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I “confini” nel diritto privato comparato

2011

N. 3 FEBBRAIO 2011 • Anno XXVII RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate ISSN 1593-7305 LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA Estratto: FILIPPO VIGLIONE I «conini» nel diritto privato comparato I «CONFINI» NEL DIRITTO PRIVATO COMPARATO [,] di Filippo Viglione Sommario: 1. Il declino del concetto di «confine»? – 2. Il diritto comparato alla prova del processo di globalizzazione. – 3. Gli spazi del diritto e la geopolitica: nuove sfide per il metodo della comparazione. – 4. Un nuovo ordine globale e i movimenti delle famiglie giuridiche. – 5. Mutamenti dell’oggetto della comparazione e degli strumenti di interpretazione. – 6. Economia, diritto e istituzioni nella prospettiva comparatistica. – 7. Dall’oggetto alle funzioni della comparazione: il problema dell’uniformazione del diritto. – 8. L’ordine economico internazionale e le «guerre» tra famiglie giuridiche. – 9. Ancora su Doing Business ed il suo impatto sul metodo della comparazione. – 10. Omologazione delle regole ed efficienza economica: il discorso comparatistico tra somiglianze e differenze. – 11. L’ordine giuridico mondiale nella politicità dello sviluppo giuridico. – 12. Politicità ed economia delle regole giuridiche: una mappa del cambiamento. – 13. Sulla teoria dei trapianti giuridici nel quadro del diritto globale. – 14. Le mappe, i confini e il rischio della superficialità. 1. Il declino del concetto di «confine»? Il dibattito sui rapporti che legano il fenomeno della globalizzazione ed il mondo del diritto scopre quotidianamente nuovi orizzonti, talora legati alla necessità di cogliere aspetti positivi di mondializzazione dei diritti, altre volte destinati a segnalare zone d’ombra di varia natura. In un quadro complesso e manifestamente in movimento come quello attuale, un dato su cui pare raggiunta una parziale uniformità di pensiero riguarda la debolezza della tradizionale visione della sovranità, oggetto di concentrici attacchi provenienti, dal basso da livelli di produzione normativa locali, dall’alto da organizzazioni internazionali dotate di crescente potere non solo politico, e sulla cui crisi si innestano ulteriori numerosi fattori di frammentazione. È chiaro ad ogni osservatore della realtà che una progressiva presa di congedo dall’idea di sovranità, così come tradizional[,] Contributo pubblicato in base a referee. 162 mente intesa, travolga contestualmente anche il concetto di «confine» statuale, sulla cui base si sono costruiti i moderni Stati nazionali. Non sfugge, allora, il motivo di una crescente preoccupazione espressa da taluni comparatisti che, insieme ai confini nazionali, il diritto comparato non sia più in grado di rinvenire l’oggetto della comparazione, spiazzato da un lato dalla complessità indecifrabile delle fonti e dall’altro dall’omologazione normativa, guidata da alcuni protagonisti degli scenari globalizzati, come l’Organizzazione Mondiale del Commercio o la Banca Mondiale ( 1 ). In realtà, al di là di un possibile eccesso di stima del fenomeno, riconoscibile ove si consideri con sguardo distaccato il permanere di un considerevole ambito di sovranità legislativa e giudiziaria dei singoli Stati, l’habitus del comparatista dovrebbe aver sviluppato una metodologia di indagine tale da consentirgli di sopravvivere ad un mondo in cui i confini divengono sempre più «permeabili» o, secondo una definizione ormai consueta, «porosi» ( 2 ). Infatti, già nella decostruzione del sistema normativo, nell’analisi pragmatica del law in action, nell’indagine sincronica e diacronica delle regole operazionali, vero manifesto della comparazione giuridica, si palesa fin d’ora l’erroneità della prospettiva che vede nella comparazione una mera giustapposizione di regole provenienti da differenti ordinamenti giuridici, e pertanto legata al perdurare delle tradizionali forme degli Stati nazionali. Tuttavia, ciò non significa che il condizionamento che il processo di globalizzazione produce sul piano giuridico si esaurisca nella dimensione del diritto internazionale, quale problema di limitazione della sovranità c.d. ester- ( 1 ) Reimann, Beyond National Systems: A Comparative Law for the International Age, in 75 Tul. L. Rev. (2001), 1103 ss., 1115. ( 2 ) Santos, Law: A Map of Misreading. Toward a Postmodern Conception of Law, in 14 Journal of Law and Society (1987), 279 ss. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato na, poiché inevitabilmente esso coinvolge anche la, un tempo monolitica, sovranità interna, chiamata oggi a fare i conti con nuove forme di potere in qualche modo legittimate a definire regole giuridiche anche a carattere privatistico o quantomeno ad orientarne in maniera stringente le decisioni. Ne emerge un problema innanzitutto legato alle fonti del diritto, ed in particolare al riconosciuto svilimento della legge nazionale, che arretra secondo una logica orizzontale, di fronte agli spazi conquistati dall’economia finanziaria, dalla funzione regolamentare del contratto, dal protagonismo di organi giurisdizionali internazionali ( 3 ). Di fronte a un processo di spontanea riorganizzazione territoriale della sfera giuridica, che nasconde un trasferimento di funzioni dallo Stato al mercato o ad organizzazioni sovranazionali, anche l’idea di «confine» viene così a svuotarsi di significato, travolta dall’emergere di un «diritto sconfinato» ( 4 ), che ad esempio nella rete Internet vede una emblematica raffigurazione. È questo il modo in cui i confini dello Stato divengono, appunto, permeabili, poiché sopra di essi si muovono oggi regole giuridiche di primaria importanza, talora caratterizzate da un positivo universalismo e altre volte legate invece ad elementi personali non più neutralizzati dall’appartenenza al territorio statuale (si pensi ai diritti di matrice religiosa o al ritorno alla rilevanza dello status nella regolamentazione dei rapporti privatistici). Non è un caso che l’attenzione per i diritti umani abbia trovato l’occasione per una compiuta realizzazione teorica nella cornice del diritto globalizzato, quasi che solo il superamento dei particolarismi locali possa generare l’opportunità di una tutela universale dei diritti dell’uomo, con ciò tuttavia correndo il rischio di forzare eccessivamente le consuete dinamiche che guidano la produzione di regole giuridiche, e che com’è noto faticano a svincolarsi dalle differenze di storia, cultura, radici religiose e livelli di sviluppo sociale che connotano i differenti paesi. Certo è, dunque, che solamente un progressivo aumento di omogeneità nelle condizioni sociali ed economiche appare quale precondizione necessaria anche per una progressiva uniformazione delle regole giuridiche, mentre il percorso della globalizzazione sembra seguire una logica totalmente differente, in cui i movimenti vengono etero-determinati secondo la pressione di centri di potere transnazionali variamente identificati ( 5 ) ovvero secondo un processo di americanizzazione del diritto ( 6 ). Tutto ciò interroga in maniera diversa dal passato il diritto comparato, almeno sotto il profilo dell’oggetto da prendere in considerazione nell’analisi del fenomeno giuridico, che evidentemente è destinato ad allargarsi ridefinendo gli spazi di interrelazione con il diritto internazionale o con il soft law. A tale riguardo, da più parti si segnala come le trasformazioni nell’economia e nella finanza internazionali, con la soppressione dei vincoli territoriali ai processi produttivi e distributivi delle merci, producano ricadute anche dal punto di vista giuridico, con l’emersione su scala globale di nuove tipologie di confine, che si possono definire immateriali o dinamiche, le quali propongono un diverso denominatore comune, svincolato dall’elemento territoriale. Certamente, tuttavia, le recenti vicende legate alla crisi economica manifestatasi a partire dal 2008 hanno smascherato le affrettate conclusioni di quanti preconizzavano un rapido esaurimento degli apparati statali e delle sovranità nazionali, i quali hanno svolto un ruolo decisivo nella stessa loro riproposizione quale Stato finanziatore o proprietario. ( 3 ) Nessuno oggi potrebbe condividere la seguente definizione, proposta venticinque anni fa da parte di John Griffiths, per illustrare le logiche del c.d. centralismo giuridico: «law is and should be the law of the state, uniform for all persons, exclusive of all other law, and administered by a single set of state institutions» (Griffiths, What is Legal Pluralism?, in 24 Journal of Legal Pluralism (1986) 1 ss., 3). ( 4 ) Ferrarese, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Laterza, 2006. ( 5 ) Siems, Convergence in Shareholder Law, Cambridge University Press, 2008, passim. ( 6 ) Sull’ipotesi di americanizzazione del diritto, si vedano i saggi, con pluralità di accenti, contenuti nel volume L’américanisation du droit, in Archives de philosophie du droit, 45, Dalloz, 2001. Riflette sul «pericolo dell’americanizzazione del linguaggio e delle regole» anche Guarneri, Le alterne vicende del diritto e della lingua francesi, in Riv. dir. civ., 2010, I, 89. NGCC 2011 - Parte seconda 163 Aggiornamenti Queste preliminari osservazioni suggeriscono fin d’ora che, nella prospettiva comparatistica, la realtà venga analizzata in maniera complessa in relazione sia alle tradizionali divergenze che le regole giuridiche manifestano a livello dei singoli Stati nazionali o delle famiglie giuridiche che li raggruppano, sia alle nuove dinamiche che in parte han modificato, se non esaurito, la parabola evolutiva degli Stati moderni; ciò determina la consapevolezza che i rischi che globalizzazione e cosmopolitismo portano con sé possono trovare un modello di spiegazione proprio nel sorgere di nuovi confini, a carattere etnico, religioso, culturale o sociale. Tale presa di coscienza rappresenta anche un possibile rimedio a quelle tendenze semplificatorie che si sono manifestate in seno ad una certa dottrina comparatistica, che vede nei modelli matematizzanti di efficienza il paradigma di studio dei sistemi giuridici, da classificarsi seguendo uno schema numerico ( 7 ). 2. Il diritto comparato alla prova del processo di globalizzazione. L’adeguamento dei tradizionali metodi di ricerca delle scienze sociali alle trasformazioni della realtà globale coinvolge senza dubbio, dunque, anche le ricerche a carattere giuridico comparatistico, che più di altre hanno finora riflettuto sui rapporti tra le fondamenta epistemologiche delle strutture cognitive e la complessità del reale ( 8 ). Non sfugge, in proposito, quanto possa essere variegata l’influenza che il fenomeno della globalizzazione impone al ragionamento giuridico. Si pensi, ad esempio, alla necessità di risolvere ( 7 ) Il riferimento è, ad esempio, al report annuale della Banca Mondiale, il c.d. «Doing Business» il quale misura il livello di efficienza e competitività dei singoli stati nazionali. Tale classifica ricalca le teorie matematizzanti, espresse tra gli altri dagli studi di La Porta-Lopez de silanes-Schleifer-Vishny, Law and Finance, in 106 Journal of Political Economy (1998), 1113 ss., che tendono ad assegnare un punteggio legato all’efficienza delle singole regole vigenti in un dato ordinamento. Una riproposizione del tema è recentemente apparsa in La Porta-Lopez de silanes-Schleifer, The Economic Consequences of Legal Origins, in 46 J. Econ. Lit. (2008), 285 ss. ( 8 ) Cfr. Caterina, Un approccio cognitivo alla diversità culturale, in Id. (cur.), I fondamenti cognitivi del diritto, Bruno Mondadori, 2008, 205 ss. 164 in maniera globale alcuni problemi che si sono presentati nella società attuale, le cui soluzioni non possono risiedere se non in scelte uniformi, come avviene per le problematiche ambientali o per quanto attiene alla tutela della proprietà intellettuale e, in altro settore, in relazione al fenomeno del riciclaggio internazionale di denaro. Ma le sfide che la globalizzazione pone al diritto si manifestano altresì in relazione alla presenza di attori che non limitano il loro raggio di azione ai confini degli Stati nazionali, come avviene per alcune organizzazioni non governative ma anche per studi legali internazionali che contribuiscono alla creazione di un linguaggio, oltre che di regole, omogenei. La segnalata de-territorializzazione dei confini appare pertanto evidente ove solo si consideri quale ruolo guida è svolto dall’azione di soggetti privati multinazionali tanto nella redazione dei modelli contrattuali quanto nella soluzione arbitrale internazionale delle controversie. È questa l’influenza egemone di una cultura, anche giuridica, che interroga l’osservatore circa l’opportunità di un modello concorrenziale stimolato da gruppi di potere che mettono in competizione gli ordinamenti statali, nella ricerca di norme disegnate in relazione ai loro interessi. Nello stesso tempo, l’emersione dei nuovi confini segnala il rischio che le opportunità di vita e di ricchezza divengano ancora più asimmetriche, anche in corrispondenza ad un palese deficit di democraticità dei processi decisionali su scala globale. La comparazione giuridica, dunque, trova un momento di necessaria ridefinizione del proprio ruolo, in conseguenza delle trasformazioni che investono i sistemi giuridici contemporanei, segnate dalla nuova evanescenza dei confini. In questo senso, l’assestamento dell’ordine giuridico globale può certamente suscitare, in una determinata prospettiva, un primo disorientamento di fronte alla crescente complessità dell’oggetto di osservazione, come segnalano alcune provocatorie tesi che mettono in dubbio la stessa sopravvivenza di una reale possibilità di comparare ( 9 ). Tuttavia, simili preoccupazioni paiono destinate ad un su- ( 9 ) Siems, The End of Comparative Law, in 2 J. Comp. L. (2007), 133 ss. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato peramento, se si riflette sulla paradossale esigenza che proprio nel mondo globalizzato ogni giurista è chiamato a fare i conti con realtà nazionali non più completamente autonome, nelle quali il pluralismo giuridico ed i molteplici livelli di potere regolamentare impongono un ragionamento che presuppone una conoscenza ed una adeguata capacità di comparare. Come si è detto, in un certo senso, ogni giurista dev’essere oggi un vero comparatista ( 10 ). Non è un caso che la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti Lawrence v. Texas, nella quale, in una controversia relativa al problema delle convivenze tra persone dello stesso sesso, si è ammesso il ricorso alle pronunce di Corti costituzionali straniere ai fini di interpretare il dettato costituzionale, abbia suscitato una così vasta eco ( 11 ). Lo stesso uso giurisprudenziale della comparazione sembra supportato oggi da importanti movimenti di pensiero, che lo reputano efficace ausilio interpretativo e strumento idoneo a gettare una luce empirica sulle conseguenze che differenti soluzioni possono determinarsi da un comune problema giuridico ( 12 ). E tali caratteristiche della comparazione vengono enfatizzate dalla presenza di una realtà giuridica multilivello, in cui le interrelazioni tra ordinamenti sono segnate da influenze reciproche, il cui riconoscimento rappresenta l’indispensabile premessa per una loro compiuta comprensione. Al di là del significato o del giudizio di valo( 10 ) Twining, Globalization and Legal Theory, Butterworth, 2000, 255. ( 11 ) Lawrence v Texas 539 U.S. 558 (2003); al riguardo, si veda Barsotti, Privacy e orientamento sessuale. Una storia americana, Giappichelli, 2005. ( 12 ) Printz v United States, 521 US 898 (1997), 2377 (Breyer J). Com’è noto, il tema dell’uso giurisprudenziale della comparazione è da molto tempo al centro di un fecondo dibattito e di una particolare attenzione da parte della dottrina comparatistica; di recente sul tema, v. Somma, L’uso giurisprudenziale della comparazione nel diritto interno e comunitario, Giuffrè, 2001; Aa.Vv., L’uso giurisprudenziale della comparazione giuridica, Giuffrè, 2004; Canivet-Andenas-Fairgrieve (eds.), Comparative Law before the Courts, British Institute of International and Comparative Law, 2004; Smorto, L’uso giurisprudenziale della comparazione, in Eur. e dir. priv., 2010, 243 ss. NGCC 2011 - Parte seconda re che si vuole in concreto assegnare al fenomeno della globalizzazione, è indubbio, infatti, che siamo in presenza di un modello di governance globale ( 13 ) che si articola su molteplici livelli, ciascuno dei quali pare caratterizzato da differenti strumenti di regolamentazione della società ma anche di diversificate tecniche di interpretazione o di descrizione della realtà, che richiamano modelli giuridici alternativi e, in ultima analisi, famiglie giuridiche concorrenti. A questi livelli corrispondono differenti tipologie di «confine», che sorgono in relazione alle funzioni svolte territorialmente dalle singole istanze di governo; si pensi, ad esempio, al significato profondo che sul versante giuridico riveste il confine territoriale dell’Unione Europea, ben diverso dalla semplice somma dei confini degli Stati nazionali che la compongono. In questa prospettiva, si può cogliere una possibile linea di sviluppo dell’idea stessa di confine, che ridisegnata su piani talora diversi da quello territoriale, possa comunque soddisfare ad esempio l’esigenza di effettività nei processi democratici o sia in grado di contribuire ad un miglioramento nelle opportunità e nei diritti riconosciuti ad ogni persona ( 14 ). Al riguardo, si tende a riconoscere come proprio il rapporto tra diritto e territorialità sia particolarmente indebolito dagli effetti della globalizzazione, che suggeriscono una sua sostituzione con un diverso binomio maggiormente esplicativo dell’attuale realtà giuridica globale, rappresentato dal rapporto tra diritto e spazialità ( 15 ); quest’ultima categoria, con cui si supera l’idea che il territorio costituisca l’unico luogo della sovranità, spinge a cogliere le interconnessioni tra politica, economia, diritto e, con particolare riguardo a quest’ultimo aspetto, tra fonti diversificate di produzione normativa. ( 13 ) Si utilizza qui il termine governance nel significato proposto in seno alla Banca Mondiale, quale governo delle risorse economiche ed amministrative. Tale espressione viene generalmente contrapposta a government, termine con il quale si allude al governo politico delle singole nazioni. ( 14 ) Slaughter, A New World Order, Princeton University Press, 2004, passim. ( 15 ) Al riguardo, cfr. Pariotti, I diritti umani. Tra giustizia e ordinamenti giuridici, Utet, 2008, 99. 