluzione de' suoi timori. Quest' uomo modesto, ma forte, facea mirabili progressi nella conoscenza di Dio, e diceva: « Quando Satana mi sgomenta » col gridarmi: Tu non fai questo o quello, e frattanto Dio lo » comanda ! tosto la voce soave del Vangelo mi consola col dirmi: » Ciò che tu non puoi fare (e certamente nulla puoi), Cristo lo fa » e lo compie. SI (continuava il pio evangelista), quando il mio » cuore è contristato a cagione della mia impotenza e della fiac » chezza della mia carne, il mio spirito si ravviva alla voce di » questa lieta novella: Cristo è la tua innocenza ! Cristo è la tua » giustizia ! Cristo è la tua salute ! E tu sci un bel nulla; tu non » puoi cosa alcuna ! Cristo è V Alfa e l’Omega; Cristo è la » prua e la poppa; Cristo è tutto, Cristo può tutto [8]. Ogni creata » cosa ti abbandonerà, t' ingannerà; ma Cristo, l’Innocente, » il Giusto, ti accoglierà, ti giustificherà... Sì (sclamava Zuin » glio), sì. egli è la nostra giustizia e quella di tutti coloro che » giusti compariranno per sempre dinanzi al trono di Dio!.... » In presenza di tali verità le indulgenze cadevano di per sè stesse; e Zuinglio per ciò non dubitava di combatterle: « Null' » uomo (diceva) può assolvere dai peccati. Cristo solo, vero Dio » e vero uomo, ne ha il potere [9]. Va, corri, compra le indul » genze... ma accertati beneche con esse non sci punto assoluto. » Coloro che per denaro vendono la remissione de' peccati, sono » veri compagni di Simon Mago, gli amici di Balaam, gli am » basciatori di Satanasso. » Il decano Bullinger, tutto caldo ancora della sua conversazione con Samson, giunse in Zurigo prima di lui, e recavasi a richia marsi alla Dieta contro quello svergognato trafficante e contro la sua simonia. Ivi trovavansi alcuni inviati del 295 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto vescovo venuti per la stessa cagione, e con essi Bullinger fece causa comune. Tutti i consiglieri gli promisero di fiancheggiarlo; lo spirito che animava Zuinglio spirava sopra quella città; e il consiglio di stato risolse di opporsi all’entrata del monaco in quella città. Samson in questo mentre era giunto ne' sobborghi di Zurigo e disceso in un albergo. Aveva egli poi già l’un piede nella staffa per recarsi col suo codazzo in città, quando sorgiunsero i depu tati del consiglio a presentargli il vino di onore, nella sua qualità d' inviato del Papa, ed a significargli nel tempo stesso ch' egli potea lasciare di far mostra di sè in Zurigo, « Ho alcun che » da dire alla Dieta in nome di Sua Santità, » rispose il frate; ed era una furberia; ma nondimeno fu risoluto di ascoltarlo. Siccome poi non parlò d' altro alla Dieta che delle bolle ch' egli seco recava, fu mandato via, dopo averlo obbligato a ritirare a scomunica pronunciata contro il decano di Bremgarten. Uscì tutto furioso; e poco andò che il Papa lo richiamò in Italia. Pre cedevalo un carro tratto da tre cavalli, e grave del denaro espilato con le sue menzogne ai poverelli; e preivagli per que' dirupinati sentieri del san Gotardo ch' egli avea traversati otto mesi prima povero, senza apparato, grave unicamente di bolle [10]. La Dieta elvetica mostrossi in quella occasione più risoluta della Dieta germanica; e la ragione ne fu che in essa non sedevano nè vescovi nè cardinali. Per la qual cosa il Papa, stremo di siffatti puntelli, comportavasi più mansuetamente con la Svizzera che non facea con l’Alemagna. Nel rimanente poi vuolsi pur dire, che la faccenda delle indulgenze, ch' ebbe sì gran parte nella Riforma d' Alemagna, non fu che un episodio in quella della Svizzera. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Um einen Kuugrowen Hengst (Anshelm, V, 335. J. J. Hotting., Helv K Gesch., IlI, 29). [2] A quovis pcrjurio (Muller's Reliqf, IV, 403). [3] Dessen viel luth gnug lachten (Bullinger, Ms ). [4] Bullinger, fc'pp. — Franz's Merkw.-Zuge, p. 19. 5511 [5] Du freche Bestie ec. (Bullinger, Ms.). 296 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [6] Ich predgete streng wider des Pabsts Ablass (Zw., Opp., II, Parte prima, p. 7). [7] Und liat mich darin gestarkt; er welle mir mit aller truw byston (Ibid ). [8] Christus est innocentia tua, Christus est justitia et purilas tua. Christus est salus tua; tu nihil es, tu nihil potes; Christus est A et Q, Christus est prora et puppis, Christus est omnia (Zw, Opp.. I, p. 207). [9] Nisi Chrislus Jesus, cerns Deus et verus homo (Ibid., p. 412). [10] Und fuhrt mit Ihm egli threspendiger Schatz au gelt, den er armen lùtben abgelogen hat (Bullinger, Ms.). 297 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO OTTAVO SOMMARIO. — Zuinglio recasi ai bagni di Pfeffers. — Le vie di Dio per formare i suoi servi. — La « gran morte. »— Zuinglio ritorna a Zurigo. — È soprappreso dalla pesti lenza. — Inno al principio della sua malattia. — Nel mezzo. — Timori in Zurigo e nella Svizzera. — Inno nel fine della sua malattia. — Letizia universale. — Effetti di quel flagello sui costumi e sulla Riforma. — Osvaldo Miconio è chiamato a Lucerna. — Dà animo a Zuinglio. — Zuinglio fa una gita a Basilea. — Predicazione di Capitone. — Edione lo surroga. — Assembramenti particolari. — Corrado Grebet. — Mansuetudine di Zuinglio. Zuinglio non risparmiava sè stesso; e tante sue fatiche chie devano un po' di sosta; per la qual cosa gli fu dai medici ordinato di recarsi ai bagni di Pfeffers. Ero, l’uno de' suoi discepoli che in sua casa seco tenea, e che con le sue parole esprimeva il sentimento di tutti coloro che conoscevano Zuinglio, Ero, nel separarsi da lui, gli disse: « Ah ! quando avessi cento » lingue, cento bocche e voce di ferro, come dice Virgilio, o » più presto l’eloquenza di Cicerone, potrei io mai dire quanto » vi deggio e quanto mi dolga questa separazione [1] ? » Zuinglio intanto si partì; e giunse a Pfeffers per quella forra sgomentevole formata dall’impetuoso torrente della Jamina. Scese in quel baratro infernale, siccome diceva Daniele l’Eremita, e giunse a que' bagni assiduamente scossi dalla caduta del torrente e sprazzati dall’umido polverio dell’onde infrante. Di pieno me riggio era d' uopo di lucerna o di candela nel luogo dove Zuinglio abitava; e a lui dintorno andavasi bucinando che in quelle tenebre apparivano talvolta spettri paurosi. Nondimeno anche in quel luogo trovò l’occasione di servire alsuo Signore. La sua affabilità valsegli l’affezione di molti infermi, nel numero de' quali si trovò un celebre poeta, Filippo Ingentino, professore a Friburgo di Brisgovia [2], il quale da quell’ora zelan tissimo divenne per la Riforma. Dio l'opera sua vigilava e la voleva affrettare. Il difetto di Zuinglio consisteva nella robusta sua valetudine; valido delle membra, valido in ogni suo portamento, e valido d' intelletto, dovea vedere tutte queste sue forze venir meno per farsi uno di quegli strumenti che piacciono a Dio. Un battesimo gli mancava, ed era quello dell’avversità, dell’infermità, della fiacchezza e del dolore. Lutero lo avea ricevuto ne' trambasciati giorni per lui passati in Erfurt, allora quando con gemiti acuti facea risuonare la celletta ed i corridoi di quel suo monistero; e Zuinglio dovea riceverlo col versare in malattia con la morte. Avvi per gli eroi del mondo, i Carli XII ed i Napoleoni, un istante che decide della loro condotta e della loro gloria, ed è quello in cui acquistano coscienza della loro possanza. Un analogo momento vi ha pure nella vita degli eroi secondo Dio; ma questo è in senso opposto, ed è quello in cui giungono a riconoscere la loro impotenza e il loro nulla; e in quell’ora ricevono dall’alto la forza di Dio. 298 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Un' operasiffatta di cui Zuinglio essere doveva lo strumento non può compiersi mai dalla natural forza dell’uomo, e verrebbe meno al pari di quell’albero che fosse trapiantato nel momento del suo maggiore sviluppo e del suo massimo vigore. È d' uopo che la pianta sia deboletta se deve abbarbicarsi e metter radici, e che un grano muoia nella terra per dar poscia abbondevoli fruiti. Dio condusse per mano Zuinglio e con esso l’opera, di cui era speranza , alle porte del sepolcro. Egli è tra l’ossa, le tenebre e la polve de' morti che Dio si piace scerre gli strumenti di cui si vuol servire per ispandere sulla terra la luce, la rigenerazione e la vita. Zuinglio stavasi nascoso tra gì' immensi dirupi che argine fanno allo strepitoso torrente della Jamina, quando intese essere Zurigo afflitto dalla pestilenza, o come dicevanla dalla gran morte Vi si palesò terribile in agosto, nel giorno di san Lorenzo, durò sino al dì della Purificazione, e mietè duemila e cinquecento persone in quella città [3]. I giovani che dimoravano nella casa di Zuinglio, erano tosto partiti, in obbedienza delle istruzioni per lui lasciate. Vuota adunque era la sua abitazione; ma era quello il momento per lui di farvi ritorno. Abbandonò Pfeffers issofatto e ricomparve nel seno della sua greggia, molto stremata da quel malore; ri mandò tosto a Wildhaus Andrea, suo giovine fratello, che avea voluto aspettarlo, e dedicossi tutto intero al servigio degl’incólti da quell’orribile flagello. Ogni giorno agl’infermi Cristo annun ziava e le sue divine consolazioni [4]. I suoi amici, lieti di vederlo sano e salvo fra tanti dardi mortali [5], erano però dominati da un secreto terrore. Corrado Brunner, che poi mori di peste alcuni mesi dopo, scrisse a Zuinglio: « Operate il bene; ma non isdi » menticate nel tempo stesso di aver cura della vostra vita ! » Tardo consiglio; chè il buon pastore era già stato incólto dalla pestilenza. Il predicatore della Svizzera fu corcato sovra un letto, senza speranza di uscirne vivo più mai. Chiusosi entro sè stesso, volse gli occhi della sua mente in Dio. Sapeva avergli Gesù Cristo curata una sicura eredità; e disfogando l’affetto del suo cuore in un cantico pieno di unzione e di semplicità, bello nella sua antica e schietta favella, la cui sentenza, se non letterale, nella sostanza almeno era questa: « Spalancasi la mia porta... e chi entra è. la » Morte [6]* ! Ma la tua mano mi fa scudo, o mio Dio, mia Fortezza ! » — O mio Gesù, alza il perforato tuo braccio, e spezza il dardo » che m'ha piagato. — Ma se l'anima sul suo meriggio è dalla » tua voce reclamata Signore, eccomi apparecchiato. — Ah! » ch' io mi muoio ! tuo sono fatto; la tua celeste dimora spalan » casi alla mia Fede. [7]» Ma il malore si accresce, e i suoi amici contemplano desolati quest' uomo, la speranza della Svizzera e della Chiesa, già su[ punto d' esser fatto preda del sepolcro. Lo abbandonano le forze, vengongli meno i sentimenti; il suo animo si sgomenta, ma tanta lena pur gli rimane per rivolgersi ancora a Dio, sclamando: « Ferve più che mai il mio male: consolami, o Signore. L’anima » e il corpo sono da spavento compresi. — La morte si avvicina; » perdo i sentimenti; soffermasi la voce nella strozza. Gesù mio... » venuto è l’istante del tuo soccorso [8] ! — Satana stanimi a' panni » per inghiottirmi; la sua mano mi afferra... Dovrò io perire? — » Nulla mi 299 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tocca, non li suoi dardi, non la sua voce;. .. chè io mi » prostro a' piedi della tua croce. » Il canonico Hoffman, sincero nella sua credenza, pativa di mal animo il pensiero che Zuinglio dovesse morire negli errori per lui predicati, e recatosi dal prevosto del capitolo, gli disse: « Ponetemente ai pericoli dell’anima sua ! Non chiama egli forse novatori » e fantastici tutti i dottori, i quali hanno insegnato da trecentot » tant' anni e più, Alessandro di Hales, san Bonaventura, AI » berto Magno, san Tommaso d' Aquino e tutti i canonisti ? Non » pretende egli forse che le loro dottrine siano tanti sogni fatti » sotto i loro cappucci e tra le mura de' loro chiostri?... Oh ! men » male sarebbe stato per la città di Zurigo che Zuinglio avesse per » anni molti devastate le nostre vendemmie, le nostre messi ! Ed » ora eccolo condotto in fin di morte... Ve ne scongiuro, salvate » la povera anima sua ! » Pare che il prevosto, più illuminato del canonico, non avvisasse necessario di convertire Zuinglio a san Bonaventura- e ad Alberto Magno, e fu lasciato in pace [9]. Tutta la città era in turbazione; e tutti i veri credenti notte e giorno supplicavano a Dio, chiedendogli la vita del loro fedele pastore Da Zurigo era il terrore passato ai monti del Tocken burgo; chè la pestilenza era giunta sino in que' sommi gioghi. Sette od otto persone n' erano morte nel villaggio, e tra queste un famiglio di Niccolò, fratello di Zuinglio [10]. Ivi mancavasi di let tere del riformatore, e il giovine suo fratello Andrea gli scriveva: « Carissimo fratello, fammi sapere in quale stato ti trovi. L'abate » e tutti i nostri fratelli ti salutano. »Pare che i genitori di Zuinglio fossero già morti, sendochè Andrea in questa lettera di essi non faccia motto. La novella della malattia ed anche il rumore della sua morte corsero per la Svizzera e per l’Alemagna, sicchè Edione ebbe con lagrime a sclamare: « Ah ! la salvezza della patria, la tromba del » Vangelo, l’araldo animoso della verità è da morte cólto nel fior » degli anni, e quasi nella primavera dell’età sua [11] ! » Quando si sparse per Basilea la voce che Zuinglio era morto, tutta quella città risuonò di gemiti e di duolo [12]*. In questo mentre, quel po' di vita che rimaneva in Zuinglio si ravvivò; e sebbenetutte le sue membra fossero estremamente illanguidite, la sua anima sta nel fermissimo convincimento che Dio lui chiama a riporre la face della divina Parola sull’estinto candelabro della Chiesa. La pestilenza ha la sua vittima abbandonata; e Zuinglio inneggia tutto commosso: « Mio Dio, mio padre ! tu m' hai sanato. Eccomi ancora su questa terra. — L’ini » quità più non mi fa guerra! Ma il canto esca solo dalla mia » bocca ! — Verrà ad incogliermi l’ora incerta e forse piena » di maggiore spavento [13] ! — Ma che importa ? Sempre lieto por » terò il mio giogo... sino all’ora di salire negli alti cieli [14]. » 300 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Appena Zuinglio si trovò in condizione di poter servirsi della penna (e fu ne' primi di novembre), scrisse alla sua famiglia, che ne sentì contento inestimabile [15]; e più d' ogni altro, il suogio vine fratello Andrea, che morì l’anno dopo di peste, e sulla morte del quale Ulrico versò pianto ed ululati più di quello che fatto avrebbe una femminetta, per quanto afferma egli stesso*[16]. A Basilea Corrado Brunner, amico di Zuinglio, e Bruno Amer bach, famoso stampatore, giovani entrambi, dopo tre giorni di malattia, erano morti; e si credeva in quella città che Zuinglio fosse pure andato tra i più. Quella università rimase immersa nel lutto, e vi si diceva: « Colui che è amato da Dio, è reso per » fetto nel fior della sua vita [17]. »Ma qual letizia non successe al dolore, quando Collino, studente lucernese, e poscia un traffìcante di Zurigo, recarono la novella che Zuinglio era fuggito alle tremende fauci della morte [18] ! Lo stesso vicario del vescovo di Costanza, quel Giovanni Faber, antico famigliare di Zuinglio, e che anni dopo fu il suo più violento avversario, gli scrisse: « O mio dilettissimo Ulrico, qual letizia tutto mi comprende nell' » intendere che cessata hai la gola della crudel morte ! Se tu sei » in pericolo, la repubblica cristiana è minacciata di perdizione. » Il Signore ha voluto con questa disciplina sospignerti a farti » viemaggiormente sollecito della vita eterna. » Ed era veramente tale il divino intendimento nel provare Zuinglio; e questo intendimento fu in atto recato, ma in modo ben diverso da quello che Faber si era immaginato. Questa pe stilenza del 1519, che mietè tante vittime nella Svizzera setten trionale, fu nelle mani di Dio un efficacissimo modo di con versione per un gran numero di anime [19]; ma sopra ogni altro, adoperò in guisa miracolosa sull’animo di Zuinglio. Il Vangelo, che sino a quell’ora era stato da lui avuto in conto di una semplice dottrina, mutossi per lui in una grande verità, sicchè dal letto di morte si alzò con un cuore tutto nuovo. Il suo zelo divenne più operativo, la sua vita più santa, la sua predicazione più libera, più cristiana, più possente. Questa fu l’epoca dell’intero franca mente di Zuinglio; e da quell’ora si consacrò tutto a Dio, e la Riforma nella Svizzera, in uno con lui, ebbe vita novella. La verga di Dio, la gran morte, col passare sovra tutti que' monti e col discendere in tutte quelle valli, conferì alcun che di più santo al mutamento che vi si operava. La Riforma, al pari di Zuinglio, si tuffò nell’acque del dolore e della grazia, e ne emerse più pura, più piena di vita. Fu quello un gran giorno nella marcia di Dio per la rigenerazione di quella nazione. Zuinglio attinse forze novelle, di cui sentiva sì grande il bi sogno, dal conversare co' suoi amici. Una calda affezione ad Oswaldo Miconio lo distringeva; e camminavano, sorreggendosi a vicenda, a quel modo che Lutero e Mela ntone. Felice era Oswaldo in Zurigo; vi viveva, a dir vero, in istrettezze, ma queste erano addolcite dalle virtù della sua modesta sposa, della quale Gla reano ebbe a dire: « S' io trovassi una donzella che simigliasse » a lei, io la preferirei alla figliuola di un re. » 301 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ma un' amica voce spesso correva a turbare la dolcezza dell’amicizia di Zuinglio e di Miconio; ed era quella del canonico Silottete, il quale, di cendo che Miconio era lucernese, lo stimolava a far ritorno alla natale sua terra. « Zurigo (gli diceva) non è tua patria, ma sib » beneLucerna ! Tu dici che i Zurighesi ti sono benevoli, voglio n ben crederlo; ma sai tu mai ciò che sia per recarti la stella » della sera ? Servi la patria tua: io tel consiglio, io te ne s congiuro, e, se pur tanto posso, io tel comando [20]. »Silottete, alle parole giunti i fatti, fece nominare Miconio precettore della scuola collegiale di Lucerna. Oswaldo allora più non istettesi dubitoso: parvegli vedere in tal nomina il dito di Dio; e per quanto grande che gli paresse quel sacrifizio, si risolse di accomodarvisi. « Chi » sa, pensava, che il Signore non mi destini a far giugner lume » della dottrina della pace nella belligera Lucerna ? » Ma qual do lorosa separazione fu quella mai tra Zuinglio e Miconio! Lasciaronsi amaramente lagrimando; e poco dopo Ulrico scrisse ad Oswaldo: « La tua partenza ha recato alla causa ch' io ehfendo tanto danno, » quanto ne soffre un esercito schierato in battaglia se una delle » sue ali è distrutta [21]. Oh! adesso sì ch' io m'avveggo quanto » abbia potuto operare il mio Miconio, ed ora so le quante volte » abbia egli, senza mia saputa, difesa la causa di Gesù Cristo !.. » Zuinglio sentì maggiormente la privazione di un tanto amico, ili quantochè la peste lo avea lasciato in gran fiacchezza d' animo e di