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M. Scalici, Ruvo del Monte. La necropoli in loc. S. Antonio. Nuovi dati e prospettive di ricerca

2011, M. Osanna, M. Scalici (a cura di), Lo Spazio della Memoria. Necropoli e rituali funerari nella Magna Grecia indigena. Atti della Tavola Rotonda (Matera, 11 dicembre 2009), «Siris» X 2009, pp. 37-51

STUDI E RICERCHE DELLA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN ARCHEOLOGIA DI MATERA 10,2009 E S T R A T T O LO SPAZIO DELLA MEMORIA NECROPOLI E RITUALI FUNERARI NELLA MAGNA GRECIA INDIGENA Atti della Tavola rotonda (Matera 11 dicembre 2009) a cura di Massimo Osanna e Michele Scalici Siris 10,2009, 37-51 Ruvo del Monte. La necropoli in loc. S. Antonio. Nuovi dati e prospettive di ricerca* di Michele Scalici Il sito di Ruvo del Monte si trova a circa 20 km, in linea d’aria, a sud-ovest del moderno centro di Melfi 1. La posizione rivela immediatamente il valore strategico dell’insediamento: un rilievo, di entità relativamente modesta (m 720 s.l.m.), dominante un sistema di due valli, attraversate da torrenti a carattere stagionale (“Liento” a nord-ovest e “Bradano” ad est), che creano una cerniera tra l’alto corso dell’Ofanto e la fiumara di Atella, accesso principale all’area potentina ed alle alte valli del Bradano e del Basento, naturali vie di collegamento verso la costa ionica. Il fiume Ofanto ha sempre costituito un percorso altrettanto importante tra Adriatico meridionale e basso Tirreno e, ancora oggi, la sua valle si caratterizza come linea di demarcazione tra il territorio irpino e quello lucano. In corrispondenza dell’insediamento cui fa capo la necropoli di S. Antonio doveva esistere, in antico, un punto di transito controllato a sud dalla stessa Ruvo e, sul lato opposto, dall’insediamento di Calitri 2. Il sito, segnalato nel 1976 dal “Gruppo Archeologico Lucano”, è stato oggetto, dall’anno successivo, di indagini da parte della Soprintendenza Archeologica della Basilicata. Il settore di necropoli individuato sul pianoro orientale e sulle prime pendici della collina che sovrasta il paese moderno, prende il nome dalla chiesa e dal rudere del convento che occupano la parte più elevata della stessa altura. Rinvenimenti occasionali effettuati in vari punti del piano indicherebbero la presenza di insediamenti sparsi sulla stessa collina e su quelle circostanti. Lo scavo ha consentito di portare alla luce circa 160 sepolture attribuibili ad un periodo compreso tra la fine del VII e l’inizio del IV sec. a.C. 3. L’area sottoposta ad indagine è stata suddivisa, per praticità, in tre diversi settori: il primo, indagato tra il 1977 ed il 1980, riguarda il 46% dei contesti totali; ai rimanenti appartengono rispettivamente il 24% ed il 30% del totale delle tombe, scavati nel 1983 e nel 1989 (fig. 1). Nella seriazione cronologica delle sepolture di Ruvo, A. Bottini aveva distinto tre gruppi fondamentali (A, B, C) caratterizzati, rispettivamente, dalla presenza di coppe di tradizione corinzia o ionica, assimilabili al tipo B1 della classificazione Vallet-Vil- * Mi preme ringraziare il prof. M. Osanna per l’interesse e la partecipazione con cui, fin dall’inizio, ha seguito la mia ricerca; il prof. A. Bottini per avermi concesso la possibilità di studiare i contesti di Ruvo del Monte mettendo a mia disposizione la documentazione degli scavi, suoi e del dott. I. Rainini; la dott.ssa R. Ciriello e tutto lo staff del Museo Nazionale del Melfese per la cordialità con la quale hanno reso più leggero il mio lavoro; N. Figliuolo e tutto il personale del laboratorio fotografico di Potenza per l’impegno e la professionalità; i colleghi R.A.E. Kok, A. Mancini, M. Di Lieto e A. Lepone perché il confronto con loro ha arricchito me e la mia ricerca. Infine vorrei ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro. Le figg. 8-10 vengono pubblicate per gentile concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Direzione Regionale per i Beni Culturali della Basilicata – Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata. 1 A. Bottini, Scavi e scoperte. Ruvo del Monte, «StEtr» XLVI 1978, pp. 551-552; Scavi e ricerche nel Melfese, in Atti Taranto XIX 1979, pp. 418-422; Bottini 1979; 1981; R. Ciriello, DANIMS, 6. Necropoli di Ruvo del Monte, in J. de La Genière, G. Nenci, Documentazione analitica delle necropoli dell’Italia meridionale e della Sicilia, «AnnPisa» XVI 1986, pp. 1067-1074; A. Bottini, s.v. Ruvo del Monte, BTICG XVII (2001), pp. 155-157. 2 Bottini 1980a; 1980b; Il Melfese fra VII e V sec. a.C., «DialA» VI 1982, pp. 152-160; Bottini 1989; I popoli apulo-lucani, in Crise et transformation des sociétés archaïques de l’Italie antique au Ve siècle av. J.C. (Actes de la table ronde, Rome 19-21 novembre 1987), Roma 1990, pp. 155-163; Identità e confini etnico-culturali. L’Italia meridionale, Atti Taranto XXXVII 1997, pp. 307-326; Gli indigeni nel V secolo, in Storia della Basilicata, pp. 419-453; Di Lieto 2008. 3 I risultati presentati si basano, oltre che su 27 corredi editi (Bottini 1981), anche su 83 contesti funerari oggetto di una tesi di Specializzazione, dal titolo “Ruvo Del Monte. La necropoli in località S. Antonio. Campagne di scavo 1978-1983”, discussa da chi scrive, nel maggio del 2008, presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera, Università degli Studi della Basilicata, relatore prof. M. Osanna, correlatori dott.ssa R. Ciriello e prof. M. Bettelli. Alcuni dei contesti presi in esame saranno editi in un volume sull’area Melfese di prossima pubblicazione. I corredi delle tombe 36 e 70 sono stati presentati alla mostra “Principi ed Eroi della Basilicata Antica. Immagini e segni del potere tra VII e VI secolo a.C.” (Potenza, Museo Archeologico Nazionale “Dinu Adamesteanu”). Una breve sintesi si trova in M. Scalici, Antichi Signori di Ruvo del Monte, «inArte» VI, 2 2010, pp. 8-9. SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Fig. 1. - In alto: pianta del sito con indicazione delle aree di scavo; in basso: area di scavo del 1983 (elaborazione M. Scalici). lard; di tradizione ionica tipo B2; di tradizione attica tipo C della classificazione Blösch 4. Mantenendo pressoché inalterata la cronologia dei primi due, viene qui offerta una ulteriore articolazione all’interno dell’ultimo gruppo, basata sui risultati degli scavi più recenti e sulla maggiore disponibilità di strumenti diagnostici quali la sintassi decorativa presente nella locale produzione matt-painted (fig. 2) 5. Le tombe arcaiche sembrano occupare in massima parte il settore di scavo degli anni 1977-80: il 55% è assegnabile ai gruppi A e B mentre tra la prima e la seconda metà del V sec. a.C. vi sono attestazioni, ri- spettivamente, del 20 e 14%. La situazione è totalmente ribaltata nel settore indagato nel 1983 dove le sepolture arcaiche rappresentano solo il 32% a fronte del 66% di quelle di V sec. La cronologia del terzo settore è ancora in corso di definizione. Pertanto sembra si possa ipotizzare una stratigrafia orizzontale con le tombe più antiche che occupano la parte orien- Bottini 1981, pp. 285-288, tabella a p. 283. Gli asterischi indicano i contesti intermedi tra due gruppi o la cui attribuzione non è completamente certa. 