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Espropriazione

#34/36 [ETNOGRAFIE DEL CONTEMPORANEO II: IL POST-AGRICOLO E L’ANTROPOLOGIA] Il post-agricolo e l’antropologia (V.P.), Agricoltura industriale (Rossi), Agricoltura omeodinamica (Breda), Agrifeast (Broccolini), Agriturismo (Simonicca), Alternative Food Network (Grasseni), Alto / basso (Dei), Antropologo giardiniere (Clemente), Anziani (Spitilli), Autocertificazioni (Koensler), Autoproduzione (Giancristofaro), Bandi vivi (Perricone), Campagne digitali (Lusini), Cantina / cantinieri (Arduini), Certificazione (Papa), Cibo di strada (Cuturi), Ciclisti (Pirovano), Cittadinanze ambientali (Malighetti - Tassan), Classe (Kezich), Comodità / fatica (Boni), Condivisione (Aria), Corpi sonori (Macchiarella), Dieta mediterranea (Moro), Distretto (Colombatto), Espropriazione (Maxia), Expo 2015 (Meazza), Food Design (Ronzon), Gezi Park (D’Orsi), Green Economy (Zanotelli), Gruppi di base (Fanelli), Irrigazione (Van Aken), Kuminda (Paini), Lavoro (Vignato), Luogo profetico (Padiglione), Musei gustosi (D’Aureli), Nuovi montanari (Viazzo), Oggetti ordinari (Meloni), OGM (Trupiano), Orgia (Imbriani), Paesaggio reale (Lattanzi), Paese (Teti), Pasolini (Sobrero), Precarietà (Rubatto), Purezza / pericolo (Niola), Raccoglitori (Di Pasquale), Retroinnovazione (Guigoni), Riti contestati (Ballacchino - Bindi), Riti di paesaggio (Ferracuti), Saperci fare (A+U), Serricoltura (Sanò), Slow Food (Rotundo), Spazializzazione (Montes - Meschiari), Suolo (Contessi), Terra madre (Grimaldi), Terra Oceania (Favole), Tinture naturali (Tiragallo), Transfrontaliero (Lapiccirella Zingari), Valsusa (Aime), Vicinato (Vereni), Vignaiole (Carosso), Vino di palma (Bargna), Vuoto / pieno (Palumbo) anno 12|numero 34/36|2013-2014|e 29,00 sommario pag. 3 Il post-agricolo e l’antropologia Vincenzo Padiglione pag. 5 Agricoltura industriale Amalia Rossi Agricoltura omeodinamica Nadia Breda Agrifeast Alessandra Broccolini Agriturismo Alessandro Simonicca Alternative Food Network Cristina Grasseni Alto / basso Fabio Dei Antropologo giardiniere Pietro Clemente Anziani Gianfranco Spitilli Autocertificazioni Alexander Koensler Autoproduzione Lia Giancristofaro Bandi vivi Rosario Perricone Campagne digitali Valentina Lusini Cantina / cantinieri Marcello Arduini Certificazione Cristina Papa Cibo di strada Flavia Cuturi Ciclisti Massimo Pirovano Cittadinanze ambientali Roberto Malighetti e Manuela Tassan Classe Giovanni Kezich Comodità / fatica Stefano Boni Condivisione Matteo Aria Corpi sonori Ignazio Macchiarella Dieta mediterranea Elisabetta Moro Distretto Carlotta Colombatto Espropriazione Carlo Maxia Expo 2015 Renata Meazza Food Design Francesco Ronzon Gezi Park Lorenzo D’Orsi Green Economy Francesco Zanotelli Gruppi di base Antonio Fanelli Irrigazione Mauro Van Aken Kuminda Anna Paini pag. 8 pag. 11 pag. 14 pag. 17 pag. 20 pag. 23 pag. 26 pag. 29 pag. 32 pag. 35 pag. 38 pag. 41 pag. 44 pag. 47 pag. 50 pag. 53 pag. 56 pag. 59 pag. 62 pag. 65 pag. 68 pag. 71 pag. 74 pag. 77 pag. 80 pag. 83 pag. 86 pag. 89 pag. 92 pag. 95 pag. 98 pag. 101 pag. 104 pag. 107 pag. 110 pag. 113 pag. 116 pag. 119 pag. 122 pag. 125 pag. 128 pag. 131 pag. 134 pag. 137 pag. 140 pag. 143 pag. 146 pag. 149 pag. 152 pag. 155 pag. 158 pag. 161 pag. 164 pag. 167 pag. 170 pag. 173 pag. 176 pag. 179 pag. 182 pag. 185 pag. 188 Lavoro Silvia Vignato Luogo profetico Vincenzo Padiglione Musei gustosi Marco D’Aureli Nuovi montanari Pier Paolo Viazzo Oggetti ordinari Pietro Meloni OGM