persona, sicchè nel dì 30 novembre del 1519 scriveva egli stesso: « Questo morbo ha affievolita la mia memoria e li miei » spiriti esauriti. » Appena si trovò convalescente, volle tornare a' suoi intrapresi lavori; « ma spesso in predicando (die' egli) » perdo il filo del discorso, tutte le mie membra sono illangui » dite, sicchè quasi somiglio ad un morto. »Arroge che l’opposizione fatta da Zuinglio alle indulgenze avea commossa la collera dei partigiani di esse. Oswaldo con lettere scritte da Lucerna l’ animo smagato del suo amico afforzava. E in questo tempo stesso non facevasi palese l’aiutorio del Signore colla protezione per lui accordata nella Sassonia al possente atleta che sì grandi vittorie contro Roma otteneva?.. « Che pensi tu (scrivea Miconio » a Zuinglio) della causa di Lutero? in quanto a me, dirotti non » aver timore veruno nè per lo Vangelo, nè per lui. Se Dio la » sua verità non protegge, chi mai ad essa si farà scudo? Tutto » ciò ch' io domando al Signore, è di non ritrarre la sua mano » da coloro, i quali sovr' ogni cosa amano il suo Vangelo. continua, o Ulrico, siccome tu hai cominciato, ed un abbondevole » ricompensa ti verrà decretata negli alti cieli.» Un antico famigliare sorvenne a consolare Zuinglio della par tenza di Miconio. Bunzli, stato in Basilea precettore di Ulrico, e che era succeduto al decano di Wesen, zio del riformatore, giunse a Zurigo nella prima settimana del 1520, e Zuinglio indettossi con lui per recarsi insieme a Basilea, per visitarvi i loro amici comuni [22]. Questo soggiorno di Zuinglio a Basilea non fu senza frutto. « O mio caro Zuinglio! (scrissegli più tardi Giovanni Glo » ther) mai potrò sdimenticarmi di voi. Ciò che a voi mi stringe » è quella bontà con la quale, durante la vostra dimora in 302 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Basilea, vi siete recato a visitar me, maestruzzo di scuola, uomo oscuro, senza lettere, senza merito, e stratto di vile condi » zione ! Ciò che a voi più mi lega è quella squisitezza di costumi, è quell’ineffabile dolcezza con cui i cuori vi fate servi, » e li sassi, se tanto dir posso, dietro vi traete [23]. »Ma gli antichi amorevoli di Zuinglio profittarono viemaggiormente di quel suo soggiorno. Capitone, Edioneed altri ancora, furono scossi dalla potenza della sua parola; e il primo, incominciata in Basilea l'o pera che Zuinglio faceva a Zurigo, si pose ad esporre il Vangelo secondo san Matteodinanzi ad un' udienza che mano mano si fa ceva maggiore. La dottrina di Gesù Cristo ogni cuore penetrava ed infiammava; il popolo l’accogliea con letizia e con acclamazioni salutava il rinascimento del cristianesimo [24]. L’aurora era questa della Riforma, per la qual cosa videsi tosto formarsi contro Capitone una giura di monaci e di preti. Allora fu che ilgio vine cardinale-arcivescovo di Magonza, Alberto, desideroso di avere al suo fianco un sì gran savio, lo chiamò alla sua corte [25]. Capitone, in considerazione della sorda guerra che dal clero gli si faceva, accettò l’invito. Il popolo levossi a romore: la sua in dignazione contro i preti, contro i monaci si rivolse; e la città fu piena di turbazioni [26]*. Si pensò a dargli Edione per successore; ma gli uni opponevansi per esser egli, dicevano, troppo giovine, c gli altri col dire: « Egli è un suo discepolo! » — « La verità » (dice Edione ) morde; e nel dirla non giova scorticare le orec » chic troppo delicate [27]. Non importa! nulla varrà mai ad allen ii tanarmi dalla via retta. »I monaci addoppiarono i loro conati, e dall’alto de' pergami andavano gridando: « Non istate a prestar Fede a coloro i quali vogliono darvi a credere tutta la fi sostanza della dottrina cristiana rinchiudersi nel Vangelo ed in » san Paolo. Scoto più di san Paolo ha giovato al cristianesimo. » Tutto ciò che di savio fu detto e pubblicato a Scoto fu rubato., Tutto ciò che di più si potè fare da uomini per agonia di glo » ria, fu di frammischiarvi alcune voci greche ed ebraiche per » rendere oscura tutta la materia [28] ? » Il tumulto intanto si faceva maggiore; ed era a temersi che, partito Capitone, l'opposizione si facesse più possente. « Sarò » quasi solo (Edione pensava), io debole e meschinello, solo a » lottare con questi pestiferissimi mostri [29]. »Il perchè supplicava l’aiuto di Dio, e scriveva a Zuinglio: « Infiammate con vostre » lettere frequenti l’animo mio. La scienza e il cristianesimo tro » vansi adesso tra l’incudine ed il martello. Lutero è condannato » or ora dalle università di Lovanio e di Colonia. Se mai vi fu per la Chiesa un pericolo imminente egli è di quest' ora [30]... » Capitone il dì 28 d' aprile lasciò Basilea per recarsi a Magonza, ed Edione prese il posto da lui lasciato vacante. Non contento delle pubbliche assemblee del tempio, dove continuò la sposi zione di san Matteo, si propose, incominciando dal mese di giugno, siccome ne scrisse a Lutero, di tenere riunioni in sua casa, per dare un' istruzione evangelica più intima a coloro che ne sentissero maggior bisogno. Questo possente modo d' istruire nella verità e di avvivare l’attenzione ed il zelo de' fedeli per le divine cose, cessar non poteva in quel tempo, siccome sempre, di suscitare l’opposizione, tanto de' secolari, quanto del clero dominante; conciossiachè sì quelli 303 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto che questo, sebbeneper di verse cagioni, concorrono nel volere che Dio sia unicamente adorato entro le mura di un dato luogo. Ma Edione invincibile si mantenne. Nel tempo stesso in cui Edione prendeva in Basilea una sì pia risoluzione, giugneva in Zurigo uno di quegli uomini di forte tem pra che sogliono emergere dal seno delle rivoluzioni a modo d' im pura stiuma. Il sonatore Grebel, uomo di gran seguito in Zurigo, aveva un figliuolo per nome Corrado, giovine spettabile per ingegno; ne mico implacabile dell’ignoranza e della superstizione da lui assa lite con satire virulenti; susurrone, collerico, mordace, amaro nelle sue parole, stremo di naturale affezione, di abbandonata vita, laudatore assiduo e smodato della sua innocenza, e sparla tore degli altri. Noi lo accenniamo qui adesso, avvegnachè debba più tardi sulla scena apparire a sostenervi una parte da tristo. In quel tempo Vadiano sposò una sorella di Corrado; e questi che studiava a Parigi senza profìtto, a cagione de' suoi rotti costumi, vago di assistere a quelle nozze, giunse improvviso nel seno della sua famiglia verso il principio di giugno. Il suo povero padre ac colse questo figliuol prodigo con un dolce sorriso, e la sua affet tuosa madre con lagrime. La tenerezza de' suoi genitori non valse a mutar punto quel cuore snaturato. Saputo più tardi che la sua buona ed infelice madre era guarita da una infermità che l'avea recata in fin di morte, Corrado scrisse in proposito a suo cognato Vadiano: « Mia madre è risanata; ella governa novellamente la » casa, dorme, si alza, borbotta, digiuna, rabbuffa, pranza, pone » a romore la casa, cena, e sempre ci è di peso. Ella corre, cuoce » e ricuoce, porta via, accumula, lavora, si affatica a morte, nè » tarderà a procacciarsi una ricaduta [31]. »Tal era l’uomo che più tardi pretese signoreggiare Zuinglio, e che segnalossi poi alla testa de' fanatici anabattisti. La divina Provvidenza forse permise che uomini siffatti sbucassero fuori all’epoca della Riforma per dare più spicco con gli stessi loro disordini al savio, cristiano e ammi surato spirito de' riformatori. Ogni cosa nunciava che tra il Vangelo ed il papismo andavasi ad ingaggiar battaglia. « Sproniamo i piaggiatori (scriveva Edione » a Zurigo); la pace è rotta; armiamo i nostri cuori! chè noi » avremo a combattere contro i più tremendi nemici [32]. »Lettere del medesimo tenore erano da Miconio scritte a Zuingtio; ma a siffatti appelli guerreschi questi rispondeva con mirabile dol cezza: « Io vorrei (diceva) guadagnare questi uomini ostinati conla benevolenza e coi buoni uffici, più presto che abbatterli conla forza e con la disputazione [33]. Che se costoro dicono la nostra » dottrina (che nostra in sostanza non è) una diabolica dottrina, » nulla avvi in questo che naturale non sia; e da questa loro contraddizione son fatto più certo che noi siamo veramente gli am » basciadori di Dio. I demonii non possono starsi muti nella presenza di Gesù Cristo. ________________________________________ 304 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Etiamsi mihi sint lingua centum sint oraque centum, ferrea vox, ut Virgilius ait, autpotius Ciceronia eloquentia (Zw., Epp., p. 84). [2] lllic tum comitantem tuarn e sinu uberrimo profluentem, non injucunde sum expertus (Zw., Epp., p. 119). [3] Der grosse Tod (Bullinger, Ms.). [4] Ut in majori periculo sis, quod in dies te novo exponas dum invisis agrotos (Ibid., p. 87). Chateaubriand non ebbe a niente questo fatto e migliaia di simiglianti, quando scrisse: « che il pastore protestante abbandona il povero » sul suo letto di morte, nè si precipita tra gli appestati » (Saggio intorno V inglese letteratura). [5] Plurimum gaudeo, te inter tot jactus telorum versantem, illamm, hacie nus evasisse (Bullinger, Ms.). [6] Ich megli der ToJ. — Syg an der Thùr (Zw., Opp., II, Parte II, p. 270) [7] Will't du dann glych Tod haben mieli in mils der Tagen min. So soll's willig sin. (Zw., Opp., II, Parie II, p. 270.) [8] Nun ist os um. Min Zung ist stumm Darum isl Zyt Dass du min slryt. (Ibid., p. 271.) [9] Alle glaubige ruften Gott treuwillich an, dass er Ihren getreùwen Hirten wider ufrichte (Bullingor, Ms.). [10] Nicolao vero germano nostro, etiam obiit servus suus, attamcn non in adibus suti (Zw., Epp., 88). [11] Quis enim non doleat publicam patria salutem, tubam Evangelii, ma. gnanimum verilatis buccinatorem languere, intercidere (Ibid., p. 90). [12] lieu quantum luctus, fatti Zioingliumconcessisse, importunatile rumor, suo vehementi impetu divulgavit (Ibid., p. 91 ). [13] Parole che in mirabile modo si resero profetiche dodici anni dopo sui sanguinosi campi di Cappel. [14] So will ich doch Den truz und poch in diser welt Tragcn frohlich Um widergclt. Sebbenequesti tre brani di pocsia rechino per data al principio, nel mezzo, alla fine della sua malattia, e ch' essi esprimano i sentimenti che provò Zuinglio in que' diversi momenti, è probabile ch' ei li scrivesse, quali li abbiamo dopo la sua guarigione. Veggasi il Ms. Bullinger. [15] Inspectis tuis litteris incredibilis quidam astus Iatitia pectus meum subiti (Zw., Epp., p. 88). 305 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [16] Ejulatum et luctum plusquam feemineum (Ibid.). [17] °Ov ts freni (piXéouiji, veaviuxo? tòXsotì (Ibid., p. 00). [18] E diris te mortis faucibus feliciter ereptum negotiator quidam tigurinus... (Zw., Epp., p. 92). [19] Als die Pestilenz im Jahre 1519, in dieser Gegend grassirte, viete neig ten sich zu einem bessern Leben (Giorgio Yògelin, Ref. Hisl.— Fusslin Beyir., IV, 174). [20] Patriam cole, suadeo et obsccro, et, si hoc possum, jubeo (Xjioctet. Miconio). [21] Namresmea, te abeunte, non suite minus accisa, quam si exercitui in procintu stanti altera alarum abstergatur (Zw., Epp., p. 98 ). [22] Zw., Epp., p. I03 e 111. [23] Morum tuorum elegantia, suavitasque incrcdibilis, qua omnes tibi de vincis, etiam lapides, ut sic dixerim (Zw., Epp., p. 133). [24] Renascenti Christianismo mirum quam faveant (Ibid., p. 120). [25] Cardinalis illic invitavit amplissimis conditionibus (Ibid ). [26] Tumultus exoritur et maxima indignano vulgi erga Upel; (Ibid.). [27] Auriculas teneras mordaci radere vero, non usquc adeo tutum est (Ibid.V [28] Scotum plus profuisse rei christiana guam ipsum Paulum quicquid eruditum. furatum ex Scoto (Zw., Epp., p. 120). [29] Cum pestilentissimis monstris (Ibid.). [30] Si unquam imminebat pcriculum, jam imminet (Zw., Epp., 17 marzo 1520). [31] Sie regiert das Haus, schlàft, steht auf, zankt, friìhstuckt, keift [Simml. Samml., IV. — Wirz, I, 76). [32] Armemus pectora nostra ! pugnandum erit contro teterrimos hostes (Zw., Epp.. p. 101). [33] Benevolentia honestoque obsequio potius ailici, quam animosa oppugna tiorie trahi (Zw., Epp., p. 103). 306 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO NONO SOMMARIO. — Duemila persone convertite a Zurigo. — Paragone tra Zuinglio e Lutero. — Dottrina di Zuinglio. — Caduta dell’uomo. — Espiazione dell’Uomo-Dio. — Non merito dell’opere. — Potenza dell’amore verso Gesù Cristo. — Cristo è la legge del cristiano. — Elezione. — Cristo solo è il signore di Zuinglio. — Fama per tutta la Svizzera della predicazione di Zuinglio. — Suo smarrimento e suo coraggio. — Chiama Stseheli. — Primo atto del magistrato. — Assalti contro Zuinglio. — Galster martire della verità a Sciaffusa. Ma con tutto il suo desiderio di procedere per la via della mansuetudine, Zuinglio non rimanevasi inoperoso. Dopo la sua malattia, nel predicare erasi fatto più profondo, più vivo; sicchè duemila persone, e forse più, avevano ricevuta nell’animo e nella mente la divina Parola, e confessavano la dottrina evangelica in Zurigo, ed erano già in abilità di poterla ad altri annunziare [1].' Zuinglio ha la Fede stessa di Lutero, ma una Fede più ragionata. In Lutero domina l’entusiasmo, e in Zuinglio la chiarezza della sposizione. Negli scritti di Lutero predomina un sentimento intimo e tutto suo proprio del prezzo che ha per lui la croce di Gesù Cristo; e questo sentimento, pieno di calore e di vita, è l’anima di ogni sua parola. Tanto trovasi pure in Zuinglio, ma in grado minore. Egli ha meglio esaminato tutte le suste del sistema cristiano; e lo ammira precipuamente per la bellezza che vi scorge, per la luce con cui irradia l’umano intelletto, e per l'eterna salute che reca sulla terra. L’uno è più l’uomo del cuore, l’altro è più l’uomo dell’intellettiva; ed ecco la ragione per cui coloro, i quali, per esperienza lor propria, non conoscono la Fede che animava questi due gran discepoli del Signore, cadendo nel più goffo errore, dell’uno hanno voluto fare un mistico, e dell'altro un razionalista. L’uno è patetico forse nella sposizione della sua Fede, !' altro è più filosofo; ma l’uno e l’altro credono le stesse verità. Essi forse non s' accordano nel pensare intorno alle quistioni secondarie; ma quella Fede che è una, quella Fede che vivifica, che giustifica chiunque la professa sinceramente, quella Fede che niuna confessione, niun articolo di dottrina può esprimere, trovasi uguale in entrambi. La dottrina di Zuinglio fu dai malevoli tanto svisata clie fa mestieri il ricordar qui ciò ch' egli al popolo annun ziava, accorrente sempre a far calca nella cattedrale di Zurigo. Zuinglio nella caduta del primo uomo scorgea la chiave della storia della umanità: « Prima della sua caduta (diceva egli un » giorno), l'uomo era stato creato con una libera volontà, in guisa che, s'egli voluto l'avesse, avrebbe potuto servare la legge; » pura era la natura sua; la infermità del peccato non lo aveva ' ancora incolto; la sua vita era nelle sue mani. Ma coll’aver vo » luto essere simigliante a Dio, egli è morto... nè egli solo, ma o sibbene quanto nasce da lui. Tutti gli uomini essendo morti in » Adamo, niuno può tornarli a vita, sino a tanto che lo Spirito, » che è Dio medesimo, non li resuscita da morte [2]. » 307 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Il popolo di Zurigo, che con grande bramosia pendea dal labbro di sì possente oratore, compreso da tristezza nel vedersi dipingere la misera condizione di peccato in cui versa l’umanità, non tardava ad udire una parola di tutta gioia, ed imparava a conoscere il rimedio che può l’uomo ritornare a novella vita: « Cristo, » vero uomo e vero Dio [3] (diceva l’eloquente figliuolo de' pastori » del Tockenburgo), ci ha una redenzione acquistata che non avrà » fine. È l’eterno Iddio che è morto per noi: eterna adunque è la » sua passione; eterna la salute ch' essa ci reca [4]; essa placa per » sempre la divina giustizia in pro di tutti coloro che si affidano a questo sacrifizio con ferma e saldissima Fede. Laddove è peccato » (sclamava il riformatore), è necessario che sopraggiunga la morte. » Cristo mai non peccò, niuna fraudolente parola uscì mai della » sua bocca; e nondimeno egli è morto !.. Ah ! sapete il perchè? » questa morte egli subì per noi ! Egli ha voluto morire per darci » vita; e siccome propripeccati egli non aveva, il Padre, pieno » di misericordia, trasferì sopra di lui i nostri peccati [5]. Poichè la » volontà dell’uomo (diceva ancora il cristiano oratore) si è fatta » ribellante al Dio supremo, era necessario, per tornar l’ordine » eterno e l’uomo far salvo, che l’umano volere si sommettesse » in Cristo al divino volere [6]*. »Spesso poi ripeteva che la morte espiatrice di Gesù Cristo era avvenuta in pro de' fedeli e del popolo di Dio [7]. ***Le anime sollecite di salute nella città di Zurigo, facevansi riposate nell’intendere sì buona novella; ma vecchi errori domi egli pubblicò nel 1523, nel quale raccolse la dottrina che da molti anni andava predicando. — Hic recensere coepi (dice egli stesso) qua ex verbo Dei predicavi (Zw., Opp., 1, p. 228). Le anime sollecite di salute nella citta di Zurigo, facevansi riposate nell' intendere si buona novella; ma vecchi errori dominavano ancora le menti, e conveniva distruggerli [8]. Col prender le mosse da questa gran verità di una salute eterna, dono di Dio, Zuinglio insorgeva con forza contro il preteso merito delle opere umane. « Poichè V eterna salute (diceva egli) deriva unicamente » dai meriti e dalla morte di Gesù Cristo, il merito dell’opere » nostre non è che follia, per non dire empietà temeraria Se » coll’opere nostre avessimo potuto essere fatti salvi, non sarebbe » stato necessario che Gesù Cristo fosse morto. Chiunque mai a » Dio ha fatto ritorno, lo ha fatto per la morte di Gesù Cristo [9]. » Zuinglio scorgeva benele obbiezioni che questa dottrina mo vere dovea in alcuni de' suoi uditori ;ev' erano di quelle che andavano da lui appositamente per presentargliele. In questi casi saliva sul pulpito e diceva: « Alcuni, forse più curiosi che pii, » oppongono che questa dottrina rende gli uomini leggieri e scostumati. Ma che importa mai ciò che l’umana curiosità può opporre o temere? Chiunque crede in Cristo è fatto certo che tutto » ciò che viene da Dio è necessariamente buono. Se adunque il Vangelo è opera di Dio, esso è buono [10]. E qual altro potere avrebbe mai abilità di trasfondere negli uomini l’innocenza, la verità, l'amore?.. Clementissimo e giustissimo Iddio, padre » delle misericordie ! (sclamava egli nella piena della sua pietà ) con qual carità non ci hai aperte le braccia, a noi tuoi ne » mici [11]* !. .. Di che grandi e certe speranze non ci hai tu ricolmi, » noi che non 308 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto avremmo dovuto conoscere se non la disperazione ! » e a qual gloria non