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[ETNOGRAFIE DEL CONTEMPORANEO II: IL POST-AGRICOLO E L’ANTROPOLOGIA]
Il post-agricolo e l’antropologia (V.P.), Agricoltura industriale (Rossi), Agricoltura omeodinamica
(Breda), Agrifeast (Broccolini), Agriturismo (Simonicca), Alternative Food Network (Grasseni), Alto
/ basso (Dei), Antropologo giardiniere (Clemente), Anziani (Spitilli), Autocertificazioni (Koensler),
Autoproduzione (Giancristofaro), Bandi vivi (Perricone), Campagne digitali (Lusini), Cantina / cantinieri (Arduini), Certificazione (Papa), Cibo di strada (Cuturi), Ciclisti (Pirovano), Cittadinanze
ambientali (Malighetti - Tassan), Classe (Kezich), Comodità / fatica (Boni), Condivisione (Aria), Corpi
sonori (Macchiarella), Dieta mediterranea (Moro), Distretto (Colombatto), Espropriazione (Maxia),
Expo 2015 (Meazza), Food Design (Ronzon), Gezi Park (D’Orsi), Green Economy (Zanotelli), Gruppi
di base (Fanelli), Irrigazione (Van Aken), Kuminda (Paini), Lavoro (Vignato), Luogo profetico
(Padiglione), Musei gustosi (D’Aureli), Nuovi montanari (Viazzo), Oggetti ordinari (Meloni), OGM
(Trupiano), Orgia (Imbriani), Paesaggio reale (Lattanzi), Paese (Teti), Pasolini (Sobrero), Precarietà
(Rubatto), Purezza / pericolo (Niola), Raccoglitori (Di Pasquale), Retroinnovazione (Guigoni), Riti
contestati (Ballacchino - Bindi), Riti di paesaggio (Ferracuti), Saperci fare (A+U), Serricoltura (Sanò),
Slow Food (Rotundo), Spazializzazione (Montes - Meschiari), Suolo (Contessi), Terra madre (Grimaldi),
Terra Oceania (Favole), Tinture naturali (Tiragallo), Transfrontaliero (Lapiccirella Zingari), Valsusa
(Aime), Vicinato (Vereni), Vignaiole (Carosso), Vino di palma (Bargna), Vuoto / pieno (Palumbo)
anno 12|numero 34/36|2013-2014|e 29,00
sommario
pag. 3
Il post-agricolo e l’antropologia
Vincenzo Padiglione
pag. 5
Agricoltura industriale
Amalia Rossi
Agricoltura omeodinamica
Nadia Breda
Agrifeast
Alessandra Broccolini
Agriturismo
Alessandro Simonicca
Alternative Food Network
Cristina Grasseni
Alto / basso
Fabio Dei
Antropologo giardiniere
Pietro Clemente
Anziani
Gianfranco Spitilli
Autocertificazioni
Alexander Koensler
Autoproduzione
Lia Giancristofaro
Bandi vivi
Rosario Perricone
Campagne digitali
Valentina Lusini
Cantina / cantinieri
Marcello Arduini
Certificazione
Cristina Papa
Cibo di strada
Flavia Cuturi
Ciclisti
Massimo Pirovano
Cittadinanze ambientali
Roberto Malighetti e Manuela Tassan
Classe
Giovanni Kezich
Comodità / fatica
Stefano Boni
Condivisione
Matteo Aria
Corpi sonori
Ignazio Macchiarella
Dieta mediterranea
Elisabetta Moro
Distretto
Carlotta Colombatto
Espropriazione
Carlo Maxia
Expo 2015
Renata Meazza
Food Design
Francesco Ronzon
Gezi Park
Lorenzo D’Orsi
Green Economy
Francesco Zanotelli
Gruppi di base
Antonio Fanelli
Irrigazione