4 5 SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 39 Fig. 2. - Articolazione della sequenza cronologica (elaborazione M. Scalici). tale del pianoro e un progressivo ampliamento verso ovest nel corso del V sec. Le tombe di Ruvo sono quasi esclusivamente monosome, a fossa rettangolare, scavate nel banco naturale. Gli individui inumati sembrano essere identificabili come persone adulte o in età giovanile; nessuna deposizione è riconducibile con sicurezza a neonati. All’interno della fossa il defunto era disposto in posizione rannicchiata su un fianco, destro o sinistro 6. L’orientamento della fossa sembra non aver avuto un significato rituale specifico ma appare piuttosto dettato da preesistenze. Il più antico nucleo di tombe conosciuto si dispone attorno ad una coppia di sepolture, maschile e femmini- le, in posizione preminente 7 (fig. 3). A questo gruppo, presumibilmente parentelare, fa riscontro un secondo, all’interno del quale non sembrano esservi sepolture emergenti 8. Una tomba isolata si colloca a metà di un probabile asse viario posto tra i due nuclei sepolcrali 9. Altre due deposizioni sono disposte lungo un ulteriore percorso che conduce, verso nord, ad un terzo nucleo 10. Le tombe del gruppo A sono databili, grossomodo, tra la fine del VII sec. ed il 580/560 a.C. per la presenza, in alcuni corredi, di coppe di tradizione ionica o corinzia ma di probabile produzione coloniale 11 (fig. 4). Dati più incerti sono desumibili dalla cronologia di altri reperti quali una coppia di Il termine “rannicchiato” non è sempre corretto: a fronte di alcuni casi in cui il defunto era deposto su un fianco in posizione fetale, nella maggioranza dei contesti la colonna vertebrale risultava diritta e le scapole perfettamente appoggiate in piano; la testa leggermente inclinata di tre quarti; le gambe iperflesse verso il bacino; le braccia distese lungo il corpo con le mani appoggiate sopra il ventre, spesso trattenenti un oggetto, cfr. M.L. Tardugno infra. Infine la differente inclinazione di testa e gambe, come è stato dimostrato per il sito di Baragiano, potrebbe segnalare il sesso dell’individuo, cfr. Bruscella 2008b. 7 Si tratta delle tombe 62, maschile, e 52, femminile, in prossimità delle quali si aggiungono le sepolture 54 e 56, femminili, 55, maschile, e 34, per la quale non è determinabile il sesso; poco più distante la T. 21, Bottini 1981, pp. 245-246, figg. 45-47. 8 Si tratta delle TT. 2, 4 e 6, Bottini 1981, pp. 219-220, 223, figg. 9-12, 15-16. 9 T. 18, Bottini 1981, pp. 240-241, figg. 38-41. 10 Si tratta delle TT. 23, 41, 44, 45, 51 e 73, Bottini 1981, p. 247, fig. 50. La T. 51 sembrerebbe avere uno status “emergente”. 11 T. 55, inv. 112730; T. 56, inv. 112738; T. 62, inv. 112809; Bottini 1981, p. 223, figg. 15-16, T. 6/36; p. 241, figg. 38, 40, T. 18/142; p. 246, fig. 46, T. 21/166; Greco 1991 pp. 21, 23, figg. 54, 56, 61, T. 31/118; Di Zanni 1997, pp. 247-253, tav. LXIV. 6 SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 40 Michele Scalici Fig. 3. - Area di scavo 1977-80: distribuzione delle sepolture nelle varie fasi cronologiche (elaborazione M. Scalici). SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 41 orecchini decorati “a tacche” 12 ed una anforetta “ad anse complesse” della cultura di Oliveto Citra - Cairano 13. Caratteristici di questa fase sono gli attingitoi, di piccole dimensioni, di produzione locale o coloniale 14. Elementi ricorrenti sono le olle, di grandi dimensioni, acrome o monocrome in rosso-bruno 15, mentre, contrariamente alle fasi successive, il cantaroide è attestato in esemplari singoli, di piccolo modulo, all’interno di sepolture maschili 16 . Queste sono contraddistinte dalla presenza di armi: notevole il corredo metallico della T. 62 comprendente una spada, una punta di lancia, un coltello in ferro e parte di un secondo, completata da uno schiniere destro in bronzo 17. Elemento distintivo era certamente il bacile ad orlo perlinato della T. 51, così come i frammenti di spiedo attestati nelle sole deposizioni maschili 18 . Oggetti di ornamento personale sono presenti indipendentemente dal sesso ma, in numero maggiore, nelle sepolture femminili: una vera e propria parure proviene dalla T. 52 con fibule in ferro o rivestite in ambra, collana in vetro e ambra, due orecchini, due bracciali, saltaleone e un vago in bronzo 19. Nella fase successiva, databile tra il 580/560 e la fine del VI sec., quattro grandi fosse 20 occupano un’area centrale tra i due nuclei sepolcrali più antichi mentre gruppi di fosse più piccole si dispongono a nord ed a sud di questa 21 (figg. 3, 8). Un secondo gruppo di tombe si estende invece lungo l’altro ipotetico percorso alto arcaico. Tra queste, una 12 Orecchini anulari a capi aperti con sezione subcircolare e decorazione esterna continua a tacche o ovuli, dalla T. 52, invv. 112685-6, un tipo non particolarmente caratterizzato che, per la forma e le dimensioni, potrebbe aver avuto funzione di anello o di orecchino. Piuttosto simili, anche se la verga è più sottile, due anelli dalla T. 85 di Lavello da una sepoltura femminile del primo quarto del VI a.C., Forentum I, p. 261, tav. 49.13, tipo 3. Precisi confronti vengono dalla tomba 207 di S. Stefano di Buccino dell’ultimo terzo del VI (Johannowsky 1985, pp. 116-123, fig. 32, nn. 10 e 16) e dalla necropoli di Conza, loc. Fonnone (M. Barbera, Compsa e l’alta valle dell’Ofanto. Contributi per una carta archeologica dell’Irpinia, Roma 2004, pp. 29, 33, fig. 23, T. 1/6, orecchini anulari tipo Conza VIII, datati 625-590 a.C.). Infine un esemplare singolo proviene da una sepoltura di Oratino in Molise, G. Tarasco, Una tomba preromana dal centro storico di Oratino, «Conoscenze» 2005, pp. 98-99, fig. 4, inv. 57984. 13 Anforetta ad anse complesse a profilo articolato in un colletto leggermente svasato, ventre sferico-schiacciato con la massima espansione a metà dell’altezza, fondo piano. Anse a doppio bastoncello con attacco superiore sotto l’orlo, sormontato da una linguetta rettangolare a contorno superiore insellato, dalla T. 52, inv. 112684. Rientra nel tipo B2 di Oliveto Citra, D’Agostino 1964, pp. 42-43, fig. 3; corrispondente alla forma 57 di Cairano, Bailo Modesti 1980, pp. 55-56, tav. 8. Elemento guida della cultura di Oliveto Citra-Cairano, questa forma è attestata dalla fine dell’VIII a tutto il VI sec. a.C. Fuori dei centri Irpini è abbastanza diffusa in Campania (soprattutto a Pontecagnano e altri siti della Piana del Sele ma anche nella Valle del Sarno, cfr. Bailo Modesti 1980, p. 56, note 321-324), nel melfese (dalla necropoli in loc. Pisciolo, TT. 31 e 69; da Lavello, Bottini 1982, p. 66, n. 30, fig. 12, tav. IX, T. 279;), in Daunia (Tinè Bertocchi 1985, Ascoli Satriano, p. 40, figg. 35-36, T. 5/5; p. 44, figg. 47-48, T. 58/4,) ed in area bradanica (F.G. Lo Porto, La Preistoria del Materano alla luce delle ultime ricerche, Atti della XX Riunione Scientifica Internazionale I.P.P., Firenze 1978, p. 290, fig. 14.4). 14 Breve orlo estroflesso, corpo tondeggiante o ovoide, fondo piano, ansa verticale sormontante a bastoncello o a nastro. Interamente dipinto con vernice rossa o nera degradante in rosso; labbro interno verniciato, fondo risparmiato, T. 52, inv. 112724; T. 54, inv. 112727; T. 62, inv. 112807; inoltre Bottini 1981, p. 241, figg. 38, 40, T. 18/143; p. 246, figg. 46-47, T. 21/167. Esemplari simili sono stati rinvenuti in numerosi siti dell’Italia meridionale. Secondo J. de La Geniére, che ne presuppone l’origine da un prototipo metallico, tali prodotti vanno inseriti in un ambito di provenienza coloniale (La Genière 1968, p. 190); Bottini propone come più probabile l’origine sirite (Bottini 1981, p. 198, nota 79); per Osanna la diffusione si concentra, nel melfese, nei primi tre quarti del VI sec. a.C. (Forentum I, p. 155, tipo 1); infine per la Di Zanni l’area di produzione andrebbe ricercata nel metapontino poiché la zona maggiormente interessata sembrerebbe essere stata quella del basso Bradano-Murge, con i centri di Matera, Miglionico, Montescaglioso, Pisticci e Timmari, dai quali, attraverso le valli del Bradano e del Basento, si poteva raggiungere l’area nord-lucana, considerata punto di smistamento di queste ceramiche verso la Daunia, da una parte, e il Vallo di Diano dall’altra (Di Zanni 1997, pp. 250-251). 