Valeria Trupiano Orgia Eugenio Imbriani Paesaggio reale Vito Lattanzi Paese Vito Teti Pasolini Alberto M. Sobrero Precarietà Edoardo Rubatto Purezza / pericolo Marino Niola Raccoglitori Caterina Di Pasquale Retroinnovazione Alessandra Guigoni Riti contestati Katia Ballacchino e Letizia Bindi Riti di paesaggio Sandra Ferracuti Saperci fare A+U Serricoltura Giuliana Sanò Slow Food Tommaso Rotundo Spazializzazione Stefano Montes e Matteo Meschiari Suolo Silvia Contessi Terra madre Piercarlo Grimaldi Terra Oceania Adriano Favole Tinture naturali Felice Tiragallo Transfrontaliero Valentina Lapiccirella Zingari Valsusa Marco Aime Vicinato Piero Vereni Vignaiole Marinella Carosso Vino di palma Ivan Bargna Vuoto / pieno Bernardino Palumbo Abstract Carlo Maxia - Università di Cagliari Espropriazione 1 - I sussidi alle energie rinnovabili in Europa ammontano complessivamente a circa quaranta miliardi di euro l’anno; in Italia corrispondono a una dozzina di miliardi. Cfr. D’Arcangelo, F.M. - Pontoni, F. La beata ignoranza sugli incentivi alle rinnovabili, “Lavoce.info”, 28/11/2013 (http://www. lavoce.info/archives/15138/ incentivi-alle-rinnovabiliindagine-campionariaignoranza). 2 - Ai parchi fotovoltaici è riconosciuta ex lege la caratteristica di “opera di pubblica utilità” (art. 12 del Decreto Legislativo n. 387 del 2003). 3 - Cfr. Maxia 2002. 4 - “Emancipandosi dall’aleatorietà del pascolamento brado la pastorizia si vincola alla produzione foraggera ‘in fattoria’, determinando conseguentemente la subordinazione dell’agricoltura alla pastorizia” (Murru Corriga 1999: 333). 5 - Cfr. Murru Corriga 1990. 6 - Dagli anni Ottanta a oggi il patrimonio ovino è aumentato quasi del 30%, il numero delle aziende è diminuito di oltre il 40% e la dimensione media delle aziende è passata da 120 capi a 240 (Istat, 6° Censimento dell’agricoltura). “La ‘via media’ ha nei suoi scopi principali quello di rimarcare la contingenza e la storicità di fenomeni oggi dati per scontati come l’economia capitalista, la logica della democrazia o le affermazioni della scienza” (Herzfeld 2006: XVII). “… legittimando un principio di gerarchia tanto culturale quanto sociale, lo stato apre poi questo spazio alle influenze transnazionali e indica una direzione per i processi al suo interno” (Hannerz 2001: 119). Le riflessioni contenute in questo articolo fanno parte di una ricerca orientata all’analisi dell’uso contemporaneo delle risorse territoriali in Sardegna in relazione alle idee di ‘bene comune’. Qui si intende evidenziare la relazione che lega la tendenza all’abbandono degli spazi rurali e la sostanziale perdita di controllo del territorio da parte delle comunità al crescente fenomeno del trasferimento della proprietà terriera nelle mani di nuovi soggetti, tra i quali le imprese delle energie rinnovabili, sostenute da leggi statali che prevedono forme di incentivazione economica1 e garanzie di accesso anche attraverso l’espropriazione, potendo ricorrere al principio della ‘pubblica utilità’2. La questione è certamente legata all’attuale crisi economica e occupazionale ma risente anche di un lungo processo di trasformazione del territorio che ha visto, a partire dagli anni Cinquanta, l’abbandono delle pratiche agricole e della terra a favore della pastorizia, che ha a sua volta intrapreso la strada verso una forte specializzazione produttiva. Sino a quel periodo, buona parte dei pastori affiancava alla propria attività una serie di pratiche colturali (grano, legumi, orti, frutteti, ecc.) destinate