hai tu nel tuo Figliuolo chiamata la nostra picciolezza, il nostro nulla!... Con questo ineffabile amore tu ci » vuoi costringere a renderti amore per amore ! » Poi, appiccatosi a questo pensiero, mostrava che l’amore verso il Redentore è una legge più possente dei comandamenti. « Il cristiano (die' egli), libero dalla legge, dipende interamente da Cristo. Cristo è sua ragione, suo consiglio, sua giustizia, sua in » tera salute; Cristo in lui vive, ed opera in lui; Cristo solo lo » conduce, nè ha mestieri d'altra guida [12]. »Servendosi poi di una similitudine accomodata all’intelligenza de' suoi uditori, ag giunge: « Se un governo sotto pena di morte proibisce ai cittadini » di ricevere pensioni e onorificenze dagli stranieri, quanto è » dolce ed agevole questa legge a coloro, i quali, per amore della patria e della libertà, si guarderebbero da sì reaazione ! Ma, » per l’opposito, quanto tormento, quanta noia non dà a coloro, i » quali non pensano che al proprio pro ! Così il giusto vive lieto » nell’amore della giustizia, e l’ingiusto cammina fremendo sotto » il grave pondo della legge che l’opprime [13]. » V erano nella cattedrale di Zurigo buon numero di vecchi sol dati che intendevano la verità di queste parole. L’amore non è '-egli forse il più possente dei legislatori ? Ciò ch' egli comanda non è egli tosto fatto? Colui che amiamo non abita egli nel nostro cuore e non vi opera da sè quant' egli comanda? A tal modo Zuin glio, col farsi più ardito, affermava al popolo di Zurigo che l’a more per lo Redentore era il solo che potesse fare all’uomo ope rar cose accette a Dio. « Le opere fatte fuori di Gesù Cristo (diceva » il cristiano oratore) proficue non sono. Siccome adunque tutto si fa di lui, in lui e per lui, a che pretendiamo di ascriverlo a » noi stessi ? Ovunque in Dio si crede, là è Dio; e laddove Dio si » trova, avvi uno zelo che punzecchia, che sospinge all’opere » buone [14]. Adopera adunque solamente in guisa che Cristo in te » sia e che tu sii in Cristo, e allora non temere ch' egli non operi » in te. La vita del cristiano altro non è che un assiduo operare, » per lo quale Dio comincia, continua e compie il benenell' » uomo [15]. » Colpito dalla grandezza di questo amore di Dio, dagli eterni tempi già vivo, l’araldo della grazia rinfranca gli accenti della sua voce, per chiamare a Dio l’anime timide od irresolute, e dice: « Temereste voi forse di accostarvi a questo Padre amoroso » che ci ha eletti ? E per qual ragione ci ha egli eletti nella sua » grazia? per qual ragione ci ha chiamati? per qual ragione ci » ha tratti a sè ? Sarebbe mai per toglierci l’animo di andare a » lui [16]?... » Tal era la dottrina di Zuinglio, ch' era quella dello stesso Gesù Cristo. « Se Lutero predica Cristo, egli fa ciò che fo io (diceva » il predicatore di Zurigo); il numero dell’anime da lui condotte » a Cristo è maggiore del numero di quelle per me convertite. » Non importa ! altro nome non voglio avere se non quello di » Gesù Cristo, di cui sono soldato, di Cristo, unico mio capo. » Un sol verso di lettera mai fu 309 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto scritto nè da me a Lutero, nè » a me da Lutero; e questo per qual ragione? al fine di mostrare » a tutti quanto lo Spirito di Dio sia sempre in un accordo consè stesso: posciachè, senza esserci mai intesi tra noi, l’uno » e l’altro insegniamo con perfetta armonia la dottrina di Gesù » Cristo [17]. » A tal modo Zuinglio predicava con coraggio e con intero abbandono [18]*; e l’ampia cattedrale di Zurigo non capiva la folla degli uditori. Tutti lodavano Dio della vita novella che ricominciava a ravvivare il morto corpo della Chiesa. Svizzeri d' ogni cantone, recatisi a Zurigo o per assistere nella Dieta, o per altre loro bisogne, tocchi da questa nuova predicazione, ne recavano i semi preziosi in tutte le elvetiche convalli; e un grido di acclamazione si alzava nella città e nelle montagne. « La Svizzera (scriveva » Nicolò Ageo da Lucerna a Zurigo), la Svizzera ha sino adora » dati i natali a dei Scipioni, a dei Cesari, a dei Bruti; ma » produsse appena uno o due uomini conoscitori di Gesù Cristo, » e nutritori degli animi, non di vane disputazioni, ma della » Parola di Dio. Adesso che la Provvidenza divina dona alla » Svizzera un Zuinglio per oratore ed un Osvaldo Miconio per » dottore, le virtù e le sante Lettere rinascono tra noi. Oh Elvezia fortunata ! se tu sapessi una volta ristarti da tante guerre; » se, già celebre per armi, ora tu sapessi venire in maggior voce » per fatti di giustizia e di pace [19]. » Miconio poi scriveva a Zuinglio: « Dicevasi che la tua voce non poteva intendersi a tre » passi; ed ora mi avveggo esser questa una menzogna, conciossiachè da tutta la Svizzerasia intesa [20] ! » Edione poi gli scriveva da Basilea: « Armato ti sei di un intrepido coraggio; ed io seguirò le tue poste per quanto il potrò [21]. »E Sebastiano Hofmeister di Sciaffusa, da Costanza scrivendogli, gli dicea: « Oh! » piacesse a Dio che Zurigo, ch' è la testa della fortunata confederazione, fosse al morbo strappato e tornasse a sanità tutte le » altre membra di questo corpo [22]* ! » Ma se Zuinglio trovava ammiratori, trovava pure avversari che Io mormoravano grandemente: « A che proposito (dicevano gli uni) s' inframmette egli nelle faccende della Svizzera ? Per » qual ragione (dicevano gli altri) nelle sue religiose istruzioni va » egli sempre le cose stesse ripetendo ? » Tra queste ed altrettali contradizioni spesso l’animo di Zuinglio era da tristezza compreso; tutto gli parea confusione; parea gli che la umana famiglia camminasse a ritroso [23]; ed estimava impossibile che potesse emergere alcuna cosa nuova senza che un' altra contraria tosto a combatterla insorgesse [24]. Se una speranza movevasi a consolarlo, tosto a conturbarlo sopraggiungeva un timore; ma non tardava in questo caso a rialzare il capo fieramente. « L’umana vita (diceva) è un' assidua battaglia; e colui che desidera la gloria » ottenere, deve animosamente assaltare il mondo di fronte, e » come Davidde far morder la polve a questo superbo Golia, che va sì altero dell’alta sua persona. La Chiesa (diceva egli come » Lutero) fu prezzo di sangue, e col sangue dev' essere ristorata [25]. » Più v' hanno in essa brutture, e più ci bisognano Ercoli per » mondare queste stalle di Augia*[26]. Per Lutero poco sono in paura » (aggiugneva), anche se avvenga ch' egli sia fulminato dalle folgori di questo Giove [27]. » 310 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Zuinglio, bisognoso di riposo, recossi alle acque di Baden. Ivi il curato, antica guardia del Papa, ed uomo di buona natura, ina di una supina ignoranza, aveva ottenuto quel benefizio col portare la labarda. Nel mentre che questo curato, fido alle sue abitudini di soldato, passava il giorno e gran parte della notte in festevoli brigate, Staheli, suo vicario, era infaticabile nel satisfare a tutti i doveri dell’ufficio suo [28]. Zuinglio chiamò a se questo giovine ministro, e gli disse: « Ho bisogno di aiutanti » Svizzeri; » e da quell’ora Staheli fu suo ausiliatore. Zuinglio, Staheli e Luti, che fu più tardi pastore a Winterthur, dimora vano sotto il medesimo tetto. L’ardente zelo di Zuinglio rimanere non dovea senza ricompenso; e la Parola di Gesù Cristo, predicata con tanta forza, dovea recare i suoi frutti. Molti magistrati erano già convertiti; e nella Parola di Dio avevano già trovato la loro forza, la loro consolazione. Afflitto il consiglio dal lasciarsi andare de' preti, e de' monaci precipuamente, i quali dall’alto de' pergami non dubitavano di dire sfrontatamente quanto lor soccorreva alla mente, emanò un editto col quale divietava ai predicanti di toccar cose ne' loro discorsi, « che non fossero attinte alle sacre sorgenti » dell’Antico e del Nuovo Testamento [29]. » Fu nel 1520 che il potere civile s' intrammise a tal modo per la prima volta nell' opera della Riforma, governandosi in ciò da magistrato cristiano, al dire degli uni, conciossiachè il primo debito de' reggitori del popolo sia quello di mantenere la divina Parola e di tutelare i più preziosi interessi de' cittadini. — Altri dicevano in vece: ch'era un togliere alla Chiesa la sua libertà, un soggettarla al potere secolare, un dare il segnale a quella serie di mali che emersero poscia dall’unione dei due reggimenti ecclesiastico e civile. Noi non istarem qui a far giudizio in questa gran controversia che a' giorni nostri è in più paesi con tanto calore discussata; e ci staremo contenti ad accennarne l’origine all’epoca della Riforma. Ma avvi altra cosa degna di considerazione, ed è che ì atto di que magistrati fu un effetto prodotto dalla predicazione della Parola di Dio; effetto per cui la Riforma in Isvizzera dai semplici individui venne a tal modo trasfusa nell’intero paese e resa dominio di tutta la nazione. Nata nel cuore di alcuni preti e di alcuni letterati, si andò stendendo ed innalzandosi sino ai sommi scanni; a simiglianza delle acque del mare, essa andò salendo a poco a poco sino a ricuoprire un' immensa estensione. I monaci erano interdetti; era loro ingiunto di predicare unicamente la Parola di Dio, e i più non l’avevano mai letta. L’opposizione provoca l’opposizione; e quell’editto fu segnale di violentissimi assalti contro la Riforma. Cominciaronsi a tener ritruovi di cospiratori contro il curato di Zurigo, e la sua vita fu in pericolo. Una sera, mentre Zuinglio intertenevasi tranquillamente in casa propria co' suoi vicari, giunsero in gran ressa alcuni cittadini, e gli dissero: « Avete voi robusti chiavistelli » alle porte? Per questa notte tenetevi benegli guardia. »— Stàheli rispose: « Spesso ci siamo trovati in siffatte inquietudini; ma noi eravamo bene armati [30]; e v' era sulla via chi per noi » faceva la guardia... 311 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto « Altrove si ricorreva a modi ancora più violenti. Un vecchio di Sciaffusa, per nome Galster, uomo dabbene di un ardore raro all’età sua, beato in suo cuore per la luce trovata nel Vangelo, sforzavasi di comunicarla alla sua donna ed a' suoi figliuoli. Il suo zelo, forse troppo indiscreto, recavalo ad insultare aperta mente alle reliquie, ai preti ed alle superstizioni di cui quel cantone era zeppo; e tanto bastò a renderlo obbietto di odio e di spavento anche alla sua propria famiglia. Il vecchio, già in so spetto di funesti disegni contro di lui, con lacero cuore abbandonò la sua casa, e corse ad appiattarsi nelle vicine foreste. Ivi si tenne per parecchi giorni, cibandosi di ciò che poteva trovare; ma nella notte ultima dell’anno 1520 vide d' improvviso un chiarore di faci che da ogni banda illuminavano la foresta, e udì grida di uomini ed un abbaiare di cani furiosi che l’aura facevano tremare sotto quelle ombre folte. Il consiglio aveva ordinata una perlustrazione in que boschi per iscuoprirlo; i cani trovarono la loro preda; lo sventurato vecchio fu trascinato dinanzi al magistrato, e gli fu intimata l’abbiurazione; la qual cosa non volendo egli a niun modo fare, fu dannato nel taglio della testa [31]. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Non enim soli sumus: Tiguri plus duobus millibus pcrmultorum est rationalium, qui lac jam spirituale sugentes (Ibid., p. 104). [2] Quum ergo omnes homines in Adamo mortui sunt.... donec per Spiritum ci gratiam Dei ad vitam qua Deus est excitentur (Zw., Opp., I, 203 ). Queste parole ed altre già citate e da citarsi ancora, sono tratte da uno scritto eh' [3] Christus verus homo et verus Deus (Zw., Opp., I.. p. 206). [4] Deus enim aternus, quum sit qui pro nobis moritur, passionem ejus aternam et perpetuo salutarem esse oportet (Ibid.). [5] Mori voluti ut nos vitee restitueret.... (Ibid., p. 204). [6] Necesse fuit ut voluntas fiumana in Christo se divina; submitteret (Ibid.) . [7] Hostia est et victima, satisfaciens in atternum pro peccatis omnium fide lium (Ibid., p. 253). Expurgata peccata moltitudinis, hoc est, fidelis populi (Ibid, p. 264). [8] Sequitur meritum nostrorum operum, nihil esse quam vanitatem et stul titiam, ne dicam impietatem et ignorantem impudentiam (Zw., Opp.,, 290). 312 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] Quotquot ad Deum venerunt unquam, per mortem Christi ad Deum venisse (Ibid.). [10] Certus est quod quidquid ex Deo est, bonum sit. Si ergo Evangelium ex Deo, bonum est (Ibid., p. 208). [11] Quanta cantate nos fures et perduelles (Ibid., p. 207). [12] Tum enim tntus a Christo pendet. Christus est et ratio, consilium, justitia, innocentia et tota salus. Christus in eo vivit, in eo agit (Zw., Opp., I, 253) [13] Bonus vir in amore justitia liber et Iatus vivit (Ibid., p. 234 ). [14] Ubi Deus, illic cura est et studium, ad opera bona urgens et impellete (lbid., p. 213). [15] Vita ergo pii hominis nihil aliud est, nisi perpetua quadam et indefessa boni operano, quam Deus incipit, ducit et absolvit (Zw., Opp., I, p. 295). [16] Quum ergo Deus pater nos elegit ex gra(ia sua, traxitque et vocavit, cur eum accedere non auderemust (Ibid., p. 287.) [17] Quam concors sit spiritus Dei, durn nos tam procul dissiti, nihil collu dentes, tam concorditer Christi doctrinam docemus (Ibid., p. 276). [18] Quam fortis sis in Christo predicando (Zw., Epp., p. 160). [19] O Hehetiam longe feliciorem, si tandem liceat te a bellis conquiescere (Zw., Epp., p. 128). [20] At video mendacium esse, cum audiaris per totam Hehetiam (Ibid., 135). [21] Sequar te quoad potero (Ibid., p. 134). [22] Ut capite felicis patria nostra a morbo erepto, sanitas tandem in reliqua membra reciperetur (Ibid., p. 147). [23] Omnia sursum deorsumque moventur (Zw., Epp., p. 142). [24] Ut nihil proferre caput queat, cujus non contrarium e regione emergat (Ibid.). [25] Ecclesiam puto, ut sanguine parta est, ita sanguine inslaurari (Ib., 143). 313 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [26] Eo plures armabis Hercules qui fimum tot hactenus boum efferant (Ibid., p. 144). [27] Etiamsi fulmine Jovis istius fulminetur (Ibid.). [28] mise. Tig., II, 679-696. — Wirz., I, 79 e 78. [29] Veiuit eos Senatus quicquam praticare, quod non ex sacrarum Literarum utriusque Testamenti fontibus hausissent (Zw., Opp., IlI, 28). [30] Wir waren aber gut gerùstet (Mise. Tig., II, 681. — Wirz, 1, 334). [31] Wirz, I, 510. — Sebast. Wagner, von Kirchofer, p. 18. 314 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DECIMO SOMMARIO. — Bertoldo Haller da Basilea recasi a Zurigo per vedervi Zuinglio. — Que sti lo rafferma. — Il Vangelo a Lucerna. — Persecuzioni contro Osvaldo Miconio. — Enrico Bullinger. — Geroldo Meyer di Knonau, discepolo di Zuinglio. — Rubli pre dica in Basilea e deve partirne. — Wissemburger allo spedale. — La guerra tra Carlo V ed il Papa da una parte, e Francesco I dall’altra. — Zuinglio predica contro le capito lazioni. Era Vanno appena incominciato, il cui primo giorno fu segnalato da questa sanguinosa esecuzione, quando Zuinglio vide venire a lui un giovane di vent' otto anni, di bella statura e di un' apparenza che annunziava candore di animo e semplicità e peritanza [1]. Disse di essere Bertoldo Haller; e a questo nome Zuinglio abbracciò il celebre predicatore di Berna con quell’affabilità che tanto aggraziava le sue maniere. Haller eranato ad Aldingen, nel Wurtemberghese [2]; avea fatti i suoi primi studii a Botweil sotto Bubello, indi a Pforzheim, sotto la disciplina di Simler, ed ivi era stato condiscepolo di Melantone. I Bernesi eransi in quel tempo risoluti di richiamare i buoni studii nel seno della loro repubblica dall’armi resa sì potente. Rubello e Bertoldo, in età allora di ventun' anni, vi si recarono; e alcun tempo dopo Haller fu nominato canonico, e più tardi predicatore di quella cattedrale. Il Vangelo da Zuinglio predicato sino a Berna erasi fatto via; Haller lo accolse nell’animo e nella mente, e da quell’ora desiderò conoscere da vicino quest' uomo possente ch’ egli già qual padre rispettava. Corse per ciò a Zurigo, dove Miconio lo aveva già annunziato, ed a tal modo s' incontrarono la prima volte Haller e Zuinglio. Haller, uomo dolcissimo, a Zuinglio apriva candidamente le sue ambascie, e Zuinglio, uomo forte, coraggio a questo pusillo ispirava. Bertoldo diceva un giorno a Zuinglio: « Il mio spirito è oppressato... tante ingiustizie io » non posso pàtire. Voglio il pulpito abbandonare, e ritirarmi » a Basilea in casa di Wittembach per intendermi unicamente » allo studio delle sante Scritture. »Zuinglio gli rispose: « Oh! » anch' io mi sento tutto sconfortato, quando mi veggo ingiustamente lacerato; ma Cristo desta la mia coscienza col possente » pungellode' suoi terrori e delle sue impromissioni. Egli mi dà » paura col dirmi: Colui che vergognerassi di me nella presenza » degli uomini, io mi vergognerò di lui nella presenza del Padre » mio; ed egli mi pone in pace col soggiugnere: Colui che mi » confessera dinanzi agli uomini, io lo confesserò dinanzi al » Padre mio. Mio caro Bertoldo, racconsolatevi ! Il nome nostro i sta scritto in caratteri indelebili ne' fasti de' superni cittadini [3]. » Parato sono io a morire per Gesù Cristo Fa che i tuoi feroci » orsatti intendano la dottrina di Gesù Cristo, e li vedrai farsi » mansueti [5]. Ma questo imprendimento domanda da principio ii una gran dolcezza, nel timore che essi non si gettino con furia » sopra di te. »Con queste parole tornò animo in Haller, il quale poi scrisse a Zuinglio: « L’anima mia dal suo sonno si è ridesta; » è d' uopo ch' io evangelizzi; è d' uopo che Cristo sia riposto » nella sua casa da cui fu un sì lungo tempo esiliato*[6]. » 315 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto A tal modo la face di Bertoldo si accese a quella di Ulrico; e il timido Haller si gittò animosamente tra gli orsi feroci, i quali, al dire di Zuinglio, digrignando i denti, cercavano divorarlo. Frattanto altrove dovea nella Svizzera incominciare la perse cuzione. La bellicosa Lucerna traevasi innanzi qual avversario armato da capo a piedi e con la lancia in resta. Dominava lo spirito militare in questo cantone, amante delle condotte d' uo mini; e i grandi della città aggrottavano le sopraciglia al solo udire una parola di pace acconcia ad infrenare il battaglieresco loro umore. Alcuni scritti di Lutero essendo in Lucerna penetrati, parecchi cittadini li lessero, e ne rimasero inorriditi. Parve loro che quelle pagine fossero scritte da una mano infernale, sgomen tossi la loro immaginativa, smarrironsi gli occhi loro, e parve ad essi vedere le camere loro di diavoli ripiene, che li circondavano e li sguardavano con beffardo sorriso [7]. .. . Questi leggitori chiudevano subitamente il libro e lungi il gittavano con ispavento. Osvaldo aveva inteso ragionare di queste strane visioni; il per chè di Lutero non parlava se non co' suoi più distretti famigliari, e stavasi contento