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MAriA BArBArA Guerrieri Borsoi LA COSTRUZIONE E DECORAZIONE DELLA CHIESA DI S. MARIA ASSUNTA A ROCCA DI PAPA NEL XVIII SECOLO Le fonti Le vicende della chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa sono complesse e si articolano in almeno tre fasi. Questo contributo vuole ricostruire l’assetto settecentesco dell’edificio sacro, quasi completamente distrutto nel 1814, sulla base di una pluralità di fonti documentarie. Innanzi tutto, sono stati esaminati numerosi atti conservati presso la chiesa stessa, di varia natura.1 Del massimo interesse è un volume intitolato Libro de sindacati del deposito dei Luoghij Pij di Rocca di Papa [1706-1788] che contiene gli introiti e gli esiti dei vari enti religiosi connessi alla parrocchia, i cui fondi furono usati per la costruzione della nuova chiesa.2 Tale prezioso testo fu certamente visto, probabilmente nel XIX secolo, da qualcuno che ne trasse degli stralci, contenuti in altro faldone, e verosimilmente da questa fonte incompleta derivano le poche e spesso non chiare notizie filtrate nella bibliografia.3 Ulteriori documenti conservati presso la parrocchia sono di tipo amministrativo e ampliano la possibilità di comprendere gli eventi. Rivolgo un ringraziamento particolare al parroco, padre Xavier Poovakulam per avermi permesso di studiare questo materiale, agevolando con grande disponibilità il mio lavoro. Ringrazio altresì Carlo M. Guarinoni per avermi fornito vari testi utili allo studio e, con grande generosità, alcune delle immagini qui riprodotte. 2 Si precisa meglio la natura della documentazione conservata in chiesa all’inizio dell’Appendice documentaria. APRDP (= Archivio pArrocchiAle roccA di pApA), Libro de sindacati del deposito dei Luoghij Pij di Rocca di Papa [1706-1788], senza collocazione; se ne veda una trascrizione parziale nella Appendice documentaria I. 3 APRDP, Scatola I, fasc. del XIX secolo. 1 Archivio della Società romana di storia patria, vol. 145 (2022), pp. 225-266 226 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Altra fonte molto significativa è un piccolo manoscritto, datato 1832, redatto dal canonico Pietro Santovetti (1794-1879) e dedicato alla cittadina dove era radicata la sua famiglia e lui stesso era nato, oggi conservato presso la Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Grottaferrata.4 Questo testo, pur non essendo totalmente inedito, è certamente poco conosciuto e non adeguatamente valorizzato. Lo consultò Celestino Piccolini e ne fece maggior uso Corrado Ricci, che lo vide presso gli eredi della famiglia, utilizzandolo per un saggio dedicato all’intero centro di Rocca di Papa, nel quale la chiesa arcipretale era trattata in modo necessariamente sintetico.5 Il testo di Santovetti non è sempre esaustivo, né totalmente corretto, ma, accostato all’esame della documentazione conservata in loco, risulta particolarmente utile. L’antefatto seicentesco La prima fase storica della basilica che ci interessa ebbe inizio nel 1664 quando il cardinale Girolamo Colonna fece gettare le fon4 P. sAntovetti, Memorie Istoriche Sacre e Profane del Castello di Rocca di Papa raccolte nel 1832, Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Grottaferrata, Crypt. It. 98 (il testo fu aggiornato anche posteriormente). Se ne veda una trascrizione parziale nell’Appendice documentaria III. Per l’autore e i suoi scritti si veda M.B. Guerrieri Borsoi, Il canonico Pietro Santovetti e i suoi manoscritti dedicati a Frascati, in Bollettino della Unione Storia ed Arte, 14 (2019) pp. 23-32. Dopo la consegna di questo studio una parte del manoscritto di Santovetti, relativa ai fatti ottocenteschi, è stata usata da R. GAttA, Del tempo e modo con cui si principiò a riedificare la chiesa parrocchiale di Rocca di Papa sino al punto che fu terminata, in Castelli romani, LXII (2022), pp. 114-118. 5 C. piccolini, Sul Monte Albano nel centro del Lazio: guida storica, Roma 1906, p. 23 per il proprietario del manoscritto, pp. 60-62 per la chiesa; C. ricci, Rocca di Papa. Appunti d’arte e di storia, in Roma rivista di studi e di vita romana, 4 (1926), pp. 531-539, in particolare pp. 536-539 (riedito come opuscolo a sé stante con uguale titolo, Roma s.a). Ricci, viste le affermazioni riportate, aveva consultato anche qualche documento dell’archivio parrocchiale. Tra le pubblicazioni successive sulla chiesa si vedano almeno L. de AnGelis, Rocca di Papa. Notizie storico-religiose e artistiche, s.l. 1968; C.M. GuArinoni, Le chiese parrocchiali di Rocca di Papa, Rocca di Papa 1998, pp. 37-176, con ottime illustrazioni; M. sABA, Rocca di Papa Belvedere di Roma tra storia, arte e natura, Rocca di Papa 2003, pp. 70-83. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 227 damenta di un nuovo edificio, destinato a sostituire la chiesa precedente, chiamata S. Maria degli Angeli. Si trattava di un edificio piuttosto piccolo e assai irregolare, posto sulla sommità dell’abitato, che conosciamo grazie a due planimetrie redatte proprio da Pietro Santovetti, una conservata nel manoscritto anzidetto e l’altra resa nota un secolo fa da Ricci.6 Si tenga presente che, per esplicita dichiarazione dell’autore, esse derivano dalle descrizioni delle Visite vescovili poiché, ai suoi tempi, l’edificio era scomparso e in particolare trasse le informazioni da quella del 1703.7 Tale chiesa aveva quattro altari - il maggiore dedicato al Salvatore, quelli di San Carlo e della Madonna del Gonfalone posti nella navata destra e l’ultimo, della Madonna del Rosario, in quella antistante una piccola sagrestia ricavata nel corpo stesso della struttura e un’abside sporgente. Soprattutto, con riferimento a quanto qui discusso, aveva un arredo di valore che fu in parte trasferito nel nuovo edificio sacro, come si vedrà in seguito. L’interesse e varietà dei dipinti che vi erano conservati ha reso opportuna la trascrizione della descrizione ad essi relativa nell’Appendice documentaria III. L’interessamento del cardinale Colonna per la realizzazione di una nuova chiesa aveva una duplice motivazione, poiché il paese apparteneva alla sua famiglia ed egli era vescovo di Frascati, diocesi nella quale era - ed è ancora - compresa Rocca di Papa. Purtroppo, il cardinale scomparve pochi anni dopo, nel 1669, e i lavori si bloccarono completamente. Li aveva seguiti l’architetto di famiglia Antonio sAntovetti, Memorie cit., disegno tra le cc. 73 e 74. Il disegno riprodotto da ricRocca di Papa cit., p. 534 conservato nella «Cancelleria Vescovile di Frascati», è evidentemente opera di Santovetti per la similitudine dell’impostazione grafica e della scrittura; non è stato possibile rintracciarlo. 7 ADF (= Archivio diocesAno di FrAscAti), Curia vescovile Visite Pastorali, Visita arcivescovo F.M. d’Aste 1703, cc. 928-956. Ho esaminato questo fondo, che comprende visite apostoliche e visite ad limina, dal 1636 al 1761. La chiesa è analizzata con cura anche nella Visita del cardinale Francesco del Giudice del 1721-1722: M. chiABò - l. roBerti, Diocesi di Tuscolo, in M. chiABò - c. rAnieri - l. roBerti, Le diocesi suburbicarie nelle “Visite ad Limina” dell’Archivio Segreto Vaticano (Collectanea Archivi Vaticani, 22), Città del Vaticano 1988, pp. 289-362, p. 317. Di tale Visita esiste una fotocopia con traduzione ad opera di padre L. Razza in ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale F. del Giudice 1723, cc. 64-95. 6 ci, 228 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Del Grande († 1679), come attestano vari documenti, mentre mancano testimonianze iconografiche del progetto intrapreso.8 Come era comunque prevedibile anche la comunità locale si impegnò per questa realizzazione e la «Compagnia del Sagramento» contribuì con la somma di quasi 500 scudi.9 L’avvio dell’impresa Di fatto nel paese si continuò ad officiare nella chiesa precedente sempre più fatiscente - crollò nel 1747 - ed era ormai assolutamente necessario erigerne una nuova. Qualche azione preliminare fu intrapresa dal cardinale Lorenzo Corsini, vescovo di Frascati (1725-1730), poi divenuto pontefice con il nome di Clemente XII, perché in una supplica del 1731 diretta a Filippo Colonna si accenna al fatto che, su richiesta del porporato, il sito era stato fatto riconoscere allo scopo.10 Un ulteriore documento precisa che in quegli anni si era fatto fare un computo delle entrate disponibili per la costruzione, derivanti dalle rendite dei luoghi [enti] pii, che aveva dato un risultato di 200 scudi annui, in realtà rivelatosi errato per eccesso.11 Certamente il problema finanziario fu enorme e la comunità non solo utilizzò tutte le proprie modeste rendite e sopportò una maggiore tassazione, ma ricorse ad alcuni prestiti, nonostante i consistenti aiuti di vari importanti personaggi. Secondo la Visita promossa dal cardinale Pietro Ottoboni a Rocca di Papa vivevano nel 1730 solo 1.209 persone, una comunità veramente piccola.12 È ammirevole che una cittadinanza così esigua e non particolarmente benestante abbia avuto il coraggio di intraprendere 8 l. MAGGi, Antonio Del Grande per un “altro” Seicento romano, Roma 2006, pp. 30, 199-200, con documenti. 9 sAntovetti, Memorie cit., c. 83. La Compagnia era una confraternita. 10 G. toMAssetti, La Campagna romana antica, medioevale e moderna, ed. aggiornata a cura di L. Chiumenti - F. Bilancia, Firenze 1979, IV, p. 501. 11 APRDP, Scatola II, 30 luglio 1731 lettera di Gio. Maria Toietti. 12 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale P. Ottoboni 1730, c. 102v; qui, a c. 58, si ricorda che sono ripartiti i lavori di costruzione della nuova chiesa. