Alcuni toponimi spia della presenza di termini di origine
preromana nel latino volgare dell’Italia settentrionale
GIORGIO PETRACCO
Premessa
Per molti anni, fin da bambino, ho seguito mia madre nelle sue ricerche
toponomastiche, che erano anche delle belle gite, in quanto ella ha sempre ritenuto
necessario per affrontare l’etimologia di un toponimo, acquisirne, oltre alle
attestazioni storiche, la forma dialettale e visitare direttamente il luogo. Quando nel
2002, dopo la morte di mio padre e ormai ottantenne, è venuta ad abitare e ha portato
la sua biblioteca nell’appartamento accanto a quello della mia famiglia, abbiamo
cominciato a fare ricerca insieme e io ho potuto impratichirmi anche della parte
linguistica, mentre prima mi ero limitato a un ruolo di ‘topografo’. Negli ultimi anni
gli studi che ho intrapreso seguendo i miei interessi, che sono soprattutto storici e
riguardano il periodo romano e altomedioevale, per la cui comprensione la
toponomastica è di fondamentale importanza, mi hanno fatto incontrare alcuni
toponimi, quattro dei quali non mi risulta siano stati finora oggetto di un serio
approfondimento1, che non hanno una etimologia latina, ma devono essersi fissati a
partire da voci prelatine, il cui uso è continuato nel latino volgare dell’Italia
settentrionale durante la dominazione romana e anche per parte del Medioevo.
1. Gallo / Galla
A partire dallo studio della toponomastica di Fontanigorda2 mi sono reso conto
1
Per i due toponimi col maggior numero di attestazioni, gallo e oca, ciò è dovuto certamente
all’essere identici al nome dei due volatili da cortile, per cui si è supposto che la fissazione del
toponimo fosse dovuta alla loro presenza oppure al nome o soprannome del proprietario del
luogo. Ma sarebbe bastata un’analisi dei luoghi per smentire questa ipotesi. Lo stesso è successo
con il toponimo aquila e con i toponimi falco, falcone, montefalco, montefalcone, cifalco, che devono la
loro fissazione a dei segni dei gromatici, per cui cfr. Petracco – Petracco Sicardi [2010: 357-362]
e Ferretti – Petracco [2012: 33-34], e pure con i toponimi del tipo gatta, gattico, gattera, gattatico, che
non hanno nulla a che fare col gatto, ma derivano dal germanico *wahta ‘servizio di sorveglianza’,
per cui cfr. Petracco [2015: 157].
2
Cfr. Ferretti – Petracco [2012: 54-56].
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GIORGIO PETRACCO
della quantità davvero notevole di toponimi ‘gallo’ esistenti nell’area gallo-italica, in
Toscana e anche in Italia meridionale, quantità da cui dipende, almeno in parte, la
diffusione dei cognomi Gallo e Galli. L’analisi delle caratteristiche dei luoghi dove si
trovano i toponimi3, molti dei quali sono idronimi o oronimi, esclude, nella grande
maggioranza dei casi, che essi possano derivare dal nome del volatile o dal
soprannome di un proprietario e orienta decisamente verso il significato di ‘bosco’,
‘foresta’.
Faccio seguire un elenco, necessariamente molto parziale, di questi toponimi4,
inserendovi anche le forme: gala/galla, che ritengo derivino dalla locuzione *in silva
quae Gal(l)a dicitur5.
