Nothing Special   »   [go: up one dir, main page]

Academia.eduAcademia.edu

Nel secolo dei Lumi. Il dibattito accademico sugli usi civici e sul possesso collettivo

Provincia di Pordenone Comune di Sesto al Reghena Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone L’ABBAZIA DI SANTA MARIA DI SESTO NELL’EPOCA MODERNA (SECOLI XV-XVIII) a cura di Andrea Tilatti * * * • 2012 • Lithostampa Con il contributo di Comune di Sesto al Reghena Provincia di Pordenone Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone L’abbazia di Santa Maria di Sesto nell’epoca moderna (secoli xv-xviii) a cura di Andrea Tilatti Testi di Giuseppe Trebbi, Andrea Tilatti, Flavio Rurale, Michela Catto, Giuliano Veronese, Claudio Lorenzini, Furio Bianco, Alex Cittadella, Nadia Boz, Gian Paolo Gri. Referenze fotografiche / Immagini Archivio fotografico della Soprintendenza B.S.A.E. per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, autorizzazione all’utilizzo del 16 gennaio 2012. Archivio di Stato di Pordenone, concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia - Archivio di Stato di Pordenone, n. 4 del 28 marzo 2012. Archivio di Stato di Udine, concessione n. 7/2012. Archivio di Stato di Venezia, foto eseguite dalla Sezione di fotoriproduzione dell’Archivio stesso, riprodotte con concessione n. 13/2012. Archivio Storico Diocesano di Concordia-Pordenone, per gentile concessione. Archivio della Curia Arcivescovile di Udine, con l’autorizzazione della Direzione. Österreichischen Staatsarchivs Wien, Kriegsarchivs, concessione GZ: ÖSTA-2040962/0003-KA/2012. Biblioteca Comunale “V. Joppi” di Udine, per gentile concessione. Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, concessione del 5 aprile 2012. Civici Musei e Gallerie di Storia e Arte di Udine, autorizzazione della Direzione del 17 aprile 2012. Museo civico di Belluno, per gentile concessione. Museo diocesano d’Arte sacra della Diocesi di Concordia-Pordenone, per gentile concessione. Museo diocesano e Gallerie del Tiepolo di Udine, per gentile concessione. Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Friuli Venezia Giulia. Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia; le riprese e le riproduzioni dei beni di proprietà dello Stato italiano sono realizzate su concessione (prot. n. 3789 del 27 aprile 2012); è vietata l’ulteriore riproduzione e duplicazione con ogni mezzo senza l’autorizzazione della Soprintendenza. Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina (pn), per gentile concessione. Comune di Sesto al Reghena (pn), per gentile concessione. Delle immagini provenienti dagli Archivi di Stato, così come di tutte le immagini soggette a concessione, è fatto divieto di ulteriore riproduzione. Fotografi Gianni Cesare e Giuliano Borghesan, Spilimbergo (pn) Riccardo Viola, Mortegliano (ud) © Comune di Sesto al Reghena (2012) Impaginazione e stampa Lithostampa via Colloredo, 126 - 33037 Pasian di Prato [Udine] tel. 0432.690795; www.lithostampa.it L’abbazia di Santa Maria di Sesto nell’epoca moderna : (secoli xv-xviii) / a cura di Andrea Tilatti. – Pasian di Prato : Lithostampa, 2012. – xiii, 400 p. : 31 cm. In testa al frontespizio: Provincia di Pordenone; Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone; Comune di Sesto al Reghena 1. Abbazia di Santa Maria <Sesto al Reghena> - Sec. 15.-18. I. Tilatti, Andrea 945.3943207 (22.) ISBN 978-88-97311-16-4 Alex Cittadella Nel secolo dei Lumi Il dibattito accademico sugli usi civici e sul possesso collettivo 1. Agricoltura ed economia tra modernità e permanenza: il caso di Sesto Una ricostruzione dell’evoluzione in chiave di storia economica dell’abbazia di Sesto, in particolare durante il xviii secolo, deve tentare di inserirne le vicende all’interno di quel vasto movimento di riforma economico-agraria che caratterizzò in modo profondo alcune aree del continente europeo durante il secolo dei Lumi. La parabola settecentesca della gestione economico-amministrativa del complesso sestense, caratterizzato da un’abbazia che vantava censi e diritti feudali su una considerevole quantità di immobili situati soprattutto in Friuli, si colloca, infatti, in un quadro ben più ampio di quello limitatamente locale1. A partire dai primi decenni del xviii secolo, nella patria del Friuli e nella Serenissima tutta una schiera di “economisti”, agronomi e proprietari illuminati iniziarono ad interessarsi attivamente e a propagare le nuove soluzioni agronomiche, tecniche e colturali, provenienti in particolar modo dalla Francia, dall’Inghilterra e dai territori imperiali. Nello stesso periodo, è più precisamente in quel lasso di tempo che va dal 1707, data di elezione alla dignità di abate commendatario di Giovanni Alberto Badoer (1707-1714), al 1790, anno in cui l’abbazia di Sesto venne concessa in feudo ai nobili Bia dopo la legge di soppressione2, il panorama economico-agrario dell’intero complesso sestense e delle ville annesse, pur viziato da evidenti arretratezze, subì l’influsso delle novità agronomiche, culturali, tecniche, commerciali che, in quel medesimo periodo, e in modo più marcato dagli anni Cinquanta in poi, stavano trasformando in profondità l’economia europea. Un’accelerazione del processo innovativo avvenne nel momento in cui un gruppo di persone “illuminate”, nella patria del Friuli e nel più ampio contesto veneto, iniziò ad interrogarsi sulle idee riformiste e ad avviare alcuni intensi dibattiti accademici sulle funzioni e valenze dell’agricoltura, concepita come il comparto trainante dell’intera compagine economica. Ciò avvenne grosso modo a decorrere dalla metà del Settecento, in seguito alla diffusione delle idee illuministe e del connesso pensiero fisiocratico, stimolando un rinnovamento del settore agrario, più o meno marcato ed esteso a seconda delle aree italiane interessate. Nel 1753 sorse a Firenze la prima società agraria della penisola, detta dei Georgofili, che promosse formali e nutrite discussioni sull’ammodernamento dell’agricoltura, l’insegnamento agrario, la condizione dei contadini, le nuove pratiche agronomiche, le colture da introdurre e, per quanto maggiormente interessa il presente contributo, la modificazione degli assetti caratterizzanti la proprietà fondiaria, gli usi civici e i vincoli che gravavano sulla terra3. Anche in ambito veneto-friulano si affermò un vero e proprio movimento agronomico di matrice accademica e si diffuse un vivo interesse verso problematiche e discussioni simili4. Le tematiche discusse furono molteplici e trovarono spazio esplicativo soprattutto nelle sale delle accademie agrarie, sorte in quasi tutte le città della Terraferma. In tale frangente, a Udine spettò il ruolo di capofila fra le città della Serenissima. Infatti, grazie all’azione di personalità illuminate come Fabio Asquini ed Antonio Zanon, era stata fondata in seno all’accademia cittadina5 una sottosezione esplicitamente e significativamente denominata Società di agricoltura pratica, raggruppante al suo interno alcuni fra gli esponenti più colti e brillanti della nobiltà e della borghesia friulane, i quali erano spesso direttamente interessati alle discussioni, poiché possidenti di tenute di medie e grandi dimensioni6. 273 Furono innanzitutto costoro ad interrogarsi coscientemente e con cognizione di causa circa le problematiche che affliggevano l’agricoltura friulana e i modi migliori per affrontarle e risolverle. Una breve analisi dei concorsi banditi sui “temi georgici” può aiutare a comprendere meglio gli interessi alla base del sodalizio7. Tra il 1765 e il 1774 le principali questioni esaminate sono la mancanza di foraggio, la penuria di legname, il dissesto idrologico dell’intera regione friulana, la mancanza di irrigazione, la situazione complessiva dell’agricoltura della patria, la produzione della seta, la connessa coltivazione dei mori e l’allevamento dei bachi. Tra il 1783 e il 1790, dopo che per quasi un decennio l’attività concorsuale era stata sospesa a causa della mancanza di studiosi interessati a concorrere, le tematiche affrontate risultano invece le seguenti: la situazione del patrimonio boschivo e il suo sfruttamento, la limitazione e l’abolizione del pensionatico e delle altre servitù di pascolo, la penuria di bovini e l’aumento dell’allevamento, l’individuazione di nuove fonti di energia quali per esempio il carbon fossile8. Pur non figurando espressamente fra i quesiti accademici, una speciale attenzione venne riservata, sulla scia di quanto stava avvenendo nell’agronomia francese, ai problemi più strettamente giuridici e amministrativi. «Servitù collettive, beni comunali, recinzioni, diritti feudali, distribuzione e frammentazione della proprietà» erano al centro dell’interesse degli accademici friulani, che puntavano il dito soprattutto sulle diverse servitù di pascolo, sulla mala gestione del patrimonio boschivo e, in generale, sul danno economico causato dalla presenza di ingenti estensioni di beni comunali e comuni mal gestiti ed economicamente poco sfruttati9. Vennero presi in esame nel complesso tutti i vincoli gravanti sulla terra, che limitavano fortemente la libertà di coloro i quali auspicavano un ammodernamento dell’agricoltura attraverso interventi radicali. Mettere in discussione tali vincoli significava però, inevitabilmente, cozzare con una serie di consuetudini e tradizioni, che facevano dei beni di uso collettivo una delle componenti fondamentali della struttura economica e sociale delle comunità rurali. L’utilizzo di questi beni, così come la possibilità di usufruire di determinate risorse attraverso una politica di usi civici regolamentata, avveniva in seno alle comunità e secondo norme ben precise, che ne disciplinavano l’accesso, i tempi e la tipologia di sfruttamento, in consonanza (a volte in contrasto) con le prerogative rivendicate dagli enti religiosi, dai nobili, dai giusdicenti, dai patrizi veneziani o da altre comunità, tutti impegnati a ritagliarsi una propria dimensione economica, sociale e politica. Per quanto riguarda le comunità rurali, esse apparivano caratterizzate da alcune specifiche particolarità, riscontrabili pure nel caso di Sesto: legame diretto col territorio, forte impronta agraria e silvo-pastorale, presenza di un reticolo di interrelazioni sociali e familiari il più delle volte molto articolate, richiamo alle tradizioni e alle consuetudini (basate sui principi di eguaglianza e di cooperazione)10, radicata presenza del sacro e della ritualità. Concentrando lo sguardo sulle consuetudini, alle quali la gestione dei possessi collettivi e degli usi civici si ricollegava inevitabilmente, esse vanno interpretate, come ha ben sottolineato Claudio Povolo, come «un sistema giuridico aperto», le cui norme di base «non sono distinguibili dalle altre norme sociali» e i cui «canoni di ragionamento sono l’esperienza e il buon senso»11. Consuetudini iscritte tuttavia in una situazione sociale ben delineata, caratterizzata da comunità munite di proprie strutture di autogoverno e di organismi federativi aventi fra le loro funzioni il compito di stabilire le regole di sfruttamento dei beni collettivi. Pure nel caso di Sesto, dunque, come si noterà nelle pagine seguenti, appare centrale la questione degli usi civici e dei beni collettivi, presenti in modo relativamente esteso nelle terre sottoposte all’influenza e al controllo abbaziale. Essa fu viva soprattutto nel corso del secondo Settecento, quando prese corpo un acceso dibattito sulla valenza economica e sociale degli usi civici e del possesso ed utilizzo dei beni collettivi, considerati dalla quasi totalità dei riformatori (pur con diverse sfumature) un freno al libero sviluppo agricolo e un segno evidente di arretratezza e stagnazione economica. 274 2. Una fotografia di fine regime: il territorio sestense nella carta di Anton von Zach Lasciamo ora i discorsi generali per inoltrarci nel caso sestense; e lo facciamo partendo dalla fine della parabola abbaziale e, più precisamente, dagli anni immediatamente successivi alla caduta della Repubblica di Venezia. Tra il 1798 e il 1805, il Consiglio aulico di guerra austriaco (Hofkriegsrat), per sopperire alla mancanza di carte militari accurate dei territori che sarebbero di lì a poco divenuti il Regno Lombardo-Veneto, incaricò un corposo gruppo di topografi (circa una trentina), coordinati dal colonnello Anton von Zach12, della redazione di una carta dei territori veneti, la cui denominazione completa è Topographisch-geometrische Kriegskarte von dem Herzogthum Venedig. La Kriegskarte è nel suo complesso una “carta di guerra” raffigurante il Ducato di Venezia. Nata per esigenze prettamente militari, la mappa appare ricca tuttavia di interessanti informazioni sul territorio e sulla sua organizzazione antropica e dona una fotografia d’insieme abbastanza accurata della consistenza di boschi, paludi, incolti e ambienti umidi. Per quanto concerne in particolare la zona di Sesto, essa può aiutare a delineare una prima localizzazione e quantificazione di quella parte consistente di beni rientranti sotto l’etichetta di possesso collettivo e quelli soggetti a vari usi civici attestati nel corso dell’età moderna e messi in discussione durante gli ultimi decenni della Serenissima. Suddivisa in centoventi tavole, più due di supporto di carattere generale, disegnate con una scala di 1:28.80013 (in diretta relazione con la scala scelta per la Carte générale de la France di Cassini), essa è nel complesso una mappa di oltre trenta metri quadrati. Ogni tavoletta, disegnata a penna e colorata in acquerello, misura all’incirca 485x690 millimetri e ricopre nella realtà un’area rettangolare di circa 12 km per 18 km. La tavoletta relativa al territorio di Sesto venne realizzata nell’ottobre-novembre del 1801 da Leopold Bechinie, capitano del reggimento Wilh. Schröder14, e contiene, oltre a diverse altre indicazioni, una descrizione sommaria di tutte le paludi e dei boschi presenti in questa porzione di territorio. La nostra attenzione si focalizza innanzitutto su due componenti fondamentali di questi territori: le paludi e i boschi. Per quanto riguarda le paludi, la prima si estende tra gli abitati di Braida e Bagnarola ed è attraversata dai ruscelli denominati Cava, Bricca (o Briga), Solvata (o Salvata), Sestiano e Versiola (o Varsiola). Essa è in realtà a sua volta divisa in due diverse paludi: la palude Sacilot, estesa ad ovest dei corsi d’acqua della Cava e della Bricca, e la palude Malmose, estesa invece ad est. All’interno della porzione di territorio paludoso, non lontano dal castello di Sbroiavacca, sono presenti tre piccoli laghetti o stagni: il lago Bricco, il lago Fontana (o Fontanon) e il lago Bianco. Mentre nella palude Sacilot, sono segnalate una serie di risaie, che sfruttavano l’ingente quantità d’acqua presente in questi territori. Le due paludi segnalate erano solcate da fossati, utili sicuramente a regolamentare il deflusso delle acque, ricoperte da ampie distese di canne e falciate regolarmente durante la stagione secca, specialmente ad uso comunitario e per le esigenze delle varie famiglie di comunisti. Le paludi venivano, infatti, da tempo immemorabile utilizzate come un ricco serbatoio di foraggio da parte delle famiglie coloniche, che facevano ad esse riferimento per l’approvvigionamento necessario al soddisfacimento del fabbisogno personale. Un’altra palude di significativa ampiezza si estendeva nei pressi degli abitati di Taiedo e Villutta; denominata Paludi Comuni, essa era solcata da fossati e distava pochi centinaia di metri dalla comugna di San Vito, localizzabile a nord-est della palude stessa. Un’ultima piccola palude denominata Basse Ponzanis era situata alla confluenza del corso d’acqua Venchiaredo nel fiume Lemene, non molto distante dall’abitato di Cordovado. Per quanto attiene ai boschi, nella zona di Sesto i tecnici capitanati dal von Zach ne identificarono ventisette: tredici boschi veri e propri e quattordici boschetti. La maggior parte di essi aveva un’estensione che variava da 400 a 1.500 passi (all’incirca dai 700 ai 2.600 metri) ed era caratterizzata da alberi ad alto fusto (più di tutto querce e ontani) e da una copiosa presenza di cespugli. Naturalmente non tutti quelli segnalati nel xviii secolo erano di pertinenza pubblica e di uso collettivo; tuttavia un elenco di massima ci può aiutare a comprendere la dimensione della componente boschiva in queste zone e in parte il suo utilizzo. 275 Sesto e il territorio circostante nella carta di Anton von Zach, Das Herzogtum Venedig, Kriegskarte, 1798-1805; XV.12 [Azzano]. Österreichisches Staatsarchiv Wien, Kriegsarchivs. Nello specifico, per la zona di Sesto viene segnalato un grande bosco dell’estensione «di 1 ora e ¾», diviso in due distinte parti, la Sponsera e la Bandita, localizzato immediatamente a sud degli abitati di Ronco e Pramaggiore. Ad esso si andavano a sommare altri boschi, quasi tutti in realtà di modestissime dimensioni, localizzati nelle pertinenze delle ville di Cinto (la Ronciata, la Rotta del bosco di Cinto, il boschetto Banduz), di Sesto (bosco di Bando Marcello, bosco di Sesto, bosco la Cucca presso Ca Cremon, boschetto di Sesto, boschetto di Versiola e boschetto di Conte Athemis), di castel Sbroiavacca (bosco di Sbrojavacca, bosco delle Torate, bosco Pagnarol, boschetto delle Monache, boschetto di San Vitto). A questi boschi vanno poi affiancati almeno quelli rintracciabili nelle pertinenze di Corbolone, villa soggetta alla giurisdizione di Sesto. Essi rientravano in un complesso di superficie boschiva, sparsa a macchie di leopardo lungo quella linea ideale che collega le ville di Oderzo, Motta, Lorenzaga e Corbolone, nella maggior parte di proprietà erariale, e venivano utilizzati per ricavare legname da costruzione per le imbarcazioni. All’epoca in cui fu redatta la Kriegskarte, tali boschi erano caratterizzati da una vegetazione molto folta, composta in prevalenza da querce, castagni e faggi. A sud di Corbolone esisteva altresì una palude abbastanza estesa, che veniva probabilmente utilizzata in maniera molto simile a quelle precedentemente segnalate, vale a dire soprattutto per lo sfalcio di fieno e canne, la raccolta di legna, la pesca. Avremo modo di tornare in seguito ampiamente sulla questione boschiva, soprattutto riguardo ai boschi pubblici di Corbolone e di Cinto. 276 Uno sguardo invece un po’ più approfondito merita la dimensione geografica del territorio preso in esame, dato che la sua particolarità idrologica, pedologica e orografica influenzò fortemente in passato la tipologia di sfruttamento posta in essere. Segnaliamo subito che il territorio ad essere preso in esame non riguarda tutti i beni facenti un tempo capo dell’abbazia, bensì solamente quelli geograficamente più vicini ad essa e, nello specifico, localizzabili in quella determinata porzione di pianura delimitata dal fiume Livenza ad ovest, dal fiume Tagliamento ad est, e dagli abitati di San Vito al Tagliamento a nord e Portogruaro a sud. Un territorio caratterizzato da un reticolo idrico molto ricco e dalla presenza di ampie zone umide, paludi, boschi planiziali, pascoli e plaghe ghiaiose e sabbiose, dove a farla da padrone sono i corsi d’acqua di origine sorgiva. In questo quadro ambientale, l’abbazia di Sesto, posta grosso modo al centro del territorio, assume su di sé per tutta l’età moderna la funzione, oltre che di centro religioso, anche di polo sociale ed economico. Per scendere ancor più nel dettaglio, il complesso abbaziale si inserisce all’interno del ramificato sistema fluviale del Lemene, composto da un fitto reticolo di piccoli e minuscoli corsi d’acqua e da alcuni fiumi relativamente più grandi, quali il Loncon, il Reghena e il Caomaggiore15. Il Lemene nasce nei pressi di San Vito al Tagliamento e fino all’altezza dell’abbazia viene identificato con un secondo idronimo, roggia Versa, per poi assumere il nome di Lemene. In esso confluiscono praticamente tutte le rogge, i fiumiciattoli e i rii che scorrono fra Livenza e Tagliamento, se si escludono quelli che fan capo alla roggia Lugugnana. Il Reghena nasce invece nella fascia di risorgive posta a ridosso di Casarsa e scorre quasi perpendicolarmente verso sud, incontrando dapprima Sesto (dove il suo idronimo, già mutato da roggia Mussa in fiume Sestian, assume il nome di Reghena) e successivamente Portogruaro, per poi confluire nel Lemene. Il Caomaggiore, affluente del Reghena, scorre invece nei pressi di Cinto (al quale dà il nome) e viene alimentato da due corsi d’acqua di piccole dimensioni, ma rilevanti per il territorio sestense, il rio del Molino e il rio Salvata, le cui sorgenti sono rintracciabili immediatamente a sud di Casarsa. A fianco del Caomaggiore e del Reghena, una certa importanza per l’abbazia rivestono anche la roggia Versiola, che nasce a nord di Bagnarola e sfocia nel Lemene vicino a Portogruaro, e le rogge Gleris e Venchieredo16. Il territorio attraversato dal Lemene può essere inoltre suddiviso in due fasce distinte: quella superiore, stabilmente popolata e contrassegnata da abitati quali Cordovado, Fratta, Portogruaro, Concordia e, lungo il Reghena, San Vito, Summaga e naturalmente Sesto. Quella inferiore occupata da vaste paludi, terminante con l’abitato di Caorle e la sua laguna. In questo contesto, fin dall’epoca romana, il Lemene funse da importante via d’acqua utilizzata per gli spostamenti e i commerci, unendo la bassa pianura e l’emporio di Concordia (alla quale si aggiunse alcuni secoli dopo Portogruaro) alla laguna di Caorle, che a sua volta era collegata al mare Adriatico. Assieme ad esso, la via lungo il Loncon venne sfruttata per il rifornimento e il trasporto di legname. La copiosa presenza di acque in questi territori va associata anche allo sfruttamento della stessa come fonte energetica per l’alimentazione di mulini, fucine e ruote idrauliche. Tale utilizzo dovette iniziare, in queste zone, abbastanza precocemente, ampliandosi in modo evidente tra il basso medioevo e l’età moderna, dando vita ad un marcato incremento della produzione di determinati prodotti (farina, accessori in ferro, lavorati del legno, produzioni lapidee, manifatture della seta)17. L’abbondanza d’acqua aveva numerosi risvolti positivi, ma inevitabilmente portava con sé alcune controindicazioni: il territorio compreso fra il Livenza e il Tagliamento era infatti continuamente soggetto all’esondazioni dei fiumi, sia quelli maggiori, sia quelli minori, quali il Lemene o il Reghena. Nel corso dei secoli, le esondazioni arrecarono numerosi danni all’agricoltura e alle vie di comunicazione, ma esse contribuirono anche (e questo è un altro degli aspetti positivi, dal punto di vista agrario) a un processo alluvionale, che portò parte delle terre circostanti ai fiumi stessi e quelle lagunari ad insabbiarsi18, com’è avvenuto, per esempio, nei dintorni di Caorle, o ancora più a nord. Era un fattore positivo ai fini agricoli, poiché in seguito all’insabbiamento molte terre divennero più stabili e da incolte vennero trasformate in appezzamenti sfruttabili per i pascoli e successivamente in arativi, 277 La «Ca’ Tiepolo» in corrispondenza della pianura meridionale di Lorenzaga, Villanova e Corbolone, dalla carta di Anton von