COSTELLAZIONI GEO-ECCLESIALI
DA COSTANTINO A GIUSTINIANO:
DALLE CHIESE ‘PRINCIPALI’
ALLE CHIESE PATRIARCALI
XLIII Incontro di Studiosi dell’Antichità Cristiana
(Roma, 7-9 maggio 2015)
Institutum Patristicum Augustinianum
Roma 2017
© Augustinianum 2017
Collana Studia Ephemeridis Augustinianum
Incontri di Studiosi dell’Antichità Cristiana
Istituto Patristico “Augustinianum”
Via Paolo VI, 25
00193 Roma
Comitato di redazione:
Massimiliano Ghilardi - Gianluca Pilara
sea@patristicum.org - incontri@patristicum.org
www.patristicum.org
Immagine di copertina: Tabula Peutingeriana. Particolare della
rappresentazione della città di Roma.
ISBN: 978-88-7961-121-3
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES”
PER DESIGNARE LA CHIESA ROMANA?*
1. Introduzione
Dalla promulgazione del Codice Pio-Benedettino del 1917, l’espressione
“Sancta Sedes” designa ufficialmente la personificazione giuridica del governo della Chiesa cattolica – sia in riferimento al solo pontefice, sia – lato
sensu – in riferimento a tutta la Curia. Entità ben distinta da altre analoghe,
come la Chiesa cattolica o lo Stato della Città del Vaticano, la Santa Sede
può anche e indifferentemente essere indicata con le appellazioni di “Sede
apostolica” o eventualmente di “Sede romana”.1
Sicuramente la scelta di questa denominazione canonica è stata fatta al termine di una lunga storia di riflessione terminologica, alla quale
hanno molto contribuito i molteplici dibattiti del Medioevo centrale e
basso, non meno che quelli successivi dell’età moderna.2 Eppure, se ci
si interroga sulle origini e l’epoca di apparizione di questa espressione
*
Vorrei ringraziare sentitamente il Prof. Paul Mattei per le sue utili osservazioni
rispetto a questa ricerca, nonché il Dott. Claudio Felisi (Parigi, ENS) per la rigorosa
revisione del mio italiano.
1
CIC, lib. I, can. 7: Nomine Sedis Apostolicae vel Sanctae Sedis in hoc Codice veniunt
non solum Romanus Pontifex, sed etiam, nisi ex rei natura vel sermonis contextu aliud appareat, Congregationes, Tribunalia, Officia, per quae idem Romanus Pontifex negotia Ecclesiae universae expedire solet (Codex iuris canonici Pii X Pontificis Maximi iussu digestus
Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus, praefatione, fontium annotatione et
indice analytico-alphabetico ab E.mo P. Card. Gasparri auctus, Romae, 1917, p. 2);
sono i Patti lateranensi del 1929 (“Trattato fra la Santa Sede e l’Italia”, premessa e
art. 2) a avergli, oltretutto, riconosciuto una sovranità sul campo internazionale. Per
una definizione, soprattutto giuridica, dello statuto della Santa Sede, si vedano le
diverse voci di P.A. d’Avack, Santa Sede, in Enciclopedia cattolica 10 (1953), 1839-1849;
L. Chevailler, Saint-Siège (représentation diplomatique du), in DDC 7 (1965), 839-863; D.
Le Tourneau, Saint-Siège ou Siège apostolique, in Dictionnaire historique de la papauté, dir.
Ph. Levillain, [Paris] 1994, 1537-1541; N. Del Re, Santa Sede, in Mondo vaticano. Passato
e presente, ed. N. Del Re, Città del Vaticano 1995, 952-953; M. Rynkowsky, Saint-Siège, in
Droit des religions. Dictionnaire, dir. F. Messner, Paris 2010, 633-635; Ch. Dickès., SaintSiège et Siège apostolique, in Dictionnaire du Vatican et du Saint-Siège, dir. Ch. Dickès, coll.
M. Levant e G. Ferragu, [Paris] 2013 (Bouquins), 876-880.
2
A proposito dell’importanza dei dibattiti moderni nel definire il primato, si
veda la sintesi di K. Schatz, Der päpstliche Primat: Seine Geschichte von den Ursprungen bis
zur Gegenwart, Würzburg 1990, [155]-206.
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JÉRÉMY DELMULLE
– cosa che non fanno le voci dei dizionari e delle enciclopedie relative
a questa espressione – ne risulta che queste restano abbastanza oscure.
Solo N. Del Re, nel suo «lessico vaticano», ha proposto come attestazione, se non più antica, almeno più notevole, di questo uso, il testo del
Concordato di Vienna, firmato da papa Niccolò V e dall’imperatore
germanico Federico III nel 1448.3 È tuttavia un fatto che l’espressione
“Sancta Sedes” s’incontri già più volte – anche se meno frequentemente
della sua concorrente “Sedes apostolica” – nel corso dei secoli precedenti, e ciò fin dall’età patristica, che qui ci interessa in particolar modo.
Questa formulazione, applicata alla Chiesa romana sola, benché più
rara, è anche più carica di significato: poiché la santità di una sede è infatti, per così dire, qualitativamente superiore alla sua sola apostolicità, tale
espressione può anche diventare un mezzo per veicolare la concezione del
primato di questa sede sulle altre, e non è d’altronde priva di nessi con altre problematiche geoecclesiali più generali, come risulterà dall’indagine.
Grazie a un censimento e poi a un’analisi delle prime attestazioni di questa
espressione, entro i limiti cronologici presi in considerazione nel nostro
incontro, ci sarà possibile tracciare i lineamenti della “preistoria”, per così
dire, della formula, allo scopo di completare, precisandoli e moderandone
qualche conclusione, i lavori già numerosi relativi al sorgere della rivendicazione del primato della Sede romana sulle altre metropoli in questo
periodo.4
3
N. Del Re, Santa Sede, 952 (“Vaticanlexikon” è il titolo della traduzione tedesca,
pubblicata a Hamburg nel 2000). In realtà, la formula si trova più precisamente nella
conferma, firmata da papa Niccolò V il 19 marzo 1448, del testo del concordato del
17 febbraio; entrambi si leggono nella Raccolta di concordati su materie ecclesiastiche tra
la Santa Sede e le autorità civili, cur. A. Mercati, Roma 1919, 177-181 e 181-185 (181 per
l’espressione sotto esame: Ad sacram Petri sedem divina dispositione sublimati […]).