165 Aggiornamenti Il risultato di questo concorrente operare di fattori rende il fenomeno della globalizzazione difficilmente decifrabile, anche in ragione delle numerose ambiguità ed opacità che lo caratterizzano ( 16 ). Si riconosce, tuttavia, nello sterminato panorama dottrinale che si è occupato di questi temi, la presenza di una retorica tendenzialmente favorevole al nuovo ordine giuridico mondiale, che oltrepassa quello pubblico e internazionale, e mira all’omologazione delle regole; questo nuovo ordine globale colloca nella premessa del discorso la convinzione che ciascun sistema giuridico sia in grado di percorrere analoghi livelli di sviluppo, parametrati sul rispetto della c.d. Rule of Law, al punto da definire quale priorità nell’azione di governo delle organizzazioni internazionali il favorire un processo di colonizzazione giuridica che definisce, con la persuasione della forza economica, rinnovati processi di riforma. Dietro il velo della supposta spontaneità nella nascita di una nuova lex mercatoria, sembra dunque manifestarsi l’attuazione di un vero e proprio programma di taluni apparati istituzionali, tesi a legittimare un diritto delle transazioni economiche che si impone sulle leggi nazionali ( 17 ), ma anche a promuovere lo sviluppo di regole giuridiche locali, guidate da logiche estranee ai sistemi chiamati ad applicarle, per il tramite di varie agenzie internazionali per lo sviluppo. Proprio tale situazione spiega il motivo per cui Fondo Monetario Internazionale (di seguito IMF) e Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (conosciuta generalmente come Banca Mondiale, di seguito WB) propongono una retorica della Rule of Law, che esalta una presunta tecnicità apolitica delle regole giuridiche; queste tesi si dispiegano secondo una visione riflessa nei modelli matema( 16 ) Si segnalano al riguardo le critiche di Basil Markesinis al modo in cui la dottrina comparatistica affronta il tema della globalizzazione, mescolando in un calderone indistinto diritto, economia, politica, storia, così che alla pretenziosità delle analisi non corrisponda una possibile concreta utilità pratica (Markesinis-Fedtke, Engaging with Foreign Law, Hart Publishing, 2009, 365). ( 17 ) Monateri, La Costruzione giuridica del globale e lo scontro delle giustizie, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 677 ss. 166 tici di efficienza quantitativa, convogliati in report modello Doing Business della WB o del tipo Indicators of product market regulation dell’Ocse, così rendendo meno visibile il problema costante e mai risolto del deficit di democraticità delle istituzioni di Bretton Woods. In questo senso, colgono solo un dato parziale del fenomeno quanti ritengono che la mediazione politica degli interessi in gioco, caratteristica costante del diritto legislativamente creato dagli Stati, venga oggi sostituita dalla mediazione culturale dei giuristi, prendendo spunto dalla redazione dottrinale dei Principi dei contratti commerciali internazionali ( 18 ). È evidente, allora, un inquinamento della linearità del tradizionale discorso gius-comparatistico, che non può esimersi dal considerare nuove variabili, rilevandone le influenze e riconoscendo le possibili crisi di rigetto. Ciò allarga, come detto, l’oggetto delle indagini comparatistiche, ma ancora poco è in grado di dire circa il metodo della comparazione, del quale si impone una necessaria verifica, di fronte al fenomeno della guidata globalizzazione delle regole, ma anche in rapporto all’utilizzo di metodologie d’indagine che hanno conquistato uno spazio significativo soprattutto nell’ambito della dottrina statunitense. 3. Gli spazi del diritto e la geopolitica: nuove sfide per il metodo della comparazione. La territorialità degli Stati ed il monopolio statuale sulla produzione normativa hanno rappresentato fino ad oggi caratteristiche fondanti dell’assetto geopolitico, in cui lo spazio giuridico ed il territorio statale erano destinati a coincidere. In questo quadro, le dimensioni del diritto potevano essere comprese in relazione allo spazio fisico, disegnato con il tratteggio dei confini nazionali, all’interno dei quali tutti i principali attori si relazionavano in ( 18 ) L’opinione contestata, che valorizza l’apporto dottrinale, in parte obliterando il risvolto politico, è peraltro assai diffusa nella letteratura internazionale. Per un simile approccio, tra gli altri, Robé, Multinational Enterprises: The Constitution of a Pluralistic Legal Order, in Teubner (ed.), Global Law without a State, Dartmouth, 1997, 45 ss.; Galgano, Globalizzazione dell’economia e universalità del diritto, in Pol. dir., 2009, 177 ss. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato modo pressoché esclusivo con la sovranità statale. Questo modello di organizzazione del diritto inevitabilmente connetteva alla dimensione spaziale anche un profilo di appartenenza alla comunità, di modo che non era difficile riconoscere come le regole giuridiche fossero l’espressione univoca del «popolo» insediato all’interno dei confini. È noto invece come le dinamiche globali odierne suggeriscano un progressivo abbandono della esclusiva territorialità del diritto, che si manifesta in una molteplicità di direzioni, in un quadro nel quale ad esempio non solo le merci o i servizi ma anche le istituzioni e le regole giuridiche divengono oggetto di esportazione. La stessa appartenenza segnata dai confini nazionali perde, in certe prospettive, gran parte del proprio significato, considerato che la circolazione di merci e persone rompe l’unità stessa degli interessi nazionali e genera nuovi sentimenti di appartenenza legati non allo spazio ma al particolare status delle singole persone. Il giurista è, dunque, chiamato a fare i conti con l’osservazione di una mutata realtà geopolitica ma la cui direzione non pare aver raggiunto uno stadio di consolidata stabilità; è, infatti, interessante notare come il processo di de-territorializzazione del diritto sia in grado di generare reazioni differenti nei diversi contesti presi in considerazione e proprio l’analisi dell’impatto delle istanze della globalizzazione sul tessuto degli assetti tradizionali rappresenta un impegno necessario per la comprensione del diritto attuale. Non stupisce, a tale riguardo, che tra le reazioni possibili vi sia anche il tentativo di arginare la permeabilità dei confini, e ciò si legge in controluce nelle tesi di quanti, educati sul versante giuridico al positivismo statalista, criticano le nuove dinamiche del diritto globalizzato, ma può manifestarsi anche nell’argomento del deficit di democraticità delle organizzazioni sovranazionali. Le modalità con le quali si tenta di frapporre una barriera che recuperi un valore alla sovranità territoriale sono molteplici e alcune mostrano un elevato grado di pericolosità, come nei casi in cui si prospetti la creazione di nuovi confini territoriali, che circoscrivono comunità di dimensioni ridotte ma asseritamente più omogenee. Quest’ultimo fenomeno, peraltro, NGCC 2011 - Parte seconda trasmette un significato contradditorio, in relazione alla vita dei confini stessi, poiché da un lato rappresenta nel momento della loro genesi un chiaro segnale di affezione al concetto tradizionale, ma nella prospettiva della comunità internazionale esso «contraddice la delimitazione sovrana delle relazioni spaziali sistematizzata dal diritto internazionale sui confini statali» ( 19 ). Laddove ciò si realizzi, non è affatto prevedibile il destino delle regole che disciplinano la vita dei privati, né è lineare il percorso che conduce talvolta a trascurare cultura giuridica, tradizioni e mentalità locali a vantaggio di importazioni di regole di diversa tradizione. In fondo, tuttavia, la frapposizione di nuovi confini a base territoriale mostra uno degli aspetti contraddittori della globalizzazione, la quale se da un lato indebolisce l’idea stessa di sovranità statale, d’altro canto non la sostituisce con un vero senso di comunità globale. Proprio sulla distruzione delle plurali identità, realizzata attraverso i modi dell’uniformazione giuridica, si è insistito in tempi recenti, stigmatizzando la retorica dell’omogeneità delle regole quale premessa per lo sviluppo economico. Ed appare evidente, anche ad un’osservazione superficiale, come proprio la prospettiva di emersione di una realtà globalizzata abbia stimolato l’attenzione per la diversità, che rende indispensabile declinare al plurale alcune parole chiave nel lessico giuridico: i soggetti connotati dal personale status prendono il posto del soggetto di diritto, i diritti fondamentali e i diritti dell’uomo sostituiscono per molti aspetti l’idea di diritto soggettivo, e l’elenco potrebbe continuare con la rappresentazione plastica dei poteri e delle sovranità, delle proprietà e delle libertà ( 20 ). È, in fondo, quello che viviamo il periodo del pluralismo giuridico, nozione penetrata simultaneamente nel diritto internazionale, in quello comparato, nell’antropologia e nella sociologia giuridica, il che evidenzia quanto sia largo il consenso sul riconoscimento dell’esisten( 19 ) Margiotta, Il problema dei confini statali nell’ordinamento internazionale, in Ragion pratica, 2009, 423. ( 20 ) Il tema è l’oggetto delle pagine di Rodotà, La società al plurale, in Id., Repertorio di fine secolo, Laterza, 59 ss. 167 Aggiornamenti za di una pluralità di ordinamenti che disciplinano le relazioni, sia a carattere pubblicistico che privatistico. Anche queste dinamiche, che gli inizi del terzo millennio consolidano, interrogano in modo nuovo quanti vogliano utilizzare gli strumenti della comparazione per l’analisi della realtà giuridica. La consapevolezza del progressivo svuotamento di potere degli Stati nazionali aiuta a comprendere la ragione per cui se, da un lato, i confini tradizionali perdono significato e valenza epistemologica, d’altro canto nel contempo altri ne sorgono, ancor più rilevanti per la vita di ogni persona, pur privi del tratto caratteristico della loro fisicità. Tali nuove frontiere ripropongono la duplice natura inclusiva ed esclusiva, tipica di qualsiasi confine, aggregando i soggetti attorno a denominatori comuni ed ergendo muri per proteggerli contro chi non ne condivide l’appartenenza ( 21 ). Lo studio critico delle regole giuridiche non può dunque muovere da una manichea contrapposizione tra ordinamenti che riconoscono e accettano la Rule of Law, e ordinamenti antidemocratici, perché proprio nell’auspicata omologazione che tale dicotomia nasconde si annidano i rischi maggiori di un processo di uniformazione distorto. Al riguardo, le stesse istituzioni finanziarie internazionali fanno un utilizzo strumentale della pretesa distinzione tra diritto e politica, distinzione che appartiene, secondo l’opinione più diffusa, alla «tradizione giuridica occidentale»; l’esportazione di un modello occidentale, infatti, legittimata dalla neutralità delle strutture istituzionali proposte e dall’universalità della tutela dei diritti umani, cela in fondo una preferenza eminentemente politica per un modello predefinito di regolazione dei rapporti privatistici, fondato ad esempio sulla assolutezza dei diritti proprietari e sulla valorizzazione della sanctity of contract nelle relazioni contrattuali. È ancora una volta la complessità a fornirci la chiave di lettura per decifrare le nuove dinamiche proposte dalla globalizzazione; al loro interno si intrecciano i diritti fondamentali, la ( 21 ) Irti, Geo-diritto, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 21 ss. e in Id., Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Laterza, 2006, 109 ss. 168 difesa delle minoranze, la tutela dell’ambiente, talora anche approfittando delle «porosità» delle frontiere nazionali; nello stesso tempo ai diritti di nuova generazione si affiancano i processi di unificazione delle regole, dettati dal potere economico multinazionale, che si muovono primariamente attorno ai processi di globalizzazione dei consumi o dell’informazione, e che proprio dell’universalità dei diritti fondamentali fanno una personale arma di auto legittimazione e di obliterazione del discorso intorno ai diritti sociali ( 22 ). Non è un caso, infatti, che proprio nell’ambito della WTO e della WB si siano manifestate negli ultimi anni le più forti spinte propulsive per il riconoscimento o l’imposizione dei diritti umani, in conseguenza di una chiara strategia di inclusione degli aspetti «umanitari» che ha caratterizzato l’ultimo decennio di vita dei principali organismi di governo mondiale ( 23 ). 4. Un nuovo ordine globale e i movimenti delle famiglie giuridiche. La nuova definizione degli spazi di potere, fin qui descritti, ha posto al centro del dibattito macrocomparatistico, non solo come si è visto un nuovo oggetto di indagine, ma anche un ripensamento delle tradizionali categorie esplicative della realtà, collegate finora inscindibilmente alla presenza delle sovranità nazionali. Sotto il profilo giuridico, infatti, il processo di globalizzazione ha prodotto, com’è noto, una evidente de-formalizzazione del diritto, che coincide con l’emergere accanto al soggetto statale di nuovi centri di produzione giuridica e tale circostanza è destinata ad incidere innanzitutto sul piano descrittivo della realtà, anche quando ( 22 ) Somma, Giochi senza frontiere. Diritto comparato e tradizione giuridica, in Ars Interpretandi, 2003, 317 ss. ( 23 ) Alla emergente connessione tra il tema dei diritti umani e l’attività dell’Organizzazione Mondiale del Commercio viene dedicata grande attenzione in letteratura. Cfr., tra i vari contributi, Harrison, The Human Rights Impact of the World Trade Organisation, Hart Publishing, 2007; JosephKinley-Waincymer (eds.), The World Trade Organization and Human Rights: Interdisciplinary Perspectives, Edward Elgar, 2009. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato essa viene analizzata sul versante comparatistico. La circostanza che i nuovi attori protagonisti della vita giuridica siano tanto le organizzazioni sovranazionali quanto le imprese multinazionali svela poi la necessità di rivedere la stessa distinzione tra sfera pubblica e privata, in una prospettiva nella quale i contorni dell’una e dell’altra tendono progressivamente ad intrecciarsi. Nello stesso tempo, la geopolitica attuale ha definitivamente reso manifesto il tramonto delle visioni eurocentriche che si sono tradotte nelle più tradizionali suddivisioni degli ordinamenti in famiglie giuridiche, ancora una volta imponendo un ripensamento di ciò che è centrale per la comparazione e di ciò che è invece periferico e inverando le intuizioni di quanti già da tempo hanno proposto modelli dinamici di classificazione delle famiglie. In questo senso, tuttavia, nell’utilizzare il metodo della comparazione, occorre essere avvertiti circa il rischio che i processi di globalizzazione utilizzino una retorica della «inevitabilità economica» ( 24 ) quale strumento diretto ad esportare un modello di organizzazione sociale culturalmente coerente con la western legal tradition, di modo che l’acquisita visibilità di nuovi o rinnovati ordinamenti non sia altro che l’immagine nobile di una forma mascherata di neocolonizzazione giuridica. Il punto pare cruciale nello studio delle dinamiche che reggono la globalizzazione, proprio in quanto il livello di distinzione tra regole locali e disciplina uniforme imposta «dall’alto» rappresenta, attraverso la scansione analitica dei formanti giuridici, il più efficace strumento di indagine in grado di comprendere in modo panoramico il significato concreto di ogni regola, oltre alla sua possibile applicazione ed interpretazione. Ciò consente di non fornire un’immagine dello studio comparatistico quale strumento esplicativo di una certa visione della realtà, al servizio di centri del potere economico, legato alla prospettiva euro-americanocentrica e in ultima analisi inquinato nella scientificità da una com- ( 24 ) Coburn, Globalization, Neoliberalism and Health, in Sandbrook, Civilizing Globalization, University of New York Press, 2003, 28. NGCC 2011 - Parte seconda promissione con le strutture che esso stesso è chiamato ad indagare. Del resto, pur in presenza di studi numerosi sulla globalizzazione, il discorso giuridico non sembra ancora in grado di coglierne appieno le forze che la modellano, né sembra presente un quadro intellettuale che descriva un tale ordinamento del mondo e che sia dotato di valore predittivo ( 25 ). È questo uno dei motivi che induce ad una riflessione sulle ripercussioni che l’attività di alcune organizzazioni sovranazionali produce rispetto alle regole adottate nelle legislazioni nazionali, con precipuo riferimento alla regolamentazione dei rapporti tra privati. Nella medesima prospettiva, l’indagine non può ignorare il risvolto della mondializzazione dei diritti, quale conseguenza benefica del processo di globalizzazione dell’economia e, nel contempo, viene suggerita una particolare attenzione alla plastica rappresentazione delle metafore della rete, quale strumento cognitivo della società della comunicazione ( 26 ). Tutti i paradigmi più consolidati nei modelli esplicativi della realtà giuridica subiscono dunque un processo di messa in discussione, parallelo al fenomeno della crisi dei confini e acuito, nelle difficoltà di comprensione, dagli stimoli opposti delle possibili reazioni non sempre prevedibili, come ad esempio la tendenza al risorgere di forme nazionalistiche o il fascino di politiche economiche protezionistiche o consolidamenti di diritti a base tradizionale o religiosa che esaltano i sentimenti di appartenenza o ancora l’ergersi di nuovi muri di confine ( 27 ), che fanno risorgere la rilevanza giuridica di differenze etniche, linguistiche, culturali che gli stessi Stati moderni avevano cercato di neutralizzare. Queste prospettive costituiscono il terreno nel quale debbono oggi muoversi le ricerche comparatistiche, che certamente hanno fino ad epoca recente goduto della suddivisione del ( 25 ) Così Monateri, La Costruzione giuridica del globale e lo scontro delle giustizie, 679. ( 26 ) Vedi Pagallo, Teoria giuridica della complessità. Dalla «polis primitiva» di Socrate ai «mondi piccoli» dell’informatica. Un approccio evolutivo, Giappichelli, 2006. ( 27 ) Canale, Muri di confine. Trasformazioni dei confini pubblici nell’età della globalizzazione, in Ragion pratica, 2009, 377 ss. 169 Aggiornamenti mondo in sfere di influenza geograficamente definite e approssimativamente identificate con i confini degli Stati nazionali, e che sono chiamate ora a rivedere i modelli di comprensione della realtà così semplificati. A ciò si accompagna, dunque, anche un necessario allargamento degli orizzonti che declini il metodo della comparazione in una prospettiva plurale, non limitata al duopolio common law vs civil law, ma che tenga in considerazione da un lato le (reciproche) influenze tra questi modelli e il diritto transazionale e dall’altro non ignori l’accresciuta importanza dei diritti dei paesi emergenti, che, anche laddove non in condizione di modificare i modelli di organizzazione della società su base capitalistica, ne alterano in qualche misura i connotati. In tutto questo, vi è certamente un elemento che arricchisce il dibattito comparatistico, e che il realismo giuridico americano ha probabilmente per primo contribuito a definire: l’opportunità che la comparazione si accompagni ad altre scienze sociali, che ne rafforzino le fondamenta conoscitive e ne arricchiscano il contenuto. Non vi è dubbio, infatti, che le molteplici dimensioni giuridiche della globalizzazione possono essere intese solo se inserite in una cornice che non ignori un approccio interdisciplinare con le scienze politiche, l’economia, la sociologia o, secondo altra prospettiva, la geografia, in ciò affiancandosi in parte alla rilevanza che da sempre nel discorso comparatistico viene tributata alla storia. Sotto questo profilo, una riflessione sul metodo della comparazione non può esimersi dal considerare quelle tesi le quali sostengono che le più recenti modificazioni delle regole giuridiche, del tessuto normativo e degli aspetti identificativi di ogni ordinamento dipendano oggi non tanto dalla base storica e culturale locale tradizionale, ma da movimenti improvvisi che recidono i legami passati. L’approccio storicistico alla comparazione per cui comparison involves history è messo in dubbio da quanti ravvisano una soluzione di continuità nel progresso del diritto mondiale, costituita proprio dall’avvento dei processi di globalizzazione. 