a) ára de gállu, in comune di Fontanigorda (GE), è il nome di un crinale percorso
da una mulattiera che sale verso lo spartiacque con la val d’Aveto, conducendo al
grande bosco che si trova sull’altro versante, sopra il paese di Salto;
b) il lago del Gallo (dial. ar lágu dal gállu), di origine morenica, situato a circa 900
metri di altezza in un’area boscosa compresa fra due rami sorgentizi dell’Arda, a sudovest di Rusteghino, in comune di Morfasso (PC). Nella stessa zona scorrono dei
piccoli rivi, denominati nei Catasti Farnesiani ‘rioli del Gallo’;
c) il rio ‘Buca del Gallo’, che scorre in una forra boscosa incassata fra due coste, a
est di Castell’Arquato (PC), in frazione S. Lorenzo;
d) al fusadél dal gáll e la nus dal gáll, in un’ampia area boscosa nella zona di Pianello
Val Tidone (PC), dove troviamo anche l’idronimo Guadóra (riportato nei Catasti
Farnesiani del XVI secolo come Gualdora)6;
e) la località Galla, presso la confluenza fra Ceno e Cenedola, in comune di Varsi
(Parma). Il luogo, dove nel 1199 è attestata l’esistenza dell’hospitale di S.Giovanni di
Gala, è circondato da un grande bosco e il colle sopra la confluenza è detto ‘colle del
Gallo’;
f) la località Galla (dial. la gála), presso Belforte, frazione di Borgo Val di Taro
(Parma);
3
Non ho naturalmente considerato quelli che potevano derivare dall’insediamento di una
famiglia con cognome Gallo o Galli e non ho considerato i toponimi salentini, calabresi e siciliani,
per cui sono possibili etimologie greche o arabe, che orientano verso significati differenti.
4
Trattandosi perlopiù di microtoponimi, la loro ampia diffusione è sicura nelle aree che ho
studiato direttamente (come il Piacentino-Parmense) o per cui potevo disporre di repertori
toponomastici dettagliati (Piemonte, Toscana), mentre per altre zone, come la Lombardia, la posso
solo presupporre.
5
Cfr. l’analoga locuzione “sylva quae Valda dicitur” (a. 1019), riportata da Papa [2007: 2].
6
Devo la pronuncia dialettale di questi toponimi all’impegno di Elena Grossetti ed Elisa
Passerini.
ALCUNI TOPONIMI SPIA
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g) è detta Galla la zona lungo la sponda sinistra del torrente Parma compresa fra
le borgate di Vigatto e Panocchia, poco a sud della città di Parma;
h) il ritano (rio) Gallo, in comune di Quiliano (Savona), nelle cui vicinanze troviamo
anche un rio Pescio (dal long. pehhia ‘corso d’acqua’);
i) Bric del Gallo, in comune di Bormida (Savona);
l) Bric del Gallo, in comune di Montegrosso-Pian Latte (Imperia);
m) Galla, in comune di Borgo Priolo, a monte di Casteggio, nell’Oltrepò pavese;
n) lago del Gallo e alpe del Gallo, situati nella stessa area in comune di Livigno
(Sondrio);
o) il colle del Gallo, che collega la val Seriana con la val Cavallina, in provincia di
Bergamo;
p) il monte Gallo, in val Chiese a sud del lago di Idro, in provincia di Brescia;
q) colle Gallo, sopra la confluenza del Cismon nel Brenta, in comune di Arsiè
(Belluno);
r) Gallo, sulla via Emilia, in comune di S.Ilario d’Enza (Reggio Emilia);
s) Gallo, frazione di Castel S.Pietro (Bologna);
t) Gallo, frazione di Poggio Renatico, in provincia di Ferrara. Nella stessa zona
troviamo la località di S.Bartolomeo in Bosco;
u) fosso di Gallo e cà di Gallo, vicino a Verghereto (Forlì), subito sotto lo spartiacque
appenninico;
v) la località Gallo, in comune di Cesena, a monte della città nella valle del Savio;
z) Gallo, frazione di Petriano (Pesaro-Urbino).
Nell’indice toponomastico dell’Atlante geografico realizzato dalla Regione
Piemonte sono registrati oltre 60 toponimi Gallo o Galla, così ripartiti per provincia:
Alessandria 7, Asti 14, Cuneo 24, Torino 8, Vercelli 3, Biella 3, Novara 3, Verbania
1. Si può osservare che la loro frequenza diminuisce a nord del Po. Faccio seguire
alcuni esempi di toponimi piemontesi7.
aa) Còusta Galu e Róuncu der Galu, toponimi che designano zone con bosco di
roveri e carpini ai confini con la valle Spinti, in comune di Roccaforte Ligure
(Alessandria);
ab) u Bósch Gal, zona boscosa situata nel comune di Val della Torre (Torino);
ac) Bosco del Gallo, in comune di Lusernetta Val Pellice (Torino);
ad) Gallo d’Alba, frazione di Grinzane Cavour (Cuneo);
ae) Gallo, frazione di Bastia Mondovì (Cuneo);
af) Bricco di Gallo, in comune di Sinio (Cuneo);
ag) Bric del Gallo, in comune di Monteu Roero (Cuneo);
ah) Bricco Gallo, in comune di Tigliole (Asti);
7
Per i primi due cfr. ATPM, n. 27: 136 e 298; n. 9: 34.
