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CONSERVAZIONE E RESTAURO DEL VETRO

2002, VETRO E CERAMICA- Altare -IV Scuola Nazionale di Chimica per i Beni Culturali

Principali problematiche affrontate nel restauro dei reperti e degli oggetti in vetro. Le fasi dell' intervento tecniche e metodologie.

CONSERVAZIONE E RESTAURO DEL VETRO Silvia Ferucci Kriterion s.n.c. – Bologna Il restauro di vetri antichi presenta difficoltà specifiche rispetto all’intervento sugli altri materiali; è particolarmente importante la scelta dei prodotti da utilizzare in ogni fase; al momento della progettazione, un errore di valutazione del tipo di sostanza da utilizzare, della sua concentrazione, o del metodo applicativo possono cambiare notevolmente l'efficacia dell'intervento e la sua stessa riuscita. E’ necessaria quindi un'attenta progettazione di tutte le fasi dell’intervento conservativo, partendo da una analisi il più approfondita possibile dello stato di conservazione dell’oggetto ed eventualmente del suo contesto di provenienza, utilizzando se possibile analisi specifiche (ad esempio nel caso dei vetri archeologici). Solo una ricerca bibliografica attenta e continuamente aggiornata può consentire di individuare i prodotti con le caratteristiche idonee, anche se i tempi effettivi di valutazione dell’efficacia dei prodotti sono spesso molto lunghi e le limitazioni dovute anche alla tossicità e reperibilità di alcuni di essi limitano in parte il loro utilizzo. Nel restauro del vetro vengono seguiti, come per gli altri materiali, i principi del minimo intervento e della reversibilità. Questi principi restano applicabili solo parzialmente, sia per limiti tecnici, sia perché questo tipo di restauro deve portare ad un risultato finale valido anche dal punto di vista estetico, particolarmente importante vista la trasparenza del vetro; questa esigenza limita molto il numero dei prodotti utilizzabili. Le operazioni di restauro Pulitura Spesso viene a torto considerata uno dei passaggi più semplici dell'intervento di restauro, mentre si tratta dell’operazione più irreversibile. Nell’eseguire la pulitura del vetro si opera di norma cercando un difficile compromesso tra una pulitura limitata, che non danneggi l’oggetto, e la necessità di valorizzare al massimo la trasparenza del vetro. 1 Per quel che riguarda i reperti archeologici, l’asportazione di strati di incrostazioni terrose elimina per sempre la possibilità di analizzare il terreno di scavo (composizione, tracce presenti). Si agisce con mezzi meccanici, partendo da quello più blando (pennelli con setole molto morbide), fino ad arrivare all’utilizzo del bisturi per le incrostazioni più tenaci e aderenti. Spesso vengono utilizzati tamponcini di cotone imbevuti in una soluzione di acqua demineralizzata, alcool etilico e acetone in parti uguali, con eventuale aggiunta di un tensioattivo molto diluito: in tal modo si evita alla superficie del vetro una disidratazione troppo veloce (che si verificherebbe utilizzando unicamente solventi che evaporano molto in fretta, come l'acetone), ed allo stesso tempo si evita l’assorbimento e il ristagno di acqua (che rappresenta uno dei principali fattori che accelerano il degrado della struttura amorfa del vetro). Nel caso di superfici decorate (ad esempio vetri rinascimentali) o superfici particolarmente degradate, con distaccamenti e iridescenze, l’operazione deve essere fatta con ancora maggiore cautela, possibilmente sotto microscopio; in alcuni casi anche i tamponcini di cotone idrofilo possono risultare troppo aggressivi. Consolidamento Le problematiche connesse a questa operazione, sia essa eseguita prima della pulitura (preconsolidamento), sia dopo, sono molto complesse, soprattutto per la scelta del prodotto da utilizzare. Questa operazione in linea generale è da evitare il più possibile, perché è difficilmente reversibile, qualsiasi prodotto venga utilizzato. L’impiego di una resina che abbia anche solo una caratteristica non perfettamente congrua a questo utilizzo può comportare gravi danni, portando ad un degrado maggiore di quello di partenza. Si procede al consolidamento unicamente quando ci si trova di fronte un oggetto dallo stato di conservazione gravemente compromesso; in tal caso la reversibilità della operazione viene seconda alla conservazione fisica vera e propria dell’manufatto o delle decorazioni presenti. Le caratteristiche richieste ad un consolidante per il vetro sono molteplici, e tutte ugualmente