5. Mutamenti dell’oggetto della comparazione e degli strumenti di interpretazione. Riflettere sull’oggetto delle analisi 170 comparative consente di sgombrare il campo da un possibile equivoco, che una lettura emotiva del processo di globalizzazione potrebbe suscitare: il declino dei confini nazionali, privati della propria consueta impermeabilità, non indebolisce la rilevanza euristica dei diritti degli Stati nazionali, posto che nel loro reciproco confronto e nella ricerca di somiglianze e distinzioni ancora oggi si rinviene un tratto essenziale della comparazione. Del resto, anche la recente crisi economica e finanziaria, che ha investito in modo dirompente lo stesso modello capitalistico occidentale, ha rinvigorito, in una certa misura, le pretese degli apparati statali, che hanno svolto un ruolo decisivo nella ricerca di soluzioni ai problemi dell’economica globale, attraverso l’esercizio di forme di sovranità interstatale, e non tramite la loro abdicazione. Ciò che invece è destinato a mutare è l’elemento di esclusività di tale oggetto di analisi, che consentirebbe invero solamente una comprensione parziale della realtà, che non pare più polarizzata attorno al potere dello Stato sovrano. Non soltanto, infatti, il processo di globalizzazione rafforza il potere normativo di apparati sovranazionali, ma contribuisce anche ad un fenomeno di auto-organizzazione dei privati, che secondo la raffigurazione di Paolo Grossi, danno vita ad «un canale giuridico che si affianca e corre accanto a quello dello Stato» ( 28 ). Si tratta dello stesso slancio di autoregolamentazione del mercato, nei confronti del quale sembra lecito il timore che esso possa rappresentare la fonte di una nuova sostanziale disuguaglianza giuridica, contro la quale lo Stato moderno aveva posto un parziale freno attraverso l’egualitarismo del diritto codificato. È certamente estraneo ai limiti ed alle capacità di queste pagine comprendere se il declino dei confini e la mondializzazione dei mercati siano la consacrazione finale e inevitabile della modernità, sia essa filosofica, scientifica o politica ( 29 ) oppure, all’opposto, rappresentino il più forte segnale di crisi della modernità stessa, ( 28 ) Grossi, Prima lezione di diritto, Laterza, 2003, 70. ( 29 ) Così Coccopalermio, Sidera cordis. Saggi sui diritti dell’uomo, Cedam, 2004, 175. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato in cui il modello di organizzazione giuridica costruito attorno al potere legislativo sovrano e, nel mondo di civil law, attorno al codice civile, non risponda più adeguatamente alle esigenze dell’odierna realtà globale. Tuttavia, la comparazione giuridica non può esimersi dall’offrire quantomeno un tentativo di osservazione della realtà complessa, nella quale ad esempio le nuove regole delle contrattazioni transazionali sempre più assumono le forme di un «diritto senza stato» ( 30 ), cogliendone le ragioni dell’effettività ed individuandone reciproche influenze con i diritti degli Stati nazionali. Nella necessità di ripensare gli strumenti della comparazione, non sfugge l’apparente paradosso di un diritto comparato sovente utilizzato per favorire il processo di uniformazione o di unificazione del diritto. Se è vero, infatti, che la comparazione per sua essenza presuppone una diversità nei diritti oggetto di indagine, si sarebbe indotti a pensare ad un percorso autodistruttivo della comparazione, nel momento in cui essa offre i propri strumenti e i propri risultati sull’altare dell’omologazione globale. Non è un caso infatti che i comparatisti si interroghino con così grande frequenza circa l’alternativa tra competizione delle regole e loro omologazione, e spesso nella scelta di una concezione dell’ordine sociale si vede con favore la prima delle due ipotesi. Ad ogni modo, il fenomeno giuridico è ben più complesso di una semplice eventuale, e non imminente, uniformazione delle regole poiché da tempo si è compreso come distinzioni e divergenze tra sistemi attengono il più delle volte all’interpretazione o all’applicazione delle regole stesse, al vocabolario utilizzato dai giuristi, alle categorie con cui è possibile comprenderle, e in ultima analisi alla mentalità intrinsecamente collegata all’ambiente sociale di riferimento. Cionondimeno i nuovi assetti portati dal processo di globalizzazione inducono a riflettere non tanto circa la permanente utilità della prospettiva comparatistica, quanto in ordine all’impatto che il fenomeno di crescente svili- ( 30 ) Grossi, Unità giuridica europea: un medioevo prossimo venturo?, in Quaderni fiorentini, XXXI, 2002, 55. NGCC 2011 - Parte seconda mento dei confini nazionali produce sui progetti della comparazione, sulle nozioni consolidate nei singoli ordinamenti di concetti giuridici tradizionali, sugli stravolgimenti che incontrano alcune categorie giuridiche esplicative della realtà, in concomitanza con l’emergere di nuove frontiere che tendono a dividere il mondo non più su base territoriale o geografica. La prospettiva di una a-storicità della società attuale ( 31 ) non pare infatti destinata ad avverarsi, nemmeno se si circoscrive il perimetro dell’indagine al settore dei diritti umani, nel quale più di ogni altro si è delineata la tendenza all’universalismo delle dichiarazioni e delle tecniche della loro protezione. Addirittura sul terreno più globalizzato che si conosce, cioè quello legato alla società dell’informazione, permangono differenze di grande portata, accanto ad input di sviluppo comuni. In relazione a qualsiasi settore del diritto che si prenda in considerazione, dalla proprietà ai mercati finanziari, dai diritti umani alla regolamentazione della rete, dal diritto di famiglia al diritto dell’ambiente, è possibile riconoscere persistenti diversità nelle regole dei singoli ordinamenti nazionali ma anche proposte e prospettive di uniformazione, provenienti da organismi sovranazionali o da processi di autoregolamentazione privati; in questo quadro complesso, rimane evidente lo spazio riservato alla comparazione, che tende non tanto ad essere rassegna o giustapposizione di regole di dettaglio, ma ricerca delle ragioni intime che hanno condotto alla loro formulazione, e soprattutto alla loro eventuale circolazione, individuando i formanti che concorrono o che si oppongono alla loro ricezione o ai loro eventuali adattamenti. ( 31 ) Il riferimento è, con tutta evidenza, a Fukuyama, The End of History and the Last Man, Free Press, 1992, trad. it. La fine della storia e l’ultimo uomo, Bur, 1996, saggio che ha innescato un dibattito intenso in ambito politologico. L’idea secondo cui il progresso scientifico sia l’indice dell’esistenza di una storia progressiva, destinata a sfociare in un modello di liberismo economico e di liberal-democrazia, è infatti oggetto di valutazioni contrastanti e per lo più critiche, che valorizzano all’opposto il carattere problematizzante del rapporto tra l’uomo, la storia e le strutture politiche ed economiche. 171 Aggiornamenti Il riconoscimento di una omogeneità nella concezione di fondo di talune regole giuridiche, siano esse coerenti o difformi rispetto alle prospettive della globalizzazione, consente allora, a livello macrocomparatistico, di operare una prima classificazione tra ordinamenti, nel definire la quale può essere rilevante il grado di adesione alle regole omologate proposte dalle istituzioni finanziarie internazionali. Nello stesso tempo, proprio il fenomeno della crisi dei confini e il penetrare di elementi alieni nel tessuto connettivo dei singoli Stati nazionali interrogano con maggiore decisione circa l’effettività delle regole che ciascun ordinamento prevede, rispetto alle quali la connotazione religiosa, etnica o anche culturale dei singoli può rappresentare un importante fattore di rigetto, da prendere in considerazione al fine di garantire la corretta valenza descrittiva della classificazione proposta. In questa dimensione, lo studio è necessariamente sincronico e diacronico, perché la comprensione presuppone che siano correttamente registrate le fasi di evoluzione dei concetti giuridici, e solamente in questo modo, peraltro, sembra possibile evitare il rischio di un approccio eurocentrico e assolutistico alla comparazione, che faccia di alcune categorie ordinanti, di un solo modello di organizzazione della società e di un unico linguaggio delle regole, il best model alla cui realizzazione il diritto comparato svolgerebbe una funzione di servizio ( 32 ). ( 32 ) Così inquadrata ed avvertita circa i pericoli di una sua strumentalizzazione, la comparazione giuridica può trovare un evidente giovamento in alcuni tratti della globalizzazione, specialmente con riferimento alla enorme circolazione di informazioni che la società attuale presenta. Com’è noto, infatti, il diritto comparato da un lato mira all’acquisizione di una migliore conoscenza del diritto ma nel contempo si nutre di conoscenza e quest’ultima ha trovato un formidabile veicolo negli strumenti di ricerca giuridica più moderni, che convogliano infinite quantità di informazioni, che sono presupposto necessario ma ovviamente non sufficiente per la comprensione del diritto. La distinzione tra «information» e «knowledge» è prospettata con forza da David Gerber, il quale ci avverte di come la grande quantità di materiali giuridici disponibili con facilità, anche relativi ai diritti stranieri, non sia sufficien172 6. Economia, diritto e istituzioni nella prospettiva comparatistica. In base a quanto si è visto, valutare l’impatto della globalizzazione sulle culture giuridiche locali diviene un elemento di primaria importanza nel dispiegarsi delle ricerche comparatistiche, anche se non è difficile intuire quanto possa essere impegnativa la sua realizzazione. In questa analisi non può essere trascurata una alternativa di fondo nella concezione dell’ordine giuridico globale che si va prefigurando, alternativa che riguarda il dualismo tra mercato e istituzioni. Le dinamiche che intercorrono tra la tendenza alla de-territorializzazione dell’economia, la pretesa auto-regolamentativa dei mercati, il dispiegarsi autonomo delle forme della globalizzazione e, d’altro lato, la riconquista di spazi di normatività statuale, il rafforzamento del diritto amministrativo ma anche il sorgere di nuovi confini a base non territoriale, possono generare sul piano giuridico alternativamente un processo di omologazione del diritto o di esaltazione delle differenze, in un percorso che la comparazione giuridica è chiamata, se non ad orientare, quantomeno a riconoscere. Il problema della costruzione giuridica del globale si nutre, infatti, di una evidente antinomia tra la possibilità che il governo della globalizzazione sia inteso quale espressione delle capacità autoregolamentative del mercato e sia concepito pertanto quale prodotto spontaneo transazionale che si presenta nelle forme di una nuova lex mercatoria, e l’ipotesi in cui si riconosca un peso decisivo a specifici attori politici internazionali, che operano secondo un disegno di neocolonizzazione che ha dismesso le forme degli Stati nazionali. A seconda della prospettiva che si privilegia, anche il discorso comparatistico muta inevitabilmente i propri contenuti, specialmente quando verifica l’esistenza di processi di omologazione giuridica o di trapianti normativi favoriti dalle organizzate ad una adeguata comprensione delle regole giuridiche, posto che la globalizzazione rende facilmente disponibili le informazioni, ma spesso l’osservatore può ricavare da esse solamente un quadro considerevolmente più «opaco» (Gerber, Globalization and Legal Knowledge: Implications for Comparative Law?, in 75 Tul. L. Rev (2001) 949, 969). NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato zioni internazionali che guidano la globalizzazione. Non è casuale, in proposito, che numerosi giuscomparatisti, italiani e stranieri, dedichino oggi una particolare attenzione al ruolo svolto dall’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) nella definizione di regole giuridiche a carattere privatistico con pretesa di imposizione su tutti i paesi membri. È chiaro, infatti, che una differente considerazione circa l’influenza ed il potere di tali strutture di governance globale può determinare esiti interpretativi diversi riferiti anche alle singole regole adottate a livello nazionale. Se si ritiene, infatti, che ad esempio la WTO non replichi a livello sovranazionale le forme della sovranità nazionale, a ciò potrebbe conseguire una visione del commercio internazionale guidata da forze spontanee che ne orientano la disciplina in modo autonomo; l’ordinamento creato a livello globale verrebbe pertanto, in questo orizzonte, a creare semplicemente le condizioni per un libero esplicarsi delle forze autonome del mercato, favorendo lo sviluppo armonioso del commercio e consentendo alle singole comunità nazionali di operare in un ambiente in cui gli altri non possano porre ostacoli alle spontanee capacità autodeterminative del mercato, ad esempio imbrigliando la libera concorrenza con norme protezionistiche ( 33 ). L’abitudine della comparazione a riconoscere le ragioni intime delle norme giuridiche, a intrecciare le ragioni politiche con quelle storiche e sociologiche, sembra tuttavia orientare verso una ricostruzione in termini differenti dell’ordine globale attuale. Lo stesso concetto di lex mercatoria nasconde un equivoco, se si ritiene parallelo il suo sviluppo odierno con le forme del diritto medievale: il diritto globale da un lato si presenta quale il prodotto ultimo dell’autonomia privata e della giurisdizione arbitrale che la esprime, e d’altro canto è nello stesso tempo un diritto imposto da organizzazioni internazionali che operano secondo gli stilemi classici della sovranità, sia pure a-territoriale, imponendosi ratione auctoritatis sulle leggi nazionali. In questo senso, la WTO impo- ( 33 ) Così, se bene abbiamo inteso, Franzese, Percorsi della sussidiarietà, Cedam, 2010, passim. NGCC 2011 - Parte seconda ne con la persuasione propria del potere economico alcuni vincoli all’azione dei governi nazionali, in numerosi settori del diritto, dal commercio alla proprietà intellettuale, dall’ambiente alle politiche del lavoro. Questa capacità «orientativa» produce riflessi evidenti in tutte le dimensioni giuridiche degli ordinamenti nazionali, che ne sono quindi in maniera decisiva condizionati. Già questa considerazione chiarisce un aspetto assai rilevante nei nuovi orizzonti che le indagini comparatistiche sono chiamate ad adottare per consentire una comprensione più articolata della realtà ( 34 ). Nel contempo, è evidente che la WTO è essa stessa espressione di una cultura economica e giuridica dominante, di un modello di organizzazione sociale che rispecchia una particolare tradizione e che sembra orientarsi all’obiettivo di esportazione su scala globale delle categorie di normazione ed interpretazione. La narrazione sovente offerta nell’ambito della western legal tradition conferma la tendenza all’esportazione, sul versante pubblicistico, di un complessivo richiamo alla Rule of Law, e su quello privatistico di un insieme di regole che riflettono i principi del libero mercato concorrenziale, dietro etichette seducenti ed apparentemente a-politiche ( 35 ). Anche in questo caso, gli strumenti della comparazione sono chiamati a svolgere una funzione di decifrazione dell’impatto che le nuove discipline «omogenee» generano sul tessuto giuridico locale. Del resto, proprio nel settore dei trapianti giuridici, la ( 34 ) Come chiarisce Ajani, Navigatori e giuristi. A proposito del trapianto di nozioni vaghe, in Io comparo, tu compari, egli compara: che cosa, come, perché?, a cura di Bertorello, Giuffrè, 2003, 7, l’indagine sui processi di edificazione della norma diviene oggi peculiare in ragione della presenza di un soggetto terzo, lo sponsor della circolazione, come può essere il Fondo Monetario o la Banca Mondiale, privo di un modello giuridico formale proprio, ma «che ha ben chiara la funzione del modello economico che si intende vestire di forme giuridiche». ( 35 ) Si veda, in proposito, Mattei-Di Robilant, International Style e Postmoderno nell’architettura giuridica della nuova Europa. Prime note critiche, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 89 e Di Robilant, Non soltanto parole. In margine ad alcuni itinerari di «Law and Art», 3, Materiali per una Storia della Cultura Giuridica, 2001, 483 ss. 173 Aggiornamenti comparazione ha affinato i propri strumenti esplicativi delle dinamiche che coinvolgono singole regole o interi istituti, nel frequente tentativo di svelare le relazioni che intercorrono tra questi ed i livelli di efficienza economica prospettati ( 36 ). Se, poi, accanto alla disciplina del mercato, questi attori della scena internazionale propongono anche modelli di disciplina dei diritti, che ammantino l’universalismo con i tratti dell’umanesimo, e che suggeriscono l’imposizione di una comunanza di strumenti definitori e di tecniche di tutela, le riflessioni comparatistiche si rendono ancora più necessarie, svelando il quadro di una possibile interferenza tra questi prodotti e le tradizioni giuridiche sulle quali essi sono chiamati ad agire, con possibili esiti di rigetto o con l’ergersi di nuovi muri di confine al loro ingresso. Anche da questa particolare angolazione, il discorso giuridico comparatistico si arricchisce necessariamente nell’oggetto dell’indagine, che non può ignorare come accanto ai diritti nazionali, la regolazione giuridica odierna a livello interno e globale conosca una serie di dichiarazioni formalmente non vincolanti, di linee guida emanate da organismi non governativi, di modelli di disciplina del mercato creati da comunità professionali, che riassuntivamente vengono identificati con il concetto di soft law. Tutto questo rimanda ancora una volta alla crisi dei confini tradizionali, considerando che la rilevanza di queste modalità di formazione del diritto si collega senza dubbio alla permeabilità degli ordinamenti rispetto ad input a-territoriali, in ragione della complessità globale dei problemi ma anche della pluralità dei centri di potere coinvolti nella loro soluzione. 