178
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In Toscana, negli elenchi del S.I.R.A. ho trovato oltre 30 toponimi Gallo, così
ripartiti per provincia: Massa 3, Lucca 6, Pisa 1, Pistoia 4, Prato1, Firenze 10, Siena
4, Arezzo 5. I toponimi Gualdo sono meno della metà. Faccio seguire alcuni esempi
di toponimi toscani:
ba) in comune di Fivizzano (Massa), sulla sinistra dell’Aulella, presso il rio Pesciola
(dal long. pehhia + -ola) è attestata nell’879 la località Gualdo, mentre oggi troviamo i
toponimi costa del Gallo e cà del Gallo;
bb) d’iaccio al Gallo e prà Gallo, in comune di Bagni di Lucca;
bc) Gallo e il Gallo, a Pieve a Nievole (Pistoia);
bd) fosso del Gallo, cà del Gallo e molino del Gallo, a Firenzuola (Firenze);
be) fonte al Gallo e pian del Gallo, a Greve in Chianti, mentre a Gaiole in Chianti
troviamo una casa al Gallo e invece a Radda in Chianti abbiamo il Gualdo e Molinaccio
del Gualdo;
bf) val di Gallo a Poggibonsi (Siena);
bg) Madonna di Gallo a Sinalunga (Siena);
bh) fosso del Gallo, fra Pieve S.Stefano e Sansepolcro, in provincia di Arezzo.
Termino l’elencazione con i Gallo che ho riscontrato nell’area della Longobardia
minor.
ca) il comune di Gallo Matese, in provincia di Caserta, che è riportato nel Catalogus
Baronum del 1150/1168 come de Gualdo e la cui pronuncia dialettale è ru uállë;
cb) il comune di Montegallo, in provincia di Ascoli Piceno;
cc) Gallo, frazione di Tagliacozzo (L’Aquila). Nel 1190 abbiamo “…Sancti Silvestri
in Gualdo…”;
cd) il fosso del Gallo, che scende da Atri e confluisce nel torrente Piombe, in
provincia di Teramo;
ce) la frazione Gallo di Roccamonfina (Caserta);
cf) Gallo, frazione del comune di Comiziano, nella zona di Nola, in provincia di
Napoli, così anche nella attestazione più antica del 1182 (…de loco Gallo…);
cg) Gallo, località in comune di Trevi, a nord di Spoleto, in provincia di Perugia;
ch) costa del Gallo, in comune di Pacentro, sopra Sulmona, in provincia dell’Aquila.
Se il significato ‘bosco’ ‘foresta’ è sicuro, non è altrettanto facile individuare
l’origine di tanti toponimi. L’idea che mi ero fatto inizialmente era che gallo fosse
sempre l’evoluzione del germanico wald/guald, fissatosi come toponimo nel VI-VII
secolo in zone di forte insediamento longobardo, come sono quasi tutte quelle in
cui riscontriamo i toponimi, ma è un’ipotesi che presenta forti difficoltà, perché
l’assimilazione di ld in ll non dovrebbe essere possibile in Italia settentrionale, come
invece lo è sicuramente nel mezzogiorno. Non volendo ammettere la derivazione di
ALCUNI TOPONIMI SPIA
179
gáll da guald in Italia settentrionale, bisogna allora pensare alla persistenza ancora nel
volgare tardo antico dell’area gallo-italica di una voce *gál, probabilmente di origine
preromana, col significato di ‘bosco’ ‘foresta’8. Questa voce deve essere rimasta viva
ed aver anzi ampliato il suo areale originario, pur senza essere mai usata nei
documenti scritti, in cui veniva sempre impiegato il termine latino silva9, fino ad essere
sostituita nel XII secolo dalla voce bosco. L’uso di gál sarà quindi continuato anche
nelle zone di insediamento longobardo, finendo per prevalere, e, favorito dalla sua
assonanza con guald, può aver modificato in alcuni casi dei toponimi
precedentemente fissatisi come gualdo. In particolare in Toscana troviamo toponimi
gallo e gualdo nelle stesse zone di sicuro insediamento longobardo (ad es. nel Chianti)
e in un caso, nell’area alla sinistra dell’Aulella, in Lunigiana, è attestata nel IX secolo
una località Gualdo, che corrisponde all’attuale Costa del Gallo.