4
Questo soggetto ha suscitato una letteratura abondante; faccio riferimento solo
agli studi più generali e pertinenti: oltre al libro classico di E. Caspar, Geschichte
des Papsttums von der Anfängen bis zur höhe der Weltherrschaft. I: Römische Kirche und
Imperium Romanum, Tübingen 1930; K. Schatz, Der päpstliche Primat, [11]-[98] (che
aggiunge, alla fine di ogni capitolo, la bibliografia essenziale su dei punti più precisi); G. Haendler, Die Rolle des Papsttums in der Kirchengeschichte bis 1200: Ein Überblick
und achtzehn Untersuchungen, Göttingen 1993; M.[-Y.] Perrin, La Papauté héritière de
saint Pierre et de la romanité (Des origines à 604 ap. J.-C.), in Histoire de la Papauté. 2000 ans
de mission et de tribulations, dir. Y.-M. Hilaire, Paris 1996, [19]-117; R. Minnerath, La primauté de l’Évêque de Rome et l’unité de l’Église du Christ, Paris 2010 (Le point théologique
63), spéc. [57]-100; e recentemente G. Demacopoulos, The Invention of Peter: Apostolic
Discourse and Papal Authority in Late Antiquity, Philadelphia 2013 (Divinations: Rereading Late Ancient Religion).
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
451
2. Le due principali concorrenti: “Cathedra Petri” e “Sedes apostolica”
Come avremo modo di vedere, l’uso dell’espressione “Sancta Sedes” a proposito del potere pontificio romano rimane molto limitato prima dell’alto
Medioevo – soprattutto in confronto ad altre due formule (“cathedra Petri” e
“Sedes apostolica”) che sono ampiamente attestate fin dalla tardoantichità e
per le quali degli studi ormai classici hanno già ben evidenziato il significato
e la portata.
Fin dai secoli III e IV, si usava infatti designare il vescovo di Roma, successore di Pietro, con un riferimento metonimico alla sua sedes o cathedra
Petri. P. Batiffol ha già dimostrato che quest’ultima espressione, con la quale
competono titolature talvolta più esplicite, come “prima cathedra episcopatus”,
“Ecclesia principalis”, ecc., è diventata poco a poco, a seconda delle sue evoluzioni, l’affermazione della preminenza della potestas del pontefice romano.5
Non ci si meraviglierà, quindi, di incontrare una prima occorrenza dell’espressione stessa “cathedra Petri” nella più antica recensione del De unitate di
Cipriano di Cartagine, che fa riposare il primatus Petri (almeno cronologico)
sulla preminenza consentita dal Cristo a questo apostolo e presenta la sua
cathedra come base stessa della Chiesa intera.6 Nei secoli successivi, l’espressione “sedes Petri” non è rara in Ambrogio o Agostino, e l’usa anche un vescovo ariano quale Palladio di Ratiaria;7 Prospero di Aquitania, infine, nel
suo Contra collatorem, trattato per molti riguardi filoromano, arriva al punto
di ripetere l’espressione fino a quattro volte nello stesso capitolo – capitolo
importante per il grado riconosciuto alla sede di Roma in termini di autorità dottrinale: ci torneremo più avanti.8
5
Si può ancora riferire a P. Batiffol (†), Cathedra Petri. Études d’Histoire ancienne
de l’Église, Paris 1938 (Unam Sanctam 4), e in particolare alla II parte: «Quelques titres
de la primauté», [81]-195; si veda anche H. Burn-Murdoch, Titles of the Roman See, in
The Church Quarterly Review 159, 1958, 257-364, et M. Maccarrone, “Cathedra Petri” e lo
sviluppo dell’idea del primato papale dal II al IV secolo, in Miscellanea Antonio Piolanti, II,
Romae 1964 (Lateranum 30), II, [37]-56.
6
Cypr., unit. eccl. 4: Qui cathedram Petri, super quem fundata ecclesia est, deserit, in
ecclesia se esse confidit? (CCSL 3, 252). Cf. anche, dallo stesso autore, l’epist. 59, 14,
1 (CCSL 3C, 361) e l’epist. 75, 17, 2 a lui indirizzata da Firmiliano (ibid., 597). Ma il
significato di questo primato si deve capire, in questo caso, esclusivamente dal punto
di vista cronologico: si veda P. Mattei, Appendice 2. Notes complémentaires sur quelques
termes et notions clés de l’ecclésiologie de Cyprien, in Cyprien de Carthage, L’unité de l’Église
(De ecclesiae catholicae unitate), introd. P. Siniscalco e P. Mattei, trad. M. Poirier,
Paris 2006 (SCh 500), n. compl. 5 e 6 (269-271).
7
Cf. Ambr., paenit. 1,7,33 (SCh 179, 80); Aug., ps. Don. 238 (BA 28, 184), C. epist.
Fund. 4 (CSEL 25, 196); Palladius, fragm. 81(bis; CCSL 87, 188).
8
Prosp., c. coll. 5, 3; si veda infra.
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Successore ed erede di Pietro, il pontefice deve anche distinguersi di
fronte al mondo per l’apostolicità della sua sede. La formula “Sedes apostolica”, comunemente usata, almeno da Tertulliano per designare qualsiasi vescovado, si dota col tempo di un significato sempre più preciso in seno alla
Chiesa occidentale.9 Usata in primis dal papa Damaso, dopo il suo predecessore Libero,10 s’incontra, per esempio, una ventina di volte sotto la penna di
Agostino;11 anche papa Celestino I sembra apprezzarla in particolar modo
nelle lettere che manda in Oriente in occasione del concilio di Efeso;12 è
infine, come si poteva sospettare, col pontificato di Leone Magno che l’espressione acquisisce definitivamente il suo prestigio.13 Così il riferimento
all’apostolo – al primo di essi, “Princeps apostolorum” – ormai consolida, negli scritti che egli stesso spedisce, l’autorità del pontefice romano sui suoi
9
Mi limito qui ai riferimenti essenziali (per la trattazione di questa questione da
un autore in particolare, in questo caso Agostino, cfr. infra, n. 11): P. Batiffol, Le Siège
apostolique (359-451), Paris 1924; L.-M. Dewailly, Note sur l’histoire de l’adjectif apostolique,
in Mélanges de science religieuse 5 (1948), [141]-152; M. Maccarrone, La dottrina del Primato papale dal IV all’VIII secolo nelle relazioni con le Chiese occidentali, in Le Chiese nei regni
dell’Europa occidentale e i loro rapporti con Roma sino all’800 (7-13 aprile 1959), Spoleto
1960 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto Medioevo 7), 2, [633]742 (soprattutto 634-650), completato da Id., “Sedes Apostolica” et “Sedes Apostolicae”: de
titulo et ratione Apostolicitatis in ætate patristica et in altiore Medio Aevo, in Acta Congressus
internationalis de Theologia Concilii Vaticani II Romae diebus 26 septembris – 1 octobris 1966
celebrati, ed. A. Schönmetzer, [Città del Vaticano] 1968, 146-162.
10
Questa formula, sviluppata soprattutto a partire dal pontificato di Damaso, si
trova già usato da papa Liberio in una lettera a Eusebio di Vercelli del 354: epist. JK
211, 1, 1 (CCSL 9, 121); si veda P. Batiffol (†), Cathedra Petri, 152-154.
11
Su questo concetto nell’opera di Agostino, ci si riferisca agli studi seguenti: H.