7. Dall’oggetto alle funzioni della comparazione: il problema dell’uniformazione del diritto. I percorsi della globalizzazione consegnano, come si è visto, un diritto in parte ancora suddiviso secondo le cate- ( 36 ) Sul punto, cfr. Graziadei, Comparative Law as the Study of Transplants and Receptions, in Reimann-Zimmermann (eds.), The Oxford Handbook of Comparative Law, Oxford University Press, 2006, 459. 174 gorie tradizionali del territorio, ma reso complesso dalla permeabilità dei confini nazionali e dall’assunzione di rilevanza di altri fattori coagulanti delle comunità. Il quadro è dunque caratterizzato dalla complessità di spinte divergenti, che da un lato premono per l’uniformazione del diritto e d’altro canto fanno emergere nuove barriere a base non territoriale. La conseguenza prima che si è riconosciuta per il giurista sta nell’esigenza di superare l’esclusività dell’approccio statualistico all’analisi giuridica, ampliando l’oggetto delle indagini, fino a ricomprendervi il soft law dei nuovi centri di potere sovranazionali ma nel contempo non trascurando le matrici religiose, etniche o culturali che sorreggono altre forme giuridiche della modernità. Le resistenze ad una nuova visione delle relazioni giuridiche sono però tutt’altro che vinte; non è infatti infrequente la sottovalutazione o il mancato riconoscimento del fenomeno del pluralismo giuridico, con la tendenza a rifugiarsi nei ripari più rassicuranti della sovranità nazionale. In questo senso è possibile leggere quelle tesi che sviliscono, ad esempio, il ruolo dell’Unione Europea o di altre istituzioni regionali, considerate quali eccezioni alla regola generale della sovranità nazionale o, al più, semplice frutto di una volontà di autolimitazione degli Stati che ne fanno parte. È nella stessa prospettiva, ancora, che la complessità delle fonti interne del diritto viene ricondotta al loro recepimento spontaneo da parte dello Stato nazionale, così aderendo ad una visione debole del pluralismo giuridico ( 37 ), che non coglie le corrette dinamiche che oggi guidano il declino dei confini. Se si riflette, in particolare, sulla necessità di considerare le influenze che nuove forme di questo nascente diritto producono sul tessuto tradizionale dei diritti nazionali, la comparazione può evidentemente adempiere alla sua primaria funzione di conoscenza della realtà giuridica. Il suo intreccio consueto con la storia e quello più recente con altre discipline sociali suggeriscono l’adozione di un approccio dinamico alla realtà, che rifletta in modo atten- ( 37 ) Sulla nozione di «weak legal pluralism», si veda Griffiths, What is Legal Pluralism, 1 ss. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato to sul legame tra il diritto e la cultura giuridica territoriale, considerando anche i mutamenti che le tradizioni giuridiche risentono in conseguenza del processo di globalizzazione, e riconoscendo la misura in cui esse sono in grado di opporre una possibile resistenza alle pressioni dei nuovi centri di potere sovranazionale. Nell’adempiere tale compito, la comparazione rimane fedele al proprio tradizionale carattere «sovversivo», che ha segnato tutti i tratti della sua presenza a partire dal Congresso di Parigi del ’900, e che induce a «confutare all’interno del problema o dell’istituto giuridico raffrontati, i dati emergenti sotto una sola luce dopo averli esposti ad altri tipi di illuminazione» ( 38 ). In questo senso si può comprendere anche il significato che è necessario assegnare ad una delle funzioni tipiche della comparazione, e cioè quella di connettersi ai processi di uniformazione del diritto. La questione della rilevanza da tributarsi a questa funzione appare decisiva per comprendere il ruolo che la comparazione può giocare nel contesto del diritto senza frontiere. Rispetto alle pressioni sovranazionali, tendenti alla costruzione di un diritto globale, quantomeno riferito a determinati settori della regolamentazione giuridica della vita dei privati ( 39 ), l’apporto degli studi comparatistici può certamente risultare di importanza decisiva. Sembra, tuttavia, necessario interrogarsi se questa sia davvero una funzione caratteristica della comparazione, o sia solamente un riflesso della vocazione alla conoscenza che la caratterizza. In altre parole, nel momento in cui gli studi comparatistici mettono in evidenza, a seconda delle prospettive privilegiate, le somiglianze o le differenze tra ordinamenti, non vi è dubbio che i risultati raggiunti possano essere ( 38 ) De Vita, Ad occhi aperti, in Io comparo, 85. ( 39 ) Si è, al riguardo, utilizzata l’espressione Regulatory Private Law, per indicare proprio questo insieme di settori del diritto che plasmano la struttura degli assetti macroeconomici (Cafaggi-Muir Watt, The Making of European Private Law, Edward Elgar, 2008, 14; Micklitz, The Visible Hand of European Regulatory Private Law. The Transformation of European Private Law from Autonomy to Functionalism in Competition and Regulation, in 28 Yearbook of European Law (2009), 3 ss.). NGCC 2011 - Parte seconda utilizzati da quanti intendono proporre un’ipotesi di uniformazione delle regole; il passaggio finale, tuttavia, è eminentemente politico, di scelta tra più diritti che invariabilmente manifestano talune diversità. Nello stesso senso, ove gli strumenti del diritto comparato suggeriscano l’esistenza di un nucleo maggioritario di soluzioni simili tra diversi ordinamenti, ciò non implica di necessità che la soluzione prevalente sia anche quella preferibile e di ciò, a livello micro-comparatistico, sono ben consapevoli i redattori di alcuni progetti di uniformazione del diritto a livello europeo. Che l’armonizzazione o l’uniformazione siano progetti dotati di un’intrinseca politicità appare ancor più manifesto ove si consideri come la prospettiva di omologazione appartenga al nuovo ordine giuridico globale, che fa di simili progetti un’arma di auto-legittimazione, non dissimile in questo dalla funzione che fu propria dei codici ottocenteschi, oltre che di colonizzazione giuridica di realtà estranee alla tradizione dominante. È evidente, allora, come la stessa idea di promozione di un diritto uniforme nasconda la convinzione evoluzionista che il diritto armonizzato traduca nel linguaggio giuridico il progresso sociale dei popoli, ed in questa prospettiva la comparazione altro non sarebbe che uno strumento maneggiato in maniera del tutto priva di scientificità a scopo politico ( 40 ). In un panorama simile, è evidente come gli spazi lasciati vuoti dalla sovranità statale possano in larga misura venire occupati dalla privatizzazione delle fonti normative, che si manifesta in modo palese nella funzione regolamentare del contratto. La presenza sulla scena internazionale di vere e proprie fabbriche private della normazione, che predispongono i modelli contrattuali destinati a regolare i rapporti privatistici o gestiscono i conflitti che ne possono sorgere, modifica in fondo l’intero assetto dell’ordine giuridico che coinvolge la dimensione globale e quella locale, si fa portatrice di istan- ( 40 ) Cfr. Somma, Tanto per cambiare... Mutazione del diritto e mondializzazione nella riflessione comparatistica, in Global Law v. Local Law. Problemi della globalizzazione giuridica, a cura di Amato-Ponzanelli, Giappichelli, 2006, 139 ss. 175 Aggiornamenti ze riconducibili ad attori economici ben individuabili, favorisce l’esportazione su scala mondiale di un modello culturale e di un linguaggio dei diritti proprio di una ben determinata tradizione. Riconoscere le modalità attraverso cui simili dinamiche possano in concreto operare rappresenta chiaramente un compito che la comparazione è in grado di svolgere in modo adeguato e consapevole, in vista di una «costruzione politica della spazialità geograficonormativa del mondo» ( 41 ). L’emergere di uno scenario mondiale caratterizzato dalla permeabilità dei confini nazionali trova nel contratto una delle manifestazioni più evidenti, ma nel contempo più contraddittorie. Anche ad uno sguardo superficiale non sfugge la sua natura de-territorializzata, che si lega al suo stile omogeneo, dettato dalle grandi law firms prevalentemente statunitensi; il contratto tende a svincolarsi da possibili interventi manipolativi giudiziari, proprio attraverso la natura ripetitiva delle sue clausole e il dettaglio esasperato delle previsioni, che mirano a sterilizzare gli ambiti di «arbitrio» interpretativo e di interventismo giudiziale. La contraddittorietà di questo nuovo modo di concepire lo strumento contrattuale si coglie, tuttavia, nel momento in cui il contratto viene letto nella prospettiva dell’autonomia dei contraenti: all’apparenza esso celebra la piena signoria dei privati nella regolazione delle proprie relazioni, tuttavia è la stessa omogeneità e ripetitività del modello a generare l’idea che le parti divengano immediatamente dipendenti dal contratto e dal suo nuovo stile, con l’instaurarsi di un rapporto di dipendenza con le centrali normative che ne definiscono i contenuti. Un simile paradosso, che si nasconde frequentemente nelle dinamiche che reggono i processi di globalizzazione, svela una realtà in cui l’omologazione è espressione del tentativo di governare i rapporti, specialmente di natura transnazionale, all’apparenza delegandoli ai privati, quasi ad applicare in modo rigoroso il principio di sussidiarietà delle fonti normative, ma in concreto disciplinando gli assetti dell’economia globale, della produzione e dell’or- ( 41 ) Monateri, Contratto e globalizzazione: introduzione, in Global Law v. Local Law, 43. 176 ganizzazione d’impresa, in modo coerente con gli obiettivi politici dei più importanti attori della globalizzazione ( 42 ). 8. L’ordine economico internazionale e le «guerre» tra famiglie giuridiche. Ricostruire i percorsi della globalizzazione, nella prospettiva comparatistica, significa dunque verificare secondo uno schema geografico-politico le vicende che coinvolgono i singoli ordinamenti statali e, di riflesso, le famiglie giuridiche che tali ordinamenti raggruppano. Non vi è dubbio, al riguardo, che profondi mutamenti sono intervenuti nel corso degli ultimi anni nello scenario geopolitico, che hanno indotto anche a frequenti rivisitazioni dei modi di classificazione delle famiglie giuridiche, guidate da considerazioni sociologiche oltre che dal tentativo di evitare prospettive marcatamente euroamericanocentriche. In questo quadro, non sfugge l’importanza che rivestono gli organismi sovranazionali, che istituzionalmente si impegnano nel condurre tali processi di de-territorializzazione del diritto, e che si affiancano ai modelli di generazione spontanea del diritto affidati al mercato. Tra questi organismi, spicca per attivismo e capacità persuasive la WB che, come si è accennato, produce un report annuale, il c.d. Doing Business ( 43 ), che classifica lo stato di efficienza delle regole giuridiche del mercato di tutti i 181 ( 42 ) Sul punto esprime la perplessità che la nuova lex mercatoria possa piegarsi agli interessi di una classe e possa diventare, ad esempio, la premessa di accordi in danno dei consumatori Rescigno, Pluralità di ordinamenti ed espansione della giuridicità, in Fine del diritto?, a cura di Rossi, Il Mulino, 2009, 90. ( 43 ) I sei rapporti finora stilati sono consultabili sul sito www.doingbusiness.org. La rilevanza di tali reports è testimoniata dalla vasta eco che hanno suscitato nella dottrina giuridica internazionale. Anche in Italia si possono leggere vari commenti al riguardo. Tra gli altri, sul versante amministrativistico, si veda Mattarella, La semplificazione per la ripresa economica, in Che fine ha fatto la semplificazione amministrativa?, a cura di Vesperini, Giuffrè, 2006, 45 ss.; Fonderico, Doing Business 2007 e i controlli globali sulle regolazioni nazionali, in Giornale dir. amm., 2007, 895 ss.; Id., Il rapporto Doing Business per il 2009, ivi, 2009, 551 ss. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato ordinamenti aderenti, secondo una prospettiva denominata New Comparative Economics, e che ha sollevato fin dalla prima edizione un vasto movimento polemico, soprattutto di matrice francese. Il collegamento di questa iniziativa con la comparazione giuridica è testimoniato da diversi indici: innanzitutto, da un punto di vista metodologico, l’utilizzo di modelli matematici che qualificano numericamente le regole giuridiche fa leva su un fondamento teorico ben precisamente individuabile, costituito da quelle correnti dottrinali che nella comparazione delle regole ravvisano uno strumento economico di valutazione dell’efficienza e di riconoscimento del migliore diritto assoluto. L’approccio sorto in ambiente statunitense, su cui si fonda il modello della WB, è conosciuto come Law and Finance, caratterizzato dalla convinzione che lo sviluppo economico viva di un rapporto simbiotico con l’ambiente giuridico, talché solamente regole efficienti consentano che l’economia di un determinato sistema possa prosperare ( 44 ). Oltre alla base concettuale, il Doing Business è anche espressione di un particolare scontro di forze che la western legal tradition non nasconde al proprio interno, con ciò dando conferma di quanto il declino dei confini, che si manifesta nei tentativi di elaborare o favorire ( 44 ) Le principali ricerche empiriche finora pubblicate, che fanno uso di simili strumenti metodologici e rappresentano il movimento denominato legal origins, sono costituite da un primo saggio su law and finance (La Porta-Lopez de silanes-Schleifer-Vishny, Law and Finance, in 106 Journal of Political Economy (1998), 1113), dal progetto sulla qualità del government (La Porta-Lopez de silanes-Schleifer-Vishny, The Quality of Government, in 15 Journal of Law, Economics and Organisation (1999), 222), dalla rassegna sull’efficienza dei sistemi giurisdizionali (Djankov-La Porta-Lopez de Silanes-Shleifer, Legal Origin, Juridical Form and Industrialisation in Historical Perspective: The Case of the Employment Contract and the Joint-Stock Company, Center for Business Research, Cambridge, Working Paper No. 369, 2008) e, da ultimo, dallo studio sul c.d. debt enforcement (DjankovHart-Mc Leish-Shleifer, Debt Enforcement Around the World, in 116 Journal of Political Economy (2008), 1105). NGCC 2011 - Parte seconda un diritto omogeneo, sia decifrabile solamente in una prospettiva comparatistica che faccia perno sulle dinamiche geopolitiche attuali. In quest’ultima prospettiva, è subito apparso chiaramente come il modello della WB abbia radicalizzato uno scontro tra culture giuridiche ed in particolare tra quella francese e quella americana, così prestando il fianco alle critiche di quanti identificano nell’ordine giuridico globale, di cui IMF, WTO e WB sono l’espressione di vertice, uno strumento di americanizzazione e di neocolonizzazione giuridica. Al di là dei singoli giudizi che Doing Business propone, questa esperienza mostra come il processo di globalizzazione possa, in determinate occasioni, modificare non solo i confini ma anche il metodo della comparazione, talvolta nel tentativo di utilizzarne strumentalmente i risultati conoscitivi. Del resto, sembra evidente come la proposta classifica delle regole giuridiche privilegi un chiaro modello di organizzazione della società, che superando le barriere della sovranità statuale, esalta le forme più «spontanee» legate alla privatizzazione delle fonti normative. È, infatti, lo statalismo delle regole ad essere al centro dei giudizi di disvalore che Doing Business assegna, e che rendono così impietoso il risultato ottenuto dalla Francia o dai Paesi che dal modello francese traggono ispirazione, al punto da ricorrere in dottrina all’immagine di una vera e propria guerra contro il modello di civil law ( 45 ). Anche sotto questo particolare profilo, si mostra l’importanza del metodo utilizzato per la comparazione, che sembra qui trasformarsi in un giudizio di valore sulle singole regole indagate, mentre la comparazione tradizionale, com’è noto, è sempre stata orientata ad un’indagine sulle modalità in cui si strutturano le fonti del diritto o le regole interpretative, omettendo di dare un particolare peso alle singole concrete opzioni normative ( 46 ). La deterritorializzazione del diritto si intreccia così nella complessità del globale, con le valutazioni ( 45 ) Phillips, The War on Civil Law? The Common Law as a Proxy for the Global Ambition of Law and Economics, in 24 Wis. Int’l L.J. (2007), 915. ( 46 ) Monateri-Somma, Il modello di civil law, 3a ed., Giappichelli, 2010, 219. 