2. Matál
Con un diploma rogato in Pavia il 17 febbraio 927 Ugo di Provenza, re d’Italia dal
926 al 945, concedeva vari possessi ai canonici del monastero di Berceto10. Fra gli altri
sono citati due mansi in Matalitulo che corrispondono alla località chiamata in dialetto
Matalèi, con la t intensa, ubicata sulla sinistra del torrente Grontone, a nord-est di
Pagazzano e a sud di Isola, in comune di Berceto. Le case indicate nella cartina
dell’IGM come C. Matteo sono dette in dialetto Cá d’Matalèi. La pronuncia dialettale
corrisponde a un *Mataleto o *Mattaleto11. Sempre nel Parmense, in comune di
8
Si potrebbe anche pensare a una derivazione dal latino galbus ‘giallo’ ‘verde’, ma bisognerebbe
ammettere l’esistenza parallela di due voci, entrambe di origine latina, una usata nella lingua scritta,
l’altra nella lingua parlata. La questione rimane aperta, anche perché non ho trovato, come per altri
toponimi, studi che ne attestino la diffusione fuori dall’Italia. Vi è invero un rio Gallo presso
Guadalajara in Spagna, ma testis unus testis nullus, finchè rimane tale! Ho riscontrato invece sia in
Italia che in Spagna molti toponimi Cantagallo, finora sempre spiegati come ‘composti imperativali’
(cfr. DIZ.TOP.: s.v. Cantagallo), ma che potrebbero invece essere dei composti da *canta (gall. canta,
acymr. cant, gr. katav, per cui cfr. Walde [1930: tomo I, 459] ) + gallo, col significato di ‘presso il
bosco’ ‘lungo il bosco’.
9
Cfr. Papa [2007: 2-5]. È verosimile che i toponimi Silva attualmente esistenti, nella loro grande
maggioranza, non si siano fissati in epoca romana, ma siano il frutto di una rilatinizzazione della
toponomastica operata dai grandi monasteri.
10
Per l’analisi completa dei toponimi contenuti nel diploma cfr. Petracco – Petracco Sicardi
– Mussi [2011: 99-109].
11
La differenza fra Mataleto e Matalitulo si spiega col mantenimento, in questo caso, della forma
originaria nella tradizione orale. L’aggiunta del suffisso –ulo, frequentissima nei documenti
medioevali di questa zona, può dipendere dall’essere una località piccola.
180
GIORGIO PETRACCO
Langhirano, vi è un identico toponimo Mattaleto. Non ho trovato altri esempi al di
fuori della provincia di Parma, e non deve essere un caso, perché è proprio in
provincia di Parma che per indicare il sorbo montano si è conservato il termine
dialettale matál, proveniente dal sostrato celtico. Si tratta quindi di un fitotoponimo
composto da matál + eto. È invece incerto se il significato sia specificamente quello
di “bosco di sorbi” o più genericamente di “luogo dove crescono piante adatte a
ricavarne dei pali”. Ancor oggi si chiama infatti màtero il pollone di castagno, utilizzato
per fare pali per le viti, màttero o matterello il legno tondo usato per spianare la pasta.
Inoltre il termine matallo, costruito evidentemente a partire da matál, è utilizzato in
documenti scritti, nel 1625 per indicare il sorbo montano, ma nel 1731 per indicare
il viburno12. Abbiamo infine il termine di origine celtica, transitato anche in latino,
mattaris/mataris/matara con il significato di giavellotto. Si può quindi ipotizzare una
voce celtica *mattál/mattár col significato di ‘palo’ ‘asta’, la cui diffusione all’interno
del latino volgare dell’area gallo-italica si è progressivamente ridotta, verosimilmente
già in epoca imperiale, di fronte alla concorrenza di palus, fino a ridursi al solo
parmense, dove è passata a designare le piante adatte a ricavarne dei pali e attraverso
di esse è stata produttiva di toponimi.