Zach, Das Herzogtum Venedig, Kriegskarte, 1798-1805; XIV.13 [Oderzo]. Österreichisches Staatsarchiv Wien, Kriegsarchivs. tanto da spingere i proprietari dei terreni confinanti con esse ad annetterle ai loro fondi. È la stessa Serenissima a favorire la privatizzazione e l’alienazione di queste “nuove” terre, come dimostra il caso di Caorle e della sua comunità di pescatori, che nel 1642 subisce la confisca di numerosi beni dopo che la Serenissima aveva rilevato un loro ormai consolidato imbonimento19. Lungo il percorso dei fiumi era rintracciabile una serie di pascoli e di boschi, situati a ridosso del fiume Livenza dalla zona di San Stino fin quasi a San Giorgio, e lungo quasi tutti gli altri fiumi e corsi d’acqua di minore dimensione e portata ubicati fra Livenza e Tagliamento. Molto significativa era la consistenza dei boschi nella zona fra Bagnarola, Cinto e Sesto; essi venivano sfruttati direttamente dalle comunità per le loro esigenze, nonostante una parte di essi, particolarmente quelli di rovere, necessari alle attività dell’arsenale, fosse ben presto censita e tutelata da parte della Repubblica. Dal catasto redatto nel 1568 da Nicolò Surian, patrono dell’arsenale, si possono estrapolare alcuni dati: Sesto poteva contare all’epoca su 278 circa 2.325 roveri e 286 semenzali, Cinto rispettivamente su 15.284 roveri e 8.428 semenzali, mentre Bagnarola su 2.666 roveri e 1.391 semenzali20. Sicuramente, nella seconda metà del Settecento, tale consistenza mutò in senso negativo; ciò non toglie comunque che una cospicua estensione di boschi, più o meno ampi, molti dei quali posseduti collettivamente dalle comunità, fosse preservata fino allo scadere del Settecento. È in questa situazione geografica e idrica che va affrontata la questione dei beni comunali e degli usi civici, poiché la particolarità di questa porzione di pianura determinò per secoli le modalità di sfruttamento del territorio e, soprattutto, di quelle parti di esso che non potevano essere utilizzate stabilmente per le produzioni agrarie. È noto come, già a partire dagli anni Trenta del Settecento, in seguito a quel vasto processo di privatizzazione dei comunali avviato dalla Repubblica veneta, molti dei beni posseduti ed utilizzati collettivamente nel corso del Cinque e Seicento, furono acquistati dall’aristocrazia veneta, che ebbe modo di accaparrarsi vasti appezzamenti posti fra il Reghena e il Lemene, zona – come si è visto – ricca di acque sorgive, affioranti in superficie mediante olle (o polle) e fontanai (o fontanazzi), che davano vita a rogge, rii e fiumi dalle acque chiare, limpide e fresche (con temperature costanti fra i 10 e i 15 gradi centigradi) e di portata pressoché invariata lungo tutto il corso dell’anno21. La corposa vendita di beni comunali, nonostante evidenti limitazioni e storture, aveva portato ad una maggiore antropizzazione del territorio e, seppur parzialmente, a un miglioramento dello sfruttamento agrario. A subire la più considerevole riduzione e trasformazione furono le zone paludose e sorgive; ciò favorì, oltre ad un’estensione del suolo coltivabile, pure un miglioramento e consolidamento di alcune vie di comunicazione terrestre, che assunsero un’importanza maggiore dal punto di vista commerciale e soppiantarono in parte le vie d’acqua. In ogni caso, nonostante le consistenti alienazioni, una quota rilevante dei beni si salvò; anzitutto boschi, incolti, paludi, zone sorgive e ambienti umidi in genere, in prossimità dei corsi d’acqua, specialmente Lemene e Reghena, dove gli impaludamenti e la presenza di acquitrini stabili impedivano un’attività agricola continuativa e redditizia22. In molti casi si tratta di beni comunali siti in depressioni golenali o ridotti a sottili strisce di terreno ai margini dei fiumi, incastonati molto spesso fra le sponde di questi ultimi e le strade costruite su appositi terragli per evitarne l’impaludamento; di norma, erano terreni ricoperti da prateria spontanea o esemplari arborei idrofili, quali salici, ontani, platani, olmi. 3. I beni comunali sestensi nel Settecento Il Friuli di metà xviii secolo appare ampiamente dominato dalla presenza dei domini collettivi, che a inizi Ottocento ricoprivano ancora circa i due quinti della superficie totale della patria, con percentuali molto alte nelle zone montuose e in quelle pianeggianti a ridosso della linea delle risorgive e dei torrenti, come nel caso della villa di Sesto e del territorio ad essa circostante23. Già mezzo secolo fa Marino Berengo aveva evidenziato come il Friuli avesse dai monti al mare oltre il 40% del suo territorio rientrante sotto la dicitura di «proprietà promiscua»24. Era un’ingente massa di beni, rappresentante grosso modo la metà di tutti i comunali veneti, che veniva utilizzata in vari modi e secondo diverse tipologie di sfruttamento: uso libero fra tutti i comunisti, affitto stipulato in denaro con terzi, usufrutto riservato esclusivamente ai comunisti dietro la corresponsione di un canone, o a terzi dietro corresponsione di una somma maggiore (di norma pari al doppio di quella pagata da un comunista). Molto meno diffusa tra le tipologie di utilizzazione appare, viceversa, la quotizzazione dei comunali e la loro divisione in lotti fra le varie famiglie. Sovente le varie tipologie di utilizzo si sovrapponevano e intersecavano, dando vita a sistemi integrativi di sfruttamento, come per esempio la conservazione da parte dei comunisti, anche in caso di affitto a terzi, del diritto di sternito, cioè la raccolta di foglie e di ramoscelli. Tra i vari beni collettivi, i più redditizi per i comuni erano costituiti dai pascoli e dai boschi. Per questi ultimi, era di norma riservato ai membri della comunità un certo quantitativo di legna ad uso personale, mentre la parte più consistente del bosco veniva solitamente affittata a terzi. Tutti gli abitanti avevano comunque di 279 norma il diritto di raccolta di foglie cadute, secche o ancora verdi, di raccolta di legna da fuoco e, seppur raramente, la possibilità di fare carbone. Con queste premesse, il governo della Serenissima non poteva evitare di dare la debita importanza alla gestione del patrimonio collettivo e alla regolamentazione degli usi civici che su di esso e in altri contesti venivano esercitati. In ambito veneto, come ha avuto modo di sottolineare molto accortamente Stefano Barbacetto, la corretta gestione dei vasti e numerosi beni posseduti collettivamente, identificabili nella quasi totalità con le comugne, si legava, da un lato, in modo stretto e indissolubile con una politica di preservazione del territorio volta a difendere il particolarissimo e delicatissimo contesto ambientale nel quale sorgeva la città di Venezia, dall’altro, corrispondeva alla necessità di ricavare da tali beni alcune delle materie prime fondamentali per l’economia della Repubblica, a partire dal legname25. Il termine comugna non è di facile definizione. Per comprenderlo appieno bisogna innanzitutto segnalare la distinzione, attuata dalla Repubblica veneta, fra beni comunali (demaniali) e beni comuni (allodiali) che fu stabilita di fatto a partire dal 1476, quando il Consiglio dei Dieci, con ducale datata 18 marzo, sancì l’acquisizione e l’incameramento di tutti quei beni collettivi per i quali i beneficiari non erano in grado di fornire una documentazione relativa al loro legittimo possesso. I beni incamerati vennero da allora compresi sotto la denominazione di comunali e dati in concessione alle comunità, che potevano utilizzarli secondo precise norme e vincoli. Una certa differenziazione, peraltro non categorica, va fatta poi fra beni comunali da un lato e comugne dall’altro: i primi essendo terreni paludosi, boschivi e pascolivi lasciati in usufrutto ad una singola comunità; le seconde, fisicamente della stessa tipologia dei primi, lasciate in uso collettivo congiunto a più comunità o a più villaggi, dunque beni utilizzati in modo consortile. Seppure, in area friulana, il termine comugne assunse una valenza un po’ diversa rispetto al resto del territorio veneto, poiché includeva molto spesso l’intera compagine dei beni comunali26. Per il Friuli, in particolare, l’ingente massa di beni comuni e soprattutto di beni comunali copriva, come si è visto, una parte cospicua di territorio, con quote percentuali che potevano variare considerevolmente da zona a zona, dall’80% di Zoppola al 3% di San Michele al Tagliamento27. Oltre ad oscillare in percentuale da zona a zona, essi variavano anche per tipologia; se in montagna infatti a prevalere era il bosco, affiancato dal pascolo, in molte aree della pianura ad essi potevano affiancarsi, con quote talvolta proporzionalmente molto maggiori, i cosiddetti “ambienti umidi”, particolarmente estesi lungo i grandi fiumi, nella fascia lagunare e nelle zone paludose della medio-bassa pianura friulana. Sesto in questo senso non faceva eccezione. Il suo territorio, pur non direttamente interessato da grandi fiumi (il Tagliamento corre all’incirca dodici km ad est dell’abitato, mentre il fiume Livenza poco più di quindici km ad ovest) e relativamente lontano dalle zone lagunari (quali quelle di Marano e Caorle), è caratterizzato da una copiosa presenza d’acqua, alimentata dalle risorgive e, in particolare, dai fiumi Reghena e Lemene con tutti i canali annessi. Tali ambienti umidi, poco adatti ad essere sfruttati per l’agricoltura, se non dopo ampi e dispendiosi interventi di bonifica, vennero usati lungo tutta l’età moderna come vere e proprie riserve di prodotti per la comunità: dal legname a varie tipologie di canne, dalla selvaggina a diverse specie di pesci e molluschi, senza contare la possibilità di sfruttarne alcune zone per il pascolo (raramente per l’agricoltura), come potevano essere quelle particolari porzioni di territorio, definite col termine di quori – al singolare quoro, cuoro, toro – che altro non erano che fertili isole emerse dalla laguna periodicamente sfruttabili per la coltura, o ancora le anse fluviali, facilmente raggiunte e coltivate in determinati periodi dell’anno. Dunque, il territorio di Sesto, come in genere la bassa pianura friulana, era caratterizzato dalla presenza, a fianco di prati e boschi, di una porzione di incolti sfruttati collettivamente dai singoli e dalle comunità, che ne rivendicavano il godimento dietro concessione esplicita del principe oppure in base a un diritto acquisito ab antiquo, con la consuetudine. I beni d’uso collettivo erano di diretto interesse per le comunità, ma rivestivano un importante ruolo nella gestione territoriale della Repubblica veneta, soprattutto quando, in seguito ad un disboscamento sregolato ed eccessivo, iniziarono ad essere presi in seria considerazione 280 interventi di politica ambientale volti a controllare e regolamentare l’accesso alle risorse naturali. Ad essere disciplinato fu più di ogni altra cosa l’accesso al bosco: di montagna innanzitutto, ma anche di pianura, dato che per le necessità edilizie della città di Venezia e per la sua preservazione e manutenzione costante, furono sfruttati soprattutto i boschi planiziali della pianura circostante le zone lagunari, che agli inizi del Settecento si erano ormai notevolmente ridotti, in seguito all’intenso sfruttamento avviato tra Cinque e Seicento28. Per ovviare al problema e al connesso attacco alle terre collettive provocato dagli usurpi dei privati (e, fra questi, in prima linea v’erano i patrizi veneti e i nobili di Terraferma), il Senato era intervenuto in modo diretto già dagli anni Settanta del Quattrocento. Con la parte del gennaio 1476, oltre al divieto imposto alle comunità di alienare, affittare e disboscare in modo sregolato i beni collettivi, si tracciava una prima importante divisione, attuata secondo gli schemi del diritto comune, fra i beni propri o comuni (communi) acquisiti dalle comunità, che potevano essere alienati pur mantenendo i vincoli forestali, e i beni specificamente communali, posseduti da una comunità ab immemorabili per concessione graziosa del principe e soggetti al divieto di alienabilità e al rigido vincolo di destinazione colturale, che ne impediva normalmente la messa a coltura29. Naturalmente diverse per acquisizione e per normativa, le due tipologie si differenziavano per le imposte, alle quali i beni communi erano soggetti (si pensi al campatico), mentre i communali di norma risultavano esenti, tanto da non essere registrati nei documenti fiscali. Era un motivo in più che avrebbe dovuto preservarli dagli usurpi, poiché oltre a non gravare fiscalmente sulla comunità e sui singoli, potevano offrire una risorsa a cui attingere per sostenere i gravami fiscali imposti dalla Serenissima sia alla comunità sia ai singoli componenti della stessa. Intersecate con la gestione dei possessi collettivi, anche se non sovrapponibili ad essa, ritroviamo poi numerose tipologie di usi civici, che più o meno consistentemente gravavano sul territorio e sulle sue risorse: il pensiero va al pensionatico (da non confondere con il vago pascolo o col pascolo ad erba morta), ai vari diritti e concessioni d’uso delle acque, dei boschi e dei pascoli, al legnatico e a diversi altri diritti rivendicati il più delle volte dalle comunità, aventi molto spesso la funzione di integrare i magri bilanci familiari, fornendo materiale da costruzione e riatto per le case, cibo per il bestiame e diverse altre risorse materiali, oppure la funzione, una volta coperto il fabbisogno interno alle famiglie, di assolvere almeno in parte le imposte dovute all’erario. Fondamentale appare soprattutto la base foraggiera ricavata dallo sfruttamento dei pascoli e dei prati naturali, che in un certo senso, come ha avuto modo di ricordare Furio Bianco già per il Cinque e Seicento, assicurava alle comunità di villaggio e alle singole famiglie un quantitativo di prodotto sufficiente alle immediate necessità di allevamento, con un risvolto negativo, però, poiché scoraggiava gli investimenti per creare prati artificiali, impedendo nella pratica la creazione di aziende agricole più moderne e associate ad una più razionale zootecnia30. Da questo punto di vista il possesso collettivo e gli usi civici assumono la dimensione di vincoli che limitavano fortemente la piena proprietà della terra, cristallizzandone l’utilizzo e diminuendone il rendimento. Gli esiti erano drammatici, secondo alcuni economisti e agronomi settecenteschi, che accusarono a più riprese la perniciosità degli usi comunitari a danno dell’economia rurale, e ne proposero la privatizzazione (per lo meno parziale) al fine di trasformare vasti appezzamenti di territorio mal gestiti, in porzioni adatte all’agricoltura e molto più redditive economicamente. Sarebbe desiderabile che in tutti i paesi ove si trovano terre inutilizzate, incolte e comuni che appartengono al re, sua maestà le volesse dare in censo ai particolari della parrocchia, affinché essi le posseggano in proprietà; il re ne ricaverà una rendita annuale; queste terre saranno dissodate e procureranno in seguito diritti di mutazione che si acquistano; invece se tali terreni restano posseduti dalla comunità, non producono che un quarto di quello che renderebbero se fossero divisi. […] Ci sono inoltre terre incolte; ce ne sono molte che verrebbero coltivate; ma nessuno osa seminare grano in un campo comune, bisognerebbe dissodare e recintare, c’è [infatti] troppa indecisione finché uno non è proprietario [del 281 Il territorio paludoso di San Stino di Livenza nella parte sinistra del corso del fiume fino al mare, in una carta di Francesco Fiorini e Gio Batta Bagatella, vice proti al magistrato, 9 agosto 1660. La persistenza delle aree palustri, è testimoniata anche dal Nievo. Il bandito Spaccafumo, in un concitato colloquio con Leopardo Provedoni, afferma che per muoversi si avvaleva «per turno dei puledri di razza che pascolano in laguna», e che all’altezza di Lugugnana aveva ritrovato «un ragazzetto», ossia Carlino, «che si era smarrito nel palude» (Nievo 1973, p. 137). ASVe, Savi ed esecutori alle acque, Livenza, disegno 7. terreno]. Se un signore condivide boschi comunali con i suoi censuari, può chiedere che vengano divisi in tre parti, tenendone un terzo per sé, col fine di amministrarlo personalmente, rinunciando a qualsiasi pretesa sul resto, anche se avesse il fondo minore e più deteriorato. Se fa tagliare tutto [tagliare gli alberi al livello del suolo per ridare forza e vigore, n.d.r.] e se la mantiene indivisa, la sua parte varrà di qui a trent’anni di più che la porzione doppia della comunità. È incredibile dire con quanta poca intelligenza e con quanti abusi la comunità della parrocchia utilizzi i suoi boschi comunali. Il signore ha ad ogni modo un sensibile interesse a sovrintendere al buono sfruttamento dei boschi comunali di una parrocchia […] poiché tali boschi ben amministrati sono una risorsa infinita per la parrocchia in questione31. È questa una delle proposte che circola a partire dal sesto decennio del Settecento; essa porta il nome di François Quesnay, sicuramente uno fra i principali fautori della lotta contro i vincoli che gravavano sulla terra32. Anche nel Veneto e in Friuli il dibattito accademico si incentra sul tema della proprietà collettiva, ipotizzandone lo smantellamento e la privatizzazione, nella consapevolezza che la presenza di questi comparti, diffusi in molte aree del continente, doveva cedere il passo ad un ampio processo di conversione produttiva. Lo auspica molto chiaramente a inizi Ottocento Giacomo Cavassi, che con parole a dir poco espressive rivela come a suo parere «l’assoluta inalienabilità della maggior parte dei fondi del Friuli è una delle cause tendenti a tenere negletta l’agricoltura»33. Fondi molto spesso in mano a comunità incapaci di farli sfruttare proficuamente e, per questo motivo, soggetti alle 282 critiche degli economisti che ne sollecitavano la vendita ai privati. La Società di agricoltura pratica di Udine, attraverso le memorie dei suoi soci, lo richiede continuamente: «Tanti beni comunali di pubblica ragione sparsi con poco vantaggio per la Terraferma potrebbero in ragion di estimo distribuirsi a’ possidenti» col solo vincolo di migliorarli e renderli economicamente sfruttabili, e di elargire «un qualche leggero canone in cassa dei respettivi comuni, per cui si renderà anco più facile alli stessi il pontual pagamento delle loro imposizioni»34. Una ingente massa di beni che, attraverso la concessione ai particolari e la loro riduzione per esempio «a erbose praterie», avrebbe potuto essere utilizzata anche per l’incremento dell’allevamento bovino, in vista di una riduzione del deficit di approvvigionamento con l’estero, nota dolente dell’economia della Serenissima. Le posizioni degli accademici al riguardo, fra le quali emergono quelle espresse da Francesco Maria Stella, Filippo Florio, Giuseppe Antonini e Bartolomeo Del Covolo, sono quanto mai chiare: ridurre drasticamente la massa dei possessi collettivi, indirizzare buona parte di essi alla coltura dei prati artificiali, dai quali poter ricavare foraggio sufficiente per allevare un numero più elevato di capi di bestiame in modalità stabulare35. Con i non secondari vantaggi di eliminare in contemporanea molte delle liti in corso fra le comunità e nelle comunità stesse e di aumentare gli introiti dell’erario. Se si analizza il caso di Sesto, nel tentativo di farsi un’idea dell’ampiezza del problema, il risultato è sicuramente interessante. Da un documento degli anni Quaranta del Settecento, ove si trovano elencate le località della giurisdizione di Sesto nelle quali erano presenti dei campi «inutili, e pustotti», in buona parte dei casi gestiti collettivamente, si evincono le 283 Particolare di mappa dei beni comunali goduti promiscuamente dalle comunità di Cordovado, Stalis, Venchiaredo, Ramuscello e Gleris, in una mappa del perito Giorgio Morsuro, 26 luglio 1666 (ma in copia del 7 maggio 1788 del perito Giovanni Maboni). ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, 90. seguenti proporzioni: «Boldara campi 8; Bagnara campi 166; Bagnarola campi 336; Cordovado campi 200; Cinto campi 192; Fagnigola campi 189; Gruaro campi 79; Giai di Sesto campi 284; Sumaga campi 214; Sesto campi 370; Taiedo di Porcia campi 40; Versola campi 229»36. Particolarmente interessante è la situazione di Versiola e Bagnarola, caratterizzate complessivamente da una corposa presenza di incolti, ammontanti a 565 campi. Da una nota degli inizi del Settecento (con ogni probabilità del 1704), si possono individuare anche alcuni nomi dei possessori della parte di tali terreni e appezzamenti non soggetti al dominio collettivo, anche se molte volte situati immediatamente a ridosso delle comugne, come è il caso per esempio di un «pezzo di terra detto le Frattiselle», posseduto da «Vincenzo e fratello Tagliafero di Venezia», ubicato nei pressi di Versiola e confinante per buona parte con la «comugna del Boschialedo»37. Fra i possessori figurano cognomi importanti: i Gradenigo, i Dorigoni, i Savorgnan, i Cordovado, gli Attems. Famiglie la cui presenza nella zona di Sesto appare rilevante e decisamente influente. E dal punto di vista più specifico dei beni comunali, com’era la situazione sestense? Secondo quanto ricostruito da Antonio De Cillia, tra xvii e xviii secolo il complesso patrimonio collettivo di Sesto e delle ville contermini subisce certamente una decurtazione, non tale tuttavia da stravolgere totalmente il paesaggio agrario esistente, dato che la consistenza dei beni comunali, nonostante le vendite compiute, continua a rimanere significativamente ampia38. Eloquenti appaiono le situazioni di Bagnarola e di Sesto al Reghena. A Bagnarola la gran parte dei beni comunali era rappresentata da ampi pascoli estesi per circa mille campi, la cui maggior parte era goduta in compartecipazione con le comunità di Gleris, Ramuscello, Stalis, Venchiaredo e, in modo più ridotto, Savorgnano. Mentre gli oltre novecento campi delle comugne intestate a Sesto erano goduti da questa comunità insieme con Marignana, Savorgnano, Bagnarola, Versiola, Bagnara, Gruaro, Boldara, Giai e Mure, a testimonianza di quanto fossero complessi ed articolati la gestione e l’utilizzo dei beni stessi. Un caso fra tutti può essere indubbiamente quello del paludo del Vescovado, non molto distante dalle comugne summenzionate, composto da 8.333 campi, 7.786 dei quali erano goduti collettivamente da un ente apposito, definito come Sindacato di Cordovado, raggruppante ben sedici villaggi, fra i quali figuravano Teglio, Fratta, Fossalta e Lugugnana39. Risulta interessante a questo punto, per una maggiore comprensione dei termini della questione, la lettura del privilegio stilato in favore della comunità di Sesto per l’utilizzo dei beni comunali; privilegio molto simile, per contenuti e tipologia, a quelli rilasciati alle altre ville del distretto, redatto sotto l’egida di «Paulo Antonio Crotta, Zuanne Molin et Zuanne Sagredo, proveditori sopra beni comunali». Dopo aver constatato che il documento originario era andato perduto, i provveditori dichiarano: avendo tolto per mano il loro catastico abbiamo trovato posseder esso comun li sottoscritti campi dentro li sottoscritti confini, sicché restano del tutto separati dal terreno de’ particolari confinanti, quali consegniamo a voi uomini e comun predetto, perché li abbiate a godere unitamente in comun a pascolo et a uso di pascolo, e facendo ubertoso il paese et allevando delli animali, sicché tutti voi dobbiate asentire con la munificenza di sua serenità il benefizio insieme di detti comuni; con le infrascritte però condizioni: che quella parte che si trovasse a bosco sia conservata in legni buoni per la casa dell’arsenal, et il resto in alcun tempo non possa esser da voi affittato, livellato, permutato in qualsivoglia occasione, o sotto qualsivoglia pretesto ad alcuna persona così del vostro comun, come fuori del vostro comun. Medesimamente non possi alcuna minima parte di detti comunali esser arata, né coltivata, né sopra quelli esser fatta alcuna escavazione, né alcuna fornasa 284 da calcina o pietre da qualsivoglia persona così dal vostro comun, come fuori, sotto pena a voi uomini suddetti di privazione per anni dieci di detti beni comunali, et a chi terrà ad affitto, ovvero livello, ovvero caverà, permuterà, o altrimenti goderà in uso particolare detti beni, et contra li ordini prescritti di lire 300 per cadauno, et cadauna volta, un terzo della qual pena sia dell’accusator, un terzo chi farà l’esecuzion, e l’altro terzo della casa dell’arsenal; potendo però voi uomini del presente comun et villa d’anno in anno dalla festa di san Giorgio fino san Michele, se così parerà alla maggior parte della vostra regola, bandir per far fieno la terza parte del detto pascolo, et far et renovar pur d’anno in anno le prese, e sopra di quelle gettar ogni anno le sorti, et non altrimenti perché alcuno non possi mai appropriarsi alcuna minima parte di detti comunali, non potendo per mezzo di essi far alcun fosso o altro segno di divisione, con dichiarazione che li fieni di dette prese siano goduti dalli contadini, o coloni, cioè massieri e repetini, o bracenti che hanno loco et fondi in detta villa, ma non di quelli che abitano fuori di detta villa, nemmeno delli patroni de’ terreni, se però non facessero boaria. Sia in obbligo quel meriga che di tempo in tempo si troverà nel carico quando occorrerà che sia contravenuto in alcuna minima parte a quanto è predetto o che da confinanti, o da qualsivoglia altra persona sia fatta alcuna usurpazione, o intacchi usurpando, ovvero viziando confini di detti comunali et etiam strade pubbliche di volta in volta doverà venir al magistrato nostro a denontiar dette usurpazioni, et intacchi sotto quelle stesse pene che è tenuto denontiar le risse che seguono col sangue nel nostro regolato et questo tante volte quante mancherà di eseguire quanto è predetto. E perché il presente nostro documento sia conservato et non abbia per qualche accidente a smarrirsi volemo et così vi commettemo che sia da voi posto in una cassetta nella vostra chiesa con due chiavi differenti, una detenuta dal vostro reverendo curato, et l’altra dal più vecchio del comun40. Come si può evincere dal documento, la gestione dei beni comunali di Sesto (così come per le altre ville venete) era accuratamente regolamentata sia dal punto di vista dell’utilizzo, indirizzato quasi esclusivamente a pascolo e bosco, sia da quello della prevenzione e risanamento di eventuali usurpi e intacchi al patrimonio collettivo41. Ma qual era la consistenza e la tipologia dei beni? L’elenco in calce al privilegio, datato 20 giugno 1782, permette una quantificazione di massima. Innanzitutto vi era una «comugna detta Boscaletto», localizzabile fra il Reghena e la villa di Versiola, dell’estensione di circa 587 campi, goduta congiuntamente dalla villa di Sesto con Mure, Giai, Boldara, Gruaro, Bagnara e Versiola. Ad essa andavano a sommarsi una porzione di beni comunali, denominati Melmosa, di circa 348 campi, sfruttata come pascolo in modo congiunto da Sesto, Marignana, Savorgnano, Bagnarola, Versiola e Braida; e altri piccoli appezzamenti, che portavano il totale complessivo a 964 campi. Da essi vanno però detratti, oltre agli usurpi (che sono in realtà molto limitati), le vendite effettuate tra il 1648 e il 1688, a dir poco consistenti, che generarono una decurtazione massiccia e la perdita di buona parte del patrimonio collettivo della comunità, con le immaginabili conseguenze sul tessuto sociale ed economico. Versiola poteva invece contare su una serie di comugne, alcune delle quali in uso quasi esclusivo, come Pra Bandito e Fornasette di tipologia «prativa e pascoliva», mentre altre erano condivise con Sesto e altre ville. Si pensi per esempio al Boschialetto o alla Malmosa, citate in precedenza, utilizzate a pascolo, oppure a le Fornase o a la Melma42. Bagnarola vantava un privilegio molto simile a quello di Sesto e poteva contare su una «comuna detta 285 Altro particolare dei beni comunali goduti promiscuamente dalle comunità di Bagnarola, Stalis, Venchiaredo, Ramuscello e Gleris, in una mappa del perito Massimiliano Mandola, 22 aprile 1691 (ma, analogamente alla mappa nella pagina a fianco, in copia del 7 maggio 1788 del perito Giovanni Maboni). ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, 89. la Campagna» (confinante con la comugna di Bagnara), di oltre seicento campi, condivisa a pascolo con le ville di Gleris, Ramuscello, Stalis e Venchiaredo; su di una seconda porzione di comunali denominata «il Magredo et Pra bandito», confinante da un lato con la stessa Campagna, estesa per circa 156 campi e condivisa parte con Stalis e Venchiaredo, in parte con Bagnarola; su «una comugna detta il Sagilotto, qual pascola insieme con Braida e Savorgian» e su altre piccole porzioni di comunali, quali la «comuna detta li Bari», la «comugnara delle Bambole», la «comugna detta Regenaz» e «tre pezzetti de comun dette le Pase». A queste ultime si affiancavano porzioni ridotte di comunali, di modeste o modestissime dimensioni, che portavano il totale complessivo a campi 1.00243. Somma considerevole, ridottasi però nel corso della seconda metà del Seicento, in linea con la situazione delle altre località, a causa delle vendite, che fecero scendere la quota dei comunali a poco più di seicento campi. Per Marignana si segnalano «campi duesento cinquantasei, quarti uno, e tavole dusento settanta, compreso l’usurpi», dei quali faceva parte una «comugna detta l’Albaredo, il Ronchiat, la Cargnia e il Savelons qual è boschiva, prativa, paludiva et pascoliva de campi 193, quarti 1, [tavole] 224»44. Essa era goduta in condivisione con Villotta, comunità con la quale si erano aperte diverse diatribe di gestione, soprattutto per quanto riguarda i pascoli e i boschi45, esacerbate dal fatto che, oltre ad essere gestita in condivisione, la comugna confinava a nord con il bosco di Villotta, con conseguenti e prevedibili sconfinamenti nell’utilizzo da una parte e dall’altra. Sempre a nord, essa confinava con alcune porzioni di usurpi effettuati dal «signor Sipion Sbrogiavaccha», a testimonianza di quanto fosse diffusa tale pratica, soprattutto da parte di famiglie di rango. C’erano inoltre un’altra comugna «detta Mania et Boscho pascoliva bassa» ed una «comugna detta Raganazzo», di tipo pascolivo e sfruttata anche da Settimo. Tra gli usurpi, oltre a quello di Scipione Sbroiavacca, che aveva occupato una porzione di comunali arativa e prativa denominata il Boschiato, di circa 24 campi, si segnalano un’altra porzione di comunali occupati da «Zorzi Gradenigo, [che] gode una comugna detta Roncharedo arativa piantà e videgià» di circa 14 campi, oltre ad un «orto e casamento», sempre goduti dal Gradenigo, il quale però aveva dato in cambio al comune di Marignana l’accesso ad una strada per la comugna di Albaredo, in sostituzione di quella precedente, oramai affondata e inutilizzabile. Una grossa fetta di questi beni era, infine, stata venduta tra il 1647 e il 1689, con una serie di incanti ai quali avevano partecipato le famiglie Sbroiavacca, Gradenigo, Roncalli e Basadonna46. La villa di Gleris e la sua comunità potevano, invece, contare su di «una comugia contra Ramuselo, confina da un capo la comugia detta la Campagia, pascola insieme Bagiarola, Gleris et altre villette» di circa otto campi, un’altra comugna di circa 58 campi «che per anticho à pascolato insieme con il comun di San Vito», che all’epoca in realtà ne rivendicava totalmente il possesso; un’altra comugna detta la Coda, di circa 61 campi di estensione, un’altra detta le Rivis di 14 campi, più altre ancora di piccole o piccolissime dimensioni, come per esempio il Boschetto (sette campi) e la «comugietta detta le Paluse», di nemmeno un campo di estensione. Beni comunali che pure nel caso di Gleris tra il 1648 e il 1690, a causa delle vendite a privati, subiscono una netta decurtazione pari a circa 113 campi, passando così da un totale di 201 a 88. Un taglio abbastanza evidente, che ridusse di molto i beni a disposizione della comunità di Gleris, nonostante essa potesse contare anche su altri fondi goduti in promiscuità con San Vito al Tagliamento, vale a dire «un pezzo di comunale detto la Gravezza pascolivo» di circa 38 campi di estensione. La villa di Giai aveva la possibilità di utilizzare beni comunali per un totale di oltre 154 campi, «quali godevano insieme con Gruaro, Bagnara e Boldara»47. Essi erano divisi in tre grosse porzioni: una «comugna detta Palù d’inverno» di circa 54 campi di estensione, lasciata a prato e pascolo, ma di tipologia paludiva, quindi poco utilizzabile perché quasi completamente ricoperta di acque; una «comugna detta il Palù della Regina paludivo e pascolivo» di circa 88 campi; una «comugna detta Reganazzo prativa e pascoliva» di 12 campi; oltre ad «una comugna chiamata il Roschialot et un’altra Colmedo et una chiamata la Arbara quali sono tutte sotto le giurisdition di Sesto e pascolano in comun». Tralasciando la situazione di Claut, Erto e Casso, ubicati in un contesto territoriale diverso, occorre fare un breve riferimento alla situazione di Ramuscello, dove, prima delle 286 alienazioni seicentesche, esistevano circa 162 campi comunali, fra i quali rientrava una «comugna grande» (29 campi) e una comugna «detta la Comugnosa», di poco meno di quattro campi. Anche questi beni comunali subirono un drastico ridimensionamento con le vendite sei-settecentesche, riducendosi a meno di un terzo (49 campi). 4. La Società d’agricoltura pratica e il dibattito agronomico in ambiente veneto Quanto ricostruito riguardo ai beni comunali spinge ad affrontare il dibattito accademico svoltosi nel corso della seconda metà del Settecento sui problemi dell’agricoltura friulana e, in particolare, sulla questione del possesso collettivo e degli usi civici. Prima di farlo, però, bisogna dare una definizione per lo meno indicativa dei termini in questione. La nozione di usi civici rimanda ad una fattispecie giuridica complessa e variegata, mutevole nel corso del tempo e, cosa ancor più interessante, rispetto allo spazio fisico nel quale effettivamente si trova ad essere esplicitata. Per comodità e chiarezza, sarà utile citare una fra le definizioni più recenti, ma applicabile tranquillamente in chiave storica. Gli usi civici sono quei diritti spettanti ad una collettività (espressione di un comune o di una frazione di esso), consistenti nel trarre utilità elementari dal demanio di un determinato territorio, composto non solo da terre, ma anche dai pascoli, dai boschi e dalle acque. Il loro contenuto è il godimento di detti beni a favore di un comune o di una frazione, godimento che viene esercitato uti singuli dai componenti di quella comunità, proprio in virtù della loro originaria appartenenza ad essa48. Si tratta, dunque, di diritti acquisiti in vario modo, soprattutto attraverso l’uso ripetuto e la consuetudine, ed esercitati da una comunità su terre di propria o di altrui proprietà, ma in ogni caso godute collettivamente dalla comunità stessa, in modo per lo più solidale dai singoli appartenenti, anche se in forme molto diverse da caso a caso. Tali diritti hanno attualmente, e avevano in passato, soprattutto finalità di tipo agro-silvo-pastorali49. Specificato il senso della locuzione uso civico, l’attenzione si sposta ora su alcuni aspetti connessi più o meno direttamente a tale concetto, che chiamano in causa il secondo punto della trattazione, vale a dire i beni collettivi. La presenza di un possesso collettivo, che va a cozzare contro il principio cardine del possesso individuale di un bene50, sancito in modo sempre più marcato a partire dall’emanazione del Code civil (1804), ma già al centro dei dibattiti nei decenni precedenti, chiama infatti in causa direttamente le modalità e le tipologie di utilizzazione del bene stesso, con tutta la loro marcata variabilità normativa e applicativa, a seconda dei tempi e degli spazi nei quali occorre analizzarle. La definizione dei contenuti del possesso collettivo pone dunque l’accento sul lungo e frastagliato (e non sempre chiaro) processo di acquisizione dei diritti di utilizzo, rientrante il più delle volte sotto il concetto fondamentale di consuetudine. Come ha avuto modo di ricordare Fabrizio Marinelli, «la materia degli usi civici e dei demani civici si è sviluppata attraverso le stratificazioni di situazioni appropriative perduranti nel tempo», per le quali la consuetudine, riuscendo a porsi progressivamente come «fonte di produzione normativa», consolida situazioni reali di utilizzo di un bene o di un territorio da parte di una comunità (rurale o cittadina), talvolta addirittura contrastanti con principi normativi esistenti, dando credito e consistenza a quell’autorità della tradizione, che fu largamente e acremente avversata da una parte dei giuristi seicenteschi e settecenteschi51. La normativa consuetudinaria, molto spesso priva di una documentazione scritta originaria, a partire dalla metà del Settecento fu progressivamente messa in discussione e superata in nome di due princìpi fondamentali: in primo luogo, il principio esclusivo di proprietà e la possibilità da parte del proprietario del bene di disporre dello stesso in modo pieno ed assoluto; in secondo luogo, il principio di utilità, esprimibile anche come utile coltivazione delle terre, dove l’interesse tipicamente medievale di disporre del bene in favore della dimensione 287 Frontespizio di una delle opere dell’economista Antonio Zanon, nella quale si motivava l’«utilità morale» delle accademie. Antonio Zanon, Della utilità morale, economica, e politica delle Accademie di agricoltura, arti e commercio. Opera postuma, in Udine, per li Fratelli Gallici, 1771 (esemplare in BCU). comunitaria viene sostituito dal vantaggio economico rispondente alle leggi del mercato, per le quali prevalgono innanzi tutto la rendita e il profitto. Il singolo proprietario dovrebbe pertanto poter disporre in modo pieno ed esclusivo delle sue terre al fine di procedere ad adeguati investimenti e farle fruttare, sia per il proprio benessere, sia, di riflesso, per l’accrescimento della ricchezza generale, proporzionalmente più consistente a seconda della loro migliore e più redditizia conduzione. Inoltre, una proprietà libera da vincoli e da legami giuridici favorisce le compravendite, stimolando il mercato immobiliare legato all’agricoltura. Queste posizioni cominciarono ad affermarsi nel corso del Seicento, con il diffondersi delle dottrine giusnaturaliste, e trovarono ampio accoglimento ed esplicazione nel Settecento illuminista di Victor de Riqueti de Mirabeau e François Quesnay. In particolare quest’ultimo, famoso per aver ricoperto l’incarico di medico personale di Luigi xv e di Madame de Pompadour, fu fra i più tenaci assertori dell’individualismo proprietario e dell’utilità del singolo di contro alle pretese delle comunità, oltre che uno dei più accorati sostenitori della centralità dell’agricoltura nell’economia, considerata come l’unica componente capace di creare effettivamente reddito, ossia di generare un surplus utile (prodotto netto) da impiegare in altri comparti produttivi. In questa dimensione, lo sviluppo del settore agrario diveniva il fulcro dell’intero sistema economico, al quale erano subordinati sia il commercio sia la manifattura/industria, mentre l’unica classe effettivamente produttrice appariva quella dei coltivatori, poiché tutte le altre erano essenzialmente classi trasformatrici e dunque, in un certo senso, sterili. Date queste premesse, il passo successivo era individuare gli interventi da compiere per permettere all’agricoltura non solo di acquistare il ruolo dominante nel settore economico, ma anche di superare i propri limiti intrinseci, al fine di aumentare la produttività delle terre e, con essa, il rendimento totale da esse ricavato. Non vi è dunque da stupirsi se «i fisiocrati, i filosofi, gli studiosi del Settecento, non a caso definiti a volte genericamente come économistes, misero proprio in quegli anni in luce le difficoltà che i limiti giuridici alla proprietà recavano all’economia; una economia che, indirizzata ormai ad un mercato sempre più ampio e diffuso, rifiutava i sistemi economici medievali, assai spesso collegati (per il vero in modo discontinuo e difforme da stato a stato) ad un colpevole parassitismo o comunque ad uno statico immobilismo»52. Uno dei cardini di tale immobilismo appare la questione della proprietà della terra, troppo spesso limitata da una serie di vincoli, diritti, usurpi e prelazioni, che ne inficiavano lo sfruttamento; essa andava affrontata radicalmente, con l’obiettivo di giungere ad una proprietà piena ed assoluta, affinché il possessore della terra potesse disporne liberamente e pienamente e, in questo modo, essere fortemente stimolato a renderla il più possibile produttiva. La coltivazione [delle terre] non può esplicarsi con successo che sotto le leggi della proprietà. Non è possibile immaginare una coltura eseguita in comune tra un ampio numero di famiglie: poiché per coltivare con successo, ci vuole ben altro che le braccia; ci vuole qualcuno che ha il diritto e l’interesse di dirigere i lavori […]. La proprietà fondiaria è dunque un istituto di primaria necessità, conforme alla giustizia e all’interesse comune della società…53 Siamo nel 1777 e questo pensiero, esplicitato da Guillaume François Le Trosne (1728-1780), si pone come cardine e punto di riferimento delle riflessioni successive. Nel processo di ammodernamento economico e, di conseguenza, giuridico e sociale, sostenuto tenacemente da filosofi ed economisti e contemporaneamente fatto proprio, per lo meno in parte, da diversi governi europei, una delle questioni chiave riguardava proprio la liberazione della terra da molti vincoli giuridici e consuetudinari che risultavano un freno allo sviluppo economico e sociale, nonché causa di un marcato rallentamento della crescita economica. Tali idee giunsero ben presto in Italia, traghettate da una schiera di intellettuali, tecnici ed economisti e dalla circolazione di monografie e di periodici. Sulla scia di quanto stava avvenendo oltralpe e in alcune città della penisola, anche l’ambiente friulano iniziò ad interessarsi alla “nuova agricoltura”. I dettami innovativi propugnati dalle accademie economico-agrarie nel resto del continente spinsero alcuni Friulani ad impegnarsi affinché, 288 anche nella città di Udine, fosse istituita una Società agraria capace di farsi portavoce della crescente richiesta di modernizzazione in ambito agrario. Fondata nel 176254, ma operante effettivamente solo dal 1765, essa si richiamava direttamente ad esempi europei ed italiani, quali la Società economica di Berna o quella dei Georgofili di Firenze. La necessità di trovare risposte concrete ai problemi che affliggevano l’agricoltura veneto-friulana spinse una cerchia di illuminati possidenti a guardare agli economisti e agronomi d’oltralpe e al dibattito apertosi in ambito europeo. Ciò valeva per cercare soluzioni direttamente applicabili al caso friulano e capaci di superare i limiti annosi dell’agricoltura della patria. A metà Settecento le questioni alla base della mala agricoltura dell’area veneto-friulana erano grosso modo le seguenti: mancanza di bovini, carenza di prati artificiali e di foraggio (connessa direttamente, e inevitabilmente, col precedente punto), svegro di boschi e pascoli per far posto a colture cerealicole, diffusa pratica del pensionatico e vago pascolo, brevità delle affittanze ed eccessiva quantità di campi per ogni singolo contadino, disordini nell’uso e nella concessione delle acque, ignoranza riguardo ai sistemi di rotazione55. Ad essi si potrebbe aggiungere anche la presenza di grosse fette di territorio gestite collettivamente e, per questo, quasi sempre male e al di sotto delle possibilità. Come si è accennato, il patrimonio collettivo rimaneva cospicuo, nonostante le vendite compiute fino al 1727. Nel corso del trentennio 1764-1797, prese così corpo un acceso dibattito generato «sulla scia delle suggestioni fisiocratiche e delle teorie agronomiche divulgate dagli inglesi Brunet e Tull, e dai francesi Duhamel de Monçeau e de la Salle de l’Étang, le opere dei quali raggiunsero larga fama nei principali centri italiani dove fiorirono gli studi e le sperimentazioni di agraria, ossia, oltre alla Repubblica, la Toscana e la Lombardia»56. In modo speciale, in ambiente veneto le riflessioni agronomiche furono inizialmente stimolate da un problema di carattere mercantilistico, vale a dire, come si è accennato, la cronica carenza di carne bovina alla quale erano soggetti i territori e le città della Serenissima, che determinava una forte importazione dall’estero, con un esborso economico ingente, ammontante a circa 600.000 ducati annui. Il problema era particolarmente sentito in Friuli, soprattutto dopo l’epizoozia del 1759, che portò alla perdita di 12.000 capi, favorendo più o meno direttamente anche l’istituzione ad Udine della Società agraria. La discussione sull’incremento dei bovini e sulle trasformazioni necessarie per attuarlo si innestò, però, all’interno di un più ampio e generale processo di rinnovamento economico e finanziario che, tra gli anni Sessanta e Settanta del xviii secolo, trovò in Andrea Tron e nella sua cerchia il punto focale di esplicazione e nella Deputazione ad pias causas un forte motore di rinnovamento per tutto il territorio veneto57. A fianco della Deputazione, nell’attuazione delle riforme rurali (assai parziali, in verità) e nell’avvio della cosiddetta «grande e beata rivoluzione» (con riferimento all’ammodernamento in agricoltura), un ruolo fondamentale fu svolto, da un lato, dalla Deputazione all’agricoltura, magistratura peraltro molto debole sorta in seno ai Provveditori ai beni inculti, dall’altro, dalle accademie agrarie nate un po’ ovunque, a partire dal 1768, nelle città del dominio veneto58. Non a caso nel luglio del 1764 iniziò anche la pubblicazione del Giornale d’Italia spettante alla scienza naturale e principalmente all’agricoltura, alle arti ed al commercio59, che in breve tempo divenne l’organo di divulgazione privilegiato delle accademie agrarie, nonché un ideale luogo di dibattito per tutti coloro (accademici, agronomi, economi, intellettuali, proprietari terrieri) che si stavano interrogando sul futuro dell’agricoltura e sui mezzi