15 Dalla T. 52 un unico individuo con orlo diagonale e anse orizzontali, inv. 112683; due individui dalle T. 51 (invv. 1101689) e 62 (invv. 112806, 112813); inoltre, Bottini 1981, p. 219, fig. 10, T. 2/22; p. 220, fig. 12, T. 4/26; p. 223, figg. 15-16, T. 6/3738; p. 241, fig. 41, T. 18/144; p. 246, fig. 47, T. 21/169. Alcuni esemplari monocromi sono affini alla forma 72 della classificazione Bailo Modesti e, pertanto, potrebbero provenire dall’area culturale Oliveto Citra-Cairano, Bailo Modesti 1980, pp. 64-66, tav. 9. 16 T. 51, inv. 110170; T. 55, inv. 112729; T. 62, 112810; inoltre, Bottini 1981, p. 219, figg. 10-11, T. 2/21; p. 220, fig. 12, T. 4/26; p. 223, figg. 15-16, T. 6/31-34; p. 241, figg. 38-39, T. 18/141; p. 246, fig. 47, T. 21/165. 17 T. 62, spada, invv. 112817, 112814; cuspide di lancia, inv. 112819; schiniere, invv. 112820-112822; coltelli, invv. 112815112816. 18 Bacino ad orlo perlinato (inv. 110174) tipo B1 della classificazione Bottini (Bottini, Tagliente 1993, p. 515; = tipo B di D’Agostino 1977, pp. 25-26). Frammenti di spiedi: T. 51, inv. 110172; T. 62, inv. 112818; inoltre Bottini 1981, p. 241, fig. 25, T. 18/150. 19 Collana, invv. 112692-112696; frr. di fibule in ferro e ambra, inv. 112697; orecchini, inv. 112685-112686; bracciali, inv. 112690-112691; saltaleone, inv. 112689; vago in bronzo, inv. 112687. 20 Si tratta delle TT. 25, 26, 29 e 30, Bottini 1981, pp. 186-187, 259-266, 270-281. 21 TT. 58, 60 e forse 61 a nord-est; 1-3, 5, 7-9, 12-13, a sudovest; Bottini 1981, pp. 214-237. SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 42 Michele Scalici Fig. 4. - Evoluzione tipologica e decorativa delle principali forme ceramiche attestate (elaborazione M. Scalici). sepoltura emergente, la T. 36, tra le più ricche del sito, è orientata simmetricamente al gruppo delle quattro grandi fosse. È probabile che, in questo momento, un terzo percorso vada ad incrociare i primi due e che le sepolture più ricche siano state disposte ai suoi lati; esso potrebbe aver costituito l’ultimo segmento di un percorso naturale, situato lungo il margine della sommità del pianoro, utilizzato come elemento di raccordo tra i nuclei abitativi e sepolcrali presenti nell’area. Sul suo prolungamento, infatti, si trova un ulteriore gruppo di tombe a grande fossa che hanno restituito un ricco corredo 22. La fase B è caratterizzata dalla presenza di coppe ioniche tipo A2-B2 e B2 23 (fig. 4). Accanto agli elementi già presenti nel periodo precedente, si affermano le forme del cantaroide e della brocca a deco- Si tratta delle TT. 146, 148. Vallet, Villard 1955, pp. 20-23, 29; G. Villard, Céramique ionienne et céramique phocéenne en Occident, «PP» XXV 1970, pp. 108-129; Boldrini 1994, pp. 137-146, 148-158, 162170, tavv. 5-7, 9-11, tipi II e IV; Th. Van Compernolle, Da Otranto a Sibari: un primo studio pluridisciplinare delle produzioni magno greche di coppe ioniche, in F. Burragato et alii (a cura di), First European Workshop on Archaeological Ceramics, Roma 1994, pp. 343-348; Th. Van Compernolle, Les céramiques ioniennes en Méditerranée centrale, in Céramiques jònies d’època arcaica: centres de producció i comercialització al Mediterrani Occidental («Monografies Emporitanes» XI), Barcelona 2000, pp. 89-100; Vullo 2009 con bibliografia. 22 23 SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 43 razione subgeometrica 24. In questa fase le sepolture maschili sono ancora contraddistinte dalla presenza delle armi mentre quelle femminili dagli oggetti di ornamento; sono più consistenti le importazioni, specialmente di oggetti di lusso, attestati con 1 o 2 esemplari per tomba: si tratta di coppe 25, oinochoai trilobate 26 (il richiamo ad un servizio per il consumo di vino greco è evidente), alcuni attingitoi 27 e, in un solo caso, di una lekythos 28. Riferibili all’area di produzione etrusca sono i bacili ad orlo perlinato e a treccia, e le oinochoai di tipo rodio, presenti nelle tombe che hanno restituito i corredi più ricchi (dai 33 oggetti della T. 70 ai 24 della 105) e che possono pertanto attribuirsi a personaggi di alto rango 29. Nell’ambito della cronologia proposta per le tombe del gruppo B alcuni elementi consentono di precisare ulteriormente l’attribuzione di alcune di esse intorno alla metà o seconda metà del VI sec. a.C.: discriminante sembra essere la forma dell’attingitoio e, soprattutto, quella del cantaroide che vede, nella fase più recente, la nascita ed il progressivo affermarsi della nestorìs 30. Nel corso del V sec. a.C. le nuove deposizioni vanno ad occupare gli spazi della necropoli rimasti liberi. In modo particolare, le tombe principali del gruppo C, 33 e 35, si concentrano attorno al nucleo centrale del gruppo B, lungo il più recente dei percorsi viari precedentemente individuati, divenuto il 24 Per la ricorrenza dei grandi cantaroidi in questa fase vedi infra. Per le brocche a decorazione subgeometrica il tipo maggiormente attestato è quello a breve labbro leggermente estroflesso, collo conico indistinto a pareti talora leggermente concave o convesse, corpo globoso, fondo piano o concavo. Ansa verticale, poco o per niente sormontante l’orlo, a nastro liscio o con tre costolature verticali, T. 36, invv. 107188-107189, 107216107220; T. 37, inv. 107250; T. 42, invv. 107296, 107303; T. 58, invv. 112766, 112768, 112770, 112774; T. 70, invv. 112924, 112926; T. 71, invv. 112942-112945; T. 75, inv. 113012; T. 78, inv. 344455; T. 107, inv. 344663; T. 110, invv. 344691, 344695, 344698-344699. cfr. Bottini 1981, p. 214, figg. 5, 8, T. 1-3/1; p. 219, figg. 9-10, T. 2/20; figg. 19-21, T. 8/52-56; p. 228, figg. 2324, T. 9/riempimento/70-71; p. 232, figg. 26-27, T. 9/79-81; p. 237, figg. 34-35, T. 13/110-3; p. 244, fig. 44, T. 20/160; p. 259, figg. 63-65, T. 25/234-239; p. 270, figg. 76-77, T. 29/328-332; p. 277, figg. 87-88, 90-91, T. 30/368-371. Il tipo è largamente attestato in Basilicata e nelle aree limitrofe: Holloway 1970, T. 2/17, tav. 86; T. 4/28, tav. 91; Setari 1998-1999, brocca tipo 1, p. 79, fig. 4.16; Lissi Caronna 1980, p. 194, fig. 3.14, T. 2-Moles; Lissi Caronna 1983, fig. 13.1, T. 54; M. Laimer, A. Larcher, Archäologische Ausgrabungen in der Giarnera Piccola in Ascoli Satriano (Provinz Foggia) 1999 und 2001-2005, «RHistM» XLVIII 2006, pp. 17-68, figg. 13-14, T. 5/2005. 