177 Aggiornamenti geopolitiche e con l’ansia efficientistica sostenuta dai centri di potere sovranazionali, offrendo in tal modo l’immagine di una trasformazione negli strumenti di indagine della comparazione giuridica, con la quale oggi occorre, inevitabilmente, fare i conti. Del resto, al centro dei giudizi proposti da Doing Business stanno tanto le regole di matrice pubblicistica quanto la disciplina dei rapporti tra privati e tale circostanza vale a dimostrare quanto labili siano diventati i confini tra pubblico e privato quando si riflette sui processi di globalizzazione. Le valutazioni efficientistiche attengono infatti, sotto il primo profilo, alle procedure edilizie o ai regimi fiscali, mentre la normativa privatistica è analizzata con riferimento alla disciplina dei trasferimenti immobiliari, alle regole sull’avvio e la chiusura delle attività imprenditoriali, alle forme di tutela del credito, a testimonianza del fatto che la prospettiva della globalizzazione travolge anche categorie giuridiche consolidate, e induce a riflettere ulteriormente sulla conseguente complessità del piano giuridico proposto ( 47 ). Le possibili ripercussioni sul piano della comparazione sono evidenti. Anziché classificare gli ordinamenti in famiglie, e distinguere queste ultime in relazione allo stile, alla cultura, alle fonti normative, alla struttura delle corti, ai metodi di interpretazione della legge, alla formazione del giurista, o ad altri elementi strutturali che la tradizione comparatistica ci ha consegnato, il modello Doing Business suggerisce altri tipi di classificazioni, in cui l’omogeneità tra ordinamenti si riconosce in base alla capacità di quest’ultimi di creare una cornice regolamentare favorevole alle attività economiche. Si tratta con tutta evidenza di un modello dinamico, in cui gli Stati vengono stimolati a porre in essere riforme in grado di migliorare il c.d. ease of doing business, e anche un’analisi superficiale dell’evoluzione della classifica in questi primi anni testimonia quanto numerosi ( 47 ) Peraltro, è la stessa natura delle principali istituzioni economiche internazionali a rendere incerta la demarcazione pubblico-privato; la loro attività viene, infatti, determinata tanto dagli impulsi degli Stati membri quanto dai c.d. stakeholders e da soggetti rappresentativi di interessi economici privati. 178 siano i paesi che tendono ad assecondare le linee guida della WB o del IMF. Peraltro, in relazione agli studi comparatistici, è interessante altresì rilevare a quali formanti si rivolgano le indicazioni delle istituzioni finanziarie internazionali, per comprendere se effettivamente, come osservato da taluni, il formante giurisprudenziale stia assumendo nella dimensione globale un ruolo egemonico, ovvero se l’ipotesi di «giudizializzazione del diritto» ( 48 ) rappresenti una analisi affrettata, come sembra confermato dalla rilevanza delle riforme legislative promosse in ossequio al progetto di omologazione del diritto. L’omologazione delle regole diviene così un chiaro obiettivo perseguito nel nuovo ordine giuridico mondiale, che come si vede non può reputarsi pienamente spontaneo. Occorre, peraltro, considerare come la semplificazione di molte procedure, che tale modello suggerisce, per molti aspetti è vista come un bene assoluto, il più lampante esempio di best model proposto in sede sovranazionale. Almeno da questo punto di vista, nonostante i segnalati profili problematici che Doing Business solleva, la settantottesima posizione ottenuta dall’Italia nel rapporto 2010 non appare certo un dato incoraggiante per il livello di efficienza della nostra economia, ammesso che quest’ultimo dipenda davvero in così larga misura dagli indici presi in considerazione dalla WB. 9. Ancora su Doing Business ed il suo impatto sul metodo della comparazione. Nella logica proposta dalla WB, il tessuto normativo incide in maniera radicale sulle possibilità di sviluppo economico dei vari ordinamenti. La premessa non è certamente peregrina ed anzi si fonda su indici di verifica ben precisi, che nel nuovo progetto di governance globale appaiono assai chiari. Il primo riflesso di questa consapevolezza si riconosce nella valutazione delle riforme giuridiche, realizzate in ogni parte del mondo nel corso dei primi anni di vi( 48 ) L’espressione, com’è noto, è proposta da Shapiro-Stone Sweet, On Law, Politics and Judicialization, Oxford University Press, 2002; sul punto, le osservazioni di Conant, Law and Justice, in Rumford (ed.), The SAGE Handbook of European Studies, Sage Publications, 2009. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato ta del progetto Doing Business, gran parte delle quali tendono a conformarsi ai desiderata della WB, in una rincorsa al modello efficientistico che quest’ultima cerca di favorire. È, in sostanza, il successo di questo modello di sviluppo, testimoniato dalla particolare considerazione da parte di numerosi governi nazionali degli indici provenienti da simili ricerche, ad interrogare sul ruolo che la comparazione giuridica può giocare rispetto ad una metodologia di analisi e di raffronto di dati normativi provenienti da diversi ordinamenti, raccolti ed analizzati in modo radicalmente differente rispetto al tradizionale metodo della comparazione. Di fronte a questa esperienza, qualsiasi ne sia il giudizio di valore, non sembra possibile indulgere in un atteggiamento di totale disinteresse, specialmente se si considera come il rapporto Doing Business esprima un modello teorico che coinvolge inequivocabilmente alcune tematiche centrali del discorso comparatistico, quali la contrapposizione tra common law e civil law, il trapianto e l’imitazione di istituti giuridici o ancora il carattere funzionale del diritto in rapporto ad altre discipline sociali, in particolare le interconnessioni con l’economia. L’indagine sulla relazione tra diritto comparato e strumenti di raffronto efficientistico delle regole giuridiche è, tuttavia, ancora in una fase embrionale ed ha finora attratto l’attenzione solamente di una ristretta cerchia di giuscomparatisti, senza ad oggi essere contemplata, nemmeno per cenni, pressoché in nessuno dei principali manuali di diritto comparato ( 49 ). In realtà, il reciproco ignorarsi tra strumenti della omologazione dell’ordine globale e metodi del diritto comparato classico rischia, con ogni evidenza, di danneggiare o quantomeno di marginalizzare il discorso comparati( 49 ) Tra gli studi comparatistici che danno rilievo ai rapporti Doing Business si vedano Siems, Numerical Comparative Law: Do We Need Statistical Evidence in Law in Order to Reduce Complexity?, Eui, 2004; Benedettini-Nicita, Towards the Economics of Comparative Law: the «Doing Business» Debate, in 1 Comp. L. Rev. (2010); Monateri-Somma, Il modello di civil law, 217. Si veda, inoltre, Bussani, Il diritto dell’Occidente. Geopolitica delle regole globali, Einaudi, 2010, 65 s. NGCC 2011 - Parte seconda stico, relegandolo nell’area della speculazione «superflua», incapace di incidere sulle scelte di politica normativa e totalmente rimpiazzato dalle valutazioni statistiche ed economiche ( 50 ). La circostanza, inoltre, secondo cui tra i primi dieci paesi nella classifica di Doing Business 2010, ben otto appartengano all’area di common law e due ai paesi scandinavi ( 51 ), evidenza come sul piano del costituendo nuovo ordine globale mondiale il ruolo guida sia stato assunto inequivocabilmente dai paesi appartenenti ad una certa area politica, il che svela il disegno di americanizzazione e di neocolonizzazione operata sul piano giuridico e, di riflesso, economico. La connessione tra questi due piani, in particolare, segna l’emergere di una nuova frontiera nelle analisi comparatistiche, nelle quali si riscontra come la circolazione di regole e di istituti giuridici appaia sempre meno collegata all’imitazione sulla base del «prestigio», e sempre più determinata dall’obiettivo di raggiungere un elevato livello di efficienza economica. Il mutamento di prospettiva che ciò determina vale una volta di più a chiarire la portata dei riflessi che i processi di abbattimento dei confini tradizionali generano sugli strumenti epistemologici della comparazione giuridica. Nel prendere consapevolezza di questo fenomeno, pare necessario che la dotazione concettuale del comparatista si arricchisca ulteriormente di conoscenze interdisciplinari, ed in particolare di strumenti concettuali propri dell’economia. Si prenda ad esempio l’affermazione di Simon Djankov, economista bulgaro ispiratore dei rapporti Doing Business, secondo cui un ridotto livello di formalismo contribuirebbe a numerosi benefici macroeconomici, aumentando gli investimenti interni e stranieri, il livello di produttività e di occupazione, e nello stesso tempo riducendo i margini per fenomeni di corruzione. Simili tesi appaiono in buona parte confutabili solamente all’interno di un ragiona( 50 ) Michaels, Comparative Law by Numbers? Legal Origins Thesis, Doing Business Reports, and the Silence of Traditional Comparative Law, in 57 Am. J. Comp. L. (2009), 765 ss. ( 51 ) Nell’ordine compaiono Singapore, Nuova Zelanda, Hong Kong, Stati Uniti, Regno Unito, Danimarca, Irlanda, Canada, Australia e Norvegia. 179 Aggiornamenti mento che abbini la conoscenza delle dinamiche relative ai cambiamenti giuridici agli strumenti marcoeconomici, considerando le differenti variabili che incidono sui livelli di produttività e di efficienza dei sistemi economici. È questo il senso della necessità di un cammino parallelo tra comparazione e studi statistici ed economici, soluzione ragionevole che consente al diritto comparato di non cadere in un’area di marginalizzazione, e che anzi arricchisce il discorso svolto a livello macroeconomico, con riflessioni che pongono l’accento sulla complessità dei sistemi giuridici avvalendosi di strumenti concettuali consolidati. Su queste basi soltanto può utilmente intraprendersi un discorso che confuti la tesi della presunta superiorità del common law sul civil law. Non vi è dubbio infatti che il modello Doing Business proponga una simile visione, e sia nello stesso tempo condizionata dalla teoria, per molti versi semplicistica, secondo cui la caratteristica «spontaneità» del modello giuridico anglosassone ha determinato nel tempo una superiorità sul mondo di civil law, che si rivela sotto numerosi profili, ma in particolare sulle capacità di regolazione del mercato. A questo punto è possibile trarre una prima conclusione sulle possibili linee evolutive della comparazione giuridica, nell’era della globalizzazione. Il mutamento di prospettiva imposto dalla nuova permeabilità dei confini sembra suggerire un abbandono del tradizionale atteggiamento di neutralità ideologica che ha caratterizzato la comparazione giuridica nella seconda metà del XX secolo. Quello che David Kennedy ha descritto come «agnosticism» della comparazione post-bellica, secondo cui gli esiti della comparazione dovevano necessariamente corrispondere ad un insieme di informazioni e conoscenze, di carattere tecnico, utili per la scienza giuridica in generale, viene sfidato oggi dalle nuove prospettive della governance mondiale, che si affidano alle tecniche matematizzanti dell’econometria, al fine di offrire un fondamento teorico a un modello di regolazione giuridica del mercato, conforme alle richieste di organismi di governo sovranazionale. Del resto, al cospetto di un modello di regolazione sovranazionale dell’economia in cui il diritto sembra svolgere una funzione ancillare rispetto allo sviluppo del liberismo economico, 180 e di fronte ad una esplicita competizione tra ordinamenti che si svolge già a livello di scelta della legge nelle questioni transfrontaliere, è evidente che la stessa comparazione tra regole giuridiche diviene strumentale ad altri obiettivi etero-determinati. Doing Business concepisce infatti le differenti regole giuridiche in funzione dello sviluppo del mercato, evidenziandone l’attrattiva o le potenzialità dissuasive della circolazione di capitali. La complessità della società attuale consiglia che gli strumenti della comparazione, in reazione a questi stimoli, svelino innanzitutto i pericoli incombenti di una omologazione al ribasso nella protezione degli interessi privati. 10. Omologazione delle regole ed efficienza economica: il discorso comparatistico tra somiglianze e differenze. Porre l’attenzione sulle dinamiche geopolitiche in relazione alla costruzione di nuovi modelli giuridici costringe immediatamente l’osservatore a fare i conti con un panorama che, dal punto di vista economico, politico e culturale, ha visto nell’ultimo trentennio un progressivo trasformarsi della leadership americana nell’Occidente in un vero e proprio manifesto di supremazia globale ( 52 ). L’arma utilizzata sul versante giuridico è l’omologazione delle regole, che dovrebbe nella logica globalista contribuire all’abbattimento delle frontiere, lasciando spazio alla generale applicazione della Rule of Law, precondizione per stimolare la crescita e gli investimenti e per creare un clima di certezza e stabilità nelle relazioni economiche, di modo che possano essere calcolati i rischi di impresa, possa trovarsi tutela adeguata alla proprietà, e le obbligazioni di fonte contrattuale vivano nell’ambiente ideale per il loro adempimento. Emblematica di un simile orientamento è la voce che proviene dai più importanti organismi di governo sovranazionale, che tendono ad esaltare la funzione benefica attribuita alla creazione di un ambiente giuridico globale uniforme: in modo particolarmente efficace la posizione è stata espressa dal vice presidente ( 52 ) Così Bussani, Il diritto dell’occidente. Geopolitica delle regole globali, 52. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato della WB, Ibrahim Shihata, secondo cui «the rule of law is needed to give credibility to commitments on the part of the governments, and reliability and enforceability to applicable rules. This, in turn, leads to lower transaction costs, greater access to capital, and the maintenance of level playing fields» ( 53 ). L’evidente obiettivo che la WB sembra essersi imposta modifica le prospettive di analisi dei mutamenti giuridici che coinvolgono i singoli ordinamenti; non pare, infatti, che sia il tradizionale concetto di «prestigio» delle regole a guidare i processi di modificazione degli ordinamenti giuridici, ma nel caso della WB è piuttosto un potere espresso nella dipendenza economica dei singoli paesi a generare una crescente attenzione per il modello prospettato. Si pensi, al riguardo, al sistema di erogazione di prestiti elaborato in seno alla WB, nel quale il mutamento delle regole giuridiche è condizione necessaria per la concessione di sostanziosi prestiti monetari ( 54 ); il rilievo di simili pratiche appare particolarmente significativo soprattutto nei paesi in via di sviluppo o nei paesi appartenenti in passato alla tradizione socialista e che stanno transitando verso convinte forme di economia di mercato ( 55 ). Di fronte ad un quadro di questo genere, le reazioni possibili sono le più diverse, e in larga misura corrispondono ad una differente visione politica dell’osservatore. Il discorso comparatistico, invece, privilegia l’osservazione in sé e, offrendo gli strumenti conoscitivi ed un sistematico impianto concettuale, si propone in funzione predittiva rispetto all’interrogativo sul successo di simili inclinazioni imperiali- ( 53 ) Shihata, The Role of Law in Business Development, in 20 Fordham Int’l L.J. (1997), 1579. ( 54 ) Simile funzione viene svolta dal «Country Policy and Institutional Assessment», strumento diagnostico che contempla numerosi indicatori utilizzati nel report Doing Business, connessi all’erogazione di prestiti. ( 55 ) Con riferimento ai trapianti giuridici verso paesi ex comunisti, e sulla tendenza a ricalcare la disciplina statunitense di regolamentazione dei mercati finanziari, si veda De Lisle, Lex Americana? United States Legal Assistance, American Legal Models, and Legal Change in the Post-Communist World and Beyond, in 20 U. Pa. J. Int’l Econ. L. (1999), 170. NGCC 2011 - Parte seconda ste ( 56 ). Il raffronto tra regole giuridiche e l’individuazione di somiglianze e differenze non basta evidentemente a disegnare in maniera completa il mappamondo del diritto; lo studio sulla circolazione di regole ed istituti impone di verificare da dove sorge l’ispirazione per i mutamenti normativi ma soprattutto, una volta chiarita la fonte, suggerisce di indagare se il processo di modernizzazione del diritto conduca necessariamente alla creazione di strutture giuridiche definite, interpretate ed applicate in maniera conforme a quanto avviene nei paesi della tradizione occidentale, e all’interno di questa, in particolare nei paesi di common law. In questo modo, si riconosce la persistente utilità dell’indagine comparatistica anche nel quadro di un’economia globalizzata, nella quale la tendenziale convergenza dei mercati e delle regole che li disciplinano si scontra con una pluralità di strutture giuridiche e culturali sedimentate nei diversi ordinamenti. L’interazione tra regole uniformi e contesti locali diversificati rappresenta dunque uno dei terreni di analisi comparatistica più fertili, in cui il metodo tradizionale della comparazione viene messo alla prova della modernità. In questa prospettiva, la consueta diffidenza con cui la comparazione ha sempre guardato alle teorie positiviste può rappresentare un efficace antidoto a quelle declamazioni formaliste, che suggeriscono una circolazione di regole giuridiche attraverso il solo formante legislativo. Accanto a queste prime osservazioni, appare poi riconoscibile la tendenza a rivalutare l’importanza delle differenze tra ordinamenti giuridici, dopo un lungo periodo nel quale l’attenzione dei comparatisti è stata prevalentemente rivolta all’individuazione delle somiglianze o ( 56 ) Il richiamo al concetto di imperialismo è frequente nella letteratura comparatistica che analizza il fenomeno della globalizzazione. Sul punto, in particolare, si veda Mattei, A Theory of Imperial Law: A Study on U.S. Egemony and the Latin Resistence, in Global Jurist Frontiers (2003), 3; con riferimento al primo movimento di Law and Development, si vedano le critiche di Gardner, Legal Imperialism, Madison, 1980. L’idea di impero è, com’è noto, frequente nel dibattito politologico odierno, e ad essa rinvia il fortunato Hardt-Negri, Empire, Harvard University Press, 2000. 