importanti: indice di rifrazione il più possibile simile a quello del vetro; elevata stabilità a luce e calore nel tempo senza alterazioni fisiche, chimiche o cromatiche; compatibilità chimica e fisica con il vetro; permeabilità al vapore acqueo e ai gas; bassa tossicità per l’operatore; metodologia applicativa compatibile con le caratteristiche dell’oggetto. La gamma di materiali sperimentati è vastissima, 2 ma finora nessuna resina sintetica soddisfa in pieno tutti questi parametri: il Paraloid viene usato sui vetri con solventi molto tossici, e tende comunque a formare una pellicola non aderente; le resine epossidiche a bassa viscosità, di norma utilizzate per l’incollaggio, hanno caratteristiche fisiche e chimiche molto diverse dal vetro, la loro stabilità nel tempo non è certa e rendono l’oggetto completamente impermeabile, se non opportunamente diluite; altre sostanze chimicamente più simili al vetro, come il silicato di etile, risultano troppo opache. Rimontaggio Il rimontaggio viene di solito eseguito attraverso fasi successive: durante la ricerca delle connessioni si esegue un primo fissaggio temporaneo con piccole strisce di nastro adesivo di carta; al termine della ricerca, per evitare che i frammenti si spostino a causa dell’allentamento del nastro adesivo e delle tensioni dovute al rimontaggio, si applicano piccole grappe in metallo, che vengono fatte aderire alla superficie del vetro con adesivo cianoacrilico o applicando direttamente piccole quantità dello stesso adesivo in frattura. Il fissaggio con le grappe non può essere utilizzato su oggetti troppo sottili o degradati e neppure su superfici decorate; d’altro canto anche l’applicazione di cianoacrilato in frattura può comportare svantaggi: non è molto stabile e può interagire chimicamente con la resina utilizzata per l’incollaggio definitivo che comunque penetrerà più difficilmente nelle fratture per la presenza del cianoacrilato. Incollaggio definitivo E’ molto importante la scelta della resina da utilizzare che deve avere tutte le caratteristiche necessarie per il consolidante anche se la reversibilità di un incollaggio è più semplice e alcune resine, anche se non sono del tutto reversibili chimicamente, con l’azione di specifici solventi tendono ad ammorbidirsi e rigonfiarsi e quindi possono poi essere asportate meccanicamente. Nel restauro di altri materiali si applica prima dell’incollaggio definitivo in frattura uno strato (primer) completamente reversibile, al fine di aumentare la reversibilità dell’incollaggio; di solito a tale scopo si utilizza Paraloid, ma nel caso dei vetri questa metodologia è difficilmente applicabile perché si formerebbe uno strato che, per quanto sottilissimo, non consentirebbe di eseguire un riassemblaggio il più preciso possibile. 3 Altre caratteristiche necessarie per un buon collante sono una buona coesione, una buona elasticità e una bassa viscosità; i cianoacrilati, per esempio, che presentano una buona coesione, sono troppo rigidi e non possono essere utilizzati per incollaggi duraturi perché tendono a staccarsi al minimo sforzo meccanico. La bassa viscosità è fondamentale perché l’incollaggio avviene facendo penetrare l’adesivo per capillarità nelle fratture; questo metodo riduce al minimo la formazione di spessore. Anche i tempi necessari per la catalizzazione sono molto importanti: alcune ottime resine hanno però tempi tanto lunghi (fino a 15 giorni) che ne rendono difficile l’uso pratico. Al contrario, la veloce evaporazione di alcuni solventi (come per il Paraloid) porta alla formazione di bollicine d’aria in frattura, non sempre esteticamente accettabili. Anche in questo campo la sperimentazione è stata effettuata su molteplici resine sintetiche; quelle più largamente utilizzate sono le resine epossidiche a bassa viscosità di ultima generazione, progettate a questo scopo, più stabili delle epossidiche usate in passato. Integrazione Questa fase dell’intervento è piuttosto laboriosa e complicata quindi è necessario, se possibile, limitarla unicamente ai casi dove è strettamente necessaria per un sostegno statico dell’oggetto; in teoria la parte integrata deve sempre essere facilmente identificabile, per cui la resina viene opportunamente pigmentata di un colore simile al vetro ma in leggero sottotono rispetto all’originale; questo tipo di differenziazione è più difficile da effettuarsi quando si interviene su vetri incolori e in questo caso si cerca di differenziare il tipo di superficie