alla semplice predicazione del Vangelo di Gesù Cristo. Ma intanto per tutta la città si udiva gridare: « Bisogna » bruciar Lutero ed il maestro di scuola (Miconio) [8]. »Osvaldo ebbe perciò a scrivere ad uno de' suoi amici: « Io sono da' miei » avversari assalito non altrimenti che un naviglio dalle procelle » del mare [9]. »Un giorno, sui primi dell’anno 1520, fu d'im provviso citato a comparire dinanzi al consiglio, e gli fu detto: « Vi si ingiugne di non leggere gli scritti di Lutero ai vostri disce » poli, di non nominarlo mai alla loro presenza, ed anche di non pensar mai a lui [10]*. »Scorgesi da ciò che i signori di Lucerna pretendevano stendere ben da lungi la loro giurisdizione. Poco dopo un predicatore dal pulpito insurse contro l’eresia; e tutti gli uditori ne furono commossi; e tutti gli sguardi furono sopra Osvaldo rivolti; chè era ben chiaro che a lui volea fare allusione il predicante. Osvaldo punto non si commosse, e rimase al suo posto, quasi quel fatto lui non toccasse. Ha all’uscire della chiesa, mentre camminava col suo amico, il canonico Silottete, l’uno de' consiglieri, disse loro con violenza, nel passar loro di presso tutto agitato: « Or bene! discepoli di Lutero, perchè non prendete le difese del vostro maestro? » Non fecergli veruna risposta, e continuarono la loro via. « Io vivo (diceva Miconio) tra lupi selvaggi: ma ho questa consolazione, che i più sono senza denti; » morderebbero se il potessero; e non potendolo, si stringono ad ululare. » Il senato si assembrò, sendochè il tumulto popolare grande si facesse maggiore; e l’uno de' consiglieri disse, parlando di Mi conio: « È un luterano! » e un altro: « È un propagatore di no » velle dottrine !» e un terzo: « È un seduttore della gioventù. » — a Sia citato! sia citato a comparire! » Il povero maestro di scuola comparve, e fatte gli furono nuove minacce e nuove inibizioni. La sua anima semplice e pura era abattuta ed affranta; nè altro che lacrime per confortarlo avea la sua dolce compagna. Nella sua ambascia egli sclamava: « Ognuno s' alza contro di me; » e da tante tempeste assalito, dove rivolgermi, e come cessare » il pericolo che mi sovrasta?... Senza l’aiuto di Gesù Cristo, da » lungo tempo avrei dovuto soccombere 316 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto sotto i flagelli di tanti » mali [11]. »Il dottore Sebastiano Hoffmeister, di Costanza, scriveva in proposito ad Osvaldo: « E che importa che Lucerna voglia, o no, alli suoi servigi servarvi? La terra è tutta del Signore; ed ogni paese è patria all’uomo coraggioso. Quando » anche tra gli uomini noi fossimo i più tristi, giusta è la nostra » causa, sendochè sia la Parola di Gesù Cristo che noi insegniamo. » Nel mentre che la verità tanti ostacoli incontrava in Lucerna, vittoriosa incedeva a Zurigo. Zuinglio senza posa lavorava; e desideroso di meditare tutta intera la santa Scrittura nelle lingue originali, dava opera indefessa allo studio dell’ebraico sotto la disciplina di Giovanni Boschenstein, discepolo un tempo di Reuchlin. Ma s' egli studiava la Scrittura, sì il faceva per predicarla. ll venerdì, giorno in cui i campagnuoli recavano le loro derrate al mercato di Zurigo, questi si mostravano avidi della divina Parola. Per satisfare al bisogno di quell’anime semplici, Zuinglio sin dal mese di dicembre del 1520 s' era messo a sporre ogni venerdì i Salmi, e vi si apparecchiava sul testo originale. I riformatori unirono sempre i dotti studii a pratici lavori; questi lavori erano lo scopo, e quegli studii erano il modo per aggiugnerlo. Erano ad un tempo uomini di studio ed uomini del popolo; e questa unione della scienza e della carità è un caratteristico lineamento di quel tempo. Per quanto poi risguarda le sue prediche domenicali, diremo che Zuinglio, dopo aver esposta, se condo san Matteo, la vita del Signore, posesi a dichiarare gli Atti degli apostoli e dimostrò in qual modo vulgata fosse la dotr trina di Gesù Cristo. Passò poscia a sporre le regole della vita cristiana, fatto suo testo la Pistola di san Paolo a Timoteo, e per combattere gli errori di dottrina si fiancheggiò coli' altra ai Ga lati; e vi aggiunse l’altre due di san Pietro, per dimostrare ai dispregiatori di san Paolo che uno stesso spirito que' due apostoli animava. Terminò poi coll’Epistola agli Ebrei, al fine di esporre in tutta lavoro estensione i benefizii che procedono dal dono di Gesù Cristo, il supremo sacrificatore de' cristiani. Ma Zuinglio non intendevasi unicamente ad istruire l’età ma tura, ma ben anche i giovani, ne' petti de' quali s' ingegnava versare un fuoco sacro che li animasse. Un giorno dell’anno 1521, nel mentre stava tutto raccolto nello studio de' Padri della Chiesa, e ne apostava i passi più degni di nota, e li ordinava con diligenza in un grosso volume vide entrare nel suo studio un giovine, il cui aspetto piacquegli grandemente Era Enrico Bullinger, il quale, di ritorno dall’Alemagna, recavasi a visi tarlo, impaziente com' era di conoscere questo dottore della sua patria, il cui nome era già per tutta cristianità celebrato. Il bel giovane andava fisando gli occhi ora sul riformatore ed ora sui libri di lui, e parca mostrare vocazione ad imitarne l'esempio. Zuinglio lo accolse con quell’abbondanza di animo che rendevalo signore de' cuori; e questa prima visita fu di gran potere in tutta la vita dello studente tornato che fu ai dimestici suoi lari. Un altro giovane molto a Zuinglio si affezionò, e fu Geroldo Meyer d i Knonau. Sua madre, Anna Reinhardt, che più tardi ebbe sì gran parte nella vita di Zuinglio, era stata di un' esimia bellezza, e le sue virtù la rendevano degna ancora di estimazione. Ungio vine di una nobile famiglia, Giovanni 317 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Meyer di Knonau, allevato alla corte del vescovo di Costanza, di cui era parente, erasi d'Anna perdutamente innamorato; ma ella perteneva ad una fa miglia di semplici cittadini. « Volete voi lacerare e rovesciare la confederazione [16]?.. Si corre » contro i lupi che divorano le bestie delle nostre greggi, e non si » resiste punto a coloro che girano a noi dintorno per divorare i nostri uomini!.. Ah ! egli è adunque per questo ch' essi portano » cappelli e mantelli rossi; scuotete quelle vestimenta, e ne cadranno ducati e corone; ma fatevi a spremerle, e ne vedrete » uscire il sangue del vostro fratello, del padre vostro, del vostro figliuolo, del vostro migliore amico [17]... »Ma indarno Zuinglio fece udire l’energica sua voce; chè il cardinale dal cappel rosso riuscì nel suo intendimento; e duemila settecento Zurighesi partirono capitanati da Giorgio Berguer. Zuinglio addolorato ne rimase; ma la sua voce autorevole non fu spersa dai venti, e per un lungo tempo le bandiere di Zurigo, da quella volta in poi, non dovevano più spiegarsi per uscire dalle porte di quella città in aiuto di estere potenze. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Animi tui eandorem, simplicem et semplicitatem candidissimam, hac tua pusilla quidem epistola (Zw., Epp., p. 186). [2] Ila ipse in literis ms. (J. J. Hott., HI, 51 ). [3] Scripta tamen habeatur in fastis supernorum civium ! (Zw., Epp., 186.) [4] Ut mori pro Christo non usque adeo detrectem apud me (Ibid., p. 187). [5] Ut ursi tui feroeiusculi, audita Christi doctrina, mansuescere incipiant (Ibid.). — È già noto che Berna reca un orso nel suo stemma. [6] Donec Christum, cucullatis nugis longe a nobis exulem prò virili restituerim (Zw., Epp., p. 187). [7] Dum Lutherum semel legerint, ut putarent stubellam suam plenum esse damonibus (Zw., Epp., p. 137). [8] Clamatur hic per totam civitatem: Lutherum comburendum et ludi ma gistrum (Ibid., p. 153). 318 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [9] Non aliter me impelluntquam procella marina navem aliquamilb., 159). [10] Imo ne in mentem eum admilterem (Ibid:). [11] Si Christus non esset, jam olim defecissem (Zw., Epp., p. 160). [12] Ich hab by Im egli gross Buch gesehen Locorum communium, als ich by Ihm was A. 1521 dorinnen er Sententias und Dogmata Patrum flyssig Iedes an seinem ort verzeichnet (Bullinger, Ms.). [13] Lùget des Kindts grossvater zum fànster uss, und ersach das Kind in der Qscherbrànten (Kufe) so fràch (frisch) und fròlich sitzen.... (Archivi dei Meyer de Knonau, citati in una notizia intorno Anna Reinhardt. Erlangen, 1835, di Geroldo Meyer di Knonau). Deggio alla cortesia di questo mio amo revole parecchie ricerche intorno punti oscuri della vita di Zuinglio. [14] Die weil er egli Burger war urici segli Vater des Raths (Fridolino Rytfs Chronik). [15] Disse che M. di Lutrech e M. de 1' Escu havia ditto che '1 voleva che te recchie del Papa fusse la major parte restasse di la so persona (Gradenigo, ambass. ven. a Roma, Ms., 1523). [16] Sagt wie es egli fromine Eidlgnosschatft zertrennen und umbkebreu wùrde (Bullinger, Ms.). [17] Sie tragen billig rothe hùt und mantel, dan schùte man sie, so falleu Cronen und Duggaten heraus; winde man sie, so rùut deines Bruders, Vaters, Sohns, und guteu Freunds Blut heraus (ibid ). 319 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO UNDECIMO SOMMARIO. — La quaresima del 1522. — Zuinglio predica contro i precetti dell’uomo. — Bollore. — La verità cresce ne' combattimenti. — Deputati del vescovo di Costanza a Zurigo. — Portano le accuse loro dinanzi al clero, poi dinanzi al picciolo consiglio. — Pericolo. — Appello al gran consiglio. — Accusa del coadiutore. — Altercazione tra il coadiutore e Zuinglio. — Risposta di questo. — Decreto del gran consiglio. — Trionfo degli evangelici. — Accusa di Hoffman contro Zuinglio. Contraddetto Zuinglio nelle sue opinioni qual cittadino, con maggior zelo s' intese ad annunziare il Vangelo; e predicava con una sempre crescente energia. « Non mi ristarò mai (diceva) di affaticarmi per lo ristoramento dell’antica unità, della Chiesa di » Gesù Cristo [1]. »Cominciò quest' opera l’anno 1522, col dimostrare la differenza che passa tra i precetti del Vangelo e quelli degli uomini. Sorvenne la quaresima di quell’anno, e in quest' occasione alzò maggiormente la voce. Posti ch' ebbe i fondamenti del novello edifizio, posesi a sgombrare i rottami dell’antico. « Da quattro anni (diss' egli alla folla assembrata nella cattedrale) » voi avete con gran bramosìa accolta nell’animo la santa dottrina del Vangelo. Ardenti di carità e saziati dalla dolcezza della » manna celeste, vi riesce impossibile il trovar saporiti i tristi alimenti delle umane tradizioni [2]. »Poi, fattosi contraddittore del precetto di non mangiar carne in certi giorni e tempi dell' anno, gridò con la sua rigida eloquenza: « Sonovi certuni i quali » pretendono essere un male, anzi un gran peccato, il mangiar carne in certi giorni, sebbene Dio non ci abbia fatto questo divieto; e poi costoro non avvisano delitto il vendere allo straniero » l’umana carne, e il tracinarla a tal modo al macello [3]!.. »A queste audaci parole i favoreggiatori delle condotte militari, che trovaronsi presenti, fremettero d' ira e di sdegno, e giurarono di non sdimenticarsi una tale offesa. Nel mentre che Zuinglio con tanta forza a tal modo predicava, non ristavasi dal dire la messa, dall osservare le usanze stabilite dalla Chiesa e dall’astenersi dal mangiar carne ne' giorni proibiti dalla stessa. Era persuaso che bisognava incominciare dall' illuminare il popolo, e procedere a bell’agio; ma certi spiriti turbolenti non imitavano la sua saviezza. Rubli, riparatosi in Zurigo, lasciavasi troppo andare a sviamenti di un zelo trasmodante. L’antico curato di sant' Albano, un capitano bernese, ed un membro del gran consiglio, Corrado Huber, riunivansi spesso in casa di quest' ultimo per mangiar carne il venerdì e sabbato, e se ne gloriavano. La quistione del mangiare di magro tutte le menti preoccupava. Un Lucernese recatosi a Zurigo, avea detto ad un suo amico di questa città : « Voi altri, cari confederati di Zurigo, fate male a mangiar carne in tempo di quaresima; e il Zurighese gli avea risposto: « E voi, signori di Lucerna, vi prendete per altro la libertà di mangiarne nei giorni divie tati. »— Il Lucernese: « Ma noi ne abbiamo comprata dal Papa » la permissione; » e il Zurighese: « E noi dal beccaio.... Quando si tratti di spendere in questa faccenda, l’uno vale ben l’altro » certamente 320 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [4]. »Il consiglio avendo ricevuti richiami contro i trasgressori de' comandamenti della romana Chiesa, domandò il parere dei curati. Zuinglio rispose: che il mangiar carne tutti i giorni non era opera biasimevole in sè stessa; ma che dovevasi astenere dal farlo fino a tanto che l’autorità competente non avesse stanziato in proposito; e tutti gli altri membri aderirono ad una tale opinione. I nemici della verità profittarono di quella fortunata circo stanza. Essi andavano perdendo ogni influenza; Zuinglio trionfava, e conveniva loro affrettarsi a tentare un gran colpo. Gitta ronsi attorno al vescovo di Costanza, e gì' intronarono gli orecchi col dirgli: « Zuinglio è il distruttore, non il pastore del suo gregge [5]. » L'ambizioso Faber, il vecchio amico di Zuinglio, era tornato zelantissimo papista da Roma, dov' erasi recato; e dalle ispirazioni di quella città superba uscir dovevano le prime turbazioni dell’elvetiche contrade. Una lotta ricisa ivi insurgere dovea tra P evangelica verità ed i rappresentanti del pontefice romano; chè negli assalti che a lei si danno la verità si afforza principalmente. Fu sotto l’uggia della contraddizione e della persecuzione che il nascente cristianesimo acquistò quella lena che gli valse a trionfare di tutti i suoi avversari; e nell’epoca di questo rinascimento del quale scriviamo la storia, piacque a Dio condurre la sua verità per simigliami sentieri sparsi di triboli e di spine. I sacrificatori si alzarono allora, siccome al tempo degli apostoli, contro la novella dottrina; e senza queste contraddizioni, sarebbe si forse rimasa oscura e nascosa in alcune anime pie. Ma Dio vegliava per renderla a tutta la terra palese; l’opposizione le spalancò nuove porte, la sospinse in una carriera novella, e sopr' essa fissò gli occhi di tutta la nazione. Fu qual colpo di vento che semi reca di lontano, i quali altramente sarebbero forse rimasi oziosi nel luogo che li nascondeva. L’albero, che dovea ricoverare sotto l’ombra sua le elvetiche popolazioni, era saldamente piantato nel fondo delle loro valli; ma bufere erano necessarie per raffermarne le radici, per dispiegarne i rami. I partigiani del papato, avvisato il fuoco che si covava in Zurigo, vi si precipitarono sopra per ammortarlo, e in quella vece altro non fecero che attizzarlo ed estenderne le fiamme più di lungi. Il dì 7 aprile 1522, dopo il mezzogiorno, vidersi entrare in Zurigo tre ecclesiastici, deputati del vescovo di Costanza, due de' quali d' aspetto grave ed irritato, e il terzo parea negli atti più mansueto. Erano questi tre personaggi Melchiorre Battìi, coadiu tore del vescovo, il dottor Brendi, e Giovanni Vanner, predicatore della cattedrale, uomo evangelico, e che bocca non aperse durante tutta quella faccenda [6]. Faceva già notte quando Luti, corso da Zuinglio, gli disse: « Giunti sono ufficiali vescovili; un » gran colpo si prepara; tutti i partigiani delle antiche usanze si » vanno agitando; un notaio convoca tutti i preti per domani mattina di buon' ora, nella sala del capitolo. » 321 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Riunitasi in fatti il dì che venne tutta la chiericìa, il coadiutore si alzò e fece una diceria che da' suoi avversari fu trovata zeppa di violenza e di orgoglio [7]; affettò per altro di non pronunciare il nome di Zuinglio. Alcuni preti, ch' eransi da poco accostati all' evangelica dottrina, e fiacchi ancora, rimasero allibbiti; il loro pallore, il loro silenzio, i loro sospiri appalesavano il loro animo smagato [8]. Zuinglio si alzò, e fece un discorso che chiuse la bocca agli avversari. A Zurigo, e così negli altri cantoni, i più violenti nemici della Riforma tròvavansi nel picciolo consiglio; per la qual cosa, i deputati vescovili battuti nell’assemblea del clero, recarono i loro richiami dinanzi ai magistrati. Là Zuinglio noq era, ed essi per conseguenza non potevano temere replica niuna. L’effetto parve decisivo; e già passavasi a condannare Zuinglio, il difensore del Vangelo, senza ascoltarlo. Pericoli maggiori non corse mai nella Svizzera la Riforma; e fu lì lì per esservi spenta in culla. I consiglieri amici di Zuinglio invocarono allora la giu risdizione del gran consiglio, unica tavola di salvezza che rima nesse ancora; e Dio se ne valse per salvare la causa del Vangelo. I Due-Cento furono convocati; ed i papisti si affaccendarono assai per impedire che Zuinglio vi fosse ammesso. Questi dal canto suo si adoperò per comparirvi; batteva ad ogni porta, e moveva, in suo dire, ogni pietra [9]; ma indarno ! — « Questo è impossibile (di » cevano i borgomastri), chè il consiglio ha stanziato il contrario. » — « Allora (riferisce lo stesso Zuinglio) mi rassegnai, e con grandi » sospiri accomandai quel fatto a Colui che intende i gemiti degli » schiavi, supplicandolo di difendere egli stesso il suo Vangelo [10]. » La pazienza e la rassegnazione de' servi di Dio non hanno mai delusa la loro aspettazione. Il dì 9 aprile i Due-Cento si assembrarono; e gli amici della Riforma, che trovavansi in queU' assemblea, dissero: a Noi vo » gliamo aver qui i nostri pastori ! » Il picciolo consiglio recal citrava; ma il grande stanziò: che i pastori sarebbero presenti all’accusa, e che potrebbero anche rispondere se lo avvisassero conveniente. Furono introdotti i deputati di Costanza, poi i tre curati di Zurigo: Zuinglio, Engelhard ed il vecchio ROschli. Dopo essersi tra loro sguardati gli avversari posti gli uni a fronte degli altri, il coadiutore si alzò; e Zuinglio dice: « Se il » suo animo e la sua mente si fossero trovati al livello della sua voce, Apollo ed Orfeo passati avrebbe in dolcezza, e superati in forza i Demosteni ed i Gracchi. » « La costituzione civile (disse il campione del papato) e la » stessa Fede cristiana sono minacciate. Sono comparsi uomini » insegnatori di novelle dottrine, riprovevoli, sediziose. »Poi dopo una gran pesta di parole, con gli occhi fisi sul senato che sfavagli dinanzi, disse: « Rimanetevi con la Chiesa! rimanetevi » nella Chiesa ! Fuori del suo grembo niuno può salvarsi. Le sole » cerimonie possono condurre i semplici alla conoscenza della » salute [11]; e i pastori delle greggi nuli' altro hanno a fare se non » dichiararne al popolo la significanza. » Terminato ch' ebbe appena il suo discorso, il coadiutore si alzò, in atto di andarsene via co' suoi compagni; e Zuinglio 322 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto con vivacità rivoltosi ad essi, disse loro: « Signor coadiutore, e