181 Aggiornamenti delle affinità, nella ricerca di radici comuni o nella prospettiva di processi di armonizzazione giuridica ( 57 ). È chiaro infatti che, nel quadro della globalizzazione dei mercati e del diritto, la ricerca delle differenze non si presenti quale esaltazione un po’ retrò delle identità nazionali, ma suggerisca di verificare in concreto le modalità di funzionamento, di interpretazione e di applicazione di un diritto omogeneo e, in questo modo, valorizzi altresì un modello competitivo di progresso giuridico. Sebbene la stessa idea, molto cara ai comparatisti, di legal transplant sia stata utilizzata dalla comparazione tradizionale con lo scopo di dare conto delle somiglianze tra regole giuridiche ( 58 ), la società globalizzata odierna suggerisce di indagare le modalità attraverso le quali il tentativo di trapiantare regole giuridiche, imposto ad esempio con la forza persuasiva di istituzioni sovranazionali, sia destinato a generare differenze. Ciò può accadere in conseguenza di reazioni di rigetto dei destinatari di tali regole o istituti, o può verificarsi per una debolezza del soggetto che tenta di imporli, o semplicemente per una eventuale incapacità degli ordinamenti nazionali a far proprie le indicazioni che vengono suggerite nel quadro della globalizzazione ( 59 ). Verificare, in proposito, la valenza delle numerose riforme che il report Doing Business prende in considerazione, sembra ad esempio un valido banco di prova per giudicare l’effettività del potere uniformatore di cui dispongono la WB e la WTO. Su questo orizzonte di indagine, si innesta ( 57 ) Sul punto, cfr. Legrand, The Same and the Different, in Legrand-Munday (eds.), Comparative Legal Studies: Traditions and Transitions, Cambridge University Press, 2003, 240 ss. ( 58 ) Per tutti, si veda Watson, Legal Transplants: An Approach to Comparative Law, 2a ed., University of Georgia Press, 2000. ( 59 ) Per delineare l’inevitabile grado di differenziazione che regole proposte in modo uniforme possono generare, si è parlato dell’esistenza di una «legge di non trasferibilità del diritto» (così A. Seidman-R. Seidman, State and Law in the Development Process: Problem-solving and Institutional Change in the Third World, St. Martin’s Press, 1994, 44 e, in precedenza, R. Seidman, The State, Law and Development, Palgrave Macmillan, 1978, 34). 182 poi la necessità di verificare se tale competizione di regole giuridiche non sia destinata a generare un mercato al ribasso delle regole stesse. Una simile preoccupazione è certamente presente nel dibattito dottrinale odierno, nel quale si denuncia il rischio che conquiste importanti della civiltà occidentale siano paradossalmente destinate ad una progressiva erosione, proprio nel momento in cui si cerca di imporre un modello giuridico universale che trova ispirazione nella tradizione giuridica occidentale. Tra quest’ultima, pur variegata al suo interno, e gli ordinamenti destinatari delle regole armonizzate, si instaura infatti una dialettica complessa, che emblematicamente il rapporto con i paesi dell’estremo oriente è in grado di rappresentare. Non vi è solo, infatti, la tendenza ad una ibridazione volontaria del diritto ad opera di paesi c.d. late comers, tuttora caratterizzati da un processo di incerta democratizzazione ma inclini a recepire il modello giuridico-economico occidentale capitalistico; le dinamiche sui movimenti di importazione delle regole sono infatti assai più complesse e determinano talvolta una trasformazione o quantomeno una modificazione delle regole recepite, così innescando un vero processo di competizione, talora economicamente efficiente ma culturalmente e socialmente «irritante» ( 60 ). Modelli di disciplina del mercato ritornano al mittente nella società globalizzata, deprivati di garanzie, di forme di tutela dei diritti, di strumenti di controllo sulla responsabilità sociale delle imprese, e incontrano, nelle nuove vesti, il sostegno degli operatori del mercato più attrezzati e talvolta politicamente più influenti. Del resto, le dinamiche geopolitiche appaiono segnate dalla complessità dei rapporti e collegano la globalizzazione a nuove forme di ibridazione del diritto, cui una parte della dottrina contemporanea si riferisce con i termini «creolisation» ( 61 ) o, appunto, «hybridisa- ( 60 ) Cfr. Chakrabarty, Provincializing Europe: Postcolonial Thought and Historical Difference, Princeton, 2000 (trad. it. Provincializzare l’Europa, Meltemi, 2004). ( 61 ) Hannerz, Cultural Complexity: Studies in NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato tion» ( 62 ), nelle quali si riconosce l’impossibilità che la recezione di regole uniformi avvenga in modo lineare in qualunque contesto essa si realizzi, dando invece luogo, ove non vi sia un rigetto delle stesse, ad una reinterpretazione o ad una mistura con regole preesistenti ( 63 ). L’angolo di osservazione del comparatista appare, in tal caso, privilegiato, potendosi affidare a strumenti di indagine consolidati nella tradizione comparatistica che ha avuto ad oggetto il diritto coloniale e post-coloniale novecentesco. In realtà, l’influenza di istituzioni sovranazionali sui singoli ordinamenti locali potrebbe in ipotesi anche sovrastare il potere di reazione dei paesi destinatari del processo di omologazione. Se, prendendo come esempio uno degli indici di competitività che la WB propone nella regolazione delle attività imprenditoriali, e cioè l’abolizione del capitale sociale versato minimo nelle società che esercitano attività di impresa, ben ci si avvede come le numerose riforme di cui si dà conto avvenute negli ultimi anni si muovano nello stesso orizzonte. La regola giuridica diviene, in tal modo, tendenzialmente omogenea, nell’auspicio di allentare restrizioni normative al mercato, senza che al riguardo possano assumere rilevanza contesti economici o sociali differenti, e nel contempo senza che i singoli ordinamenti possano opporre ragioni di opportunità tali da giustificare il permanere di soglie di capitale di ingresso. L’omologazione è così raggiunta in questo particolare aspetto della vita societaria, come si legge nell’ultimo rapporto Doing Business 2010, attraverso riforme giuridiche del tutto similari che hanno coinvolto paesi di diversissimo livello di benessere economico, di differenti tradizioni giuridi- the Social Organization of Meaning, Columbia University Press, 1992. ( 62 ) Nederveen Pieterse, Globalization as Hybridization, in Featherston-Lash-Robertson (eds.), Global Modernities, Sage Publications, 1995. ( 63 ) Tale prospettiva di analisi è proposta, con riferimento all’evoluzione giuridica dei paesi del sud est asiatico, da Harding, Comparative Law and Legal Transplantation in South East Asia: Making Sense of the «Nomic Din», in Nelken-Feest (eds.), Adaptiong Legal Cultures, Hart Publishing, 2001, 199 ss., 213. NGCC 2011 - Parte seconda che, accomunati dal solo assecondare le indicazioni della WB ( 64 ). 11. L’ordine giuridico mondiale nella politicità dello sviluppo giuridico. Una delle idee di base, che sottendono il tentativo di omologazione mondiale delle regole, è rappresentata dal c.d. «sviluppo giuridico», idea nella quale si nasconde un chiaro giudizio assiologico circa l’opportunità che la Rule of Law venga adottata in modo uniforme. Per la comparazione, è dunque essenziale indagare le modalità attraverso le quali significative regole giuridiche vengono imposte in ordinamenti oggetto di neo-colonizzazione, verificando eventuali distorsioni nella loro interpretazione ed applicazione e, eventualmente, denunciando il fenomeno di una circolazione «di ritorno» delle regole giuridiche, modificate secondo la descritta logica al ribasso. Ma, in premessa, è forse compito ancor più significativo quello di svelare la dimensione eminentemente politica e non meramente tecnica delle regole che si vogliono globalizzate, poiché l’idea di «sviluppo giuridico» si connette inevitabilmente ad una scelta e trova fondamento teorico nell’opinione per cui esiste un best model normativo universale, dietro il quale si possono nascondere anche effetti redistributivi della ricchezza. Ovviamente i banchi di prova per una verifica in concreto dal punto di vista comparatistico possono essere assai numerosi; in linea generale, è possibile individuare innanzitutto quelle indagini su singole regole o istituti, nelle quali l’adozione della logica micro-comparatistica si arricchisce degli strumenti di indagine della complessità; diversa prospettiva è invece quella che mette alla prova l’influenza delle regole transazionali in relazione a determinati ordinamenti giuridici soggetti della recezione. Con tutta evidenza, le due tipologie di indagine si intrecciano necessariamente e soltanto il ( 64 ) Ci informa il rapporto Doing Business 2010 che, tra il 2008 ed il 2009, nessun paese ha aumentato o introdotto il requisito del capitale sociale minimo, mentre la sua riduzione o abolizione è stata prevista in Albania, Armenia, Bielorussia, Bulgaria, Egitto, Germania, Kirghizistan, Madagascar, Mozambico, Polonia, Samoa, Siria, Tagikistan, Taiwan, Emirati Arabi. 183 Aggiornamenti riscontro combinato consente una effettiva conoscenza dell’attuale realtà giuridica globale, così da definire le premesse per una teoria scientificamente fondata sull’odierno ordine giuridico mondiale. Al di là della declamata neutralità politica dei principali organismi di governo sovranazionale, è infatti agevole riconoscere come le scelte normative incoraggiate, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, evidenzino una chiara politicità delle decisioni prese dal IMF, dalla WB o dalla WTO. Il lato «istituzionale» della globalizzazione giuridica, quello cioè che non nasce in modo spontaneo o «soft» dal mercato, esprime dunque un indirizzo politico che incide in maniera profonda sugli assetti istituzionali, politici e giuridici dei Paesi membri. Questa operazione viene condotta con consapevolezza e sistematicità, dietro il velo della tecnicità delle regole giuridiche imposte e del carattere strumentale allo sviluppo economico che riveste la Rule of Law, imposta anche grazie alla vaghezza del contenuto che la contraddistingue ( 65 ). Peraltro, occorre rilevare come l’ambizione dell’ordine globale mondiale abbia da tempo abbandonato i ristretti limiti dell’economia e della finanza, per estendersi pressoché ad ogni settore di regolazione della società. L’originaria tesi per cui le regole uniformi rappresentano la precondizione per un armonioso sviluppo del mercato e dell’economia rimane tuttora presente nella retorica della globalizzazione, ma ad essa si affianca la convinzione che tali regole uniformi non debbano limitarsi a quelle specificamente dirette a regolare il mercato, ma coinvolgano anche ogni aspetto sociale dei vari ordinamenti, di modo che la Rule of Law è destinata, nello specchio emblematico della tutela dei diritti umani o della protezione dell’ambiente, a divenire un bene in sé. Lo sviluppo giuridico corre, dunque, di pari passo con l’affievolirsi del significato delle frontiere nazionali, percepite quali ostacoli all’universale accoglimento di un modello giuridico che rispecchi lo Stato di Diritto così come conosciuto nella storia della tradizione giuridica occidentale. L’ibridazione di ogni sistema giuridico che ne consegue è pertanto il frutto ( 65 ) Su tale caratteristica, v. Ajani, 12 ss. 184 di un particolare percorso dei mutamenti giuridici, che pare oggi omogeneo nella generale tendenza a riflettere la regolamentazione suggerita a livello sovranazionale, ma destinato a variare a seconda dell’ambiente di recezione. Non sfugge, infatti, all’osservatore come l’auspicata evoluzione di tutti i sistemi giuridici verso un ideal-tipo di modello delle tradizione occidentale, confligga poi in concreto con numerosi fattori che incidono profondamente sul law in action, e sui quali le indagini comparatistiche sembrano dotate degli strumenti conoscitivi adeguati a gettare una luce nuova di conoscenza. Se, poi, si considera che nelle articolate declinazioni di questa forma di neo-colonialismo giuridico, la retorica della Rule of Law monopolizza la discussione ed anzi, in alcuni casi rappresenta la stessa ragione auto-legittimante che giustifica l’esportazione del modello, ben si comprende come appaia necessaria per la comprensione del fenomeno una adeguata delimitazione dei confini della Rule of Law che, pur essendo presente nei paesi occidentali, certamente non si manifesta in maniera identica né monolitica. Il primo aspetto che si può rilevare consiste nella caratteristica politicità della sua dimensione, che lega l’esistenza di un modello improntato al dominio del diritto alla presenza di ordinamenti di matrice liberale ( 66 ). L’idea che sottende l’espressione Rule of Law, tuttavia, non sembra affatto statica, quando entra in contatto con ordinamenti nuovi e con situazioni geopolitiche ad essa estranee, come nel caso della sua iniziale penetrazione ( 66 ) In questo senso, anche talune teorie della comparazione giuridica hanno avallato l’idea per cui la circolazione di regole ed istituti risulta inevitabile, ed anzi auspicabile, in settori dell’ordinamento reputati privi di carattere politico (come sarebbe, secondo questa ipotesi, il diritto dei contratti); così Waelde-Gunderson, Legislative Reform in Transition Economies: Western Transplants. A Short-cut to Social Market Economy Status?, in 43 Int’l & Comp. L. Q. 347-378 (1994), 368 s., i quali peraltro manifestano anche la convinzione che i trapianti giuridici di per sé, senza un adeguato intervento sulle strutture e le forze economiche dei vari paesi, siano insufficienti a determinare le condizioni per lo sviluppo generale degli ordinamenti coinvolti. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato nel diritto cinese. Le sue sfaccettature lambiscono il terreno costituzionale, ove viene intesa quale sistema di checks and balances, o le scienze politiche, che la identificano in un meccanismo complementare ad ogni sistema giuridico effettivamente democratico, ed ancora nella prospettiva di law and developments il termine riguarda più propriamente la tutela dei property rights ed il funzionamento di istituti giuridici che consentano un adeguato sviluppo economico. Questo quadro, assai semplificato, di significati possibili svela innanzitutto lo stretto legame tra l’imposizione di un modello giuridico ispirato alla Rule of Law e la sfera della politicità delle decisioni provenienti dai principali organismi sovranazionali di governo mondiale. L’osservazione comparatistica sugli intrecci tra simili accezioni della Rule of Law e il concetto di «sviluppo giuridico» consente, dunque, di analizzare in una prospettiva nuova i mutamenti giuridici verificatisi in taluni paesi, spesso in modo conforme o guidato dalle indicazioni della WB. La tesi per cui lo «sviluppo economico» si colleghi necessariamente ad un quadro normativo che rifletta la Rule of Law è stata in questi ultimi anni clamorosamente smentita dalla vicende che hanno condotto ad esempio l’economia cinese ad una tumultuosa scalata di tutte le classifiche sulla produttività, nella totale assenza di regole giuridiche corrispondenti all’idea costituzionale della Rule of Law. Ciò suggerisce una diversa interpretazione delle spinte che conducono gli organismi di Bretton Woods ad imporre determinate regole giuridiche, che non paiono dunque unicamente volte ad offrire un ambiente normativo favorevole agli sviluppi dell’economia ed all’accrescimento del benessere, ma piuttosto sembrano rappresentare l’arma attraverso cui imporre una omologazione giuridica che sia specchio del parallelo processo di americanizzazione della società. In controluce rispetto ad ogni tentativo di omologare le regole giuridiche nei vari paesi si può leggere la duplice natura della Rule of Law, che da più parti si è distinta nelle versioni «thick» e «thin». La prima non si limita ad incidere direttamente sul mercato, ma tende ad estendere la sfera di influenza anche agli aspetti sociali, presupponendo la presenza di un sistema politico democratico, che garantisce tanNGCC 2011 - Parte seconda to il libero mercato quanto la tutela dei diritti umani. Nell’accezione «thin», invece, la Rule of Law mostra un progetto meno ambizioso, limitato alla necessità di un quadro normativo che rafforzi l’apparato giudiziario slegandolo dal potere politico, che garantisca la sicurezza degli investimenti, proteggendo i property rights e favorisca lo sviluppo dei commerci attraverso regole efficaci per l’enforcement contrattuale ( 67 ). Le analisi di sistema che guardano oggi ai flussi giuridici non possono ignorare questa duplice natura del processo di «colonizzazione giuridica» che sembra spesso adattarsi all’ambiente di recezione. 