25 Si tratta in massima parte di coppe di tradizione ionica, tipo B2, di fabbricazione coloniale T. 36, inv. 107221; T. 37, inv. 107240; T. 58, inv. 112779; T. 69, inv. 112916; T. 70, invv. 112934-5; T. 75, inv. 113015; T. 78, inv. 344462; T. 85, senza inv.; T. 92, senza inv.; T. 95, inv. 344774; T. 97, senza inv.; T. 103, senza inv.; T. 107, inv. 344668; T. 110, invv. 344689-90, 344693; cfr. Bottini 1981, p. 221, figg. 13-14, T. 5/29; p. 232, figg. 24, 27, T. 9/86; p. 235, figg. 32-33, T. 12/104; p. 237, figg. 34-35, T. 13/118; p. 259, fig. 63, T. 25/243; p. 261, fig. 69, T. 26/277; p. 272, figg. 78-79, T. 29/345-347; p. 279, fig. 87-88, T. 30/383-386; inoltre uno skyphos tipo Panionion ed un secondo incerto, Bottini 1981, p. 227, figg. 20-21, T. 8/62; p. 261, fig. 69, T. 26/278; cfr. A. Serritella et alii, in A. Pontrandolfo, A. Santoriello (a cura di), Fratte. Il complesso monumentale arcaico, Salerno 2009, pp. 104, 166, nota 9. Agli individui di tradizione ionica si affiancano i pochi vasi potori di fabbricazione corinzia: una coppa dalla T. 158; una kotyle dalla T. 69, inv. 112914, oltre a quella già nota dalla T. 29, Bottini 1981, p. 272, figg. 77, 80-81, n. 344. Le importazioni dall’Attica, in questo periodo, sono rappresentate dalla band-cup della T. 25, Bottini 1981, p. 259, figg. 64, 68, n. 244; cui si deve aggiungere una coppa di tipo Kassel dalla T. 36, inv. 107190. Infine coppe di altro tipo di fabbricazione coloniale: T. 34, inv. 107086; T. 105, invv. 344634-5; già attestato a Rocca- nova Serre, Bianco, Tagliente 1985, p. 75, fig. 40; cfr. Russo Tagliente 1992-1993, pp. 250-252, kylikes di tradizione corinzia tipo 2.1-2, fig. 8; Di Zanni 1997, pp. 247-253, tav. LXIV.3. 26 T. 36, inv. 107222; T. 75, inv. 113009; T. 78, inv. 344463; T. 95, inv. 344772; T. 110, inv. 344697; oltre agli esemplari già noti, Bottini 1981, p. 215, figg. 5-6, TT. 1-3/3; p. 227, figg. 20-21, T. 8/63; p. 281, figg. 89-90, T. 30/391. Di forma abbastanza omogenea queste oinochoai presentano spalla poco pronunciata, più raramente distinta, piede ad anello di tipo corinzio, ansa generalmente a doppio bastoncello; talvolta recano delle bande a risparmio; si tratta di prodotti d’importazione attestati in molte necropoli indigene dell’Italia meridionale. 27 T. 70, inv. 112931; T. 75, inv. 113013; T. 92, senza inv. Eseguiti al tornio, sono dipinti con vernice di colore rosso-arancio. Due rientrano nel tipo 1-Di Zanni, mentre del terzo non è valutabile il profilo, cfr. Di Zanni 1997, pp. 246-247. 28 T. 36, inv. 107192, forse una variante occidentale del tipo samio, cfr. R. Naumann, B. Neutsch, Palinuro II. Ergebnisse der Ausgrabungen, 2. Nekrople, Terrassenzone und Einzelfunde, Heidelberg 1960, tav. 13.1, n. 3, T. XVIII; Russo Tagliente 19921993, p. 265, figg. 17, 129, n. 506, tipo 2, T. 31; G. F. La Torre, Un tempio arcaico nel territorio della antica Temesa, Roma 2002, p. 106, fig. 8, D4. 29 Bacili in bronzo ad orlo perlinato, T. 78, inv. 344448; T. 105, inv. 344638; a treccia, T. 70, inv. 112939; T. 78, invv. 344449-50; oinochoai in bronzo di tipo rodio, T. 36, inv. 107203; T. 78, inv. 344454; un terzo esemplare proviene dalla T. 146; cfr. B.B. Shefton, Die “rhodischen” Bronzekannen (Marburger Studien zur Vor- und Fruehgeschichte), Mainz 1979, p. 89, C7 bis; Johannowsky 1980, pp. 455-457, note 29-30, fig. 10; appendice, pp. 460-461 (la sepoltura di Ruvo citata al punto B.5 è la 36); Bottini 1981, p. 210; Bottini, Tagliente 1993, pp. 493-498, 515, 520, 523; Bottini, Setari 2003, p. 92, fig. 12, tav. XVI. 30 Il grande cantaroide più antico sembra essere un individuo dalla T. 75, inv. 113008, immediatamente seguito da un esemplare della T. 29 (Bottini 1981, p. 272, figg. 77, 80, n. 334, con basso piede). Il grande cantaroide dalla T. 13 (Bottini 1981, p. 237, figg. 34-35, n.115) presenta, primo caso, il piede a tromba, proprio delle nestorìdes, ma non le caratteristiche anse orizzontali sul ventre. Il terzo quarto del VI sec. a.C. appare, dunque, un momento di sperimentazione nelle botteghe operanti a Ruvo che conduce, alla fine dello stesso secolo, all’elaborazione della forma della nestorìs: T. 36, invv. 107209-107213; T. 110, inv. 344694. Cfr. Bottini 1981, p. 227, fig. 21, T. 8/61; p. 259, figg. 66-67, T. 25/241; frammentari altri due esemplari: p. 261, T. 26/275; p. 279, T. 30/381. SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Michele Scalici più importante (fig. 3). I corredi sono caratterizzati dalla presenza di coppe a vernice nera, attiche o di tradizione (figg. 4, 5, 9). Le kylikes di tipo C compa- iono più frequentemente nella prima metà del secolo 31. In questo periodo la ceramica subgeometrica presenta elementi di rinnovamento sia per quanto riguarda i profili dei vasi che nei sistemi decorativi. La forma del cantaroidi, ad esempio, che per tutta l’età arcaica aveva mantenuto un profilo c.d. “ad olletta”, assume, nel corso del V sec., una forma sinuosa, con collo più o meno distinto e basso piede a tromba, c.d. “ad anforetta” 32. La differenza sostanziale è dovuta all’altezza delle anse, sempre sormontanti, ma che negli individui “ad olletta” si eleva in misura maggiore rispetto a quelli “ad anforetta”. Accanto al sistema decorativo Ruvo-Satriano, che contraddistingue le fasi arcaiche della necropoli 33, si va affermando lo schema a registri sovrapposti che in precedenza veniva utilizzato per decorare, principalmente, olle di tipo biconico 34. A parte questi elementi i corredi del gruppo C appaiono piuttosto simili ai più tardi del periodo B, per la presenza di nestorides e bacili in bronzo 35. Se all’inizio del V sec. i vasi a decorazione subgeometrica sono ancora numerosi, dal secondo quarto del secolo si diffondono le forme dipinte in nero, bruno o rosso, che, in seguito, diverranno predominanti 36. Alle forme di matrice locale come i cantaroidi e un nuovo tipo di attingitoio, si affiancano oggetti strettamente legati all’area culturale ellenica: i crateri, le cup-skyphoi, le coppe su piede e le oinochoai, prodotte localmente o importate 37; si 31 T. 31, inv. 107034; T. 33, inv. 107078; T. 35, inv. 107132; T. 49, inv. 112672; T. 53, invv. 112706-8, 112710; T. 57, inv. 112745; T. 59, inv. 112787; T. 83, inv. 344471; T. 93, senza inv.; T. 94, inv. 344558; T. 101, senza inv. Inoltre Bottini 1981, pp. 202-203; p. 239, fig. 37, T. 17/135; p. 244, figg. 42-43, T. 19/157; pp. 253, 256, figg. 54, 57, T. 24/202-207; cfr. Blösch 1940, pp. 119-124, tavv. 34.4, 33.7; Agora XII, p. 91, tav. 19, n. 411, Type C, Concave lip; per la distribuzione in Basilicata ved. C. Trombetti, Ceramica greca e di tradizione greca, in Lo Spazio del Potere, pp. 196, 200, nota 24. 32 T. 53, inv. 112699; T. 57, inv. 112740; T. 83, invv. 344481, 344487; T. 94, invv. 344550-344551. Inoltre Bottini 1981, p. 249, figg. 53, 57, T. 24/189. Cantaroidi simili provengono da necropoli irpine: due individui dalla T. 103 di Carife, loc. Piano la Sala, G. Gangemi, L’Irpinia in età sannitica. Le testimonianze archeologiche, in G. Colucci Pescatori (a cura di), Storia illustrata di Avellino e dell’Irpinia I. L’Irpinia antica, Pratola Serra-Salerno 1996, p. 72, fig. 9; da Castel Baronia, W. Johannowsky, Materiali di età arcaica e classica da Rufrae, S. Agata dei Goti, Circello, Casalbore, Carifae, Casel Baronia, Bisaccia, Morra De Santis, in Safinim, pp. 294-299, TT. 58, 62. Qualche generica somiglianza è riscontrabile in alcuni individui decorati a fasce dalla Peucezia: in particolare da Rutigliano-Purgatorio, Museo Taranto, II.2, fig. 14a, T. 39/3; p. 18, T. 1/12, decorato nello stile misto. 33 Yntema 1990, pp. 187-196. 34 T. 33, inv. 107048. Inoltre Bottini 1981, p. 242, figg. 42-43, T. 19/155; p. 247, figg. 48-49, T. 22/173; p. 249, figg. 53, 55-56, 58, T. 24/195-197. Ad orlo perlinato T. 35, inv. 107124. Ad orlo a treccia T. 33, inv. 107067; T. 35, inv. 107094. 36 Attingitoi T. 31, inv. 107029; T. 63, inv. 112825; T. 79, senza inv.; T. 83, invv. 344482, 344488; T. 94, invv. 344556, 344561. Inoltre Bottini 1981, p. 257, figg. 54, 57, T. 24/222. Cantaroidi T. 31, invv. 107028, 107032; T. 68, inv. 112904; T. 79, senza inv.; T. 83, invv. 344472, 344484. Inoltre Bottini 1981, p. 266, figg. 7172, T. 27/304. 