Mauro Van Aken
Kuminda
Anna Paini
pag. 8
pag. 11
pag. 14
pag. 17
pag. 20
pag. 23
pag. 26
pag. 29
pag. 32
pag. 35
pag. 38
pag. 41
pag. 44
pag. 47
pag. 50
pag. 53
pag. 56
pag. 59
pag. 62
pag. 65
pag. 68
pag. 71
pag. 74
pag. 77
pag. 80
pag. 83
pag. 86
pag. 89
pag. 92
pag. 95
pag. 98
pag. 101
pag. 104
pag. 107
pag. 110
pag. 113
pag. 116
pag. 119
pag. 122
pag. 125
pag. 128
pag. 131
pag. 134
pag. 137
pag. 140
pag. 143
pag. 146
pag. 149
pag. 152
pag. 155
pag. 158
pag. 161
pag. 164
pag. 167
pag. 170
pag. 173
pag. 176
pag. 179
pag. 182
pag. 185
pag. 188
Lavoro
Silvia Vignato
Luogo profetico
Vincenzo Padiglione
Musei gustosi
Marco D’Aureli
Nuovi montanari
Pier Paolo Viazzo
Oggetti ordinari
Pietro Meloni
OGM
Valeria Trupiano
Orgia
Eugenio Imbriani
Paesaggio reale
Vito Lattanzi
Paese
Vito Teti
Pasolini
Alberto M. Sobrero
Precarietà
Edoardo Rubatto
Purezza / pericolo
Marino Niola
Raccoglitori
Caterina Di Pasquale
Retroinnovazione
Alessandra Guigoni
Riti contestati
Katia Ballacchino e Letizia Bindi
Riti di paesaggio
Sandra Ferracuti
Saperci fare
A+U
Serricoltura
Giuliana Sanò
Slow Food
Tommaso Rotundo
Spazializzazione
Stefano Montes e Matteo Meschiari
Suolo
Silvia Contessi
Terra madre
Piercarlo Grimaldi
Terra Oceania
Adriano Favole
Tinture naturali
Felice Tiragallo
Transfrontaliero
Valentina Lapiccirella Zingari
Valsusa
Marco Aime
Vicinato
Piero Vereni
Vignaiole
Marinella Carosso
Vino di palma
Ivan Bargna
Vuoto / pieno
Bernardino Palumbo
Abstract
Carlo Maxia - Università di Cagliari
Espropriazione
1 - I sussidi alle energie
rinnovabili in Europa
ammontano
complessivamente a circa
quaranta miliardi di euro
l’anno; in Italia
corrispondono a una dozzina
di miliardi. Cfr. D’Arcangelo,
F.M. - Pontoni, F. La beata
ignoranza sugli incentivi alle
rinnovabili, “Lavoce.info”,
28/11/2013 (http://www.
lavoce.info/archives/15138/
incentivi-alle-rinnovabiliindagine-campionariaignoranza).
2 - Ai parchi fotovoltaici è
riconosciuta ex lege la
caratteristica di “opera di
pubblica utilità” (art. 12 del
Decreto Legislativo n. 387
del 2003).
3 - Cfr. Maxia 2002.
4 - “Emancipandosi
dall’aleatorietà del
pascolamento brado la
pastorizia si vincola alla
produzione foraggera ‘in
fattoria’, determinando
conseguentemente la
subordinazione
dell’agricoltura alla
pastorizia” (Murru Corriga
1999: 333).
5 - Cfr. Murru Corriga 1990.
6 - Dagli anni Ottanta a oggi
il patrimonio ovino è
aumentato quasi del 30%, il
numero delle aziende è
diminuito di oltre il 40% e la
dimensione media delle
aziende è passata da 120
capi a 240 (Istat, 6°
Censimento dell’agricoltura).
“La ‘via media’ ha nei suoi scopi principali quello di rimarcare
la contingenza e la storicità di fenomeni oggi dati per scontati
come l’economia capitalista, la logica della democrazia
o le affermazioni della scienza”
(Herzfeld 2006: XVII).
