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Supplementa Italica,26_Caelia.pdf

2012, Supplementa Italica, 26

Il contributo propone lo studio sistematico della documentazione epigrafica riferita al centro di Caelia (attuale Ceglie del Campo, frazione di Bari), finalizzato alla ricostruzione della articolata vicenda insediativa di questo importante municipium della regio secunda Apulia et Calabria, già importante e ampio insediamento indigeno in età peucezia e successivamente civitas sociorum fino al bellum sociale. Considerando e opportunamente valorizzando la documentazione disponibile sull’intero comparto individuato dal Caelinus ager – fonti letterarie e itinerarie, evidenze archeologiche, cultura materiale –, secondo un ampio excursus cronologico che, al fine di offrire un quadro completo e coerente, risale tuttavia al periodo protostorico e si svolge fino alle soglie del Medioevo, l’attenta analisi dei documenti epigrafici latini presentati, sia noti sia inediti, è condotta mediante puntuale approfondimento dei singoli titoli, sorretto da analisi autoptica paleografica e storico-monumentale – ove possibile –, studio prosopografico e onomastico, esame socio-economico. Il lavoro di approccio ‘globale’ alla documentazione epigrafica così espresso ha consentito altresì di disegnare un quadro storico-archeologico dai contorni meno sfumati e più coerenti – rispetto alle ricostruzioni finora note –, entro il quale si articolano e trovano consistenza la vicenda politico-istituzionale e socio-economica, il rapporto con il vicino municipium di Barium, nonché l’assetto delle proprietà e la gestione del territorio che accompagnano lo sviluppo di un settore di primaria importanza del comprensorio centrale della Puglia adriatica in età antica.

tr a es tto Unione AccAdemicA nAzionAle SVPPlemenTA iTAlicA nuova serie 26 RomA 2012 edizioni Quasar tr a es tto Direttore della Collana Silvio Panciera Comitato scientifico Angela donati (Bologna), Gian luca Gregori (Roma), maria letizia lazzarini (Roma), Attilio mastino (Sassari), Giovanni mennella (Genova), Gianfranco Paci (macerata), Giovanna Sotgiu (cagliari), claudio zaccaria (Trieste) I contributi sono stati sottoposti a peer review Tutti i diritti riservati edizioni Quasar di Severino Tognon s.r.l. via Ajaccio 41-43 - 00198 Roma tel. 0685358444 - fax 0685833591 iSSn 0394-4824 iSBn 978-88-7140-484-4 tr a es tto Regio ii ◆ APVliA eT cAlABRiA cAeliA (ceglie del cAmpo - i.G.m. F. 177 ii Se). a cura di custode silvio fioRiello e AnnA mAngiAtoRdi A - RAccolte che si AggioRnAno cil, iX (1883), p. 30 nrr. 275-281; p. 31 nr. 285; p. 658 nr. 6179; eph. ep., Viii (1899), p. 15 nr. 71. B - BiBliogRAfiA essenziAle – Agresti 1988 = G. Agresti, dal villaggio alla città. caelia. Rione Sant’Angelo, in Archeologia 1988, pp. 340-348. – Agresti 1998 = G. Agresti, KAiliA-cAeliAe: note storiche. la fase romana; Storia dei principali rinvenimenti, in ceglie 1998, pp. 20-24; 31-43. + Archeologia 1988 = G. Andreassi, F. Radina (a cura di), Archeologia di una città. Bari dalle origini al X secolo. catalogo della mostra (Bari, complesso di Santa Scolastica, 6 marzo-23 dicembre 1988), Bari 1988. + Baldassarre 1966 = i. Baldassarre, Bari antica. Ricerche di storia e di topografia, Bari 1966. + Blümner 1911 = H. Blümner, Führer durch die archäologische Sammlung der Universität zürich, zürich 1911. – Busto 1992 = A. Busto, cassano murge (Bari), Palazzo miani-Perotti, in Taras, Xii, 2, 1992, pp. 268-270. – cassano 1989 = R. cassano, dalla lega peucezia al municipio romano. Società e cultura figurativa, in Storia 1989, pp. 131-164, 172-175. – cassano 2010 = R. cassano, Archeologia della Puglia centrale in età romana. Stato degli studi e prospettive di ricerca; culti e culture, in Puglia 2010, pp. 367-376; 429-436. tr a es tto 28 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi + ceglie 1982 = AA.VV., ceglie Peuceta i, Bari 1982. + ceglie 1998 = A. ciaula (a cura di), KAilinon - KAiliA - cAeliA. cegliecarbonara nella documentazione storico-archeologica (1983-1992), modugno 1998. – ceraudo 2008 = G. ceraudo, Via Gellia: una strada ‘fantasma’ in Puglia centrale, in Studi di Antichità, 12, 2008, pp. 187-203. – chatr Aryamontri 2001 = d. chatr Aryamontri, insediamenti, vie di comunicazione e circolazione monetaria in Peucezia, in Annali dell’istituto italiano di numismatica, XlViii, 2001, pp. 13-72. + chelotti, morizio, Silvestrini 1988 = m. chelotti, V. morizio, m. Silvestrini, la documentazione epigrafica, in Archeologia 1988, pp. 439-456. + chelotti 1991 = m. chelotti, Regio ii Apulia et calabria. Barium, in Supplementa italica, 8, Roma 1991, pp. 25-44. – chelotti 2007 = m. chelotti, la proprietà imperiale nella Apulia et calabria, in d. Pupillo (a cura di), le proprietà imperiali nell’italia romana. economia, produzione, amministrazione. Atti del convegno (Ferrara-Voghera, 3-4 giugno 2005), Firenze 2007, pp. 169-194. – ciancio, Riccardi 2005 = A. ciancio, A. Riccardi, i siti della Peucezia, in Gioia 2005, pp. 57-85. + corcia 1843-1847 = n. corcia, Storia delle due Sicilie dall’antichità più remota al 1789. i-iii, napoli 1843-1847. – de Juliis 1988 = e. m. de Juliis, Gli iapigi. Storia e civiltà della Puglia preromana, milano 1988. – de Petra 1884 = G. de Petra, Ripostiglio di monete romane, in notizie degli Scavi di Antichità, 1884, pp. 310-318. + degrassi 1967 = A. degrassi, epigraphica. ii, in Scritti vari di Antichità, iii, Venezia-Trieste 1967, pp. 35-87. + Fiorelli 1883 = G. Fiorelli, canneto di Bari, in notizie degli Scavi di Antichità, 1883, p. 350. – Fioriello 2002 = c. S. Fioriello, le vie di comunicazione in Peucezia: il comparto Ruvo-Bitonto, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari, Xl, 2002, pp. 75-135. – Fioriello 2008 = c. S. Fioriello, Su una nuova epigrafe dal Botontinus ager e la proprietà imperiale nella Puglia centrale in età romana, in Studi di Antichità, 12, 2008, pp. 205-221. – Fioriello 2010 = c. S. Fioriello, Archeologia della Puglia centrale in età romana. il paesaggio urbano, in Puglia 2010, pp. 391-402. – Fioriello c.s. = c. S. Fioriello, Schede di catalogo. caelia, in R. cassano (a cura di), le città della Puglia in età romana. Spazi e strutture, Bari c.s. – Fornaro 1982 = A. Fornaro, Storia dei rinvenimenti, in ceglie 1982, pp. 47-63. + Gervasio 1911 = m. Gervasio, iscrizione municipale di ceglie del campo, in Scritti per le nozze Perotti-consiglio, Bari 1911, pp. 3-6. tr a es tto cAeliA 29 – Gervasio 1930 = m. Gervasio, Scavi di ceglie, in iapigia, i, 1930, pp. 241-272. – Giardina 1997 = A. Giardina, l’italia romana. Storie di un’identità incompiuta, Roma-Bari 1997. – Gioia 1989 = A. ciancio (a cura di), Archeologia e territorio. l’area peuceta. Atti del Seminario di studi (Gioia del colle, museo nazionale Archeologico, 12-14 novembre 1987), Putignano s.d. (ma 1989). – Gioia 2005 = A. Ciancio, I fili della meraviglia. L’abbigliamento di Greci e Apuli tra funzionalità e comunicazione. catalogo della mostra (Gioia del colle, museo nazionale Archeologico-castello Svevo, 2 aprile-30 novembre 2004), Bari 2005. – Grelle 1989 = F. Grelle, l’ordinamento territoriale della Peucezia e le forme della romanizzazione, in Gioia 1989, pp. 111-116. – Grelle 1995 = F. Grelle, ordinamento municipale e organizzazione territoriale della Puglia romana, in A. Storchi marino (a cura di), l’incidenza dell’antico. Studi in memoria di ettore lepore. i. Atti del convegno internazionale (Anacapri 1991), napoli 1995, pp. 241-260. – Grelle 2005 = F. Grelle, Apulia et calabria: la formazione di un’identità regionale, in Vetera christianorum, 42, 2005, pp. 135-146. – Grelle 2010 = F. Grelle, La Puglia centrale nel mondo antico: profilo storico, in Puglia 2010, pp. 115-130. – labellarte 1989 = P. labellarte, cassano murge (Bari), in Taras, iX, 1-2, 1989, pp. 189-190. – labellarte 1998 = P. labellarte, KAiliA-cAeliAe: note storiche. la fase preromana, in ceglie 1998, pp. 15-19. – lavermicocca 1998 = n. lavermicocca, ceglie nel medioevo - note; Una nuova testimonianza della colonia ebraica di Bari: l’iscrizione ritrovata a carbonara - ceglie, in ceglie 1998, pp. 25-29; 82-83. – mangiatordi 2010a = A. mangiatordi, Archeologia della Puglia centrale in età romana. dinamiche insediative e assetto del territorio, in Puglia 2010, pp. 403-413. + mangiatordi 2010b = A. mangiatordi, Su una epigrafe ‘ritrovata’ dal caelinus ager, in Rivista di Filologia e di istruzione classica, 138, 1-2, 2010, pp. 167193. – mangiatordi 2011 = A. mangiatordi, insediamenti rurali e strutture agrarie nella Puglia centrale in età romana, Bari 2011. – Marangio 1990 = C. Marangio, L’epigrafia latina della regio II, Apulia et Calabria. Rassegna degli studi e indici (1936-1985), Galatina 1990. – Marangio 1995 = C. Marangio, Gli studi di epigrafia latina sulla regio II nell’ultimo decennio (1986-1995), in Studi di Antichità, 8.2, 1995, pp. 119-186. – Marangio 2008-2009 = C. Marangio, L’epigrafia latina della regio secunda augustea. Terzo supplemento (2001-2008), in Rudiae. Ricerche sul mondo classico, 20-21, 2008-2009, pp. 135-181. tr a es tto 30 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi – marangio, Tuzzo 2002 = c. marangio, S. Tuzzo, Regio ii Apulia et calabria. Gli studi di epigrafia latina nell’ultimo quinquennio (1996-2000). Secondo Supplemento, Galatina 2002. + Marin 1982 = M. M. Marin, Fonti; Iscrizioni; Il nome; Topografia, in Ceglie 1982, pp. 11-14; 15-19; 21-23; 25-45. – marin, Siciliano 1988 = m. m. marin, A. Siciliano, dal villaggio alla città. caelia, in Archeologia 1988, pp. 295-303. + mola 1792 = e. mola, Breve