Marot, La collégialité et le vocabulaire épiscopal du Ve au VIIe siècle, in Irénikon 36 (1963),
[41]-60 et 37 (1964), [198]-226, ristamp. in Y.-M. Congar, La collégialité épiscopale. Histoire et théologie, Paris 1965 (Unam Sanctam 52), [59]-98; A. Trapè, La Sedes Petri in S.
Agostino, in Miscellanea Antonio Piolanti, II, Romae 1964 (Lateranum 30), [57]-75; A.
de Veer, La succession apostolique, in Œuvres de saint Augustin, t. 31: Traités anti-donatistes IV, [Paris] 1968 (BA 31), n. compl. n° 27, 793-795; Id., Primauté du pape et collégialité, in Œuvres de saint Augustin, t. 23: Premières polémiques contre Julien, [Paris] 1974
(BA 23), n. compl. n° 23, 748-753; Id., La “Sedes apostolica”, in Œuvres de saint Augustin,
t. 22: La crise pélagienne II, Paris 1975 (BA 22), n. compl. n° 48, 819-821; J. Pintard,
Note sur “sedes apostolica” selon St. Augustin, SP, 16, 1985, [551]-556 (tabella riassuntiva
all’ultima pagina).
12
13
Caelestinus I, epist. JK 378 (ACO, 1, 2, 25); epist. JK 385, 6 (ibid., 100).
Su queste attestazioni e la loro interpretazione in un certo ambito cronologico,
si veda P. Batiffol (†), Cathedra Petri, [151]-168.
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
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fratelli nell’episcopato e tende a dare alle sue decisioni il peso che prima
avevano soltanto i canoni conciliari.14
3. L’apparizione dell’espressione
Quanto a sapere a quale epoca e per quali ragioni è stata forgiata l’espressione “Sancta Sedes”, verosimilmente sul modello di – e spesso in associazione con – l’espressione “Sedes apostolica”, solo un esame delle diverse
fonti che l’attestano ci permetterà di proporre qualche suggerimento.
Tale domanda merita tanto più attenzione che si potrebbe avere la tentazione di darle una risposta pronta e perentoria: la Sede romana deve evidentemente la sua santità a quella del suo primo vescovo, e per provare
ciò, vi sono dei documenti provenienti dalla cancelleria pontificia risalenti
anche al di là del pontificato di papa Milziade. Numerose decretali, infatti,
associate ai nomi dei primi papi, fanno menzione in questo modo della
“Sancta Sedes” romana, sin dal regno di Lucio I, alla metà del III secolo,
fino a quello di Damaso alla fine del secolo successivo, passando per altri
papi come Sisto II, Felice I, Marcello, Milziade, Giulio I e Felice II.15 In realtà, tutte queste lettere, senza eccezione, sono conservate nella collezione
cosiddetta delle False decretali dello pseudo-Isidoro e fanno parte dei pezzi
inautentici della raccolta:16 sono dunque dovute ad uno o più falsari che
14
Sul peso più forte dei concili e sull’evoluzione di questo equilibrio, si veda M.
Simonetti, Il concilio, il papa e l’imperatore, in I concili della cristianità occidentale (secoli
III-V). XXX Incontro di studiosi dell’antichità cristiana (Roma, 3-5 maggio 2001), Roma
2002 (SEA 78), [25]-34; e sull’implicazione dei papi Damaso e Leone nell’innalzare
le lettere pontificie al rango di testi canonici, D. Moreau, Non impar conciliorum
extat auctoritas. L’origine de l’introduction des lettres pontificales dans le droit canonique,
in L’étude des correspondances dans le monde romain de l’Antiquité classique à l’Antiquité
tardive: permanences et mutations. Actes du XXXe Colloque international de Lille (20-21-22
novembre 2008), ed. J. Desmulliez, Ch. Hoët-van Cauwenberghe et J.-Ch. Jolivet, [Villeneuve-d’Ascq] [2010] (Travaux & recherche UL3), [487]-506.
15
Indico solo, in forma abbreviata, i dati del repertorio di R. Gryson, Vetus Latina: die Reste der altlateinischen Bibel, 1/1, Répertoire général des auteurs ecclésiastiques
latins de l’Antiquité et du haut Moyen Âge, 2 vol., Freiburg 2007, che rimanda a sua volta
ai riferimenti precisi nell’edizione curata da P. Hinschius (cfr. qui n. 16): PS-LUCs;
PS-SIX II.; PS-FEL I., 3; PS-MARCl, 2; PS-MIL; PS-JUL I., 2 et 4; PS-ATH Lib; PS-ATH
Fel; PS-FEL II.; PS-DAM, 2 et 3.
16
Decretales pseudo-isidorianae et Capitula Angilramni, ad fidem librorum manuscriptorum recensuit, fontes indicavit, commentationem de collectione Pseudo-Isidori praemisit P. Hinschius, Lipsiae 1863. La prima decretale conosciuta della storia
della Chiesa è, infatti, quella di papa Siricio, secondo K. Zechiel-Eckes (†), Die erste
Dekretale: Der Brief Papst Siricius’ an Bischof Himerius von Tarragona vom Jahr 385 (JK
255), ed. D. Jasper, Hannover 2013 (MGH. Studien und Texte 55), invece di un’altra
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JÉRÉMY DELMULLE
le scoperte di K. Zechiel-Eckes hanno dimostrato dover essere localizzati
all’abbazia di Corbie in Francia, non prima degli anni 830.17 Due considerazioni si impongono: in primo luogo, si sa quale posta in gioco costituissero
per il responsabile di questa contraffazione la difesa della Chiesa romana e
l’esaltazione del suo primato;18 in secondo luogo, l’espressione che ci interessa era già diventata a quell’epoca di uso assolutamente corrente.
Prima del terminus fissato per le nostre riflessioni – l’epoca del regno di
Giustiniano e del pontificato di Giovanni III –, si contano ventiquattro lettere che menzionano le parole “Sancta Sedes” per le quali si presume che siano
state scritte da, oppure mandate a, dei vescovi romani. Su queste ventiquattro, quattordici sono quindi dei falsi altomedioevali; sulle dieci rimanenti,
una sola è anteriore, anche se di poco, al pontificato di Leone Magno, presentato volentieri come un periodo cardine rispetto alla questione dell’auc(JK post 285), che è stata a lungo attribuita a Damaso e datata al 383-384: si veda
Y.-M. Duval, La décrétale Ad Gallos Episcopos: son texte et son auteur, texte critique,
traduction française et commentaire, Leiden-Boston 2005 (Supplements to Vigiliae
Christianae 73).
17
Per l’identificazione e la datazione di questa contraffazione, si veda K. ZechielEckes, Zwei Arbeitshandschriften Pseudoisidors (Codd. St. Petersburg F. v. I. 11 und Paris lat.
11611), in Francia. Forschungen zur westeuropäischen Geschichte 27, 1 (2000), 205-210; Id.,
Ein Blick in Pseudoisidors Werkstatt. Studien zum Entstehungsprozeß der falschen Dekretalen.