“… legittimando un principio di gerarchia tanto culturale quanto sociale,
lo stato apre poi questo spazio alle influenze transnazionali
e indica una direzione per i processi al suo interno”
(Hannerz 2001: 119).
Le riflessioni contenute in questo articolo fanno parte di una ricerca orientata all’analisi dell’uso contemporaneo delle risorse territoriali in Sardegna in relazione alle idee di
‘bene comune’. Qui si intende evidenziare la relazione che lega la tendenza all’abbandono degli spazi rurali e la sostanziale perdita di controllo del territorio da parte delle
comunità al crescente fenomeno del trasferimento della proprietà terriera nelle mani
di nuovi soggetti, tra i quali le imprese delle energie rinnovabili, sostenute da leggi statali che prevedono forme di incentivazione economica1 e garanzie di accesso anche attraverso l’espropriazione, potendo ricorrere al principio della ‘pubblica utilità’2.
La questione è certamente legata all’attuale crisi economica e occupazionale ma risente anche di un lungo processo di trasformazione del territorio che ha visto, a partire dagli anni Cinquanta, l’abbandono delle pratiche agricole e della terra a favore
della pastorizia, che ha a sua volta intrapreso la strada verso una forte specializzazione
produttiva. Sino a quel periodo, buona parte dei pastori affiancava alla propria attività
una serie di pratiche colturali (grano, legumi, orti, frutteti, ecc.) destinate soprattutto
all’autoconsumo familiare. Tale formula produttiva, basata su un’economia multirisorse, spesso affiancata a forme di cooperazione, di mutualità e di uso di terre pubbliche3, interessava ampie porzioni di territorio, contribuendo assieme all’agricoltura al
pieno impiego delle risorse e al controllo capillare del territorio.
La progressiva specializzazione del settore dell’allevamento, l’abbandono della transumanza e la disponibilità delle terre lasciate libere dall’agricoltura hanno permesso a un
buon numero di pastori della montagna di trasferire la propria attività nelle fertili pianure dell’Isola e di sostituire le pratiche colturali destinate agli uomini con coltivazioni
destinate agli animali4. Le dinamiche del mercato e le politiche di incentivazione hanno
poi spinto verso l’accrescimento delle greggi e l’investimento in tecnologia, richiedendo la maturazione di capacità imprenditoriali. Il processo ha comportato una dura
selezione che ha privilegiato la gestione aziendale individualistica5, conducendo alla
crescita ipertrofica di poche imprese e alla scomparsa di tante altre6.
I segnali più recenti sembrano richiedere ulteriori passi verso l’intensificazione produttiva, ma anche verso un’inedita riduzione delle superfici di pascolo7, che si accompagna alla trasformazione delle aziende individuali in aziende familiari8. Queste riescono
almeno in parte ad assorbire la propria manodopera grazie soprattutto alle nuove tecnologie che rendono accessibili determinate operazioni, come la mungitura o l’alimentazione artificiale, anche ai giovani e alle donne.
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L’attuale esubero di terra, rispetto alle capacità produttive, è frutto di un pluriennale
immobilismo del mercato fondiario, così come di una diffusa conservatività delle strategie ereditarie9, che hanno finora interpretato la trasmissione della terra come simbolo dell’identità familiare.
“Vendere significa separare completamente le cose dalle persone. Donare significa mantenere sempre qualcosa della persona che dona nella cosa donata. Custodire significa non separare le cose dalle persone perché nell’unione si afferma un’identità storica che bisogna trasmettere, almeno fino a quando è riproducibile” (Godelier 2009: 69).
La contrazione delle aree di pascolo conduce alla ‘liberazione’ di nuovi spazi, anche in
pianura. I terreni pianeggianti, svincolati dallo storico ruolo di produzione di alimenti,
divengono potenzialmente disponibili per le imprese delle energie rinnovabili.