illustrazione di una latina epigrafe rinvenuta nel terreno della vetustissima celia di Apulia, in Analisi ragionata de’ libri nuovi, napoli, agosto 1792, pp. 84-88. + mola 1795 = e. mola, osservazioni sull’epigrafe romana testé scopertasi in una tomba antica dell’agro celino in Apulia, in Giornale letterario di napoli, 39, 15 novembre 1795, pp. 96-105. + Mola ms. = E. Mola, Saggio filologico sui vetustissimi avelli e sul vasellame in essi chiuso come pure sui sepolcri antichi e moderni inediti della provincia di Bari, ms. s.d. conservato presso la Biblioteca nazionale di Bari, s.n.c. – moreno cassano 1982 = R. moreno cassano, catalogo. Scavi del 1930-1931, in ceglie 1982, pp. 158-183. – musca 1966 = d. A. musca, Apuliae et calabriae latinarum inscriptionum lexicon, Bari 1966. + museo 1983 = AA. VV., il museo Archeologico di Bari, Bari 1983. – Pani 1979 = m. Pani, Politica e amministrazione in età romana; economia e società in età romana, in G. musca (a cura di), Storia della Puglia. i, Bari 1979, pp. 83-98; 95-124. – Pani 1988 = m. Pani, la città in età romana, in Archeologia 1988, pp. 373377. – Pani 1989 = m. Pani, dalla lega peucezia al municipio romano. Politica, istituzioni, società, in Storia 1989, pp. 103-131, 171-172. – Postiglione 1998 = A. Postiglione, osservazioni sugli insediamenti peuceti in Terra di Bari, con particolare riferimento a ceglie del campo, in ceglie 1998, pp. 111-116 (= in Quindicinale, periodico del ‘centro Giovanile Acli’ di ceglie, 2-3, 1982). – Puglia 2010 = l. Todisco (a cura di), la Puglia centrale dall’età del Bronzo all’Alto medioevo. Archeologia e Storia. Atti del convegno di Studi (Bari, Palazzo Ateneo-Salone degli Affreschi, 15-16 giugno 2009), Roma 2010. – Quagliati 1904 = Q. Quagliati, carbonara. Ripostiglio di monete repubblicane d’argento, in notizie degli Scavi di Antichità, 1904, pp. 53-65. + Ribezzo 1925 = F. Ribezzo, corpus inscriptionum messapicarum. caelium, in Rivista Indo-Greca-Italica di filologia, lingua, antichità, 9, 1925, pp. 67-84. – Riccardi 1999 = A. Riccardi, Forme ideali e materiali della romanizzazione della Peucezia, in c. S. Fioriello (a cura di), Bitonto e la Puglia tra Tardoanti- tr a es tto cAeliA + + + + + + – – – + – – + 31 co e Regno normanno. Atti del convegno nazionale di Studi (Bitonto, Palazzo episcopale, 15-17 ottobre 1998), Bari 1999, pp. 29-49. Roppo 1919 = V. Roppo, Memorie storiche di Ceglie del Campo (KAILINΩN), Bari 1919. Roppo 1921 = V. Roppo, Caeliae. Ricerche topografiche, archeologiche e storiche su l’antichissima ceglie del campo (Bari), Bari 1921. Ruggiero 1888 = m. Ruggiero, degli scavi di antichità nelle province di terraferma dell’antico Regno di napoli dal 1743 al 1876, napoli 1888. Russi 1983 = A. Russi, iscrizioni greche e latine, in museo 1983, pp. 143-187. Schneider 1889 = A. Schneider, Römische Todteninschrift, in Anzeiger für Schweizerische Alterthumskunde. Indicateur d’Antiquités Suisse, XXII, 1, 1889, pp. 154-155. Semeraro 1987 = G. Semeraro, s.v. ceglie del campo, in G. nenci, G. Vallet (a cura di), Bibliografia Topografica della Colonizzazione Greca in Italia e nelle isole Tirreniche, V, Pisa-Roma 1987, pp. 221-228. Siciliano 1983 = A. Siciliano, monete, in museo 1983, pp. 189-210. Siciliano 1989 = A. Siciliano, dalla lega peucezia al municipio romano. monetazione della Peucezia, in Storia 1989, pp. 165-171. Silvestrini 1989 = M. Silvestrini, L’epigrafia latina della Peucezia, in Gioia 1989, pp. 117-125. Silvestrini 2005 = M. Silvestrini, Le città della Puglia romana. Un profilo sociale, Bari 2005. Storia 1989 = F. Tateo (a cura di), Storia di Bari. i. dalla Preistoria al mille, Roma-Bari 1989. Travaglini 2010 = A. Travaglini, Archeologia della Puglia centrale in età romana. Produzione e circolazione monetale, in Puglia 2010, pp. 383-390. Ulrich 1890 = R. Ulrich, Catalog der Sammlung der antiquarischen Gesellschaft in zürich. i. Theil: Vorrömische Abtheilung, zürich 1890. (A. m.) c - Aggiunte e coRRezioni Alle notizie stoRiche foRnite nelle RAccolte che si AggioRnAno Il patrimonio epigrafico di Caelia non registra un sensibile incremento rispetto a quello già rilevato da Th. Mommsen, che al centro e al suo territorio attribuiva otto iscrizioni (cil, iX 275-281, 6179) e che pure riduceva la consistenza archeologica dell’insediamento peucezio, riorganizzato in municipium, quasi esclusivamente al ricorrente rinvenimento di monete antiche: “Eiusdem oppidi extant nummi et aenei et argentei inscripti Kailivnwn, qui dicuntur saepe in territorio Cegliensi reperiri” (così CIL, IX, p. 30). A queste iscrizioni si possono aggiungere la lastra opistografa edita in eph. epigr., Viii nr. 71, re- tr a es tto 32 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi centemente riscoperta da mangiatordi 2010b (vd. sotto e 3), e l’epigrafe di c. Baebius c. f. cla. Hispo (vd. sotto e 1), nonché la lapide funeraria già in cil, iX 285, assegnata a Barium dal mommsen e dagli editori successivi (chelotti, morizio, Silvestrini 1988, p. 453, nr. 909; chelotti 1991, p. 33; Silvestrini 2005, p. 105), ma in realtà riconducibile agevolmente al contermine territorio di caelia, in considerazione del luogo di rinvenimento, peraltro il medesimo di cil iX, 278 (vd. sotto d). Tuttavia le recenti indagini sul campo condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, legate a mirate operazioni di archeologia preventiva e di emergenza e sostenute da campagne sistematiche di prospezione geofisica (Postiglione 1998; Riccardi 1999, pp. 33-34; ciancio, Riccardi 2005, con bibliografia; Fioriello c.s.), consentono di delineare un profilo più netto e aggiornato delle vicende e delle modalità insediative di Caelia rispetto al quadro disegnato nelle sintesi storiografiche tradizionalmente dedicate alla città (Roppo 1919; Id. 1921; ceglie 1982; Semeraro 1987; marin, Siciliano 1988). la disomogeneità dei dati disponibili e l’assenza di pianificazione negli interventi operati non permettono peraltro di definire in maniera perspicua la sequenza insediativa, i rapporti culturali ed economici con i centri vicini, la valenza dell’influenza greca prima e romana poi, l’impostazione ed evoluzione del municipium e i suoi esiti in età imperiale, anche a causa sia della continuità di insediamento e della stratificazione della città medievale e moderna su quella antica sia delle inevitabili trasformazioni occorse in ambito urbano e rurale a seguito dell’attività edilizia e dello sfruttamento agricolo. Grande e florido insediamento peucezio, Kailiva/caelia si estendeva nell’area di Carbonara e Ceglie del Campo, attuali quartieri di Bari, su un pianoro delimitato a o e a e dalle lame Picone e la Fitta-dei Turchi, che sfociano nel mare Adriatico presso lo scalo marittimo destinato a diventare l’importante centro portuale di Barium. In età peucezia, il quadro insediativo di Caelia, desumibile soprattutto dall’analisi topografico-distributiva relativa alla documentazione sepolcrale e dallo studio della fotografia aerea, si configura - come per altri centri indigeni - in nuclei sparsi sul territorio, attestati già in età protostorica sul pianoro segnato dai due solchi torrentizi, anche se solide testimonianze di popolamento in alcuni settori dell’area poi definita dal centro peucezio, e quindi dal municipium, si datano al Vi secolo, cui rimandano tracce di attività edilizia rappresentate da frammenti di sime fittili policrome riconducibili a edifici pubblici, forse religiosi, impostati nelle località Piazzolla e San nicola, nel settore centro-orientale dell’insediamento. Per le fasi di età arcaico-classica, struttura e articolazione dell’abitato restano dunque poco note e si possono rappresentare solo mediante il confronto tra la scarsa documentazione archeologica acquisita e le realtà insediative di altri centri della Peucezia meglio indagati e studiati, come Gioia del colle-monte Sannace, Rutigliano-Azetium, Gravina in PugliaBotromagno, Rubi, Butuntum. Si può così restituire uno schema organizzativo tr a es tto cAeliA 33 polifunzionale disposto per gruppi di abitazioni collegati a spazi con destinazione agricolo-artigianale e connessi ad aree deputate alle sepolture, secondo il topico modello iapigio pure caratteristico di altre culture italiche (de Juliis 1988; marin, Siciliano 1988, nonché i contributi ora raccolti in Storia 1989; A. Riccardi [a cura di], Gli antichi Peucezi a Bitonto. documenti e immagini dalla necropoli di via Traiana. catalogo del museo Archeologico della Fondazione de Palo-Ungaro. i. le mostre, i cataloghi. 6, Bari 2003; Gioia 2005; e. m. de Juliis [a cura di], Rutigliano i. la necropoli di contrada Purgatorio: scavo 1978. catalogo del museo nazionale Archeologico di Taranto. ii, 2, Taranto 2007; A. Riccardi [a cura di], donne e Guerrieri da Ruvo e Bitonto. le scoperte del iii millennio. catalogo del museo Archeologico della Fondazione de Palo-Ungaro. ii. le mostre, I Cataloghi. 