Mit einem exemplarischen editorischen Anhang (Pseudo-Julius an die orientalischen Bischöfe,
JK †196), in Francia. Forschungen zur westeuropäischen Geschichte 28, 1 (2001), 37-90; Id.,
Auf Pseudoisidors Spur. Oder: Versuch, einen dichten Schleier zu lüften, in Fortschritt durch
Fälschungen? Ursprung, Gestalt und Wirkungen der pseudoisidorischen Fälschungen. Beiträge zum gleichnamigen Symposium an der Universität Tübingen vom 27. und 28. Juli 2001,
ed. W. Hartmann et G. Schmitz, Hannover 2002 (MGH. Studien und Texte 31), 1-28.
18
Si veda soprattutto H. Fuhrmann, Päpstlicher Primat und Pseudoisidorische Dekretalen, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken 49 (1969),
318-339, A. Marchetto, Episcopato e primato pontificio nelle Decretali pseudo-isidoriane.
Ricerca storico-giuridica, Roma 1971, e recentemente C. Harder, Pseudoisidor und das
Papsttum: Funktion und Bedeutung des apostolischen Stuhls in den pseudoisidorischen Fälschungen, Köln 2014 (Papsttum im mittelalterlichen Europa 2). In modo più generale,
che non si limita dunque al caso dello pseudo-Isidoro, le collezioni di decretali, sia
autentiche che false, constituiscono un vero veicolo per l’imposizione del primato
romano nel Medioevo, come dimostrato da H. Mordek, Der römische Primat in den
Kirchenrechtssammlungen des Westens vom IV. bis VIII. Jahrhundert, in Il primato del vescovo
di Roma nel primo millennio. Ricerche e testimonianze. Atti del Symposium storico-teologico
(Roma, 9-13 Ottobre 1989), ed. M. Maccarrone, Città del Vaticano 1991 (Atti e documenti 4), [523]-566; si veda anche B. E. Ferme, The Roman Primacy and the Canonical
Collections of the First Millennium, in Primato pontificio ed episcopato dal primo millennio
al Concilio Ecumenico Vaticano II. Studi in onore dell’Arcivescovo Agostino Marchetto, ed. J.
Ehret, Città del Vaticano 2013 (Storia e attualità 19), [137]-164 (155-163 a proposito
dello ps.-Isidoro).
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
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toritas Romana – alcuni vedono addirittura in questo papa «il teologo del
primato più completo del primo millennio».19 Ma questa lettera, anche se
spedita a Sisto III, usa l’espressione “Sancta Sedes” non per qualificare la
Chiesa romana, ma per designare quella costantinopolitana (e quindi, all’epoca, proprio la sede di Nestorio!).
Una volta eliminati tutti i documenti non autentici, si impone con maggior chiarezza la constatazione dell’estrema rarità di questa espressione nei
primi secoli della storia della Chiesa. Effettivamente la prima riflessione abbastanza estesa su questa questione non si trova prima dell’epoca di papa
Leone. Ma questo non vuol dire che le parole “Sancta Sedes” non siano state
utilizzate più presto, e agli stessi fini; ma bisogna cercarne le attestazioni
più antiche esclusivamente in altre fonti, non provenienti dal papato stesso.
Conviene adesso esaminare in dettaglio, seguendo l’ordine cronologico, le
diverse menzioni di questa espressione.
a. La prima occorrenza che si conosca si legge, sì, in un atto ufficiale,
emesso però dal potere imperiale: si tratta del rescritto mandato da Graziano e Valentiniano II al vicario urbano Aquilino, che si può datare agli
anni 378-379.20 Chiamati a decidere nella controversia che allora opponeva
i due pretendenti al trono pontificio, Ursino, fuggito in esilio, e Damaso, i
due imperatori si pronunciano a favore di quest’ultimo e poi, in un passo
ben noto che porrà le basi della giurisdizione papale successiva, precisano il
rilievo che spetta secondo loro proprio alla Chiesa di Roma:21
Quei persecutori della santissima Sede (insectatores sanctissimae sedis) che non
hanno temuto di disturbare con le più vili calunnie il vescovo Damaso, uomo
di mente santissima (mentis sanctissimae uirum), approvato non solo dalla potenza di Dio, ciò che già sarebbe stato sufficiente, ma anche dall’esame dei
19
Secondo la formula di R. Minnerath, La tradition doctrinale de la primauté pétrinienne au premier millénaire, in Il primato del successore di Pietro. Atti del Simposio teologico
(Roma, dicembre 1996), Città del Vaticano 1998 (Atti e documenti 7), [117]-143 (129).
Sul pontificato di Leone Magno in quanto momento cardine, oltre ad E. Caspar,
Geschichte des Papsttums, I, [423]-564, si veda M. Wojtowytsch, Papsttum und Konzile von
den Anfängen bis zu Leo I (440-461): Studien zur Entstehung der Überordnung des Papstes
über Konzile, Stuttgart 1981 (Päpste und Papsttum 17), 318-350.
20
Per la datazione, si veda G. Gottlieb, Gratianus in RAC 12 (1983), 718-732 (con
bibliografia complementare). Su questo rescritto, si veda S. Petrini, La lunga fortuna
di un decreto di Graziano, in Atti del Convegno Processo civile e processo penale nell’esperienza
giuridica del mondo antico. In memoria di Arnaldo Biscardi (Siena, Certosa di Pontignano,
13-15 dicembre 2001), [Milano] 2011 (Collana della Rivista di diritto romano), 225-230.
21
Si veda il commento di U. Reuter, Damasus, Bishof von Rom (366-384). Leben und
Werk, Tübingen 2009 (Studien und Texte zu Antike und Christentum 55), 170-181.
456
JÉRÉMY DELMULLE
giudici, e che è stato approvato anche dal nostro divino padre Valentiniano
[…].22
In questo testo si tratta ovviamente della sede vescovile di Roma, tanto
contesa e per la quale gli imperatori sono d’accordo nel riconoscerne la legittima attribuzione a Damaso. Eppure, l’appellazione di “santissima sede”
non sembra aver acquisito ancora lo statuto di epiteto fisso, come lo suggerisce il parallelo tracciato tra questa “sanctissima sedes” e la “mens sanctissima”
di Damaso.
b. Mezzo secolo più tardi, è in una lettera indirizzata dall’imperatore
d’Occidente Onorio a quello d’Oriente Teodosio II nel 421 che si può trovare una menzione meno equivoca della “sancta Sedes apostolica”. Facendo eco
ad una richiesta di papa Bonifacio, in reazione all’annessione dell’Illirico
alla sede di Costantinopoli,23 Onorio scrive al suo omologo:
Certo non possiamo rifiutare a tutte le cause per le quali si invoca il nostro
aiuto la nostra intercessione presso le orecchie della Tua Clemenza; dobbiamo però trattare con una cura e una diligenza per forza più grandi quelle
che contengono i desideri della santa Sede apostolica (quibus sanctae sedis
apostolicae desideria continentur).24
Non è insignificante che il ricorso di Onorio alla metonimia e l’espressione “Santa Sede” siano accompagnate, nel seguito della missiva, da molte altre testimonianze della volontà dell’imperatore di veder riconosciuto,
contro la potenza di Costantinopoli, il Romanus principatus – a proposito del
22
Coll. Avell. 13, 9: Hinc illi insectatores sanctissimae sedis non solum dei numine, quod
satis erat, sed etiam iudiciorum examine exploratum mentis sanctissimae uirum, ut etiam diuo
patri Ualentiniano est comprobatum, turpissimis calumniis episcopum Damasum inquietare
non ueriti, […] (CSEL 35.1, 56-57).