voi » che lo accompagnate, rimanetevi, ve ne priego, sino a tanto che io mi sia giustificato. » Il Coadiutore. Noi non siamo incumbenzati a disputare con chicchessia. » Zuinglio. Io voglio non già disputare, ma sibbene esporvi » senza timore ciò che ho sino ad ora insegnato. » Il Borgomastro Rust ai deputati di Costanza. Ascoltate, » vi priego, ciò che il curato vuol rispondere. » Il Coadiutore. So troppo benecon qual uomo avrei a fare. » Ulrico Zuinglio è uomo troppo violento per non potersi conlui disputare! » Zuinglio. Da quando in qua si assale con tanta forza un » innocente, e poi si ricusa di ascoltarlo? in nome della Fede che » ci è comune, in nome del battesimo che entrambi abbiamo » ricevuto, in nome di quel Gesù Cristo, autore della salute e » della vita, ascoltatemi [12]; e se fare nol potete quai deputati, » fatelo almeno quali cristiani. » Fatta appena una scarica all’aria, Roma a passi precipitati abbandonava il campo di battaglia. Il riformatore altro non domandava, se non di poter parlare, e i deputati vescovili non pensavano che a fuggire; e una causa trattata a tal modo era già guadagnata dall’una parte e perduta dall’altra. I Due-Cento appena potevano la loro indignazione infrenare, e già un sordo mormorio uscia del seno di quell’assemblea [13]; il borgomastro sollecitò di nuovo i deputati vescovili, i quali, vergognosi e sbi gottiti, tornarono ai loro posti. Zuinglio disse allora : « Il signor coadiutore parla di dottrine sediziose e sovverti » trici delle leggi civili. Sappia egli pertanto che Zurigo è più » quieto, più sottomesso alle leggi di tutte l’altre città degli » Elvezi; e questo fatto è da ogni buon cittadino attribuito all' » opera del Vangelo. Il cristianesimo non è egli forse il più pos » sente baluardo per servare incolume la giustizia tra il popolo [14]? » A che servono tutte le cerimonie ecclesiastiche? ad azziniare » in modo vergognoso, a imbellettare il volto di Gesù Cristo e de' » cristiani [15]. Sì che avvi un' altra via, senza ricorrere a queste » vane pratiche, di condurre i poveri di spirito alla conoscenza » della verità; ed è quella tenuta da Gesù Cristo e da' suoi » apostoli, voglio dire, il Vangelo stesso! Non temiamo che il » popolo non lo intenda! chè intende chiunque ha Fede. Il popolo » può credere, adunque può intendere; e questa è un' opera » dello Spirito divino e non dell'umana ragione*[16]. Nel rimanente, » colui, al quale non bastano quaranta giorni di digiuno, se » gli garba, digiuni anche tutto l’anno, chè questo poco m' im » porta ! Tutto ciò ch' io domando si è che niuno sia con precetti » costretto al digiuno, e che per una menoma osservanza negletta » non siano i Zurighesi accusati di separarsi dalla comunione » de' cristiani... » « Non ho detto questo ! » gridò il coadiutore. — « No (ripetè » il suo collega dottor Brendi), tanto non ha egli detto; » ma tutto il senato confermò l’affermazione di Zuinglio. « Eccellenti cittadini (continuò il riformatore), quest' accusa » non vi ponga 323 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto punto in affanno ! Il fondamento della Chiesa è » quella roccia, quel Cristo che ha dato a Pietro il suo nome » perchè questi con fedeltà lui confessava. In ogni nazione chiun » que crede di vero cuore nel Signor nostro Gesù, è fatto salvo; » ed è fuori di questa Chiesa che niuno può sperare l’eterna » salute [17]. Sporre il Vangelo e seguitarlo, ecco per noi. ministri » di Gesù Cristo, intero il nostro dovere. Coloro poi che traggono » il vitto dalle cerimonie, prendano essi la cura di dichiararle ! » Quest' era un porre il dito sulla piaga. Arrossì il coadiutore e muto si tenne. I Due-Cento si separarono; poi nel dì stesso stanziarono: che il Papa e i cardinali sarebbero invitati a dichiarare il punto controverso, e che frat tanto asterrebbesi dal mangiar carne durante la quaresima. Era un lasciar le cose sul piede in cui erano, e un rispondere al vescovo col cercare a guadagnar tempo. Questo combattimento avea spinta innanzi l’opera della Riforma. I campioni di Roma e quelli della evangelica dottrina eransi tro vati a fronte come sotto gli occhi di tutto il popolo; ed ai primi non era rimasala vittoria. Era questa la prima zuffa di una guerra ch' esser doveva lunga, dura, e passare per molte alternazioni di lutto e di letizia. Ma una prima vittoria al cominciare d' una lotta, basta a rendere animoso un esercito intero, ed a spaven tare il nemico. La Riforma erasi insignorita di un terreno che più cedere non doveva agli avversari; e se il gran consiglio estimavasi ancora obbligato a certi riguardi, il popolo altamente proclamava la sconfitta di Roma. Nel calore del momento andava dicendo: « Mai più potranno costoro riunire di bel nuovo le loro » truppe battute e sperperate [18]. »E a Zuinglio poi era detto: « Con lo spirito di san Paolo voi avete assaliti questi apostoli » bugiardi ed il loro Anania, queste pareti imbiancate.... I sa » telliti dell’Anticristo altro più non possono contro di voi se » non digrignare i denti ! » Voci venute dal fondo dell’Alemagna salutavano con letizia Zuinglio, qual gloria della rinascente teologia [19]. Ma nel tempo stesso i nemici del Vangelo riunivano le loro forze; nè v' era tempo da perdere, se incogliere pur volevano Zuinglio; conciossiachè il menomo immorarsi bastar potesse a re carlo lontano dai loro colpi. Hoffman consegnò al capitolo una lunga accusa contro il riformatore. « Quand anche (diceva) il » curato potesse con testimonii provare i peccati, i disordini » commessi dagli ecclesiastici nel tal convento, nella tale strada » e nella tale taverna, egli non dovrebbe alcuno nominare ! A » che dà egli ad intendere (vero è ch' io mai l’intesi dir questo ) » ch' egli è il solo che attinga la sua dottrina alla vera fonte. nel » mentre che gli altri vanno a pescarla nelle fogne e nei pantani [20] ? » Non è egli impossibile, in considerazione della diversità degl' » intelletti, l’udir tutti i predicatori predicare ad un modo ? » Zuinglio si giustificò in pieno capitolo, e sparse al vento le ac cuse del suo avversario, « qual toro furioso che con le corna sperde « la paglia [21]. »Una faccenda, che da principio fu creduta tanto grave, si terminò con risa alle spese del canonico accusatore. 324 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Ma Zuinglio là non si tenne; e il 16 di aprile pubblicò uno scritto intorno il libero uso degli alimenti [22]. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Ego veterem Christi Ecclesia unilatcm instaurare non desinam (Zw., Opp., IlI, p. 47). [2] Gustum non aliquis humanarum traditionum cibus vobis arridere polue rit (Ibid., I, p. 2). [3] Aber menschenfleisch verkaufen und ze Tod schlagen (Zw., Opp., Parte II, p. 801). [4] So haben wir's von dem Metzger erkaufft (Bullinger, Ms.). [5] Ovilis dominici populator esse, non custos aut pastor (Zw.. Opp., HI, p. '28). [6] Zw., Opp., Ili, p. 8. — J. J. Hottinger (III, 77), Ruchat (I, 134, ediz. seconda), ed altri, dicono che Faber era alla testa della deputazione. Zuinglio Domina i tre deputali, e di Faber non fa molto. Questi autori hanno certa mente confuse due cariche differenti della romana gerarchia, quella, cioè, di coadiutore e l’altra di vicario generale. [7] Erat tota oratio vehemens et stomachi superciliique piena (Zw., Opp., HI, p. 8). [8] Infirmos quosdam nuper Christo lucrifaetos sacerdotes offensos ea senti retn, ex lacitis palloribus ac suspiriis (limi. p. 9). [9] Frustra diu movi omnem lapidem (Zw., Opp., HI, p. 9). [10] Ibi ego quiescere ac suspiriis rem agere corpi apud eum quiaudit gemitum compeditorum (Ibid ). [11] Unicas esse per quas simpliees christiani ad agnilìonem salutw induce rentur (Zw., Opp., Ut, p. 10). 325 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [12] Ob communem fiderai, ob communem baptismum, ob Christum vita salu tisque auctorem (Ibid., p. 11). [13] Capit murmur audiri civium indignantium (Zw., Opp., IH, p. 11). [14] Imo Christianismum ad communem justitiam servandam esse potentissi mum (Ibid.). [15] Ceremonias haud quicquam aliud agere quam et Christo et eius fidelibus os ablinere (Ibid.). [16] Quidquid hic agitur divino fu affilila, non humano ratiocinio ! Ibid.). [17] Extra illam neminem salvati (Zw., Opp., Ili, p. 15). [18] Ut vulgo jactatum sit, nunquam ultra topias sarturos (Zw., Epp., 203). [19] Vale renascentis Theologia decus! (Lettera di Urbano Regio a Zuinglio. — Zw., Epp., p. 205.) [20] Die andern aber aus Rinnen und Pfùtzen (Simml. Samml. Wirz., I, 244). [21] Ut comu vehemens laurus aristas (Zw., Epp., p. 203). [22] De delectu et Ubero ciborum usu (Zw., Opp., I, p. 1). 326 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO DUODECIMO SOMMARIO. — Lutto e letizia in Alemagna. — Lettera anonima ed avviso intorno i pericoli di Zuinglio. — Ordine del vescovo. — Lettera del vescovo al capitolo di Zurigo. — Risposta di Zuinglio. — Archetele. — Il vescovo ricorre alla Dieta. — Decretoe rigore di quest* assemblea. — I monaci di Zurigo prendon baldanza. — Comparsa di Zuinglio. — Sua coraggiosa dichiarazione.— Le monache di Oetenbach. — Battaglia della Biccoca. — Desterità di Zuinglio a Svitto contro le condotte militari. Questa saldissima fermezza del riformatore era di gran conforto agli amatori della verità, e precipuamente ai cristiani evangelici dell’Alemagna, da sì lungo tempo privati del possente loro apostolo, prigioniero alla Wartburg, il primo che osato avesse al zare il capo nel seno della Chiesa. Già pastori e fedeli, fuggitivi in conseguenza del bando spietato di Carlo Quinto, ottenuto a Worms dai papisti, trovavano un asilo in Zurigo. Nesse, quel professore di Francoforte da Lutero visitato nel recarsi a Worms, scriveva a Zuinglio: « Oh! come tutto mi riconfortai nell’udire » con quale autorità voi annunziate Gesù Cristo ! Roborate co vostri conforti coloro, i quali dalla crudeltà di vescovi mal » vagi sono costretti a fuggir lungi dalle nostre chiese in lutto [1].» Ma non era unicamente nell’Alemagna che gli avversari della Riforma davansi a trame funeste contro i seguaci dell’evangelica dottrina; chè nella stessa città di Zurigo non lasciavano un' ora passare senza avvisare a qualche modo di liberarsi di Zuinglio [2]. Giunsegli un giorno una lettera anonima, ch' egli comunicò tosto a' suoi due vicari, e nella quale gli si diceva: « Da ogni banda vi si tendono agguati; un veleno mortale si è già » preparato per ispacciarvi Non istate a mangiare e a bere se » non in casa vostra; e il pane sia fatto dalla propria vostra fantesca. Le mura di Zurigo racchiudono uomini che di perdervi » vanno mulinando i modi; e l’oracolo che ciò m' ha rivelato è » più veritiero di quello di Delfo. Io sono uno de' vostri, e più » tardi mi conoscerete [3]. » Il dì che venne dopo il ricevimento di questa lettera misteriosa, e nel momento in cui Staheli era sul punto di entrare nella chiesa dell’Acqua, un cappellano lo soffermò e gli disse: « Affrettatevi ad abbandonare la casa di Zuinglio; una catastrofe » si prepara. [4]»Disperando i fanatici seidi di veder la Riforma soffermata nella sua marcia con opera di parole, eransi armati di pugnali. Quando nelle umane società stanno per compiersi le grandi rivoluzioni, dall’impuro fondo delle commosse popo lazioni sogliono sbucar fuori gli assassini; ma Dio fecesi scudo a Zuinglio. Nel mentre che questi uomini di sangue vedevano fallire le trame loro, i legittimi strumenti del papato tornavano all’opera intrala sciata. Il vescovo ed i suoi consiglieri risolsero di ricominciare la guerra; e da ogni parte ne giunsero gliavvisi a Zuinglio. Il Riformatore, affidatosi alla divina Parola, disse con nobile fierezza: « Tanto » io li temo, quanto una trarupata spiaggia teme l’onde minacciose.. .. — συν 327 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto τῶ Θεῳ— con Dio ! » aggiunse [5]. Il 2 maggio il vescovo di Costanza pubblicò un mandamento, nel quale, senza nominare nè Zurigo, nè Zuinglio, lamentava che uomini subdoli si facessero a rinnovare dottrine già condannate, e che dotti ed indotti si facessero a discussare in ogni luogo intorno i più tre mendi misteri. Il predicatore della cattedrale di Costanza, Giovanni Wanner, fu il primo ad essere assalito, e dire soleva: » « Preferisco l’essere cristiano abborrito da molti, anzichè abbandonar Cristo per procacciarmi mondane amicizie [6]. » Ma era in Zurigo che bisognava schiacciare il capo alla na scente eresia. Faber ed il vescovo Sapevano aver Zuinglio molti nemici nel capitolo de' canonici, e pensarono a trar partito da quell’odio. Verso la fine di maggio giunse a Zurigo una lettera del vescovo diretta al prevosto ed al suo capitolo. « Figliuoli della » Chiesa (diceva il prelato), coloro che Vogliono andare in per » dizione, vi vadano ! ma niuno sia mai di tanto potefe da strapparvi dal seno della Chiesa [7]. » Nel tempo stesso il vescovo sollecitava i canonici ad impedire i progressi di perverse dottrine, le quali partorivano sette perniciose, e ad operare in guisa che non fossero predicate nè discussate in pubblico nè in privato. Questa lettera fu letta nel capitolo, e tutti gli occhi si rivolsero a Zuinglio. Egli, avvisata benela significanza di quello sguardarlo, disse: « Voi pensate, lo veggo, che questa letterasia scritta per » me; abbiate la bontà di consegnarmela, e, aiutandomi Iddio, » le farò debita risposta. » Zuinglio rispose nel suo Archetele, voce che significa principio e fine, sendochè (diss' egli ) io speri che questa prima risposta » sia per essere anche l'ultima. »Vi parlava del vescovo con grandissimo rispetto, e tutte le contraddizioni che gli Venivano ascriveva alle soppiatte mene di alcuni suoi nemici. « E che mai » feci (diceva)? tutti gli uomini ho chiamato a riconoscere le » loro piaghe; sforzato mi sono di ricondurli al solo vero Dio e a » Gesù Cristo, suo figliuolo; io mi sono per ciò giovato, non di » sofistiche esortazioni, ma sibbene di semplici e vere parole, » tali in somma da poter essere intese dai figliuoli dell'Elvezia.» Passando poscia dalla difensiva all'offensiva, aggiunse con grande sagacità : « Giulio Cesare, vedutosi ferito mortalmente, si sforzò » di raccogliere gli orli della sua veste al fino di cadere con decenza. La caduta delle vostre cerimonie è vicina ! Adoperate al » meno in guisa ch' esse cadano convenevolmente, e che la luce i, sia ovunque prontamente alle tenebre surrogata [8]. » Tal fu il successo ottenuto dalla lettera del vescovo al capitolo di Zurigo, e vedute dare in nulla le amichevoli rimostranze, si pensò a colpi più decisivi. Fabere Landenberg volgono altrove il loro intendimento; alla Dieta, al consiglio dell’elvetica nazione, pensano finalmente a recare i loro richiami [9]. Ed eccovi giugnere deputati vescovili, e vi espongono: che il loro signore con un mandamento ha divietato a tutti i chierici della sua diocesi l’innovare in fatto di dottrina; che la sua autorità non è stata onorata, ma vilipesa; e 328 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto che per ciò egli invoca l’aiuto de' caporali della confederazione, affinchè possa ricondurre all’obbedienza i ribelli e difendere l’antica e vera Fede [10]. Dominavano in quell’assemblea i nemici della Riforma; e avea già prima fatto un decreto col quale divietava il predicare ad ogni ecclesiastico, « i discorsi de' quali (dicevasi ) recano tra il popolo la discordia. » Questo decreto della Dieta, la quale per la prima volta occupa vasi della Riforma, era rimasa senza effetto; ma in quell’ora volendo essa porsi in sul rigore, citò a sè dinanzi Urbano Weiss, pastore di Fislispach, presso Basilea, dalla pubblica voce accusato di predicare la novella Fede e di rigettare l’antica. Weiss fu libero lasciato per alcun tempo, per l’intercessione di molti e sotto malleverìa di cento fiorini che furono depositati da' suoi par rocchiani. La Dieta aveva preso un partito, e dato ne aveva prova con quest' atto di rigore, e tanto bastò a tornar animo ai monaci ed ai preti cattolici. Già sin dalla pubblicazione di quel primo decreto della Dieta eransi veduti più burbanzosi. Molti consiglieri solevano visitarvi mattina e sera i tre monisteri della città ed anche pranzarvi; e i monaci addottrinavano questi benevoli loro commensali, e li stigavano a far rendere dal magistrato un decreto in loro favore. « Se Zuinglio non vuole tacere (dicevano), » noi grideremo più forte ancora ! » La Dieta avea sposata la causa degli oppressori; e il consiglio di Zurigo non sapea che si fare. Finalmente con un editto del 7 di giugno proibì il predicare contro i monaci: ma appena fu risoluto, « nella sala del consiglio » alzossi d'improvviso un romore (dice la cronaca di Bullinger), in guisa che ciascuno si sguardò [11]. »La pace non fu fermata; e il combattimento che commettevasi dall’alto de' pergami facevasi viemaggiormente focoso. Il consiglio allora nominò una deputazione che fece comparire nella casa del prevosto i pastori di Zurigo, e i lettori e predicatori de' monisteri; e dopo un lungo dibattito, il borgomastro ingiunse alle due parti di astenersi dal predicar cose che turbar potesse la concordia. Zuinglio rispose: « A quest' » ordine io non posso accomodarmi. Voglio predicare il Vangelo » liberamente e senza veruna condizione, in conformità dell’editto » precedente. Io sono vescovo e pastore di Zurigo; a me fu la » cura dell’anime affidata; io ho prestato giuramento, io, non i » monaci; e ad essi tocca il cedere, non a me. Se essi predican » menzogne, io le contraddirò, e, se bisogna, sin nel pulpito del » loro monistero. Se predicherò una dottrina contraria al santo » Vangelo, oh ! allora sarò volontieri ripreso, non solo dal capitolo, ma ben anche dall’ultimo de' cittadini [12]; e per giunta » avrò caro di essere punito dal consiglio. »I monaci dissero dal canto loro: « Noi domandiamo che ci sia permesso di predicare la » dottrina di san Tommaso. »La commissione del consiglio, po stasi in deliberazione, finì per ordinare, che « lasciati da banda » Tommaso, Scoto e gli altri dottori, si predicasse unicamente » il santo Vangelo. » 329 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto A tal modo la verità trionfò un' altra volta; ma questo trionfo crebbe a dismisura la collera de' papisti. I canonici oltramontani lo sdegno loro non potevano infrenare; sguardavano con impudenza Zuinglio nel capitolo, e co' loro sguardi mostravano di chiederne la vita.