10, Bari 2008; T. E. Cinquantaquattro, M. Lombardo [a cura di], la vigna di dioniso. Vite, vino e culti in magna Grecia. catalogo della mostra [Taranto, museo nazionale Archeologico, 18.03-10.10.2010 - Bari, Palazzo Simi, 17.05-20.11.2011], Taranto 2010; Puglia 2010). i pochi contesti di età arcaica comprendono, infatti, ceramica indigena a decorazione geometrica o a fasce, suppellettile d’uso comune, coppe di tipo ionico di produzione italiota, manufatti metallici, mentre già dall’inizio del V sec. a.c. compaiono corredi sontuosi nella consistenza degli oggetti e nell’apparato decorativo, a segnare dunque un significativo mutamento di profilo economico-sociale sostenuto da un più elevato tenore di vita, accompagnato dalla precoce apertura della comunità celina ai contatti e agli scambi, espressi lungo le rotte mediterranee della cultura e del commercio, e determinato quindi dall’emergere di ceti aristocratici capaci di apprezzare e possedere i beni di prestigio da acquistare presso i mercati dell’Attica e delle colonie greche dello ionio (marin 1982; Fornaro 1982; moreno cassano 1982; marin, Siciliano 1988; cassano 1989; ciancio, Riccardi 2005; A. Travaglini, V. G. Camilleri, in Puglia 2010, pp. 359-363): oreficerie, bronzi (utensili e piccola plastica), nonché “vasi a figure nere e a figure rosse dipinti da noti ceramografi attici si affiancano quindi a vasi figurati di grande pregio, opera di artigiani lucani ed apuli. A questi ultimi si deve poi la grande diffusione della ceramica a figure rosse nel secolo successivo, sotto l’influenza della cultura tarantina” (Ciancio, Riccardi 2005, qui p. 65). Probabilmente nel corso del V secolo, la città si cinse di possenti e ampie mura, costruite a doppia cortina con émplecton e impostate longitudinalmente sul pianoro a seguire gli alvei torrentizi. A n includevano l’area del nucleo medievale e moderno di ceglie, con le contrade San nicola, San Tommaso, Sant’Angelo, raggiungendo la parte meridionale del quartiere Carbonara, e a S si estendevano fino alle contrade Chiusa e Porta Mura, dove l’apparecchiatura munita era visibile, per ampî tratti, ancora nei primi lustri del Novecento, quando essa fu usata quale cava di blocchi di tufo da riutilizzare per la realizzazione delle sostruzioni del lungomare di Bari (Roppo 1921, pp. 95-107; marin, Siciliano 1988, pp. 296-298, ntt. 7-10; ciancio, Riccardi 2005, pp. 62-63). tr a es tto 34 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi nel settore urbano settentrionale, ritrovamenti occasionali - documentati a partire dal 1637 (Fornaro 1982, con bibliografia; Marin, Siciliano 1988, pp. 298-301) - e ricerche effettuate negli ultimi anni (Semeraro 1987; ceglie 1998; Riccardi 1999; ciancio, Riccardi 2005) hanno consentito il rinvenimento di oltre duecento sepolture, soprattutto del tipo a fossa, alcune a sarcofago, altre a semicamera, peraltro del tutto o parzialmente depredate, che denunciano orientamento e disposizione molto diversi fra loro. Tombe isolate si alternano a nuclei di deposizioni collocate entro fosse di grandi dimensioni, nelle quali le sepolture risultano progressivamente inserite determinando sovrapposizione o obliterazione rispetto a quelle più antiche; poche strutture funerarie conservano decorazioni pittoriche policrome elaborate a bande orizzontali o a fasce. meno consistente la documentazione funeraria raccolta nel settore meridionale di Kailiva, compreso fra le contrade Santa maria, San nicola, Sant’angelo, a n, e Buterrito, a S. le oltre ottanta sepolture indagate, del tipo a cassa e a fossa, inquadrabili in età classica e in gran parte inviolate, restituiscono l’immagine di una delle aree del vasto insediamento urbano, intensamente antropizzato, dove l’ambito necropolare era direttamente connesso a quello abitativo, per il quale si conservano talora strutture di fondazione, con relativi strati d’uso e di crollo, cisterne e fosse di scarico, capaci di garantire preziose informazioni sui periodi di frequentazione, occupazione, abbandono e riorganizzazione che si sono susseguiti nei varî contesti (marin, Siciliano 1988; cassano 1989; ead. 2010; ciancio, Riccardi 2005). Nel periodo successivo (fine V-III sec. a.C.), sono ancora soprattutto i corredi funerarî, molto più numerosi rispetto ai secoli precedenti, a testimoniare il progressivo consolidarsi del processo di ‘italiotizzazione’ della società indigena, particolarmente evidente nella significativa attestazione dei prodotti degli ateliers coloniali, in primis di Taranto e di metaponto, che accanto ai manufatti fittili, ora influenzati da quelli italioti, sono ormai capaci di soppiantare quasi del tutto il tradizionale artigianato peucezio. le testimonianze archeologiche disponibili registrano altresì la piena urbanizzazione dell’insediamento, che comporta distribuzione razionale e destinazione funzionale degli spazi espressa mediante la definizione di percorsi viarî, la realizzazione di edifici pubblici, dotati di partiti decorativi di pregio, e la impostazione di strutture residenziali private (ciancio, Riccardi 2005, pp. 67-68, 70, con bibliografia). Questa evoluzione culturale da un lato rispecchia la condizione di floridezza economica e di incremento demografico, registrata del resto anche negli altri centri peucezi, dall’altro rivela l’articolarsi di differenziazioni sociali, riflesso dalla documentazione di carattere sepolcrale: si pensi al fenomeno del riutilizzo delle tombe (ciancio, Riccardi 2005, pp. 57-85, nonché i contributi in ceglie 1998: vd. pure sopra). Sul volgere del iii sec. a.c., la perdurante condizione di benessere, consolidata nel periodo precedente, si va progressivamente ridefinendo. Il mutato orizzonte culturale e il nuovo quadro storico che si delineano nell’Italia sud-orientale con il declinare dell’egemonia di Taranto e con l’ingresso della Puglia nell’orbi- tr a es tto cAeliA 35 ta di Roma lasciano emergere un elemento saliente: il notevole impoverimento, sia quantitativo sia qualitativo, dei corredi funerarî e la riorganizzazione della trama insediativa urbana. Questi fenomeni sono documentati nell’intero comprensorio peucezio, che durante e dopo il conflitto annibalico conosce una fase di forte destrutturazione, anche manifestata dall’invadenza coloniale nei rapporti socio-politici e nell’accentramento delle dinamiche verso i grandi emporî/porti della regione, nonché dal formarsi di ager publicus e dallo stanziamento di coloni, che finirono per trasformare in maniera radicale l’assetto del territorio e le forme produttive precedenti (Pani 1979; id. 1989; Grelle 1995; id. 2005; id. 2010; Travaglini 2010; Mangiatordi 2011, con bibliografia). Kailiva/Caelia entra, infatti, nell’ambito dell’organizzazione romana quale civitas sociorum - sembra - all’inizio del III sec. a.C., quando si data l’inizio dell’attività della fiorente zecca, le cui emissioni conservano la più antica testimonianza del nome della città nell’etnico, in greco, presente sul rovescio secondo la legenda intera KAILINWN o KAILEINWN - anche in scrittura retrograda - oppure abbreviata KAILIN, KAILI ovvero soltanto KAI. Si distinguono due serie: quella in argento, databile agli inizi del III sec. a.C., con un gruppo tipologico per il diobolo e due per l’obolo; quella enea, con segno di valore su alcuni gruppi, coniata nell’ambito dell’influenza romana, riferibile all’ultima fase della seconda guerra punica e ai primi lustri del ii sec. a.c., che annovera tre diverse serie tipologiche per sextantes, unciae e semunciae ed una per i quadrantes (Marin, Siciliano 1988, pp. 302-303; Siciliano 1989; Travaglini 2010). l’aiuto prestato ad Annibale penalizzò la città, come sembra testimoniare l’attestata presenza di ager publicus populi Romani in area celina (lib. col., ii, 261-262, 9 l., su cui ora Grelle 2010, con bibliografia; Mangiatordi 2011, pp. 36-38; ma vd. anche la notizia di distribuzioni graccane in area peucezia in lib. col., i, 261 l., su cui Pani 1988, pp. 373-375; mangiatordi 2010a; ead. 2011, pp. 36-38), che s’insinua fra le terre lasciate ai socii alterandone la destinazione, compromettendone l’equilibrio fra attività agricole e pastorali, introducendo forti elementi di rigidità, premessa ad inevitabile destrutturazione (così Grelle 1989; id. 1995; id. 2005; mangiatordi 2010a; Ead. 2011, pp. 38-44, con ulteriore bibliografia). non sappiamo di un coinvolgimento di caelia nelle vicende belliche e neppure, in generale, nei sommovimenti che interessarono la regione in età tardorepubblicana, benché questo sia ipotizzabile per Caelia, come per altri centri indigeni. Le confische di territorio conseguenti alla defezione ad Annibale potrebbero aver dato origine al malcontento sociale - più che politico - dei centri peucezi, come di altri della Puglia, sfociato nella rivolta del 90 a.c.: è noto che i Poediculi, nel loro insieme, furono tra i socii ribelli rapidamente sconfitti da C. Cosconio (App., Bell. civ., i, 229: vd. Pani 1979, p. 90; id. 1989, pp. 110-111; cassano 2010, pp. 367-376). Assieme alle lacerazioni istituzionali e sociali connesse con le guerre civili e servili del i sec. a.c. (Giardina 1997, pp. 139-173; Grelle 2010; mangiatordi 2011, pp. 36-44), forse proprio il silenzio delle fonti e la scarsa consistenza tr a es tto 36 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi dei dati archeologici possono tradire una trama di pesanti ripercussioni per caelia. A questa profonda incertezza vanno forse ricondotti tre ricchi tesoretti di età tardorepubblicana, peraltro occultati nel breve volgere di pochi lustri: uno ritrovato a Carbonara, nel 1882, composto da 3907 denarî - 200 furono acquistati dal museo Archeologico Provinciale di Bari, 50 dal museo nazionale Archeologico di napoli - e nascosto verosimilmente non molto oltre il 36 a.c. (Siciliano 1983, pp. 191-195; chatr Aryamontri 2001, pp. 33-34); un altro - che comprendeva anche gioielli - recuperato nel 1903 pure a carbonara, in circostanze fortuite, con 383 denarî e 43 quinarî, per il quale si è proposto un nascondimento tra il 49 e il 45 a.C. (Chatr Aryamontri 2001, p. 34, con bibliografia); un terzo costituito da circa mille monete d’argento del i sec. a.c., noto solo per la notizia raccolta da Gervasio 1930, p. 272 (discussione e ulteriore bibliografia ora in Travaglini 2010, in particolare pp. 386-390, ntt. 12-17). Testimonianze