37 I crateri iniziano ad essere diffusi della prima metà del V sec. a.C.: T. 31, inv. 107030; T. 63, inv. 112823 (Fratte, pp. 2223, fig. 366, T. XVIII/1, datato al secondo quarto del V sec. a.C.); T. 72, inv. 112977 (probabilmente fabbricato a Ripacandida); T. 77, senza inv.; tra essi spicca il noto cratere a volute di fabbrica coloniale (Metaponto?), Bottini 1981, p. 253, fig. 59, T. 24/201. Cup-skyphoi T. 53, invv. 112709, 112711; inoltre Bottini 1981, p. 253, figg. 57, 60, T. 24/200 (attribuito al gruppo di Haimon). Coppette su piede T. 33, inv. 107053; T. 38, inv. 107259; T. 39, inv. 107274; T. 63, inv. 112830; T. 83, invv. 344473-344474; T. 93, senza inv.; T. 94, invv. 344554, 344565. Inoltre Bottini 1981, p. 247, figg. 48-49, T. 22/175; p. 256, figg. 54, 57, T. 24/210. Oinochoai di matrice ellenica ma di produzione locale provengono da contesti di inizio V, T. 35, inv. 107092; T. 39, invv. 107272107273; T. 101, senza inv.; cfr. Bottini 1981, p. 235, figg. 30-31, T. 11/99 (descritto come olla è quasi certamente una brocca). Insieme a queste vi sono anche prodotti importati, T. 35, inv. 107098; inoltre Bottini 1981, pp. 201, 256, figg. 54,57, T. 24/212213. Fig. 5. - In alto: T. 35, parte del corredo; in basso: T. 39, parte del corredo (foto M. Scalici). 35 SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 45 trovano, inoltre, le prime attestazioni di cinturoni in lamina di bronzo, del tipo a gancio semplice 38. La T. 24 si pone come vero è proprio spartiacque tra i grup- pi C e D. Riveste grande rilevanza nella necropoli per le dimensioni della fossa e il ricco corredo che vi era contenuto, tra cui spicca un cratere a volute 39. Anche la T. 53, maschile, emerge rispetto alle altre per la qualità del corredo ma non ai livelli della 24. Una certa importanza sembra aver avuto anche il defunto della 57, il cui corredo presenta una lekythos attica, di grande modulo, a figure nere 40 (fig. 6). Il successivo periodo E presenta qualche difficoltà di definizione cronologica per quanto concerne la sua fase più tarda: sebbene la gran parte dei materiali si possa collocare entro la fine del V sec. alcuni contesti presentano elementi databili ai primi decenni del secolo successivo. Con i dati acquisiti appare prudente fissare una cronologia tra l’ultimo terzo del V sec. ed il 380 a.C. 41 (fig. 10). A questo periodo appartengono cinque tra i contesti più ricchi della necropoli di Ruvo: una sepoltura bisoma o, più probabilmente, a doppia deposizione (43), una a doppia fossa per la quale è stata ipotizzata un’unica copertura (64-65), ed una maschile monosoma (48). I nuclei di sepolture elitarie occupano tre spazi significativi nel panorama della necropoli: la T. 43 presso la 36; la 48 è posta in uno spazio adiacente al gruppo centrale di sepolture arcaiche; la 64-65 sulla prosecuzione orientale dell’asse dove già erano state collocate due delle tombe principali del gruppo D (fig. 3). Nella fase E le differenze sociali sembrano marcate non tanto dal numero degli oggetti quanto dalla loro qualità. Il cantaroide è attestato in tutti i corredi in nu- 38 T. 53, invv. 112717-112718. Un esemplare più antico è segnalato dalla T. 147, per la quale è stata proposta una datazione nel corso del VI sec. a.C., Armi, pp. 113-115. 39 Bottini 1981, pp. 247-258. 40 T. 57, inv. 112746. La frammentarietà del reperto non consente di stabilire la forma, ma le dimensioni dovevano essere considerevoli. Della decorazione rimane una figura sdraiata, sulla destra, interpretabile con Herakles per la presenza della clava mentre sulla sinistra incede una figura animale (bovino o equino). La scena riproduce verosimilmente una delle fatiche dell’eroe tebano, tema già presente sulla cup-skyphos dalla T. 24, Bottini 1981, p. 253, figg. 57, 60, n. 200. 41 In particolare due bacili dalla T. 64, invv. 110012, 110013, che risultano molto vicini ad un terzo esemplare da un contesto più tardo, T. 46, inv. 110182. Rientrano nelle categoria delle c.d. “teglie” con vasca poco profonda a pareti tese o appena arcuate e fondo piatto, già considerate da Bottini del tipo più recente, Bottini, Tagliente 1993, p. 519. I due esemplari della T. 64 hanno un’ansa mobile ad omega inserita in due occhielli applicati ad una placchetta rettangolare, con estremità conformate a freccia o a cuore; al centro della placchetta è la decorazione a rilievo, a conchiglia e protome silenica. Teglie con anse di questo tipo sono diffuse in area sannitica ad esempio a Bojano, Larino (A. Di Niro (a cura di), Il Museo Sannitico di Campobasso. Catalogo della collezione provinciale, Ascoli Piceno 2007, p. 125, n. 225) e Pietrabbondante (Sannio. Pentri e Frentani dal VI al I secolo a.C., Roma 1980, p. 137, tav. 40) tutte datate metà IV-III sec. a.C.; in Basilicata sono attestate soprattutto a Lavello (Forentum I, pp. 51, 244, tav. 35, tipo 1.2, T. 7; Bottini, Tagliente 1993, p. 519; A. Bottini, E. Setari in D. Baldoni (a cura di), Due donne dell’Italia Antica. Corredi da Spina e Forentum, Padova 1993, n. 72, ansa mobile; n. 61, teglia; nn. 114-115, bacili). Per la Campania è noto un esemplare da Eboli (Poseidonia e i Lucani, pp. 79-80, n. 36.33, T. 37; cfr. anche F. Longo, Il vasellame metallico, in Enotri, Greci e Lucani). Meno simile ma ancora piuttosto vicino è l’esemplare con manico configurato a kouros, dalla T. 90 di Carife, della fine del V sec., R. Bonifacio, Le tombe 89-90 della necropoli di Carife, in Safinim, pp. 237-259, figg. 49-53, T. 90; cfr. anche R.R. Holloway, N. Nabers, The princely burial of Roscigno (Monte Pruno), Salerno, «RAArtLouv» XV 1982, pp. 97-163, 4 esemplari senza manici dalla tomba “Marzullo”, nn. 11-14. Inoltre, sembrano più recenti rispetto ai materiali della fine del V sec. anche alcuni cantaroidi e attingitoi dal profilo spigoloso (T. 89, invv. 344498, 344522, 344534-344535; T. 104, invv. 344612344613; T. 84, due individui senza inv.; T. 89, invv. 344497, 344499, 344507; T. 104, invv. 344615-344616, 344618-344620) associati ad un cratere a colonnette decorato nel collo con motivi fitomorfi (T. 104, inv. 344614), cfr. E. Laforgia (a cura di), Il Fig. 6. - In alto: T. 57, parte del corredo; in basso: T. 83, parte del corredo (foto M. Scalici). SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Michele Scalici Fig. 7. - In alto: T. 89, parte del corredo; in basso: T. 108, parte del corredo (foto M. Scalici). Museo Archeologico di Calatia, Napoli 2003, p. 191, figg. 184185, T. 26/290. 42 Si tratta delle sepolture elitarie 43, 48, 64-65 e della T. 111. Solo quest’ultima non ha restituito cantaroidi a grande modulo. 43 Tipo maggiormente diffuso: T. 43, invv. 112605, 112618; T. 48, invv. 110091, 110093, 110130-110133; T. 64, inv. 110062; T. 65, invv. 112847, 112853; T. 89, inv. 344523; T. 104, inv. 344604. Dello stesso tipo Bottini 1981, pp. 203, 266, figg. 74-75, T. 28/311. Piede ad anello sagomato, bassa vasca a profilo convesso, labbro distinto all’interno da una costolatura piuttosto marcata. Anse orizzontali a bastoncello inclinate verso l’alto; il tipo deriva da una produzione presente ad Atene a partire dal secondo quarto del V sec. a.C., Agorà XII, p. 102, fig. 5. 