[13] Queste minacce non valevano ad impedirlo dal correre la sua via. V'era un luogo in Zurigo, nel quale, per le mene de' Domenicani, la verità evangelica non era ancora penetrata: era il monastero delle suore d'Oetenbach. Le figliuole delle più spettabili famiglie vi prendevano il velo; e parve ingiusto che quelle poverette chiuse tra le mura del loro chiostro, fossero le sole a non intendere la Parola di Dio. Il gran consiglio adunque or dinò a Zuinglio di recarvisi; il riformatore salì su quel pulpito, abbandonato sino a quell’ora ai Domenicani; e vi predicò « in » torno la chiarità e la certezza della Parola di Dio [14]. »Pubblicò più tardi questo discorso, degno di gran considerazione, che non rimase senza frutto, e che irritò maggiormente i frati. Una circostanza sorvenne ad estendere quest' odio con versarlo in molti altri cuori. Gli Svizzeri, capitanati da Stegli e da Win kelried, patita avevano alla Bicocca una rotta sanguinosa. Eransi con impeto scagliati contro il nemico; ma l’artiglieria di Pescaire ed i lanzichenecchi di quel Freundsberg, che Lutero aveva in contrato alla porta della sala di Worms, avevano rovesciati e capi e bandiere, ed eransi vedute intere compagnie tutto ad un tempo cadere e sparire. Winkelried e Stein, e individui dei ca sati Mulinen, Diesbach, Bonstetten, Tschudi e Pfyffer erano rimasi sul campo di battaglia. Svitto avea sofferto più d' ogni altro cantone; e i sanguinenti avanzi di quell’orribile combattimento erano tornati nella Svizzera, recando ovunque il lutto sui loro passi. Un grido di dolore dall’Alpi al Jura aveva echeggiato, e dal Rodano sino al Reno. Niuno al pari di Zuinglio dal fiero caso rimase addolorato; e scrisse tosto al magistrato di Svitto per istornare que' cittadini dal servigio straniero: « I vostri antichi (scrivea con tutto il ca » lore di un animo elvetico), i vostri antichi hanno combattuti i » loro nemici per difendere la loro libertà; ma non hanno mai » posti a morte cristiani per guadagnar denaro. Queste guerre » straniere ci traggono addosso innumerevoli calamità. I flagelli » di Dio puniscono i nostri popoli confederati, e la elvetica libertà è vicina a soccombere tra le carezze interessate e gli odii » mortali de' principi stranieri [15]. » Zuinglio dava mano a Niccolò di Fitte e rianovellava le istanze di quel uomo di pace. Questa esortazione fu presentata ad un' assemblea popolare di Svitto, e vi fece tal’impressione che si stanziò di sospendere temporanea mente le condotte militari all’estero per venticinque anni a venire. Ma la fazione francese fece ben presto revocare una sì magnanima risoluzione; e da quell’ora Svitto divenne il cantone più avverso a Zuinglio ed all’opera sua. Le stosse sciagure tratte sul loro paese dai partigiani delle capitolazioni straniere non fa cevano che crescere F odio di questi 330 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto uomini contro l’animoso ministro che si sforzava di allontanare dalla sua patria tanti in fortunii e tanta vergogna. Formossi a tal modo nella confederazione una violente fazione che ognor più facevasi avversa a Zurigo ed a Zuinglio. Le costumanze della Chiesa e le prediche degli as soldatori davansi vicendevoli aiuti per resistere al soffio impetuoso che minacciava di sperderle tutte ad un tempo. Nello stesso mentre i nemici si andavano moltiplicando anche al di fuori; chè non solo il Papa, ma gli altri principi secolari giurarono odio implacabile e spieiato alla Riforma; conciossiachè questa si in tendesse a togliere ad essi le elvetiche allabarde, alle quali la loro ambizione ed il loro orgoglio dovevano già tanti trionfi. Rimaneva pertanto alla causa del Vangelo Dio e gli uomini migliori del po polo, e tanto bastava; e per giunta la divina Previdenza ivi traeva da diverse contrade uomini perseguitati per la loro Fede, ed alla santa opera valevano di aiuto. ________________________________________ NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Et ut iis, qui ob malorum episcoporum savitiam a nobis submoventur, prodesse velis (Zw., Epp., p. 208). [2] Nulla praterierat hora, in qua non fierent consullationes insidiosis sima; (Osw. Mie, Vila Zw ). [3] Etoijio pxp;j.axa luypà (Zw., Epp.. p. 199). [4] Eótetju, agnosces me postea (Ibid.). [5] Quosita metuo, ut littus altum fluctuum undas minacmm (Zw.. Epp., p. 203). [6] Malo esse Chrisliams cum multorum invidia, quam relinquere Christum proptcr mundanorum amieitiam (Zw., Epp., p. 200, del 22 maggio). [7] Nemo vos, filios Ecclesia, de Ecclesia tollat! (Zw., Opp., IlI, p. 35.) [8] in umbrarum locum, lux quam ocissime inducatur (Zw., Opp., IlI, 69). [9] Nam er egli anderen weg an die Hand, schike seine Boten.. .. etc. (Bullinger, Ms. ). 331 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [10] Und den wahren alten glauben erhallten (Ibid ). [11] Liessdie Rathstuben einen grossen Knall (Bullinger, Ms ). [12] Sondern von einem iedem Bùrger wyssen (Ibid.). [13] Oculos in me procacius torquent, ut cujus caput peti gauderent (Zv., Opp., IlI, 29). [14] De claritate e certitudine Verbi Dei (Ib., I, p. 66). [15] Egli gòllich Vermanung an die eersamen, etc. eidgnosen zu Schwyz (Zw., Opp., lI, Parte II, p. 206 ) . 332 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO TREDECIMO SOMMARIO. — Il francese Lambert a Zurigo. — Malinconia di Miconio. Sermone del commendatore Schmidt di Kiisnacht a Lucerna. — Il carnovale Berna. — I manrgiatori de' morti di Niccolò Manuel. — Il cranio di sant' Anna. La Riforma in Appenzello. — I Grigioni. — Vita abbandonata de' preti. Matrimonio di Zuinglio. — di — — » Il Cardinale D'Alto-Orgoglio, col cappello rosso allato del Papa. Se la sanguinente eredità dei morti a noi cara non fosse, avremmo noi mai sospinti a morte nel fiore degli anni tante » migliaia di soldati in sanguinosi combattimenti, stimolati con rigiri, infiammati dall’invidia [11]? Col sangue de' cristiani Roma » si è fatta opulente; ed è per questo che di colore sanguigno è il » cappello cardinalizio. I morti sono che hannomi procacciato tesori ed onori. » Il Vescovo Ventre di Lupo. Colius papale voglio vivere e » ultimamente morire. In grazia sua, vesto di seta e spendo alla » consolata; fola mia comparsa nelle battaglie, e vado a caccia a » mio talento. Se fossi vissuto ai tempi della primitiva Chiesa, » avrei dovuto vestirmi di rozzi panni a modo di un villano* [12]. » Noi eravamo pastori, ed ora siamo tanti re ! Ma co' pastori pretendo confondermi ancora » Una voce. Quando sarà?... » Il Vescovo. Quando sarà il tempo di tosare le pecore. Di » queste noi siamo pastori e lupi ad un tempo; esse devono nudrirci o cadere sotto i nostri colpi. Il Papa ai nostri curati di » vieta l’ammogliarsi: — Ottimo consiglio. — Ad un tal giogo » il prete più savio non saprebbe sommettersi. — Sta bene! » questo è ancor meglio. Lo scandalo che importa? giova anzi ad » accrescere la mia ricchezza, e posso tanto meglio vivere principescamente. Non dispregio però il più menomo guadagno. Un » prete col denaro alla mano può godere la femmina che più gli » piace. Mi dia quattro fiorini all’anno... ed io chiuderò ambo » gli occhi. Avrà figliuoli?., tanto meglio!., avrò occasione di » salassarlo di nuovo... Per queste faccende io soglio buscarmi » duemila fiorini annuali; e se i preti fossero virtuosi, non guadagnerei due soldi [13]. Al Papa ne sia reso onore!., io l'adoro » inginocchioni. Voglio vivere nella sua Fede, voglio difendere la » sua Chiesa; voglio che questo dio mi basti sino alla morte. » Il Papa. Il popolo finalmente crede che un prete ambizioso » possa a sua voglia i cieli serrare e disserrare. Predicate benei » decreti dell’Eletto del Conclave: chè a tal modo noi siamo re, » ed i laici tanti nostri schiavi. Ma se spiegasi per alcuni il vessillo del Vangelo, tutto sarà per noi perduto; conciossiachè in verun luogo dica che bisogni il sacrificio, che bisogni donare ai » preti. Perseguitare il Vangelo converrebbeci forse viver poveri e morire nella semplicità. A vece di que' briosi cavalli, pompa della mia opulenza, e a vece di que' cocchi magnifici che traggono la mia famiglia, un asinello porterebbe la mia santa Maesta [14]. No; saprò servare l’eredità trasmessami da' miei predecessori. 333 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Le mie folgori sperderanno ogni conato de' temerarii. » A noi basta il volerlo, e l’Universo è tutto nostro. Un dio adora » il popolo inginocchiato a me dinanzi. Salgo, schiacciandolo, sul » trono del mondo. Dono a' miei ogni cosa; e il laico profano deve » lungi fuggire dai nostri averi, dai nostri tributi, dai nostri tesori; tregoccie d' acqua santa saranno per lui gran ricchezza. » Non andremo più oltre in questa letterale versione del dramma di Manuel. L’ambascia del clero quando intende gli sforzi dei riformatori e la sua collera contro coloro che minacciano d' impedirgli tanti disordini, tutto questo è dipinto col più vivo colorito. Gli abbandonati costumi de' chierici di cui questo mistero offeriva una sì parlante immagine, erano troppo noti perchè ciascuno dovesse rimanere colpito dalla maravigliosa verità del quadro. Il popolo n' era tutto scosso, e all’uscire dallo spettacolo della strada della Croce si udiva un gran proverbiare. Ma non tutti ridevano, considerato quel fatto dal suo lato più grave; e questi più severi spettatori parlavano della libertà cristiana e del dispotismo del Papa; e ponevano al paragone la evangelica semplicità colle pompe romane. I dispregi del popolo contro il papato non tardarono ad irrompere; e nel mercoledì delle Ceneri le indulgenze furono recate in giro per tutta la città processionalmente con un satirico inneggiare. Un colpo mortale fu recato a tal modo all' antico edilizio del papato non solo in Berna, ma sibbene per tutta l’Elvezia. Alcun tempo dopo in Berna ebbe luogo un'altra commedia, nella quale niuna parte ebbe l’invenzione. Il clero, il consiglio, i cittadini erano affollati dinanzi alla Porta Superiore, e vi aspettavano il cranio di sant' Anna che il famoso cavaliere Alberto di Stegli era andata a cercare in Lione. Finalmente ecco giugnere Stein, recante avvolta in serico drappo la santa reliquia, dinanzi la quale il vescovo di Losanna avea chinate le ginocchia, mentre di là passava. Il cranio prezioso è portato processionalmente nella chiesa dei Domenicani; le campane suonano a doppio; entrasinella chiesa, e con grande solennità si pone il cranio della madre di Maria sopra l’altare che gli è consacrato dietro una magnifica inferriata. Ma a turbare tanta letizia, ecco sorgiugnere una lettera dell’abate del monastero di Lione, dove conserva vansi le reliquie della santa, nunciante che i monaci avevano venduto al cavaliere un cranio profano preso nel cimitero tra le ossa de' morti. Quest' inganno fatto all’illustre città di Berna ne indignò grandemente i cittadini. In altri luoghi della Svizzera la Riforma progrediva. Nel 1521 un giovine Appenzellese, Walter Klarer, tornò dall’università di Parigi nel suo cantone. Gli giunsero alle mani gli scritti di Lutero; e nel 1 522 predicò l’evangelica dottrina con tutto l’ardore di un giovine cristiano. Un albergatore, membro del consiglio appenzellese, per nome Rausberg, uomo pio ed opulente, aperse la sua casa a tutti gli amatori della verità. Un famoso capitano, Bartolommeo Berweger, che avea guerreggiato in pro de' pontefici Giulio II e Leone X, e ch' era allora tornato da Roma, diedesi tosto a perseguitare gli evangelici ministri. Un giorno però, 334 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto ricordandosi di aver in Roma veduto grandi misfatti, si pose a leggere la Bibbia e a seguitare i sermoni de' novelli predicanti; i suoi occhi si apersero, e finì per abbracciare il Vangelo. Scorgendo poi che la folla non poteva più capire nelle chiese, s' alzò egli a dire: « Si predichi ne' campi e sulle piazze pubbliche ! » E da quell’ora i monti di Appenzello risuonarono spesso della buona novella della salute. Questa dottrina, col risalire il Reno, giunse sin nell’antica Rezia. Un dì un forestiero che veniva di Zurigo, passò questo fiume, e si presentò alla casa di un sellaio di Flasch, primo villaggio de' Grigioni. Il sellaio, Cristiano Anhorn, ascoltò con maraviglia i discorsi del suo ospite, e tosto tutto il villaggio fecesi dattorno allo straniero, che chiamavasi Jacopo Burkli, onde pregarlo a predicare. Questi si pose dinanzi all’altare, e gente in armi, capitanata da Anhorn, lo circondò per difenderlo da un assalto impreveduto; ed egli vi annunziò il Vangelo. Corse dilontano la voce di questa predicazione; e la domenica che venne una folla immensa accorse ad udire Burkli. Una gran parte degli abitanti di quelle contrade domandarono ben presto la cena in conformità della instituzione di Gesù Cristo. Ma un giorno si udì d' improvviso suonare a stormo in Mayenfeld, e il popolo spaventato vi accorse. I preti gli posero dinanzi agli occhi il pericolo che minacciava la Chiesa; poi alla testa di quella folla riscaldata corrono a Flasch. Anhorn, che lavorava ne' suoi campi, maravigliato da quel suono di campane in ora inusitata, tornò in tutta ressa in casa sua, e Burkli appiattò entro una profonda fossa scavata nella sua cantina. Già la casa era circondata, già sforzate ne sono le porte, già il predicatore eretico è in ogni più riposto angolo cercato; ma indarno, e finalmente i persecutori abbandonano quel luogo [15]. La Parola di Dio si sparse per tutta la lega delle dieci giurisdizioni. Il curato di Mayenfeld, di ritorno da Roma, dove, furioso de' successi del Vangelo, erasi fuggito, sclamò: « Roma mi ha » reso evangelico ! » e divenne un zelante riformatore. Ben presto la Riforma si estese nella lega della casa di Dio; il perchè Salandronio ebbe a scrivere a Vadiano: « Oh! se tu vedessi in qual » modo gli abitanti delle montagne della Rezia gittano lungi da sè il giogo della babilonica cattività ! » Stomachevoli disordini andavano intanto affrettando il giorno in cui Zurigo ed i circostanti paesi dovevano spezzare interamente il loro giogo. Un maestro di scuola ammogliato, venuto in voglia di farsi prete, ne ottenne il consenso dalla moglie, e questi coniugi si separarono. Il nuovo curato, trovando impossibile in pratica il voto del celibato, per riguardo verso la donna sua, abbandonò il luogo di sua dimora, e, tramutatosi nel vescovado di Costanza, vi formò illeciti legami. Seppelo la relitta sua moglie, e accorse sopra luogo; e il povero prete, a pietà mosso di lei, licenziò la femmina che ne aveva i diritti usurpati, e si ricongiunse alla legittima sua compagna. Il procuratore fiscale ne fece richiamo alla curia vescovile; il vicario generale si agitò grande mente; i consiglieri del concistoro deliberarono.... e fu intimato al curato o di abbandonare la sua donna o il benefizio. La poveretta, tutta in lagrime, abbandonò la casa del marito, e la sua rivale vi rientrò trionfante. La 335 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Chiesa si dichiarò satisfatta, e da quell’ora lasciò in tutta pace l'adultero sacerdote [16]. Poco dopo un curato di Lucerna rapì una donna maritata e visse con essa. Il marito, recatosi a Lucerna, profittò dell’assenza del prete per riprendersi la donna sua. Furono entrambi incontrati dal curato seduttore, il quale si scagliò sul marito offeso, e lo ferì per maniera che il povero uomo si morì [17]. Tutti gli uomini pii avvisavano la necessità di restituire la legge di Dio, la quale dichiara il matrimonio onorevole a tutti [18]. I ministri evangelici avevano riconosciuto che la legge del celibato era di una origine tutta umana, emanata dai papi, e contraria alla Parola di Dio, la quale, nel descrivere il vero vescovo, lo rappresenta e ma rito e padre (1 a Timoteo, cap. Ili, vv. 2 e 4). Scorgevano ad un tempo che tra li tanti abusi ch' erano invalsi nella Chiesa, niuno aveva più di questo occasionato scandali e vizii maggiori. Pensavano adunque, non solo legittimo, ma doveroso innanzi a Dio, il rifuggire dal celibato; sicchè molti di loro si riposero nell' antica via degli apostolici tempi. Silottete erasi ammogliato, e Zuinglio ne seguitò l’esempio. Niuna donna viveva allora in maggiore estimazione in Zurigo di Anna Reinhardt, vedova, come si disse, di Meyer di Knonau, e madre di Geroldo. Sin dal primo giunger ivi di Zuinglio era stata la più assidua tra li suoi uditori; ella dimorava poco discosto dalla casa di lui, ed era Ulrico stato preso dalla modestia, dalla pietà, dalla tenerezza pe' suoi figliuoli di questa vedova. Il giovane Geroldo, ch' era divenuto qual figliuolo di adozione per Zuinglio, valse ad avvicinare maggior mente questo alla madre sua. [19] Le dure prove sostenute da questa donna cristiana, la quale più tardi doveva essere provata di nuovo e più crudelmente di quant' altre donne ricordateci dalla storia, le avevano conferita una gravità che dava più spicco alle sue evangeliche virtù Era allora in età di forse trentacinque anni, e la sua facoltà non valeva forse quattrocento fiorini. Fu questa la donna che Zuinglio pensò a fare la compagna della sua vita. Conosceva quanto v' era di sacro, di intimo nell’unione coniugale; e soleva chiamarla una santissima alleanza [20]. « in quella guisa (diceva egli) che Gesù Cristo è morto pe' suoi e ad essi ha dato tutto sè stesso, gli sposi devono tutto fare e tutto soffrire l'uno per l'altro. »Zuinglio però nel disposare ch' egli fece Anna Reinhardt, non pensò a render pubblica la sua unione, e fu fiacchezza certo da condannarsi in un uomo cotanto risoluto. Ma i lumi da lui e da' suoi amici acquistati intorno la quistione del celibato non erano universali, e moli' anime deboli potevano rimanerne scandalezzate. Temette, in sostanza, che i servigli per lui prestati alla Chiesa di Gesù Cristo potessero scapitare col render pubblico il suo matrimonio [21]; e sacrificò una parte della sua felicità a questi timori, rispettabili forse, ma dai quali avrebbe dovuto francarsi [22]*. ________________________________________ 336 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Kam egli Unger, gerader barfiìsser Mònch.... ritte auf einer Eselin (Fùsslin, Beytràge, IV, 39 ). [2] A tali Franciscano, Gallo, qua omnia mare superstilionum confluere faciunt, inaudita (Zw., Epp., 207). [3] Bruder, da irrest du (Fùsslin, Beytr., IV, p. 40). [4] Dass er beyde Hànde zusammen bob (Ibid.). [5] Quicquid faeio venenum est illis. Sed est in quem omnis spes mea recli nat (Zw., Epp., 192 ). [6] Wolt er keine pracht tryben mit lategli schwatzen, sondern gut teutsch reden (Bullinger, Ms ). [7] Absit a grege Christiana, ut caput lam lutulentum et peccatis plenum acceptans, Cristum abjiciat (Zw., Epp., 195). [8] Kegli kosten soli uns dauern dran ,Wo wir Mamch und Priester mcegen ha' n Und solll'es kosten bundert kronen... (Bern, Mauzol., IV. — Wirz., K. Gesch, I, 385.) [9] Je mehr, je besser I Ranieri doch noch zehn ! (Bern, Mausol., IV. —Wirz., K. Gesch., I, 383.) [10] L'alemanno adopera una parola più chiara, ma onesta meno, Pfaffen metxe. [11] Wenn mir nicht vrar' mit Todten wohl, So lteg nicht mancher Acker voli, eie. (Ibid. ) [12] Wenn cs stiind, wie im Anlang der Kilchen Ich triige vielleicht grobes Tuch und Zwilchen. (Ibid.) [13] Fortissime sono le parole alemanne: « So bin Ich auf gut Deutsch egli Hurenwirth, etc. (Bern, Mausol., IV. — Wirz., K. Gesch., I, 383). [14] Wir mòchten fast kaum egli Eselegli ba'n (Ibid.). [15] Anhorn, Wiedergeburt der Et). Kirchen in den3 Biindten. Chur, 1680. — Wirz, 1, 557. [16] Simml. Samml., VI. — Wirz., K. Gesch., I, 275. 