e le scelte necessari ad un suo ammodernamento e miglioramento. Il Giornale fu affiancato dal 1789 dalla Raccolta di memorie delle pubbliche accademie di agricoltura, arti e commercio dello Stato veneto. Nel maggio del 1765, a rimarcare la centralità assunta nel contesto della Serenissima dal settore primario, venne creata la prima cattedra di agricoltura sperimentale presso l’università di Padova. L’insegnamento fu affidato a Pietro Arduino60, e la sua istituzione (anticipata dal riformatore dello Studio di Padova Bernardo Nani nel 1761, che volle una cattedra ad rem agrariam, peraltro completamente teorica61) cadde a pochi mesi, non senza ragione, dal 26 settembre 1765, data di emanazione delle leggi limitanti il pensionatico. Per alcuni decenni, fu proprio nell’ambiente delle accademie che si confrontarono le esigenze dello Stato, le idee illuministe e fisiocratiche, e le proposte concrete e gli esperimenti 289 posti in essere dagli stessi membri. In esso si vennero esplicando anche alcuni fra i temi precedentemente trattati, primi fra tutti il problema della persistente presenza di vasti possedimenti collettivi e quello dell’eliminazione di pratiche obsolete ed enormemente dannose per il settore agrario, quali il pensionatico e il vago pascolo. Tutto questo in un periodo segnato da una svolta importante e significativa: per la prima volta infatti, grosso modo dalla metà del secolo, il governo marciano aveva accordato il suo benestare alla privatizzazione di alcuni possessi collettivi non solamente, come si suole dire, per “fare cassa”, bensì al fine di sostenere attraverso la privatizzazione delle terre nuove iniziative economiche in campo agrario, attuate nella maggior parte dei casi dagli stessi accademici attivi in seno alle società agrarie62. Una scelta, quest’ultima, che cozzava con le esigenze di preservazione dei beni comunali e delle consuetudini avanzate da quasi tutte le comunità friulane. A difesa di tale scelta, anche in Friuli, intervennero personalità di indubbio spessore culturale e di grande respiro, a partire da Antonio Zanon. Negli anni Sessanta del Settecento il mercante friulano si schierò per l’appunto in favore della vendita dei comunali, contrastando con forza le posizioni di coloro i quali sostenevano che la loro messa a coltura aveva portato ad un aumento delle piogge e delle grandinate, all’esondazione di fiumi e torrenti (causata dal disboscamento dei comunali boschivi), e alla riduzione dei pascoli con conseguente carenza di nutrimento per i bovini. Se l’Inghilterra, ricca di tante arti, di tante manifatture e di tanto commercio, riconosce come base della sua opulenza e della sua potenza l’agricoltura, e principalmente il parteggiamento e la chiusura e coltura dei beni comunali, molto più dobbiamo riconoscere e confessare anche noi, che la provincia nostra ha accresciuta la sua popolazione e migliorata la condizione e lo stato de’ compratori de’ comunali. In Inghilterra operò questo bene l’intelligenza e la forza armata della ragione; e al Friuli procurarono questo vantaggio, contro i voti tutti degli stessi Friulani, le pubbliche indigenze. Voglio concedere a’ fautori de’ beni comunali, che questi nutriscano un maggior numero di buoi: devono però essi concedere a me, che diminuiscono la popolazione. Resta dunque a vedere, se vogliano preferire la moltiplicazione de’ buoi a quella degli uomini63. Ritratto di Antonio Zanon. Antonio Zanon, Della utilità morale, economica, e politica delle Accademie di agricoltura, arti e commercio. Opera postuma, in Udine, per li Fratelli Gallici, 1771; antiporta (esemplare in BCU). Il caso inglese dava allo Zanon lo spunto per sostenere apertamente la privatizzazione delle terre collettive, pur esortando cautela nell’attuazione delle nuove vendite. Per lo Zanon era evidente come «la coltivazione de’ beni comunali contribuì, e contribuisce non solo all’antica e nuova popolazione, ma rende e seta e grani e vini in tanta abbondanza, che ne resta da venderne agli stranieri»64. La vendita degli stessi, come era avvenuto per il passato, avrebbe inoltre avuto il vantaggio di aumentare il valore delle terre e generare numerose ricadute positive, sia dal punto di vista produttivo, sia da quello del mercato fondiario. E questo nonostante lo Zanon fosse cosciente di come le vendite attuate tra fine Seicento e inizi Settecento avessero gonfiato soprattutto i patrimoni di casate aristocratiche e nobili, affermatesi nel contesto della patria anche attraverso l’acquisto di tali immobili65. La situazione è stata segnalata nel paragrafo precedente per il contesto sestense, ma è ben rintracciabile anche nel resto della patria del Friuli. Connessi direttamente con la vendita dei comunali e la ristrutturazione dell’assetto agrario c’erano poi altri temi cardine della pubblicistica del secondo Settecento: la diffusione dei prati artificiali a leguminose e foraggio (in sostituzione di quelli naturali) e l’avvicendamento delle colture con essi66, l’introduzione e diffusione di nuove colture, l’adozione di nuovi metodi di coltivazione (primo fra tutti la rotazione continua, di contro alla monocoltura cerealicola e al deleterio binomio mais-frumento), la revisione dei contratti di affittanza (in genere troppo brevi per generare migliorie significative), il riassetto delle aziende agrarie e la creazione di nuovi equilibri fra estensione dei poderi e lavoranti, la diffusione dell’istruzione agraria e delle nuove nozioni agronomiche67. Oltre a questi temi, in Friuli ebbe grande riso290 nanza il dibattito sull’abolizione dei diritti di pascolo e sulla conseguente acquisizione della piena proprietà della terra, limitata fortemente soprattutto dallo ius pascendi o pensionatico. Uscendo dall’ambito più strettamente accademico, un ultimo aspetto da sottolineare nella politica veneziana di riordino del sistema agrario, intersecato con la parallela politica giurisdizionalista, riguarda il ridimensionamento degli ordini religiosi presenti e attivi sul territorio della Dominante. I provvedimenti che ne derivarono investirono in pieno anche l’abbazia di Sesto. Fra gli obiettivi prioritari delle soppressioni vi era la riduzione del patrimonio fondiario posseduto dagli istituti religiosi e l’eliminazione di tutti quei diritti e privilegi che facevano capo a monasteri, abbazie ed enti affini68. 5. Il bosco fra pubblico e privato Ho più volte ricordato come tra le due componenti primarie del possesso collettivo si debba annoverare il bosco69. Varrà la pena considerarne alcuni aspetti specifici, prendendo in esame i boschi pubblici e mettendone in evidenza la valenza economica e sociale, il tipo di gestione attuata ed i diritti e gli usi a essa connessi. Grazie alla lettura della Kriegskarte, per quanto riguarda Sesto e le ville contermini, sono già state espresse alcune considerazioni di massima sull’estensione e sulle tipologie dei boschi in queste zone. Alcuni documenti settecenteschi permettono tuttavia di riprendere e di approfondire ulteriormente il discorso. Il primo riferimento, seppur non esclusivo per l’area sestense, è una relazione datata 1790 realizzata grazie a un’indagine compiuta da Francesco Maria Stella e Giobatta Orgnani70, basata a sua volta sul catastico dei boschi pubblici del Friuli redatto nel 1745 da Antonio Savorgnan, provveditore generale di Palma, nel quale è contenuto l’elenco dei boschi pubblici presenti nella patria71. Tra i boschi segnalati nel catastico e controllati da custodi pubblici, raggruppati in quella che viene definita come prima classe, molto interessanti risultano quelli localizzati in due ville soggette alla giurisdizione abbaziale: Corbolone, da un lato, dove si trovano quattro boschi, «bosco detto il Banduzzo, bosco detto il Pressacon, boschi due contigui detti uno Martinuzzo, altro Prà delle Grue»; dall’altro, Cinto, dove sono presenti altri tre boschi, «bosco detto Sponzera, bosco detto Bandido, bosco detto Banduzzo». Per quanto attiene la seconda classe, comprendente boschi di pubblica ragione affidati però ai comuni, troviamo a Pradipozzo il «bosco detto Cauriollo dato in custodia al comune», e a Corbolone il «bosco detto le Fratuzze» dato anch’esso in custodia al comune. A questi poi si aggiungeva una moltitudine di piccoli boschi e boschetti di ragione privata, sui quali molto spesso gravavano diritti d’uso in favore di singoli, enti religiosi e comunità. Tramite un secondo catalogo, di poco anteriore rispetto al catastico del Savorgnan, si riesce anche in parte a ricostruire la situazione di questi appezzamenti privati72. Tra i boschi di quarta classe, quelli cioè «di libera proprietà de’ privati possessori», sono segnalati per il territorio di Portogruaro i seguenti appezzamenti boschivi: a Versiola un «bosco detto Versiola del nobil huomo Francesco Zorzi procuratore»; a Sesto un «bosco detto di sopra di Fagion di Gio Maria Ceresato», una «boschetta detta Boschettina delli signori Maschi», un «bosco detto dell’Acqua del nobil huomo Tiepolo e signori Micheluzzi», ed un quarto «bosco detto Contarini delli nobili huomini Foscarini e Zorzi»; a Corbolone un «bosco detto Brisigata delli signori fratelli Magalucci», e un «bosco detto Fachinetti del signor Francesco Triesti»; a Bagnara un «bosco detto di Bagnara delli nobili huomini Zen, Tiepolo, Michieli e consorti»; a «Claut sotto Sesto» altri due boschi, entrambi di pubblica ragione, il primo «detto Monte di Ferron», il secondo «in monte detto Bettia»; a Cinto un «bosco detto di Bando Scodelle del nobil uomo Marcello»; a Pradipozzo un «bosco detto di San Martin della chiesa di San Martin», probabilmente di utilizzo pubblico; a Pramaggiore un «bosco detto del Capello del nobil uomo Capello» e un secondo «detto Gaudin del conte Fabricio Frattina»; infine a Versiola un «bosco detto dell’abbazia di San Moro e Zanettino» ed un secondo «detto del nobil huomo Zen e consorti»73. Dunque, secondo quanto si può ricostruire da queste testimonianze documentarie, la situazione risulta abbastanza complessa e variegata, con una considerevole estensione di boschi 291 Particolari di boschi e colture arbustive tratti da una mappa che descrive la braida Le Piancate (in alto), seconda metà del Settecento; ed un’altra che riguarda una porzione di territorio prativo «del signor Enrico Attimis» a Sesto, prima metà del Settecento. ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, 37 e 160. 292 in buona parte delle ville del territorio facente capo a Sesto. Di peculiare interesse, come accennato, sono i casi di Corbolone e Cinto, da prendere ad esempio per una descrizione della situazione e gestione della compagine boschiva. Un documento del 1790 permette di ricostruire in modo abbastanza dettagliato la tipologia dei boschi, il loro utilizzo, i diritti su di essi esercitati dalle comunità e dalla Serenissima, e diverse altre notizie relative al loro sfruttamento74. La relazione, prodotta in seno alla Società di agricoltura pratica di Udine, prende in considerazione per Cinto sei distinti boschi pubblici di prima classe, affidati al controllo diretto della Serenissima, ma soggetti allo sfruttamento delle comunità, soprattutto di Cinto75. Il primo bosco è detto Spongeva, di qualità considerata mediocre, custodito da un pubblico guardiano; esso era caratterizzato all’epoca dalla presenza di un buon numero di piante, abbastanza ben distribuite, ma ancora non utilizzabili per le costruzioni navali e, dunque, non immediatamente di pubblica utilità. Il secondo bosco è detto Bandito; anch’esso custodito da un guardiano alle pubbliche dipendenze, risultava di buona qualità ed «uniformemente fornito di piante di [piedi] 3 e 3½ di bella venuta», anche se nella quasi totalità privo di novellami. Il terzo bosco è detto Banduzzo; in cattivo stato di utilizzo, probabilmente a causa di una gestione poco accurata nei decenni antecedenti e di uno sfruttamento massiccio da parte dei privati, risultava pressoché privo di legnami atti alle costruzioni navali e caratterizzato da un «abbondante novellame di cattiva venuta», forse a seguito dei danni causati dal pascolo di animali. Il quarto bosco era detto Pressiana e considerato pressoché inutile. Nonostante la presenza di un guardiano, esso appariva infatti privo di roveri di grosse dimensioni e «incapace a dar alberi per l’arsenale, perché gli stessi alberi esistenti mostrano di essere pervenuti alla loro maturità, e perché non v’ha zocche, che indichino avervene un tempo avute; e perché finalmente il poco novellame che v’ha è di mala venuta». Il quinto bosco, detto Giliarotta, risultava invece abbastanza buono, anche se più in potenza che di fatto, prospettiva che esigeva, secondo i tecnici dell’accademia, molto lavoro per renderlo fecondo e per poter da esso ricavare legname per l’arsenale. Controllato dallo stesso guardiano preposto alla gestione del bosco precedente, era caratterizzato dalla presenza di molte piante mal distribuite e, nella maggior parte, non utilizzabili per i «lavori forti, perché mal formate, decrepite e sottili». Tuttavia aveva le potenzialità per produrre buoni esemplari, dato che ad un esame accurato erano state rintracciate diverse «zocche, delle quali ne abbiamo vedute di piedi 8 e più di volta». L’ultimo bosco, denominato di Biancada, era anch’esso di qualità mediocre e controllato da un pubblico guardiano, uniformemente fornito di piante ben distribuite, della circonferenza «di piedi 3½ circa, poche di piedi 4 crescenti», ma quasi completamente privo di novellame. Per la zona di Corbolone, il documento menziona gli stessi boschi segnalati in precedenza, vale a dire «Martinuzzo, Pra delle Grue o Grive, contigui Pressacon, Banduzzo e le Frattuzze, questo di classe ii, gli altri di classe i». Anche in questo caso nella prima classe rientravano i boschi di pubblica ragione controllati direttamente dalla Repubblica, mentre nella seconda i boschi pubblici affidati alle cure dei comuni76. Andando nel dettaglio, i boschi Martinuzzo e Pra delle Grue vengono segnalati espressamente come “inutili”, ossia inutilizzabili da parte della Serenissima per costruzioni navali. La motivazione è presto detta: essi si trovano «in uno stato di sommo deperimento e per mancanza di piante, le quali sono rarissime e queste stesse non atte ai lavori forti; e perché il terreno sembra essere di una indole non propria a somministrarle; e perché infine privi quasi del tutto di novellami e quelli che esistono sorgono intisichiti e crespi»77. Il giudizio è sommamente negativo sia per lo stato presente, sia per la mancanza di potenzialità future, considerate praticamente nulle, data la quasi totale assenza di nuove piante (naturalmente roveri). Situazione che spinge l’accademia a proporre di convertire «que’ terreni a uso di foraggi», poiché come bosco tale appezzamento di terreno risulta «decisamente di aggravio al principato». In condizioni leggermente migliori appare il bosco Pressaccone, «fornito di picciolo numero di piante di piedi 3½ circa». Migliore non tanto per il numero di roveri presenti, tutt’altro che significativo, quanto per le potenzialità insite nel terreno, «che di un numero di gran lunga maggiore sarebbe capace». Questo perché le piante apparivano mal distribuite, oltre 293 Un articolo di Giacomo Cavassi sulla conservazione dei boschi di rovere nel territorio veneto tratto dal «Nuovo Giornale d’Italia» del marzo 1794. Del governo e coltivazione bisognevole ai boschi di roveri, e d’altri legnami, del nobile e chiarissimo signor Giacomo Cavassi di Udine, pubblico assistente alla soprintendenza boschiva […], memoria da esso rassegnata all’eccellentiss. Inquisorato dell’Arsenale, in «Nuovo Giornale d’Italia», 45 (1794), p. 361 (estratto conservato in BCU). che abbastanza rarefatte, a causa della mancanza di cura riservata nei tagli periodici delle stesse. A tali difetti si sommava la presenza di «luoghi assai ampi bassi e paludosi, dai quali non s’alzano piante di sorta». La causa del dissesto era da imputarsi all’interramento pressoché totale del canale Molon (o Melon), destinato allo scolo delle acque, così come quasi inesistenti erano oramai i fossi circostanti il bosco. Ciò precludeva il deflusso delle acque in eccesso e favoriva l’ingresso nel bosco agli animali al pascolo negli appezzamenti confinanti, con conseguenti danni soprattutto ai novellami. Considerati mediocri sono invece gli altri due boschi. Il Banduzzo o Bandizziol era molto simile per situazione e potenzialità al bosco Pressaccone, un po’ più curato di quest’ultimo, ma per un terzo della sua estensione completamente «danneggiato dalle acque, che vi stagnano, ciò che deriva dalle medesime cause, che si sono addette parlando del bosco Pressaccone». Il bosco Frattuzze, invece, era «in maggior disordine di Pressaccone e Banduzzo sì per riguardo alle piante adatte, che per conto dei novellami», ma privo di luoghi bassi dove stagnano le acque e, per questo motivo, maggiormente sfruttabile per la coltura di nuove piante. Sempre su Corbolone, un secondo documento offre un quadro ancora più dettagliato della situazione. Il riferimento è alla relazione presentata da Giovanni Arduino ai «provveditori e patroni all’arsenale», datata 20 novembre 1769, nella quale vengono descritti i boschi presenti in zona, forse fra i più sfruttati per le necessità navali della Serenissima78. La visita dell’Arduino ai «pubblici boschi della villa di Corbolone del Friuli, nominati Prassaccone, Pra delle Grive, Martinuzzo e Frattuzze», aveva un duplice obiettivo: da un lato controllare dettagliatamente la consistenza, tipologia, ricchezza e lo sfruttamento dei boschi in esame, dall’altro «riferire a pubblico lume le ragioni delli discapiti, che ne’ boschi stessi appariscono dall’una all’altra catasticazione ed i posteriori degradi»79. Lo stato in cui ritrovò i boschi non era molto dissimile da quello descritto in precedenza. In particolare, il bosco Pressaccone risultava caratterizzato da alcuni «siti bassi e paludosi», così come gli era già stato segnalato dal locale capitano, i quali erano pressoché privi di alberi e venivano ormai da tempo immemorabile goduti in parte dalla comunità e in parte dal guardiano del bosco, ricavandone innanzitutto fieno palustre per gli animali d’allevamento e legname per le costruzioni. Uno sfruttamento collettivo che non inficiava l’utilizzo pubblico del bosco il quale, al di là delle zone paludose, risultava ricco di legname di ottima qualità, con roveri «in molto numero e per la maggior parte vegeti, alti e belli», che potevano raggiungere in alcuni casi anche i sei piedi di circonferenza, affiancati da una «quantità di rovereti giovani di buona venuta, cioè di novellami rinati dalle zocche di roveri stati tagliati, e di semenzali nati da ghiande, de’ quali ne sono d’ogni grossezza, dalla più sottile fino ad un piede e mezzo, ed alcuni fino a due crescenti di volta»80. Anche per quanto concerne i due boschi contigui di Pra delle Grive e Martinuzzo, l’Arduino rileva la presenza di numerosi siti bassi e vallivi, privi totalmente di alberi e utili 294 solo a produrre fieno palustre, goduti parte dalla comunità e parte dal guardiano dei boschi stessi. Entrambi erano caratterizzati da un fondo magro e di bassa fertilità, poco favorevole alla produzione di roveri per le costruzioni navali, lasciando così alle comunità la possibilità di sfruttarli maggiormente per i bisogni familiari e domestici, oltre che per il riatto di ponti ed opere pubbliche. A questi boschi si aggiungeva quello detto «delle Frattuzze, ch’esiste a sera delli sopraddetti e che da’ medesimi è distante». Considerato dall’Arduino particolarmente «magro e tristo», la sua qualità variava considerevolmente da zona a zona, passando da porzioni infime a porzioni abbastanza buone. È il caso per esempio di alcune aree interne dello stesso bosco, ricche di «roveri vecchi mezzanamente alti e buoni, dalli due piedi in tre e mezzo circa di volta». Dato positivo era anche la presenza di «numerosi novellami e semenzali, molti de’ quali sono vegeti e di buona venuta». Una situazione, dunque, che presentava notevoli difformità di utilizzo da bosco a bosco; se infatti il Pressaccone e le Frattuzze mantenevano all’epoca e manterranno effettivamente fino alla caduta della Repubblica un marcato interesse pubblico, gli altri erano praticamente nella loro totalità assoggettati all’utilizzo collettivo della comunità di Corbolone e di alcune comunità circostanti. Fatto quest’ultimo segnalato anche dall’Arduino, su testimonianza di «Stefano Stefanato d’anni sessanta circa, guardiano delli boschi Pra delle Grive e Martinuzzo e Frattuzze», il quale affermava come già da diversi decenni e certamente molto «prima dell’anno 1740 da’ comuni si pascolava liberamente nei boschi sopraddetti». Tale sfruttamento poteva risultare dannoso per i boschi, poiché cagionava danni alle piante arboree, specialmente a quelle più giovani, senza contare che le comunità avevano molte volte l’interesse a debellare i novellami al fine di ridurre a prato o addirittura ad arativo alcune zone precedentemente boschive, praticando in tal modo dei veri e propri usurpi. È proprio su quest’ultimo punto che verte la seconda parte della relazione dell’Arduino, focalizzata 295 Tipo dimostrante il taglio della svolta del fiume Lemene nella località detta la Fratuzza nella comune di Concordia e serve di allegato alla stima del relativo fondo, mappa della seconda metà del Settecento. ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, 59. sulle «ragioni delli discapiti de’ boschi suddetti, apparenti dall’una all’altra catasticazione, e dei posteriori degradi», molto spesso associati esplicitamente all’erroneo sfruttamento da parte delle comunità locali e all’incuria riservata dal custode alla preservazione dei boschi assegnatigli. In realtà, però, secondo la ricostruzione dell’Arduino la situazione è ben diversa, dato che le divergenze tra i due catastici del 1726 e del 1741 non andrebbero ricercate in uno sfruttamento improprio del bosco, né tanto meno negli usurpi, quanto piuttosto nell’imprecisione e nella non comparabilità dei due catasti stessi. Scrive l’Arduino: Per rilevare da che possono essere derivate le insigni differenze, spezialmente nella quantità tra il catastico 1726 e quello del 1741, io ho attentamente incontrato e confrontato il circondario e figura di ciascuno de’ suddetti quattro boschi, colli rispettivi disegni del catastico del 1741, de’ quali a quest’oggetto mi ho formate fedeli copie prima di partire dall’inclita Dominante. Gli disegni di Pressaccone esistenti nel detto catastico a carte 151, del Pra delle Grive a carte 189, di Martinuzzo a carte 190 e delle Frattuzze a carte 153 (sono costretto di dirlo a lume del vero) gli ho trovati, confrontandoli con la faccia de’ luoghi da essi rappresentati, talmente difettosi ed erronei, che la quantità ne’ medesimi enunziata, per mio sentimento, non è punto attendibile. Oltre ch’essi non mostrano gli scoli maestri ed i fossi circondanti e conterminanti i boschi, né i siti vallivi ed altre particolarità […]. La quantità de’ boschi suole rilevarsi dalla figura planimetrica, che con misure e col mezzo di stromenti geometrici se ne forma sopra luogo dagl’ingegneri quando la figura di qualsiasi estesa di terreno, rilevata in carta, non sia precisamente simile a quella dello stesso terreno, ma non se ne può sapere al giusto la quantità; e perché una figura planimetrica sia simile a quella del terreno rappresentato, è di tutta necessità che (come s’esprimono i geometri) abbia gli angoli uguali ed i lati proporzionali. Ora questo appunto è ciò che manca enormemente nei predetti disegni, che si veggono quasi per tutto molto dissimili dal circondario e figura de’ rispettivi boschi. Quindi non è maraviglia che le loro quantità enunziate nel catastico 1726 tanto differiscano da quelle del catastico 1741 nel quale Prassaccone si fa minore di campi 61, e tavole 61; Pra delle Grive e Martinuzzo insieme minori poco meno di campi 11 e le Frattuzze minori di campi 47 e tavole 349½. L’antichità e stato de’ fossi circondanti e che servono di confine a detti boschi non danno sospetto che tale minorazione di quantità dal primo al secondo catastico sia causata da usurpi, e ciò conferma tanto maggiormente ch’essa dipende da inesattezza delle misurazioni81. Risolta la questione relativa all’estensione boschiva, l’Arduino elenca gli interventi da realizzare per aumentare la redditività dei boschi esaminati. Il primo punto segnalato dal tecnico veneto, data la copiosa presenza di acque, riguardava la necessaria limitazione delle esondazioni di fiumi e torrenti. Tali boschi erano effettivamente «soggetti a innondazioni alte e lunghe, causate dalle grandi escrescenze e rotte d’argini della Livenza», peggiorate anche dal fatto che quasi tutti i canali di scolo e i fossi interni agli appezzamenti boschivi risultavano interrati e quelli rimanenti erano assolutamente insufficienti a drenare le ingenti quantità di acque che si riversavano in alcuni periodi dell’anno, quali per esempio i mesi autunnali di ottobre e novembre, e quelli primaverili di marzo e aprile. Il miglioramento degli appezzamenti doveva dunque passare inevitabilmente attraverso la realizzazione di nuovi scoli e canali, a partire «dalli boschi Pressaccone e Bandiziolo, che hanno quantità di roveri buoni e vegeti» e che risultavano, nel momento della visita dell’Arduino, «quasi interamente perduti e senza utilità né pubblica, né privata». A fianco agli interventi idraulici, il tecnico veneto consigliava anche di nettarli da’ spini e cespugli, dai quali il suolo è sommamente occupato, e di tagliare tutti i roveri tristi e decrepiti, epiteti che li comprendono, se non tutti, almeno la massima parte, [...] di tagliare vicino a terra tutta la moltitudine di novellami e di semenzali di pessima e stentatissima venuta, affinché producessero nuovi germogli, […] di rompere il terreno, dov’essi semenzali mancano o sono troppo rari, e di seminarvi ghiande a stagione opportuna e nei modi convenienti82. 296 Erano interventi solo apparentemente dispendiosi, ma facilmente affidabili alle cure di poche famiglie locali83. Essi erano basati sui più aggiornati sistemi della nascente silvicoltura europea e avrebbero potuto produrre di lì a pochi anni ottimi risultati, fornendo non solamente alla Serenissima ottimi roveri per la costruzione di navi, ma anche buoni introiti alle stesse famiglie occupate nella gestione del bosco. Sebbene i documenti ne omettessero quasi sempre la citazione, pure la villa di Sesto aveva un bosco di ragione pubblica, che era tuttavia sfruttato anche privatamente dagli abitanti secondo usi antichi e consuetudinari84. Esso era volgarmente detto comugna, e pur essendo praticamente inutile per l’arsenale, era affidato alle cure di un guardiano. A tale bosco, come segnalato in precedenza, si univa una serie di altri boschi, fra i quali figuravano la «boschettina de signori Maschj», «il bosco detto Contarini», il «bosco detto di Sopra di Fagion», il «bosco detto dell’Acqua de’ nobili uomini Tiepolo e Micheluzzi», ritenuti di buona qualità, e il «bosco detto del Cucco del commune», di qualità mediocre e sfruttato collettivamente dalla comunità di Sesto. 6. Prati e pascoli fra diritti d’uso e abusi La seconda componente fondamentale del patrimonio collettivo è quella dei pascoli. In effetti, come si è potuto vedere in precedenza, i Privilegi di concessione dei beni ai comuni relativi all’area di Sesto rivelano un’ampia componente prativa e pascoliva, preponderante rispetto a quella boschiva, salvo l’eccezione di alcune zone. Questo era dettato essenzialmente dalla conformazione del territorio che, rientrante in piena zona di risorgive e dunque ricco di acque per tutto il corso dell’anno, favoriva il mantenimento di pascoli naturali. Il problema essenziale di questa tipologia di beni era che su di essi, fin da tempi immemorabili, incombevano numerosi diritti di utilizzo, soprattutto legati allo ius pascendi, che ne limitavano fortemente ogni altro tipo di destinazione e naturalmente anche la vendita. I diritti di pascolo e gli usi civici, gravanti non solo sui comunali ma anche su fondi privati, frenavano le proposte e le direttive di riforma pensate dagli accademici e sottraevano a ogni miglioramento una buona fetta del patrimonio immobiliare friulano. Infatti, come ha 297 Disegno e configurazione delli beni arrativi, prativi nec non fondi di case di ragione delle venerande chiese di San Giacomo e Santa Petronilla della villa di Savorgnano sotto Sesto del Friuli, mappa del perito Giacomo Scodellari, 28 settembre 1790. ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, 147. sottolineato Furio Bianco, «a paralizzare il progresso del sistema agricolo e ad impedire la realizzazione di nuovi rapporti di proprietà concorrevano anche le consuetudini di pascolo, in particolare il pensionatico e il pascolo ad erba morta. Il pensionatico, il pascolo invernale delle pecore, fondato su consuetudini di epoca antichissima e di origine incerta, era la più importante tra le servitù di pascolo»85. Esso prevedeva la divisione delle zone ad esso soggette in poste, che venivano gestite di norma da un ente ecclesiastico, da un membro dell’aristocrazia veneziana o da un feudatario di Terraferma; nel caso di Sesto, esse facevano direttamente capo all’abate. Al titolare delle poste spettava il diritto di concedere, di norma dal 29 settembre al 25 marzo, «il pascolo su tutti i terreni aperti non seminati, dando la precedenza alle pecore terriere, ossia appartenenti a quel determinato comune amministrativo e ospitando poi – quando ne rimanesse la possibilità – le forestiere che erano per lo più montane»86. Con questo sistema, paradossalmente, il proprietario di un fondo non poteva condurre su di esso il proprio gregge senza corrispondere al titolare della posta un canone calcolato o sull’ampiezza della posta stessa o, molto più spesso, sul numero di capi di bestiame cui era consentito l’accesso al fondo. In effetti, ogni singola posta poteva accogliere un numero ben determinato di pecore, variabile a seconda della tipologia, posizione e caratteristiche del terreno. Questo limite prestabilito di capi per ogni singola posta aveva il fine di evitare un eccessivo sfruttamento e impoverimento dei terreni. Tuttavia, il più delle volte il limite non veniva rispettato, poiché sulla preservazione e tutela dei fondi prevaleva l’interesse del beneficiario delle poste, naturalmente propenso ad aumentare i capi per singola posta al fine di incrementarne gli introiti. Una legge veneta del 1765 all’incirca fissava gli introiti a cinque soldi per pecora, anche se ben presto in diverse zone si erano venuti triplicando se non quadruplicando. Benché apparentemente regolata con precisione, la gestione delle poste era viziata da numerose illegalità. Spesso, infatti, i pastori provenienti dalla montagna verso la pianura per pascolare il loro gregge erano disposti a pagare somme più elevate pur di ottenere il permesso di pascolo per un numero di capi maggiore a quello previsto e in modo da evitare lo smembramento del gregge. Alle pecore, poi, si aggiungevano diversi muli, a volte un cavallo, alcuni cani, qualche mucca e molto spesso, frammiste al gregge di pecore e in esso ben nascoste, numerose capre, invise ai contadini per la loro proverbiale voracità87. Proprio il pensionatico (e con esso il pascolo promiscuo o comune) era uno degli oggetti polemici che coinvolgeva maggiormente le comunità soggette al controllo dell’abbazia di Sesto. Nello specifico, da una nota dell’agosto del 1765 concernente i «proprietarii delle poste di pecore esistenti nelle pertinenze dei infrascriti comuni» facenti parte della «giurisdizione di sua eminenza monsignor Giovanni Corner abbate della badia di Sesto» si evincono il numero delle poste esistenti, il nome degli affittuari che le avevano a carico e il prezzo pagato per le stesse: Sesto: Affittata a Valentin Sutto per lire 24; Casarsa: Affittata al comun per lire 4 oltre l’obbligo di condur materiali e legnami in Sesto occorrenti alla badia suddetta; Gleris, e Bagnarola: Affittata a S. […] Maria Zorzi per lire 60; Savorgnan: Affittata al comun per lire 48; Versiola: Affittata al comun per lire 15; Stalis, e Venchiaredo: Affittata al comun per lire 12; Bagnara: Innafitata ricava da circa lire 30; Gruaro: Affittata al comun per lire 84; Boldara: Affittata alli consorti Daneluzzi per lire 28; Gaio della Siega: Affittata al comun per lire 60; Mure di Sesto: Affittata al S. […] Lorenzo Loredan per lire 28; Marignana: Affittata alli signori conti Roncali per lire 24; Barco: Affittata alla veneranda chiesa per lire 12; Fagnigola: Affittata al signor Carlo Zanchi per lire 36; Corbolon: Affittata alla veneranda chiesa per lire 588. Ogni villa menzionata, secondo quanto specificato nella Nota, aveva un’unica posta da rintracciarsi più o meno nelle vicinanze dei rispettivi abitati. Il diritto di gestione della stessa era in mano all’abate che periodicamente tramite un suo preposto (di norma con contratti 298 della durata di tre anni) l’affittava ricavando il corrispettivo specificato singolarmente89. Un esempio fra i tanti, per rendere un’idea della tipologia di contratto che veniva stipulato, è quello relativo alla posta della villa di Savorgnano. In un atto datato 26 ottobre 1749 si legge: Io sottoscritto faccendo come sopraintendente generale dell’eminentissimo e reverendissimo signor cardinale Girolamo Colonna promaggiordomo di nostro signore abbate, e perpetuo commendatario della reverendissima abbazia di Sesto, a cui compete il titolo e godimento del ius pensionatico delle ville componenti, e soggette alla giurisdizione medesima, come prerogative del feudo giurisdizionale in ordine all’antico uso, ed alla terminazione 16 maggio 1746 degl’illustrissimi, ed eccellentissimi provveditori alle rason vecchie della città dominante di Venezia, ho dato e ad affitto semplice concesso all’illustrissimo signor conte Antonio di Polcenico e Fanna la posta delle pecore, e degli animali minuti di Savorgnan per anni 3 che terminerà alla festa di san Giorgio dell’anno 1752 avendo il suo cominciamento nell’anno corrente, e ciò con tutte le prerogative, azioni, ragioni, e titoli a detta abbazia competenti, e per affitto annuo da pagarsi al san Giorgio di cadaun anno, principiando nel prossimo venturo 1750, e così negli altri due susseguenti danari 44, ed un buon agnello alla santissima pasqua promettendo sotto l’obbligazione. Francesco conte Bonisoli sovraintendente generale della suddetta reverenda abbazia90. Il pensionatico non era tuttavia la sola servitù di pascolo alla quale erano soggetti i fondi, fossero essi pubblici o privati. Molto diffuso in tutta la patria del Friuli era infatti anche il vago pascolo o pascolo ad erba morta, che consisteva nella possibilità riservata ai terrieri di pascolare il bestiame (in questo caso soprattutto cavalli e bovini, ma anche suini e a volte pure le temutissime capre) su prati sia comunali sia privati. Considerato non un diritto reale (qual era per esempio il pensionatico), ma un semplice e dannosissimo abuso, il vago pascolo durava di norma dal giorno di san Matteo (21 settembre) al giorno di san Marco (25 aprile), non era regolamentato da nessuna specifica legge, aveva un’applicazione molto variegata e, per questi motivi, rimaneva aperto a molteplici abusi. Esso fu abolito con la legge veneta del 24 aprile 1790, ma perdurò e fu nuovamente vietato dal governo austriaco nel 1821. Un’altra servitù di pascolo, presente anche nella zona sestense, era il pascolo promiscuo, da non confondersi col vago pascolo anche se per alcuni versi era simile. Esso consisteva nella possibilità, dietro reciproco accordo, da parte dei comunisti di condurre al pascolo le pecore proprie sui fondi altrui e viceversa. In questo caso, diversamente dal vago pascolo, non si configurava un abuso, bensì un reciproco accordo e una mutua concessione91. Ritornando però al pensionatico, la discussione relativa alla sua regolamentazione ed abolizione fu affrontata in modo ampio a partire dalla seconda metà del Settecento e, in modo ancora più approfondito, nel corso degli anni Ottanta del secolo, quando, in seguito ad una richiesta avanzata dal deputato all’agricoltura Angelo Querini, fu avviata una nuova inchiesta (la terza in ordine di tempo dopo quelle del marzo del 1773 e del maggio del 1775) e avanzato un invito a quattro accademie agrarie (Udine, Conegliano, Vicenza e Verona) a predisporre un concorso sul tema: «Quali provvidenze e quali allettamenti si potrebbero immaginare a persuadere li pastori montani a stazionare fuori delle pianure anche nell’inverno con le loro pecore alimentate nelle stalle»92. Fu una riflessione generale che portò di lì a poco a interrogarsi in modo esteso sulla possibilità di abolire totalmente il pensionatico. Il dibattito proseguì ampiamente negli anni intercorrenti tra la caduta della Repubblica e l’avvento del Regno d’Italia, anche se effettivamente gli interessi da colpire risultavano ancora troppo alti, dato che lo ius pascendi era quasi sempre detenuto da enti ecclesiastici e patrizi veneziani. Per l’abolizione del pensionatico bisognò attendere addirittura una legge emanata il 25 giugno 1856, che fissò l’ultimo periodo utile per l’esercizio del pensionatico all’anno 1859-1860. Si estingueva così un diritto esercitato da molti secoli. Già i decenni finali della Repubblica veneta erano stati segnati da innumerevoli memorie volte alla limitazione e all’abolizione di tale diritto, e in genere di tutti i diritti di pascolo, insistenti sulla piena proprietà della terra e considerati altrettante remore allo sviluppo 299 agrario. In una prolusione del 31 luglio 1772, letta presso l’Accademia di Udine, il conte Giulio Asquini, figlio di Fabio, affrontò in prima persona la questione, connettendola in modo diretto con l’incremento della pratica dell’allevamento e l’aumento del numero dei bovini93. Nel testo, l’Asquini non si fa remore nel considerare il diritto di pascolo, nella sua accezione più ampia, ma soprattutto il pascolo ad erba morta, uno «jus quanto pieno di allettamento in se stesso, altrettanto rovinoso a qualunque stato. Tale e non altro per mio sentimento è il principio della dannosa pratica che ancora sussiste fra noi, come in vari altri stati, di far pascolare il bestiame su beni altrui». I beni in questione erano quelli di pianura, dove gran parte del bestiame ovino dei monti scendeva per svernare, giungendo anche dall’estero. E pastori tesini si ritrovavano in tutta la Terraferma veneta e, con particolare copiosità, nel basso Friuli, fra la linea delle risorgive e le paludi circumlagunari di Grado, Marano, Portogruaro e Caorle. In questo quadro rientrava il territorio di Sesto, ricco di prati e di incolti, che attirava da secoli i pastori discendenti dai monti. Per quanto riguarda gli incolti un documento del 174594, intitolato Numero de campi inutili, e pustotti, che si trovano del 1745 nelle infrascritte 239 ville della patria del Friuli, consente di ricostruire la loro consistenza nella zona di Sesto e nel territorio ad essa circostante. In ordine alfabetico si segnalano alcune fra le località principali, quantificando immediatamente di seguito il numero di campi inutili o pustoti rilevati: Barco campi 221, Boldara campi 8, Bagnara campi 166, Bagnarola campi 336, Cordovado campi 200, Cinto campi 192, Fagnigola campi 189, Gruaro campi 79, Giai di Sesto campi 284, Summaga campi 214, Sesto campi 370, Taiedo di Porcia campi 40, Versiola campi 229. I numeri sono considerevoli e illuminano sulle prospettive di soluzione e di sviluppo. Oltre all’Asquini, negli stessi anni anche lo Zanon si schierò contro i diritti di pascolo che causavano la rovina dei fondi, specie privati, ma anche di pubblica utilità. Il riferimento, come era stato a proposito dei beni comunali, è ancora alla situazione inglese, dove a dire del mercante i pastori pretendevano che tutte le terre de’ proprietarj stessero aperte ai loro greggi ed armenti, com’era delle terre comuni, che tutti i villaggi possedevano in grande estensione: onde tutte queste terre venivano abbandonate, per così dire, alla natura, calpestate e smunte nove mesi dell’anno dal bestiame, ch’essendo affamato ed affaticato, e ritrovando poco alimento, veniva ad irritare piuttosto, che a saziare la fame. Ora svelte continuamente le più minute erbe, che vanno giornalmente spuntando, che può sperarsi ne’ tre mesi cocenti, in cui si lasciano in pace le pasture, acciocché maturino i fieni? Quest’uso, o piuttosto abuso è nella più verde osservanza nella nostra provincia, e continue liti cagiona, e perpetue risse; onde meriterebbe di essere preso in considerazione. L’antica consuetudine, le leggi municipali difendono e sostengono a favore de’ villani questi diritti; ma potendosi ridurre a dimostrazione, che questi sono più perniciosi che utili a’ villani stessi, non sarebbe difficil cosa l’indurli con l’esperienza a toccare con mano, e però ad esser convinti, che maggior vantaggio loro deriverebbe se si operasse diversamente. Già da molti uomini dotti in questa materia si studia molto sopra l’introduzione de’ prati artifiziali, e si fanno degli sperimenti, per dimostrare essere molto più vantaggioso il nodrire gli animali nelle stalle, che lasciarli erranti devastar le campagne95. La città di Portogruaro solcata dal Lemene che raggiunge Concordia, ed il territorio circostante nella carta di Anton von Zach, Das Herzogtum Venedig, Kriegskarte, 1798-1805; XV.13 [Portogruaro] Österreichisches Staatsarchiv Wien, Kriegsarchivs. Anche per lo Zanon, dunque, la pratica di pascolare liberamente il bestiame sopra le terre private o pubbliche, oltre ad essere la causa di un depauperamento del suolo, martoriato dal continuo e incontrollato passaggio di animali, era una fortissima limitazione alla trasformazione in senso razionale dell’agricoltura. La libera proprietà e il pieno sfruttamento della terra erano per l’appunto pesantemente limitati da diritti che si opponevano alla prosperità stessa dell’agricoltura, causando la perdita parziale o talvolta totale dei prodotti ricavabili dai fondi, senza in cambio dare all’allevamento la necessaria spinta propulsiva e il giusto stimolo per estendersi in modo significativo. Ad essere compromessa era soprattutto la fertilità del terreno, il quale si trovava per tutto l’autunno e l’inverno e fino ad aprile o addirittura a maggio inoltrato ad essere calpestato dal continuo passaggio degli animali. 300 301 In realtà gli interventi sul tema dei pascoli, dell’utilizzo dei terreni incolti e della privatizzazione e messa a coltura di quelli comunali si susseguirono per decenni in modo abbastanza serrato, senza tuttavia intaccare o modificare in profondità la situazione esistente, che rimase immutata fin oltre la caduta della Repubblica di Venezia. Saranno gli anni napoleonici e post napoleonici a portare i primi progetti complessivi di riforma in ambito agrario e nel particolare settore dei beni collettivi e degli usi civici96. Lo testimonia per esempio Francesco Rota con la sua Memoria per la riduzione a coltura dei beni comunali: «il proteggere l’agricoltura è l’unico mezzo di accrescere la popolazione» e «l’agricoltura protetta sarà quando tolti li beni comunali, venghino accordate e stabilite le proprietà»; «la distinzione del mio, del tuo, se suscitò l’origine dei particolari litigi, delle civili discordie, affezionò ancora l’uomo al buon ordine che richiedevasi nel godere dei suoi possedimenti; e nel sentire l’utile delle sue fatiche, impegnarono l’uomo stesso a consacrare tutti i suoi studi nel coltivare ed aumentare questa sorgente»97. Ma questa è un’altra storia che non si interseca cronologicamente con la vita dell’abbazia e della sua plurisecolare signoria. 302 Note 1 - Sulla pratica della commenda nella Repubblica di Venezia cfr. Pizzati 1997. Sulla consistenza e gestione dei patrimoni e degli enti ecclesiastici si vedano in particolare: Stella 1958; Landi 1996; Pastore, Garbellotti 2001; Todeschini 2002; Landi 2004; Landi 2005. 2 - Per approfondimenti si rimanda al saggio di Giuliano Veronese contenuto nel presente volume. 3 - Si veda al proposito: Pazzagli 2008. 4 - Sul tema: Berengo 1985, p. 865-890; Del Negro 1992, p. 25-34; Georgelin 1978; Pasta 1993, p. 484-501. 5 - Nel corso di una seduta accademica, ben prima che venisse fondata la Società d’agricoltura pratica, Prospero Antonini aveva recitato in data 11 giugno 1759 un Discorso sopra i mezzi di accrescere e di migliorare l’agricoltura nella patria del Friuli; in esso, partendo da una riflessione sulle opere agronomiche classiche e moderne (Varrone, Plinio, Columella, Strabone, Gallo e Tarello), venivano sviscerati i problemi che affliggevano l’agricoltura friulana, senza tuttavia aprire coscientemente alle nuove idee agronomiche d’oltralpe, viste ancora con diffidenza. 6 - Sulle accademie agrarie nella Repubblica veneta e, in particolare, a Udine si vedano: Del Negro 1996, p. 451-489; Fanfani 1979, p. 287-307; Gullino 1985, p. 379-410; Gullino 1992, p. 371-384; Morassi 1980; Morassi 1992; Simonetto 2001; Tonutto 1997. 7 - Morassi 1980, p. 33-43. 8 - Segnaliamo i seguenti quesiti: «Ottavo quesito. Quali provvidenze e quali allettamenti si potrebbero immaginare a persuadere i pastori montani a stazionare fuori delle pianure anche nell’inverno con le loro pecore alimentate nelle stalle. E per quali premi e con quali penalità facili da verificarsi, si potessero condurre i possessori o comunisti a rimettere a prato ed a bosco li terreni svegrati con il pubblico divieto, non che a conservare quelli che restano ancora in essere» (1783); «Quesito nono. Estendere in forma di dialogo nello stile più semplice e chiaro col titolo di Dottrina agraria la migliore istruzione i contadini ne’ principi generali di una buona agricoltura pratica e nei particolari più propri alle circostanze di questa provincia, dirigendo singolarmente l’istruzione a promuovere, con l’evidenza dell’interesse privato, il bene pubblico nella moltiplicazione e miglior governo della specie bovina e delle pecore» (1784-1785); «Quesito decimo. Indicare la cagione della mancanza di animali da macello in Friuli e suggerire quei mezzi da rimediarvi, i quali col secondare la migliore agricoltura siano anche tali, che per la loro facilità ed utilità, invitino gli abitanti a metterli in pratica» (1786); «Quesito duodecimo. Una chiara e piena istruzione della più utile e più adattata piantagione delle siepi, tanto per la parte alta del Friuli, quanto per la bassa»; «Quesito decimoterzo. 