483-4, 487; cfr. Morel 1981, serie 4221. È attestato nelle necropoli della Puglia e della Basilicata a partire dall’ultimo quarto del V, per raggiungere il floruit nel corso del IV con una progressiva diminuzione del diametro, un ripiegamento verso l’interno delle anse e un’inclinazione verso l’alto, Forentum I, p. 194, tav. 29. Gli esemplari di Ruvo, a giudicare il diametro largo e le anse poco rilevate dovrebbero collocarsi alla fine del V sec. o al massimo all’inizio del successivo. Dalla T. 48, inv. 110135, proviene un esemplare attico a fig. rosse, databile, su base stilistica, agli anni attorno al 410 a.C.: nel tondo interno vi è una scena di banchetto con due personaggi su kline (se ne distingue chiaramente uno soltanto). Sotto i panneggi sono visibili le gambe dei mobili mentre un altro elemento di arredo, forse un tavolino, si intravede nella parte bassa del tondo. Meno leggibili le scene raffigurate sull’esterno del vaso: su una faccia si distingue un persona che reca in mano un oggetto identificabile come una scure o il pomo di un bastone. Dal lato opposto due personaggi affrontanti, al centro una colonna con capitello dorico. Uno dei due, nella zona più frammentaria del vaso, reca in mano un oggetto interpretabile come cuscino, lampada o betilo (potrebbe trattarsi di una scena ginnasiale). Tipo meno diffuso: T. 43, inv. 112604; T. 89, invv. 344501, 344524, 344533. Piede ad anello sagomato, vasca molto bassa, labbro di- mero variabile, fino ai 21 esemplari della T. 43, pari al 50% dell’intero corredo. I cantaroidi a decorazione fitomorfa sono attestati in soli cinque contesti 42; in tutti gli altri questa forma compare verniciata in nero, in modo totale o parziale, spesso degradato in bruno o rosso, oppure reca un registro floreale a figure nere (fig. 4). Il tipo più diffuso di kylix è la c.d. stemless di tradizione attica con il tondo interno decorato a fig. rosse, nere o con semplici impressioni 43. Maggiormente attestato, rispetto ai periodi precedenti è il cratere, presente in almeno 9 contesti 44 (fig. 7). I vasi importati costituiscono ancora dei beni di prestigio: a fondo bianco o decorati a figure rosse, di produzione attica e proto-lucana 45. Accanto a questi vi sono gli oggetti in bronzo, tra cui spicca il candelabro etrusco della T. 64 46. Dallo stesso contesto provengono un thymiaterion ed un podanipter di probabile produzione magnogreca 47. Tra i beni di lusso si segnala la probabile presenza di un cofanetto ligneo di cui rimangono i soli intarsi in osso 48. Decisamente inferiori rispetto ai periodi precedenti gli ornamenti personali e le armi, appannaggio delle sepolture più ric- stinto all’interno da una costolatura molto marcata e caratterizzato all’esterno dal profilo concavo. Anse orizzontali a bastoncello inclinate verso l’alto; è il secondo tipo più attestato, deriva da una produzione presente ad Atene nel 470-450 a.C. (c.d. “inset lip”, Agorà XII, p. 268, fig. 5.471), corrispondente a Morel 1981, 4271a 1. Meno attestati anche altri due tipi dalla T. 64 (invv. 110064-110065), mentre è da assegnare ad una officina locale una coppa con tondo interno decorato a figure nere con immagine di equino o cervide, T. 48, inv. 110092. 44 T. 48, inv. 110141; T. 65, inv. 112867; TT. 80-82, senza inv.; T. 89, inv. 344506; T. 104, inv. 344614; T. 108, inv. 34468. Inoltre Bottini 1981, p. 266, figg. 74-75, T. 28/315. 45 A. Bottini, Due crateri protoitalioti dal Melfese, «BdA» LXX 1985, pp. 55-60, nr. 30. Inoltre alcune lekythoi: T. 43, inv. 112595, rientra nella c.d. ceramica a “decorazione nera” o a “corpo nero”, di origine attica, largamente attestata nei territori adiacenti alle chorai di Taranto e Metaponto (D.C. Kurtz, Athenian white lekythoi, Oxford 1975, pp. 115-130; F. D’Andria, I materiali del V sec. a.C. nel Ceramico di Metaponto e alcuni risultati delle analisi sulle argille, in Attività in Basilicata, p. 121, n. 6, tavv. VII, X; A. San Pietro, La ceramica a figure nere di San Biagio (Metaponto), Galatina 1991, pp. 92-94; P. Palmentola in Museo Taranto II.2, pp. 403-405 con bibliografia); T. 43, invv. 112586, 112594, a fondo bianco e decorazione fitomorfa, cfr. A. De Siena in AttiTaranto 2006, p. 439, tav. XI, Pisticci, necropoli in proprietà Bonaventura, T. 295, datata fine VI – inizi V sec. a.C.; da Montescaglioso, Lo Porto 1973, p. 189, tav. XXXVI.4, T. 8. Un terzo individuo, invece, presenta figure di satiri, T. 48, inv. 110106. Infine la lekythos a figure rosse dalla T. 65, inv. 112848, è da assegnare alla produzione proto-lucana. 46 Bottini 1990. 47 T. 64, invv. 110015, 110069. cfr. Tarditi 1996, pp. 184-185, figg. 19-50 per i thymiateria in bronzo del tipo “a piattino”; pp. 126128 per i podanipteres. 48 Dalla T. 48. Non rari in Italia, rinvenimenti di questo tipo sono concentrati principalmente nei ricchi corredi delle necropoli etru- SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 47 Fig. 8. - A sinistra: T. 105, in corso di scavo; a destra: T. 146, in corso di scavo (Archivio Soprintendenza Basilicata). che: due fibule in argento, un elmo in bronzo del tipo apulo-corinzio, il cinturone ed una punta di lancia in ferro 49; si segnala infine la presenza di un grande arco dalla T. 65 50. Due sole sepolture (46, 47) appaiono isolate sia cronologicamente che culturalmente: si tratta di individui inumati in posizione supina, i cui corredi si datano a partire dalla metà del IV sec. a.C. (fig. 3, grup- sche ed in aree santuariali, cfr. M. Martelli, Gli avori tardo arcaici: botteghe e aree di diffusione, in Il commercio etrusco arcaico (Atti dell’Incontro di Studio, Roma 1983), Roma 1985, pp. 207-248; Scrigni etruschi tardo-arcaici dall’Acropoli di Atene e dall’Illiria, «Prospettiva» LIII-LVI 1989, pp. 17-24; F. Colivicchi, Materiali del Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia XVI. Materiali in alabastro, vetro, avorio, osso, uova di struzzo, Roma 2007, pp. 148-164 con bibliografia riportata alla nota 310. Gli elementi di forma rettangolare (inv. 110153), piatta e allungata, presentano delle scanalature longitudinali su tutta la superficie; alcune più marcate anche in senso trasversale sembrano comporre dei disegni geometrici che richiamano il meandro. Sembrerebbero interpretabili come placchette di rivestimento. Invece, l’unico elemento con forma a bastoncello (inv. 110152), a sezione tondeggiante da un lato e retta dall’altro, è tipico dell’angolo e presenta la superficie decorata da sette piccole cuppelle poco profonde. 49 Fibule in argento di piccolo modulo, ad arco semplice con ardiglione desinente a bottone o elemento biconico all’estremità: T. 43, inv. 112643 (decorazione a linea spezzata incisa nella parte inferiore); T. 90, senza inv. Elmo tipo apulo-corinzio (T. 43, inv. 112663) con calotta allungata, con paranuca, paragnatidi non valutabili, accenno del paranaso. Sopracciglia rese in rilievo ed indicazione della nuca, non decorato; viene considerato non valutabile nella classificazione di Bottini (1983, tabella 4, n. A.1.4.1; Gli elmi apulo-corinzi. Proposta di classificazione, «AnnAStorAnt» XII 1990, pp. 23-37, n. 1) poiché si basa sulla posizione delle paragnatidi che, in questo esemplare, non sono conservate. Tuttavia, dalla porzione rimasta si distingue bene un occhio forato ed un accenno di paranaso. Pertanto potrebbe rientrare nei tipi A, B o, più probabilmente C (cioè con paragnatidi congiunte). Il cinturone di maggior pregio rinvenuto nel sito proviene della T. 89, inv. 344537. Rientra nel gruppo Bottini IV C (1983, pp. 40-41): L’elemento maschio, costituito da una placca rettangolare, presenta due ganci, fusi, applicati mediante una piastrina ritagliata ed incisa a palmetta, con due volute alla base, con tre chiodini. L’arco del gancio è decorato da una placca rettangolare con motivo inciso a semicerchi penduli, con punto centrale. L’elemento femmina presenta una piastrina ritagliata ed incisa con tre palmette simili quelle dei ganci ed un motivo simile ad un sole. Vi sono almeno tre fori di aggancio disposti su due file. L’individuo trova un preciso confronto ad Ascoli Satriano, E. Interdonato in M. Fabbri, M. Osanna (a cura di), Ausculum I. L’abitato daunio sulla collina del Serpente di Ascoli Satriano, Foggia 2003, pp. 339-340, tav. 90, n. 26, dalla T. 3, datata alla seconda metà del IV, ma il cinturone è considerato più antico di circa un secolo. Infine un elemento in bronzo in foggia di palmetta, interpretabile come gancio di cinturone proviene dalla T. 65, inv. 112888. Una cuspide di lancia con costolatura mediana proviene dalla T. 43, inv. 112647 (vicino al tipo 3.3 di Chiaromonte, Russo Tagliente 1992-1993, p. 318, fig. 50, T. 24/57; ed al tipo 6 di Lavello, Forentum I, tav. 41, n. 3, p. 249); altri frammenti non valutabili da T. 48, inv. 110159; T. 89, inv. 344538; e dall’area della T. 64, inv. 110073. 