12. Politicità ed economia delle regole giuridiche: una mappa del cambiamento. Se è vero che le maggiori pressioni del nuovo ordine giuridico mondiale si dirigono nei confronti dei paesi in via di sviluppo, che più di altri hanno bisogno di dotarsi di strutture giuridiche adeguate alle nuove esperienze sul versante economico e finanziario, non può tuttavia ritenersi immune da simili pressioni anche quella parte della tradizione giuridica occidentale che non si identifica con il modello di common law. La rilevanza dell’impianto marcatamente liberista che connota questo modello appare evidente in una duplice dimensione, poiché insiste tanto sulle scelte di politica normativa dei singoli paesi quanto, in ambito europeo, anche sugli orientamenti del diritto co( 67 ) Hutchinson, The Rule of Law Revisited: Democracy and Courts, in Dyzenhaus (ed.), Recrafting The Rule Of Law: The Limits Of Legal Order, Hart Publishing, 1999, 196, 199, definisce la thin theory della Rule of Law come «a vision of judging that celebrates the systemic virtues of regularity, predictability and certainty over the concern with substantive justice in particular instances: formal rules are the most efficacious and legitimate way to protect substantive values», con la conseguenza che un ordinamento giuridico può nel contempo essere rispettoso della Rule of Law, ed essere altresì antidemocratico. La versione «thick» invece lega inscindibilmente la Rule of Law alla presenza di strutture democratiche, tali per cui «the existence of pre-announced, objectively-knowable and impartially applied rules must be supplemented by tying such formal virtues to a substantive account of democratic justice». 185 Aggiornamenti munitario, sul versante legislativo e nelle decisioni della Corte di giustizia ( 68 ). Sembra opportuno, dunque, distinguere tra una forma di pressione che attiene prevalentemente alla regolazione del mercato, e che vuole imporre una logica che preveda il minor intervento possibile dello Stato o del pubblico in generale sul mercato, dalle diverse ma parallele tendenze a sviluppare un quadro mondiale della Rule of Law. È evidente che, pur essendo quest’ultimo concetto caratterizzato da diverse sfaccettature anche all’interno della tradizione giuridica occidentale, il quadro geo-politico europeo continentale pare destinatario solamente della prima forma di pressione, che induce ad una americanizzazione del diritto, particolarmente evidente sul versante del diritto contrattuale, societario, o nel settore della concorrenza. In questa prospettiva, la visione che sembra orientare i principali mutamenti giuridici si collega al c.d. Washington Consensus, modello economico così battezzato da John Williamson, che si regge su un marcato liberismo ed individualismo quali principi cui ispirare la regolazione della società, relegando il ruolo degli apparati pubblici alla funzione di garanzia di una stabilità macro-economica e di garanzia di un ordine minimo sociale. La crescita economica, in questa prospettiva, non può che corrispondere ad una liberalizzazione delle concentrazioni statali e ad un abbattimento delle barriere burocratiche. In questo senso, si legge ad esempio l’evidente sfavore per modelli di circolazione delle proprietà che coinvolgono un pubblico ufficiale quale è il notaio, in una tendenza a omologare le regole giuridiche a modelli di matrice anglosassone. Diversa è, invece, la situazione in altri ordinamenti, che vengono fatti oggetto di un tentativo di colonizzazione del diritto, legato all’idea di Rule of Law quale bene in sé o quale strumento idoneo a favorire una prosperità economica. Su questo versante, il quadro economico internazionale non pare, per molti aspetti, destinato a favorire un piano recepi- ( 68 ) Somma, Temi e problemi di diritto comparato, IV, Diritto comunitario vs. diritto comune europeo, Giappichelli, 2003, spec. 91 ss. 186 mento del modello liberista accanto al processo di democratizzazione dei paesi in via di sviluppo ( 69 ). La mappa geografica mostra chiaramente come la maggiore crescita economica negli ultimi anni abbia riguardato paesi che non appaiono pienamente in linea con un modello di Rule of Law, né con un sistema liberista dal punto di vista economico. Anzi, è spesso una divaricazione dagli orientamenti del Washington Consensus a favorire modelli di sviluppo giuridico «ibridi», che non rinunciano alla protezione di settori industriali strategici o a parziali politiche dirigiste. D’altro canto, l’esperienza di paesi che si sono appiattiti sulle posizioni dei principali attori della globalizzazione economica, come avvenuto ad esempio in Argentina, hanno palesato una effimera crescita economica iniziale, conseguente spesso a importanti privatizzazioni, conclusa poi, com’è noto, con profonde crisi finanziarie dettate dall’assenza di regole giuridiche stringenti sul mercato ( 70 ). Proprio il fenomeno delle cicliche crisi finanziarie che, con diversa violenza, hanno investito tutti i paesi ad economia avanzata, hanno probabilmente aperto una breccia nella monolitica convinzione che l’assenza dello Stato rappresenti un valore in sé, da perseguire attraverso politiche di riforma legislativa a carattere ( 69 ) È infatti un dato comunemente riconosciuto che il processo di circolazione di regole giuridiche omogenee a livello internazionale investe in modo più marcato proprio i paesi in via di sviluppo, che solitamente godono di un minore potere nel c.d. «international lawmaking process» e presentano uno sviluppo assai limitato dei propri istituti giuridici (così Lin, Legal Transplants through Private Contracting: Codes of Vendor Conduct in Global Supply Chains as an Example, in 57 Am. J. Comp. L., 2009, 711 ss.) ed inoltre sono sottoposti alle pressioni economiche delle istituzioni finanziarie internazionali che sostengono i processi di uniformazione giuridica. ( 70 ) Il riferimento all’esperienza argentina, in rapporto al Washington Consensus, non è casuale. Infatti, questo modello economico riassume quel complesso di raccomandazioni, proposte dal Fondo Monetario e dalla Banca Mondiale, dirette ai paesi dell’America Latina, e destinate ad indicare la via dello sviluppo economico e della integrazione di tali paesi. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato liberale. Il Post-Washington Consensus si propone, al riguardo, come il tentativo di correggere, già all’interno delle istituzioni di Bretton Woods, alcune storture che una integralista applicazione del modello liberale stava producendo. La critica è dunque giunta da più parti sul piano delle analisi economiche, guidate dal prestigio di economisti premi Nobel come Joseph Stigliz e continuata con i lavori di Easterly o Rodrik. Sul piano giuridico, invece, manca ancora forse una piena consapevolezza ed una indagine strutturale condotta in modo scientifico sugli effetti che le regole giuridiche circolate per effetto degli impulsi sovranazionali hanno prodotto. Ancora una volta, è questo il nuovo terreno su cui la comparazione giuridica può giocare un ruolo importante, capace di descrivere in modo non superficiale le dinamiche del law in action, delineando le appropriate distinzioni tra declamazioni formali e regole operazionali e, in ultima analisi, offrendo una base sistematica per comprendere la portata dei più recenti flussi giuridici ( 71 ). Al riguardo, non sfugge come i mutati scenari di politica internazionale non soffochino il discorso comparatistico, ed anzi ne esaltino le specificità; in questo senso, la comparazione giuridica ha affinato nel tempo gli strumenti di analisi della realtà, capaci di insinuare il dubbio che il processo di riforma delle regole e delle istituzioni, guidato dalle organizzazioni ( 71 ) Tra questi ultimi, vi è da considerare come un capitolo a parte l’insieme delle norme entrate in vigore a seguito della più recente crisi finanziaria. Come si è detto, un parziale ripensamento sulla validità degli assunti neo-liberisti ha preso piede nel corso degli ultimi anni, anche in conseguenza delle crisi finanziarie che hanno investito l’intero pianeta. Per scongiurare il loro ripetersi, si è così diffusa la convinzione che il mercato abbia bisogno di forme di regolamentazione stringenti, a costo di far apparire contraddittorie le istituzioni di Bretton Woods che, dopo aver predicato una lettura monocorde sull’efficienza e l’autosufficienza del mercato, tendono oggi a ripensare alla funzione sovvenzionatrice e proprietaria degli Stati nazionali. In questa prospettiva, si spiega l’istituzione del Financial Stability Board, organismo creato in seno al G20 con il compito di delineare una profonda attività di regolazione dei mercati finanziari. NGCC 2011 - Parte seconda internazionali e modellato sul diritto anglosassone, possa incontrare numerose difficoltà di recezione specialmente nei paesi in via di sviluppo o in transizione: in questo modo si manifesta una capacità critica, che svela il carattere non eminentemente tecnico e l’intrinseca politicità delle riforme globali, il cui successo dipende in larga misura da fattori, presenti nei contesti di recezione, che tendono altrimenti ad essere sottovalutati. Nel descrivere le grandi direttrici in cui si muovono congiuntamente diritto ed economia, nel loro rapporto con gli Stati nazionali, il discorso rischia di risultare incompleto se si trascurano i riflessi prodotti dalle più recenti crisi economiche e finanziarie che hanno coinvolto l’intero pianeta. La retorica sul declino degli Stati nazionali sembra, infatti, perdere consistenza nel momento in cui i rimedi che consentano il perdurare dell’intero impianto economico-finanziario capitalista vengono delegati all’iniziativa dei singoli Stati nazionali. La capacità auto-regolamentativa del mercato, così come gli altri centri «anarchici» ed a-territoriali di produzione normativa (grandi società multinazionali, banche, società di revisione), hanno lasciato il campo agli interventi degli Stati, che paiono riacquistare un ruolo centrale nel governo dei processi economici. Anche in questa circostanza, tuttavia, la globalizzazione mostra il proprio carattere multidimensionale, difficilmente riconoscibile attraverso una lettura piana dei fenomeni che la realizzano, ed in tal senso l’attività posta in essere dagli Stati, in apparenza interventisti, può anche leggersi quale costrizione ad utilizzare le leve finanziarie proprie, al fine di salvare soggetti privati. Le dinamiche, a carattere eminentemente finanziario, possono aiutare anche nelle analisi comparative, poiché illuminano il ruolo che gli Stati sono chiamati a rivestire nel processo di globalizzazione, in relazione ad altre fonti e altri centri di potere che hanno reso nel tempo inconsistente il confine tra pubblico e privato. 13. Sulla teoria dei trapianti giuridici nel quadro del diritto globale. Nella descrizione di una progressiva perdita di significato dei confini nazionali, che deve la propria origine a fattori economici, tecnologici e anche 187 Aggiornamenti culturali, si è visto come la comparazione giuridica sia chiamata ad uno sforzo di rinnovamento dei propri strumenti di indagine della realtà. Occorre dunque riflettere su alcune concezioni che hanno impresso una impronta marcata al discorso comparatistico nel corso degli ultimi anni e che vengono messe alla prova della globalizzazione. Uno dei concetti di cui la comparazione ha fatto largo utilizzo e che paiono destinati ad un inevitabile ripensamento sembra essere quello di «trapianto giuridico». La sua rilevanza appare evidente ove si consideri il descritto odierno fenomeno della esportazione di regole ed istituti giuridici, che rappresenta uno dei momenti di emersione della globalizzazione sul piano del diritto. Tradizionalmente, infatti, si ravvisa in ogni ipotesi di trapianto giuridico una sorta di «moving of a rule or a system of law from one country to another, or from one people to another» ( 72 ), e se ne danno differenti definizioni, accomunate dalla circostanza di ravvisare un attraversamento dei confini nazionali da parte di regole ed istituti giuridici ( 73 ). Già da tempo, si avverte nella dottrina comparatistica come l’idea di trapianto giuridico possa rivelare una portata esplicativa della realtà ingannevole, anche se le critiche più serrate contro tale concetto talvolta cedono a logiche di invariabilità delle dimensioni giuridiche locali, in contrasto con il concreto operare dei processi di evoluzione o imitazione o ancora di recezione. È questa, ad esempio, la prospettiva che sembra accolta da Pierre Legrand, quando critica severamente l’atteggiamento di quanti utilizzano i metodi della comparazione per ravvisare (o per favorire) processi di convergenza tra ordinamenti, tramite l’enfasi sull’idea di trapianto giuridico. Certo è, come chiarisce ( 72 ) Watson, Legal Transplants: An Approach to Comparative Law, 21. ( 73 ) Così, nella definizione di Wise, The Transplant of Legal Patterns, in 38 Am. J. Comp. L. Supp. (1990), 1 ss., 1, il trapianto giuridico corrisponde a «the movement, the continual flow, of legal paradigms and ideas across national frontiers» e la stessa idea di attraversamento delle frontiere è espressa da Gillespie, Transplanting Commercial Law Reform: Developing a «Rule of Law» in Vietnam, Hashgate, 2006, 3. 188 Rodolfo Sacco, che spesso le nazioni hanno preferito adottare liberamente modelli privi di storia, rispetto alle soluzioni consacrate dalla cultura nazionale e dalla tradizione ( 74 ), e dunque indirettamente una parte delle critiche all’idea di trapianto giuridico (quelle che stigmatizzano l’assenza di un rilievo adeguato al sostrato storico e culturale) trova effettivamente una risposta nella descrizione oggettiva della realtà. L’epoca attuale, peraltro, ci mostra una dimensione nuova della circolazione giuridica, e impone di verificare se i trapianti siano indotti con la persuasione dell’elemento efficientistico (come prospettano gli studi di Law and Development) o con la forza del potere, in parte ricattatorio, delle istituzioni finanziarie internazionali che rappresentano il nuovo ordine giuridico globale ( 75 ). L’alternativa non è di poco conto anche per quanto attiene ai profili metodologici della comparazione, visto che, aderendo a quest’ultima chiave di lettura, si è portati a ritenere che le diversità non siano da concepire quali ostacoli alla diffusione di un ambiente economico favorevole, ma rappresentino una ricchezza, da valorizzare tanto sul piano dell’analisi teorica quanto sul terreno pratico della reazione al processo di neocolonizzazione giuridica ( 76 ). Se, pertanto, si attribuisce al legal transplant la caratteristica di riprodurre nell’ambiente di recezione i medesimi significati ed effetti che le regole giuridiche presentano negli ordinamenti di origine, certamente la teoria affonda nell’in- ( 74 ) Sacco-Gambaro, Sistemi giuridici comparati, 2o ed., Utet, 2000, 47. ( 75 ) Tra le organizzazioni internazionali che svolgono il ruolo di promozione e diffusione di un modello di Rule of Law, è possibile indicare, tra le altre, oltre alla Banca Mondiale, lo United Nations Development Programme (UNDP), la US Agency for International Development (USAID), l’European Bank for Reconstruction and Development (EBRD), l’Asian Development Bank (ADB). ( 76 ) Com’è noto, non è infrequente invece nella letteratura, tanto italiana quanto straniera, la convinzione che il modello giuridico anglosassone, ed in particolare la duttilità del judge-made-law, si imponga al mondo globalizzato, in virtù delle sue caratteristiche di efficienza e dinamismo. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato distinzione delle basi culturali e dell’ambiente tradizionale. Ciò vale tanto per i trapianti da un ordinamento ad un altro, quanto per il caso di imposizione di regole ed istituti basata su un progetto politico di omologazione globale. In realtà, il metodo comparatistico ha certamente affinato la nozione di trapianto giuridico, senza che ad essa si possa riconoscere l’ambizione di creare un perfetto specchio di regole ed istituti, tradotti, interpretati ed applicati in maniera uniforme. Proprio la sua declinazione variegata sembra rappresentare un utile strumento concettuale per comprendere le diverse modalità attraverso le quali un progetto di uniformazione calato dall’alto possa in concreto manifestarsi, e con ciò si prospetta una nuova dimensione entro la quale inquadrare il discorso sui trapianti giuridici, adeguandolo al mutato contesto globale. Appare infatti evidente come, muovendosi gli studi comparatistici dall’analisi sistemologica all’indagine sulla circolazione giuridica, il paradigma del territorio e dei confini venga ridefinito proprio sulla base di fenomeni riconducibili all’ampia categoria dei trapianti giuridici. Le numerose obiezioni sollevate contro tale teoria trovano, tuttavia, negli scenari della globalizzazione talune conferme, che rendono così necessario rivisitarne i tratti caratteristici, al fine di verificarne l’eventuale residua utilità conoscitiva. In questo senso, si legge ad esempio la proposta di utilizzare la nozione di «diffusione del diritto», e non di trapianto giuridico, mutuandola dalle scienze sociologiche, nel tentativo di offrire una categoria neutra alla circolazione giuridica, non dipendente dal punto di vista degli ordinamenti che esportano le regole giuridiche ( 77 ). Per verificare, dunque, se il comparatista possa ancora avvalersi della teoria dei trapianti, pare proficuo muovere da talune affermazioni di Alan Watson, per valutarne la compatibilità con i mutamenti giuridici che investono oggi numerosi ordinamenti, dietro lo stimolo di alcune istituzioni internazionali. Il punto di partenza nella teoria dei trapianti viene ricono- ( 77 ) Così Twining, Diffusion of Law: A Global Perspective, in 49 J. Legal Pluralism & Unofficial L. (2000), 1 ss., 14. NGCC 2011 - Parte seconda sciuto generalmente nella convinzione che il diritto, così come la tecnologia, è il frutto dell’esperienza umana; nel momento in cui viene elaborato un particolare istituto o una determinata regola, si realizzano le condizioni affinché altri ordinamenti se ne approprino, allo stesso modo in cui circolano le scoperte tecnologiche. In questo scenario, il prestito delle regole giuridiche diviene la principale forma attraverso cui il diritto si sviluppa mentre la cultura giuridica di un ordinamento costituisce la base conoscitiva, presupposto necessario all’importazione delle regole. Come si vede, pur per cenni sommari, rispetto al panorama odierno di latente imperialismo nella formazione di un nuovo ordine giuridico mondiale, la teoria dei trapianti non pare in grado di cogliere appieno le dinamiche che stimolano i movimenti giuridici; del resto, la stessa idea, che Watson afferma ripetutamente, secondo cui il fenomeno della recezione viene agevolato dal contesto «materialmente e culturalmente meno avanzato», svela in maniera evidente quanto sia marcato il punto di vista che si assume in questo tipo di indagine comparatistica, che vede emergere una prospettiva euroamericanocentrica quale unica chiave di lettura idonea a spiegare la circolazione del diritto. Ciò inoltre suggerisce la riflessione per cui la stessa teoria dei trapianti giuridici, così slegata dall’ambiente sociale e culturale dei paesi di recezione, possa aver contribuito al fallimento delle politiche di trapianto forzato di modelli gius-economici neoclassici in paesi in via di sviluppo, poste in essere nel totale disinteresse per le condizioni storiche, politiche, culturali e sociali e dando luogo a veri e propri fallimenti del mercato ( 78 ). La reazione alla teoria dei trapianti, com’è noto, ha preso varie direzioni, ma si è generalmente concentrata sulla assenza di connessione che Watson rileva tra diritto e società e tra diritto e cultura. Sono, dunque, innanzitutto gli studi di sociologia e antropologia giuridica a ( 78 ) Sul punto, si vedano le osservazioni di Edwards, Legal Transplants and Economics: The World Bank and Third World Economies in 1980s – A Case Study of Jamaica, the Republic of Kenya and the Philippines, in 9 Eur. J. L. Reform (2007), 243 ss., 247. 