strutturali e materiali hanno rivelato continuità di occupazione in contrada San nicola, dove sono state indagate abitazioni impostate nel corso del iii sec. a.c., ben organizzate nella tecnica costruttiva e nella distribuzione funzionale di spazi e ambienti, che invadono aree precedentemente adibite a necropoli e risultano in uso, attraverso successivi rifacimenti, almeno fino al i sec. d.c.. inoltre, nel medesimo settore, sono stati di recente indagati contesti abitativi e produttivi utilizzati tra III e VI sec. d.C., che “documentano quindi la presenza di insediamenti stabili nell’area di Ceglie fino alla tarda antichità, pur mutando nel tempo le forme di occupazione del territorio, diretta espressione dei profondi cambiamenti che via via intervengono in ambito politico-istituzionale, nel sistema produttivo e nell’organizzazione sociale delle comunità”: ne rinviene quindi la rappresentazione di un abitato che già dalla prima età imperiale sembra concentrarsi in un’area ristretta, l’attuale località San Nicola, “prescindendo ormai da qualsiasi nesso ideale e topografico con l’antico insediamento preromano” (Riccardi 1999, pp. 33-34; Ciancio, Riccardi 2005, pp. 68-69, qui 69 per le citazioni). Alla cospicua documentazione archeologica finora acquisita fanno riscontro peraltro l’assenza di riferimenti diretti alla città nel contesto peucezio e il rado ricordo che se ne trova nelle fonti più tarde per l’età romana. notizie sul toponimo e sulla posizione del centro nell’ambito dell’articolazione viaria e geografica apula sono in Ptol., III, 1, 7 - che registra Kailiva h] Keliva accanto a Venosa nel territorio degli Apuli Peucezi -; Tabula Peut., Vi, 5; An. Rav., V, 35; Guid., XXVi, 48, 71 - che accanto a ‘celia’ conosce la forma corrotta ‘cecilia’ -. inoltre Strab., Vi, 3, 7 ricorda Kailiva fra le città poste lungo la strada che “attraverso il territorio dei Peucezi, chiamati anche Pedicli, e i dauni e i Sanniti [conduce] fino a Benevento”: la via Minucia, indicata come alternativa all’Appia anche da Hor., ep., i, 18, 19-20, e in seguito riorganizzata dalla via Traiana (vd. sotto, ma anche marin 1982, pp. 11-12, 25-27, 35-36; Fioriello 2002, pp. 85-108; chatr Aryamontri 2001, passim; mangiatordi 2011, pp. 58-62). come pure s’è ricordato, tr a es tto cAeliA 37 il caelinus ager è coinvolto, assieme ad altri loca vel territoria dell’area apula, dalle divisioni agrarie di età flavia ricordate dal Lib. Col., II, 261-262, 9 L. (M. chelotti, in Archeologia 1988, p. 27; marin, Siciliano 1988, p. 295). Peraltro non riferibile a caelia, bensì alla salentina ceglie messapica, è il ricordo in Plin., nat. Hist., iii, 11, 105, mentre è da riportare a calatia, opportunamente emendato - anche secondo la testimonianza di liv., iX, 26, 6 -, il riferimento di diod., XiX, 101, 3 (marin 1982, pp. 11-14, 23; Semeraro 1987, p. 221; c. marcato, s.v. ceglie messapico, in G. Gasca Queirazza et Alii, dizionario di toponomastica. Storia e significato dei nomi geografici italiani, Torino 1990, p. 187). La città conobbe dunque continuità di vita, seppur angusta, labile, policentrica, e consistenza istituzionale, ancorché difficilmente ricostruibile, fino ad attingere rinnovati sviluppi in età medievale e moderna (lavermicocca 1998, pp. 25-29, 82-83; Postiglione 1998, pp. 117-121; Fioriello c.s.). caelia fu municipio romano dopo la guerra sociale, come suggerisce l’iscrizione per C. Baebius C. f. Cla. Hispo che ricoprì l’edilità, il quattuorvirato iure dicundo, il quattuorvirato quinquennale in un anno del censimento e l’augurato (vd. sotto e 1, ma anche Pani 1989; Silvestrini 2005, p. 109). Quanto alla tribù, la medesima epigrafe testimonia che i cittadini romani di caelia erano ascritti alla claudia: dato confermato dal laterculum praetorianorum militum del 179 d.c. in cil, Vi 2382 b 33 (vd. sotto). Limitate sono le informazioni per affrontare le problematiche topografiche relative a caelia, alla sua articolazione urbana e alle successive eventuali modifiche prodotte dal tracciato della via Minucia/via Traiana (raccolta, disamina e discussione dei dati disponibili sono ora in Fioriello c.s.). infatti, all’abbondante messe di oggetti, soprattutto di età classica ed ellenistica, ritrovati a Ceglie, fin dal Seicento (Ruggiero 1888, pp. 508-511; Gervasio 1930; marin 1982, pp. 25-45; Fornaro 1982; Marin, Siciliano 1988; Fioriello c.s.), e quasi mai indagati considerando materiali in associazione e sequenze stratigrafiche dei contesti di rinvenimento (Fornaro 1982; Semeraro 1987; Agresti 1988; ead. 1998; ciancio, Riccardi 2005, pp. 63-65; Fioriello c.s.), si contrappongono le scarne notizie sui processi di organizzazione insediativa. Solo recenti indagini archeologiche, peraltro sollecitate da esigenze di tutela (marin 1982, pp. 25-45; Agresti 1988; marin, Siciliano 1988; Riccardi 1999, pp. 33-34; ciancio, Riccardi 2005, nonché gli articoli e i rapporti di scavo raccolti in Ceglie 1998, con bibliografia), possono sostenere con ulteriori informazioni e aggiornate riconsiderazioni la ricerca topografica, che a lungo è stata affidata quasi esclusivamente alla storiografia locale (Mola ms., pp. 31 sgg.; Roppo 1919; id. 1921), assai utile per la raccolta di dati, ma spesso incompleta, poco ordinata e compromessa da ripetizioni ed errori. È verosimile che le ampie e possenti mura del centro peucezio siano state utilizzate - almeno parzialmente - fino ad età romana, quando la città sembra tuttavia concentrarsi soprattutto nei settori centrale e nord-occidentale, dunque nella zona delle distrutte abbazie di San nicola e di Sant’Angelo, dove si registra tr a es tto 38 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi il rinvenimento di epigrafi funerarie (CIL, IX 277, 279-281, 6179: vd. sotto D) e di consistente documentazione archeologica acquisita, in particolare, negli ultimi lustri (Roppo 1921, pp. 121 sgg.; Gervasio 1930, p. 272; marin 1982, pp. 25-30, 36-37, figg. 1-5; Fornaro 1982, pp. 47-48, 50-51, 53, 55-56, 58-60; Agresti 1988, p. 341; ead. 1998; labellarte 1998; lavermicocca 1998; ciancio, Riccardi 2005, pp. 69-70). L’abitato in età romana indica persistenza topografica, ma estensione ridotta rispetto all’insediamento indigeno, sviluppandosi in un settore dell’ampio pianoro occupato in età peucezia, chiuso quindi a O e a E dalle lame - secondo allineamenti muniti dall’antico circuito murario, su cui marin 1982, pp. 27-35; Fioriello c.s. -, all’incrocio di due importanti assi viarî: uno nS, che collegava Bari a Taranto, l’altro NO-SE, che da Bitonto procedeva verso Gnatia e quindi Brundisium (cassano 2010; mangiatordi 2010a; Fioriello 2010). la prima strada, riconoscibile oggi nel percorso di via G. Petroni-via Vaccarella, provenendo da Bari doveva entrare in caelia da una porta aperta sul lato n delle mura, nell’area di contrada conedda. la strada divideva longitudinalmente l’abitato secondo un tracciato leggermente curvilineo che terminava, a S, nell’area di contrada Porta mura, dove va individuato l’unico ingresso antico alla città ricostruibile con sicurezza, il cui ricordo è conservato dalla persistenza del toponimo: tracce della strada, con orbitae tensarum, furono rinvenute tra le contrade conedda e San Tommaso, subito a n della via vicinale Sant’Angelo, nonché a S di via monacelli (marin 1982, pp. 32, 35, ntt. 12, 29-30). il percorso dell’altra grande arteria, la via minucia, andrebbe invece assimilato alla carreggiabile modugnoceglie-capurso: esso probabilmente attraversava l’area urbana tenendosi a n delle contrade Aia di cristo e Piazzolla, come suggeriscono i rinvenimenti di una “antica selciata […] oggi interrata e sepolta. Essa aveva la larghezza di circa palmi 16, compresa l’arginatura” (così mola ms., p. 38, ripreso da marin 1982, pp. 35-36, ntt. 32-35). La storiografia locale ha raccolto ulteriori notizie riguardanti tracce di antichi percorsi urbani riconosciuti in varî punti di ceglie (Roppo 1921, pp. 103, 110, 129), ma l’organizzazione stradale interna e, in generale, l’assetto urbanistico di Caelia restano ancora di ardua definizione. Appare dunque plausibile tratteggiare per l’età romana una diversa configurazione urbana della città che, all’interno del circuito murario, si restringe nella parte centro-settentrionale dell’abitato, favorita dall’incrocio di importanti assi viarî, sovrapponendosi quindi all’area necropolare più antica (Marin 1982, pp. 37-45; Cassano 1989, pp. 137-164, con bibliografia; Ead. 2010, pp. 367-376; ciancio, Riccardi 2005, pp. 64-67; Fioriello 2010; id. c.s., nonché numerosi contributi in ceglie 1998) e determinando una riconversione funzionale dell’intero settore attualmente compreso tra l’ambito meridionale della contermine frazione di carbonara, la Strada Provinciale per loseto, piazza Vittorio emanuele ii, via F. Rubini e la zona della Stazione delle ‘Ferrovie Sud-est’ (marin 1982, pp. 36-37; Agresti 1998, pp. 21-22; Postiglione 1998; Riccardi 1999, pp. 33-34). Qui tr a es tto cAeliA 39 carta dell’area urbana. si concentrano, infatti, le evidenze che, accanto alla documentazione epigrafica e alle fonti letterarie, numismatiche e itinerarie, testimoniano la sopravvivenza della città in età post-annibalica e rinviano l’immagine discontinua e pure consistente di una fase insediativa tardorepubblicana e imperiale, con occupazioni tr a es tto 40 carta del territorio. c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi tr a es tto cAeliA 41 che giungono fino al Tardoantico (Lavermicocca 1998; Ciancio, Riccardi 2005, pp. 62-70). Fulcro urbanistico del centro in età romana sembra l’area delle contrade Sant’Angelo e