23
Cf. Cod. Theod. 16, 2, 45 (SCh 497, 212-213). Su questo affare, si veda S. Vailhé,
Annexion de l’Illyricum au patriarcat œcuménique, in Échos d’Orient 14 (1911), [29]-36; V.
Grumel, Le vicariat de Thessalonique et le premier rattachement de l’Illyricum oriental au
patriarcat de Constantinople, in Annuaire de l’École des législations religieuses 1 (1950-1951),
49-63; R. Popoviἕ, Le christianisme sur le sol de l’Illyricum oriental jusqu’à l’arrivée des
Slaves, Thessaloniki 1996, 187-192.
24
Coll. Thessal. 15: Omnibus quidem causis in quibus nostrum postulatur auxilium,
intercessionem apud aures tuae clementiae profuturam negare non possumus, sed his maiorem
necessario curam studiumque debemus, quibus sanctae sedis apostolicae desideria continentur,
ex qua et Romanum accepimus <imperium>, et principium sacerdotium. (ed. in Epistularum
Romanorum Pontificum ad vicarios per Illyricum aliosque episcopos Collectio Thessalonicensis
ad fidem codicis Vat. Lat. 5751 recensuit C. Silva-Tarouca, Romae 1937 [Textus et
documenta in usum exercitationum et praelectionum academicarum 23], 43).
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
457
quale dice: «Poiché è il favore divino che governa il nostro impero, non c’è
dubbio che dobbiamo venerare la Chiesa di questa Città secondo un culto
specifico (speciali … cultu)».25
c. Verso la fine dello stesso decennio, tra il 427 e il 429,26 Agostino espone
in una lettera al suo collega e amico Alipio l’esito complicato di una causa
per malcostume: un uomo di alto livello sociale, che si era reso colpevole
del rapimento di una monaca e che per questo crimine era stato castigato,
ha fatto appello a papa Celestino, il quale gli ha dato riparazione per essere
stato picchiato in modo spropositato. Arrabbiandosi contro tale decisione,
Agostino afferma:
Se costui che ha fatto ciò nella querela indirizzata a una così santa sede (tam
sanctae sedi tradito) deve – a quanto pare – non solo non essere punito dai
vescovi, ma essere perfino difeso, allora io non so che dire!27
In questo caso, nonostante l’evocazione della “santità” della Sede romana, non siamo tuttavia di fronte all’uso della formula ufficiale “Sancta Sedes”,
come lo prova la presenza dell’avverbio “tam” che precede l’aggettivo “sancta”, che non ha qui valore di epiteto fisso.
d. Poi, nel 432-433, un fervente discepolo di Agostino, Prospero di
Aquitania, nel suo trattato contro Giovanni Cassiano, ricorre, in una ricapitolazione storica, ad una formulazione più solenne ancora per caratterizzare tutte le decisioni prese dai papi successivi contro Pelagio e i suoi
seguitori, affinché possa essere convinto più efficacemente il nuovo titolare della Sede romana, Sisto III.28 Qui l’obiettivo del polemista è quello
25
Coll. Thessal. 15: Nam cum favore divino nostrum semper gubernatur imperium, procul
dubio illius urbis ecclesia speciali nobis cultu veneranda est (ed. in Epistularum Romanorum
Pontificum, 43-44).
26
Questa è la datazione proposta da A. Gabillon, Introduction à la Lettre 9*, in
Œuvres de saint Augustin, t. 46B: Lettres 1* – 29*, [Paris] 1987 (BA 46B), n. compl. n° 1,
461-462 (qui 461); R. Teske, in Letters 211-270, 1*-29* (Epistulae), New York 2005 (The
Works of Saint Augustin. A Translation for the 21st Century II/4), 259, rimane invece
alla forchetta cronologica più ampia dal 422 al 429 (già data da A. Gabillon, ibid.).
27
Aug., epist. Divj. 9, 4: iste qui hoc fecit in libello tam sanctae sedi tradito non solum
non puniendus episcopis uerum etiam uindicandus uidetur, quid dicam nescio (ed. J. Divjak,
BA 46B); la traduzione qui citata è quella di L. Carrozzi (Sant’Agostino, Le Lettere.
Supplemento: 1*-29*, introd., trad., note e indici di L. Carrozzi, Roma 1992 [Nuova
Biblioteca Agostiniana. Opere di Sant’Agostino 23/A], 76).
28
Sull’enjeu romano di questo trattato e sull’importanza del passo qui esaminato,
si veda J. Delmulle, Le Contra collatorem de Prosper d’Aquitaine, l’appel à Rome du parti
augustinien dans la controverse postpélagienne, di prossima pubblicazione nella collana
Textes et Études du Moyen Âge (Barcelona, FIDEM).
458
JÉRÉMY DELMULLE
di contrastare le posizioni dei suoi avversari, i cosiddetti doctores Gallicani,
richiamandosi alla giurisprudenza del potere pontificio in questa questione. Per fare questo, Prospero cerca di produrre un effetto stilistico, attraverso un’anafora che dà al paragrafo la sua struttura: ogni ricordo relativo
a uno dei papi è introdotto da un “errauit” o un “errauerunt” ironico; a ciò
si aggiunge un certo gusto per la variatio: Innocenzo è prima considerato
da Prospero come «Petri sede dignissimus», dopodiché una formula simile
lo designa, in un testo firmato dai Padri del concilio di Cartagine («de
beatissimi apostoli Petri sede»); è poi Zosimo che, a più riprese, è associato a
Pietro come l’«apostolicae sedis antistes», oppure anche come incarnazione
stessa di questa Sede, quando si tratta di evocare la pubblicazione della
sua Tractoria:
È stata nell’errore la sacrosanta Sede del beato Pietro (sacrosancta beati Petri
sedes), che si esprime in tal modo a tutto l’universo attraverso la bocca del
papa Zosimo: […]29
Questa menzione è tanto più importante per il nostro proposito che,
dei sei interventi pontifici ricordati in questo passo, quest’ultimo è l’unico ad attribuire l’errore presunto a un’entità (“sacrosancta Sedes”) piuttosto
che a un individuo oppure un gruppo di individui – particolarità che già
M. Maccarrone interpretava come un’insistenza sull’universalità della Sede
apostolica,30 per di più riguardo a una lettera enciclica.
e. Più notevoli ancora sono due documenti che hanno in comune il fatto
di essere delle lettere spedite a dei papi romani da vescovi orientali e di applicare l’espressione “Sancta Sedes” alla sede di Costantinopoli. Si tratta della
lettera, già indicata sopra, mandata allo stesso papa Sisto III alla fine del
concilio di Efeso, dai due oppositori del partito cirilliano, Euterio di Tiana
ed Elladio di Tarso.31 Per denunciare alle istanze romane le decisioni del
29
Prosp., c. coll. 5, 3: Errauit sacrosancta beati Petri sedes, quae ad uniuersum orbem
papae Zosimi ore sic loquitur (ed. Delmulle, CCSL 68; trad. personale).