soprattutto all’autoconsumo familiare. Tale formula produttiva, basata su un’economia multirisorse, spesso affiancata a forme di cooperazione, di mutualità e di uso di terre pubbliche3, interessava ampie porzioni di territorio, contribuendo assieme all’agricoltura al pieno impiego delle risorse e al controllo capillare del territorio. La progressiva specializzazione del settore dell’allevamento, l’abbandono della transumanza e la disponibilità delle terre lasciate libere dall’agricoltura hanno permesso a un buon numero di pastori della montagna di trasferire la propria attività nelle fertili pianure dell’Isola e di sostituire le pratiche colturali destinate agli uomini con coltivazioni destinate agli animali4. Le dinamiche del mercato e le politiche di incentivazione hanno poi spinto verso l’accrescimento delle greggi e l’investimento in tecnologia, richiedendo la maturazione di capacità imprenditoriali. Il processo ha comportato una dura selezione che ha privilegiato la gestione aziendale individualistica5, conducendo alla crescita ipertrofica di poche imprese e alla scomparsa di tante altre6. I segnali più recenti sembrano richiedere ulteriori passi verso l’intensificazione produttiva, ma anche verso un’inedita riduzione delle superfici di pascolo7, che si accompagna alla trasformazione delle aziende individuali in aziende familiari8. Queste riescono almeno in parte ad assorbire la propria manodopera grazie soprattutto alle nuove tecnologie che rendono accessibili determinate operazioni, come la mungitura o l’alimentazione artificiale, anche ai giovani e alle donne. 75 L’attuale esubero di terra, rispetto alle capacità produttive, è frutto di un pluriennale immobilismo del mercato fondiario, così come di una diffusa conservatività delle strategie ereditarie9, che hanno finora interpretato la trasmissione della terra come simbolo dell’identità familiare. “Vendere significa separare completamente le cose dalle persone. Donare significa mantenere sempre qualcosa della persona che dona nella cosa donata. Custodire significa non separare le cose dalle persone perché nell’unione si afferma un’identità storica che bisogna trasmettere, almeno fino a quando è riproducibile” (Godelier 2009: 69). La contrazione delle aree di pascolo conduce alla ‘liberazione’ di nuovi spazi, anche in pianura. I terreni pianeggianti, svincolati dallo storico ruolo di produzione di alimenti, divengono potenzialmente disponibili per le imprese delle energie rinnovabili. La moderna capacità tecnico-scientifica di isolare e di sfruttare singoli elementi naturali quali il vento, il sole, la geotermia e di innalzarli al ruolo di monorisorse, innesca anche da queste parti processi di profonda riformulazione del rapporto uomo-territorio. Lo sfruttamento selettivo, e la ‘specializzazione’ in monorisorse, di luce, masse d’aria e calore implica una devalorizzazione del resto degli elementi naturali, destinati a un progressivo declassamento dal ruolo di risorse, sino all’azzeramento. La terra fertile cessa di essere oggetto o strumento di lavoro per trasformarsi in mera superficie di supporto. Buona parte degli investimenti nel settore, impiegati non solo per la costruzione degli impianti ma anche per l’acquisizione dei diritti sulla proprietà, è opera di grandi aziende, spesso multinazionali. Sebbene governata dal diritto, che regola i rapporti tra soggetti privati, questo genere di alienazione dei terreni agricoli stimola la partecipazione di soggetti esclusi dalla diretta trattativa, guidati da