La moderna capacità tecnico-scientifica di isolare e di sfruttare singoli elementi naturali
quali il vento, il sole, la geotermia e di innalzarli al ruolo di monorisorse, innesca anche
da queste parti processi di profonda riformulazione del rapporto uomo-territorio. Lo
sfruttamento selettivo, e la ‘specializzazione’ in monorisorse, di luce, masse d’aria e calore implica una devalorizzazione del resto degli elementi naturali, destinati a un progressivo declassamento dal ruolo di risorse, sino all’azzeramento. La terra fertile cessa di essere oggetto o strumento di lavoro per trasformarsi in mera superficie di supporto.
Buona parte degli investimenti nel settore, impiegati non solo per la costruzione degli
impianti ma anche per l’acquisizione dei diritti sulla proprietà, è opera di grandi
aziende, spesso multinazionali. Sebbene governata dal diritto, che regola i rapporti tra
soggetti privati, questo genere di alienazione dei terreni agricoli stimola la partecipazione di soggetti esclusi dalla diretta trattativa, guidati da idee che ruotano attorno al
concetto di ‘bene comune’, di tutela del paesaggio, di salvaguardia dell’occupazione,
della produzione locale, e da sentimenti di legame e di ‘appartenenza’ al territorio10.
“L’antropologia dell’ambiente odierna è orientata a riconoscere storicità, socialità e culturalità delle risorse naturali, a riconoscere la prassi e l’agentività dei soggetti, a indagare la pluralità di attori e il continuo ‘scivolamento’ e ‘spostamento’ delle reciproche posizioni nella società e nell’ambiente; il percorso ha portato gli approcci ‘forti’ dell’ecologia culturale e del
materialismo culturale a ‘sfumarsi’ verso studi che comprendessero ‘i cuori e le menti degli
attori locali’ (Herzfeld 2006: 219), superando quei tanto criticati determinismi e possibilismi
ambientali, superando concezioni di sistemi chiusi di relazione uomo-ambiente, criticando
scientismi e sviluppismi” (Breda 2012: 320).
Per esemplificare qualcuno dei temi della ricerca, riassumo brevemente il caso di un’azienda in piena attività ma minacciata da procedura di esproprio a cui diversi movimenti,
comitati di cittadini, studiosi e artisti hanno manifestato la propria solidarietà. L’azienda
della famiglia Cualbu, originaria di Fonni (Barbagia), proprietaria di alcune centinaia di ettari di terra a Decimoputzu, nella fertile pianura del Campidano, è dedita all’allevamento
di circa 1.500 capi ovini, coltiva cereali e leguminose e si avvale di moderne attrezzature.
La conformazione pianeggiante, la ricchezza d’acqua e la buona esposizione al sole sono
aspetti particolarmente favorevoli non solo alla pastorizia moderna ma anche agli impianti termodinamici, come quello progettato dalla Energogreen Renewables, la multinazionale italo-anglo-giapponese che ha deciso di investire da queste parti. L’Energogreen
ha già acquisito parte dell’area prevista dal progetto e intende completarla avvalendosi
di un’ottantina di ettari di proprietà dei Cualbu.
Dopo una serie di contatti diretti intrapresi da un tecnico locale per avviare la trattativa11,
il ripetuto rifiuto della famiglia e le obiezioni sollevate dalla Regione Sardegna alla richiesta di VIA12, la Energogreen si è rivolta al Ministero dell’Ambiente, reclamando l’espropriazione. La mole di documenti13 allegati al progetto14, ha portato la famiglia a prendere
atto del peso della ‘parola’ della multinazionale e a rivolgersi alla magistratura.
“L’egemonia è anche la ‘ragione’ esplicita, il verbum del potere che si manifesta come discorso
che chiede consenso al complesso delle idee di chi dirige e/o domina” (Angioni 2010: 177).