50 Bottini 1980a, p. 344. Di questo oggetto tuttavia non è stato rintracciato alcun elemento registrato nell’inventario del Museo né in magazzino. SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Michele Scalici to a cambiamenti intervenuti nella struttura sociale e culturale della comunità. I limiti della ricostruzione storico-archeologica dei contesti della necropoli di Ruvo del Monte in loc. S. Antonio sono inesorabilmente segnati dalle condizioni non ottimali della conservazione del sito. Molte sepolture, infatti, al momento del rinvenimento risultavano manomesse. La causa principale è imputabile ai rimaneggiamenti dell’area avvenuti già nel corso del IV sec. a.C. e poi in epoca tardomedievale 52. Ne consegue che non è sempre possibile verificare l’originaria collocazione degli oggetti all’interno delle tombe. A questo si aggiunga la frequente assenza, totale o parziale, di resti scheletrici, imputabile alle caratteristiche del terreno. Si può invece proporre un quadro d’insieme delle attestazioni maggiormente ricorrenti: il corredo era concentrato lungo uno dei lati lunghi, generalmente in corrispondenza della parte verso la quale era girato il volto del defunto, e sul lato breve in prossimità dei piedi (fig. 11). I vasi appaiono disposti secondo un preciso criterio: quelli di maggiori dimensioni, come le olle, spesso in numero di due, occupavano l’angolo della fossa più distante dalla testa del defunto53; gli attingitoi di piccolo modulo giacevano all’interno di esse. I cantaroidi potevano assumere varie posizioni ma, generalmente, il più importante occupava la zona in prossimità della testa 54. Gli oggetti sul fianco erano disposti dal più grande, verso i piedi, al più piccolo, verso la testa 55. Oltre ai cantaroidi di piccole dimensioni si trova qui tutta la serie delle forme indigene dall’askos, alla brocca, l’attingitoio di modulo maggiore e l’olla di tipo bi- Fig. 9. - In alto: T. 71, in corso di scavo; in basso: T. 39, in corso di scavo (Archivio Soprintendenza Basilicata). po F). In entrambi è attestato il cinturone, lo skyphos a vernice nera ed il bacile in bronzo 51. Allo stato attuale non è possibile verificare se la presenza di queste due sepolture costituisca un’ulteriore fase dello sviluppo cronologico della necropoli, nell’ambito della sequenza fin qui delineata (gruppi A-E), o se piuttosto non testimoni un momento di cesura, dovu- 51 T. 46, invv. 110182- 110183 (skyphos, senza inv.; restituisce tra altri frammenti un coltello con manico a “occhiello”, inv. 110181); T. 47, invv. 110184-110186. 52 Nell’area di scavo 1977-1980 sono stati individuati diversi “pozzi” che hanno restituito ceramiche tardo-medievali. Saccheggi moderni, inoltre, sono testimoniati dal gruppo di vasi integri che padre G. Gugliotta, nella sua meritoria opera di recupero, ha potuto acquisire, negli anni precedenti all’esplorazione sistematica del sito, e assicurare alla Soprintendenza. Infine, A. Bottini riteneva che le prime manomissioni fossero imputabili all’obliterazione della necropoli avvenuta già nel corso del IV sec. a.C. da parte di un insediamento successivo le cui tracce, effettivamente, sono riscontrabili tra i materiali rinvenuti in superficie, Bottini 1981, p. 186. 53 TT. 83, 89, 105, 146, figg. 8 e 10 del presente contributo; Bottini 1981, fig. 3, T. 2; figg. 3, 22, T. 9; figg. 51-52, T. 24. 54 TT. 83 e 105, figg. 8 e 10 del presente contributo. 55 T. 89, fig. 10 del presente contributo; Bottini 1981, figg. 5152, T. 24. SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it h 49 ventre presso le mani o vicino la testa 60; se attestate in più esemplari, si trovano in genere insieme ai vasi importati 61. Le armi sembra fossero riposte e non indossate, ad eccezione del cinturone 62: l’elmo era distante dal cranio, gli schinieri dalle gambe 63; le punte di lancia, in prossimità della testa, erano collocate a fianco del deposto 64; non è chiaro se la spada pendesse dalla cintura o se fosse piuttosto sistemata lungo il fianco 65. Gli oggetti di ornamento personale, infine, erano probabilmente indossati dal defunto al momento della sepoltura 66. Sembra dunque di poter distinguere all’interno della tomba due diversi nuclei di organizzazione del materiale: la parte inferiore, ai piedi del defunto, appare riservata all’accumulo ed alla conservazione di beni, siano essi derrate alimentari o oggetti di prestigio, mentre diversa funzione sembra aver rivestito la zona sul lato lungo, dove si concentrano le forme indigene ed i vasi sono disposti in base alla dimensione. Cantaroide, brocca, askos, attingitoio e olla biconica, insieme alla coppa di tipo greco ed al kothon potrebbero aver avuto funzione specifica nell’ambito delle pratiche rituali connesse alla composizione del cadavere 67. In alcuni casi particolari, sono stati rinvenuti, al di sotto dei resti degli individui, porzioni di graticcio ligneo 68. Questo, insieme ad altri indizi, ha fatto supTT. 71, 83, 89 e 105, figg. 8-10 del presente contributo. TT. 35 e 39, figg. 5 e 9 del presente contributo; fa eccezione l’oinochoe della T. 146 che sembrerebbe essere collocata presso la testa, fig. 8 del presente contributo. 58 TT. 89 e 108, figg. 7 e 10 del presente contributo; Bottini 1981, figg. 51-52, T. 24. 59 Tre esemplari molto simili, a vernice nero-bruna parziale: T. 89, inv. 344504; T. 104, inv. 344626; T. 108, inv. 344686; figg. 7 e 10 del presente contributo. 60 T. 83, fig. 10 del presente contributo. 61 T. 105, fig. 8 del presente contributo 62 T. 89, fig. 10 del presente contributo. 63 T. 105, fig. 8 del presente contributo. 64 TT. 71, 89 e 105, figg. 8-10 del presente contributo. 65 T. 105, fig. 8 del presente contributo. 66 TT. 39 e 71, fig. 9 del presente contributo. 67 Una analoga concezione della disposizione spaziale degli oggetti di corredo all’interno della sepoltura sembra potersi cogliere anche in alcuni contesti funerari della necropoli di Chiaromonte, loc. Sotto la Croce, Russo Tagliente 1992-1993, fig. 55, T. 18; fig. 56, T. 24; fig. 57, TT. 22-23; fig. 59, TT. 21, 25; fig. 60, T. 39; fig. 61, T. 26; fig. 62, T. 31. Cfr. Bianco 1999, pp. 377-381, fig. 7, T. 96; fig. 5, T. 170; fig. 8, T. 205; Greci, Enotri e Lucani, p. 280, T. 76; p. 282, T. 102. Inoltre a Chiaromonte-S. Pasquale (Greci, Enotri e Lucani, p. 282, T. 227); e ad Alianello-Cazzaiola, Greci, Enotri e Lucani, p. 281, T. 500; Bianco, Tagliente 1985, fig. 39, T. 234. 68 Bottini 1981, p. 186. 