San nicola, dove le indagini archeologiche hanno restituito solide tracce archeologiche, databili fra il iii sec. a.c. e il i sec. d.c., con segni di rioccupazione in età tardoantica: in questo periodo, per consistenza e importanza si distinguono sia un abitato indagato di recente, legato a impianti produttivi di materiale edilizio, sia nuclei necropolari estesi a So, in contrada Buterrito, e nell’area settentrionale, verso Bari, dove si documenta la presenza di una comunità ebraica in età altomedievale (c. colafemmina, in Archeologia 1988, pp. 515-518; Lavermicocca 1998, pp. 82-83, fig. 40; Riccardi 1999, pp. 33 sgg.; Ciancio, Riccardi 2005, pp. 63-70, nonché interventi e contributi, con bibliografia, in ceglie 1998, oltre alla messa a punto ora in Fioriello c.s.). Quanto ai contesti necropolari, sono le iscrizioni a documentare la presenza in età romana di uno spazio funerario nella attuale periferia settentrionale di ceglie, ai margini del rione Sant’Angelo, entro tuttavia un ampio spazio esterno alle mura, che si sviluppava fino alle contrade Conedda e San Tommaso e si articolava lungo la grande arteria di traffico NS diretta a Bari. Peraltro, accanto alla documentazione nota per il suburbio meridionale di Barium (chelotti 1991, pp. 30-32, 34-35), il dato viene letto per confermare che il territorio tra i due municipia “si presenta dunque costellato, in età romana, di zone necropolari, verosimilmente spesso integrate a nuclei abitativi. È probabile che a un certo punto i territori dei due centri, Bari e Ceglie, in questo senso venissero a confondersi” (Chelotti, Morizio, Silvestrini 1988, qui p. 440; Silvestrini 2005, pp. 105, 109). I confini del territorio celino in età romana non sono pertanto ben definibili: la prossimità con il municipium di Barium, posto a n, sul litorale adriatico, induce a riconoscere l’agro di caelia sviluppato nell’entroterra meridionale, tra i territorî di Butuntum a o (c. S. Fioriello, in Suppl. ital., 23, 2007, pp. 22-23) e forse Azetium a e (mangiatordi 2011, pp. 36-44, 88-98) ed esteso probabilmente verso S dalle prime balze murgiane - Cassano delle Murge - fino a Carbonara, così da assumere una forma allungata, consueta in questo contesto geografico già in età risalente (cassano 2010; mangiatordi 2010a; Fioriello 2010). Assai incerta resta tuttavia l’ipotesi di ritagliare il confine meridionale in funzione della consistenza territoriale dei Grumbestini, populus censito da Plinio (nat. Hist., iii, 11, 105) tra i calabri mediterranei, associato all’emissione monetale enea con etnico GRU[…] e generalmente assimilato al sito presso l’attuale città di Grumo Appula (vd. sotto, nonché Travaglini 2010, pp. 383-385, nt. 1). infatti, allo stato attuale, nessun monumento epigrafico né significative tracce archeologiche possono sostenere la vitalità e l’autonomia istituzionale di questo centro in età romana (Marin, Siciliano 1988, pp. 295-296; Pani 1989, pp. 112-123, 129; Silvestrini 2005, p. 109). È plausibile inoltre ritenere che il progressivo sviluppo di Barium - approdo costiero, in età preromana, della potente Kailiva: si vedano Agresti 1988; marin, Siciliano 1988 e i contributi in Archeologia 1988 - abbia finito per sottrarre al tr a es tto 42 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi municipium celino un diretto sbocco a mare, che tuttavia nella prima fase della ‘romanizzazione’ doveva essere garantito dallo scalo portuale di Torre a mare o di Punta della Penna (Pani 1989, pp. 122, 129; ciancio, Riccardi 2005, pp. 6270). l’intensa espansione edilizia di Bari verso S ha assai ridotto la possibilità di acquisizione di dati e quindi ostacolato l’articolazione di ipotesi ricostruttive delle modalità insediative nella fascia territoriale a n di caelia: è possibile solo ritenere che essa si sia strutturata lungo l’antica e importante direttrice viaria “a Varis per compendium Tarentum LX m.p.”, nota per l’età imperiale da Itin. Anton., 119. l’accatastamento e la redistribuzione agraria indotti da Roma (vd. sopra) hanno di certo ridisegnato e sostenuto l’assetto del paesaggio agrario di Caelia, che comunque in età imperiale sembra in decadenza rispetto a Barium. A interessi dell’aristocrazia senatoria nel comprensorio considerato forse rimanda il frammento epigrafico rinvenuto in via Loseto (vd. sotto E 2), che si ritiene, con buona verisimiglianza, possa conservare il ricordo della potente famiglia dei Giunii Silani, della quale un noto esponente, nel 65 d.C., fu esiliato a Bari, dove trovò la morte (chelotti, morizio, Silvestrini 1988, p. 454, nr. 911; mangiatordi 2011, pp. 53-54, 96-98, con bibliografia). meno labile la documentazione proveniente dal territorio a S di caelia, dove si registra una discreta occupazione rurale - indiziata anche da prediali: V. A. Sirago, i 3000 anni di Grumo Appula, Bari 1981, pp. 27-29; labellarte 1989, p. 190, nt. 66 -, che accanto a insediamenti di medie e piccole dimensioni contempla anche grandi villae. Per questo comparto se ne riconoscono testimonianze nei pressi di Toritto-contrada legna (Riccardi 1999, p. 38, nt. 22), a Valenzano (Silvestrini 2005, p. 109) e nel centro storico di cassano delle murge (labellarte 1989; Busto 1992). Testimonianze più consistenti e relative a un vasto orizzonte cronologico sono state raccolte negli ultimi anni nel territorio di Adelfia (Mangiatordi 2010a; ead. 2011, pp. 250-259), in particolare nelle località dannetta, San leo e don cataldo, conosciuta anche come contrada Tesoro (da cui proviene l’epigrafe e 3): qui, in un’area frequentata nell’età del Bronzo e del Ferro, quindi interessata da una necropoli di Vi-iV sec. a.c., obliterata da abitazioni di età ellenistica, sono state indagate le strutture pertinenti alla pars rustica e ad un vasto settore dell’impianto termale di una grande villa, realizzata alla fine del II sec. a.C. e rimasta in uso fino ad età adrianea (Riccardi 1999, pp. 38-45; Chatr Aryamontri 2001, p. 21; Mangiatordi 2011, pp. 250-254, nr. 94). Ancora ad Adelfia, nell’attuale centro urbano, è noto un colombario, a pianta absidata: indatabile, perché violato e decontestualizzato, esso costituisce un hapax nel linguaggio architettonico della Puglia centrale in età romana e va riferito ad una comunità consistente, forse dalle modeste condizioni economiche, ma depositaria di una ideologia e di una cultura ben radicate, in stretto rapporto con l’ambiente urbano. la tecnica costruttiva del colombario - per quanto sia lontana dagli esempi monumentali della capitale - parla tuttavia di una tradizione ormai consolidata, ridimensio- tr a es tto cAeliA 43 nata e conformata all’ambito periferico (Riccardi 1999, pp. 45-47; mangiatordi 2011, pp. 256-257, nr. 98). Per quanto riguarda l’accatastamento del territorio del municipium, che si tende a riconoscere nel caelinus ager restituito dalle fonti gromatiche e ridistribuito al tempo di Vespasiano (lib. col., ii, 261-262, 9 l.: vd. pure sopra, nonché marin 1982, p. 12, ntt. 14-17; Semeraro 1987, p. 221; Pani 1989, pp. 113-121; Fioriello 2008; Grelle 2010; mangiatordi 2011, pp. 88-98), recenti tentativi di individuazione della centuriazione nell’area peucezia hanno ignorato la autonomia della rete catastale di Caelia assimilandola a quella dell’agro di Barium e registrando per questo territorio una pertica diversa rispetto a quella del contermine agro di Butuntum: così R. Ruta, La Puglia romana. Un paesaggio pietrificato. Quaderni dell’Archivio Storico Pugliese. 21, Bari 1982, pp. 15-23, 32-39, nt. 28, che peraltro attribuisce il caelinus ager, ricordato dalle fonti, a ceglie messapica e ritiene che il territorio di Barium si spingesse a S fino a quello di Tarentum. diversamente R. compatangelo-Soussignan, Sur le routes d’Hannibal. Paysages de campanie et d’Apulie, Paris 1999, p. 92, nt. 65, nonostante perplessità dovute alla cattiva conservazione dei limites, restituisce piena dignità istituzionale all’agro di caelia e ritiene semmai che i catasti di ceglie, di Bari e di Bitonto avessero conservato il medesimo orientamento (discussione e revisione ora in Mangiatordi 2011, pp. 92-98, con bibliografia). le dodici iscrizioni presentate nelle sezioni d e e consentono di documentare alcuni aspetti di ceglie in età romana rivelando in particolare esperienze e contesti di ceti umili e di profilo medio, nonché di liberti. Emergono altresì elementi onomastici che potrebbero attestare connessioni con famiglie di rilievo. in questo ambito conviene nuovamente ricordare il cognome Silanus, ricostruito in E 2, per il quale trova sostegno l’ipotesi che lo associa al senatore Lucio Giunio Silano Torquato tenendo conto sia di Tacito (Ann., XVI, 8-9, 1), che ne racconta l’esilio nel 65 d.c. - assieme a lucio cassio longino, anziano consolare e noto giurista, marito di sua zia Giunia Lepida - nel municipium “Apuliae, cui nomen Barium est”, sia della analoga formula onomastica utilizzata anche su alcuni bolli laterizi recuperati nell’area di un ampio insediamento rurale di età romana individuato di recente nel territorio di Turi - prossimo all’agro di ceglie del campo - a testimoniare quindi gli interessi economici dei Giunii Silani nella Puglia centrale, dove pertanto alla casa imperiale sembrò agevole decidere di confinare un esponente della illustre famiglia (mangiatordi 2011, pp. 53-54, 96-98, con bibliografia). Si segnala pure l’epitafio per un liberto della gens Gellia (vd. sotto cil, iX 276): il nomen, peraltro assai raro nella regione, ma attestato altre due volte nell’area barese (chelotti, morizio, Silvestrini 1988, pp. 450, 454-455, nrr. 904, 913), sollecita l’accostamento con il pretore