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 229 Fig. 1 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, seconda cappella a destra, Stele dell’arciprete Pietro Santovetti, 1831. un’impresa tanto complessa e costosa che ne assorbì tutte le risorse per oltre un secolo. L’iniziativa della effettiva ricostruzione sembra essere ripartita ad opera dell’arciprete Pietro Santovetti (c. 1704-1773) (Fig. 1), omonimo antenato dell’estensore delle memorie, che nel 1730 assunse la sua carica e subito si attivò per la costruzione della struttura.13 Alcune notizie sull’arciprete sono in sAntovetti, Memorie cit., cc. XCVII-XCVIII: Pietro senior, figlio di Giovanni Maria e Cecilia Blasi sposati nel 1702, come da 13 230 Maria Barbara Guerrieri Borsoi È però ovvio che il religioso non avrebbe potuto avviare l’impresa se non avesse potuto contare sull’aiuto del cardinale Pietro Ottoboni, vicecancelliere della Chiesa nonché vescovo tuscolano dal 1730 al 1734.14 Nel manoscritto di Santovetti si legge infatti che «L’Arciprete Pietro Santovetti si mise nell’impegno di riassumere la fabrica sulle fondamenta gettate dal Sig. E.mo Colonna, con l’intelligenza dell’E.mo Card. Ottoboni Vesc. Tusc., e si principiò ad ufficiare la chiesa nel 1742».15 Naturalmente si decise di sfruttare il lavoro già fatto di terrazzamento e realizzazione di parte delle fondamenta, ma uno dei tanti ostacoli da superare consistette nel liberare il sito da alcune strutture che vi si erano nel frattempo installate senza autorizzazione. Un documento del 1732, ad esempio, informa sull’acquisto di una casa confinante con «la chiesa novamente fabricata», alloggio che doveva essere demolito «per servizio della fabrica di detta nova chiesa».16 Gli architetti, le maestranze e la costruzione Ricci afferma che il primo progetto sarebbe stato redatto dall’architetto Pietro Passalacqua (1690-1748), mentre Santovetti ricorda esclusivamente Domenico Gregorini (1692-1748).17 albero genealogico, divenne sacerdote nel 1728 e arciprete nel 1730. Sul monumento che lo ricorda si legge: d.o.M / petro sAntovetti / huius pAroch. eccl. ArchipresBitero / Ac vicArio ForAneo / philosoph. et theol. doctori / tusculAnAe synodus exAMnAtori / puellAruM Asceterii / suA AlioruMque ope. FundAtori/ xliii Annis sinGulAri viGilAntiA / pAstoris et pAtris noMen proMerenti / repentino MorBo correpto / die xxix MAj Mdcclxxiii Aet. lxix / nicolAus nepos AMAntissiMus / hoc MonuMentuM posuit A. Mdcccxxxi. Si veda inoltre P. FrAGnelli, “Carità operativa” e cure d’anime. Nelle lettere di Giovanni Battista De Rossi 1730-1744, in Ricerche per la storia religiosa di Roma, 7 (1988), pp. 289-330. 14 Molto amplia la bibliografia sul cardinale, che non ha però riservato particolare attenzione al suo rapporto con la chiesa in questione. 15 sAntovetti, Memorie cit., c. 85. 16 ASR (= Archivio di stAto di roMA), Archivio Notarile di Frascati, G. Trovalussi, vol. 348, cc. 80, 91, in data 8 ottobre 1732; inoltre ivi, t. 349, cc. 115, 143, in data 25 agosto 1747: atto relativo a del terreno acquisito per la chiesa dal quale si ricavava la pozzolana per la costruzione. 17 ricci, Rocca di Papa cit., p. 535; sAntovetti, Memorie cit., c. 83. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 231 Il Libro de sindacati permette di appurare meglio gli eventi. Il 15 giugno 1731, cioè prima ancora che si avviasse qualunque azione concreta per la nuova costruzione, si pagarono sedici scudi ad Alessandro Del Grande «per le piante, o disegnio dato per la fabrica della Nova Chiesa per ordine dell’Ill.mo Can. Venturini uditore dell’Ecc. mo Ottoboni». Il beneficiario del bonifico era un architetto, di cui conosciamo l’attività almeno dal 1697, ma è impossibile pensare che tali disegni siano suoi, quanto piuttosto di Antonio Del Grande, che potrebbe essere stato suo nonno. Sappiamo che Antonio ebbe tre figli e possediamo qualche notizia su Niccolò Ludovico che ereditò alcuni dei suoi incarichi,18 cosicché Alessandro potrebbe essere figlio di quest’ultimo. Perché si vollero questi disegni? Essi servivano a meglio comprendere il lavoro già fatto o a suggerire una possibilità per quello da portare avanti? A queste domande non è possibile dare risposta, ma certamente le fondazioni, almeno in parte preesistenti, come si ricava anche da altra documentazione, devono aver condizionato la progettazione. Secondo il Libro de sindacati il lavoro cominciò nel settembre del 1731 e i primi pagamenti furono per comprare e «smorzare» la calce, estrarre la pozzolana, spianare il sito, condurre l’acqua predisponendo i necessari condotti, accumulare pietre e legname.19 Nel novembre del 1731 fu emesso un piccolo pagamento a «Pietro Passalacqua per vittura del calesse per essersi portato il medesimo a piantare li due ultimi piloni da riempirsi» e l’architetto è citato nuovamente una sola altra volta, circa un anno dopo. Per tutte le notizie derivanti da questo volume si veda l’Appendice documentaria I. MAGGi, Antonio Del Grande cit., pp. 28, 30; secondo lo studioso Niccolò sarebbe nato dopo il 1657, poiché non è citato da una fonte di quell’anno. Su Alessandro Del Grande si veda T. MAnFredi, in In Urbe architectus. Modelli, Disegni, Misure. La professione dell’architetto Roma 1680-1750, Catalogo della mostra a cura di B. Contardi - G. Curcio, Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 12 dicembre 1991- 29 febbraio 1992, Roma 1991, p. 349. 19 Proprio nel 1731 anche il principe Colonna concesse acqua e materiali per la costruzione della chiesa: toMAssetti, La Campagna romana cit., IV, p. 502; secondo un documento nell’aprile del 1732 la chiesa era «fuora dai fondamenti». Non è stata condotta alcuna ricerca nell’Archivio Colonna a Subiaco. 18 232 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Già nell’aprile del 1732 l’architetto Gregorini si recò sul cantiere, come fece molte altre volte successivamente; nel marzo 1733 ricevette un pagamento di 30 scudi «a conto delli disegni et assistenza prestata», a cui ne seguirono altri, con saldo alla fine del 1741.20 Un soprastante alla fabbrica, mastro Marco Brinzanti, regolarmente stipendiato, iniziò a lavorare a partire dall’aprile del 1732 e dobbiamo immaginare che in quel momento si sia cominciato a costruire, nella fattispecie le fondamenta, di cui è conservata una misura precisa.21 Un progetto, dunque, dovette essere redatto al più tardi nell’autunno del 1731, certamente condizionato dal lavoro già eseguito nel Seicento. Questa ideazione uscì dallo studio di Gregorini e Passalacqua che, come è ben noto, avevano un rapporto di stretta collaborazione, ma la menzione reiterata di Gregorini, con esplicito riferimento ai disegni, fa pensare che egli si sia più attivamente occupato del lavoro. Naturalmente i due progettisti furono coinvolti su indicazione del cardinale Ottoboni, che avevano già servito in altre occasioni.22 Il problema della scarsa disponibilità di denaro fu parzialmente risolto nell’estate del 1734 con l’imposizione di una nuova tassa.23 Subito dopo si assistette, infatti, ad una accelerazione dei lavori, innanzi tutto con la chiamata di due nuovi capomastri, Paolo Stambrini e Giacomo Ingami, i cui nomi erano stati ricordati in modo incompleto da Santovetti.24 20 Oltre al Libro de Sindacati si veda anche APRDP, Scatola I, fasc. XIX secolo. Qui si afferma anche che «nel 1731 fu fatto il disegno e incominciata a smorzare la calce ed incominciati a farci i fondamenti nel 1732». APRDP, Scatola I, fasc. Nota della misura ed altri ricordi della fabrica di ques.a nova Chiesa [contiene tra l’altro la misura delle fondamenta]. Gregorini figura anche nella primavera del 1732 come procuratore del capomastro Francesco Baraini: APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 1730-1749. 21 APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 1730-1749. I nomi di capomastri e soprastanti che si trovano nei documenti sono numerosi, ma questo è tra i più significativi. 22 Per la cospicua bibliografia su questi architetti rimando in forma essenziale a T. MAnFredi, Passalacqua Pietro, in Dizionario Biografico degli Italiani, 81, Roma, 2014, pp. 614-617; C. vArAGnoli, Gregorini Domenico, in Dizionario Biografico degli Italiani, 59, Roma, 2002, pp. 94-96. 23 APRDP, Scatola I. 24 sAntovetti, Memorie cit., c. 85; citati anche da ricci, Rocca di Papa cit., p. 536. Il nome del secondo capomastro figura in molti modi diversi. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 233 L’informazione è di grande interesse perché si tratta di due importanti costruttori che risultano associati in cospicue realizzazioni a Roma proprio negli anni Trenta e in particolare si possono ricordare la facciata di S. Giovanni in Laterano, per la quale percepirono oltre 170.000 scudi, e la chiesa del Bambin Gesù, alla quale i due soci fecero addirittura delle donazioni.25 Anche questa scelta di chiamare noti mastri romani indica che la chiesa di Rocca di Papa era considerata un cantiere particolarmente significativo, non certo gestito solo da un arciprete del posto. La scelta dovette essere orientata su di loro dal cardinale Pietro Marcellino Corradini, nuovo vescovo tuscolano (1734-1743), che dette anche un contributo in denaro per la realizzazione dell’opera.26 I patti con i nuovi capomastri furono sottoscritti il 28 maggio 1735 e prevedevano innanzi tutto di coprire la fabbrica, per evitare danni alle strutture già realizzate, e completarla secondo il disegno del cavaliere Domenico Gregorini. Il contratto fu per la sola manifattura, cioè con materiali messi a disposizione dalla controparte, e sarebbero stati pagati 250 scudi l’anno a partire dal dicembre successivo, sino all’esaurimento del credito.27 Le pietre furono in parte reperite prendendole da strutture crollate, anche grazie all’incitazione e all’esempio di padre Leonardo da Porto Maurizio, intervenuto nel 1735.28 Nell’agosto di quell’anno erano state già «armate» tutte le volte, quindi quando Stambrini e Ingami intervennero la chiesa era arrivata sino all’imposta della copertura.29 In questa sede non è possibile ricostruirne per intero l’operato e mi limito ad indicare la fonte per le notizie riportate: J. GArMs, Il Bambin Gesù, (Le chiese di Roma illustrate, 135), Roma 1979, pp. 19, 26; F. cerroti, Lettere e memorie autografe ed inedite tratte da manoscritti della Corsianiana, Roma 1860, p. 41; F. nevolA - v. pAlMer, Il palazzo della Consulta e l’architettura romana di Ferdinando Fuga, Roma 2004, pp. 29, 53. Il ricco Stambrini morì il 6 novembre 1749: P. coen, Il mercato dei quadri a Roma nel diciottesimo secolo: la domanda, l’offerta e la circolazione delle opere in un grande centro artistico europeo, Firenze 2010, I, p. 124. 26 Appendice documentaria I (cc. 63, 66). 27 Appendice documentaria II; si veda in seguito per i cambiamenti relativi ai pagamenti. 28 sAntovetti, Memorie cit., c. 86. 29 APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 1730-1749, ricevuta in data 31 agosto 1735. 