3. Nava
Il toponimo nava13 è frequente in Italia settentrionale, in particolare nell’entroterra
ligure e nelle alpi e prealpi lombarde, e frequentissimo nella penisola iberica14, dove
si è anche conservato nella lingua, nello spagnolo nava e nel basco naba, col significato
di ‘bassopiano, spesso pantanoso, circondato da montagne’. La voce nava è
certamente prelatina, celtica o preceltica, ma in Italia la frequenza del toponimo in
alcune aree suggerisce che in questi luoghi, almeno in epoca romana, ma
probabilmente anche per parte del medioevo, dovesse essere un termine di uso
comune delle popolazioni locali. Faccio seguire una breve elencazione di toponimi
italiani:
a) a Náva, conca situata sullo spartiacque fra Trebbia e Aveto, in provincia di
Genova, che ospita un laghetto, detto u lágu da Náva;
b) la Nave, conca montana nel massiccio del monte Penna, ai confini fra Emilia e
Liguria;
Cfr. DEI, vol. III, alle voci matallo, màtero e màttero.
Inserisco nella mia trattazione, per le analogie che presenta con gli altri, anche questo
toponimo, che è già stato oggetto di studio.
14
Troviamo infatti in Spagna più di cento toponimi nava, quasi tutti però concentrati in
Castiglia.
12
13
ALCUNI TOPONIMI SPIA
181
c) Nava, frazione di Pornassio, in provincia di Imperia;
d) Nava, frazione di Montecrestese, in Val d’Ossola;
e) alpe Nava, in comune di Beura-Cardezza, sempre in Val d’Ossola;
f) Nava, vicino a Breglia, frazione di Plesio, in provincia di Como;
g) ad Navam, località attestata nel 1500 in comune di Tavernerio (Como);
h) Nava, nel comune di Valsolda (Como);
i) Nava (XIII sec. in Nava), frazione di Colle Brianza, in provincia di Lecco;
l) alpe Nava, in comune di Barzio e Nava di Baiedo, presso Pasturo, in Valsassina
(Lecco);
m) Nave, comune in val Garza, in provincia di Brescia15.
4. Oca / Occa
In Emilia, Liguria, Piemonte, Lombardia e Val d’Adige vi sono molti toponimi
Oca, Oche, Occa, Ocche, che sono stati finora collegati al nome dell’oca (dal lat. auca,
variante di avica)16. Se però si prende in considerazione il loro tovpo" risulta evidente
che essi, alcuni dei quali situati a grande altezza, nulla hanno a che fare con l’animale
da cortile, ma si spiegano con l’esistenza in loco di ‘scarpate’, alcune veramente
imponenti, altre più modeste. Faccio seguire un elenco, non esaustivo, di questi
toponimi:
a) il Pizzo d’Oca, in dialetto pisu d’oca, Groppo di Pizodoca nel 1438, in val Ceno, in
provincia di Parma. Col termine písu nel dialetto locale si intende un rilievo montuoso
con la cima a punta: il riferimento è quindi alla sommità, posta a 1004 m. e affacciata
con un’alta scarpata rocciosa sul Ceno, di fronte a Bardi;
b) il Poggio delle Oche, situato sul punto più alto di una costa, a sud-ovest di Arcello,
in comune di Pianello Val Tidone (Piacenza). In questo caso la carta topografica
evidenzia solo un’accentuazione della pendenza dei versanti sui due lati del poggio,
che sulla cima è pianeggiante;
c) il Bric dl’Oca, o semplicemente l’Oca, versante dirupato situato a monte di Palo,
in comune di Sassello (Savona) sul versante nord del massiccio del Beigua17;
15
I toponimi del tipo Nave hanno un’etimologia alternativa nel latino navis ‘imbarcazione’. E
infatti tre toponimi Nave si spiegano con l’essere dei punti in cui vi era un servizio di
traghettamento in barca da una riva all’altra dell’Adige a nord di Trento, del Piave in Cadore e del
Serchio presso Lucca. Ci si può piuttosto chiedere se quello di ‘imbarcazione’ non sia un nuovo
significato che alcune lingue indoeuropee hanno dato alla voce nava, giacchè anche nel caso
dell’imbarcazione abbiamo una conca circondata da bordi più alti.
16
Cfr., a titolo d’esempio, Olivieri [1965: 240] e, più recentemente, Marrapodi [2003: vol. II,
65-66].