1. Indicare le cagioni del decadimento de’ boschi nel Friuli sì di pubblica che di privata ragione, e spezialmente di quelli di quercia. 2. Dichiarare il danno che ne è quindi venuto e ne viene alle arti, al commercio ed all’agricoltura. 3. Suggerire i rimedi per la restituzione e rinnovazione dei boschi medesimi, con una esatta informazione del modo di piantarli, governarli e conservarli». Il giorno stesso della pubblicazione del quesito viene letta la memoria del padre Stella (1790); «Quesito decimoquarto. Si domanda dove si trovino nel Friuli veneto le più copiose e più agevoli miniere di carbon fossile e di quale indole e natura siano ed a qual classe appartengano» (1792-1793). (ASUd, Archivio Florio, b. 60, Fascicolo senza nome, Elenco dei quesiti proposti dalla società agraria di Udine, dal quesito sesto al quesito decimoquarto…). 9 - Morassi 1980, p. 55-56. 10 - I concetti di eguaglianza e cooperazione non vanno intesi nel senso di una democraticità diffusa dove ogni membro della comunità aveva lo stesso valore sociale, bensì, pur nella permanenza di disparità economiche, di ruolo e di mestiere, come una profonda affinità di status fra tutti coloro che erano coinvolti nella gestione delle dinamiche comunitarie. Una partecipazione collettiva allo sfruttamento dei beni, per esempio, che vedeva ogni membro della comunità, o meglio ogni cittadino originario (poiché la distinzione con i foresti permane forte ed invariata ed è alla base della vita comunitaria), assumere un ruolo ben determinato e paritario nel confronto degli altri individui. E questo avveniva nonostante «la gestione delle risorse e dei beni comuni si svolgesse all’insegna dei reticoli parentali» (Povolo 2002). 11 - Povolo 2002. 12 - Anton von Zach nacque a Pest in Ungheria il 14 giugno 1747, nel 1760 entrò nell’Accademia militare di Vienna e vi rimase fino al 1765, quando terminò gli studi. Tra il 1772 e il 1783 (data in cui venne nominato capitano) ricevette una serie di incarichi, sia di rilevazione che di insegnamento. Nel 1792 partecipò col grado di maggiore alle campagne contro la Francia e, quattro anni dopo, come colonnello diventò il quartiermastro generale del comandante dell’armata austriaca in Italia, generale Beaulieu. Nel 1798 guidò i rilevamenti delle province veneziane acquisite dopo il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), ricevendo l’anno seguente la nomina a generalmaggiore e, successivamente, a capo di Stato maggiore dell’armata imperiale in Italia. Nella battaglia di Marengo (14 giugno 1800) fu fatto prigioniero con tutto lo Stato maggiore. Rilasciato, fino al 1805 condusse il rilevamento del Ducato di Venezia, fino a quando, dopo aver ripreso il suo ruolo di capo di Stato maggiore, nel dicembre del 1805 (dopo la pace di Presburgo) divenne governatore di Trieste. Morì a Graz il 22 novembre 1826. 303 13 - Venne scelta una scala che fosse relativamente dettagliata, ma non troppo ridotta, al fine di garantire la raffigurazione di un territorio abbastanza ampio finalizzata a soddisfare una molteplicità di esigenze. Per questo motivo il disegno venne eseguito in seguito ad un lavoro contemporaneamente topografico e geometrico, onde unire la precisione geodetica con la cura nei confronti dei dettagli. 14 - Al riguardo si veda: Kriegskarte 2005, p. 12-13, 18-27, 493-504, 587-600, nonché le tavole xiv.13, xv.11 e xv.12. 15 - Sulla questione si vedano in particolare: Vallerani 1992; Il Parco 2003. 16 - Vallerani 1992, p. 25-29. 17 - A solo titolo di esempio, si ricorda come il Lemene veniva sfruttato in diversi punti del suo corso per azionare mulini e ruote d’acqua, così com’era in parte anche per gli altri corsi d’acqua. A Bagnarola c’erano ben quattro salti d’acqua, a Cinto funzionava un importante mulino, e bene o male tutta la zona di Sesto era caratterizzata da ruote e mulini di più o meno grandi dimensioni, utilizzati non solo per la macinazione, ma anche per fornire energia ad alcune attività artigianali, soprattutto battiferro, segherie e manifatture tessili. 18 - Era un sistema che veniva usato per bonificare le zone umide. Due le tipologie di bonifiche utilizzate soprattutto a partire da metà Seicento: la bonifica per prosciugamento e la bonifica per colmata. Quest’ultima era in realtà applicabile solo in prossimità di fiumi in grado di trasportare notevoli quantità di torbide, le quali si sarebbero depositate successivamente sul terreno. Negli anni Cinquanta del Seicento, per esempio, Francesco Mocenigo richiese alle magistrature venete di poter bonificare una porzione di territorio mediante l’escavazione di un canale di scolo parallelo alla roggia Lugugnana. Un intento illuminato, che poco più di un secolo dopo animerà il suo successore Alvise Mocenigo che organizzerà proprio in queste terre un’azienda agraria modello. Si veda nello specifico: Bellicini 1983, e il saggio di Furio Bianco nel presente volume. 19 - Vallerani 1992, p. 75-79. 20 - ASVe, Provveditori sopra i boschi, b. 131. 21 - Vallerani 1992, p. 114. 22 - Vallerani 1992, p. 130. 23 - Sulla questione e su quanto si segnalerà in seguito si veda: Bianco 1994, p. 151-178. 24 - Berengo 1963, p. 127-138. 25 - Barbacetto 2008, p. 15-24. 26 - Si vedano al proposito soprattutto: Dal Borgo 2003, p. 11-34; Ferrari 1918, p. 5-64; Pasa 1997, p. 135-149; Pitteri 1985, p. 57-80. Per quanto riguarda la valenza del termine comugna e la sua diffusione si segnala il recente paragrafo stilato in Duca, Dorsi, Cosma 2009, p. 176-177. 304 27 - Per un quadro d’insieme: Morassi 1997, p. 160-178. 28 - Illuminante in materia è Appuhn 2009. 29 - Barbacetto 2008, p. 15-24. In realtà, come segnala Furio Bianco, «per la mentalità collettiva non era agevole distinguere, sul piano giuridico e nell’organizzazione del lavoro agricolo, i terreni di proprietà allodiale del comune – chiamati nel linguaggio comune e cancelleresco beni comuni, acquistati, ottenuti da donazioni e suscettibili di essere affittati, coltivati o livellati – da quelli di proprietà regia, destinati per lo più al pascolo e a pratiche colturali consuetudinarie: molto spesso all’interno della giurisdizione del villaggio identici erano lo sfruttamento, la gestione collettiva e le modalità di accesso» (Bianco 1994, p. 62). 30 - Bianco 1994, p. 54. Sulla questione si veda anche: Ciriacono 1981, p. 123-158. 31 - «Il seroit à désirer que dans tous les Pays où il y a des Communes & des Terres vaines & vacue qui appartiennent au Roi, sa Majesté voulût les accenser aux Particuliers de la Paroisse, pour être par eux possédées en propriété; le Roi en retireroit une rente annuelle; ces Terres se défricheroient, & procureroient ensuite des Lods & Ventes; au lieu que ces Terreins étant possédés par la Communauté, ils ne produisent pas le quart de ce qu’ils rendroient s’ils étoient divisés. […] Il en est de même des Terres en friche; il y en a beaucoup qui seroient cultivées; mais personne n’ose mettre du grain dans un champ de Commune, il faudroit défricher & clôre, c’est trop d’embarras lorsqu’un n’est pas propriétaire. Si le Seigneur a des Bois communaux avec ses Censitaires, il peut demander qu’ils soient divisés en trois parts, & en retiner le tiers pour lui, afin de l’administrer par lui-même, en renonçant à rien prétendre dans le reste, quand même il auroit le moindre fond & le plus détérioré. S’il le fait receper à blanc & s’il le conserve, sa partie vaudra au bout de trente ans mieux qua la double portion de la Paroisse. On ne peut exprimer avec quelle peu d’intelligence & avec combien d’abus, une Communauté de Paroisse exploite ses Bois communaux. Le Seigneur a ce pendant un intérêt sensible à tenir la main à la bonne exploitation des Bois communaux d’une Paroisse […] parceque ces Bois bien administrés sont une ressource infinie pour cette Paroisse» (traduzione dell’autore): Quesnay 1759, p. 200-202. 32 - Finzi 1995, p. 11-25. 33 - ASUd, Archivio Comunale Napoleonico, b. 276, fasc. 324, Memoria di Giacomo Cavassi datata 1805. 34 - ASUd, Archivio Florio, b. 60. 35 - Per approfondimenti si rimanda alle relazioni contenute in ASUd, Archivio Florio, b. 60. 36 - BCU, FP, 989, fascicolo 4, Numero de’ campi inutili, e pustotti, che si trovano del 1745 nelle infrascritte 239 ville della patria del Friuli. 37 - ASUd, CRS, b. 476, fascicolo 141, f. 16r. 38 - Per i dati si rimanda a De Cillia 2001, p. 125. Nonostante la situazione di Sesto veda una buona preservazione dei beni comunali, bisogna tuttavia sottolineare come la vendita delle comugne, con lo scorporo di pascoli, boschi e paludi, generò uno scossone nella vita economica e sociale delle comunità della patria, modificando più o meno profondamente, da zona a zona, il regime fondiario, la composizione del paesaggio agrario, l’organizzazione produttiva, l’equilibrio tra proprietà e coltivatori, tra le varie comunità e, all’interno di esse, tra i molteplici nuclei familiari (Bianco 1994, p. 81-82). Per la situazione precedente alle vendite, interessante appare: Guaitoli 1984, p. 33-55. Maggiori dettagli sulle vendite sono contenuti nel saggio di Furio Bianco contenuto nel presente volume. 39 - Sul Paludo del Vescovado: De Cillia 2001, p. 40-41; si veda inoltre il saggio di Furio Bianco nel presente volume. 40 - Il documento è conservato presso l’Archivio della Direzione centrale delle risorse agricole, nella sede di Udine della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Tra le varie documentazioni l’archivio conserva sei volumi rilegati contenenti le copie dei privilegi dei beni comunali concessi in utilizzo dalla Repubblica di Venezia ai comuni del Friuli. Per quanto attiene al documento citato e agli altri privilegi riguardanti l’area di Sesto al Reghena, si rimanda al secondo volume, intitolato Provincia del Friuli. Investiture di beni comunali in tempo veneto. Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnano. Altri tre volumi rilegati riguardano lo stato dei beni comunali nell’anno 1818 (Provincia del Friuli. Stato dei beni comunali. 1818). La scelta di utilizzare le copie anziché gli originali, conservati presso l’Archivio di Stato di Venezia, è stata dettata da un lato dalla conformità delle copie stesse rispetto agli originali, dall’altro dal più accessibile e facile utilizzo delle copie udinesi. 41 - A proposito della gestione politica dei beni comunali si rimanda a: Pitteri 1985. 42 - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Archivio Direzione centrale risorse agricole, Investiture di beni comunali in tempo veneto, vol. ii, Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnan, documento intitolato Versiola. 45 - Oltre a Marignana e Villotta, alcune comugne erano condivise con Braida. Si legge infatti, in una copia di un documento del 1606, la comunità di Braida: «comunar con Marignana nel Sacilot, nell’Albaredo, nella Malmosa sotto Sesto, nel Ronchiat e nella bassa detta Cargnia la qual tutte comugne hanno posseduto con quelli sotto Sesto, eccetto il Ronchiat nel qual hanno pretension che sia suo libero» (Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Archivio Direzione centrale risorse agricole, Investiture di beni comunali in tempo veneto, vol. ii: Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnan, documento intitolato Marignana). 46 - La consistenza e formazione dei patrimoni di alcune fra queste famiglie sono state ricostruite in: Morassi 1995, p. 27-41. 47 - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Archivio Direzione centrale risorse agricole, Investiture di beni comunali in tempo veneto, vol. ii: Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnan, documento intitolato Giai (l’inventario dei beni comunali è datato 12 marzo 1789). 48 - Petronio 1992, p. 931. Per una chiarezza maggiore si rimanda inoltre a: Marinelli 2003, p. 1-71. 49 - «Storici ed addetti ai lavori hanno coniato una vasta gamma di sinonimi, di espressioni, di dizioni e di perifrasi per designare tali realtà: così “beni comuni, beni collettivi, beni comunali”. Ma anche usi civici, termine attribuito nell’età moderna; “beni pubblici o beni demaniali”, per qualificare la loro matrice erariale; “domini collettivi”, per rimarcare i diversi livelli di titolarità; “risorse collettive”, per designare l’insieme delle risorse utilizzate dalle diverse Comunità. Ed inoltre, “Regole, Comunanze, Partecipanze, Consorterie, Consortele”, appellativi tutti rivolti all’individuazione e/o all’indicazione di situazioni particolari, caratterizzate da normative e statuti propri» (Duca, Dorsi, Cosma 2009, p. 23). 50 - Secondo il pensiero di François Quesnay, «dal diritto di proprietà “mantenuto in tutta la sua estensione naturale e primitiva” risultavano necessariamente tutte le istituzioni che costituivano la forma essenziale d’una società agricola» e, dunque, esse potevano funzionare ed esplicarsi correttamente solamente se tale diritto veniva rispettato: Longhitano 1993, p. 28. 51 - Marinelli 2003, p. 1-71. 43 - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Archivio Direzione centrale risorse agricole, Investiture di beni comunali in tempo veneto, vol. ii, Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnan, documento intitolato Bagnarola. 52 - Marinelli 2003, p. 28; sul pensiero fisiocratico e la fisiocrazia si vedano in particolare: Miglio 2001; Meek 2003; Labriola 2004; Candela, Palazzi 1979; Maffey 1987; Longhitano 1988; Albertone 1979; Zagari 1984. 44 - Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Archivio Direzione centrale risorse agricole, Investiture di beni comunali in tempo veneto, vol. ii: Giurisdizione di: Spilimbergo Sesto Cordovado Savorgnan, documento intitolato Marignana. 53 - «La culture ne peut s’exécuter avec succès que sous le loix de la propriété. Il n’est pas possible d’imaginer une culture exécutée en commun entre un grand nombre de familles: car pour coultiver avec succès, il faut autre chose que des bras; il faut quelqu’un qui 305 ait droit & intérêt de gouverner les travaux. […] La propriété foncière est donc une institution de première nécessité, conforme à la justice & à l’intérêt commun de la société […]» (traduzione dell’autore): Le Trosne 1777, p. 35-37 nota. 54 - I Capitoli e memoriale della Società d’agricoltura pratica dell’Accademia di Udine vennero sottoscritti in data 14 settembre 1762 da Fabio Asquini, Antonio di Montegnacco, Giuseppe Sabbadini, Antonio Zanon, Pietro Someda e Giovan Fortunato Bianchini, significativamente divisi fra tre appartenenti al ceto nobile e tre laici. 55 - Gullino 1986, p. 394. 56 - Gullino 1986, p. 381. 57 - Sulla sua figura: Tabacco 19802; Pitteri 2007. Interessante anche il volumetto: Tron 1994. 58 - Del Negro 1992, p. 25-34; Del Negro 1996, p. 476; Simonetto 2001. 59 - La prima serie, diretta dal Griselini, copre il periodo 1764-1776; la seconda, denominata «Nuovo giornale d’Italia», è diretta da Alberto Fortis e poi da Alvise Milocco e va dal 1776 al 1784; mentre la terza e ultima, diretta da Giovanni Arduino, copre gli anni 1789-1797. 60 - Sulla sua figura e attività si veda: Vaccari 1992, p. 129-167; Simonetto 1998, p. 9-44. 61 - Del Negro 1996, p. 453-454; Del Negro 1986, p. 112 e 130. Si segnala anche: Leicht 1922. 62 - Barbacetto 2008, p. 259-274. 63 - Zanon 1828, vi, Lettera X (sui beni comunali), p. 332-333. 64 - Zanon 1828, vi, Lettera X (sui beni comunali), p. 317. 65 - Beltrami 1961. 66 - Particolare risonanza in ambiente veneto riceve nel secondo Settecento il libretto intitolato Le praterie artificiali di Simon-Philibert de la Salle de l’Étang, che tra il 1756 e il 1762 conosce ben tre edizioni e che, nel 1765, viene stampato a Venezia per i tipi di Bartolomeo Occhi. Sulla questione si veda: Simonetto 1998, p. 9-44. 67 - Lazzarini 1993, p. 39-76; Lazzarini 1994, p. 29-40. 68 - Zalin 1982, p. 537-555. 69 - Sul bosco si rimanda soprattutto a: Vecchio 1974; Lazzarini 1998, p. 94-124; Bianco 2001; Lazzarini 2002; Lazzarini 2002; Bianco, Lazzarini 2003; Lazzarini 2009. 70 - Francesco Maria Stella è anche autore di una memoria Sui boschi del Friuli, presentata agli Inquisitori all’arsenale e pubblicata nel 1790 nel «Nuovo Giornale d’Italia», Venezia 1791, ii, p. 41-47. 71 - Morassi 1980, p. 159-196. 306 72 - I riferimenti sono contenuti nella relazione basata sul Catalogo de’ boschi del Friul di là dal Tagliamento dedotti dal catastico N.V.Z. Alvise Mocenigo 3.o provveditore generale di Palma Inquisitori Boschi 1743 nel quale sono in serie disegnati in pianta con terminati li boschi con la enumerazione delle piante a bosco per bosco, conservata in ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome. 73 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Catalogo de’ boschi del Friul di là dal Tagliamento dedotti dal Catastico N.V.Z. Alvise Mocenigo 3.o provveditore generale di Palma Inquisitori Boschi 1743 nel quale sono in serie disegnati in pianta con terminati li boschi con la enumerazione delle piante a bosco per bosco. Più o meno gli stessi boschi sono segnalati nella Relazione sullo stato dei boschi del Friuli, in Morassi 1980, p. 173-174. 74 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Riferta de’ boschi del Friuli presentata agli eccellentissimi inquisitori all’arsenal...[1790]. 75 - Il riferimento per Cinto è a: ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Riferta de’ boschi del Friuli presentata agli eccellentissimi inquisitori all’arsenal...[1790]. 76 - Il riferimento per Corbolone è a: ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Riferta de’ boschi del Friuli presentata agli eccellentissimi inquisitori all’arsenal...[1790]. 77 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Riferta de’ boschi del Friuli presentata agli eccellentissimi inqusitori all’arsenal...[1790]. 78 - Copia della relazione di Giovanni Arduino, trasmessa alla Società agraria di Udine, è contenuta in ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo senza nome contenente documenti sui boschi del Friuli. Per le citazioni riportate nel testo si fa dunque riferimento al documento in questione. 79 - Il riferimento è ai due catastici del 1726 e del 1741, che l’Arduino prende come punto fermo per valutare le modifiche in positivo e in negativo subite dai boschi di Corbolone. Per una panoramica sui catasti veneti in terra friulana, un riferimento più accurato è presente in Andreozzi, Panariti 2008, p. 19. 80 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo senza nome, relazione di Giovanni Arduino datata 20 settembre 1769. 81 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo senza nome, relazione di Giovanni Arduino datata 20 settembre 1769. 82 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo senza nome, relazione di Giovanni Arduino datata 20 settembre 1769. 83 - Scrive l’Arduino: «L’usare ai boschi le indicate attenzioni non sarebbe, a mio credere, una gran spesa, poiché i guardiani colle loro famiglie, o con pochi altri assistenti nelle opportune stagioni, potrebbono supplire quando vi stassero assiduamente occupati e non avessero bisogno di procurarsi d’altronde la sussistenza. Qualche proporzionato gastigo alli veramente mancanti, e qualche sicuro premio conveniente e agevolmente conseguibile alli diligenti, potrebbono essere stimoli assai efficaci per ottenere l’intento; non parlando però del taglio e disgombro de’ spini e cespugli, che non credo loro appartenga e cui non potrebbono supplire»: ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo senza nome, relazione di Giovanni Arduino datata 20 settembre 1769. 84 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, fascicolo rilegato senza nome, Riferta de’ boschi del Friuli presentata agli eccellentissimi inquisitori all’arsenal...[1790]. 85 - Bianco 1994, p. 155. Sulle leggi riguardanti il pensionatico si consiglia: Gloria 1851. 86 - Berengo 1963, p. 116. 87 - Berengo 1963, p. 117. 88 - BCU, FP, 989, fascicolo 3: Nota dei proprietarij delle poste di pecore esistenti nelle pertinenze dei infrascriti comuni, e di quanto annualmente venga pagato (agosto 1765). 89 - Numerosi documenti relativi alle poste di cui era titolare l’abbazia di Sesto sono contenuti in ASUd, CRS, b. 477, fascicoli 192, 192a, 192b; b. 480, fascicolo 268. 90 - ASUd, CRS, b. 480, fascicolo 268, Savorgnano: locazione delle poste delle pecore, 1749. 91 - Berengo 1963, p. 122-127. 92 - Circolare dei Deputati all’agricoltura datata 3 dicembre 1783 alle accademie agrarie di Udine, Conegliano, Vicenza e Verona, in ASVe, Provveditori sopra beni inculti. Deputati all’agricoltura, b. 9, f. 164v-165. 93 - ASUd, Archivio Florio, b. 60, Memoria per servire di risposta alle ricerche fatte dall’eccellentissima Deputazione sopra l’agricoltura di 15 gennaio passato. Letta nella pubblica Società agraria di Udine li 31 luglio 1772 dal conte Giulio Asquino, ed approvata dalla Società stessa. 94 - BCU, FP, 989, fascicolo 3, Numero de campi inutili, e pustotti, che si trovano del 1745 nelle infrascritte 239 ville della patria del Friuli, tratte dalle polize giurate de’ communi 1740 e 1741 esistenti nella cancelleria della patria stessa non comprese in queste le esenti, et altre, che non presentarono le polize, o non espressero la summa. 95 - Zanon 1828, i, p. 208-209. 96 - Si segnalano sull’argomento soprattutto: Grossi 1977; Agostini 1998; Bianco 2003; Pitteri 2005, p. 117-135. 97 - Rota 1798, in Bianco 2003, p. 103-109. 