25 234 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Il 6 agosto 1735 fu stipulato un censo del valore di 700 scudi tra i costruttori e l’arciprete, cioè i capomastri finanziarono la costruzione stessa a fronte del pagamento di un interesse.30 I lavori dovettero procedere abbastanza celermente perché nel novembre 1738 si stuccarono i pavimenti e nel maggio 1741 furono pagate tutte le vetrate della chiesa.31 Nel dicembre del 1742 arrivò dal Collegio dei Gesuiti di Frascati un tabernacolo, verosimilmente per l’altar maggiore, e secondo Santovetti, proprio in quell’anno si cominciò ad officiare nella chiesa,32 i cui lavori sarebbero dunque durati complessivamente circa dieci anni. La situazione statica dell’edificio si rivelò subito precaria, e il problema perdurò nei decenni successivi. Infatti, un atto degli anni Cinquanta ricorda che Gregorini aveva stimato i lavori dei capomastri come pari a scudi 4.268, ma essi ne avevano ricevuti solo 2.618. Ciò nonostante, gli amministratori della costruzione contestavano agli appaltatori i danni patiti dalla fabbrica, piuttosto ingenti visto che il loro valore fu calcolato in 900 scudi. Naturalmente, Stambrini e Ingami imputarono tali problemi al lavoro eseguito all’inizio della costruzione, cioè nelle fondazioni e quindi non per loro colpa. Anche a seguito di un intervento dell’architetto Giovanni Francesco Fiore, mandato dal cardinale Giovanni Antonio Guadagni, vescovo di Frascati (1750-1756), si arrivò ad un compromesso per cui i costruttori si accollarono metà del presunto danno ottenendo però di ricevere il saldo di 1.200 scudi, seppur in rate di 100 scudi ogni dodici mesi con un interesse del 2,90%, ma soprattutto si garantirono che la controparte non potesse chiedere ulteriori risarcimenti.33 Non è possibile capire esattamente in cosa consistettero questi danni, ma certamente dal 1751 al 1753 si fecero pagamenti per lavori alla facciata e si rinforzarono dei piloni.34 30 APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 1730-1749, la prima ricevuta in cui si trova riferimento a questo fatto è in data 2 settembre 1741 con Paolo Stambrini. Il pagamento di questi frutti è registrato per molti anni a seguire, in favore degli interessati e degli eredi. 31 Appendice documentaria I; inoltre APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 17301749, ricevute del 7 novembre 1738 e del 16 maggio 1741; Scatola I, fasc. XIX secolo. 32 Appendice documentaria I (c. 76). sAntovetti, Memorie cit., c. 85. 33 Appendice documentaria II. 34 Appendice documentaria I (cc. 85 e successive). Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 235 È possibile che Fiore (1709-1784) abbia dato anche qualche idea per questo intervento, poiché nel 1753 ricevette uno specifico pagamento di 10 scudi «per la sua assistenza prestata nel ristauramento della facciata della Chiesa». Verosimilmente questo professionista fu coinvolto per volontà del cardinale Guadagni che lo incaricò della ristrutturazione della vicina Abbazia di Grottaferrata, avvenuta proprio in questi anni.35 Nella primavera del 1754 fu fatto un consuntivo dei costi sostenuti e risultò che la spesa complessiva per la costruzione della chiesa era stata molto ingente, ascendendo a circa 14.000 scudi che erano stati reperiti in più modi.36 Oltre a quanto già detto, è opportuno evidenziare che due donativi di 500 scudi ciascuno furono disposti da Clemente XII nel 1732 e 1733 sui proventi del lotto.37 Inoltre, fu anche alienata una tavola dipinta raffigurante San Matteo, che era stata fatta eseguire dall’arciprete Antonio Sambuca nella seconda metà del XVI secolo, proveniente dalla chiesa di S. Maria degli Angeli. È stato possibile rintracciare l’atto di cessione rogato con il notaio Modesto Janari il 7 febbraio 1749, tra l’arciprete Santovetti e Crisante Maria Coti per la vendita della tavola di palmi 8x4,5, raffigurante l’evangelista, un angelo e Dio Padre del valore di 200 scudi.38 In realtà l’opera arrivò al cardinale Silvio Valenti Gonzaga, tanto da essere visibile nel quadro di Giovan Paolo Panini a Hartfort che illustra la collezione del porporato ed è datato al 1749.39 Il dipinto con San Matteo, oggi allo Appendice documentaria I (c. 92v). Su di lui si veda T. MAnFredi, in In Urbe architectus cit., pp. 366-368, che però non fa riferimento al lavoro a Grottaferrata, concluso nel 1754. 36 Appendice documentaria I (cc. 93v-94). 37 nevolA - pAlMer, Il Palazzo della Consulta cit., pp. 34, 415 (con riferimento ai fondi del lotto); Utile distribuito dalla Santità di nostro Signore papa Clemente XII, Roma 1734, p. n.n. Parte dei fondi per la costruzione della chiesa derivarono da una apposita tassazione gravante sui beni esportati dal paese e contribuirono anche i Colonna. 38 ASR, Archivio notarile di Frascati, Modesto Janari, vol. 613, cc. 87, 118. Inoltre, Appendice documentaria I (c. 85). 39 R. Morselli, Un Museo tra ragione e illusione. “La Galleria de’ quadri” del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, in Ritratto di una collezione. Pannini e la Galleria del Cardinale Silvio Valenti Gonzaga, Catalogo della mostra a cura di r. Morselli - R. Vodret, Mantova, Palazzo Te, 6 marzo - 15 maggio 2005, Ginevra-Milano 2005, pp. 11-44, p. 27. 35 236 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Statens Museum for Kunst di Copenhaghen, già attribuito a Perin Del Vaga, è stato convincentemente restituito a Girolamo Siciolante.40 Una lunga iscrizione del 1754 ricordava la complessa genesi della chiesa, i benefattori intervenuti e la consacrazione celebrata il 6 ottobre 1754.41 In concomitanza con la fase conclusiva di questa lunga vicenda, a pochi passi dalla chiesa rinnovata, fu anche eretta una fontana parietale, dalla quale la popolazione avrebbe potuto più comodamente rifornirsi di acqua, generosamente concessa dai Colonna che sostennero altresì una parte del costo di costruzione.42 Una descrizione della basilica alla fine dei lavori, fornita dallo stesso arciprete Pietro Santovetti, si trova nella Visita del vescovo tuscolano Camillo Paolucci del 1759 e vi si legge che «la forma, e struttura [della chiesa] è di ovato bislongo, alta, e vaga, con volta a schifo».43 Sebbene non si conosca una planimetria settecentesca dell’edificio, Claudio Varagnoli ha ipotizzato che l’«ovale bislongo» citato anche dal canonico Santovetti (c. 86) possa essere stato in realtà un rettangolo con angoli concavi confrontabile con altre creazioni di Gregorini, quale ad esempio l’oratorio del SS. Sacramento di S. Maria in Via, ove lavorò su chiamata dell’Ottoboni.44 Rimandando ad altra occasione la presentazione delle vicende successive al crollo del 1814, si anticipa qui l’analisi dell’unica testimonianza iconografica attualmente nota che possa darci un’idea parziale della planimetria settecentesca (Fig. 2). Si tratta di un disegno firmato da Pietro Bracci, non datato, che evidenzia chiaramente cosa A. ulisse, Una proposta per Siciolante, in Horti Hesperidum, IV (2014), I, pp. 57-75. Per l’epigrafe: sAntovetti, Memorie cit., c. 85; toMAssetti, La Campagna romana cit., IV, p. 503. Per la consacrazione si veda anche APRDP, Scatola I, fasc. XVIII secolo. 42 M.B. Guerrieri Borsoi, La fontana settecentesca di Rocca di Papa, in Castelli Romani, LXI (2021), 5, pp. 131-133. 43 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale C. Paolucci 1759, I, cc. 422-426v «risposte alli quesiti dell’Istruzzione Pastorale sopra la Sag. Visita», c. 423 per la citazione; i dati qui contenuti sono riecheggiati nel ms. del canonico Santovetti. 44 C. vArAGnoli, S. Croce in Gerusalemme: la basilica restaurata e l’architettura del Settecento romano, Roma 1996, p. 80, nota 195 p. 94; C. vArAGnoli, Rocca di Papa, in Lazio/1. Provincia di Roma, a cura di B. Azzaro - M. Bevilacqua - G. Coccioli - A. Roca De Amicis (Atlante del Barocco in Italia), Roma 2002, pp. 204-205. 40 41 Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 237 Fig. 2 - Roma, Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte, Fondo Lanciani (Roma XI 35, n. 21), Pietro Bracci, Pianta della chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa. 238 Maria Barbara Guerrieri Borsoi fosse sopravvissuto dell’edificio precedente, segnando le murature in nero, rispetto a quello che egli voleva fare ex novo, colorato in rosa.45 Quanto indicato permette di constatare che la chiesa originaria presentava tre cappelle rettangolari di pari grandezza separate da pilastri molto robusti, ciascuno decorato da due lesene verso la navata. Le cappelle più vicine alla controfacciata erano ad essa collegate per mezzo di una muratura lievemente concava, la cui curvatura fu accentuata, che venne riecheggiata modificando robustamente i pilastri prima dell’aggiunto transetto. Nulla di certo si può affermare, invece, relativamente alla zona presbiteriale, salvo che essa doveva riproporre in forma speculare ai lati dell’abside la curvatura presente tra le cappelle e la controfacciata, creando «l’ovale» di cui parla la fonte settecentesca.46 La facciata originaria fu completamente trasformata nell’Ottocento, anche se il muro che la costituiva era rimasto in piedi. Essa era piana e presentava due sole semicolonne, nonché un grande finestrone che fu murato.47 Sempre la pianta di Bracci evidenzia la presenza, a quella data, di due campanili, ma in origine ne esisteva solo uno, certamente già costruito nel 1737, allorché vi fu collocato l’orologio, che nel 1748 fu imbiancato e decorato. I lavori costruttivi del secondo campanile avvennero dal 1767 al 1772.48 Sulla destra della facciata attuale si nota la 45 Biblioteca dell’Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte, Fondo Lanciani, Roma XI 35, n. 21. Il disegno non è stato mai analizzato in rapporto alla chiesa ma citato più volte; si veda M. tABArrini, Palmucci Domenico, in Architetti e ingegneri a confronto, II L’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, a cura di E. Debenedetti (Studi sul Settecento Romano, 23), Roma 2007, pp. 283-287, p. 286. 46 Per una diversa ipotesi ricostruttiva dell’edificio antico, a mio avviso non corretta, si veda il breve studio di C. BottiGliA - G. diAMente - M. intrieri, La chiesa arcipretale dell’Assunta a Rocca di Papa (1664-1993), realizzato per il corso di Restauro architettonico I con il prof. G. Spagnesi, Università La Sapienza di Roma, a.a. 1992-93, (che ho potuto leggere grazie alla cortesia di C.M. Guarinoni); le tre autrici conoscevano una parte molto limitata dei documenti sulla chiesa e non esaminarono la pianta di Bracci. Tale studio è ricordato in C.M. GuArinoni, Le chiese cit., p. 48. 47 Questa notizia è in ASR, Presidenza di Roma e Comarca. Titolo VII, busta 1313, cc. n.n., in un fascicolo intitolato Conto e misura dei lavori eseguiti in Rocca di Papa in prosecuzione della incominciata Chiesa […] a tutte spese di Luigi Righini […] ottobre 1830. 48 APRDP, Libro de sindacati, tra l’altro cc. 67, 83, cc. 106v-112 per il nuovo campanile; Scatola II, fasc. Ricevute 1750-1810, nell’ottobre 1767 si lavora al «novo campanile». Non ho esaminato gli eventi successivi a questa data. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 239 sopravvivenza di alcuni capitelli di disegno settecentesco che potrebbero risalire alla struttura precedente al terremoto e al conseguente crollo. Gli altari, il patronato e l’arredo Oltre al presbiterio nella chiesa c’erano sei cappelle che furono fatte decorare da famiglie benestanti del paese e consacrate in tempi diversi. Come detto, vi fu trasportata una parte degli arredi dell’edificio preesistente, soprattutto quadri ai quali si attribuiva notevole valore, cosicché solo tre dipinti d’altare della nuova chiesa furono eseguiti ex novo. La presentazione che segue si basa sulla traccia del canonico Santovetti, ma bisogna considerare anche quanto ricavabile dalle Visite dei cardinali di Frascati, la cui finalità, però, non era quella di descrivere gli arredi, ma mirava ad evidenziare eventuali carenze da correggere. Secondo la relazione della Visita del 1750 le cappelle della chiesa non erano ancora perfezionate e arredate e sono citati gli altari di San Carlo (con un dipinto ovale di San Francesco di Paola), Santa Maria del Rosario, San Vincenzo Ferreri, Santissima Concezione (con una tela dedicata a San Luigi Gonzaga).49 Invece, le Visite del 1756 e 1759 delineano una sistemazione ormai ben definita dell’interno dell’edificio, fondamentalmente coincidente con quella riproposta da Santovetti (Tab. 1). Presbiterio San Carlo Borromeo Biagio Testa Salvatore Pietro Santovetti senior Madonna del Rosario Domenico Pomponio Pompa San Vincenzo Ferrer Cesare Zitelli Santo Antonio Abate Francesco Tinozzi Battistero Tab. 1 - Dedicazione delle cappelle nel secolo XVIII, con i patronati, come indicato da sAntovetti (1832) ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale G.A. Guadagni, 1750, cc. 23-24; si veda anche chiABò - roBerti, Diocesi di Tuscolo cit., p. 323. 49 240 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Le tre cappelle di destra erano dedicate, dall’ingresso verso il presbiterio, al Battistero, a San Vincenzo Ferrer e al Salvatore.50 Nel primo vano fu collocata una vasca di marmo che nella chiesa precedente serviva a contenere l’acqua benedetta, sulla quale si legge la data 1420, e vi si conservava provvisoriamente l’organo destinato alla controfacciata.51 Qui si trovava, almeno dal 1759, un San Giovanni Battista battezza Cristo ma verosimilmente esso non coincide con il Battesimo di Gesù (Fig. 3) oggi collocato nella prima cappella a sinistra.52 Per completezza, trattandosi comunque di opera settecentesca, si può precisare che questa tela si collega ad analogo soggetto dipinto da Paolo De Matteis intorno al 1695, conservato nella Pinacoteca provinciale di Bari,53 che presenta un insolito formato orizzontale. Gesù e il Battista sono fondamentalmente uguali mentre tutte le figure angeliche sono state modificate o spostate per adattarle al taglio verticale di questo dipinto. Le cattive condizioni di conservazione rendono difficile la valutazione qualitativa per discernere tra un 50 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale C.M. Sacripante 1756, cc. 107-113, n. 12 cc. 422-426; sAntovetti, Memorie cit., cfr. Appendice documentaria. Si veda anche APRDP, Scatola I, fasc. XIX secolo, foglio non numerato che comincia «Memorie della Chiesa par. antica […]» sul quale figura la data 1865 e così descrive le cappelle: «In Corno Evangeli [sinistra] vi era un Cappella (e non il Cappellone come in oggi) con il quadro della [Madonna della] Pietà il quale in oggi sta all’altare maggiore. /Appresso vi era la cappella del Rosario dove presentemente esiste/ La terza cappella e quella di S. Anto.o come era prima./ In corno Epistole vi era altra Cappella e non cappellone come è in oggi con il quadro del Salvatore e sotto S. Luigi/ Appresso vi era la cappella di S. Vincenzo dove in oggi è la cappella del Salvatore/ Alla terza capella vi era l’orchestra dove oggi vi è la capella di S. Vincenzo». 51 Attualmente tale vasca si trova nella prima cappella a sinistra. 52 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale C. Paolucci 1759, I, c. 426: «tavola rappresentante S. Gio. Batt.a nel Giordano». Il quadro in chiesa è analizzato nella scheda OA di A.M. Ribko (fine anni Settanta) ove si afferma che sarebbe stato portato qui negli anni Settanta dalla Soprintendenza competente; effettivamente il dipinto non è citato da C. ricci, Rocca di Papa cit., e L. de AnGelis, Rocca di Papa cit., né nella schedatura prebellica. In ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale A.M. Cagiano de Azevedo, 1854, c. n.n., parlando del fonte battesimale si afferma che in chiesa non vi è un quadro con San Giovanni Battista. 53 C. GelAo, La Pinacoteca Provinciale di Bari, I. Opere dal Medioevo al Settecento donazione Pagnozzato e collezione del Banco di Napoli, Roma 2006, scheda 22 pp. 210-211. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 241 Fig. 3 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, prima cappella a sinistra, Ignoto pittore, Battesimo di Gesù. originale dell’artista partenopeo, che fu a Roma anche nel corso del Settecento, e un suo seguace o imitatore. La cappella dedicata a San Vincenzo Ferrer fu abbellita a cura di Cesare Zitelli e ornata con un quadro raffigurante il santo titolare (Fig. 4) che Santovetti attribuisce a Giovanni Antonio Buti e data al 1747, come confermato da quanto si legge nell’angolo inferiore sinistro: «Gio. Anto. Buti Rom. 1747».54 Tale tela esiste ancora, spostata nella cappella limitrofa verso l’ingresso, ma è costantemente riferita a Lorenzo Masucci (1726Giovanni Angelo Zitelli istituì una cappellania e fece testamento il 26 maggio 1766 (APRDP, Scatola III, piccolo fascicolo sulle cappellanie presenti nella chiesa). 54 242 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Fig. 4 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, prima cappella a destra, Giovanni Antonio Buti, S. Vincenzo Ferrer, 1747. 1785), figlio del più celebre Agostino.55 Sappiamo pochissimo sull’artista che effettivamente realizzò la tela. Probabilmente coincide con il personaggio ricordato nelle Schede di Friedrich Noack, nato nel 1717 e morto nel 1800. Buti era certamente in attività a Roma nel 1748 quando furono pubblicate quattro incisioni dei Trionfi di Petrarca, incise da Silvester (Silvio) Pomarede e dedicate al cardinale Girolamo 55 ricci, Rocca di Papa cit., p. 536 per quanto mi risulta è il primo a proporre tale attribuzione aggiungendo «a spese di Giovanni Antonio Butti», ma questo non si ricava dal ms. di Santovetti o da altra fonte a me nota. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 243 Colonna, e forse è lo stesso artista che nel 1750 firmò, per altro con il solo cognome, due capricci architettonici di sostenuta qualità nello stile di Giovan Paolo Panini conservati a Dresda.56 La dedica al cardinale Colonna potrebbe essere un indizio per chiarire il motivo della sua chiamata a Rocca di Papa, feudo di questa famiglia. Il San Vincenzo Ferrer è un buon lavoro, effettivamente di impostazione marattesca, carattere che può spiegare l’assegnazione a Masucci junior, con un’iconografia tradizionale secondo la quale il santo è raffigurato con le ali e sormontato da una fiamma ardente, mentre alla sua sinistra un angelo sostiene un libro aperto con la scritta tiMete deo dAte illi onoreM. Poiché si conoscono immagini con impostazione simile è possibile che vi sia un archetipo di riferimento. Il sacello successivo, il terzo di destra, fu sistemato a spese dell’arciprete Santovetti e vi fu collocato il dipinto, già nella parrocchiale più antica, raffigurante il Redentore (Fig. 5), in origine completato da due sportelli con le rappresentazioni dei quattro Evangelisti, che il canonico Santovetti assegnava a Perin Del Vaga o a Giulio Romano sulla base dei pareri espressi da persone «intendenti» e riferiva al 1543, senza spiegarne il motivo.57 I due sportelli furono venduti per costruire la nuova chiesa,58 mentre sussiste la parte fondamentale che rappresenta, davanti ad un fondo dorato, Cristo seduto in trono, benedicente e con la sinistra poggiata su un libro aperto con la scritta eGo suM lux Mundi qui sequitur Me non AMBulAt in teneBris. Certamente il dipinto presenta alcune anomalie come il manto decorato con motivi geometrici e lo scollo ornato da una vistosa bordura con gioielli, inusuali per la Roma, BiBliotecA hertziAnA, schede Noack, Buti famiglia (https://img.biblhertz. it/jquery/digilib.html?fn=/SchedeNoack/Buti_Familie_002r.tif&ww=1&wh=1&clop=fitwidth). Sven-Wieland Staps, Buti Gianantonio, in Allgemeines Künstlerlexikon (Saur), 15, München 1997, p. 366. 57 Le notizie relative alla data e agli sportelli di chiusura non si rintracciano nelle Visite che ho potuto vedere. 58 sAntovetti, Memorie cit., c. 76, li dice venduti dopo il 1814. piccolini, Sul Monte Albano cit., p. 60, afferma che se ne ricavarono 1.500 lire (perciò la vendita avvenne dopo il 1870 allorché entro in uso la nuova moneta ?). 56 244 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Fig. 5 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, prima cappella a sinistra, Ignoto pittore, Redentore. figura di Cristo, l’irregolare distribuzione della scritta sul volume, e soprattutto la presenza del seno, come è stato già notato,59 per cui solo un accurato restauro potrà dirimere la questione di eventuali ridipinture che abbiano trasformato una precedente immagine della Vergine. Certamente l’opera fu oggetto di un intervento nel 1735 ad opera del pittore locale Flaminio Santovetti pagato una piccola somma «per aver dato la vernice ed aggiustata la figura del Salvatore»,60 http://alvearerdp.altervista.org/portale/?q=node/418 che riporta considerazioni sul quadro di Alessia Ulisse, per quanto mi risulta mai formulate precedentemente. Il quadro fu restaurato nel 1950. 