337 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [17] llinc cum scorto redeuntem in itinere deprehendit, adgreditur, lethifero que. vulnere cadit et tandem moritur (Zw., Epp., p. 206). [18] Epistola agli Ebrei, cap. XIII, v. 4. [19] Anna Reinhardt, von Gerold Meyer von Knonau, pag. 25. [20] Egli hochheiliges Bùndniss (Ibid. ). [21] Qui veritus sis, te marito non tam feliciter usurum Cristum in negotio verbi sui(Zw., Epp., p. 333). [22] I biografi e gli storici più autorevoli, e tutti gli scrittori che li copiarono, pongono due anni dopo il matrimonio di Zuinglio, cioè, nell’aprile del 1524. Senza soffermarmi ad esporrete ragioni che mi convinsero essere questo un errore, mi stringerò ad accennare le più decisive autorità. Una lettera di Miconio, l’intimo amico di Zuinglio, scritta il 22 luglio 1522, dice: Vale cum uxore quam felicissime. Un' altra dello stesso, scritta verso la fine di quel!' anno stesso, reca pure il Vale cum uxore; e la materia stessa di queste let tere prova 1' esattezza di quella data. Ma ciò che più monta ancora, una let tera scritta da Bucer il dì 14 aprile 1524, da Strasburgo (il millesimo manca, 338 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto CAPITOLO QUATTORDICESIMO SOMMARIO. — Convocazione de' ministri evangelici ad Einsidlen. — Memoriale al ve scovo. — Il celibato. — Memoriale ai confederati. — Gli uomini d' Einsidlen si dividono. — Grebel e Hottinger citati. — Una scena in un monastero. — Miconio riceve i me moriali. — Loro effetto a Lucerna. — Il canonico Kilchmeyer. — Haller citato alla po desteria. — Hollard e Vannio a Friburgo. — Licenziamento di Miconio. — Ricorre a Dio. — Zuinglio lo consola. — Osvaldo lascia Lucerna. — Primo atto di rigore della Dieta. — Afflizione de' fratelli di Zuinglio. — Risposta e coraggio del riformatore. — L’avvenire. — Preghiera di Zuinglio. Intanto interessi di maggiore considerazione preoccupavano la mente degli amatori dell’evangelica verità. La Dieta, come di cemmo, stigata dai nemici della Riforma, aveva ingiunto ai pre dicatori evangelici di astenersi dal predicare dottrine che turbar potessero il popolo. Zuinglio si avvide che il momento di operare era giunto, e con quell’energia ch' era tutta sua propria, con vocò ad Einsidlen i ministri del Signore, seguaci del Vangelo. La forza de' cristiani non istà nella possa dell’armi, non nelle fiamme de' roghi, non nelle soppiatte mene delle fazioni, non nella protezione de' grandi della terra. Essa consiste in una pro ma è evidente che fu scritta nel 1524), contiene più passi che palesano es sere Zuinglio già ammogliato da tempo. Eccone alcuni, oltre l'altro citato nella nota precedente. « Professum palam te maritum legi. Unum hoc desi » derabam in te. — Qua; multo facilius quam CONNUBII TUI CONFESSIONE») » Antichristus posset ferre. — "Ayau.ov, ab eo, quod cum fratribus... episcopo » Constantiensi congressus est, nullus credidi. — Qua ratione id TAM DIU CELLARES.... non dubitarim, rationibus huc adductum, qua; apudvirum evan » gelicum non queant omnino repudiane ... etc. (Zw., Epp.,p. 335). Zuinglio adunque non si ammogliò nel 1524, ma in quest' anno fece conoscere il suo matrimonio, già due anni prima consumato. I dotti editori delle sue Lettere dicono i proposito: « Num forte jam Zwinglius Annam Reinhardam clan » destino in matrimonio habebattv (p. 210.) Questo fatto non panni dub bioso, ma di una verità istorica lu più compiuta. fessione semplice, ma unanime, ma coraggiosa, di quelle grandi verità, alle quali il mondo dev' essere un giorno sottomesso. Dio chiama precipuamente coloro che lo servono a tenere queste ce lesti dottrine fermamente innalzate in presenza di tutto il popolo, senza lasciarsi atterrire dai clamori degli avversari. Queste verità prendonsi esse medesime l’assunto di assicurare il loro trionfo; e dinanzi ad esse, siccome in antico dinanzi all'arca del Signore, gli idoli cadono al suolo. Venuto era il tempo in cui Dio voleva che la gran dottrina della salute fosse pur confessata nella Svizzera; e bisognava che lo stendardo evangelico fosse piantato su qualche altezza. La Provvidenza disponevasi a trarre da igno rati ritiri uomini umili, ma intrepidi, 339 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto per far ad essi rendere una luminosa testimonianza alla verità in faccia a tutta la nazione. Verso la fine di giugno e ne' primi di luglio 1522, scorgevansi pii ministri dirigersi alla celebre cappella di Einsidlen per un novello pellegrinaggio [1]. Da Art, cantone di Svitto, il curato Bal dassarre Trachsel; da Weiningen, presso Baden, il curato Stàheli; da Zugo, Werner Steiner; da Lucerna, il can. Kilchmeyer; da Uster, il curato Pfister; da Hongg, presso Zurigo, il curato Stumpf; da Zurigo, il can. Fabricio, il cappellano Schmidt, il predicatore dello spedale Grosmann, e Zuinglio. Leone Giuda, curato d' Einsidlen, accolse con gran letizia in queil’antica badia tutti questi ministri di Cristo; chè dopo il soggiorno ivi fatto da Zuinglio, quel luogo era divenuto rocca della verità, ed ostello de' giusti [2]. A tal modo dugentoquindici anni prima, eransi riuniti nella solitaria pianura del Grutli trentatrè animosi Elvetici riso luti di spezzare l’austriaco giogo. In Einsidlen si trattava di fran gere il giogo dell’umana autorità nelle cose di Dio; e Zuinglio propose d' indirizzare ai cantoni ed al vescovo un' incalzante ri mostranza, nell’intendimento di ottenere la libera predicazione del Vangelo, e nel tempo stesso l’abolizione del celibato voluto, fatto sorgente di si rei disordini. Tutti furono di questo consiglio e Zuiuglio lesse i memoriali che avea già preparati. Il primo Ietto fu quello diretto al vescovo; correva il 2 di luglio 1522, e tutti i sacerdoti evangelici più sopra nominati lo soscrissero. Una cor diale affezione riuniva nella Svizzera i predicanti il Vangelo; e molti altri uomini che non trovaronsi coi soscrittori in Einsidlen armonizzavano con questi. Tali erano Haller, Miconio, Edione, Capitone, Ecolampade, Sebastiano Meyer, Hoffmeister e Wanner. Quest' armonia è uno de' più bei pregi della Riforma svizzera; e vidersi nel fatto tutti questi uomini eccellenti operar sempre come fossero un sol uomo, e rimanere amici per tutta la loro vita. Gli uomini d' Einsidlen intendevano beneche la sola possanza della Fede poteva riunire in un sol corpo i membri della confederazione , divisi a motivo delle militari capitolazioni. Ma più in alto recavano i loro sguardi; e nel memoriale del 2 luglio al loro capo ecclesiastico dissero: « La celeste dottrina, quella verità » che Dio creatore volle palesata dal suo Figliuolo all’uman ge » nere demerso nel male, è stata un lungo tempo velata agli » occhi nostri dall’ignoranza, per non dire dalla malizia di al » cuni uomini. Ma questo Dio onnipossente ha risoluto di tornarla » al suo stato primitivo. Unitevi a coloro che domandano il » ritorno della moltitudine de' cristiani al loro capo, che è Gesù » Cristo...[4]. In quanto a noi, diremo di aver risoluto di promul » gare il suo Vangelo con infaticabile perseveranza e ad un tempo li con una saviezza tale da non dare a veruno occasione di la » mento [5]. Favorite voi questo imprendimento, maraviglioso, » ma non temerario. Siate, Mosè novello, sul cammino alla testa » del popolo uscente dell’Egitto, e rovesciate voi stesso gli osta » coli che si appongono alla marcia trionfante della verità. » Dopo un sì caldo appello, gli evangelizzanti riuniti ad Einsidlen passavano a toccare del celibato. Zuinglio nulla aveva a doman dare per sè; chè egli, aveva per moglie quella donna del ministro di Cristo descrittaci da san Paolo, grave, sobria, fedele in tutte cose (1 340 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto Timoteo, HI, 11). Ma pensava a' suoi fratelli, la coscienza de' quali non era ancora, al pari della sua, francata dalle leggi canoniche. Tardavagli troppo per altro verso il momento nel quale tutti i servi di Dio potrebbero vivere apertamente e senza timore nel seno della propria loro famiglia, col tenere i loro figliuoli (al dire dell’apostolo) nella sommessione ed in ogni ma niera di onestà. « Voi non ignorate (continuavano gli uomini » di Einsidlen) come sia stata lagrimevolmente violata dai chie » rici sino a questo dì. Quando nella consacrazione de' minis » tri del Signore, domandasi a colui che parla in nome di tutti: » Coloro che voi presentate sono essi giusti? — risponde: — » Sono giusti. — Sono essi saputi? — Sono saputi. Ma quando » gli si domanda: Sono essi casti? — risponde: Per quanto il » consente l’umana fragilità [6]. Ogni passo del Nuovo Testamento » condanna un illicito commercio con femmine; ogni passo, per » l’opposito, vi autorizza il matrimonio. »(E qui seguita un gran numero di citazioni.) « Egli è per ciò (continuano) che noi vi » supplichiamo per l’amore di Gesù Cristo, per la libertà ch' egli » ci ha acquistata, per la miseria di tante anime deboli e peri » colanti, per le piaghe di tante coscienze, per quanto v' ha di » divino e di umano... vi supplichiamo a permettere che quanto » fu fatto con temerità, sia annullato con saviezza; nella paura li che il maestoso edifìzio della Chiesa non crolli con fracasso, e » seco non tragga un' immensa rovina [7]. Considerate di quali » tempeste il mondo è minacciato ! Se la saviezza non s' intram » mette, l’ordine de' chierici può tenersi per ispacciato. » Il memoriale alla confederazione era più lungo [8]; e nel ter minarlo, gli alleati di Einsidlen parlavano ai confederati in questa forma: « Uomini eccellenti, noi siamo tutti Svizzeri, e voi siete » i nostri padri. Ilavvi tra noi di coloro che sonosi mostrati » fedeli nelle battaglie, nelle pestilenze ed in altre calamità. Egli » è in nome della vera castità che noi vi parliamo. E chi non » sa che noi potremmo appagare assai più i carnali appetiti, » col non sommetterci punto alle leggi di una legittima unione? » Ma è d' uopo por fine agli scandali che affliggono la Chiesa di » Gesù Cristo. Se la tirannia del romano pontefice si avviserà » di opprimerci, non vogliate porvene in affanno, o eroi ani » mosi! L'autorità della Parola di Dio, i diritti della libertà » cristiana e la sovrana potenza della grazia ci difendono e ven » gonci in aiuto [9]. Comune abbiamo la patria, comune la Fede; » noi siamo Svizzeri, e la virtù degl’illustri avi nostri ha sem » pre palesata la sua possanza con una invincibile difesa di co » loro che dall’iniquità erano oppressati. » A tal modo in quell’Einsidlen stesso, antico baluardo della superstizione, e che anche a' dì nostri è l’uno de' più famosi santuarii del culto romano, Zuinglio e i suoi amici con mano ardita alzavano lo stendardo del Vangelo e della libertà. Re cavano i loro richiami ai caporali dello Stato e della Chiesa, ed appendevano le loro tesi come Lutero, ma non alle porte del tempio, ma sibbene a quelle dei palagi del vescovo e dei consigli della nazione. Gli amici riuniti in Einsidlen separaronsi tranquilli, lieti e pieni di speranza in Dio al quale avevano la causa loro affidata; e passando gli uni 341 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto presso il campo di battaglia di Morgarten, gli altri al disopra della catena dell’Albis, etaluni ancora per altri monti, per altre valli, tornaronsi tutti al loro posto. « Era veramente un gran fatto per que' tempi » (dice Enrico Bullinger [10] ) che quegli uomini avessero a tal modo » osato di farsi innanzi, e che, ordinatisi attorno al Vangelo, » si fossero esposti ad ogni pericolo. Ma Dio li ha tutti difesi in » guisa che niun male gl’incolse; chè Dio difende i suoi servi » in ogni tempo. »E a ben guardare, fu quella un' opera mara vigliosa; era un gran passo fatto dalla Riforma, ed uno de' giorni più illustri della religiosa rigenerazione della Svizzera. Una santa confederazione erasi formata in Einsidlen; nella quale occasione uomini umili ed animosi brandita avevano la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio, ed imbracciato lo scudo della Fede. Il guanto era gittato, e fatta era la sfida, non più da un sol uomo, ma da parecchi di cantoni diversi, tutti pronti a dare la vita; bisognava aspettarsi la battaglia. Tutto annunziava che questa sarebbe ben aspra. Erano appena cinque giorni passati, quando il 7 di luglio il magistrato di Zurigo, a dar pure qualche satisfazione ai partigiani di Roma, citò a sè dinanzi Corrado Grebel e Clodio Hottinger, due di quegli uomini trasmodanti che vorrebbero passare i termini d' una savia Riforma, e il borgomastro Rust disse loro: « Noi vi fac » ciamo divieto espresso di parlar contro i monaci, e intorno i » punti controversi. »A queste parole, dice un antico cronista, si alzò nella sala un gran rumore. In quest' opera Dio si appa lesava in siffatta guisa che ovunque si volevano avvisar segni della sua intervenzione. Ciascuno con istupore si guardò dat torno, senza che si potesse riconoscere la cagione di questa misteriosa circostanza [11]. Ma ne' monasteri precipuamente l’indignazione era giunta al colmo e traboccava. Ogni riunione che vi si tenea o per discus sare o per passatempo, udia scoppiare qualche assalto contro la Riforma. Un giorno di solenne banchetto imbandito nel chiostro di Fraubrunn, tra i fumosi vapori del vino i convitati, già brilli, incominciarono un amaro proverbiare contro il Vangelo [12]. Ciò che più moveva ad ira que' preti e que' monaci, era questo precetto evangelico: che nella Chiesa cristiana non deve esservi un ordine sacerdotale che stia al disopra de' credenti. Un solo seguace della Riforma si trovò presente, e fu Macrino, semplice laico, e maestro di scuola a Solura. Da prima si cansò dall’en trare nella lizza, col passare da una tavola all’altra; ma da ultimo più patir non potendo le grida trasmodanti de' convitati, si alzò, e animosamente disse ad alta voce: « Si, tutti i veri » cristiani sono preti e sacrificatori, siccome dice san Pietro: » Voi siete sacrificatori e re. »A queste parole, l’uno de' più intrepidi susurroni, il decano di Burgdorff, uomo alto ed atante della persona e di una stentorea voce, esordendo con uno scroscio di risa, e mescolando la celia alle ingiurie, disse: « A tal modo » adunque voi altri greciuoli e sorci di scuola, siete reali sacrificatori?.... esimii sacrificatori veramente!.... Re accattoni, » preti senza prebenda e senza benefizii [13]. » 342 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto E tosto preti e mo naci caddero in un biasimo concorde verso il laico impudente. Frattanto Lucerna era il luogo in cui il passo fatto dagli uomini d' Einsidlen doveva occasionare la maggiore commozione. La Dieta era riunita in quella città, e riceveva da ogni parte richiami contro que' temerarii predicanti che pretendevano impedire all’Elvezia la vendita tranquilla agli strani del sangue de' suoi figliuoli. Il 22 luglio 1522, mentre Osvaldo Miconio pranzava in sua casa col canonico Kilchmeyer e molt' altri uomini ben disposti in favore della causa evangelica, un giovine mandato da Zuinglio si pre sentò [14], e pose nelle mani di Osvaldo i due famosi memoriali d' Einsidlen ed una lettera del riformatore, con la quale lo incumbenzava di vulgarle per la città. « Mio consiglio (aggiugneva » Ulrico ) è che ciò si faccia senza strepito, e poco a poco, anzi » chè tutto di un colpo; chè per amore di Cristo vuolsi saper tutto » abbandonare, e, se bisogna, anche la propria donna. » La crisi in Lucerna era a tal modo vicina; la bomba v' era dentro caduta, nè tardar poteva a scoppiare. I convitati inco minciarono a leggere i due memoriali. « Benedica Iddio a questo » cominciamento [15] » (sclamò Osvaldo riguardando il cielo); poi soggiunse: « Da questo momento costante occupazione delle no » stre menti dev' essere questa preghiera. »I memoriali furono ben presto vulgati, e forse con discrezione minore della racco mandata da Zuinglio. Ma unico era il momento. Undici uomini, ma fiore del clero, s' erano posti sulla breccia; era d' uopo illuminare le menti, render determinati gli irresoluti, e trarsi dietro i membri di maggior seguito nella Dieta. Osvaldo nell’intendersi a questa bisogna il suo amico non isdi menticava. Il messo mandato narrate avea le persecuzioni patite da Zuinglio dai monaci di Zurigo; il perchè Miconio gli scrisse il dì stesso: « Invincibile è la verità dello Spiritossanto; e tu, armato » con lo scudo delle sante Scritture, hai potuto trionfare non in » un solo combattimento, ma in due, ma in tre; ed il quarto ora » incomincia... Prendi quell’armi possenti, più dure del dia »mante ! Cristo, a protezione de' suoi servi, non ha bisogno che » della sua Parola. Le tue lotte inspirano un indomito coraggio a » tutti coloro che sonosi consacrati a Gesù Cristo [16]. » I due memoriali non produssero in Lucerna l’effetto che se ne era sperato; alcuni fedeli li approvarono, ma furono pochi; molti, nel timore di porsi in compromesso, non li volevano nè encomiare, nè biasimare [17]; altri dicevano: « Questi uomini non giungeranno » mai a condurre questa faccenda a buon fine ! » I preti e i frati ne mormoravano, pispigliavano, borbottavano tra' denti; il popolo poi infuriava e mostravasi avverso al Vangelo. Il furore batta glieresco s' era in Lucerna ridestato dopo la rotta sanguinosa della Bicocca; e la guerra tutte le menti ivi preoccupava [18]. Osvaldo che esaminava attentamente queste diverse impressioni, sentì allora il suo coraggio venir meno; e V avvenire evangelico ch' egli avea sperato per Lucerna e per la Svizzera parvegli svanito. « Il » nostro popolo è cieco nelle cose del cielo (diss' 343 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto egli sospirando » forte); e nulla v' ha a sperare dagli Svizzeri che torni a gloria » di Gesù Cristo [19]. » Ma, più che altrove, grande era l’indignazione nel consiglio e nella Dieta. Il Papa, la Francia, l'Inghilterra e l'Impero, agita vansi a vicenda d' intorno alla Svizzera, dopo la sconfitta della Bicocca e lo sgombramento dell’armi francesi dalla Lombardia, governate da Lautrec. Le politiche faccende non erano adunque nella Dieta di gran mole senza che sorvenissero quegli undici preti co' loro memoriali a far giunta alla derrata con le loro qui stioni religiose ? I deputati di Zurigo erano i soli inchinevoli alla Riforma. Il canonico Silottete, in paura della propria vita e di quella della donna sua (sendochè avesse disposata una donzella di una delle principali famiglie del paese), erasi, tutto in lagrime, ricusato di recarsi ad Einsidlen e di soscrivere i memoriali. Più coraggioso s' era mostrato il canonico Kilchmeyer; e per ciò tutto rimanevagli