idee che ruotano attorno al concetto di ‘bene comune’, di tutela del paesaggio, di salvaguardia dell’occupazione, della produzione locale, e da sentimenti di legame e di ‘appartenenza’ al territorio10. “L’antropologia dell’ambiente odierna è orientata a riconoscere storicità, socialità e culturalità delle risorse naturali, a riconoscere la prassi e l’agentività dei soggetti, a indagare la pluralità di attori e il continuo ‘scivolamento’ e ‘spostamento’ delle reciproche posizioni nella società e nell’ambiente; il percorso ha portato gli approcci ‘forti’ dell’ecologia culturale e del materialismo culturale a ‘sfumarsi’ verso studi che comprendessero ‘i cuori e le menti degli attori locali’ (Herzfeld 2006: 219), superando quei tanto criticati determinismi e possibilismi ambientali, superando concezioni di sistemi chiusi di relazione uomo-ambiente, criticando scientismi e sviluppismi” (Breda 2012: 320). Per esemplificare qualcuno dei temi della ricerca, riassumo brevemente il caso di un’azienda in piena attività ma minacciata da procedura di esproprio a cui diversi movimenti, comitati di cittadini, studiosi e artisti hanno manifestato la propria solidarietà. L’azienda della famiglia Cualbu, originaria di Fonni (Barbagia), proprietaria di alcune centinaia di ettari di terra a Decimoputzu, nella fertile pianura del Campidano, è dedita all’allevamento di circa 1.500 capi ovini, coltiva cereali e leguminose e si avvale di moderne attrezzature. La conformazione pianeggiante, la ricchezza d’acqua e la buona esposizione al sole sono aspetti particolarmente favorevoli non solo alla pastorizia moderna ma anche agli impianti termodinamici, come quello progettato dalla Energogreen Renewables, la multinazionale italo-anglo-giapponese che ha deciso di investire da queste parti. L’Energogreen ha già acquisito parte dell’area prevista dal progetto e intende completarla avvalendosi di un’ottantina di ettari di proprietà dei Cualbu. Dopo una serie di contatti diretti intrapresi da un tecnico locale per avviare la trattativa11, il ripetuto rifiuto della famiglia e le obiezioni sollevate dalla Regione Sardegna alla richiesta di VIA12, la Energogreen si è rivolta al Ministero dell’Ambiente, reclamando l’espropriazione. La mole di documenti13 allegati al progetto14, ha portato la famiglia a prendere atto del peso della ‘parola’ della multinazionale e a rivolgersi alla magistratura. “L’egemonia è anche la ‘ragione’ esplicita, il verbum del potere che si manifesta come discorso che chiede consenso al complesso delle idee di chi dirige e/o domina” (Angioni 2010: 177). Tra le carte del progetto spicca la Relazione agronomica15, che mira a suggellare l’intesa tra la Energogreen e lo Stato. La portata persuasiva della Relazione discende dal potere di definire l’azienda Cualbu come ‘inadeguata’ e inefficace, estranea rispetto a un orizzonte di senso condiviso in qualche modo da Stato e mercato, basato sulle forme di tecnologia più avanzate. “Chi soccombe non ha voce. La deformità narrativa (…) riguarda la cesura nella capacità di sottomettere il naturale: l’alterità a tecnologia artigianale viene insultata e dominata, marginalizzata e annichilita; sconfitta nella prassi culturale, se ne decreta l’indiscutibile negatività” (Boni 2014: 11-12). La Relazione agronomica ricorre in apertura ad alcune categorie ‘estetiche’ per descrivere un contesto monotono, per poi sottolineare lacune gestionali e degrado: “La particolarità dell’area in studio è data dalla sua monotonia che abbraccia ogni