60 Appendice documentaria I (c. 54v); APRDP, Scatola II, fasc. Ricevute 17301749, in data 28 agosto 1735. Per questo pittore si veda anche in seguito. Sappiamo 59 Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 245 e il documento attesta che a tale data l’immagine era già almeno simile a quella attuale, mentre certamente possiamo affermare che il suo aspetto rimase immutato dal 1828 allorché ne realizzò una copia puntuale Domenico Tojetti, oggi conservata nel Museo della chiesa.61 Eliminato il riferimento del Redentore a Giulio Romano, poiché, come è ben noto, lasciò Roma nel 1522 né vi sono possibili confronti, anche l’attribuzione a Perin del Vaga (1501-1547) non ha riscosso consensi in tempi recenti, ma individua approssimativamente l’ambiente culturale in cui l’immagine originaria dovette essere creata, ovvero il mondo romano intorno alla metà del Cinquecento.62 La cappella della chiesa settecentesca che appartenne all’arciprete Santovetti è stata completamente trasformata nell’Ottocento, ma una stele con il suo ritratto lo ricorda nel secondo sacello a destra.63 Le tre cappelle sulla sinistra erano dedicate, dal presbiterio verso l’ingresso, a San Carlo Borromeo, alla Madonna del Rosario e a Sant’Antonio Abate. Si tenga presente che proprio il lato sinistro della chiesa fu quello che crollò completamente nel 1814. La prima cappella fu decorata a spese di Biagio Testa e la tela che la arricchiva, dedicata al santo protettore del paese, fu fatta, certamente dopo il 1750 quando non è ancora citata al suo posto, da un pittore fiorentino suggerito da monsignor Giovanni Gaetano Bottari. Questa notizia trova parziale conferma storica poiché è accertato che altresì che dipinse nel 1736 la Via Crucis nella chiesa dell’Assunta e operò nella chiesa della Madonna del Tufo: sAntovetti, Memorie cit., 1832, cc. 91, 152. 61 L’opera è firmata e datata. Per il pittore si veda M.B. Guerrieri Borsoi, Opere di Domenico Tojetti nei Castelli romani, in Latium, 38 (2021), pp. 231-245, p. 232 e fig. 3. 62 V. tiBeriA, scheda 43, in Aspetti dell’arte a Roma prima e dopo Raffaello, Catalogo della mostra, Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, 22 marzo – 13 maggio 1984, Roma 1984, p. 118; L. Wolk-siMon, scheda 28, in From Raphael to Carracci. The Art of papal Rome, Catalogo della mostra a cura di D. Franklin, Ottawa, National Gallery of Canada, 29 maggio – 7 settembre 2009, Ottawa 2009, pp. 149-150: non accetta l’attribuzione. In entrambi gli studi l’opera è comparata con San Giuliano ospitaliere della Collezione Colonna a Roma, che presenta effettive somiglianze. Non ha avuto seguito la proposta di attribuzione a Marcello Venusti avanzata da s. kAMBo, I Castelli Romani. Grotta Ferrata e Monte Cavo, Bergamo 1922, p. 102. 63 Questo monumento e quello dell’altro arciprete di famiglia, Domenico (17521814), furono fatti realizzare nel 1831 da Nicola Santovetti († 1836), loro discendente. 246 Maria Barbara Guerrieri Borsoi il dotto prelato passava qui le sue vacanze estive e aveva avuto in uso sin dal 1745 la casa già dell’arciprete, pagandone personalmente la ristrutturazione.64 Tale quadro rimase sotto le macerie in occasione del crollo della chiesa e non se ne hanno ulteriori notizie. La cappella dedicata alla Madonna del Rosario fu fatta ornare da Domenico Pomponio Pompa e i quadri sull’altare provenivano dalla chiesa precedente.65 Sembrerebbe, infatti, che la Madonna degli Angeli fosse stata sovrapposta, o inserita, in una tela con i misteri del Rosario e quest’ultimo dipinto perì a causa del crollo, così come i due affreschi laterali dedicati a san Domenico e santa Teresa. La Madonna degli Angeli (Fig. 6) è invece sopravvissuta ed è stata restaurata negli anni Settanta del secolo scorso, ridando visibilità alle figure di Gabriele e della Vergine annunziata nei pennacchi della centina. Inizialmente considerata opera senese del XIV secolo,66 per Miklós Boskovits, invece, è dipinto stilisticamente prossimo alla tavola con la Madonna delle Grazie della Cattedrale di Velletri e ad altro quadro conservato a Esztergom, opere da lui assegnate ad un «Maestro di Velletri», di cultura locale ma «neogiottesca», proponendo per l’opera rocchigiana una data intorno al 1410.67 La terza cappella della chiesa dell’Assunta, decorata da Francesco Tinozzi,68 aveva invece come pala d’altare la raffigurazione della Ma- 64 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale C.M. Sacripante 1756, cc. 112, 547. Per le ricorrenti villeggiature a Rocca di Papa cfr. A. coMolli, Bibliografia storico-critica dell’architettura civile ed arti subalterne, I, Roma 1788, p. 267. APRDP, Scatola III, piccolo fascicolo sulle cappellanie presenti nella chiesa: Biagio Testa morì nel 1763 e istituì una cappellania il 2 gennaio 1756 con atti Modesto Janari. 65 APRDP, Scatola III, piccolo fascicolo sulle cappellanie presenti nella chiesa: Domenico Pomponio Pompa morì il 4 maggio 1762. 66 M.V. BruGnoli, scheda 10, in Restauri della Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d’Arte Medievali e Moderne per il Lazio (1970-1971), Catalogo della mostra, Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, 20 ottobre - 30 novembre 1972, Roma 1972, p. 19, tav. 18. 67 M. Boskovits, Il Museo Capitolare di Velletri e una pubblicazione recente, in Arte cristiana, LXXIX (1991), 747, pp. 453-454. 68 ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale G.A. Guadagni 1755, c. 38v: il cardinale condona a Francesco Tinozzi un debito con la chiesa perché ha sostenuto la spesa della cappella. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 247 Fig. 6 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, prima cappella a sinistra, Maestro di Velletri, Madonna degli Angeli. donna Immacolata con i santi Antonio Abate, Gaetano Thien, Agata e Apollonia (Fig. 7) che l’abate Santovetti attribuisce a Luigi Garzi. L’opera proviene da un piccolo edificio sacro, un oratorio annesso ad un ospedale di soli due ambienti, ove nel 1723 è descritta una tela con gli stessi personaggi. Santovetti ricorda che tale oratorio fu danneggiato un incendio avvenuto nel 1679 quindi è verosimile che il quadro sia stato eseguito dopo quella data.69 Il riferimento a Garzi (1638-1721) è condivisibile, ma con la partecipazione della bottega in qualche passaggio meno raffinato, come L. de AnGelis, Rocca di Papa cit., p. 64 non ne indica la provenienza; GuALe chiese parrocchiali cit., pp. 141, 165-166 (riferisce l’esecuzione al 1670). ADF, Curia vescovile Visite Pastorali, Visita cardinale Francesco del Giudice 1723, c. 99; nella Visita dell’arcivescovo F.M. d’Aste 1703, cc. 956-957 sono invece descritti due quadri sovrapposti, uno con la Madonna e l’altro con i quattro santi; nella Visita cardinale G.A. Guadagni 1750, c. 114, è citata una Madonna, e così nella Visite a seguire. Per l’Ospedale cfr. inoltre sAntovetti, Memorie cit., c. 281. 69 rinoni, 248 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Fig. 7 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, controfacciata, Luigi Garzi e aiuti, Madonna Immacolata con i santi Antonio Abate, Gaetano Thien, Agata e Apollonia. il volto della Vergine. L’autore utilizza più di una volta composizioni di questo tipo, con numerosi santi che occupano il primo piano e sono sovrastati dai personaggi dominanti, come nelle solenni pale d’altare inviate a Massa negli anni Ottanta, e l’espressività e gestualità dei personaggi si ricollegano bene alla sua produzione.70 L’opera è ricordata da G. sestieri, Repertorio della pittura romana del Sei e Settecento, Torino 1994, I, p. 76. Sul pittore si veda anche il recente volume Luigi Garzi 1638-1721. Pittore romano, a cura di D. Grisolia - G. Serafinelli, Milano 2018. Caterina Flaminia Corsini, moglie di Garzi, aveva una proprietà a Rocca di Papa: G. serAFinelli, Echi e predominanze fiamminghe nella formazione e produzione di Luigi Garzi. Nuovi documenti biografici e artistici, in Luigi Garzi cit., pp. 13-55, ad indicem), notizia che potrebbe aiutare a comprendere il contatto del pittore con committenti di questa località. 70 Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 249 Fig. 8 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, abside, Pietro Labruzzi (attr.), Madonna della Pietà. Nella terza cappella a sinistra si trovava la Madonna della Pietà (Fig. 8), donata alla chiesa da Paolo di Nicola Carnevali nel 1791,71 e sappiamo che essa fu ritrovata intatta tra le macerie dell’edificio crollato e proprio tale straordinaria sopravvivenza indusse successivamente a metterla al centro della nuova abside, come attestato da un’iscrizione ivi collocata. Dal punto di vista iconografico, in termini generali l’immagine discende dalla Vergine nell’Annunciazione di Guido Reni eseguita per una cappella del Quirinale. In modo diretto però il quadro si collega ad altro prototipo, una tela oggi conservata nella Gemäldegalerie di Oldemburg, assegnata alla scuola di Reni e riferita al quarto decennio del XVII secolo, ove figura solo il busto della Madonna, con il particolare della punta delle dita coperta dal manto, pur presentando piccolissime varianti nel decoro dello scollo e nella posizione della mano destra.72 Per la collocazione si veda il documento citato nella nota 50. S. dohe, schede 65-66, in Die Gemäldegalerie Oldemburg. Eine europäische Altmeistersammlung, a cura di S. Dohe - M.A. Falk - R. Stamm, Oldenburg 2017, pp. 71 72 250 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Si trattava di un soggetto apprezzato nell’ambiente romano della seconda metà del Settecento tanto che se ne conoscono altre versioni, tra le quali la tela conservata nella chiesa del SS. Salvatore a Farnese, datata 1792 e firmata sul retro da Pietro Tedeschi (1744-1812), maestro fortemente attratto dal classicismo emiliano, ed altra in S. Maria della Cima a Genzano.73 Il dipinto a Rocca di Papa è stato attribuito da Santovetti a Pietro Labruzzi (1739-1805), in una postilla aggiunta a margine e senza precisare la fonte della sua affermazione, seguito da tutti gli studi successivi, ma tale nome non compare nei documenti ottocenteschi relativi alla collocazione del quadro nella chiesa rinnovata.74 Labruzzi fu più noto come ritrattista che come autore di quadri sacri e il confronto con le sue opere è reso meno sicuro dal fatto che la tela di Rocca di Papa è basata sulla copia di un modello seicentesco.75 In attesa di eventuali nuove testimonianze sul dipinto, l’attribuzione a Labruzzi può essere mantenuta solo con prudenza. Il quadro dell’altar maggiore e la supposta decorazione della navata L’altare maggiore conservava l’opera più preziosa della nuova chiesa, poi ricollocata nel transetto sinistro nel 1830, una grande pala dedicata all’Assunta (Fig. 9) realizzata dal celebre Corrado Giaquinto 145-147; fa pendant con un Angelo annunziante. Della Vergine così concepita si conoscono varie versioni di diverse epoche. 73 F. ricci, Nuove acquisizioni settecentesche nel Patrimonium: due inediti di Domenico De Angelis e Pietro Tedeschi, in Biblioteca e Società, 25 (2006) 4, pp. 27-29; l’opera è riconsiderata anche da B. Montevecchi, Pietro Tedeschi a Roma: le opere per la città e nel Lazio, in Pietro Tedeschi (Pesaro 1744-Roma 1812), a cura di G. Patrignani, Pesaro 2020, pp. 216-226, 223 e nota 37 p. 226 per il quadro a Genzano. Questi studi non ricordano la derivazione dal prototipo reniano. Si aggiunga l’opera passata in asta Pirone, vendita del 13-23 febbraio 2021, lotto 13. 