l. Gellius l. f. - noto dal miliare rinvenuto non molto lontano da ceglie del campo (vd. sotto) -, che fece costruire la via Gellia verosimilmente nel corso del I sec. a.C., se si accetta di identificarlo con l. Gellius l. f. Poplicola, praetor peregrinus nel 94 a.c., ovvero con un l. tr a es tto 44 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi Gellius l. f. non altrimenti noto (disamina in Fioriello 2002, pp. 88-90, con bibliografia; Ceraudo 2008). Non attestati nella regione sono i gentilizi della liberta lautinia Panthera di cil, iX 277; di A. Bimius Flaccus di cil, iX 278 (se il nomen non va inteso quale ‘Dasimius’: vd. sotto); di D. Apertius Secundus di CIL, iX 275. il latercolo del 179 d.c. ricorda il soldato pretoriano c. Valerius c. f. cla. masculin(us), originario di caelia, di cui attesta l’ascrizione alla tribus claudia (CIL, VI 2382 b 33 = CIL, VI 4, 2, 32638 b 33. Si veda nello specifico anche Marin 1982, p. 19, nr. 11; Semeraro 1987, p. 221, nonché in generale A. Ferrua, in epigraphica, 24, 1962, pp. 124-127, nr. 29 = Ae 1964, 120 a; e. Schallmayer et Alii, der römische Weihebezirk von osterburken. i, Stuttgart 1990, pp. 709-711, nrr. 913-914; P. m. nigdelis, epigraphika Thessalonikeia, Thessaloniki 2006, nr. 38). Per quanto riguarda le magistrature locali e i sacerdozi, si ricorda C. Baebius c. f. cla. Hispo (vd. sotto e 1), che poté annoverare sia cariche municipali sia l’augurato (vd. sopra), documentato pure da cil, iX 6179. i gentilizi attestati sono generalmente presenti anche negli altri centri apuli, ad esclusione di quelli già segnalati (vd. anche sotto), mentre alcuni cognomi risultano rari (vd. cil, iX 276-277 e qui E 1). Si registra quindi il grecanico Symphoros (CIL, IX 285). Per quanto attiene all’aspetto economico-produttivo, l’attuale documentazione mostra, per l’età romana, un assetto territoriale che sembra contemperare la proprietà piccola e media con quella di ampie dimensioni, evidentemente appannaggio di importanti famiglie, localizzabile soprattutto nella cimosa litoranea e nel comparto murgiano - caratterizzato verosimilmente dalla cerealicoltura e dall’allevamento (mangiatordi 2010a; ead. 2011, pp. 111-134, 415-440) -, come attestano gli interessi nella zona dell’aristocrazia senatoria (vd. sotto e 2, ma anche il supplemento di A. mangiatordi sull’Ager inter Gnathiam et Barium in questo stesso volume); la consistente presenza di prediali (vd. sopra); la modesta diffusione di insediamenti rurali, pur di incerta consistenza, nonché di alcune villae di profilo medio-alto (vd. sopra e Mangiatordi 2011, pp. 431-433); la attestazione, nei vicini municipia di Rubi, Barium, Butuntum, Gnatia, di proprietà fondiarie imperiali, senatorie o comunque riconducibili a investitori legati a importanti famiglie non di origine locale, che potrebbero aver interessato la dinamica economico-produttiva espressa nell’agro celino (Pani 1989; c. S. Fioriello, in Suppl. ital., 23, 2007, pp. 24-25; id. 2008; id. 2010; Silvestrini 2005, pp. 100-108, 111, 114-116, 204-213; chelotti 2007, pp. 169-177, 182-183, nrr. 10-12; Mangiatordi 2010a; Ead. 2011, pp. 111-134, 415-440, con bibliografia). Si rifondono qui esiti della raccolta da me curata (Fioriello 2010; Id. c.s.), in collaborazione con la collega A. mangiatordi, delle iscrizioni di caelia, tra cui alcune edite nei lavori di chelotti, morizio, Silvestrini 1988, pp. 453-454, nrr. 909-911 e mangiatordi 2010b; ead. 2011, pp. 40, 164-168, nr. 17; pp. 254-255, nr. 95. È stata riconsiderata e emendata, oltre alla storiografia locale (Roppo 1921, in particolare pp. 156-161, e le informazioni proposte in ceglie 1998), anche la silloge redatta da Marin 1982, pp. 15-19, nrr. 1-9, con bibliografia precedente, tr a es tto cAeliA 45 nonché le fonti sette-ottocentesche, tra le quali assai utili restano Mola 1792; Id. 1795; corcia 1843-1847, pp. 497-502, dove si conservano notizie e indicazioni sul luogo e sulle modalità di rinvenimento delle epigrafi. le iscrizioni cil, iX 277, 279-281, 6179 sono state recuperate nel settore centro-settentrionale di caelia, in particolare nei pressi della Badia di Sant’Angelo, evidentemente spazio adibito a necropoli in età romana. nel medesimo comparto sono state ritrovate altresì sia la lastra per c. Baebius c. f. cla. Hispo (vd. sotto e 1) sia l’iscrizione cil, iX 278. Si può peraltro riconoscere anche nel settore o-So di caelia, nella contrada Aia di cristo, la presenza di una necropoli di età romana, indiziata tuttavia - allo stato attuale - soltanto dall’epigrafe e 2: se il luogo di ritrovamento, lungo l’attuale via loseto (Roppo 1921, p. 156), coincidesse con quello dell’originaria collocazione, il monumento sarebbe individuato in un’area chiaramente extra moenia attraversata dall’antico percorso stradale eo proveniente da Butuntum e riorganizzato poi dalla via minucia/via Traiana (Fioriello 2002, pp. 95-108; Mangiatordi 2011, pp. 58-68), quindi in uno spazio per il quale è plausibile la pertinenza alla sfera funeraria. Da siti non meglio specificati di Ceglie del Campo, invece, provengono due titoli funerarî (CIL, IX 275-276), irreperibili. Peraltro Roppo 1921, p. 156 dà notizia di un’iscrizione distrutta, mai in precedenza valorizzata, rinvenuta lungo via G. martino (già via Scesciola, dunque in contrada Sant’Angelo), che altresì lumeggia la condizione di difficoltà nella quale dovevano dispiegarsi la ricerca e la tutela del patrimonio archeologico celino ancora nei primi lustri del Novecento: “Così a via Scesciola, in un giardino di Palella michele, rinvennesi altra epigrafe, asportata dal luogo e distrutta, senza che nessuno l’avesse interpretata. Simile sorte sarebbe toccata alla iscrizione lapidaria di Gaio Bebio […], se non avessi dissuaso il proprietario dal deporre l’idea di farne un lastrone per loggia”. Alla porzione meridionale del territorio celino va ascritta l’opistografa rinvenuta nella necropoli connessa alla villa di Adelfia-Tesoro, acquisita nel 1914 ai fondi dell’Archäologische Sammlung der Universität zürich e recentemente rintracciata (vd. sotto e 3). nel complesso dunque delle dodici epigrafi attribuite a Caelia, allo stato attuale, dieci sono irreperibili e tali risultavano già poco dopo la scoperta. il rinvenimento delle iscrizioni è stato in ogni caso fortuito, non collegato alla ricerca archeologica, che, ancora parziale e lacunosa, negli ultimi anni si è rivolta soprattutto all’area della necropoli peucezia estesa nel settore centro-settentrionale dell’insediamento indigeno (vd. i contributi in ceglie 1998, con bibliografia), su cui in parte si sovrappone lo spazio funerario di età romana (Ciancio, Riccardi 2005, pp. 63-64, 66-66; Fioriello c.s.: pure si rimanda ai rapporti di scavo presentati in ceglie 1998). non è stato, invece, considerato pertinente a caelia il miliare della via Gellia cil, i2 2978, ritenendosi la località in cui esso fu visto, nei pressi di modugno, facente parte del territorio di Barium (chelotti 1991, pp. 29, 34-35, nr. 2 = Ae 1991, 504; Fioriello 2002, pp. 88-89, 95 sgg., nr. 2.1.1; Silvestrini 2005, p. 106; ceraudo 2008, che peraltro sostiene l’ipotesi di assimilare tr a es tto 46 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi la via Gellia, nota esclusivamente dal suddetto miliare, alla strada “a Varis per compendium Tarentum LX m.p.”, su cui vd. anche sopra). Neppure viene qui censita l’iscrizione greca iG XiV (1890), p. 183, nr. 686, perché di età medievale (Silvestrini 2005, p. 109, nt. 3). il lavoro di censimento, aggiornamento e revisione delle iscrizioni latine di Caelia è stato impostato nell’ambito degli studi confluiti nel volume “Le città della Puglia in età romana. Spazi e strutture, Bari c.s.”, condotto con il coordinamento scientifico della prof.ssa Raffaella Cassano, e perfezionato anche per la disponibilità della prof.ssa marcella chelotti, che ha accompagnato l’indagine storica ed epigrafica con consigli e suggerimenti. Si ringraziano pure i proff. Silvio Panciera e Gian Luca Gregori per il sostegno garantito alla ricerca qui presentata. Le fotografie proposte si devono alla cortesia della dott.ssa Roberta Giuliani, funzionario della Provincia di Bari (per e 1), e della dott.ssa elena mango - già conservatore presso l’Archäologische Sammlung der Universität zürich -, con la collaborazione di Silvia Hertig (per e 3). (c. S. F.) d - Aggiunte e coRRezioni Ai monumenti epigRAfici compResi nelle RAccolte che si AggioRnAno cil, iX 275. Tipologia del supporto, in pietra calcarea, ignota. 