elemento di percezione ed analisi, sia questo il paesaggio, l’uso del suolo, il tipo di conduzione aziendale, il degrado e così via” (Relazione agronomica, p. 1). In seguito si spinge verso valutazioni che oltrepassano gli aspetti strettamente tecnici16, sino a comprendere giudizi che descrivono una situazione umana critica e carente: 7 - “Nelle aree di pianura irrigue è possibile che si affermi una zootecnia ovina intensiva, molto simile a quella dell’allevamento bovino da latte, con gli animali allevati quasi permanentemente in ovile e alimentati con la tecnica dell’Unifeed (‘piatto unico’)” (Pulina - Rassu - Rossi Brandano 2011: 1129). 8 - Cfr. Pulina 2011. 9 - Tra queste, limitatamente ad alcune zone di montagna, anche la pratica del matrimonio fra cugini patrilaterali (cfr. Murru Corriga 2013). 10 - È interessante notare come alcune delle parole chiave dei movimenti spesso corrispondano a quelle dei promotori degli impianti: bene comune, pubblica utilità, tutela del paesaggio, lavoro, benessere. 11 - “C’è molta gente che il terreno non l’ha capito ancora, che la gente quando si affeziona non ci sono soldi che tengano. Gliel’ho detto: se a questo terreno mettete le banconote sopra e lo coprite, io passo con la frangizolla e ve lo pesto: non ne voglio di quel tipo di soldi. Noi non ne vogliamo. Noi vogliamo lavorare la terra come stiamo facendo, come ha fatto mio padre, come ha fatto mio nonno e via… Altro non vogliamo” (G. Cualbu). 12 - Valutazione di Impatto Ambientale. 13 - I progetti presentati dalla Energogreen Renewables in Sardegna sono complessivamente quattro, e constano di “ben 24 scatoloni di documenti”, “l’Unione Sarda”, 9 marzo 2014. 14 - http://www.va. minambiente.it/it-IT/Oggetti/ Info/1389. 15 - http://www.va. minambiente.it/FILE/ documento/99738. 16 - “Obiettivo della relazione agronomica è quello di descrivere l’uso agricolo attuale, la sua produttività, e la capacità di fornire un reddito all’imprenditore agricolo” (p. 1). 76 “Sono aziende ai limiti della sopravvivenza economica, con a disposizione superfici importanti, questo è vero, ma con rischi imprenditoriali piuttosto elevati sempre presenti. La forza lavoro è in parte stagionale, per soddisfare quelle esigenze temporanee, poco qualificata e con difficoltà di relazione. La qualità della vita dell’agricoltore non appare comparabile con altri settori dell’industria e più in generale del terziario. Turni di lavoro con attività notturna, frammentati in più tempi, che coinvolgono gran parte dell’anno, comprese le stagioni calde, rendendo difficile il godimento di un periodo di riposo ininterrotto, diritto costituzionale” (p. 4). Il giudizio sull’azienda giunge alla sua totale dequalificazione, identificando la causa nell’elevato grado di specializzazione, uno degli aspetti che le recenti politiche di sviluppo del comparto hanno finora proposto invece come traguardo: “Un altro punto di debolezza di queste aziende è l’elevata specialità produttiva, per la concentrazione delle attività verso la produzione di latte principalmente, carne, marginalmente lana e come produzione accessoria quella della granella di cereali” (p. 4). Un ulteriore segno della fragilità dell’impresa agricola consisterebbe proprio nella dipendenza dalle politiche pubbliche degli incentivi: “Ecco che si spiegano le condizioni di precarietà nella forma di gestione e la scarsa presenza di investimenti, se non nelle forme agevolate previste dall’Unione Europea, adattando bandi e finanziamenti alle attività in corso” (p. 4). A