17
Marrapodi [2003: vol II, 65-66] riporta numerose attestazioni del toponimo, a partire dal
182
GIORGIO PETRACCO
d) il paese di Occa, frazione di Envie, in provincia di Cuneo, attestato già nel 1172,
situato sotto la grande scarpata con cui si affaccia alla pianura la piccola catena
montuosa che si eleva fra Barge e Revello;
e) l’Alpe Oche (da cui prende il nome anche la sovrastante Bocchetta delle Oche), zona
alpestre dominata da due grandi formazioni rocciose a strapiombo sul sentiero che
dalla Val Chiusella porta in Val Soana, in provincia di Torino;
f) Oca, frazione di Sesto Calende (Varese), situata ai piedi del monte che divide
Sesto Calende da Taino;
g) Piz d’Ocha, così attestata già nel 1614, è il nome di un alpeggio sopra Tavernerio
(Como). Ho trovato anche l’espressione “alli sassi di Piz d’Ocha”, che spiega il
toponimo. È riportato anche come Pisdocca.
h) Occagno (*locus occaneus ?), frazione di Schignano, in val d’Intelvi (Como), situato
fra due scarpate montane;
i) uno spuntone quasi inaccessibile chiamato l’Oca, che si erge vicino al passo del
Pertüs in valle Imagna, in provincia di Bergamo;
l) il Colletto Oche presso Lizzola in alta Val Seriana, anch’esso in provincia di
Bergamo;
m) la Sella dell’Oca, in comune di Villa in bassa Val Trompia, in provincia di Brescia;
n) il Salt de l’Oca, a dominare la valle dell’Adige fra Ala ed Avio, a sud di Rovereto;
o) Val d’Oca, quartiere di Cesena, situato ‘a valle’ del colle Garampo, dove nel V
secolo è stata eretta una grande fortificazione: l’insieme ‘colle più fortificazione’
doveva creare un ‘effetto scarpata’;
p) via delle Ocche, a Bologna, che si snoda intorno alla cerchia muraria del 1000.
Si può notare come il termine oca/occa, che è alla base della fissazione di tanti
toponimi18, pur rimanendo solo nell’ambito della lingua parlata avesse ampliato il
suo significato originario, andando a comprendere anche quelli di ‘mura’ ‘spalti’, e
fosse ancora vivo nel Medioevo, almeno fino all’XI secolo19. Poi però deve essere
XVI secolo, nelle forme Oc(h)a e Occ(h)a e aggiunge “Si noti che varie attestazioni secondarie si
riferiscono a un sito (più a valle, in una zona non indagata) chiamato L’ocha rossa o L’occha rossa”.
Mi sembra probabile (ma un’indagine in loco resta necessaria) che l’aggettivo si riferisca alla
colorazione di questa seconda formazione rocciosa.
18
Molti toponimi analoghi si riscontrano anche nella penisola iberica: almeno dieci Oca e
cinque Ocaña (Ocania/Occania nelle attestazioni più antiche, quindi presumibilmente da un *loca
occanea), di cui sarebbe importante, prima di fare qualsiasi considerazione, analizzare il τοπος, per
vedere se oca vi assume lo stesso significato oppure un significato diverso. Su questi toponimi cfr.
Garcia Sanchez [2003: 145-149] e Menendez Pidal [1968: 172-173], che sosteneva l’esistenza di
un sostrato ligure nella penisola iberica.
19
Può darsi che nella bassa pianura veneta e nel Polesine, dove troviamo due Oca, frazioni di
ALCUNI TOPONIMI SPIA
183
andato in disuso e i toponimi da esso generati hanno cessato di essere compresi,
come dimostra la duplicazione dello stesso significato in Pisu d’Oca, Bric dl’Oca e Salt
de l’Oca.
L’etimologia di questi toponimi può essere individuata a partire dalla radice
indoeuropea ak-, da cui derivano il greco o[kri" ’punta’ ‘cima di monte’ ‘angolo’
‘bordo’, il raro latino ocris ‘monte dirupato’, probabilmente un prestito dall’oscoumbro ukar/ocar (gen. ocrer) ‘monte’ ‘acropoli’20, e, fra le lingue celtiche, il cimrico
ochr, ochyr ‘ciglio’ e il medio-irlandese ocha(i)r ‘angolo’ ‘ciglio’21. A partire dalla stessa
radice, senza l’aggiunta della r, o con la sua caduta, si può quindi supporre l’esistenza
di una voce *óka, di origine celtica o preceltica, col significato di ‘scarpata’, che deve
essere stata di uso comune in gran parte dell’Italia settentrionale già in epoca
preromana ed essersi poi conservata in quella stessa area nel latino parlato.