307 Sigle e bibliografia generale a cura di Andrea Tilatti Sigle ACAUd = Archivio della Curia Arcivescovile di Udine ACSV = Archivio Comunale di San Vito al Tagliamento (pn) ASDPn = Archivio Storico Diocesano di Concordia-Pordenone ASMi = Archivio di Stato di Milano ASPn, ANA = Archivio di Stato di Pordenone, Archivio notarile antico ASTv, ANPS = Archivio di Stato di Treviso, Archivio notarile prima serie ASUd, CRS = Archivio di Stato di Udine, Congregazioni religiose soppresse ASUd, NA = Archivio di Stato di Udine, Notarile antico ASVe = Archivio di Stato di Venezia BCP = Biblioteca Comunale di Portogruaro BCU, FP = Biblioteca Comunale “V. Joppi” di Udine, manoscritti del Fondo Principale BCU, Joppi = Biblioteca Comunale “V. Joppi” di Udine, manoscritti del Fondo Joppi BCV = Biblioteca Correr di Venezia BNMVe = Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia DBI = Dizionario biografico degli Italiani IREV = Istituzioni di Ricovero e di Educazione di Venezia MSF = «Memorie storiche forogiuliesi» 354 Bibliografia generale Ago 1994 = R. Ago, La feudalità in età moderna, Bari cura di P. Moro, G. Martina, G.P. Gri, Tavagnacco (ud), p. 69-91] Agostini 1998 = L’area alto-adriatica dal riformismo veneziano all’età napoleonica, a cura di F. Agostini, Venezia Baiutti 1982-1983 = G. Baiutti, Un aspetto della politica veneziana seicentesca: la vendita dei feudi (1646-1720), tesi di laurea dattiloscritta, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Lettere e Filosofia Agostini 2002 = F. Agostini, Istituzioni ecclesiastiche e potere politico in area veneta: 1754-1866, Venezia Albertone 1979 = M. Albertone, Fisiocrati, istruzione e cultura, Torino Allegra 1981 = L. Allegra, Il parroco: un mediatore fra alta e bassa cultura, in Storia d’Italia, Annali, 4: Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, p. 895-947 Altan 1842 = A. Altan, Memorie storiche della terra di San Vito al Tagliamento, Venezia Altan, Bergamini, Tracanelli 1988 = Morsan al Tiliment, a cura di G.B. Altan, G. Bergamini, N. Tracanelli, Udine Andreozzi, Panariti 2008 = D. Andreozzi, L. Panariti, “L’economia dei boschi”. Aspetti della legislazione forestale e pratiche della tradizione tra Friuli veneto e Friuli austriaco in età moderna, in I boschi del Friuli-Venezia Giulia, i: Documenti storici, a cura di R. Finzi, Bologna, p. 9-39 Angelillo 2000 = Mille protagonisti per 12 secoli nel Friuli occidentale. Dal 700 al 1900. Dizionario biografico, ideatore e curatore P. Angelillo, Pordenone Appuhn 2009 = K. Appuhn, A Forest on the Sea. Environmental Expertise in Renaissance Venice, Baltimore Baccichet 2010 = M. Baccichet, San Daniele del Monte e i sentieri di Barcis, Spilimbergo (pn) [già in L’incerto confine. Vivi e morti, incontri, luoghi e percorsi di religiosità nella montagna friulana. Atti dei seminari (gennaio-giugno 2000): “I percorsi del sacro”, “Anime che vagano, anime che tornano”, Associazione della Carnia, Amici dei Musei e dell’Arte, Quaderno n. 7, a Barbacetto 2008 = S. Barbacetto, “La più gelosa delle pubbliche regalie”. I “beni communali” della Repubblica Veneta tra dominio della Signoria e diritti delle comunità (secoli XV-XVIII), Venezia Barbagli, Kertzer 2002 = Storia della famiglia in Europa. Dal Cinquecento alla Rivoluzione francese, a cura di M. Barbagli, D.I. Kertzer, Roma-Bari Baronti 2008 = G. Baronti, Tra bambini e acque sporche. Immersioni nella collezione di amuleti di Giuseppe Bellucci, Perugia Bartoli Langeli 2006 = A. Bartoli Langeli, Notai. Scrivere documenti nell’Italia medievale, Roma Barzazi 1985 = A. Barzazi, Consultori in iure e feudalità nella prima metà del Seicento: l’opera di Gasparo Lonigo, in Stato società e giustizia nella Repubblica Veneta (sec. XV-XVIII), ii, a cura di G. Cozzi, Roma, p. 221-251 Barzazi 1986 = A. Barzazi, I Consultori “in iure”, in Storia della cultura veneta, 5/ii: Il Settecento, a cura di G. Arnaldi, M. Pastore Stocchi, Vicenza, p. 179-199 Barzon 1953 = A. Barzon, La diocesi di Aquileia seguendo la visita apostolica del 1584, in Studi aquileiesi offerti a Giovanni Brusin, Aquileia, p. 433-451 Bassetti, Marzinotto, Del Gallo 2000 = Cinto Caomaggiore. Annali, a cura di S. Bassetti, M. Marzinotto, G.P. Del Gallo, Spoleto Battistella 1898 = A. Battistella, La politica ecclesiastica della Repubblica di Venezia, «Archivio veneto», 16, p. 386-420 355 Battistella 1908 = A. Battistella, La prima visita apostolica nel patriarcato aquileiese dopo il Concilio di Trento, MSF, iv, p. 17-29, 113-124, 153-196 Benvenuto 2002 = C. Benvenuto, Santa Maria di Campagna. Storia di una chiesa della diocesi di Pordenone-Concordia dal 1498 ai giorni nostri, Cordovado (pn) Beccaria 1995 = G.L. Beccaria, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Torino Benzoni 1991 = G. Benzoni, Dolfin, Giovanni, in DBI, 40, Roma, p. 532-542 Begotti 1985 = P.C. Begotti, Clima e calamità naturali, in Goi 1985, p. 41-48 Begotti 2002a = Cordovât, a cura di P.C. Begotti, Udine Begotti 2002b = P.C. Begotti, La produzione statutaria nel Friuli occidentale tra medioevo ed età moderna, MSF, lxxxii, p. 73-90 Begotti 2006a = P.C. Begotti, Friuli terra di lupi. Natura, storia e cultura, Montereale Valcellina (pn) Begotti 2006b = P.C. Begotti, Statuti del Friuli occidentale (secoli XIII-XVII). Un repertorio, Roma Begotti 2010 = P.C. Begotti, Confini e transumanze. Cimbri, tesini e pastori locali nel Friuli occidentale d’antico regime, in Begotti, Sclippa 2010, p. 593-612 Begotti, Sclippa 2010 = San Vît, a cura di P.C. Begotti, P.G. Sclippa, Udine Bellicini 1983 = L. Bellicini, La costruzione della campagna. Ideologie agrarie e aziende modello nel Veneto 1790-1922, Venezia Belmont 1988 = N. Belmont, Superstizione e religione popolare nelle società occidentali, in La funzione simbolica. Saggi di antropologia, a cura di M. Izard, P. Smith, Palermo, p. 53-69 Beltrami 1961 = G. Beltrami, La penetrazione economica dei veneziani in Terraferma. Forze di lavoro e proprietà fondiaria nelle campagne venete dei secoli XVII e XVIII, Venezia-Roma Benedetti 1958-1959 = A. Benedetti, Le turbinose giornate dell’autunno 1511 a San Vito al Tagliamento, MSF, xliii, p. 193-211 Berengo 1956 = M. Berengo, La società veneta alla fine del Settecento, Firenze Berengo 1963 = M. Berengo, L’agricoltura veneta dalla caduta della Repubblica all’Unità, Milano Berengo 1985 = M. Berengo, Le origini settecentesche della storia dell’agronomia italiana, in L’età dei lumi. Studi storici sul Settecento europeo in onore di Franco Venturi, ii, Napoli, p. 865-890 Bergamini, Pillinini 1985 = San Michêl, a cura di G. Begmanini, G. Pillinini, Udine Bertolini, Rinaldi 1913 = G.L. Bertolini, U. Rinaldi, Carta politico-amministrativa della patria del Friuli al cadere della repubblica veneta, Udine Bianco 1983 = F. Bianco, Nobili castellani, comunità, sottani. Accumulazione ed espropriazione contadina in Friuli dalla caduta della Repubblica alla restaurazione, Udine Bianco 1990 = F. Bianco, Contadini, sbirri e contrabbandieri nel Friuli del Settecento. La comunità di villaggio tra conservazione e rivolta (Valcellina e Valcolvera), Pordenone Bianco 1991 = F. Bianco, “L’armonia sociale nelle campagne”. Economia agricola e questione colonica nella Principesca Contea di Gorizia e di Gradisca tra ’800 e ’900, in Economia e società nel Goriziano tra ’800 e ’900, a cura di F. Bianco, M. Masau Dan, Gorizia Bianco 1994 = F. Bianco, Le terre del Friuli: la formazione dei paesaggi agrari in Friuli tra il XV e il XIX secolo, Mantova-Verona Benedetti 1964 = A. Benedetti, Storia di Pordenone, a cura di D. Antonini, Pordenone Bianco 1995 = Il feudo benedettino di Moggio (secoli XV-XVIII), a cura di F. Bianco, Udine Benedetti 1965 = A. Benedetti, La via d’acqua del Noncello e la matricola del traghetto di Pordenone (1701-1803), «Il Noncello», 25, p. 157-206 Bianco 2001 = F. Bianco, Nel bosco. Comunità alpine e risorse forestali nel Friuli in età moderna (secoli XV-XX), Udine Benedetti 1978 = A. Benedetti, Visita giurisdizionale a Barcis di altri tempi, aggiuntavi un po’ di storia sul bosco di Prescudin, «Sot la nape», xxx, 2, p. 101-112 Bianco 2003 = F. Bianco, Riforme fiscali e sviluppo agricolo nel Friuli napoleonico. Francesco Rota pubblico perito e agrimensore «con il coraggio della verità e nell’interesse della nazione», Udine Benedetti 1983 = A. Benedetti, Molini e segherie alimentati dalle acque del Cellina, «Il Noncello», 57, p. 241-248 Bianco 2008 = F. Bianco, L’immagine del territorio. Società e paesaggi del Friuli nei disegni e nella cartografia storica (secoli XVI-XIX), Udine 356 Bianco 2009 = F. Bianco, Intermediari in agricoltura. Gastaldi, fattori e scontisti nelle campagne dell’Italia nord-orientale in età moderna, «Acta Histriae», 17, p. 353-380 Bianco 20103 = F. Bianco, 1511. La “crudel zobia grassa”. Rivolte contadine e faide nobiliari in Friuli tra ’400 e ’500, Gorizia Bianco, Bartolini 1984 = F. Bianco, E. Bartolini, Storia di laguna, Udine Bianco, Lazzarini 2003 = F. Bianco, A. Lazzarini, Forestali, mercanti di legname e boschi pubblici: Candido Morassi e i progetti di riforma boschiva nelle Alpi Carniche tra Settecento e Ottocento, Udine Biasutti 1979 = G. Biasutti, La lunga fine dei Longobardi, Udine Biondi 1974 = A. Biondi, La giustificazione della simulazione nel Cinquecento, in Eresia e Riforma nell’Italia del Cinquecento. Miscellanea I, Firenze-Chicago, p. 7-68 Bizzocchi 1994 = R. Bizzocchi, Chiesa, religione, Stato agli inizi dell’età moderna, in Le origini dello stato in Italia, a cura di G. Chittolini, A. Molho, P. Schiera, Bologna, p. 493-513 Bossy 1998 = J. Bossy, Controriforma e popolo dell’Europa cattolica, in J. Bossy, Dalla comunità all’individuo, Torino, p. 5-33 Boswell 1994 = J. Boswell, Same-Sex Unions in Premodern Europe, New York Bourin, Martin, Menant 1996 = L’anthroponymie document de l’histoire sociale des mondes méditerranéens médiévaux, Actes du colloque international organisé par l’École française de Rome avec le concours du GDR 955 du CNRS «Genèse médiévale de l’anthroponymie moderne», Rome, 6-8 octobre 1994, a cura di M. Bourin, J.M. Martin, F. Menant, Rome Brambilla 1997 = E. Brambilla, Battesimo e diritti civili dalla riforma protestante al giuseppinismo, «Rivista storica italiana», cix, p. 602-627 Brambilla 2000 = E. Brambilla, Alle origini del sant’Uffizio. Penitenza, confessione e giustizia spirituale dal Medioevo al XVI secolo, Bologna Breda 2001 = N. Breda, Palù. Inquieti paesaggi tra natura e cultura, Verona-Treviso Brunelli 1981 = S. Brunelli, Letteratura spirituale contemporanea a san Girolamo Miani. Libro de gratia di don Girolamo Sirino, canonico regolare, Venezia 1517, «Somasca», vi, p. 1-104 Burke 1980 = P. Burke, Cultura popolare nell’Europa moderna, Milano Bloch 19733 = M. Bloch, I caratteri originali della storia rurale francese, Torino (trad. it. dell’ediz. Paris 19522) Busolini 1997 = D. Busolini, Fontanini, Giusto, in DBI, 48, Roma, p. 747-752 Bloch 1998 = M. Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, Torino Caccamo 1970 = D. Caccamo, Eretici italiani in Moravia, Polonia, Transilvania (1558-1611). Studi e documenti, Firenze-Chicago Boerio 1867 = G. Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia Bof 2001 = F. Bof, Gelsi, bigattiere e filande in Friuli da metà Settecento a fine Ottocento, Udine Bonora 2001 = E. Bonora, La Controriforma, Roma-Bari Bonora 2007 = E. Bonora, Giudicare i vescovi. La definizione dei poteri nella Chiesa postridentina, Roma-Bari Bortolami 1988 = Città murate del Veneto, a cura di S. Bortolami, Cinisello Balsamo (mi) Bortolami 1993 = S. Bortolami, Una chiesa, una città: le origini del duomo di Pordenone tra spirito civico e sentimento religioso, in San Marco di Pordenone, a cura di P. Goi, Fiume Veneto (pn), i, p. 5-29 Caimmi 2007 = R. Caimmi, La guerra del Friuli 1615-17 altrimenti nota come Guerra di Gradisca o degli Uscocchi, Gorizia Cammarosano 1985 = Le campagne friulane: Le campagne friulane nel tardo medioevo. Un’analisi dei registri dei grandi proprietari fondiari, a cura di P. Cammarosano, Udine Cammarosano 1988a = P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Cammarosano 1988b, p. 11-155 Cammarosano 1988b = Storia della società friulana. Il Medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco (ud) Cammarosano 2009 = P. Cammarosano, Strutture d’insediamento e società nel Friuli dell’età patriarchina, in Studi di storia medievale. Economia, territorio, società, Trieste, p. 111-133 Bortolotti 2002 = L. Bortolotti, Grimani, Domenico, in DBI, 59, Roma, p. 599-609 Campos 1937 = E. Campos, I concorsi di bonifica della Repubblica Veneta, Padova Bortolotti, Benzoni 2002 = L. Bortolotti, G. Benzoni, Grimani, Giovanni, in DBI, 59, Roma, p. 613-622 Candela, Palazzi 1979 = Dibattito sulla fisiocrazia, a cura di G. Candela, M. Palazzi, Firenze 357 Cantino Wataghin 1999 = G. Cantino Wataghin, Monasterium […] in locum qui vocatur Sexto. L’archeologia per la storia dell’abbazia di Santa Maria di Sesto, in Menis, Tilatti 1999, p. 3-51 Cargnelutti 1999a = L. Cargnelutti, Carte false nelle valli del Cellina e del Colvera. Un episodio di liti per terre comunali e private nel maniaghese agli inizi del Seicento, Montereale Valcellina (pn) Cargnelutti 1999b = L. Cargnelutti, Il Parlamento della patria del Friuli e la città di Udine: un conflitto giurisdizionale in età veneta, in Casella 1999, p. 53-76 Cavazza 1991 = S. Cavazza, Un’eresia di frontiera. Propaganda luterana e dissenso religioso sul confine austro-veneto nel Cinquecento, «Annali di istoria isontina», 4, p. 5-31 Cavazza 1996 = S. Cavazza, La Riforma nel patriarcato d’Aquileia: gruppi eterodossi e comunità luterane, in Il Patriarcato di Aquileia tra Riforma e Controriforma, a cura di A. De Cillia, G. Fornasir, Udine, p. 9-59 Ceolin, Zampese 1996 = P. Ceolin, P. Zampese, I beni comunali di Venchieredo e Stalis, «Ce fastu?», lxxii, 1, p. 131-146 Cessi 1981 = R. Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, Firenze Carocci 1999 = S. Carocci, Il nepotismo nel medioevo. Papi, cardinali e famiglie nobili, Roma Charuty 1997 = G. Charuty, Folie, mariage et mort. Pratiques chrétiennes de la folie en Europe occidentale, Paris Casadio 2001 = P. Casadio, La decorazione a fresco e l’arredo scultoreo dalla metà del Quattrocento al nostro secolo, in Menis, Cozzi 2001, p. 215-259 Chiaradia 1992 = G. Chiaradia, La festa dei morti, in Goi 1992, p. 193-210 Casarsa 1996 = L. Casarsa, Scuola e cultura umanistica nel Friuli occidentale del Quattrocento, in Il Quattrocento 1996a, p. 193-210 Casella 1999 = Le due nobiltà. Cultura nobiliare e società friulana nei Dialoghi di Romanello Manin (1726), a cura di L. Casella, Roma Casella 2003 = Rappresentanze e territori. Parlamento friulano e istituzioni rappresentative territoriali nell’Europa moderna, a cura di L. Casella, Udine Casella 2009 = L. Casella, Savorgnan Giulio, ingegnere militare, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 2266-2273 Cassi 1910 = G. Cassi, Notizie sul commercio friulano durante il dominio veneto, Udine Castellarin 1997 = I processi dell’Inquisizione nella Bassa Friulana (1568-1781), a cura di B. Castellarin, Latisana (ud)-San Michele al Tagliamento (ve) Catto 1997 = M. Catto, Il miracolo mariano di Rosa (1655) e la bestemmia: «Et che quei popoli s’astenessero dalle offese grandi et in particolare dalle orrende bestemmie», in Sclippa 1997b, p. 105-116 Catto 1998 = M. Catto, Indagini processuali ed eresia nei monasteri femminili di Mekinje e di Udine nel Patriarcato di Aquileia del XVI secolo, «Metodi e ricerche», xvii, 2, p. 79-110 Catto 2003 = M. Catto, Un panopticon catechistico. L’arciconfraternita della dottrina cristiana a Roma in età moderna, Roma 358 Chiaradia 2001 = G. Chiaradia, I giorni di San Martino. San Martino nelle tradizioni popolari del Friuli occidentale, Pordenone Chiaradia 2002 = G. Chiaradia, Mitologia popolare del Friuli occidentale (Il massariol, Il fuoco fatuo), in Begotti 2002, p. 215-237 Chinellato, Croatto 2002 = F. Chinellato, G. Croatto, Percorsi di architettura spontanea dalla Valcellina alla Val Colvera, Udine Chittolini 1979 = G. Chittolini, La formazione dello stato regionale e le istituzioni del contado, secoli XIV e XV, Torino Chittolini 1986 = G. Chittolini, Feudatari e comunità rurali nell’Italia centro-settentrionale (secoli XV-XVIII), «Studi storici Luigi Simeoni», xxxvi, p. 11-28 (ora in Chittolini 1996, p. 227-242) Chittolini 1990 = G. Chittolini, “Quasi città”. Borghi e terre in area lombarda nel tardo medioevo, «Studi storici», 13, p. 3-26 (ora in Chittolini 1996, p. 85-104) Chittolini 1996 = G. Chittolini, Città, comunità e feudi negli stati dell’Italia centro-settentrionale (secoli XIV-XVI), Milano Chittolini, Miccoli 1986 = Storia d’Italia, Annali, 9: La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di G. Chittolini, G. Miccoli, Torino Christian 2003 = W. Christian, Santi vicini. La religione locale nella Spagna del XVI secolo, Napoli Ciani 1940 = G. Ciani, Storia del popolo cadorino, (ed. postuma a cura di E. De Candido), Treviso Ciceri 1973 = San Vit al Tilimint, a cura di L. Ciceri, Udine Corazzol 1984 = G. Corazzol, Il Pordenone prestatore, in Del Col 1984, p. 151-163 Ciceri 1980 = Religiosità popolare in Friuli, a cura di L. Ciceri, Pordenone Corbanese 1987 = G.G. Corbanese, Il Friuli, Trieste e l’Istria nel periodo veneziano. Grande atlante storico-cronologico comparato, Udine Ciceri 1988 = A. Ciceri, Il diavolo a Morsano, in Altan, Bergamini, Tracanelli 1988, p. 285-290 Ciceri Nicoloso 1982 = A. Ciceri Nicoloso, Tradizioni popolari in Friuli, 2 v., Reana del Rojale (ud) Ciriacono 1981 = S. Ciriacono, Investimenti capitalistici e colture irrigue. La congiuntura agricola nella Terraferma veneta (secoli XVI-XVIII), in Atti del convegno Venezia e la Terraferma attraverso le relazioni dei Rettori (Trieste, 23-24 ottobre 1980), a cura di A. Tagliaferri, Milano, p. 123-158 Cittadella 2009 = A. Cittadella, Porcia (di) Girolamo il vecchio, storico, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 2059-2062 Codice feudale 1780 = Codice feudale della Serenissima Repubblica di Venezia, Venezia (rist. anast., Bologna 1970) Collodo 1980 = S. Collodo, Recinti rurali fortificati nell’Italia nord orientale (secoli XII-XIV), «Archivio veneto», s. v, 114, p. 5-36 Collodo 2009 = S. Collodo, Libertas mercantile e autonomia municipale nei percorsi di Portogruaro fra medioevo e prima età moderna (sec. XII-XVI), in Spiazzi, Majoli 2009, p. 21-35 Collotta 1859 = G. Collotta, Sulle risaie del basso Friuli, Venezia Corbellini 1994 = Interni di famiglia. Patrimonio e sentimenti di figlie, madri, mogli, vedove. Il Friuli tra medioevo ed età moderna, Atti del Convegno VIII settimana per i beni culturali e ambientali, Udine, 4 dicembre 1992, a cura di R. Corbellini, Tavagnacco (ud) Corbier 1999 = Adoption et Fosterage, dir. M. Corbier, Paris Corona 2004 = G. Corona, Declino dei “Commons” ed equilibri ambientali. Il caso italiano tra Otto e Novecento, «Società e storia», xxvii, p. 357-383 Corrain 1981 = C. Corrain, Spunti per una etnografia del territorio di San Vito al Tagliamento, «Ce fastu?», 57, p. 127-144 Cozzi 1982 = G. Cozzi, Repubblica di Venezia e Stati italiani. Politica e giustizia dal secolo XVI al secolo XVIII, Torino Cozzi 1986 = G. Cozzi, La politica religiosa, in Politica, società, istituzioni, in G. Cozzi, M. Knapton, La Repubblica di Venezia nell’età moderna. Dalla guerra di Chioggia al 1517, Storia d’Italia, xii/1, Torino Cozzi 1987 = G. Cozzi, Stato e Chiesa: vicende di un confronto secolare, in Venezia e la Roma dei papi, Milano, p. 11-56 Cozzi 1989 = G. Cozzi, La difesa degli imputati nei processi celebrati col rito del Consiglio dei X, in Crimine, giustizia e società veneta in età moderna, a cura di L. Berlinguer, F. Colao, Milano, p. 1-87 Collovini 2009 = D.A. Collovini, Economia e società a Portogruaro in età moderna, in Spiazzi, Majoli 2009, p. 39-61 Cozzi 1995 = G. Cozzi, La Compagnia di Gesù a Venezia (1550-1657) in G. Cozzi, Venezia barocca. Conflitti di uomini e idee nella crisi del Seicento veneziano, Venezia, p. 289-323 Conzato 2001 = A. Conzato, Per un profilo della nobiltà friulana nel Cinquecento tra permanenza e partenza, «Studi veneziani», n.s., xli, p. 99-177 Cozzi 1996 = G. Cozzi, Politica, società, istituzioni, in Storia della Repubblica di Venezia. Dalla guerra di Chioggia alla riconquista della Terraferma, a cura di G. Cozzi, M. Knapton, Torino, p. 3-271 Conzato 2002 = A. Conzato, Vita in castello, «Studi veneziani», n.s., xliii, p. 139-150 Cozzi 2000 = G. Cozzi, Venezia, una repubblica di principi? in G. Cozzi, La società veneta e il suo diritto. Saggi su questioni matrimoniali, giustizia penale, politica del diritto, sopravvivenza del diritto veneto nell’Ottocento, Venezia, p. 249-265 Conzato 2005 = A. Conzato, Dai castelli alle corti. Castellani friulani tra gli Asburgo e Venezia (1545-1620), Verona Corazzol 1979 = G. Corazzol, Fitti e livelli a grano. Un aspetto del credito rurale nel Veneto del ’500, Milano Cozzi, Knapton, Scarabello 1992 = G. Cozzi, M. Knapton, G. Scarabello, La Repubblica di Venezia nell’età moderna. Dal 1517 alla fine della Repubblica, Torino 359 Cozzi, Prodi 1994 = Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, vi: Dal Rinascimento al Barocco, a cura di G. Cozzi, P. Prodi, Roma D’Antonio 2011 = E. D’Antonio, Degani Ernesto, canonico e storico, in Scalon, Griggio, Bergamini 2011, p. 1256-1259 D’Aronco 1950 = G.F. D’Aronco, Bibliografia ragionata delle tradizioni popolari friulane, (Contributo), Udine D’Orlandi, Perusini 1988 = L. D’Orlandi, G. Perusini, Antichi costumi friulani, a cura di N. Cantarutti, G.P. Gri, P.G. Gri, Udine-Gorizia Dal Borgo 2003 = M. Dal Borgo, La Repubblica di Venezia e i beni comunali, in I Demani civici e le operazioni di riordino. Atti del corso di formazione regionale per periti demaniali, a cura di P. Nervi, Mestre-Trento, p. 11-34 De Vitt 1983 = F. De Vitt, Pievi e Parrocchie della Carnia nel tardo medioevo (secoli XIII-XV), Tolmezzo (ud) De Vitt 1990 = F. De Vitt, Istituzioni ecclesiastiche e vita quotidiana nel Friuli medioevale, Venezia De Vitt 1996 = F. De Vitt, Cura d’anime e provenienza del clero nella diocesi di Concordia, in Il Quattrocento 1996a, p. 211-224 Degani 1904 = E. Degani, Le nostre scuole nel medio evo e il seminario di Concordia, Portogruaro (ve) Degani 1908 = E. Degani, L’abbazia benedettina di Santa Maria di Sesto in Sylvis nella patria del Friuli, Venezia (rist. an., Sesto al Reghena 1987) Degani 1914 = E. Degani, Inventario del monastero di Sesto 1431 (nozze Asquini – Panciera di Zoppola, VI maggio 1914), Udine De Biasio 1972 = L. De Biasio, L’eresia protestante in Friuli nella seconda metà del secolo XVI, MSF, lii, p. 71-152 Degani 1977 = E. Degani, La diocesi di Concordia, seconda edizione aumentata e coordinata da G. Vale, Brescia De Biasio 1976 = 1000 processi dell’Inquisizione in Friuli (1551-1647), a cura di L. De Biasio, Villa Manin di Passariano (ud) Degani 1979 = E. Degani, Il comune di Portogruaro sua origine sue vicende (1140-1420), Pordenone (ia ed., Udine 1891) De Biasio 1978 = I processi dell’Inquisizione in Friuli dal 1648 al 1798, a cura di L. De Biasio, Villa Manin di Passariano (ud) De Biasio 1992 = L. De Biasio, Inquisizione a Cividale nel 1531. Il primo processo in Friuli, «Forum Iulii», 16, p. 9-29 De Cillia 2001 = A. De Cillia, “Somma aflittione d’animo a tutti i contadini”. Le vicende dei beni comunitari nel Friuli “veneto”, Padova De Martin 1990 = Comunità di villaggio e proprietà collettive in Italia e in Europa, a cura di G.C. De Martin, Padova De Renaldis 1888 = G. De Renaldis, Memorie storiche dei tre ultimi secoli del patriarcato d’Aquileia: 1411-1751, a cura di G. Gropplero, Udine De Sardan 2006 = O. De Sardan, Coltivatori, in Dizionario di antropologia e etnologia, a cura di P. Bonte, M. Izard, ed. italiana a cura di M. Aime, Torino, p. 257-260 De Vecchi 2003 = M. De Vecchi, Cronache di vita agreste. Vicende cintesi dal XV al XVIII secolo, Cinto Caomaggiore (ve) De Vecchi 2004 = Gli anabattisti di Cinto: esodo e vicissitudini. Documenti dell’Inquisizione (1562-1589), a cura di M. De Vecchi, Cinto Caomaggiore (ve) 360 Degrassi 1988 = D. Degrassi, Economia del tardo medioevo, in Cammarosano 1988b, p. 271-435 Degrassi 2009 = D. Degrassi, Continuità e cambiamenti nel Friuli tardo medievale (XII-XV secolo). Saggi di storia economica e sociale, Trieste Del Ben 2009 = A. Del Ben, Alviano (d’) Bartolomeo, condottiero, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 201-209 Del Col 1982 = A. Del Col, La storia religiosa del Friuli nel Cinquecento. Orientamenti e fonti, «Metodi e ricerche», 1, p. 69-87 Del Col 1984 = Società e cultura del Cinquecento nel Friuli occidentale. Studi, a cura di A. Del Col, Pordenone Del Col 1988 = A. Del Col, Organizzazione, composizione e giurisdizione dei tribunali dell’Inquisizione romana nella repubblica di Venezia (1500-1550), «Critica storica», 25, p. 244-294 Del Col 1990 = Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell’inquisizione 1583-1599, a cura di A. Del Col, Pordenone Del Col 1995 = A. Del Col, Streghe e bestemmiatori nei processi dell’Inquisizione, in Ellero 1995, p. 191-206 Del Col 1998 = A. Del Col, L’Inquisizione nel Patriarcato e diocesi di Aquileia. 