53 x 32,5 x 12; alt. lett. ? (da Ruggiero 1888, p. 509). - Rinvenuta genericamente a ceglie del campo nel 1794, durante gli scavi condotti da Vincenzo carmosini. - irreperibile. - mola 1795; corcia 1843-1847, pp. 497-502; Ruggiero 1888, p. 509; Roppo 1921, p. 158; marin 1982, pp. 16-17, nr. 2; chelotti, morizio, Silvestrini 1988, p. 454, nr. 912. - interpunzione regolarmente utilizzata. Caratteristiche paleografiche non rilevabili. - L’epitafio ricorda D. Apertius Secundus, veterano della legio secunda Traiana Fortis, al quale pose l’iscrizione la moglie iulia Varia. il gentilizio del defunto (Solin, Salomies, Repertorium, p. 18) è attestato solo da questa iscrizione in tutta la regione (Musca 1966, p. 125), al contrario del cognome (Solin, Salomies, Repertorium, p. 399; Solin, Sklavennamen, p. 149; Kajanto, cognomina, pp. 74-77), ben documentato in Apulia (musca 1966, p. 190; marangio 1990, p. 163; id. 1995, p. 142; id. 2008-2009, p. 153; id., Tuzzo 2002, p. 66), e dell’onomastica della dedicante: il gentilizio (Solin, Salomies, Repertorium, p. 98) è diffuso anche localmente (musca 1966, p. 158; marangio 1990, pp. 143-144; id. 1995, 139; id. 2008-2009, p. 149; id., Tuzzo 2002, p. 60), mentre il cognome Varia (Solin, Salomies, Repertorium, p. 399; Solin, Sklavennamen, p. 149; m. Kajava, in Arctos, XXi, 1987, pp. 37-41) appare comunque circoscritto alla parte settentrionale della regio secunda, in particolare a Benevento, larino, canosa ed eclano (musca 1966, p. 201; marangio, Tuzzo 2002, p. 67). la presenza di un vetera- tr a es tto cAeliA 47 no a caelia è stata collegata ad una distribuzione di terre nell’agro celino successiva a quella documentata dal Lib. Col., II, 261-262, 9 L. (Chelotti, Morizio, Silvestrini 1988, p. 454). - datazione: seconda metà del ii sec. d.c. 276. lastra in pietra calcarea. ignote le dimensioni del supporto e l’altezza delle lettere. - Rinvenuta genericamente a ceglie del campo, al di sopra di una tomba, in data e circostanze ignote. - irreperibile. - mola 1792, pp. 84-88; Roppo 1921, p. 157; marin 1982, pp. 17-18, nr. 4. - interpunzione regolarmente utilizzata, anche all’inizio di r. 2. caratteristiche paleografiche non rilevabili. MV in nesso a r. 2. - L’epitafio ricorda P. Gellius Somus, liberto di una donna della gens Gellia. il gentilizio (Solin, Salomies, Repertorium, p. 86) risulta raro nella regione (musca 1966, p. 152; marangio 1990, p. 140), mentre il cognome è documentato, se la lettura è corretta, solo da questa iscrizione. Alle poche testimonianze del nome Gellius, concentrate soprattutto in area irpina e a canosa, si può ora aggiungere l’attestazione del pretore l. Gellius l. f., al quale si deve la costruzione della via Gellia, menzionato sul miliare rinvenuto a modugno, ager di Barium, non lontano da caelia (su cui vd. sopra c). - datazione: non si hanno elementi utili per una precisa datazione, che può essere indicata fra i e ii sec. d.c. per il formulario e l’impianto del testo. 277. lastra in pietra calcarea. ignote le dimensioni del supporto e l’altezza delle lettere. - Verosimilmente riutilizzata nelle murature della Badia di Sant’Angelo, ora distrutta, dove fu vista fino agli inizi del XX secolo. - irreperibile. - mola 1792, pp. 84-88; Roppo 1921, p. 157; marin 1982, p. 18, nr. 5. - 3 [co]nFeRVndVS marin. - interpunzione utilizzata a rr. 1 e 4. Caratteristiche paleografiche non rilevabili. T longa e AE in nesso a r. 1. L’epitafio è stato posto a Lautinia Panthera, liberta di una donna della gens Lautinia, dal marito conferundus. il gentilizio (Schulze, eigennamen, p. 179) è scarsamente attestato in genere nell’italia centro-meridionale (cil, Vi 2903; X 4956, da Venafrum, su cui S. capini, molise. Repertorio delle iscrizioni latine. Venafrum, campobasso 1999, p. 122, nr. 140; Ae 1975, p. 72, nr. 266, da Paestum, su cui m. mello, G. Voza, le iscrizioni latine di Paestum, napoli 1968, p. 229, nr. 155) e localmente solo da questa iscrizione, come pure il cognome Panthera (Solin, Personennamen, p. 1065; id., Sklavennamen, p. 508), documentato soltanto un’altra volta a Venosa (musca 1966, p. 175). Raro pure il cognome del dedicante (Solin, Salomies, Repertorium, p. 317; Kajanto, cognomina, p. 360), testimoniato nella regione solo da questo epitafio: peraltro l’onomastica ridotta ad un solo elemento, pur in assenza dell’indicazione della condizione giuridica, consente di ritenere conferundus ancora schiavo. - datazione: seconda metà del i-ii sec. d.c. per il formulario e l’impianto del testo. 278. iscrizione in due frammenti (a+b) non combacianti. ignote le dimensioni del supporto e l’altezza delle lettere. - Rinvenuta nel 1834 a carbonara. - irreperibile. - Roppo 1921, p. 158; marin 1982, p. 17, nr. 3. - interpunzione regolarmente utilizzata. Caratteristiche paleografiche non rilevabili. T longa a r. 2. - L’iscrizione, probabilmente funeraria, è stata posta a quattro personaggi dei quali non è possibile stabilire da quali rapporti fossero legati. Peraltro, la lacunosità del testo rende difficile proporre un’integrazione per OSSVCID a r. 1, forse parte dell’onomastica di tr a es tto 48 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi un altro personaggio, dunque [- - -]ossucid[io?]: è possibile, infatti, che si tratti di un gentilizio con suffisso -idius (su cui Schulze, Eigennamen, pp. 432-438) da un nome in -ossius (su cui Solin, Salomies, Repertorium, p. 268), per esempio Rossius, attestato nella regio secunda a Venusia (cil, iX 424). l’onomastica del secondo personaggio menzionato, l. licinius macer, è ben documentata nella regione: il gentilizio (Solin, Salomies, p. 104) trova attestazione anche localmente (musca 1966, pp. 161162; marangio 1990, p. 145; id. 1995, p. 139; id. 2008-2009, p. 150), in particolare nel vicino municipium di Barium (cil, iX 296; chelotti 1991, pp. 33, 35-36, 42, nrr. 3, 10) e di Rubi (cil, iX 6185, su cui m. chelotti, in Suppl. ital., 5, Roma 1989, p. 18), nonché sull’instrumentum nel territorio di Azetium (su cui mangiatordi 2011, p. 171, nr. 6 e altresì il supplemento di A. mangiatordi sull’Ager inter Gnathiam et Barium in questo volume), mentre il cognome (Solin, Salomies, Repertorium, p. 355; Solin, Sklavennamen, p. 47) appare circoscritto alla parte settentrionale della regione (musca 1966, p. 164; marangio 1990, p. 147; id., Tuzzo 2002, p. 61). diffusa pure l’onomastica di Antonia Rufa (su cui Solin, Salomies, Repertorium, p. 17, per Antonia; Solin, Sklavennamen, p. 54, per Rufa), documentata anche localmente (musca 1966, pp. 124-125, 186; marangio 1990, pp. 122, 160-161; id. 1995, pp. 135, 142; id. 2008-2009, pp. 145, 153; id., Tuzzo 2002, pp. 53-54, 65). non altrimenti attestato pare il gentilizio Bimius, che già il mommsen proponeva di correggere in dasimius, nome di origine illirico-veneta (Schulze, eigennamen, p. 44), attestato nella parte settentrionale della regione, soprattutto a canosa, nonché a Brindisi e localmente, a Rubi, nella forma dasumius (musca 1966, p. 141; marangio 1990, p. 133; id. 1995, p. 137; id. 2008-2009, p. 147). nel medesimo comparto territoriale risulta documentato pure il cognome Flaccus (Solin, Salomies, Repertorium, p. 332; Solin, Sklavennamen, p. 56, nonché, per l’ambito locale, musca 1966, p. 149; marangio 1990, p. 138; id. 1995, p. 138; id., Tuzzo 2002, p. 58). Quanto alla condizione giuridica dei tre personaggi, la probabile omissione della filiazione da parte di L. Licinius Macer potrebbe suggerirne la condizione di liberto. da segnalare pure l’indicazione, non comune, della filiazione espressa con il cognome nell’onomastica di A. Dasimius (?) Flaccus. - datazione: i sec. d.c. ? sulla base delle attestazioni dei gentilizi e dell’impianto del testo. 279. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto; alt. lett. 15. - l’iscrizione fu vista dal mola nel cortile della Badia di Sant’Angelo, ora distrutta. - irreperibile. - mola 1792, p. 84; Roppo 1921, p. 158; marin 1982, p. 18, nr. 7. l’iscrizione conserva l’epiteto Sarmaticus maximus, che compare nella titolatura di Massimino, dal 236 o dal 237 d.C., e di Diocleziano, che ottenne il titolo quattro volte, nel 285, 289, 294, 299 o 300 d.c. (d. Kienast, Römische Kaisertabelle. Grundzüge einer römishen Kaiserchronologie, darmstadt 19962, pp. 184, 268). in assenza di ulteriori dati, risulta impossibile stabilire a quale imperatore fosse dedicata l’iscrizione e sembra altresì poco convincente l’ipotesi di ricondurre la dedica all’iniziativa del princeps nella costruzione di un edificio pubblico. 280. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto; alt. lett. 12. - l’iscrizione fu vista dal mola nel cortile della Badia di Sant’Angelo, ora distrutta. - irreperibile. - mola 1792, p. 84; Roppo 1921, p. tr a es tto cAeliA 49 158; marin 1982, p. 19, nr. 8. - l’eccessiva frammentarietà dell’iscrizione non consente di avanzare alcuna integrazione; plausibile parrebbe l’ipotesi della marin di leggere a r. 1 la parte finale forse di un gentilizio, [Postu]mius ovvero [Septi]mius, non attestati però localmente, ma solo nella parte settentrionale della regione e a Brindisi (musca 1966, pp. 180, 191; marangio 1990, pp. 157, 164; id. 2008-2009, p. 153). 281. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto, l’altezza delle lettere e le caratteristiche paleografiche. - Rinvenuta nell’atrio della Badia di Sant’Angelo in data e circostanze ignote. - irreperibile. - dell’iscrizione funeraria si conserva soltanto l’indicazione dell’area sepolcrale, pari a 12 piedi di profondità. l’assenza dell’indicazione della seconda misura, in fronte, sembra suggerire la lacunosità del testo. 285. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto, l’altezza delle lettere e le caratteristiche paleografiche. - Rinvenuta in data e circostanze ignote, probabilmente a carbonara, dove la attesta il mommsen nella villa di tale Giovambattista mola. - irreperibile. - Baldassarre 1966, p. 50, nr. 4; chelotti, morizio, Silvestrini 1988, p. 453, nr. 909; chelotti 1991, p. 33. - l’iscrizione, che ricorda Symphoros, figlio di Antioco, originario di Caesarea Tralles, è stata attribuita a Barium sia dal mommsen sia dagli editori successivi. in realtà, considerato il probabile ambito topografico di rinvenimento (vd. sopra), lo stesso peraltro di CIL, IX 278, l’iscrizione parrebbe potersi attribuire all’ager di caelia, che appunto doveva comprendere anche Carbonara, attuale quartiere di Bari (Silvestrini 2005, p. 109, che pure, però, a p. 105, attribuisce l’iscrizione a Barium). 6179. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto, l’altezza delle lettere e le caratteristiche paleografiche. - Rinvenuta nell’aia della Badia di Sant’Angelo in data e circostanze ignote. inesatta la ricostruzione delle vicende successive al rinvenimento fornita da marin 1982: l’iscrizione fu vista in loco solo dal Roppo, ma non dal mommsen, il quale poté, invece, esaminare solo la trascrizione ovvero l’apografo che gli inviò Alessandro loehrl (su cui e 3). - irreperibile. - Roppo 1921, p. 159; degrassi 1967, p. 85; Marin 1982, p. 18, nr. 6. - L’iscrizione funeraria, nella quale è andata completamente perduta l’onomastica del defunto ovvero dei defunti, conserva la menzione di un Aug(ustalis) (così già cil, iX, p. 791) ovvero di un Aug(ur), peraltro attestato a caelia nell’iscrizione e 1: tuttavia, la frammentarietà del testo tràdito non consente di desumere elementi cogenti a favore dell’una o dell’altra ipotesi. eph. ep., Viii 71. Vd. e 3. e - monumenti epigRAfici Riediti o nuovi 1. lastra in pietra calcarea, di forma rettangolare. Varie scheggiature interessano la superficie, soprattutto a r. 3. 64 x 160 x 20; alt. lett. 10-8. - Rinvenuta tr a es tto 50 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi nell’agosto del 1900 in contrada San nicola, sulla strada comunale Sant’Angelo. - Acquisita dal Museo Archeologico Provinciale di Bari, nel 1909, con inv. nr. 4404, è attualmente conservata presso il deposito allestito nel complesso di Santa Scolastica a Bari. - Autopsia 2010. - Gervasio 1911, pp. 3-6; Roppo 1921, pp. 160-161; Ribezzo 1925, p. 67 (= Ae 1926, 141); degrassi 1967, p. 85 (= Ae 1966, 101); marin 1982, pp. 15-16, nr. 1; Russi 1983, pp. 154-155, nr. 8; chelotti, morizio, Silvestrini 1988, pp. 453-454, nr. 910 (= Ae 1988, p. 96, nr. 367). C(aius) Baebius C(aii) f(ilius) Cla(udia) Hispo, IIII vir aed(ilis), IIII vir i(ure) d(icundo), a[u]g(ur), quinq(uennalis) cens(oria) potest(ate). 3 AVG(VSTAliS) Gervasio, AVG(VR) degrassi, marin. - lettere regolari, incise con solco abbastanza profondo su linee guida ancora visibili. P con occhiello aperto a r. 4. - l’iscrizione, rinvenuta in un’area necropolare, aveva verosimilmente destinazione funeraria. Ricorda c. Baebius Hispo, che aveva ricoperto le più alte cariche municipali: l’edilità, il quattuorvirato iure dicundo, il quattuorvirato quinquennale in un anno del censimento e l’augurato, cui rimanda l’abbreviazione AVG. a r. 3, che difficilmente può aver indicato, invece, in questo contesto, la carica di augustalis, di norma ricoperta da liberti (R. duthoy, in epigr. Stud., Xi, 1976, pp. 143-214; id., in Auf. und nied. der Röm. Welt, ii, 16.2, 1978, pp. 1254-1309; A. Abramenko, die munizipale mittelschicht im kaiserzeitlichen italien: zu einem neuen Verständnis von Sevirat und Augustalität, Frankfurt am main 1993, in particolare pp. 234-243 sulla regio secunda). degna di nota è la menzione della tribù claudia, attestata per i cittadini romani di caelia anche da un latercolo di pretoriani del 179 d.c. (cil, Vi 2382 b 33: vd. sopra). Alla tribù claudia erano ascritti i cittadini romani di altri centri della Peucezia (m. Pani, in Ric. e Stud., iX, 1976, pp. 119-132), sicuramente quelli di Rubi e di Barium (M. Chelotti, in Suppl. Ital., 5, 1989, p. 15; ead. 1991, pp. 36-37, nr. 4). il gentilizio Baebius (Solin, Salomies, Repertorium, p. 31) è ben documentato nella regio secunda, soprattutto nella parte tr a es tto 51 cAeliA centro-settentrionale dell’Apulia (musca 1966, p. 130; marangio 1990, p. 126; id. 1995, p. 136; id., Tuzzo 2002, p. 54), mentre il cognome Hispo (Kajanto, cognomina, p. 42) non risulta altrimenti attestato né localmente né nella regione. - datazione: prima metà del I sec. d.C. per i caratteri paleografici e per l’impostazione del testo. 2. ignote la tipologia e le dimensioni del supporto e l’altezza delle lettere. - Rinvenuta a ceglie del campo, in via loseto, in data e circostanze ignote. irreperibile. - Roppo 1921, p. 156; marin 1982, p. 19, nr. 9; chelotti, morizio, Silvestrini 1988, p. 454, nr. 911. Roppo: leggerei: ------? [- - -] Silan[us vel -o - - -] [- - -] M[- - -] ------? Caratteristiche paleografiche non rilevabili. - Del personaggio menzionato si è conservato il solo cognome, Silanus, che potrebbe connettersi a un ramo della famiglia dei Giunii, tenendo conto della notizia, tramandata da Tacito (Ann., XVi, 8-9, 1), relativa all’esilio a Bari del senatore L. Iunius Silanus Torquatus (su cui PiR2 I, 838), figlio del console del 46 d.C. La M a r. 2 potrebbe, infatti, indicare la filiazione, con omissione dunque del gentilizio, secondo una formula che trova confronto in ambito urbano, dove m. Silanus m. [f. ---] è registrato fra i Salii Palatini degli anni 36-40 d.C. (S. Panciera et Alii, in Epigrafia e ordine senatorio. I. Atti AieGl, i-ii, Roma 1982, pp. 606-609 = Ae 1985, p. 15, nr. 41). la medesima formula onomastica sembra peraltro potersi riconoscere sui bolli provenienti da Turi (mangiatordi 2011, p. 172, nr. 8; si veda anche il supplemento di A. mangiatordi sull’Ager inter Gnathiam et Barium in questo volume) e quindi collegabile ancora una volta al console del 46 d.C. Possibile è pure che la filiazione fosse indicata nella prima linea e che dunque a r. 3 fosse espressa l’indicazione dell’avo, M(arci) nepos, con riferimento a M. Iunius Silanus Torquatus, console del 19 d.C. In entrambi i casi, l’iscrizione sembra documentare interessi fondiarî nella zona da parte dei Giunii Silani, che potrebbero spiegare la scelta della casa imperiale di esiliarne uno dei membri a Barium. - datazione: seconda metà del i sec. d.c. 3. (= eph. ep., Viii, 1899, p. 15, nr. 71). lastra in marmo bianco di forma irregolarmente rettangolare, opistografa (A, B) per riutilizzo. Sul lato B, frammentario, si conserva, nel margine superiore, la cornice modanata, definita da due cordonature aggettanti. 30 x 28 x 2,8; alt. lett. di A: 4,4-3,2; di B: (3). - Rinvenuta durante lavori agricoli, nel luglio del 1883, a canneto di Bari, in località Tesoro. do- tr a es tto 52 c. S. FioRiello - A. mAnGiAToRdi nata ad Alessandro Loehrl, fu immessa nella Antiquarische Gesellschaft di Zurigo nel 1888, per poi passare, insieme agli altri reperti della collezione, al museo nazionale di zurigo, dove già nel 1890 risulta inventariata con il nr. 4043. nel 1914 la collezione archeologica del museo nazionale fu lasciata in deposito nella raccolta archeologica dell’Università di zurigo (sull’iscrizione, recentemente rintracciata e riacquisita al patrimonio epigrafico della regione, e sulle vicende successive al rinvenimento, mangiatordi 2010b). - Attualmente è custodita presso l’Archäologische institut der Universität zürich, con inv. nr. 2154. - non vidi. - Fiorelli 1883, p. 350; Schneider 1889, pp. 154-155; Ulrich 1890, p. 5, nr. 4043; Blümner 1911, p. 17, nr. 2020; mangiatordi 2010b, pp. 167-193; ead. 2011, pp. 164-168, nr. 17. 5 A D(is) M(anibus). Ursulus vixsit an= nis XXXXV. Fe= cit coiux be= ne m(e)r(enti) fecit. B ------? [- - -] S? [- - - ] ------? A B A 3. ViXiT Blümner; A 5-6. B(e)ne m(e)R(enTi) Ulrich, B(e)ne m(e)R(e)nTi Blümner. - lettere capitali apicate profondamente incise, tendenti al corsivo soprattutto nella m a rr. 1, 6; nella V a rr. 2-5; nella l a r. 2; nella F a rr. 4, 6; S nana a r. 2. Utilizzo non regolare dell’interpunzione, triangolare, impiegata soltanto a r. 1, nonché a rr. 4 e 6 in funzione di interpunzione sillabica (esempi in cil, iX 1520; 3721; 4028; Schneider 1889, p. 155. in generale, cil, iX, p. 798). la ripetizione del verbo fecit a rr. 4-5 e 6, dovuta ad un errore del lapicida, ha comportato l’omissione del nome della dedicante. - L’epitafio, che si apre con l’invocazione agli Dei Mani, è posto ad Ursulus, morto a quarantacinque anni, dalla moglie, della quale è omessa l’onomastica. Il cognomen Ursulus, abbastanza diffuso in ambito urbano (Kajanto, cognomina, p. 330; Solin, Sklavennamen, p. 158), è attestato anche nella regio secunda, ma soltanto nella parte centrosettentrionale dell’Apulia (musca 1966, p. 201; marangio 1990, p. 170), mentre non è documentato localmente. l’onomastica ridotta ad un solo elemento, pur in mancanza della condizione giuridica, consente di ipotizzare che il defunto (e anche la moglie) fosse di condizione servile. - datazione: seconda metà del ii sec. d.C. per i caratteri paleografici e per il formulario. tr a es tto cAeliA 53 B L’epitafio (A) è stato inciso sul retro di una precedente epigrafe, frammentaria, di cui rimane traccia di una lettera, forse la parte superiore di una S apicata. Il materiale impiegato - marmo bianco di buona qualità, peraltro raramente utilizzato nelle officine lapidarie locali e in genere soltanto per monumenti di particolare pregio e destinazione (G. Susini, in Arch. Stor. Pugl., 22, 1-4, 1969, p. 45; Id., Epigrafia romana, Roma 1982, p. 63) -, unitamente alle dimensioni della lettera superstite, suggerisce per questa più antica iscrizione carattere monumentale e committenza forse elevata, ma sicuramente agiata, sebbene la lacunosità del testo e del supporto non consenta di individuarne la tipologia di appartenenza. - datazione: è possibile soltanto stabilire un generico terminus ante quem alla seconda metà del II sec. d.C. (A. m.) tr a es tto indici (A. M.) nomi c. oRgAnizzAzione e vitA municipAle Baebius c. f. Hispo, 1 cognomi Hispo: c. Baebius c. f. Hispo, 1 Silanus: [---] Silanus m[---], 2 Ursulus, 3 tRiBù claudia: cla(udia), 1 dei, dee, eRoi dii manes: d(is) m(anibus), 3 manes: vd. dii manes sAceRdoti e vitA ReligiosA a[u]g(ur), 1 iiiivir aed(ilis), 1 iiiivir i(ure) d(icundo), 1 quinquennalis censoria potestate, 1 pARole notevoli annus: annis, 3 benemerens: bene m(e)r(enti), 3 coniunx: coiux, 3 facio: fecit, 3 (due volte) vivo: vixsit, 3 pARticolARità linguistiche coiux pro coniunx, 3 vixsit pro vixit, 3