30
M. Maccarrone, “Sedes apostolica – Vicarius Petri”. La perpetuità del primato di Pietro
nella sede e nel vescovo di Roma (secoli III-VIII), in Il primato del vescovo di Roma nel primo
millennio. Ricerche e testimonianze. Atti del Symposium storico-teologico (Roma, 9-13 Ottobre
1989), ed. M. Maccarrone, Città del Vaticano 1991 (Pontificio comitato di scienze
storiche. Atti e documenti 4), [275]-362 (299), reprod. in M. Maccarrone, Romana
Ecclesia, cathedra Petri, ed. P. Zerbi, R. Volpini e A. Galuzzi, I, Roma 1991 (Italia sacra.
Studi e documenti di storia ecclesiastica 47), [1]-101 (28).
31
Su Euterio di Tiana, si veda ancora G. Ficker, Eutherius von Tyana: Ein Beitrag
zur Geschichte des ephesenischen Konzils vom Jahre 432, Leipzig 1908, nonché A. Van Roey,
Euthérius de Tyane, in DHGE 16 (1967), 50-51.
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
459
concilio, la deposizione di Nestorio e il capovolgimento di Giovanni Antiocheno, i due vescovi cercano di rendere nota la loro difesa del precedente
patriarca, «che allora, scrivono, dirigeva la santa Sede di una città molto
rinomata» (qui tunc sanctam sedem regebat magni nominis urbis).32
Quasi venti anni dopo, durante il concilio di Calcedonia, Anatolio Costantinopolitano, lontano successore di Nestorio, rivendica a sua volta,
con altri firmatari, per la stessa sede il riconoscimento della sua santità (“ὁ
”, “
”).33 Ma costui lo fa in un modo così esplicito, che
mette in luce l’applicazione di questa qualifica innanzitutto alla Chiesa di
Roma. In una lettera scritta a Leone Magno il patriarca orientale reclama
per la sua sede la prerogativa proprio dopo quella di Roma, in quanto, egli
precisa, Costantinopoli è la “
Ῥ
”; facendo questo, reitera ad litteram
le istanze del terzo canone del concilio costantinopolitano del 381,34 non
senza aggiungere, tuttavia, di sua invenzione la qualifica di “santissimo”,
che mancava nei suoi predecessori. Aggiunge ancora, a titolo di motivazione supplementare:
32
Coll. Casinensis, 205 (= epist. 4, 3): Scribens enim Cyrillus Alexandrinus blasphemam
uocum nouitatem per bis sena capitula uniuersæ diuinitus inspiratæ scripturae contrariam
et anathematizantem legitimas et antiquas sanctorum patrum traditiones et maxime illorum
qui excelsa quidem Christi diuinitati ascribant, humilia uero humanitati eiusdem, nusquam
unitione eius incidenda, proposuit ei qui tunc sanctam sedem regebat magni nominis urbis,
qui fuit a principio probatus et notus circa fidem, circa uitam, circa doctrinam uerbi et circa
uniuersa, Nestorio, <ut> aut consentiret capitulis eius atque suscriberet ea et permaneret episcopus aut certe periclitaretur in gradu et a sancta ecclesia pelleretur. (ACO, 1.4, 145-148, ici
146). Su questa lettera, si veda Ch. Fraisse-Coué, D’Éphèse à Chalcédoine: “la paix trompeuse” (433-451), in Histoire du christianisme des origines à nos jours. III: Les Églises d’Orient
et d’Occident, dir. L. Pietri, [Paris] 1998, [9]-77 (21 et n. 54).
33
Conc. Chalc., actio 17, 8 (ACO, 2.1.3, 89). Le stesse parole vengono ripetute
durante parecchie discussioni, per esempio nell’intervento di Aetios, arcidiacono
di Costantinopoli (actio 14, 37):
π
(ibid.,
62) o quello di Marinianos di Synnada (actio 17, 28):
ῦ
π
ῦ
ῦ,
,
π
ῖ π
π
(ibid., 97).
34
Pubblicato in G.A. Rallès e M. Potlès,
π
π
,
π
,
π
, Athenesin 1852, II, 173. Commento da
G. Dagron, Constantinople, la primauté après Rome, in Politica retorica e simbolismo del
primato: Roma e Constantinopoli (secoli IV-VII). Atti del Convegno Internazionale (Catania, 4-7 ottobre 2001) [Omaggio a Rosario Soraci], ed. F. Elia, Catania 2002, I, [23]-38
(qui 25-26).
460
JÉRÉMY DELMULLE
Siccome al trono dell’antica Roma, perché quella città imperava, i Padri concessero a giusto titolo dei privilegi, così per lo stesso motivo i centocinquanta
vescovi onorarono di uguali privilegi il trono santissimo della nuova Roma.35
f. Soltanto a partire da quest’epoca s’incontra più regolarmente l’espressione “Sancta Sedes” sotto la penna dei papi stessi: Pelagio I, per esempio,
evoca almeno due volte la “sanctae sedis apostolicae, cui divina gratia praesidemus,” e mette avanti l’“auctoritas sanctae sedis apostolicae”.36 La stessa formulazione, quasi concepita come un titolo ufficiale, non è assente neanche nelle
missive dei loro corrispondenti: basti ricordare la lettera sinodale scritta nel
535 da Reparato di Cartagine ed altri vescovi africani per il papa Giovanni
in favore dei Tre Capitoli, che sono state ricevute dopo la sua morte da
Agapeto,37 oppure quelle effettivamente mandate a papa Ormisda.38
g. Notiamo, per finire, che l’espressione in esame si trova utilizzata, benché non spesso, per qualificare una sede diversa da quella romana. L’abbiamo già constatato a proposito di Costantinopoli, anche se in questo caso si
trattava di ricordare lo statuto preminente di Roma, che fu, per così dire,
conferito in seguito alla nuova capitale dell’impero. Ma possiamo trovare
altre occorrenze interessanti di tentativi da parte di altre sedi di attribuirsi
questo titolo onorevole, come per esempio, negli atti del concilio di Cartagine del 525, da parte del vescovo di Zattara, Felice, che evoca, indirizzandosi
al vescovo romano Bonifacio II, la “sancta sedes Carthaginensis Ecclesiae”…39
35
ὁ
Conc. Chalc., actio 17, 8:
π
Ῥ
π
π
π
ῖ
π
π
ἴ π
ῖ
Ῥ
. Si veda anche, un po’ prima:
π
π
π
Ῥ
(ACO, 2.1.3, 89).