Tra le carte del progetto spicca la Relazione agronomica15, che mira a suggellare l’intesa tra la Energogreen e lo Stato. La portata persuasiva della Relazione discende dal
potere di definire l’azienda Cualbu come ‘inadeguata’ e inefficace, estranea rispetto a
un orizzonte di senso condiviso in qualche modo da Stato e mercato, basato sulle
forme di tecnologia più avanzate.
“Chi soccombe non ha voce. La deformità narrativa (…) riguarda la cesura nella capacità di
sottomettere il naturale: l’alterità a tecnologia artigianale viene insultata e dominata, marginalizzata e annichilita; sconfitta nella prassi culturale, se ne decreta l’indiscutibile negatività”
(Boni 2014: 11-12).
La Relazione agronomica ricorre in apertura ad alcune categorie ‘estetiche’ per descrivere un contesto monotono, per poi sottolineare lacune gestionali e degrado: “La particolarità dell’area in studio è data dalla sua monotonia che abbraccia ogni elemento
di percezione ed analisi, sia questo il paesaggio, l’uso del suolo, il tipo di conduzione
aziendale, il degrado e così via” (Relazione agronomica, p. 1). In seguito si spinge verso
valutazioni che oltrepassano gli aspetti strettamente tecnici16, sino a comprendere giudizi che descrivono una situazione umana critica e carente:
7 - “Nelle aree di pianura
irrigue è possibile che si
affermi una zootecnia ovina
intensiva, molto simile a
quella dell’allevamento
bovino da latte, con gli
animali allevati quasi
permanentemente in ovile e
alimentati con la tecnica
dell’Unifeed (‘piatto unico’)”
(Pulina - Rassu - Rossi Brandano 2011: 1129).
8 - Cfr. Pulina 2011.
9 - Tra queste, limitatamente
ad alcune zone di montagna,
anche la pratica del
matrimonio fra cugini
patrilaterali (cfr. Murru
Corriga 2013).
10 - È interessante notare
come alcune delle parole
chiave dei movimenti spesso
corrispondano a quelle dei
promotori degli impianti:
bene comune, pubblica
utilità, tutela del paesaggio,
lavoro, benessere.
11 - “C’è molta gente che il
terreno non l’ha capito
ancora, che la gente quando
si affeziona non ci sono soldi
che tengano. Gliel’ho detto:
se a questo terreno mettete
le banconote sopra e lo
coprite, io passo con la
frangizolla e ve lo pesto: non
ne voglio di quel tipo di
soldi. Noi non ne vogliamo.
Noi vogliamo lavorare la
terra come stiamo facendo,
come ha fatto mio padre,
come ha fatto mio nonno e
via… Altro non vogliamo”
(G. Cualbu).
12 - Valutazione di Impatto
Ambientale.
13 - I progetti presentati dalla
Energogreen Renewables in
Sardegna sono
complessivamente quattro, e
constano di “ben 24 scatoloni
di documenti”, “l’Unione
Sarda”, 9 marzo 2014.
14 - http://www.va.
minambiente.it/it-IT/Oggetti/
Info/1389.
15 - http://www.va.
minambiente.it/FILE/
documento/99738.
16 - “Obiettivo della relazione
agronomica è quello di
descrivere l’uso agricolo
attuale, la sua produttività, e
la capacità di fornire un
reddito all’imprenditore
agricolo” (p. 1).
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“Sono aziende ai limiti della sopravvivenza economica, con a disposizione superfici importanti,
questo è vero, ma con rischi imprenditoriali piuttosto elevati sempre presenti. La forza lavoro è
in parte stagionale, per soddisfare quelle esigenze temporanee, poco qualificata e con difficoltà
di relazione. La qualità della vita dell’agricoltore non appare comparabile con altri settori dell’industria e più in generale del terziario. Turni di lavoro con attività notturna, frammentati in più
tempi, che coinvolgono gran parte dell’anno, comprese le stagioni calde, rendendo difficile il
godimento di un periodo di riposo ininterrotto, diritto costituzionale” (p. 4).