rendendola leggermente più lucida o più opaca. Spesso gli oggetti in vetro vengono apprezzati per il loro valore estetico e ciò può spingere ad intervenire un po’ oltre a quello che sarebbe strettamente necessario ai fini conservativi veri e propri, ricercando un compromesso accettabile. Esistono diversi sistemi di reintegrazione delle lacune sui manufatti di vetro e nuovamente la scelta del materiale integrante è molto importante. Le caratteristiche necessarie sono sempre le stesse, e le resine più utilizzate sono quelle epossidiche. Nella maggior parte dei casi viene colata la resina entro controforme eseguite in silicone e/o cera da dentisti; è molto importante per il successo dell’ operazione che si cerchi di fare in modo che tutta l’aria fuoriesca dall’intercapedine tra le due controforme, orientando l’oggetto a seconda della forma dell’integrazione da 4 eseguire e che tutto il sistema sia completamente isolato e sigillato tranne che per le cannucce utilizzate per l’immissione della resina e per la fuoriuscita dell'aria. L’utilizzo di controforme in silicone presenta numerosi vantaggi anche se la preparazione è più lunga: se tutta l’operazione è stata eseguita bene e le controforme sono perfette, dopo la catalizzazione della resina la parte integrata non deve essere praticamente più toccata, e l'aspetto finale della superficie è esteticamente molto simile al vetro. Al contrario, le controforme in cera difficilmente sono perfette e quindi è quasi sempre necessario rifinire l’integrazione anche dopo, con rischi di abrasione del vetro circostante; uno dei vantaggi dell’ utilizzo della cera è la sua trasparenza che permette di controllare l’operazione di colatura molto meglio. Altri metodi alternativi utilizzati per le integrazioni sono quelli in cui la resina non è lavorata a stretto contatto con l’oggetto vero e proprio, con il grande vantaggio di non sottoporre l’oggetto a stress fisici e meccanici: la resina può essere colata in sottili fogli e solo dopo essere stata opportunamente sagomata viene fatta aderire al vetro. Il risultato estetico è però qualitativamente inferiore; inoltre non è facile adattare la resina all’andamento del profilo del manufatto e se per farlo la resina viene riscaldata, si accelera la sua velocità di invecchiamento. Un altro metodo è quello di colmare la lacuna con un materiale gessoso, staccare il positivo così ottenuto e rifinirlo a parte; di questo frammento in gesso si effettua un calco con il silicone nel quale si cola la resina; il frammento in resina ottenuto verrà poi incollato al momento dell’assemblaggio. Il risultato estetico dovrebbe essere soddisfacente e la controforma in silicone potrebbe essere utilizzata più volte per effettuare un altro frammento quando la resina si sarà deteriorata. Considerazioni finali Come per tutti gli altri materiali, una volta terminato l’intervento di restauro vero e proprio si devono seguire accorgimenti assolutamente indispensabili per la conservazione degli oggetti in vetro, e per prolungare il più possibile gli esiti dell’intervento stesso. Particolare importanza ha la conservazione in ambienti climatizzati: un andamento incostante o errato della temperatura e dei valori di umidità relativa, così come un’esposizione diretta a fonti luminose, porterebbe ad un acceleramento incontrollato del degrado del vetro stesso e dei prodotti utilizzati. Se non vengono 5 adottati costantemente questo tipo di accorgimenti, nessun tipo di restauro è in grado di garantire una conservazione duratura degli oggetti. 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Chantal Fontaine, Conservation of glass at the Institut Royal du Patrimonie Artistique (Brussels), from the hearthquake in Liege to the stained glass of Loppem, in: The conservation of glass and ceramics: research, practice and training, Tennent, Norman H. London, James & James 1999, pp.198-207. Katrina Pantelli, A comparative study testing various media used for gap filling glazed ceramics, in: Conservation news, N. 70, 1999, pp. 21-25. Pilosi Lisa, The conservation of Greek and Roman glass, in: Met objectives, Vol 1, N 1, 1999, pp. 4-5. Stephen P. Koob, New techniques for the repair and restoration of ancient glass, in: Tradition and innovation: advances in conservation., Contributions to the IIC Melbourne congress, 10-14 October 2000; Roy, Ashok (ed.); Smith, Perry (ed.); International Institute for Conservation (IIC), London, United Kingdom, London: IIC, 2000, pp. 92-95. 6