ῖ
36
Pelagius I, epist. JK 944: Maiorum nostrorum, operante Dei misericordia, cupientes inherere uestigiis, et eorum actus diuino iuuamine in omnibus imitari, caritati tuae per uniuersam Galliam sanctae sedis apostolicae, cui diuina gratia praesidemus, uices iniungimus. (ed.
P.M. Gassó - C.M. Batlle, Pelagii I papae epistulae quae supersunt (556-561), Montserrat
1956 [Scripta et documenta 8], 14); si veda anche Id., epist. JK 945: In eo auctoritati
sanctae sedis apostolicae et genio uestro, qui pro eo suffragatores acceditis, quod absit, uideatur
in aliquo derogari (ibid., 19).
37
Talis quippe es, qualem sancta sedes Petri merebatur habere pontificem, dignus veneratione, plenus dilectione, loquens veritatem sine mendacio, nihil faciens arroganter (ed. Mansi,
VIII, 808).
38
Da Epifanio di Costantinopoli; si legge allora la forma invertita, più rara, «sedes
sancta»: Coll. Avell., epist. 195, 3 (CSEL 35.2, 653).
39
Conc. Carth. 525: quibus perstrictim episcopalis honor subiacebat arctatus, promotionibus sumis pertribuit huic sanctae sedi Carthaginensis ecclesiae sacerdotem (CCSL 149, 260);
A QUANDO RISALE L’USO DELL’ESPRESSIONE “SANCTA SEDES” ?
461
4. Il suo significato e le sue connotazioni
Come ho cercato di mostrare, l’espressione “Sedes apostolica”, ovviamente
senza sparire del tutto, ha acquisito col tempo una nuova configurazione,
che tende a designare la Chiesa – principalmente quella di Roma – come
“santa” oltre che “apostolica”. Ma cosa implica realmente questa aggiunta,
per nulla insignificante?
Innanzitutto, trasferendo oppure estendendo la santità del primo vescovo, Pietro, alla sua funzione e alla sua sede stessa – facendo quindi della
santità una qualità trasmissibile – quest’espressione tende a creare nello
stesso tempo un’evidente analogia con la Chiesa universale, che è invece
comunemente detta “santa”.
Ormai associato anche a “sedes”, l’aggettivo “sanctus” contribuisce a dotare l’istituzione romana di una qualità supplementare, che forse non è senza
incidenza sulla fortuna di questa formulazione. Infatti, per un lettore o un
uditore cristiano dei secoli IV e V, le parole “sancta sedes” sono, prima di tutto, un’espressione salmica; il versetto 9 del Ps. 46 dice: «Regnauit Deus super
gentes; Deus sedit super sedem sanctam suam».40 Quindi, nella Bibbia, la “sancta
sedes” – non meno che il suo equivalente nella versione dei Settanta che è
precisamente “ὁ
” che abbiamo incontrato nelle fonti greche41
– designa esclusivamente la sede di Dio, qui evocata, per di più, a proposito
del suo regno eterno.42 Inoltre, è questo un versetto citato spesso dai Padri
e nel quale sant’Agostino, tra gli altri, ha letto un’immagine dei cieli, luogo santo per eccellenza (in questo solo uso esclusivo, l’aggettivo “beatus”
si può sostituire a “sanctus” nell’espressione “sancta sedes”).43 Tutte queste
sfumature non devono, a mio avviso, essere trascurate quando si abborda la
quomodo nobis denegari potuit qui de hac sede sancta Carthaginensis ecclesiae, quae primatum
totius Africanarum ecclesiarum habere uidetur, auxilium quaesiuimus (ibid., 279).
40
Almeno nella traduzione fatta sul testo dei Settanta: si veda Biblia sacra iuxta
Vulgatam versionem, recensuit R. Weber, Stuttgart 1969, I, 826; la traduzione iuxta Hebraeos, invece, contiene per la seconda metà del versetto questo testo: Deus sedet super
thronum sanctum suum (ibid., 827).
Ps. 46,9 LXX:
ὁ
,ὁ
ῦ (ed. Septuaginta id est Vetus Testamentum graece iuxta LXX interpretes edidit A.
Rahlfs. II: Libri poetici et prophetici, Stuttgart 1935, 49).
41
42
L’età dei papi Sisto III e Leone Magno è precisamente quella di una concezione rinforzata dell’eternità di Roma, chiamata a proseguire con l’avvento di una
Roma dei papi: si legga innanzitutto F. Paschoud, Roma aeterna. Études sur le patriotisme romain dans l’Occident latin à l’époque des grandes invasions, Rome 1967.
43
Per esempio Aug., en. ps. 46, 10: Deus sedet super sedem sanctam suam. Quae sedes
eius sancta? Forsitan caeli; et bene intellegitur. […] Sedet super sedem sanctam suam. Caeli
sunt sedes sancta eius? Vis et tu esse sedes eius? (CCSL 38, 535).
462
JÉRÉMY DELMULLE
questione attraverso delle opere, come quella di Prospero per esempio, che
non sono più dei semplici atti di cancelleria, ma dei testi letterari.
E proprio nel passo prosperiano citato prima, si nota un’altra innovazione che rafforza ancora lo statuto prestigioso di Roma. Per parlare di papa
Zosimo, Prospero ricorre, infatti, ad una forma composta espressiva dell’aggettivo, scrivendo non sanctus, ma sacrosanctus, ciò che introduce una sfumatura semantica in più particolarmente notevole. Come si sa bene, questo aggettivo composto ha avuto nella latinità un’evoluzione propria, fino a servire,
nell’età imperiale, a designare il Dio dei cristiani.44 Ma precisamente nei testi
cristiani, e soprattutto patristici, non lo si trova mai, prima di questa attestazione in Prospero, per qualificare altra cosa che Dio stesso. Ecco, forse, da
parte di un partigiano convinto dell’autorità romana, quale fu Prospero, un
modo di dare ancora più lustro alla Chiesa romana, alla quale si rivolge per
far sentire le richieste dei Galli e avere la meglio sui suoi avversari.
5. Conclusione
Alla fine di quest’indagine terminologica, è possibile trarre qualche punto di conclusione. La nostra espressione di “Sancta Sedes” s’incontra, senz’altro, nei testi ben prima del Medioevo, ma resta ancora molto rara. La cosa
forse più sorprendente è che i documenti conservati che l’attestano non
provengono dai papi stessi, ma invece dal potere imperiale. Non è prima
dell’epoca di Prospero e dei pontificati di Sisto III e di Leone Magno que si
legge quest’uso di tale formula, prima in un contesto polemico, nel quale
la Sede romana deve essere adulata, e solo poi nelle lettere decretali, come
rivendicazione della potestas del papa o come formula più comunemente
adottata e destinata a una grande fortuna.45
JÉRÉMY DELMULLE
44
Qui rimando ad E. Forcellini, Lexicon totius Latinitatis, ed. G. Furlanetto, F.