tali argomenti si richiama l’accostamento dell’area considerata al continente africano: “Non solo siamo nel sud della Sardegna, a meno di 190 kilometri dalle coste dell’Africa, ma (…) all’interno di un sistema di riempimento come è la fossa chiamata Campidano, distante dal mare (…) e soggetta al riscaldamento estivo tipico delle zone interne …” (p. 2). La presunta somiglianza della pianura del Campidano alle coste dell’Africa è indubbiamente legata all’irraggiamento solare. L’apprezzamento di tale aspetto può risultare così funzionale alla persuasività del Progetto nelle sedi istituzionali nazionali, anche se può apparire controproducente nel contesto locale, ove il senso comune è generalmente poco propenso a richiamarsi idealmente al vicino continente: “Essere o voler essere parte dell’occidente, ricco e dominante, fa del resto parte del senso dell’essere sardi, anche per chi mette l’identità sarda in primo piano, ed è causa di disagio e di vertigine la prospettiva di risultare fuori dall’occidente, di scivolare verso l’Africa a due passi” (Angioni 2000: 9-10). Non è probabilmente utile seguire la Relazione in questo accostamento, se non per accennare ad alcune malcelate somiglianze quali la ridotta densità di popolazione, il basso reddito, i problemi dell’occupazione, il ridotto costo della terra; tutti aspetti che rendono appetibili investimenti di questo genere ma che stanno pure alla base del land grabbing, ovvero del neocolonialismo agrario che purtroppo ha già segnato la storia dell’ultimo ventennio del vicino continente. Riferimenti bibliografici Angioni, G. (2000) Pane e formaggio e altre cose di Sardegna, Cagliari, Zonza. Angioni, G. (2010) Fare, dire, sentire. L’identico e il diverso nelle culture, Nuoro, Il Maestrale. Boni, S. (2014) Homo comfort. Il superamento tecnologico della fatica e le sue conseguenze, Milano, Elèuthera. Breda, N. (2012) Antropologia dell’ambiente oggi, in C.P. Kottak, Antropologia culturale, Milano, McGraw-Hill, pp. 320-323. Godelier, M. (2009) Al fondamento delle società umane. Ciò che ci insegna l’antropologia, Milano, Jaca Book. Hannerz, U. (2001) La diversità culturale, Bologna, Il Mulino. Herzfeld, M. (2006) Antropologia. Pratica della teoria nella cultura e nella società, Firenze, Seid Editori. Maxia, C. (2002) La società pastorale a cumpàngius in Sardegna: una “cooperazione individualista”, in V. Siniscalchi, a cura, Frammenti di economie. Ricerche di antropologia economica in Italia, Cosenza, Pellegrini Editore, pp. 77-126. Murru Corriga, G. (1990) Dalla montagna ai Campidani. Famiglia e mutamento in una comunità di pastori, Cagliari, Edes. Murru Corriga, G. (1999) Maurice Le Lannou e il nomadismo dei pastori sardi, in A. Loi - M. Quaini, a cura, Il geografo alla ricerca dell’ombra perduta, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 311-342. Murru Corriga, G. (2013) La famiglia pastorale tra Ottocento e Novecento, in id., a cura, Pastori e comunità a Fonni. Un museo per la storia della cultura pastorale, Fonni, Comune di Foni - Scuola Sarda Editrice, pp. 84-97. Pulina, G. - Rassu, S.P.G. - Rossi, G. - Brandano, P. (2011) La pastorizia sarda dell’ultimo secolo, in A. Mattone - P.F. Simbula, a cura, La pastorizia mediterranea. Storia e diritto (secoli XI-XX), Roma, Carocci, pp. 1111-1131. Pulina, P. (2011) I termini del problema: capitale umano, agricoltura e impresa familiare, in L. Idda - P. Pulina, a cura, Impresa agricola familiare, capitale umano e mercato del lavoro, Milano, Franco Angeli pp. 21-40.