Il giudizio sull’azienda giunge alla sua totale dequalificazione, identificando la causa
nell’elevato grado di specializzazione, uno degli aspetti che le recenti politiche di sviluppo del comparto hanno finora proposto invece come traguardo:
“Un altro punto di debolezza di queste aziende è l’elevata specialità produttiva, per la concentrazione delle attività verso la produzione di latte principalmente, carne, marginalmente
lana e come produzione accessoria quella della granella di cereali” (p. 4).
Un ulteriore segno della fragilità dell’impresa agricola consisterebbe proprio nella dipendenza dalle politiche pubbliche degli incentivi:
“Ecco che si spiegano le condizioni di precarietà nella forma di gestione e la scarsa presenza
di investimenti, se non nelle forme agevolate previste dall’Unione Europea, adattando bandi
e finanziamenti alle attività in corso” (p. 4).
A tali argomenti si richiama l’accostamento dell’area considerata al continente africano:
“Non solo siamo nel sud della Sardegna, a meno di 190 kilometri dalle coste dell’Africa, ma
(…) all’interno di un sistema di riempimento come è la fossa chiamata Campidano, distante
dal mare (…) e soggetta al riscaldamento estivo tipico delle zone interne …” (p. 2).
La presunta somiglianza della pianura del Campidano alle coste dell’Africa è indubbiamente legata all’irraggiamento solare. L’apprezzamento di tale aspetto può risultare
così funzionale alla persuasività del Progetto nelle sedi istituzionali nazionali, anche se
può apparire controproducente nel contesto locale, ove il senso comune è generalmente poco propenso a richiamarsi idealmente al vicino continente:
“Essere o voler essere parte dell’occidente, ricco e dominante, fa del resto parte del senso
dell’essere sardi, anche per chi mette l’identità sarda in primo piano, ed è causa di disagio e
di vertigine la prospettiva di risultare fuori dall’occidente, di scivolare verso l’Africa a due
passi” (Angioni 2000: 9-10).
Non è probabilmente utile seguire la Relazione in questo accostamento, se non per accennare ad alcune malcelate somiglianze quali la ridotta densità di popolazione, il
basso reddito, i problemi dell’occupazione, il ridotto costo della terra; tutti aspetti che
rendono appetibili investimenti di questo genere ma che stanno pure alla base del land
grabbing, ovvero del neocolonialismo agrario che purtroppo ha già segnato la storia
dell’ultimo ventennio del vicino continente.
Riferimenti bibliografici
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Maestrale.
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Godelier, M. (2009) Al fondamento delle società umane. Ciò che ci insegna l’antropologia, Milano, Jaca Book.
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Maxia, C. (2002) La società pastorale a cumpàngius in Sardegna: una “cooperazione
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Murru Corriga, G. (1990) Dalla montagna ai Campidani. Famiglia e mutamento in una
comunità di pastori, Cagliari, Edes.
Murru Corriga, G. (1999) Maurice Le Lannou e il nomadismo dei pastori sardi, in A. Loi
- M. Quaini, a cura, Il geografo alla ricerca dell’ombra perduta, Alessandria,
Edizioni dell’Orso, pp. 311-342.
Murru Corriga, G. (2013) La famiglia pastorale tra Ottocento e Novecento, in id., a
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Fonni, Comune di Foni - Scuola Sarda Editrice, pp. 84-97.
Pulina, G. - Rassu, S.P.G. - Rossi, G. - Brandano, P. (2011) La pastorizia sarda dell’ultimo
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Pulina, P. (2011) I termini del problema: capitale umano, agricoltura e impresa familiare, in L. Idda - P. Pulina, a cura, Impresa agricola familiare, capitale umano e mercato del lavoro, Milano, Franco Angeli pp. 21-40.