56 57 Fig. 10. - In alto: tomba 83, in corso di scavo; in basso: tomba 89, in corso di scavo (Archivio Soprintendenza Basilicata). conico 56 . I vasi importati, specie quelli in bronzo, erano stipati in fondo, spesso uno sull’altro, sotto le gambe ripiegate del defunto. Era questa la modalità con cui, solitamente, venivano disposte, all’interno della fossa, le forme di tipo greco, anche quando fossero d’imitazione come le oinochoai di tipo rodio a decorazione matt-painted 57. Il cratere, quando presente, era posto vicino alle olle, con i vasi più grandi 58. Il kothon è attestato nelle sole tombe più tarde del gruppo E sempre in posizione significativa ai piedi del defunto 59. Anche la coppa, quando è presente in un unico esemplare, ricopre una posizione significativa: ai piedi, al SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it 50 Michele Scalici porre che i corpi dei defunti di elevato status sociale venissero deposti entro casse lignee, che avrebbero, in qualche modo, rivestito internamente la fossa. Lungo le pareti di alcune sepolture, infatti, si nota la presenza di una sorta di risega, ad una determinata profondità, che sembra indiziare l’invito di una copertura non conservata. Alla stessa interpretazione conduce l’osservazione e la modalità di rinvenimento di alcuni oggetti allineati ad una certa distanza dalla parete della fossa. Infine, sono stati rinvenuti numerosi chiodi e borchie, ancora fissate ai tenoni, funzionali, forse, all’intelaiatura lignea. La costruzione dell’impianto sepolcrale doveva dunque confi- gurarsi nel modo seguente: sul pavimento della fossa veniva predisposto un graticcio in legno sul quale era poi costruita la cassa con assi. Infine l’intercapedine tra la parete della fossa e la cassa veniva colmata. L’ipotesi, suggerita da Bottini, è confermata dal monumentale impianto delle TT. 64-65 69. Qui la posizione di rinvenimento degli oggetti, soprattutto delle kylikes, fa supporre che esse fossero state originariamente appese alle pareti della cassa mediante chiodi o funicelle. Il ritrovamento di alcuni grossi blocchi lapidei in superficie, ha fatto supporre l’esistenza di un tumulo che avrebbe coperto entrambe le sepolture che, in effetti, risultano molto vicine anche cronologicamente. La singolarità dell’impianto è evidente ed è forte la suggestione che le pareti interne della cassa potessero essere dipinte come le contemporanee sepolture di Poseidonia 70. Il quadro che si ricava dall’analisi dei contesti funerari di Ruvo è quello di una società caratterizzata da una forte connotazione identitaria, ma anche piuttosto aperta ai contatti con l’esterno. Le sepolture della necropoli mantengono infatti le medesime caratteristiche per un periodo piuttosto lungo (fig. 4, gruppi A-E). È probabile che la società fosse organizzata in piccoli gruppi residenti in insediamenti sparsi; alla guida della comunità doveva essere una classe emergente le cui funzioni, all’interno della società, non è possibile chiarire ulteriormente. Le fonti di sussistenza erano assicurate certamente dalla pastorizia e dalla caccia, probabilmente dalla guerra, ma soprattutto dal controllo del territorio. Il carattere guerriero, ben rappresentato dalle armi che 69 Bottini ha suggerito un possibile confronto con analoghi casi in ambiente celtico e anatolico, cfr. Bottini 1990, p. 11, nota 4. Cfr anche Bottini, Setari 2003, pp. 9-10, fig. 3. Una analoga sistemazione è immaginata anche per altri contesti funerari: T. 40 di Timmari, sul Piano di S. Salvatore, datata al 340-330 a.C. (mentre nelle TT. 33 e 4, con identica cronologia, l’intelaiatura avrebbe poggiato su uno zoccolo in pietra), M.G. Canosa, Una tomba principesca da Timmari, Roma 2007, pp. 27-29, 157-159, fig. 5; T. 15 di Roccagloriosa, M. Gualtieri, Rituale funerario di una aristocrazia lucana (fine V-inizio III sec. a.C.), in Italici in Magna Grecia, pp. 167-168; casse di dimensioni minori sarebbero state utilizzate tra V e IV sec. anche ad Eboli, M. Cipriani, Eboli preromana. I dati archeologici: analisi e proposte di lettura, in Italici in Magna Grecia, pp. 131133. 70 Vengono datate alla fine del V sec. a.C.: la T. 23 di Andriuolo (Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 85-86, 305), T. 110 di S. Venera (pp. 237, 368-369), T. 210 del Gaudo (scavi 1990, pp. 250, 377) e la T. 642 di Arcioni (scavi 1978, pp. 224, 360), T. 1 di Tempa del Prete (pp. 244, 371); ai primi anni del IV sec. le TT. 76 e 21 di Andriuolo (Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 87-89, 305-309), T. 109 di S. Venera (pp. 238, 370); a queste vanno probabilmente aggiunte tre tombe depredate da Spina Gaudo (Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 270-271, 392, T. 91/1986 e T. 83/1985) e Capaccio Scalo (scavi 1964, pp. 274-276, 392, T. 1), e la tomba Weege 38 (pp. 233, 367); cfr. Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 439, 449-451. Al primo quarto del IV sec. a.C. vengono datate: le TT. 11, 20, 88 e 102 di Andriuolo (Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 90-97, 309-314), T. 271 di Arcioni (scavo 1976, pp. 225-229, 360-362), T. 1-2 di Porta Aurea (pp. 230- 232, 365-366); cfr. Pontrandolfo, Rouveret 1992, pp. 440, 451-455. Cfr. inoltre le tombe dipinte di Gravina-Botromagno, datate genericamente nel corso della seconda metà del V sec. a.C. perché depredate, Ciancio 1997, pp. 69-79, figg. 89-103; in particolare le TT. 2 e 3 (scavo 1994, pp. 74-79, figg. 96-103, sito 14). Per la tomba c.d. “dell’uovo di Elena”, datata al 430-420 a.C., ved. A. Bottini, Elena in Occidente: una tomba dalla chora di Metaponto, «BdA» LXXIII, 50-51 1988, p. 1, tav. I b. Sulle tombe dipinte in Italia meridionale in generale ved. G. Gadaleta, La Tomba delle Danzatrici di Ruvo di Puglia, Napoli 2002, pp. 109133 con ampia bibliografia sull’argomento, in particolare a p. 112, nota 16. Fig. 11. - Distribuzione degli oggetti all’interno delle sepolture (elaborazione M. Scalici). SIRIS 10,2009. Studi e ricerche della scuola di specializzazione in Archeologia di Matera - © 2011 · Edipuglia s.r.l. - www.edipuglia.it Ruvo del Monte. La necropoli in Emiliano loc. S. Antonio. Cruccas Nuovi dati e prospettive di ricerca 51 accompagnavano i corredi maschili, non sembra essere mai venuto meno. L’appartenenza di questa comunità all’ethnos nord-lucano è sottolineata oltre che dal tipo di decorazione subgeometrica e dalla deposizione rannicchiata dei corpi, dalla ricorrenza della nestoris come vaso rituale. Questa forma trova proprio a Ruvo una delle sue più significative attestazioni. La continuità d’uso e l’evidente insostituibilità di questo oggetto sembrano testimoniare una deci- sa affermazione di autonomia politica rispetto alle culture delle aree circostanti71. Non appare casuale che all’interno delle tombe vi siano rarissimi elementi dauni, a differenze di quanto avviene nella vicina Ripacandida72. Al contrario la presenza sistematica di olle tipiche della cultura di Oliveto Citra - Cairano, almeno fino al terzo quarto del V sec. a.C., richiama l’attenzione su possibili rapporti politici e parentelari tra i centri di Ruvo e Calitri73. 71 Sul carattere “identitario” che certi oggetti possono rivestire e sul concetto di emblemic style cfr. P. Wiessner, Style and Social Information in Klahari San Projectile Points, «American Antiquity» XLIX 1983, pp. 253-276; Style and Changing Relations Between the Individual and Society, in I. Hodder (a cura di) The Meaning of Things: Material Culture and Symbolic Expression, London-New York 1989, pp. 56-63. Cfr. anche J.M. Hall, The Creation and Expression of Identity. The Greek World, in E. Alcock, R. 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