189 Aggiornamenti sferrare gli attacchi più convinti alla teoria dei trapianti ( 79 ). Sul terreno che qui interessa, è opportuno valutare quale possa essere la relazione tra sviluppo economico e trapianti giuridici: infatti, l’idea che sembra accolta anche dai centri di governance internazionali è che per favorire lo sviluppo economico sia necessario dotare gli ordinamenti giuridici nel loro complesso di un insieme di regole e istituti adeguati; il vulnus di questa convinzione è lo stesso che si è più volte rilevato nei confronti della teoria dei trapianti giuridici, accusata di assecondare una circolazione imposta dall’alto, senza permettere una corretta definizione di ciò che i trapianti producono nei contesti di recepimento, considerando che gli studi di sociologia giuridica hanno rilevato come il loro impatto si manifesti sovente in maniera complessa ed imprevedibile ( 80 ). La difference theory proposta con particolare forza da Legrand si inserisce in queste prospettive critiche, valutando con attenzione i profili di omologazione di regole ed istituti, trainati da organismi sovranazionali, e interrogando il comparatista sull’effettiva utilità delle ricerche volte a chiarire il significato delle diverse tradizioni giuridiche. Com’è noto, partendo da un marcato relativismo antropologico, questa tesi teorizza l’impossibilità di raffrontare regole giuridiche operanti in ordinamenti diversi e, sul presupposto che i vari sistemi giuridici non affrontino identiche problematiche concrete, giunge a sostenere una incommensurabilità del diritto ( 81 ). La ridefinizione degli spazi di ope- ( 79 ) La letteratura sul punto è assai numerosa. Tra i molti, si veda Geetz, Local Knowledge: Further Essays in Interpretive Anthropology, Basic Books, 1983, 215 ss. Sui nessi tra comparazione ed antropologia giuridica, cfr. Grande, L’apporto dell’antropologia alla conoscenza del diritto (Piccola guida alla ricerca di nuovi itinerari), in Riv. crit. dir. priv., 1996, 467. ( 80 ) Friedman, Law and Society: An Introduction, Prentice Hall College, 1977, 46. ( 81 ) Legrand, Comparative Legal Studies and Commitment to Theory, in 58 Mod. L. Rev., (1995) 262; Id., The Impossibility of Legal Transplants, in 4 Maastricht Journal of European Comparative Law (1997), 111 ss.; Id., Fragments on Law-as-Culture, Deverenter, 1999; Id., Uniformità, tradizioni giuridi190 ratività del concetto di «confine» si ripercuote allora sulla stessa valenza del diritto comparato, che in quella dimensione appare insufficiente a comprendere le dinamiche di sviluppo degli ordinamenti. Anche questo contributo della comparazione, pur caratterizzato da alcune aporie logiche che ne indeboliscono la portata esplicativa della realtà ( 82 ), arricchisce il mosaico della conoscenza che gli studi comparatistici sono diretti a raggiungere, ed amplia i confini di quest’ultimi, costringendo a indagare i rapporti tra il diritto ed altre scienze sociali, guardando in profondità all’esistenza di diversità culturali innate o, in diversa prospettiva, alla universalità dell’essere umano e dei problemi che è chiamato ad affrontare. Del resto, lo stesso significato che possono assumere regole ed istituti, in seguito alla loro circolazione, dipende in larga misura dall’ambiente giuridico che le recepisce ( 83 ), ed in questo senso si manifesta l’importanza fondamentale della mentalità giuridica presente nell’ordinamento-target. L’indagine comparativa, avveduta di questa circostanza, può dunque affiancare al piano descrittivo anche la possibilità di un’analisi predittiva della realtà, che consenta di verificare i possibili esiti dei processi di esportazione del diritto in ordinamenti più o meno adatti al recepimento. In questo senso, si comprende come ogni indagine che voglia verificare gli effetti della globalizzazione sul piano giuridico sia obbligata ad evitare semplificazioni del discorso, che in apparenza sono in grado di disegnare una mappa del cambiamento agevole da interpretare, ma che in realtà che e limiti del diritto, in Pol. dir., 1997, 3. Si veda, altresì, Curran, Cultural Immersion, Difference and Categories in U.S. Comparative Law, in 46 Am. J. Comp. L. (1998), 43. ( 82 ) Per una critica alle tesi di Legrand, si veda Caterina, Comparative Law and the Cognitive Revolution, in 78 Tul. L. Rev. (2003-2004), 1501. V., inoltre, Nelken, Comparatists and Transferability, in Comparative Legal Studies, 437 ss. ( 83 ) Monateri, The «Weak Law»: Contaminations and Legal Cultures (Borrowing of Legal and Political Forms), in 13 Transnat’l L. & Contemp. Probls. (2003), 575. Tra i molti antropologi, v. Pospisil, Anthropology of Law: A Comparative Theory, HRAF Press, 1971, 130. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato possono nascondere superficialità di analisi ed imprecisione descrittiva. Ciò conferma, una volta di più, l’attualità del discorso comparatistico, che non sembra destinato a risentire l’effetto del progressivo avvicinamento dei modelli giuridici, trainato dalle istituzioni finanziarie sovranazionali: la convergenza o l’omologazione che conseguono alla perdita di rilevanza di alcuni spazi di regolamentazione nazionale danno infatti luogo ad un quadro asistematico e talvolta difficilmente decifrabile in termini unitari, in cui il pluralismo giuridico determina anche una frammentarietà degli ordinamenti. Se l’uniformità delle regole, assoluta e completa, è in sé idonea a determinare l’inutilità del discorso comparatistico, è evidente come simile preoccupazione non sia affatto attuale; ed anzi, non soltanto l’ambito della comparazione si amplia oggi fino a ricomprendere nuovi soggetti e nuove fonti, ma anche le opportunità di utilizzo dei metodi della comparazione estendono i propri spazi applicativi, come conferma il ricorso al frequente uso giurisprudenziale della comparazione, posto in essere da Corti di giustizia non statali, come emblematicamente nel caso della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. 14. Le mappe, i confini e il rischio della superficialità. Disegnare una mappa geografica del diritto costituisce un obiettivo che più volte si è cercato di perseguire negli studi comparatistici. La possibilità di raggiungere un simile risultato, considerato proficuo dal punto di vista epistemologico ed anche didattico, veniva favorita dallo stretto legame che ha avvinto le regole giuridiche agli Stati nazionali: quanto più forte è tale corrispondenza, tanto più semplice sarà tracciare i confini che separano tra loro gli ordinamenti o le famiglie giuridiche. In quel quadro semplificato, le frontiere degli Stati coincidevano anche con i confini dei sistemi giuridici, e adottando un metodo di raggruppamento degli ordinamenti sulla base di elementi comuni, si sono potute così formulare numerose classificazioni, costantemente legate allo spazio disegnato dai confini nazionali ( 84 ). ( 84 ) Sulla base di simili tendenze, si sono così elaNGCC 2011 - Parte seconda La diffusa convinzione circa il progressivo declino della valenza esplicativa della realtà che oggi rivestono i confini nazionali, non sembra sostenere oggi la possibilità che una mappa chiara venga disegnata utilizzando i tradizionali strumenti legati al positivismo statualista ma anche, in generale, all’organizzazione della società su base nazionale. Non è casuale, infatti, che parallelamente all’attenzione dedicata alle forme di omologazione dei diritti nazionali nel nuovo ordine giuridico globale, si possa riscontrare un particolare interesse per le vicende del c.d. folk law, e cioè del diritto tradizionale, consuetudinario, dei diritti indigeni o ancora di quelli che presentano una base religiosa. Tracciare i nuovi confini delle mappe giuridiche, in un quadro di marcato pluralismo delle fonti, appare impresa non più praticabile con successo; del resto, ormai da tempo la comparazione sembra avveduta circa l’impossibilità di una narrazione statica per grandi famiglie giuridiche, avendo rivolto la preminente attenzione agli aspetti dinamici di circolazione dei modelli e alle contaminazioni che coinvolgono i vari formanti degli ordinamenti giuridici ( 85 ). È dunque il fenomeno della complessità ancora una volta a modificare i tradizionali strumenti di osservazione e di categorizzazione della realtà giuridica; se anche si volesse mantenere la prospettiva «geografica» della mapborati veri e propri atlanti della comparazione, come quello di Galgano, Atlante di diritto privato comparato, 4o ed., Zanichelli, 2006. Nel dibattito internazionale, sono state espresse opinioni contrastanti circa l’attuale utilità di costruire vere e proprie mappe del diritto; per la tesi favorevole, si veda Bavinck, How to Start Mapping Law, XIVth International Conference of the Commission on Folk Law and Legal Pluralism, Fredericton, New Brunswick, 26-29 August 2004; nel senso contrario, cfr. Woodman, Why There Can be no Map of Law, in Pradhan (ed.), Legal Pluralism and Unofficial Law in Social, Economic and Political Development. Papers of the XIIIth International Congress of the Commission on Folk Law and Legal Pluralism, 7-10 April 2002, Chiang Mai, Thailand, III, Kathmandu, 383 ss. ( 85 ) Tra i numerosi esempi di lavori che utilizzano un approccio dinamico alla comparazione, si veda in particolare Lupoi, Sistemi giuridici comparati. Traccia di un corso, Esi, 2001. 191 Aggiornamenti patura basata sui confini, certamente occorrerebbe trovare il modo di isolare, all’interno delle singole aree considerate, alcuni spazi non territoriali che incidono profondamente sul tessuto della regolamentazione normativa delle relazioni sociali; la semplificazione, derivante dall’omettere il riferimento ad aree non coinvolte in via esclusiva dalle regole statali, non potrebbe che minare la validità delle proposte classificazioni. Ciò non significa rifiutare ogni classificazione e non riconoscere la rilevanza euristica delle famiglie giuridiche, ma solamente abbandonare una prospettiva «geografica» delle stesse, posto che la territorialità odierna non consente più divisioni trancianti fondate sul paradigma del confine, ma è inquinata dalle frequenti permeabilità di quest’ultimo. Tale caratteristica si manifesta, poi, in numerose direzioni, provenendo spesso dal tentativo di omologare regole e istituti modellati sull’idea imperialista di efficienza, mentre altre volte la permeabilità dipende dalla rilevanza di particolari condizioni dei soggetti che vivono in un determinato territorio, ma ai quali molte regole si applicano in maniera peculiare. Lo status oggi riacquista centralità nel discorso giuridico, modificando gli ambiti di applicazione normativa in modo sostanziale, ed impedendo generalizzazioni semplificatrici. Le conferme arrivano se si guarda alla nuova sensibilizzazione circa l’importanza delle organizzazioni giuridiche indigene (come avviene negli Stati Uniti per gli indiani d’America o in Australia per la condizione degli aborigeni). Ma il fenomeno non manca di mostrare la propria rilevanza anche in ambito europeo, dove spesso le regole (e i diritti) vengono calibrati in relazione a particolari condizioni soggettive, che fanno quasi emergere nuovi ordinamenti dedicati, alternando un atteggiamento di attenzione e protezione ad altri fortemente discriminatori nei confronti delle minoranze. Nello stesso senso, concorre a indebolire la funzione delimitativa dei confini nazionali la presenza di diritti a base non territoriale, come quelli effettivi tra popolazioni che non vivono in aree geografiche delimitate ed omogenee, fenomeno divenuto oggi particolarmente rilevante in conseguenza dei processi migratori. Non vi è dubbio, infatti, che anche rapporti a carattere privatistico vengano, all’interno di 192 determinate «comunità», regolati attraverso forme che possono essere genericamente definite quali folk law, e dunque attraverso modelli del tutto slegati dall’ambito territoriale in cui tali comunità vivono ( 86 ). Al di là di simili profili di uniformità interna, altre volte è lo stesso confine nazionale ad apparire strumento inadeguato per verificare l’applicazione e l’effettività delle regole giuridiche. Questa particolare situazione è certamente più evidente laddove i confini nazionali sono stati tracciati senza una corrispondente frontiera morfologica del territorio, come notoriamente avvenuto per alcuni paesi africani, nei quali i confini sono stati imposti e tracciati dalle potenze coloniali. In quei contesti, la prospettiva delle piccole comunità di frontiera e la loro esperienza quotidiana non può essere relegata all’ambito dell’irrilevante; se si vuole ancora oggi utilizzare il paradigma del confine, occorre valutare adeguatamente le molteplici dimensioni in cui esso si può articolare, e ciò ancora una volta inibisce il discorso descrittivo basato sulla mappatura orizzontale dell’ordine globale ( 87 ). Quanto detto finora conferma l’impossibilità di impostare il discorso comparatistico nella prospettiva del modello sistemologico, che ha tradizionalmente affidato alle famiglie ed ai sistemi il ruolo di concetti esplicativi della realtà; ricostruire la dimensione del diritto comparato significa, dunque, in primo luogo comprendere che le dinamiche nuove imposte dal processo di globalizzazione, modificando la rilevanza ( 86 ) Il tema ha catturato l’attenzione di gran parte degli studiosi di antropologia giuridica. Cfr., ad esempio, Von Benda Beckmann, Who’s Afraid of Legal Pluralism?, in Pradhan (ed.), Legal Pluralism and Unofficial Law in Social, Economic and Political Development, cit., 275 ss.; Griffiths, Legal Pluralism, in Banakar-Travers (eds.), An Introduction to Law and Social Theory, Hart Publishing, 2002, 289 ss. In Italia, si veda, per tutti, Sacco, Antropologia giuridica, Il Mulino, 2007. ( 87 ) Uno dei casi emblematici è rappresentato dalla vicenda del confine che divide Angola e Namibia, sul quale si vedano le recenti riflessioni di Brambilla, Ripensare le frontiere in Africa. Il caso Angola / Namibia e l’identità Kwanyama, L’Harmattan, 2009. NGCC 2011 - Parte seconda I «confini» nel diritto privato comparato dei confini territoriali, di riflesso travolgono anche quelli della comparazione giuridica. Il rinnovato interesse che viene tributato al fenomeno della circolazione dei modelli, nel costituendo ordine giuridico mondiale, non può dunque che fare i conti con il declino del paradigma dei confini, la cui permeabilità riflette le tendenze ad una marcata dinamicità della sfera giuridica, fatta di pressioni all’omologazione, di cedimenti alle logiche imperialiste alternati a resistenze più o meno consapevoli dei paesi recettori. Si schiude, dunque, alla comparazione una nuova prospettiva dalla quale poter verificare le ragioni che conducono alla circolazione delle regole giuridiche e modificano i tratti distintivi degli ordinamenti nazionali. Di fronte all’osservazione di flussi giuridici che movimentano il tessuto del diritto attuale, la stessa teoria dei trapianti, come si è visto, richiede di essere integrata da talune avvertenze metodologiche, che ne arricchiscano la valenza esplicativa della realtà. Se è vero, infatti, che i cambiamenti nelle regole giuridiche nazionali vengono oggi spesso determinati da operazioni di «prestito» da altri ordinamenti, non è più sufficiente a darne conto il solo motivo legato al prestigio dell’ordinamento esportatore di regole giuridiche; né si riscontra un obiettivo di carattere economicistico, che possa spiegare in via esclusiva le ragioni della circolazione sulla base del minor costo che comporta l’importazione rispetto all’invenzione delle regole. Nella descrizione dei movimenti giuridici, il modello di geo-diritto che sembra imporsi nella società globalizzata manifesta infatti la primaria rilevanza di «pressioni esterne», che modificano la naturale circolazione delle regole, correlate alla manipolazione del processo di costruzione del diritto posta in essere da centri di interesse, che mirano a consolidare situazioni di potere ( 88 ). Ed inoltre, si verifica un fenomeno di singolare ibridazione delle regole, di modo che tanto il diritto già esistente quanto il diritto oggetto di importazione possono modificare i propri tratti distintivi e dare vita a nuove dimensioni, che la narrazione a-territoriale può contribuire a rendere evidenti. ( 88 ) Si vedano, al riguardo, le intuizioni di Miller, A Typology of Legal Transplants: Using Sociology, Legal History and Argentine Examples to Explain the Transplant Process, in 51 Am. J. Comp. L. (2003), 839 ss. NGCC 2011 - Parte seconda 193