a temere. « Un processo mi minaccia (scriveva egli » a Zuinglio il 13 di agosto); ed io lo aspetto animosamente... » Nel mentre ch' egli scriveva queste parole, un messo del consi glio entrò nella sua stanza per citarlo a comparire il giorno dopo [20]; per la qual cosa, continuando la sua lettera disse: « Se sarò git » tato in ferri, io reclamo il tuo soccorso; ma sarà più facile il » trasportare una roccia delle nostre Alpi che di scostarmi di un » sol dito dalla parola di Gesù Cristo. »Ma i riguardi che si cre dette doversi usare alla sua famiglia, e la risoluzione presa di far cadere la punizione sopra Osvaldo, salvarono il canonico da quella furia. Bertoldo Haller, forse per non essere Svizzero, i due memo riali non aveva soscritti; ma, animoso com' era, sponeva al modo di Zuinglio il Vangelo di san Matteo. Una gran folla riempiva la cattedrale di Berna; ed ivi la Parola di Dio era sul popolo di maggior potere che i drammi di Manuel. Haller fu citato; e il popolo accompagnò quest' uomo mansueto sino al palagio del ma gistrato, poi si pose in aspettazione sulla piazza. Il consiglio era diviso d' opinioni; e gli uomini di maggior potere dicevano: « Questo giudizio è di competenza vescovile; e bisogna dar nelle » mani di monsignor vescovo di Losanna questo' predicatore. » Gli amici di Haller tremarono a siffatte parole, e fecergli assa pere di ritirarsi in tutta ressa. Il popolo lo circondò, lo accom pagnò; e un gran numero di cittadini armati si rimasero dinanzi alla sua casa, pronti a fare rocca de' loro corpi all’umile pastore. Il vescovo ed il consiglio indietreggiarono, impauriti da una sì energica dimostrazione, ed Haller campò da quella fortuna. Ma Haller non era in Berna il solo campione del Vangelo; e Seba stiano Meyer ivi si alzò animoso a contraddire alla lettera pasto rale del vescovo di Costanza, e precipuamente alla ridicolosa accusa: « che i discepoli del Vangelo insegnano una nuova dottrina, e che l’unica vera è l’antica. » — « Aver torto dopo mille » anni (diceva) non è aver ragione durante un' ora; altrimenti i » pagani avrebbero dovuto star saldi nelle loro credenze. Se le più » 344 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto antiche dottrine hannosi ad avere per buone, mille e cinque » cento anni sono più di soli cinquecento, e il Vangelo è molto » più antico dei papali decreti [21]. » In quell’epoca i magistrati di Friburgo intercettarono lettere indirizzate ad Haller ed a Meyer da un canonico di Friburgo, detto Giovanni Hollard, nativo di Orbe. Lo imprigionarono, lo spogliarono della sua dignità, de' suoi benefizii, e lo sbandeggiarono dal cantone. Surse ivi poscia Giovanni Vannio, cantore della cattedrale a confessare l’evangelica dottrina; chè in questa ma niera di guerra se cade un soldato, un altro ne prende tosto il luogo. Vannio diceva: « E in qual modo mai la limacciosa acqua » del Tebro potrebbe reggere al -paragone della limpid' onda da » Lutero attinta alla sorgente di san Paolo? » Ma anche al cantore fu chiusa per forza la bocca; sicchè Miconio ebbe a scrivere in proposito a Zuinglio: « in tutta la Svizzera forse non trovansi » uomini più mal disposti de' Friburghesi verso la santa dottrina [22]. » V era però un' eccezione da farsi a questa sentenza, ed era la città di Lucerna, fatto ch' era ben noto a Miconio. Egli non aveva soscritti i famosi memoriali; ma non importava; chè quello da lui non fatto erasi operato dagli amici di lui, ed una vittima si volea dai papisti. Le antiche lettere greco-latine per opera sua inco minciavano a rifiorire in Lucerna; e da molti luoghi ivi si accor rea ad ascoltare il dotto professore. Gli amatori poi della pace nella palestra di lui udivano con diletto un suono più dolce di quello delle labarde, delle spade e delle corazze, il solo che avesse echeggiato sino allora in quella città bellicosa. Osvaldo tutto aveva per la sua patria sacrificato; erasi separato da Zuin glio, avea lasciato Zurigo; avea perduta la sanità, infermiccia era pure la donna sua [23]; piccioletto era il suo figliuolo; e intanto se Lucerna lo licenziava, in niuna parte poteva sperare un asilo.. Ma queste considerazioni non importano alle fazioni sempre spie tate; e ciò che dovrebbe muoverle a compassione, non serve che a destarle a maggior ira. Hertenstein, borgomastro di Lucerna, vecchio e strenuo guerriero ch' erasi illustrato nelle guerre di Svevia e di Borgogna, con pervicacia sollecitava il commiato del maestro di scuola, e volea espellere dal cantone in uno col mae stro, il greco, il latino ed il Vangelo. Riuscì nel suo intendimento; e nell’uscire dalla conferenza del consiglio nella quale fu stan ziato il licenziamento di Miconio, incontrato Berguer, deputato zurighese, dissegli con ironia: « Noi vi rimandiamo il vostro » maestro di scuola; preparategli un buon alloggio. »Il corag gioso deputato rispose: « Certo che noi nol lascieremo dormire » all’aria aperta [24] ! » Ma Berguer prometteva più di quello che potesse attenere. La notizia data dal borgomastro era pur troppo vera; e fu ben presto significata allo sconsolato Miconio. Era licenziato ed espulso, e il solo delitto che siagli imputato è di essere discepolo di Lutero [25]. Guardasi dattorno, e in niun luogo sa vedere un rico vero; vede la sua moglie, il suo figliuolo e sè stesso, tre creature deboli e malaticce, respinte dalla loro patria e a sè d' intorno scorge la Svizzera 345 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto tutta quanta in tempesta che spezza e distrugge quanto le si para dinanzi. « Ecco (scriss' egli a Zuinglio) ecco il » povero Miconio espulso dal consiglio di Lucerna [26] Dove an » drò?... Io nol so... Assalito voi stesso da sì furibonde procelle, » in qual modo potreste voi ricoverarmi? Nelle mie tribulazioni » adunque supplico a Dio, a quel Dio, ch' è il primo in cui io » speri. Sempre ricco, sempre buono, egli non consente che » chiunque lo invoca si allontani dalla sua presenza senza essere » esaudito. Provegga egli adunque a' miei bisogni ! » A tal modo Osvaldo parlava; e la consolativa parola non fe cesi da lui tanto aspettare; chè nella Svizzera trovavasi un uomo già agguerrito ne' combattimenti della Fede. Zuinglio si accostò al suo amico, e ne rilevò l'animo affranto. « I colpi (gli rispose) » con cui si tenta di rovesciare la casa di Dio sono tanto fieri, e gli » assalti che le si danno tanto frequenti, che più non sono sol » tanto i venti e la pioggia che le fanno impeto sopra, siccome » lo ha predetto il Signore (MatteoVII, 27), ma la grandine e » le folgori [27]. Se non iscorgessi il Signore timoniere di questo na » vilio, già da lungo tempo ne avrei gittato nel profondo mare » il timone; ma io Io scorgo fra la tempesta renderne più saldo » il cordame, governarne i pennoni, tenderne le vele; che dico » io mai? veggolo comandare ai venti stessi... Non sarei io adun » que un vile, indegno del nome di uomo, se abbandonassi il » mio posto, per trovar poi nella fuga una morte ignominiosa? » Tutto mi affido alla sua bontà suprema. Ch' egli governi, tra » muti, si affretti, si sosti, precipiti, ritardi, spezzi, demerga, y ci piombi sin negli abissi,... noi di nulla paventiamo [28]. Vasi » noi siamo di sua proprietà, e può servirsene come gli piace, » tanto ad onore quanto ad ignominia. »Dopo queste parole, piene di una sì viva Fede, Zuinglio continua: « Per quanto a te » risguarda, eccoti il mio parere. Presentati al consiglio, e pronunciavi un discorso degno di Gesù Cristo e di te, voglio dire, » accomodato a commuovere, non ad irritare. Nega di essere di » scepolo di Lutero, e dichiara che sei discepolo di Gesù Cristo. » Ti facciano corona i tuoi allievi e parlino in tuo pro; e se tutto » questo non giova, vieni al tuo amico, vieni fra le braccia di » Zuinglio, e la città nostra riguarda qual casa tua. » Osvaldo, afforzato da queste parole, seguitò il nobile consiglio del riformatore; ma ogni sforzo tornò indarno. Il testimonio della verità doveva la sua patria abbandonare; e i Lucernesi lo screditavano in siffatta guisa, che ovunque trovava i magistrati sì mal disposti, da vietare che dato gli fosse un asilo. « Altro più non mi rimane » che l’andar mendicando di porta in porta un tozzo di pane per » campare la misera mia vita [29], » sclamò il confessore di Gesù. Cristo, attrito il cuore da tanta inimicizia. L'amico di Zuinglio, il suo più valido appoggio, il primo uomo che avesse nella Svizzera congiunto l’insegnamento delle buone lettere all’amore del Vangelo, il riformatore di Lucerna, e più tardi l’uno de' capi dell’elvetica Chiesa, fu tosto costretto ad abbandonare, in uno con la debole sua sposa ed il suo fanciulletto, quell’ingrata città, nella quale di tutta la sua famiglia una sola delle sue sorelle aveva abbracciata l’evangelica dottrina. Passò quei ponti vetusti; sa lutò que' monti, 346 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto i quali dal lago dei Waldstetten sembrano solle varsi sino alla regione delle nubi. I canonici Silottete e Kilch meyer, i soli amici che la Riforma contasse ancora tra' suoi concit tadini, gli tennero poscia dietro. Nel momento in cui quell' infelice, in compagnia di due deboli creature, la cui esistenza di pendeva da lui, volgendo gli occhi al natio suo lago e lagrime versando su la cieca sua patria, diede V ultimo vale a quella su blime natura, la cui maestà avea la sua culla circondata, il Van gelo stesso uscì di Lucerna, e Roma ivi domina ancora. Ben presto la Dieta stessa riunita a Baden, mossa dai rigori usati contro Miconio, irritata dai memoriali d' Einsidlen, i quali pubblicati con le stampe facevano ovunque gran sensazione, e sollecitata dal vescovo di Costanza che le chiede va la punizione dei novatori, gittossi nella via delle persecuzioni. Ordinò quindi alle autorità delle podesterie comuni di denunziarle tutti i preti, tutti i laici che parlassero contro la Fede; fece sostenere, nell’impa zienza sua, l’evangelizzante che trovossi più sotto la mano, Urbano Weiss, pastore di Fislispach, ch' era stato libero lasciato sotto malleveria, e fecelo condurre a Costanza, dove fu dato nelle mani del vescovo che lo tenne un lungo tempo in prigione. « A tal » modo (dice la cronica di Bullinger) cominciarono le persecuzioni dei confederati contro il Vangelo; e ciò accadde ad insti— » gazione del clero, il quale in tutti i tempi ha condotto Gesù » Cristo da Erode a Pilato ..[30] » Zuinglio cansar non potevasi dalla dura prova; e i colpi più acerbi al suo cuore gli convenne sostenere. Il romore delle sue dottrine e de' suoi combattimenti avea passato il Sentis, era pe netrato nel Tockenburgo ed avea aggiunte le alture di Wildhaus. La famiglia di pastori da cui era uscito il riformatore, n' era stata commossa. Di cinque fratelli di Zuinglio, alcuni erano sempre rimasi intenti ai tranquilli lavori delle montagne, nel mentre che gli altri, con inestimabile dispiacere del loro fratello, avean prese talvolta le armi, abbandonate le loro greggi, e serviti principi stranieri. Gli uni e gli altri erano afflitti dalle novelle che la fama recava sin nei loro montani capannelli; e già pareva loro di ve dere Ulrico catturato, tratto forse a Costanza, ed ivi alzarglisi un rogo in quel luogo stesso dove fu bruciato Giovanni Huss. Questi al teri pastori patir non potevano d' esser chiamati i fratelli di un eretico; e gli scrissero una lettera per dargli a conoscere il loro af fanno ed i loro timori. Zuinglio rispose loro: « Finchè Dio me lo » consentirà, continuerò senza intermissione il lavoro ch' egli mi » ha affidato, senza temere il mondo e tutti isuoi tiranni superbi. y, So quanto può accadermi; nè v' ha pericolo nè sciagura ch' io » non abbia da lungo tempo con gran cura ponderato. Le mie » forze sono lo stesso nulla, e conosco la possa de' miei nemici; » ma so del pari di poter tutto in Gesù Cristo che mi fiancheggia. » Quand' anche io mi tacessi, un altro sarebbe costretto a far l’o » pera che Dio ora conduce per mezzo mio, ed io ne sarei pu ') nito da Dio. Miei cari fratelli, rifatevi sicuri, ed ogni timore » allontanate da voi; e se pur temo è per essere stato più umano, » più trattabile di quello che il secolo comporti [31]. Qual vergogna, » (dite 347 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto voi) ricadrà sulla nostra famiglia se tu sarai bruciato o » posto a morte in altra guisa [32] ! Carissimi fratelli, dal sangue di » Gesù Cristo il Vangelo fu reso di tempra sì maravigliosa che le » più violenti persecuzioni, lungi dal soffermarne la marcia, non » fanno che affrettarla. Veri militi di Gesù Cristo sono coloro che » non temono di portare ne' loro corpi le piaghe del loro Signore. » Tutte le mie fatiche non hanno altro intendimento se non quello » di far conoscere agli uomini i tesori di beatitudine acquistatici » da Gesù Cristo, affinchè tutti cerchino un rifugio nel Padre per » la morte del suo Figliuolo. Sequesta dottrina vi offende, la vostra » collera non varrà punto ad arrestarmi. Voi siete miei fratelli, » sì, miei proprifratelli, i figliuoli del padre mio, tutti portati » dal ventre stesso;. .. ma se voi non mi foste fratelli in Cristo » e nell’opera della Fede, allora il mio dolore sarebbe si grande » da non poter essere maggiore. Addio. — Non cesserò mai d'es » ser vostro vero fratello se voi pure non cesserete mai d' esser » fratelli di Gesù Cristo [33]. » I confederati parevano alzarsi, quasi fossero un individuo, contro il Vangelo; ed i memoriali di Einsidlen gliene aveano dato il segnale. Zuinglio, commosso dalla sciagura del suo diletto Mi conio, non iscorgeva nell’infortunio di lui se non il cominciamento di future calamità. Nemici in Zurigo, nemici al di fuori; i parenti medesimi avversi; furiosa opposizione di monaci, di preti; vio lenti risoluzioni nella Dieta e ne' consigli; assalti villani, sangui nosi fors' anco dal lato de' favoreggiatori del servigio straniero; le più alte vallate della Svizzera, culla della confederazione, vo mitanti falangi d' invincibili soldati, per salvar Roma e per an nientare col prezzo della propria vita la rinascente Fede de' figliuoli della Riforma, ecco quanto travedeva da lontano e fre mendo, l’acuto prevedere del riformatore. Quale avvenire ! l’opera appena incominciata non parea forse in sul punto di essere spersa? Zuinglio, pensoso e sollecito, es poneva allora al suo Dio tutte le sue angoscie: « O Gesù (die' egli), » tu vedi in qual modo uomini iniqui e bestemmiatori stordiscono » il tuo popolo coi loro clamori [34]. Tu sai che sin dalla mia infanzia rifuggii dalle disputazioni, dai litigii; e frattanto, a mal mio » grado, non hai cessato di sospingermi al combattimento » Egli è per questo che a tutta fidanza io ti chiamo in mio aiuto, » supplicandoti a compier l'opera che tu hai incominciata. Se in » alcun che ho male edificato, abbatti tal’opera mia con la pos » sente tua mano; se accanto al tuo posi pure qualche altro fon » damento, il terribile tuo braccio lo distrugga [35]. O vite soavis » sima coltivata dal Padre, e della quale noi siamo i sarmenti, » le tue propaggini non abbandonare [36] ! Chè tu hai promesso » d' essere con noi sino alla consumazione de' secoli. » Fu nel giorno 22 di agosto del 1522 che Ulrico Zuinglio, riformatore della Svizzera, disfogava a tal modo dinanzi a Dio le tri bolazioni e le speranze dell’anima sua, mentre scorgeva scen dere dai monti nubi gravide di procelle e minacciami la debile navicella della Fede. ________________________________________ 348 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto NOTE A PIÈ DI PAGINA [1] Thaten sich zusammen etliche priester (Bullinger, Ms. ). [2] Zu Einsidlen haten sie alle Sicherheit dahin zu gehen und dort zu wohnen (J. J. Hottinger, Helv. K. Gesch., IlI, 86). [3] Und wurden eins an den Bischoff zu Constanz und gmegli Eidtgnossea egli supplicatimi zu stellen (Bullinger, Ms. ). [4] Ut universa Christianorum multitudo ad caput suum, quod Christus est, redeat (Supplicatio quorumdam apud Helvetios Evangelistarum. Zw., Opp., HI, 18). [5] Evangelium irremisso tenore promulgare statuimus... (Ibid.). [6] Suntne casti} reddidit: Quatenus humana imbecillitas permiuit (Supplicano quorumdam apud Helvetios Evangelistarum. Zw., Opp., HI, p. 48 ). [7] Ne quando molesista non ex patris ccelestis sententia construcia, cum fragore longe perniciosiore corrual (Ibid., 24 ). [8] Amica et pia paranesis ad communem Helvetiorum civitatem scripta, ne evangelica doctrina cursum impediant, etc. (Zw., Opp., 39). [9] Divini enim Verbi auctoritatem, libertatis christiana et divina gratia; praesidium nobis adesse conspicietis (Zw., Opp., I, p. 63 ). [10] Es wass zwahren gros zu denen Zyten. ... (Bullinger, Ms. ) . [11] Da liess die Stube einen grossen Knall (Fùsslin, Beytr., IV, 39 ). [12] Cum invalescente Baccho disputationes imo verius jurgia (Zw., Epp., 230 ). [13] Estote ergo traculiac Donatista regale sacerdotium... (Ibid.). [14] Venti puer, quem misisti, inter prandendum.... (Ibid., p. 209). [15] Deus capta fortunet! (Zw., Epp., p. 209.) [16] Ispermaneas, qui es, in Christo Jesu.... (Ibid., p. 210.) 349 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [17] Boni, qui pauci sunt, commendant libellos vestros; alti non laudant nec viiuperant (Ibid). [18] Belli furor occupat omnia (Zw., Epp., p. 210). [19] Nihil ob id apud Helvetios agendum de iis rebus qua Christi gloriam possimi augere (Ibid. ). [20] Tu vero audi. Bac durn scriberem, irruit proeco, a Senatoribus missus... (Ibid., p. 213). [21] Simml. Samml., VI. [22] Hoc audio vix alios esse per Helvetiam, qui pejus velini sanai doctrince (Zw., Epp., p. 226). [23] Conjux infirma (Ibid.,'p. 192). [24] Veniat ! efficiemus enim ne dormiendum sii et sub dio (Zw., Epp., p. 216). [25] Nil exprobarunt nisi guod sim Lutheranus, (Ibid., p. 214). [26] Expellitur ecce miser Myconius a Senatu Lucernario (Ibid., p. 215 ). [27] Nec ventos esse, nec imbres, sed grandines et fulmina (Z.,Epp., 217). [28] Regat, vchat, festinet, maneaX, acceleret, moretur, mergat ! (Ibid.) [29] Ostiatim qwerere quod edam (Ibid., p. 245). [30] Uss anstiCfen der geisllichen, Die zu alien Zyten, Chrislum Pilato und Herodi viìrstellen (Ms. ). [31] Plus enim metuo ne forte lenis, rnitiorque fuerim (De semper casta vir gine Maria. Zw., Opp., I, p. 104 ). [32] Si vel igni, vel alio quodam supplica genere tollaris e medio (Tbid.). [33] Frater vester germanus nunquam desinam, si modo vos fratres Christi esse perrexeritis (Ibid., p. 107). [34] Vides enim, piissime Jesu, aures eorum septas esse nequissimis susur ronibus, sycophantis, lucrionibus.... (Zw., Opp., IlI, 74). 350 Storia della Riforma del Secolo Decimosesto [35] Si fundamentum aliudprater te jecero, demoliaris ! (lbid. ) [36] O suavissima vitis, cujus vinitor pater, palmites vere nos sumus, stationem tuam ne deseras ! Ibid.) FINE DEL VOLUME SECONDO— 351