Corradini e J. Périn, Patavii 1940, I, s.v., 188. In origine è detto sacrosanctus ciò che
è difeso da un vero sacramento: É. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indoeuropéennes. II: Pouvoir, droit, religion, Paris 1969, 187-192 (partic. 191); si veda anche
M. Morani, Aspetti del lessico religioso latino, in Atti del Sodalizio glottologico milanese 22
(1981), 24-26.
45
A tal punto che il papa, regolarmente per secoli chiamato episcopus, papa, vicarius (Petri o Christi), summus pontifex, ha ricevuto anche lui, benché tardivamente,
la denominazione oggi più diffusa di «Santo Padre» o «Sua Santità», senza che si
possa fissare una data precisa all’apparizione di questo uso: si veda Y.-M. Congar,
Titres donnés au pape, in Concilium. Revue internationale de théologie 108 (1975), [55]-64
(reprod. in Id., Droit ancien et structures ecclésiales, London 1982 [Collected Studies
Series 159], VI).
INDICE GENERALE
TEMI INTRODUTTIVI
Angelo Di Berardino, Organizzazione geografica delle comunità cristiane al
tempo del concilio di Nicea (325).............................................................
7
Philippe Blaudeau, Qu’est-ce que la géo-ecclésiologie? Eléments de définition
appliqués à la période tardo-antique (IVe-VIe s.)............................................. 39
Vittorino Grossi, A proposito delle chiese “principali” nell’evo patristico
Piste d’individuazione.............................................................................. 57
Manlio Simonetti, Conflitti di potere nella controversia ariana: Antiochia
Alessandria Roma.................................................................................... 81
ROMA E COSTANTINOPOLI
María Victoria Escribano Paño, De Constantinopla a Roma: La sinodal del
concilio de Constantinopla (382) al concilio de Roma (382) (Theod. Hist. eccl.
5, 9, 1-18)................................................................................................ 93
Mattia C. Chiriatti, Un esempio di politica geoecclesiale: il caso di Anastasio
I e il patriarcato di Costantinopoli.......................................................... 115
Pere Maymó i Capdevila, Una incómoda herencia justinianea: Gregorio
Magno y las pretensiones ecuménicas de Juan el Ayunador...................... 127
ITALIA E AFRICA
Mario Iadanza, Il vescovo Emilio di Benevento e la delegazione inviata a
Costantinopoli da Innocenzo I (405/6). La testimonianza di Palladio.......... 139
Vincenzo Lombino, Leonzio di Agrigento (787-828). Concezione della pentarchia di un greco di Sicilia....................................................................... 155
Stanisław Adamiak, Il presule di Cartagine – vescovo, arcivescovo, primate,
patriarca?............................................................................................... 169
534
INDICE GENERALE
CONCILI E REGOLE
Johannes Hofmann, Verbindlichkeit, Wandel und Grenzen der Bestimmungen der ersten vier ökumenischen Synoden zum Vorrang der alten Hauptkirchen
des Römischen Reiches und zum Aufstieg Konstantinopels und Jerusalems....... 181
Matias Augé, Uso e abuso dei dittici nelle chiese antiche................................. 211
ILLIRICO
Geoffrey Dunn, Boniface I and Roman Ecclesiastical Supervision of the
Churches of Illyricum Orientale: The Evidence of Retro maioribus to Rufus
of Thessaloniki......................................................................................... 221
Ivan Bodrožiἕ, La Chiesa di Salona tra Roma e Bisanzio dal IV al VII secolo... 237
Dominic Moreau, La partitio imperii et la géographie des Balkans:
entre géopolitique et géo-ecclésiologie........................................................... 255
GALLIA E HIBERIA
Rossana Barcellona, Roma e Gallia. Cesario di Arles, modi e ragioni di una
svolta...................................................................................................... 289
Raúl Villegas Marín, La primacía de Arlés en las iglesias galas durante el
episcopado de Patroclo (411/413-426)......................................................... 307
Víctor R. Panach - José Cebrián Cebrián, La configuración de la iglesia Valentina desde el martirio de San Vicente (año 304) hasta el concilio
valentino (año 546) en tiempos del obispo Justiniano.............................. 319
Alberto D’Incà, «Priscillianus Avila episcopus ordinatur» (Hyd., Chron.
II, 13B). La disputa priscillianista e la ridefinizione degli assetti ecclesiali
nell’Occidente tardoantico.......................................................................... 329
RELIQUIE E ARCHEOLOGIA
Roberto Spataro, “Miti di fondazione”. La Chiesa di Gerusalemme nel V
secolo e il ritrovamento delle reliquie di Santo Stefano Martire...................... 339
Margherita Cecchelli, Il ruolo delle basiliche patriarcali nel sistema gestionale
della Roma cristiana................................................................................. 345
INDICE GENERALE
535
Donatella Nuzzo, Roma e l’organizzazione delle Chiese dell’Italia suburbicaria
da Damaso a Gregorio Magno.................................................................... 373
Alessandra Milella, San Teodoro e il culto dei martiri orientali a Roma, un
ponte tra Oriente e Occidente: esiti architettonici e iconografici...................... 389
ROMA
Teresa Sardella, Vescovo di Roma o ‘patriarca’ d’Occidente? Appunti dalla
corrispondenza papale sulle elezioni del 483, 499, 501................................... 411
Clara Polacchi, La lettera di Gelasio I ad Eufemio (492).............................. 429
Emanuele Di Santo, Girolamo, lo scisma di Antiochia e la Cathedra Petri..... 439
Jérémy Delmulle, A quando risale l’uso dell’espressione “sancta sedes” per
designare la Chiesa romana?.................................................................... 449
ORIENTE
Ewa Wipszycka, Le ragioni interne della potenza del patriarcato alessandrino.. 465
Georgy Evgen’eviа Zakharov, La crise arienne du IVe siècle et la formation de
l’opposition Occident-Orient dans la tradition chrétienne................................ 475
Dan Ruscu, Cultural identities and personal relationships in structuring the
ecclesiastical networks around the Black Sea in the 4th-6th centuries.................... 481
TEMI CONCLUSIVI
Ramón Teja - Silvia Acerbi, La lucha contra la herejía en la geoeclesiología de los siglos V y VI: la intolerancia de Roma frente a las aspiraciones
de Constantinopla.................................................................................... 493
Paul Mattei, Après Justinien: les derniers temps d’une Église d’Empire. Documents latins d’Afrique, authentiques ou apocryphes, relatifs à la controverse
monothélite: leur contenu considéré surtout sous l’angle ecclésiologique et
«géo-ecclésial»..................................................................................... 505
INDICE GENERALE............................................................................. 533