5. Sanga
All’interno della cosiddetta ‘Descriptio Orbis Romani’ di Giorgio Ciprio, testo in
lingua greca realizzato nel VII secolo assemblando documenti risalenti al secolo
precedente, nell’elenco delle sedi di unità militari bizantine appartenenti all’∆Eparciva
∆Annwnariva", cioè al comando che aveva sede in Ravenna, troviamo fra gli altri il
kavstron Sagga22. In greco il nesso -gg si pronuncia -ng e quindi la pronuncia è Sánga.
In un suo studio Fernando Fernandez Palacios23, partendo dall’antico nome
Sanga24 dell’attuale rio Ason, in Cantabria, nome che si conserva anche oggi in un
idronimo della parte alta del suo bacino nella forma Sangas, ne ha cercato l’etimologia,
trovandola nel basco zanga e nello spagnolo zanja, che condividono il significato di
‘fossa’ ‘fossato’25. Dalla presenza dello stesso termine sia in basco che in spagnolo,
in assenza di una etimologia latina, ha dedotto che si tratti di una voce *sanga di
origine celtica con un significato del tutto analogo a quello del latino fossa.
Pressana (VR) e Borgo Tolle, abbia assunto anche il significato di ‘argine’ e sia rimasto vivo assai
più a lungo.
20
Da cui toponimi come Ocriculum (l’odierna Otricoli), Interocrium (oggi Antrodoco, dial. ntreócu)
e i due Ocre (a nord di Leonessa e a sud-est dell’Aquila).
21
Cfr. Walde [1930: tomo I, 28].
22
Gelzer [1890: 32]. Così riportato nel Codex Baroccianus, mentre nel Codex Coislinianus è
σάγγαον.
23
Fernandez Palacios [1998a: 113-124] e [1998b: 51-54].
24
C. Plini Secundi, Naturalis Historiae, lib. IV, p. 111.
25
E lo spagnolo zanjón, accrescitivo di zanja, significa ‘alveo’ ‘letto di torrente’ ‘fosso lungo e
profondo dove scorre l’acqua’.
184
GIORGIO PETRACCO
A rafforzare l’etimologia celtica di *sanga sta anche il nome di un importante fiume
dell’Asia Minore, il Saggavrio" (in latino Sangarius, è l’odierno Sakarya), che scorre
nella regione dove nel III secolo a.C. si stanziarono i Galati, una popolazione celtica.
Sembrerebbe contrastare con un’etimologia celtica la citazione del Saggavrio" come
uno dei 25 figli di Teti e Oceano nella Teogonia di Esiodo, che risale all’VIII secolo
a.C., tuttavia, come ci informa Plutarco (I secolo a.C.), il nome originario del fiume
era Qhrobavth". Bisogna perciò pensare che nel testo originario della Teogonia ci fosse
il vecchio nome e che sia stato poi sostituito con il nuovo in epoca ellenistica.
Si può quindi fondatamente ipotizzare che nel VI secolo d.C. esistesse ancora nel
latino volgare dell’area padana una voce *sanga di origine celtica col significato di
‘corso d’acqua’ e che da questa voce abbia preso il suo nome un toponimo di nuova
formazione come il kavstron Sagga, che avrebbe avuto quindi il significato di ‘castello
del fiume’26.
In Italia settentrionale ho trovato alcuni toponimi che possono avere la stessa
etimologia:
a) il paese di Sangano, in provincia di Torino, vicino al fiume Sangone, così anche
in un documento del 1054: «in loco et fundo Sangano…prope fluvio Sangone»27;
b) un piccolo canale, chiamato in dialetto al Ṡangarín (con s dolce), posto vicino
al Po di Volano presso Gambulaga, nel territorio di Rovereto in provincia di Ferrara;
c) la località Sangarino, situata nel comune di Ferriere, in provincia di Piacenza,
vicino al corso del torrente Nure, che in dialetto è pronunciata Sangarán (‘andiamo a
Sangarino’ si dice anúma i Sangarán, forse col significato di ‘quelli che abitano vicino
al torrente’);
d) la località Cianica, così scorrettamente italianizzata, ma la pronuncia dialettale
è Sánga, posta lungo il corso del torrente Vona, affluente del Taro, in comune di
Borgo val di Taro (Parma).