74 sAntovetti, Memorie cit., c. 107. ASR, Congregazione Buon Governo, II serie, busta 3964, cc. n.n. Il dipinto fu rubato nel 1974. Se ne riproduce una foto che lo mostra in non buone condizioni, ma non coperto dai gioielli. 75 Sul pittore si vedano almeno sestieri, Repertorio cit., I, pp. 98-99, tavv. 561568 (non ricorda il quadro di Rocca di Papa); F. petrucci, Pittura di Ritratto a Roma. Il Settecento, Roma 2010, I, pp. 264-267, con amplia bibliografia. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 251 Fig. 9 - Rocca di Papa, S. Maria Assunta, transetto sinistro, Corrado Giaquinto, Assunzione di Maria, 1738. 252 Maria Barbara Guerrieri Borsoi (1703-1765) che, secondo la testimonianza del canonico, fu donata dal cardinale Ottoboni e pagata 500 scudi. La benevolenza del cardinale era ricordata in chiesa da una lapide posta nel presbiterio, datata 1739.76 In realtà il dipinto era stato trasportato qui già nell’ottobre del 1738,77 quando il porporato aveva abbandonato da tempo la diocesi di Frascati, ma evidentemente aveva tenuto fede ad un impegno assunto precedentemente. Giaquinto era uno dei suoi pittori prediletti, che aveva utilizzato, ad esempio, per un ciclo perduto di tele per Palestrina del 1729. La pala rispecchia l’iconografia tradizionale, con la Madonna spinta verso l’empireo da un gruppo di angeli mentre gli apostoli scoprono il sepolcro vuoto, ma la grande vivacità degli atteggiamenti, l’enfasi oratoria dei gesti, più ancora il serrato ritmo ascensionale e la forza trascinante dei colori fanno di questa grande tela uno dei capolavori del pittore pugliese.78 Un documento della contabilità Ottoboni, reso noto alcuni anni fa, segnala un pagamento all’artista di 400 scudi per una tela di grandi dimensioni, alta venti palmi (circa 4,5 metri), rappresentante la «B.ta Vergine Assunta in Cielo», da identificarsi con la pala d’altare per la chiesa di Rocca di Papa, e per il suo bozzetto di soli quattro palmi.79 Effettivamente nella grande collezione del porporato figurava questa seconda opera, probabilmente coincidente con quella recentemente riemersa sul mercato antiquario (Fig. 10), di grande finezza esecutiva.80 sAntovetti, Memorie cit., c. 87. Appendice documentaria I (c. 68v). 78 A.M. ryBko, scheda 56, in L’arte per i papi e per i principi nella campagna romana grande pittura del ‘600 e del ‘700, Catalogo della mostra, Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, 8 marzo – 13 maggio 1990, Roma 1990, I, p. 151, tv. 15 p. 131 (con bibliografia e riferimenti a bozzetti, disegni e derivazioni). 79 A. neGro, Benedetto XIII e il cardinale Ottoboni: quadri e devozione filippina tra riti sacri e mondani, in La regola e la fama. San Filippo Neri e l’arte, Catalogo della mostra, Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, ottobre -dicembre 1995, Roma 1995, pp. 278-295, p. 295 nota 85 con rimando a BAV (= BiBliotecA ApostolicA vAticAnA), Computisteria Ottoboni, Mastro 166 (1717-1740), c. 604, in data 31 dicembre 1738. Non si rintracciano altri pagamenti. 80 E.J. olszeWski, The Invenyory of Paintings of Cardinale Pietro Ottoboni (16671740), New York 2004, p. 94. Asta Sotheby’s 31 gennaio 2012-1 febbraio 2013, cm. 76 77 Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 253 Fig. 10 - Già mercato antiquario, Corrado Giaquinto, Assunzione di Maria, 1738. 254 Maria Barbara Guerrieri Borsoi Il pittore giunse all’elaborazione finale attraverso un lavoro di progettazione testimoniato in particolare da due splendidi studi di composizione, oggi conservati nel Museo di San Martino a Napoli:81 il primo, ancora veramente germinale, mostra solo la disposizione obliqua del sarcofago e la figura dell’apostolo inginocchiato sulla sinistra corrispondenti al risultato conclusivo, mentre nel secondo la struttura si va definendo e vari personaggi già si accampano nelle posizioni finali, mentre nel fondo compaiono la piramide e la palma che introducono una nota esotica nel tema sacro. La grande tela dovette subire dei danni, per cause sconosciute, tanto che nel 1742 fu pagato il noto restauratore Domenico Michelini «per aver riattato il quadro dell’altar maggiore»; sette anni più tardi Flaminio Santovetti ripulì e dette “la chiara [d’uovo]” al dipinto, operazione solitamente realizzata per ridare luminosità alla tela.82 È poco noto che gli archi delle cappelle laterali della chiesa di Rocca di Papa erano incorniciati da dipinti su tela con putti e ornati, molto danneggiati dai crolli ottocenteschi, i cui resti furono visti da Mario D’Orsi (ante 1969), ma dei quali non si trova menzione nei testi antichi, compreso il manoscritto del canonico Santovetti. Lo studioso collegò a quei lacerti un bozzetto già conservato nella Galleria C. e M. Sestieri opera di Giaquinto, successivamente passato nella Staatsgalerie di Stuttgart (Fig. 11).83 Si tratta di uno studio 98,5 x 63,8, con resti della firma. L’opera è stata pubblicata da F. petrucci, Corrado Giaquinto San Filippo Neri (Quaderni del Barocco, 22), Ariccia 2014, p. 14 fig. 22, con bibliografia precedente. 81 R. Muzii, Corrado Giaquinto. Il nucleo grafico del Museo di San Martino, in Corrado Giaquinto. Il cielo e la terra, Catalogo della mostra a cura di M. Scolaro, Cesena, Biblioteca Malatestiana - Palazzo Romagnoli, 19 dicembre 2005 - 15 marzo 2006, Argelato (BO) 2005, pp. 114-157, p. 130 e fig. 16-17 pp. 138-139. 82 Appendice documentaria I (cc. 75v, 84v). Michelini è documentato al servizio dell’Ottoboni: BAV, Computisteria Ottoboni, Mastro 166, cc. 604, 621 (anni 1737 e 1738). 83 Questa interessante notizia, altrimenti trascurata negli studi, è stata ricordata da ryBko, in L’arte per i papi cit., p. 151. Prospetto di relazione dello stesso Prof. M. D’Orsi, in Atti convegno di Studi su Corrado Giaquinto (Molfetta, 3-5 gennaio 1969), a cura di H. Olsen, Molfetta 1971, p. 103 fig. 18. G. eWAld, scheda 29, in Das Jahrhundert Tiepolos:Italienische Gemälde des 18. Jahrhunders aus dem Besitz der Staatsgalerie Stuttgart, Catalogo della mostra a cura di G. Ewald, Stuttgart, Staatsgalerie, 23. Oktober Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 255 Fig. 11 - Stuttgart, Staatsgalerie, Corrado Giaquinto, Bozzetto per decorazione di soffitto (da Das Jahrhundert Tiepolos). di decorazione per una volta, di cui è rappresentato solo un lato, con un arco maggiore e quattro minori, nonché due aree centrali vuote, di diversa forma, destinate a contenere un dipinto. A questo primo bozzetto ne è poi stato accostato un secondo, molto simile ma meno esteso in larghezza, conservato nel Museo Civico di Teramo. Gli studiosi che si sono occupati delle due tele hanno proposto, non senza dubbi, di collegarle alla decorazione della Sala delle colonne nel Palazzo reale di Madrid, che Giaquinto dipinse negli anni Sessanta.84 Sembra difficile che questi dipinti possano riferirsi alla chiesa di Rocca di Papa che aveva solo tre cappelle, quindi tre archi, oltre al presbiterio, né vi si scorge un elemento araldico sicuramente riconducibile al cardinale Ottoboni, ad esempio l’aquila bicipite. Stante la mancanza delle tele viste da D’Orsi il problema resta di impossibile determinazione, ma il parere di questo profondo conoscitore di Giaquinto merita di essere ricordato. 1977 - 12. März 1978, Stuttgart 1977, n. 29 p. 65: Inv. 3274 cm. 44x120; l’opera, proveniente dal mercato antiquario inglese, fu comprata nel 1976 e in questa scheda non si fa riferimento allo studio di D’Orsi; cfr. anche quanto detto nella nota seguente. 84 F. cApoBiAnco, scheda 12, in Corrado Giaquinto y Espaňa, Catalogo della mostra a cura di A.E. Pérez Sánchez, Madrid, Museo del Prado, 5 abril –25 junio 2006, Madrid 2006, pp. 124-125: Inv. 22933, cm. 23 x 93. Questa studiosa cita lo studio di D’Orsi e coglie la difficoltà del duplice, contrastante riferimento alle opere di Rocca di Papa e Madrid. 256 Appendice Maria Barbara Guerrieri Borsoi docuMentAriA Archivio della parrocchia di S. Maria Assunta, Rocca di Papa (APRDP). La documentazione è priva di collocazione e di inventario; si articola in volumi e scatole. Queste ultime, allestite in epoca moderna, hanno un titolo sul dorso, qui riportato, ma nessuna numerazione, da me introdotta per comodità di riferimento; sono presenti fascicoli interni, quasi sempre in ordine cronologico, e le carte non sono numerate. Sono stati esaminati i materiali esistenti sino alla metà del XIX secolo. In particolare, in questo saggio sono stati citati documenti dalle seguenti scatole: I. Costruzione e manutenzione della chiesa II. Amministrazione 1700-1799 III. Amministrazione 1840-1849 I - APRDP, Libro de sindacati del deposito dei Luoghij Pij di Rocca di Papa [1706-1788] Contiene introito ed esito, con numerazione antica. Si estraggono solo alcune voci dalla lunghissima serie di pagamenti per dare idea del progresso dei lavori; la data indicata è quella della ricevuta, salvo diversa precisazione. c. 28: ad Alessandro del Grande s. 16 «per le piante, o disegnio dato per la fabrica della Nova Chiesa per ordine dell’Ill.mo Can. Venturini uditore dell’Ecc.mo Ottoboni», 15 giugno 1731. c. 28: primo pagamento per lavori murari al mastro Francesco Sordini, 4 agosto 1731. c. 30v: s. 3 a «Pietro Passalacqua per vittura del calesse per essersi portato il medesimo a piantare li due ultimi piloni da riempirsi», 20 novembre 1731. c. 33: a «Gregorini architetto scudi quattro moneta per il calesse per attestazione dell’D. P.ro Santovetti Arciprete sotto li 21 Aprile 1732». c. 33v: a Gregorini architetto s. 3,60 per essere venuto il 20 maggio come per recapito dell’arciprete. c. 34: primo pagamento allo scalpellino Carlo Rosini. c. 34v: a Gregorini architetto s. 3 per essere venuto, come per attestato dell’Arciprete del 19 giugno 1732. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 257 c. 35: a Gregorini architetto s. 3,60 per la sua venuta, come per attestato dell’Arciprete del 9 luglio 1732. c. 42: a «Pietro Passalacqua architetto scudo uno moneta per vettura di un cavallo per essersi portato a vedere questa nostra fabbrica», come per ordine 8 gennaio 1733. c. 44v: al cavaliere Gregorini architetto di questa fabbrica della nuova chiesa «a conto delli disegni et assistenza prestata scudi trenta», 16 marzo 1733. c. 45: «al Sig.r Cavalier Gregorini scudi tre e b. 20 moneta per vettura d’un calesse per il medesimo e cavallo per il soprastante», 1733, senza data precisa. c. 49: a «Gregorini architetto di questa fabbrica» s. 2,80 per il calesse, senza data. c. 54v: a Flaminio Santovetti s. 1,50 «per haver data la vernice, e aggiustata la figura del Salvatore», 28 agosto 1735. c. 57v: a Giovanni Capri scalpellino s. 10 per lavori al cornicione, 7 ottobre 1736 (altri a seguire). c. 63: dal vescovo Corradini s. 50 pagati a Paolo Stambrini per il ferro delle catene della volta, primo novembre 1737. c. 65v: allo scalpellino Giovanni Caprij s. 6 per sassi rustici del frontespizio della chiesa, 2 ottobre 1737. c. 65v: al falegname Gio. Paolo Raponzoli s. 6 per le incavallature del tetto, 10 ottobre 1737 (altri a seguire). c. 66: dal vescovo Corradini a Paolo Stamprini (sic) per il ferro delle catene s. 100, 1 novembre 1737. c. 67: a mastro Felice Orlandi s. 2 per aver collocato l’orologio nel campanile della chiesa, 7 settembre 1737. c. 67v: al falegname Gio. Paolo Raponzoli s. 5 per i telai delle finestre, 24 maggio 1737. c. 68v: pagamento per il trasporto della porta maggiore presa dal Collegio di Frascati, 13 settembre 1738. c. 68v: portato da Roma il quadro dell’altar maggiore, ricevuta 6 ottobre 1738. c. 69: acquisto di marmi in quadrelli per il mattonato della tribuna, 3 novembre 1738. c. 69: al capomastro Paolo Stambrini s. 100 a saldo del ferro delle catene, 20 novembre 1738. 258 Maria Barbara Guerrieri Borsoi c. 69: a Ludovico Cantini s. 1,35 per aver sistemato l’organo prelevato dalla vecchia chiesa e collocato nella nuova, 22 novembre 1738. c. 69: pagati s. 7,92 di cui s. 3 per calesse dell’architetto e rimanente per tirare tela per mettere il quadro e vari materiali, senza data. c. 69v: a Gio. Paolo Raponzoli falegname s. 3,60 per i telai delle finestre, 11 luglio 1738 (altri a seguire sino al maggio 1741). c. 69v: a Giovanni Capri scalpellino s. 1,50 per iscrizione della lapide posta in chiesa, 15 ottobre 1738. c. 71v: a Giuseppe Mezzetti stuccatore s. 22,30 per 35 giornate sue e del garzone per fare in chiesa «mattonati della Sagrestia, e Tribuna, e per aver fatti tre altari et altri lavori», 7 novembre 1738. c. 72: a Rocco Rasetti vetraro 50 per finale pagamento delle vetrate, 16 maggio 1741. c. 73: al cavaliere Domenico Gregorini s. 30 «per saldo e final pagamento delli disegni, viaggi ed assistenza, come Architetto di detta Chiesa», 24 dicembre 1741. c. 75: a Gregorini architetto s. 30 «per saldo e final pagamento delli disegni, viaggi, et assistenza prestata in detta fabbrica», 24 dicembre [1741] [a c. 81 si precisa che questa partita è stata duplicata per errore]. c. 75v: a Domenico Michelini s. 30 «per aver riattato il quadro dell’altar maggiore», 20 settembre 1742. c. 76: a Marco d’Andrea Blasi e Gio. Angelo Zitelli s. 0,90 «per trasporto di some sei di piane condotte al Collegio de PP. Gesuiti di Frascati, e date al d. Collegio a Conto del Tabernacolo ricevuto per d. Chiesa», 8 dicembre 1742. c. 77: ad Alessandro Consoli stuccatore s. 30 «per stabilimento della Cappella del SS.mo Rosario», 25 novembre 1746. c. 77v: si fa il telaio della finestra della cappella del Rosario, 1747. c. 77v: a Lorenzo Massi scalpellino s. 0,9 per aver fatto lo scalino nella cappella di S. Carlo, 4 dicembre 1747. c. 82: ad Andrea Fabri e Gio. S. Angeli falegnami s. 29,65 per pulpito in legno, 30 marzo 1748. c. 82: a Giovan Battista De Rossi stuccatore s. 6,40 per «lavoro di scaiola fatto nell’altar maggiore», 11 aprile 1748. c. 82v: si alzano le nuove campane, 20 agosto 1748 c. 83: a Giacomo Nobili muratore s. 1 per aver imbiancato il campanile e fatta la mostra dell’orologio, 25 settembre 1748. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 259 c. 83v: a Gregorio Ferroni s. 0,95 per gli scalini nell’ultima cappella destinata a battistero, 12 ottobre 1750. c. 84v: a Domenico Ferretti imbiancatore s. 1 per aver imbiancata la sagrestia, 19 novembre 1748. c. 84v: a Flaminio Santovetti s. 1,20 «per haver ripulito, e dato la chiara al quadro dell’altar maggiore», 15 aprile 1749. c. 85: a Modesto Ianari s. 2 per il rogito della vendita del quadro con S. Matteo al card. Valenti, 20 maggio 1749. c. 85: a Francesco Corzi muratore s. 11,60 per «accrescimenti» ai piloni della chiesa, 3 aprile 1751 (altri a seguire) c. 87v: si compra calce per restauro facciata, 15 settembre 1751; vi lavora Francesco Corsi con i suoi uomini. c. 88v: a Giovanni Capri scalpellino s. 4,20 per la fattura dell’architrave della porta maggiore, 8 ottobre 1751. c. 90v: «Siegue il conto del risarcimento della facciata fatto nel 1753», per questi lavori sono citati Antonio Cioli e Domenico Bianchi. c. 91: s. 9,12 di spese per la visita del cardinale Guadagni fatta nel 1751. c. 92: a Carlo Bazzi s. 20 per aver imbiancato tutta la chiesa, ricevuta 28 novembre 1753 c. 92v: a Giovanni Francesco Fiori architetto s. 10 «per la sua assistenza prestata nel ristauramento della facciata della Chiesa», ricevuta 28 novembre 1753. cc. 93v-94: «Ristretto delle spese fatte per servizio della nuova Chiesa Parrocchiale principiando da settembre 1731 a tutto aprile 1754 = cioè da c. 27 sino a c. 92, come in detto Libro […]» L’esito complessivo e di 8.985, 41 scudi, quindi «Sieguono altri Pagamenti per detta Fabrica» sino ad un totale di s. 11.253, 41, ma restano da pagare s. 2.700. Il totale complessivo è di s. 13.953,41. II - Scatola I: Costruzione e manutenzione della chiesa Contiene fascicoli con atti del XVIII, XIX, XX secolo ed altre carte. Fascicolo XVIII secolo «Die 10 Januarj 1756 Essendo che sin dall’anno 1735 li Sig.ri Paolo Stambrini, e Giacomo Ingami Capo Mastri Muratori prendessero sopra di essi, ed a sola loro manifattura la terminazione della Chiesa Parrocchiale della Terra 260 Maria Barbara Guerrieri Borsoi di Rocca di Papa Diocesi di Frascati di quel tempo vescovo esistente la Ch. Mem. del fu E.mo e R.mo Sig.re Cardinal Corradini, il tutto però da costruirsi, e terminarsi giusta li disegni sopra di ciò da quel tempo fatti dall’Ill.mo Sig.re Cav.re Domenico Gregorini di ordine di d.o Defonto E.mo, con diversi patti, Capitoli, e condizioni più chiaramente espressi nell’Apoca privata per il sud.o effetto firmata, copia della quale si dà a me Not.o sottoscritta dall’infrascritto Sig.re Arciprete, come proc.re allora deputato tanto dalla Communità, che dagl’Officiali dei Luoghi Pij di d.o Luogo di Rocca di Papa per inserirla nel presente istrumento del tenore alla quale debbasi sempre avere la sua piena, e condegna relazione. Essendo ancora che mediante l’opera di dd. Sig.ri Capomastri si costruisse, e terminasse la d.a nuova Chiesa Parrocchiale, la quale giusta il mentovato contratto firmato anche dal Sig.re Arciprete di d.o Luogo come Proc.e della Città e Luoghi Pij della med.a Chiesa parrocchiale (verso) importasse tutto l’avere di dd. Sig.ri Capomastri, secondo la misura, e stima fatta dal med.o Architetto Gregorini la somma di s. 4.268 e b. 10 salvo. Dalli mentovati Sig.ri Arciprete ed Officiali non ostante la convenzione, ed obbligo di pagare alli Sig.ri Capomastri la somma di scudi duecento cinquanta annui non appariscono fin’ora pagati se non che scudi due mila seicento dicidotto in numero quindici pagamenti, sicché siano rimasti liquidi, e legittimi creditori li med.i nella somma di scudi mille duecento cinquanta, e b. 10, salvo ogni errore, come da una copia di misura, e stima dei sud.i lavori fatta dal mentovato Sig.re Cav. re Gregorini coll’annotazione in calce delli accennati seguiti pagamenti, che parimente si dà a me not.o per inserirla del tenore. Li quali essi Sig. ri capomastri abbiano fatto più, e diverse volte istanza per il loro residuale pagamento presso d.o Sig.re Arciprete, ed Officiali sud.i dai quali siasi dilazionato il med.o pagamento, per motivo, che la Fabbrica di d.a Chiesa Parrocchiale avesse in parte patito, per la qual causa siano stati li dd. Officiali tenuti fare altre spese come appariscono dalla riparazione della med.a Fabbrica ed all’incontro siasi (altra carta) preteso dalli stessi Sig.ri Capomastri, che d.a Fabbrica non sia stata mai per loro colpa difettuosa, ma bensì per colpa dell’antecessori capomastri, che fondarono il fondamento di essa, sicché da essi Sig.ri Stambrini, ed Ingami siano state fatte premurose istanze per il loro credito residuale non avendo percetto altro denaro che dall’ultimo pagamento di s. 200 seguito il 12 Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 261 Febbraro dell’anno 1757, il tutto però senza strepito, e figura di Giudizio, come dalle parti per verità si asserisce. In questo stato di cose, considerando l’una e l’altra parte le spese, ed incommodo della lite, che averebbe dovuto farsi, e specialmente a causa del sud.o risarcimento, anno stimato bene di venire a qualche giusto e congruo aggiustamento, quale finalmente mediante l’opera del Sig.re Gio. Fiore Architetto mandato dall’E.mo, e R.mo Sig.re Cardinal Guadagni al p.nte vescovo di Frascati è stato concluso nel seguente modo cioè, che dd. Sig.ri Capomastri debbano contribuire la metà delle spese di d.o risarcim.o quale metà è stata concordata nella somma di scudi quattrocento cinquanta, ed all’incontro d.o Sig.re Arciprete, come Pro.re dei Luoghi Pij debba pagare alli med.i Sig.ri Capomastri, e loro la somma residuale di scudi mille e duecento salvo ogni errore di calcolo a partita, e ambe le parti (verso) in tante rate, cioè alla ragione di scudi cento l’anno, e per ragione di lucro cessante, e danno emergente i loro rispettivi frutti alla ragione di scudi 2 e b. 90 per qualsivoglia centinaro ed anno […]». L’accordo è fatto con i fratelli Pietro e Francesco, figli di Paolo Stambrini, e con Giacomo del fu Giovan Battista Ingami. «Capitoli, Patti, e Convenzioni da osservarsi dalli Maestri Paolo Stambrini, e Giacomo Ingami Capi Mastri Muratori in Roma quali prendono s.a di loro la costruzione, e terminazione della nuova Chiesa, ed altro alla med.a annessa alla Terra di Rocca di papa, e questa da costruirsi, e terminarsi, dove di presente, e quella terminare, e particolarm.e coprire prima della stagione del futuro Inverno a motivo delle gelate, quali potrebbero causare alli muri di d.a Fabbrica il pregiudizio maggiore di quello abbiano sino ad ora sofferto dalle stagioni dell’Inverni passati dell’anni 1734 e 35 e ciò per l’istanza fattane dal Sig.re Arciprete di d.a terra all’E.mo e R.mo Sig.re Cardinal Corradini Vescovo di Frascati il tutto da costruirsi, e terminarsi in conformità delli disegni sopra di ciò fatti dal Sig.re Cav.re Domenico Gregorini architetto, di ordine, opera, o in altro Modo, che Sua Em.za, e Architetto piacerà il tutto a sola manifattura […]». I patti, in data 28 maggio 1735, stabiliscono quanto segue: 1. i muratori devono fare i muri di pietra/ 2. i muri di tavolozza e mattoni/ 3. tutte le colle [intonaci]/ 4. i tetti disfacendo quelli della chiesa vecchia/ 5. i mattonati/ 6. i lavori non citati espressamente saranno stimati alla fine del lavoro/ 7. l’arciprete dovrà dare abitazione ai muratori per il tempo del lavoro e far trasportare gli attrezzi/ 8. fornirà in situ 262 Maria Barbara Guerrieri Borsoi tutti i materiali compresa l’acqua/ 9. pagherà 250 scudi l’anno sino al compimento del costo. III - Pietro Santovetti, Memorie Istoriche Sacre e Profane del Castello di Rocca di Papa raccolte nel 1832. Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Grottaferrata, Crypt. It. 98: cc. 74- 82 «Dell’antica Chiesa di Rocca di Papa La prima Chiesa edificata in questo Paese è quella della quale ora appena se ne vedono le vestigie, posta quasi sulla cima del monte, e dalle sue mura reticolate ben si conosce, che rimonti ad un epoca molto remota […]. Fu essa di una figura irregolare, come si vede dalla pianta ricavata dalle antiche Visite, non po(c. 75)tendosi fare un fabricato regolare, perché resta quasi sulla rupe del monte in luogo assai scosceso. L’altare maggiore era dedicato al SS.mo Sagramento, fatto a spese di alcuni benefattori, come si raccoglie da un frammento di lapide, che ancora si conserva, e dagl’Atti delle Visite esistenti nella Cancelleria Vescovile di Frascati dove dice In Dei nomine Amen Anno MDXXXIX die 21 Aprilis Hoc sacellum dedicatum est ad honorem Corporis Christi Franciscus de Blasiis, et Iulio de +, Et Franciscus de Nardis Priores Et boni de Cece, et Ludovici Facto Et Basilius Ace et Ioanes Blasi Sanct. Et Antonius Archipresb.r V’erano ancora altri tre altari, uno dedicato a M.a SS.ma del Gonfalone, il secondo a M.a SS.ma del Rosario, ed il terzo a S. Carlo Borromeo. Si conservavano parimenti due quadri d’insigne pen(c. 76)nello, uno di essi che ancora sussiste dipinto in tavola, rappresentante l’Imagine del SS.mo Salvatore, il quale si custodiva in un armario a Cornu Epi- Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 263 stolae, nella cappella del SS.mo Rosario, con corona dorata rinchiuso da due sportelli parimente dipinti, in cui vi si rappresentavano i quattro Evangelisti, e si questi, che quello, persone intendenti hanno giudicato, che siano opere del celebre Pittore Pierin del Vago, o di Giulio Romano, dipinti l’anno 1543. I sopradetti due sportelli furono venduti per 300 applicati per la riedificazione della nuova Chiesa Parrocchiale caduta il 12 9bre 1814 come si vedrà in appresso, e ricostrutta. Il secondo anche opera di Pierin del Vago dipinto in tela, rappresentante l’imagine di S. Marco Evangelista, ed era situato in Cornu Evangelii dell’altare di S. Carlo. In fondo vi si legeva Antonio Sambuca Arciprete per sua devozione, ma di questo non si sa se sia stato venduto, derubato, o smarrito. Dall’altra parte a cornu epistolae (c. 77) nello stesso altare di S. Carlo eravi un altro quadro in tavola rappresentante l’imagine dei SS. Biagio, Sebastiano, e Lorenzo del quale neppure se ne ha memoria. Nell’altare di S. Carlo v’era in mezzo alla Cappella dipinta una Croce con il Cristo, e nei due lati i SS. Carlo, ed Antonio Abbate. Nell’altare di M.a SS.ma del Gonfalone vi era l’imagine della stessa Nostra Signora, che riteneva i fedeli sotto il suo manto, a destra, e sinistra i SS. Girolamo e Francesco d’Assisi. Nell’altare di M.a SS.ma del Rosario v’era un quadro grande in tela della SS.ma Vergine con il Bambino nel braccio, e d’intorno i 15 misteri del Rosario. Sopra il cornicione dell’altar maggiore nei due muri laterali poggiava un trave in mezzo del quale pendeva una Croce di legno, ed in essa vi si legevano le seguenti parole Qui sequitur me, non ambulat in tenebris ait Dns. In quest’altare maggiore si conservava il SS.mo Sagramento, ed il ciborio aveva un prospetto in pietra con i suoi ornati intorno (c. 78) e due cherubini nei lati dello sportello, e sotto il fregio del cornicione vi si leggeva la seguente iscrizzione Pinguis est panis Christi = fu fatto da mediocre scalpello l’anno MDXVII I Xbre, inciso nello stesso marmo, ed è quello che si conserva nella nuova Chiesa Parrocchiale, che serve per custodirvi gl’oli santi. Al fondo di questa cappella fissa al muro v’era collocata una machina di legno dentro la quale si conservava l’imagine di M.a SS.ma detta degli Angeli dipinta in tavola, e di raro si discopriva, coperta con tenda di seta, e contro sportello dove eravi dipinta l’annunziazione di M.a Vergine. La festa della Sacra si celebrava l’ultima domenica di Aprile. Non si sa da chi, e l’anno che fu consagrata. In questa 264 Maria Barbara Guerrieri Borsoi chiesa vi furono erette due Confraternite, la prima ai 3 gennaro 1518, indizione sesta, regnando Leone X sotto il titolo del SS.mo Sagramento aggregata a quella di Roma; la seconda eretta l’anno 1573 alli 5 di Giugno sotto il titolo del Gonfalone, aggregata a quella di Roma l’anno 1775 [1575], regnando Gregorio XIII. [di seguito l’autore elenca le cappellanie, le sepolture; parla della canonica, del campanile, delle campane] cc. 82-97 Della nuova Chiesa Parrocchiale principiata ad edificarsi nel 1664, terminata nel 1754 caduta nel 1814 [Si ricorda la fondazione dell’edificio seicentesco, la costruzione di quello settecentesco] (c. 87) In essa vi erano sette altari uno nel mezzo e sei laterali, in quello di mezzo il quadro rappresentante l’Assunzione di Maria Vergine opera del Corrado del valore di s. 500, regalato dalla b. m. del Card. Ottoboni Vesc.o Tusc.o come da iscrizzione dentro il Presbiterio sopra la porta della Sagrestia che a cornu epistolae metteva all’altare maggiore: Petro Octoboni olim Episc.o Tusc.o S.R.E. Vice Camerario, et Card.i Decano, quod Arae huis Iconem Deiparae In Coelum Assumptae (c. 88) Dono dederit Clerus, et Populus pro tanti beneficii Monumentum posuere anno Dni MDCCXXXIX Sotto di quest’altare si conserva il corpo di S. Eutropia Martire. Il primo altare laterale a man destra è dedicato al SS.mo Salvatore in cui si conserva la sua Imagine come a p. 115 [c’è una stampa che non corrisponde al dipinto]. Sotto di esso vi è un ovato con S. Luigi Gonzaga, opera di Carlo Labruzzi; l’ornamento, e stabilitura di questa cappella fu a spese della b. m. D. Pietro Arcip.o Santovetti, e consagrato dall’E.mo Card. Guadagni, come da iscrizione lapidaria fissa in un lato di questa Cappella. Chiesa di S. Maria Assunta a Rocca di Papa 265 Hanc aram eodem quo Templum die Consecravit Em.s Guadagni Epis. Tusc. Il paliotto del medesimo altare, come lo sono di tutti l’altri è di pietra colorita. Rimpetto a questo, evvi la Cappella dedicata a S. Carlo Borromeo Protettore di questo Paese, ornato con stucchi da Biagio Testa, il quale contribuì anche alla spesa del quadro fatto da un Pittore Fiorentino gratis (c. 89) ad intuito di Monsignor Bottari, e quivi eretta una cappellania di Biagio Testa, e Cecilia Ambrogioni Coniugi, come da Istromento del Notaro Modesto Ianari di Frascati, conferita per la prima volta al loro nipote D. Marco Gabrielli con l’obligo di una Messa il mese, nel tempo che vissero i sud.i Fondatori, e doppo la loro morte una Messa in ogni festa di precetto dell’anno fruttato di circa 60 scudi. Siegue appresso di questa cappella quella dedicata alla SS.ma Vergine del Rosario stabilita di buoni stucchi a spese del fu Domenico Pomponio Pompa. In mezzo evvi l’Imagina antica di M. SS.ma detta degl’Angeli, come si disse a pag. 78 ed intorno in pittura in tanti ovatini i 15 misteri del Rosario, nei due specchi laterali vi sono dipinti a fresco l’imagine di S. Domenico, e di S. Teresa. Incontro a questa cappella, evvi quella dedicata a S. Vincenzo Ferreri, dove si vede dipinto il Santo in tela opera di Gio.i Ant.o (f. 90) Buti eseguita nel 1747, e fu ornata, e stabilita a spese di Cesare Zitelli, e consacrato l’altare da Monsignor Lascari, per ordine dell’E.mo Card. Duca di York Vesc.o Tusc.o, come il tutto si rileva dall’iscrizione lapidaria D.O.M. Celsissimus, et Em.s Princeps Henricus Dux Eboracen. S.R.E. Card. et Episc.s Tuscul.s Ill.mo et R.mo D.no jussit Georgio Lascari Archiepisc.o Theodos. Haram in honorem S. Vincentii Ferreri Exitatam, consecrare die XV mens Junii anno MDCCLXXII Caesar Zitelli G. A. E. M. P. Conticua alla Cappella del SS.mo Rosario, è quella dedicata a S. Antonio Abbate, stabilita ed ornata a spese della famiglia Tinozzi. Il quadro che è in mezzo dell’altare rappresenta l’Imagine di M.a SS.ma 266 Maria Barbara Guerrieri Borsoi della Concezzione, sotto del quale vi sono i SS. Antonio Abbate, Gaetano Tiene, le sante Agata ed Appollonia dipinte in tavola, opera del Garzi. Incontro a questa cappella si conserva il Battisterio che nell’antica chiesa la tazza era il bacino (c. 91) per conservarvi l’acqua benedetta a beneficio di quelli ch’entrano nella Chiesa, fatta nel 1420. Al di sopra vi è conservato l’organo con la sua orchestra pel decoro delle funsioni di questa Chiesa. Le Conchiglie per conservare l’acqua benedetta nei due lati della porta grande della Chiesa, sono di marmo nero venato, come lo è quella che si conserva nella Sagrestia per uso dei Sacerdoti. Le 14 stazioni della Via Crucis, che sono d’intorno alla Chiesa, sono state dipinte da Flaminio Santovetti, a spese dei benefattori l’anno 1736 e quelle che sono presso i Santovetti pitture copie di G. Ferrata. Due sono i Santi Protettori di questo Paese cioè S. Carlo Borromeo [scelto nel 1619 …] (c. 92) L’altro comprotettore è S. Emidio […]. Il cemeterio è al di dietro del Cappellone dell’altare maggiore, dove vi sono costrutti tre sepolcri separati, per gli uomini, le donne, ed i fanciulli. Il sepolcro dei Sacerdoti giace nell’interno del Presbiterio dell’altare maggiore […]. cc. 98-119 Del tempo, e modo con cui si principiò a riedificare la Chiesa Parrocchiale sino al punto che fu terminata (c. 107) […] [nel 1829] in questo tempo venne in mente al Sig. Paolo Carnevali di voler fare una raggiera di ottimi stucchi nell’altare maggiore per collocarvi in essa l’imagine di M.a SS.ma della Pietà ( in nota esterna: Pittura di Pietro Labruzzi), miracolosamente ritrovata intatta fra i cimenti della caduta Chiesa, ed avendo esposto questo pio desiderio all’E.mo Vesc.o, egli vi acconsentì […]». [sono state sciolte le abbreviazioni di certa comprensione]