Riflessioni metodologiche e spunti di ricerca
Ritengo che questo mio piccolo studio, pur nei suoi limiti, permetta alcune
riflessioni sul metodo della ricerca toponomastica.
La prima è sull’importanza della conoscenza dei luoghi dei toponimi, acquisita,
Forse lo stesso Po. Per la possibile ubicazione nel luogo dove sorgerà Ferrara cfr. Petracco
[2011: 170-171].
27
La vicinanza, geografica e di nome, del paese e del fiume, già evidenziata dal Serra [1931:
5], indica che i due toponimi devono avere un’unica etimologia, per cui Olivieri [1965: 308] poneva
in alternativa la derivazione dal personale romano Sanga (troviamo un Q. Fabius Sanga in Cicerone)
o quella da un nome preromano.
26
ALCUNI TOPONIMI SPIA
185
quando non è possibile la visita diretta, attraverso la lettura delle mappe topografiche
e delle fotografie, in modo da poter confrontare le caratteristiche dei vari luoghi in
cui troviamo lo stesso toponimo. A questo proposito un grosso aiuto è dato oggi da
Internet: in particolare per oca/occa mi sono state utilissime le descrizioni dei trekking,
corredate da mappe e fotografie.
La seconda è sulla necessità di utilizzare i repertori toponomastici locali, ormai
numerosi, per studiare le basi toponomastiche, come proposto da mia madre in uno
dei suoi ultimi interventi al Sodalizio Glottologico Milanese28.
La terza è sull’importanza dell’acquisizione della numerosità e della distribuzione
di una tipologia toponimica, non solo in Italia, ma anche all’estero, come elemento
che può contribuire in modo decisivo a capire l’origine e la storia di un toponimo.
Quanto all’oggetto del mio lavoro, al di là del risultato, pure importante, della
comprensione del significato di alcuni toponimi, spero possa costituire uno stimolo
per portare avanti, attraverso lo studio della toponomastica, la ricerca sul sostrato
dell’area gallo italica, che ha costituito uno dei principali interessi di mia madre29.
L’aver trovato in Spagna, più precisamente in Castiglia, e in Italia, nell’area galloitalica,
gli stessi toponimi (vale certamente per nava, occa e sanga), fissatisi a partire da voci del
latino volgare appartenenti al sostrato indoeuropeo preromano, fa sospettare che
anche il sostrato, o parte di esso, fosse comune alle due aree, aprendo interessanti
prospettive per la ricostruzione, da tentare unendo le risultanze della toponomastica
a quelle dell’archeologia, della stratificazione degli insediamenti indoeuropei in
Europa occidentale.
Un secondo filone di ricerca riguarda la persistenza delle parlate preromane30 e lo
stesso ‘latino volgare’ dell’area galloitalica, che non può essere considerato un idioma
indifferenziato e in cui le voci provenienti dal sostrato non dovevano avere tutte una
diffusione generalizzata (è probabilmente il caso di matál).
Un terzo ambito di ricerca è costituito dai riflessi sulla toponomastica della
coesistenza a partire dal VI secolo del latino ufficiale, utilizzato soprattutto in ambito
ecclesiastico e negli atti notarili, del ‘latino volgare’ e dell’idioma germanico dei
Longobardi. I toponimi fissatisi nell’altomedioevo derivano da tutti e tre questi idiomi
fra di loro in contatto (esemplare è, a mio avviso, il caso di gallo/galla e gualdo) e
aiutano a fare luce sulla storia di un periodo tanto decisivo per la storia d’Italia quanto
povero di documenti.
Petracco Sicardi [2004: 31-32].
Al proposito si veda soprattutto Petracco Sicardi [1981: 71-96].
30
Cfr. Petracco – Petracco Sicardi – Mussi [2013: 165-172].
28
29
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GIORGIO PETRACCO
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