1557-1559, Trieste Del Col 2003 = A. Del Col, Le strutture territoriali e l’attività dell’inquisizione romana, in L’inquisizione. Atti del Simposio internazionale, Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998, a cura di A. Borromeo, Città del Vaticano, p. 345-380 Del Col 2006 = A. Del Col, L’Inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Milano Del Col 2008 = A. Del Col, Le vicende inquisitoriali di Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia, e la sua lettera sulla doppia predestinazione, «Metodi e ricerche», xxvii, 2, p. 81-100 Del Col 2009 = L’Inquisizione del Patriarcato di Aquileia e della Diocesi di Concordia. Gli atti processuali, 1557-1823, a cura di A. Del Col, Trieste Del Col 2010 = A. Del Col, L’Inquisizione a San Vito al Tagliamento nell’età moderna, in Begotti, Sclippa 2010, p. 845-868 Del Negro 1986 = P. Del Negro, Bernardo Nani, Lorenzo Morosini e la riforma universitaria del 1761, «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», xix, p. 87-141 Desinan 1982 = C. Desinan, Agricoltura e vita rurale nella toponomastica del Friuli-Venezia Giulia, 2 v., Pordenone Destefanis 1997 = E. Destefanis, I beni delle abbazie di Sesto al Reghena e di Salt nel documento del 762. Uno studio storico-territoriale, Sesto al Reghena (pn) Donati 1992 = C. Donati, Vescovi e diocesi d’Italia dall’età post-tridentina alla caduta dell’antico regime, in Clero e società nell’Italia moderna, a cura di M. Rosa, Roma-Bari, p. 321-389 Donato 1888 = G.B. Donato, Sora el grossam, 1585; Sora i minuz, 1585, «Pagine friulane», i, 12, p. 189 Dotti 2010 = M. Dotti, Famiglie, istituzioni, comunità, in Oikonomia urbana. Uno spaccato di Lodi in età moderna (secoli XVII-XVIII), a cura di E. Colombo, M. Dotti, Milano, p. 115-174 Duby 1984 = G. Duby, Lo specchio del feudalesimo. Sacerdoti guerrieri e lavoratori, Roma-Bari (trad. it. dell’ediz. Paris 1978) Del Negro 1990 = P. Del Negro, Venezia e la fine del patriarcato di Aquileia, in Carlo Michele d’Attems primo arcivescovo di Gorizia (1752-1774) fra curia romana e stato asburgico, a cura di L. Tavano, F.M. Dolinar, ii, Gorizia, p. 31-58 Duca, Orsi, Cosma 2009 = R. Duca, M. Dorsi, R. Cosma, “…Perché li abbiate a goder unitamente in comun a pascolo e legne…”. La singolare valenza storico-sociale dei beni comunali nel territorio di Monfalcone tra XVI e XIX secolo, [Ronchi dei Legionari (go)], p. 176-177 Del Negro 1992 = P. Del Negro, Stato e società nella “grande e beata rivoluzione” delle campagne venete, in Morassi 1992, p. 25-34 Ellero 1995 = Ciasarsa, San Zuan, Vilasil, Versuta, a cura di G. Ellero, Udine Del Negro 1996 = P. Del Negro, La politica di Venezia e le Accademie di agricoltura, in La politica della scienza. Toscana e Stati italiani nel tardo Settecento, a cura di G. Barsanti, V. Belcari, R. Pasta, Firenze, p. 451-489 Del Piccolo 2000 = Tiaris di Tisàne e di Puàrt – Terre di Latisana e di Portogruaro, a cura di L. Del Piccolo, Reana del Rojale (ud) Del Torre 2010 = G. Del Torre, Patrizi e cardinali. Venezia e le istituzioni ecclesiastiche nella prima età moderna, Milano Della Misericordia 2000 = M. Della Misericordia, La disciplina contrattata. Vescovi e vassalli tra Como e le Alpi nel tardo medioevo, Milano Della Putta, Penzi 1990 = A. Della Putta, D. Penzi, Cimolais: al me paeis: ambiente, storia, tradizione, Pordenone della Torre 1979 = R. della Torre, L’abbazia di Sesto in Sylvis dalle origini alla fine del ’200. Introduzione storica e documenti, Udine Erasmo da Rotterdam 1997 = Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, a cura di C. Carena, Torino Eubel 19142 = Hierarchia catholica medii aevi, ed. C. Eubel, ii, Monasterii Eubel 19232 = Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, ed. C. Eubel, iii, Monasterii Fabrizio 1901 = D. Fabrizio, Dissertazione del cavalier Fabrizio avvocato fiscale sulli feudi giurisdizionali della patria, 1636, a cura di P.S. Leicht, Udine Facchin 1985 = V. Facchin, Le streghe nella bassa friulana di qua e di là del Tagliamento, «Ce fastu?», 61,1, p. 93-109 Fanfani 1979 = T. Fanfani, La società agraria di Udine e Gorizia, di Venezia e di Vienna nel Settecento, Siena Fanfani 1979 = T. Fanfani, Le società agrarie di Udine e Gorizia nel contesto politico economico di Venezia e di Vienna nel Settecento, in Atti del Convegno Nazionale di Studi sul Rilancio dell’Agricoltura italiana nel III Centenario della nascita di Sallustio Bandini, i, Siena, p. 287-307 361 Fantin, Strazzolini, Tirelli 2004 = E. Fantin, P. Strazzolini, R. Tirelli, I passaggi del Tagliamento. Storia e leggenda di guadi, traghetti e ponti attraverso i secoli e il turbine di due guerre mondiali, Latisana (ud) Fasoli 1952 = G. Fasoli, Lineamenti di politica e di legislazione feudale veneziana in Terraferma, «Rivista di storia del diritto italiano», 25, p. 59-94 Ferigo 2010 = G. Ferigo, Le cifre, le anime, a cura di C. Lorenzini, Udine Ferigo, Fornasin 1997 = Cramârs. Emigrazione, mobilità, mestieri ambulanti dalla Carnia in Età Moderna. Atti del Convegno internazionale di studi., Tolmezzo 8, 9 e 10 novembre 1996, a cura di G. Ferigo, A. Fornasin, Udine Ferrari 1918 = G. Ferrari, La legislazione veneziana sui beni comunali, «Nuovo archivio veneto», xix, p. 5-64 Filligoi 1994-1995 = F. Filligoi, Alvise Mocenigo e il suo tentativo di applicare le teorie fisiocratiche e agronomiche ad Alvisopoli, tesi di laurea dattiloscritta, Università degli Studi di Udine, Facoltà di Lettere e Filosofia, rel. M.E. Palumbo Finzi 1995 = R. Finzi, La storia di Quesnay e la sua economia, «Metodi e ricerche», n.s., xiv, 1, p. 11-25 Fiorani 1980 = L. Fiorani, Le visite apostoliche del Cinque e Seicento e la società religiosa romana, «Ricerche per la storia religiosa di Roma», 4, p. 53-148 Firpo 1992 = M. Firpo, Inquisizione romana e Controriforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone e il suo processo d’eresia, Bologna [Brescia 2005] Firpo 1993 = M. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento. Un profilo storico, Roma-Bari Firpo 2003 = M. Firpo, Eresia e Inquisizione in Italia (1542-72), in M. Firpo, «Disputar di cose pertinente alla fede». Studi sulla vita religiosa del Cinquecento italiano, Milano, p. 197-208 Firpo 2005 = M. Firpo, L’iconografia come problema storiografico. Le ambiguità della porpora e i “diavoli” del Sant’Ufficio. Identità e storia nel ritratto di Giovanni Grimani, «Rivista storica italiana», cxvii, 3, p. 825-871 Firpo, Pagano 2004 = M. Firpo, S. Pagano, I processi inquisitoriali di Vittore Soranzo (1550-1558), 2 vol., Città del Vaticano Fonseca, Violante 1990 =Pievi e Parrocchie in Europa dal Medioevo all’età contemporanea, a cura di C.D. Fonseca, C. Violante, Galatina (le) Fontaine 2008 = L. Fontaine, L’économie morale. Pauvreté, crédit et confiance dans l’Europe préindustrielle, Paris Fontana 2003 = A. Fontana, Il fenomeno delle risorgive e l’idrografia del Veneto Orientale, in Il Parco dei fiumi Lemene, Reghena e dei laghi di Cinto, Marghera-Venezia, p. 19-31 Formolario 1781 = Formolario per uso delli notaj di villa, Udine Fornasin 1998 = A. Fornasin, Ambulanti, artigiani e mercanti. L’emigrazione dalla Carnia in età moderna, Verona Fornasin 1999a = A. Fornasin, Diffusione del mais e alimentazione nelle campagne friulane del Seicento, in Vivere in Friuli. Saggi di demografia storica (secc. XVI-XIX), a cura di M. Breschi, Udine, p. 21-39 Fornasin 1999b = A. Fornasin, Tra Vienna e Venezia. La viabilità dalla Patria del Friuli in età moderna, «Studi veneziani», n.s., xxxviii, p. 15-36 (ora in A. Fornasin, La Patria del Friuli in età moderna. Saggi di storia economica, Udine 2000, p. 127-154) Fornasin, Zannini 2002 = Uomini e comunità delle montagne. Paradigmi e specificità del popolamento dello spazio montano (secoli XVI-XX), a cura di A. Fornasin, A. Zannini, Udine Fossaluzza 2004 = G. Fossaluzza, Paolo Campsa e Giovanni di Malines per Monopoli. Un episodio della fortuna adriatica di una bottega di intagliatori veneziani, in Scultura del Rinascimento in Puglia, a cura di C. Gelao, Bari, p. 127-158 Fragnito 1972 = G. Fragnito, Gli «spirituali» e la fuga di Bernardino Ochino, «Rivista storica italiana», 84, p. 777-813 [anche in G. Fragnito, Gasparo Contarini. Un magistrato veneziano al servizio della cristianità, Firenze 1988, p. 251-306] Firpo 2006 = M. Firpo, Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari Fragnito 1992 = G. Fragnito, Gli ordini religiosi tra Riforma e Controriforma, in Clero e società nell’Italia moderna, a cura di M. Rosa, Roma-Bari Firpo, Marcatto 1981-1995 = M. Firpo, D. Marcatto, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, i-vi, Roma Fragnito 1997 = G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), Bologna 362 Fragnito 2005 = G. Fragnito, Proibito capire. La Chiesa e il volgare nella prima età moderna, Bologna Frajese 1994 = V. Frajese, Sarpi scettico. Stato e chiesa a Venezia tra Cinque e Seicento, Bologna La Fraterna 2005 = La Fraterna del miglior vivere: origini medievali dei movimenti ereticali. Anabattismo e inquisizione nel Veneto. L’esodo della comunità cintese, Cinto Caomaggiore (ve) Frattolin, Fabris 1985a = F. Frattolin, F. Fabris, Borghi antichi e vecchie case, in Bergamini, Pillinini 1985, p. 179-214 Frattolin, Fabris 1985b = F. Frattolin, F. Fabris, Casoni e vita in laguna, in Bergamini, Pillinini 1985, p. 231-240 Fumagalli 1976 = V. Fumagalli, Terra e società nell’Italia padana, Torino Fumagalli 1989 = V. Fumagalli, Uomini e paesaggi medievali, Bologna Funerale 1714 = Funerale dell’eminentissimo, e reverdissimo principe cardinale Giovanni Badoaro vescovo di Brescia morto il 17 maggio dell’anno corrente 1714 celebrato da tutti gli ordini della città in segno di universale osequiosissimo affetto alla sua memoria il dì 14 agosto medesimo, Brescia Gaddi 1995 = M. Gaddi, Legislazione, istituzioni e tribunali, in Bianco 1995, p. 121-165 Gardin 2004 = M. Gardin, La chiesa di San Tommaso apostolo a Bagnara di Gruaro. Documenti di storia e arte, Gruaro (ve) Gardin 2007 = M. Gardin, Gli affreschi. Viaggio nella pittura di Cataldo Ferrara, in Gardin, Marin 2007, p. 35-94 Gerometta 1964 = T. Gerometta, L’Abbazia benedettina di S. Maria in Sylvis in Sesto al Reghena. Guida storico-artistica, seconda edizione riveduta ed aggiornata dall’autore, Portogruaro (ve) Ghezzo 1990 = Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1451 ad annum 1460, ed. M.P. Ghezzo, Padova Giacinto 1977 = A. Giacinto, Le parrocchie della diocesi di Concordia-Pordenone. Brevi note di storia e d’arte, Pordenone Giannini 2003 = M.C. Giannini, L’oro e la tiara. La costruzione dello spazio fiscale italiano della Santa Sede (1560-1620), Bologna Giannini 2005 = M.C. Giannini, Politica curiale e mondo dei regolari: per una storia dei cardinali protettori nel Seicento, «Cheiron», 43-44, p. 241-302 Ginzburg 1966 = C. Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino Ginzburg 1970 = C. Ginzburg, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze-Chicago Ginzburg 19763 = C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ’500, Torino Ginzburg 1989 = C. Ginzburg, L’inquisitore come antropologo, in Studi in onore di Armando Saitta dei suoi allievi pisani, a cura di R. Pozzi, A. Prosperi, Pisa, p. 23-33 Giorgetti 1974 = G. Giorgetti, Contadini e proprietari nell’Italia moderna. Rapporti di produzione e contratti agrari, Torino Gardin, Marin 2007 = M. Gardin, E. Marin, Boldara e la chiesetta della Visitazione, Gruaro (ve) Girgensohn 1996 = D. Girgensohn, La crisi del patriarcato d’Aquileia. Verso l’avvento della Repubblica di Venezia, in Il Quattrocento 1996a, p. 53-68 Garlatti, Venturuzzo 1997 = A. Garlatti, D. Venturuzzo, Il santuario della Beata Vergine di Rosa già chiesa di San Nicolò estra muros, in Sclippa 1997a, p. 117-150 Giummolé 1962-1964 = R. Giummolé, I poteri del luogotenente della patria del Friuli nel primo cinquantennio: 1420-1470, MSF, xlv, p. 57-124 Gaspari 1935 = E. Gaspari, Paolo Nibbia novarese eretico (anno 1584), estratto da «Bollettino storico per la provincia di Novara», xxix, fascicolo i Gloria 1851 = A. Gloria, Leggi sul pensionatico, emanate per le province venete dal 1200 a dì nostri, Padova Gauchat 1935 = Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, ed. P. Gauchat, iv, Monasterii Gaudemet 1963 = J. Gaudemet, Les communautés familiales, Paris Georgelin 1978 = J. Georgelin, Venise au siècle des lumières, Paris-La Haye Gobbo 2002 = Vado. Storia, economia e sviluppo di un borgo rurale dall’epoca romana al periodo napoleonico, a cura di V. Gobbo, Fossalta di Portogruaro (ve) Gobessi 2009 = A. Gobessi, Edo (Haedus, Capretto, Del Zochul) Pietro, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 1001-1013 363 Goi 1984 = P. Goi, Confraternite, in Del Col 1984, p. 155-161 Goi 1992 = Religiosità popolare nel Friuli occidentale. Materiali per un museo, a cura di P. Goi, Pordenone Goi 1999 = P. Goi, Intagliatori e indoratori veneti in Friuli, in La scultura lignea nell’arco alpino, Atti del Convegno internazionale di studi, Udine-Tolmezzo, 21-22 novembre 1997, a cura di Gius. Perusini, Udine, p. 167-168 Goi 2001 = P. Goi, Pittura e arredo liturgico nella storia dell’abbazia in età moderna e contemporanea, in Menis, Cozzi 2001, p. 271-337 Goi 2002 = Madonna di Cordovado, a cura di P. Goi, Cordovado (pn) Goldthwaite 1995 = R.A. Goldthwaite, Ricchezza e domanda nel consumo dell’arte in Italia dal Trecento al Seicento. La cultura materiale e le origini del consumismo, Milano Golinelli 1999 = P. Golinelli, L’abbazia di Santa Maria di Sesto al Reghena nel pieno medioevo, in Menis, Tilatti 1999, p. 123-147 Gottardi 1982 = M. Gottardi, La situazione socio-sanitaria nel Friuli occidentale durante la peste del 1630, «Studi veneziani», n.s., vi, p. 161-199 Gottardi 1984 = M. Gottardi, La struttura politico-amministrativa del Friuli occidentale nel XVI secolo, in Del Col 1984, p. 75-103 Goubert 1984 = P. Goubert, L’Ancien Régime. La società, i poteri, Milano (trad. it. dell’ed. Paris 19732) Greco 1986 = G. Greco, I giuspatronati laicali nell’età moderna, in Chittolini, Miccoli 1986, p. 531-572 Greco 1999 = G. Greco, La Chiesa in Italia in età moderna, Roma Gri 1984 = G.P. Gri, Giurisdizione e vicinia nell’età moderna. Il caso di Buia, in I Savorgnan e la patria del Friuli dal XIII al XVIII secolo, Udine, p. 175-206 Gri 1987 = G.P. Gri, La pittura votiva / Friuli, in Pittura votiva e stampe popolari, a cura di P. Clemente, Milano, p. 77-81 Gri 1992 = G.P. Gri, Ori e rituali, in Ori e tesori d’Europa. Atti del Convegno di studio, a cura di G. Bergamini, P. Goi, Udine, p. 471-512 Gri 2000 = G.P. Gri, (S)confini, Montereale Valcellina (pn) Gri 2001 = G.P. Gri, Atri modi. Etnografia dell’agire simbolico nei processi friulani dell’Inquisizione, Trieste-Montereale Valcellina (pn) 364 Gri 2003 = Modi di vestire, modi d’essere. Abbigliamento popolare e costumi tradizionali del Friuli, a cura di G.P. Gri, Udine Grossi 1977 = P. Grossi, “Un altro modo di possedere”. L’emersione di forme alternative di proprietà alla coscienza giuridica postunitaria, Milano Guaitoli 1983 = A. Guaitoli, Comunità rurale e territorio. Per una storia delle forme di popolamento in Friuli, Martignacco (ud) Guaitoli 1984 = A. Guaitoli, Beni comunali e istituti di compascuo nel Friuli agli inizi del secolo XVII. Con particolari riferimenti alla montagna e alta pianura della destra Tagliamento, in Del Col 1984, p. 33-55 Guenzi 1984 = A. Guenzi, I consumi alimentari: un problema da esplorare, «Cheiron», 3, p. 61-75 Guidi 1998 = R.L. Guidi, Il dibattito sull’uomo nel Quattrocento. Indagini e dibattiti, Roma Gullino 1980 = G. Gullino, I patrizi veneziani di fronte alla proprietà feudale secoli (XVI-XVIII), Materiale per una ricerca, «Quaderni storici», n.s., 43, p. 162-193 Gullino 1983 = G. Gullino, Un problema aperto: Venezia e il tardo feudalesimo, «Studi veneziani», n.s., 7, p. 183-196 Gullino 1986 = G. Gullino, Le dottrine degli agronomi e i loro influssi sulla pratica agricola, in Storia della cultura veneta, 5/ii: Il Settecento, Vicenza, p. 378-410 Gullino 1992 = G. Gullino, La nuova cultura e l’economia. Dalle accademie agrarie all’attivazione dell’Istituto reale di scienze, lettere ed arti (1768-1812), in L’eredità dell’Ottantanove e l’Italia, a cura di R. Zorzi, Firenze, p. 371-384 Gullino 1994 = G. Gullino, Quando il mercante costruì la villa: la proprietà dei Veneziani nella terraferma, in Cozzi, Prodi 1994, p. 875-924. Hardin 1968 = G. Hardin, The Tragedy of the Commons, «Science» 162, p. 1243-1248 Harris 1990 = M. Harris, Antropologia culturale, Bologna Herlihy 19992 =D. Herlihy, La famiglia nel medioevo, Roma-Bari Jacobson Schutte 1988 = A. Jacobson Schutte, Pier Paolo Vergerio e la Riforma a Venezia 1498-1549, Roma Jedin 1973-1981 = H. Jedin, Storia del concilio di Trento, 4 vol., Brescia [Brescia 2009-2010] Kautsky 1961 = K. Kautsky, La questione agraria, Milano Kriegskarte 2005 = Kriegskarte von Zach, 1798-1805. Carta del Ducato di Venezia/Karte des Herzogtums Venedig, Introduzione e guida alla consultazione/Einführung in das Werk, a cura di M. Rosi, Treviso-Pieve di Soligo (tv) Le Roy Ladurie 1984 = E. Le Roy Ladurie, I contadini di Linguadoca, Roma-Bari (trad. it., ia ed., Paris 1969) Kula, Kochanowicz 1978 = W. Kula, J Kochanowicz, Contadini, in Enciclopedia Einaudi, 3, Torino, p. 901-934 Leicht 1903 = P.S. Leicht, Il parlamento della patria del Friuli. Sua origine, costituzione e legislazione (1231-1420), Udine Labriola 2004 = G.M. Labriola, La fisiocrazia come scienza nuova: economia e diritto fra antico e moderno, Napoli Leicht 1922 = P.S. Leicht, Disegni di riforme agrarie al cadere della Repubblica veneta, «Atti della Società italiana per il progresso delle scienze», xi, p. 427-436 Lanaro Sartori 1985 = P. Lanaro Sartori, Venezia e le grandi arterie del commercio internazionale: strade, flusso di merci, organizzazione dei trasporti tra ’500 e ’700, in Mercanti e vita economica nella Repubblica veneta (secoli XIII-XVIII), a cura di G. Borelli, Verona, ii, p. 271-351 Landi 1996 = F. Landi, Il paradiso dei monaci. Accumulazione e dissoluzione dei patrimoni del clero regolare in età moderna, Roma Landi 2004 = F. Landi, Confische e sviluppo capitalistico. I grandi patrimoni del clero regolare in età moderna in Europa e nel continente americano, Milano Landi 2005 = F. Landi, Storia economica del clero in Europa. Secoli XV-XIX, Roma Lazzarini 1998 = A. Lazzarini, Boschi e legname: una riforma veneziana e i suoi esiti, «Archivio veneto», s. v, cl, p. 94-124 Lane 1982 = F.C. Lane, I mercanti di Venezia, Torino Law 1996 = J.E. Law, L’autorità veneziana nella Patria del Friuli agli inizi del XV secolo; problemi di giustificazione, in Il Quattrocento 1996a, p. 35-51 Lazzarini 1992 = A. Lazzarini, La montagna veneta in età moderna. Storia, ambiente e risorse, Roma Lazzarini 1993 = A. Lazzarini, Trasformazioni dell’agricoltura e istruzione agraria nel Veneto, «Terra d’Este», n. 6, a. ii, p. 39-76 Lazzarini 1994 = A. Lazzarini, Trasformazioni dell’agricoltura e istruzione agraria nel Veneto (II), «Terra d’Este», n. 8, a. iv, p. 29-40 Lazzarini 2002 = Disboscamento montano e politiche territoriali. Alpi e Appennini dal Settecento al Duemila, a cura di A. Lazzarini, Milano Lazzarini 2009 = A. Lazzarini, Boschi e politiche forestali. Venezia e Veneto fra Sette e Ottocento, Milano Le Bras 1979 = G. Le Bras, La chiesa e il villaggio, Torino Le Trosne 1777 = G.-F. Le Trosne, De l’Ordre social, Paris Leicht 1943 = P.S. Leicht, Un movimento agrario del Cinquecento, in P.S. Leicht, Scritti vari di storia del diritto italiano, Milano, i, p. 73-91 Leicht 1955 = P.S. Leicht, Parlamento friulano, ii,1, Bologna Lett, Lucken 1999 = L’adoption. Droit et pratiques, ed. D. Lett, C. Lucken, Paris Levi 1983 = G. Levi, L’eredità immateriale. Carriera di un esorcista nel Piemonte del Seicento, Torino Longhitano 1988 = G. Longhitano, Il progetto politico di François Quesnay. Materiali e note per una riconsiderazione dell’agrarismo fisiocratico, Catania Longhitano 1993 = G. Longhitano, Ricchezze, valori, società. La “nuova scienza” e i modelli sociali nella Francia del secondo Settecento, Vicenza Lorenzetti, Merzario 2005 = L. Lorenzetti, R. Merzario, Il fuoco acceso. Famiglie e migrazioni alpine nell’Italia d’età moderna, Roma Lorenzini 2008a = C. Lorenzini, I frati mendicanti e i santuari friulani in età moderna. Prime indagini, in Santuari di confine: una tipologia? Atti del Convegno di studi, Gorizia–Nova Gorica, 7-8 ottobre 2004, a cura di A. Tilatti, Gorizia, p. 193-219 Lorenzini 2008b = C. Lorenzini, Tra conventi e santuari, in Tilatti 2008, p. 152-155 Lorenzini 2011 = C. Lorenzini, Per scrutare la voce di una donna. Un caso di concubinato ecclesiastico a Sappada nel 1602, «Acta Histriae», 19, 1-2, p. 197-218 Maffey 1987 = A. Maffey, L’utopia della ragione, Napoli Maher 1994 = Questioni di etnicità, a cura di V. Maher, Torino Maifreda 2004 = G. Maifreda, La proprietà ecclesiastica nella Repubblica di Venezia, in Confische e sviluppo capitalistico. I grandi patrimoni 365 del clero regolare in età moderna in Europa e nel continente americano, a cura di F. Landi, Milano, p. 55-72 Malattia della Vallata 1923 = G. Malattia della Vallata, Villotte friulane moderne (Amorose, sociali, storiche, filosofiche e letterarie), Maniago (pn) (rist. anast., Barcis [pn] 1996) Mancino 2000 = M. Mancino, Licentia confitendi: selezione e controllo dei confessori a Napoli in età moderna, Roma Marcato, Puntin 2008 = C. Marcato, M. Puntin, Etnici e blasoni popolari nel Friuli storico, Udine Marchesi 2006 = P. Marchesi, Abbazia e borgo fortificati di Sesto al Reghena, edizione riveduta e corretta della stesura del 1978, Reana del Rojale (ud) Marcon 2011 = A. Marcon, Zambaldi Antonio Francesco Alvise, avvocato ed erudito, in Scalon, Griggio, Bergamini 2011, p. 3589-3590 Marin 2004 = E. Marin, Il catastico della famiglia Persico (1698-1835), in Villanova Santa Margherita. Radici di una città industriale di nuova fondazione, a cura di A. Battiston, V. Gobbo, Fossalta di Portogruaro (ve), p. 104-120 Marin 2005 = E. Marin, Il Capitolo cattedrale di Concordia nella prima età moderna, Teglio Veneto (ve) Marin 2005-2006 = E. Marin, La pieve di San Giusto di Gruaro e i suoi rettori, «Atti dell’Accademia “San Marco” di Pordenone», 7-8, p. 37-104 Marin 2006 = E. Marin, “A pressieder e invigilar alla salute delle anime”. I preti e le chiese nella storia di Pravisdomini e Barco, in Pravisdomini in epoca veneziana, a cura di P.C. Begotti, L. Zanin, Pravisdomini (pn), p. 81-130 Marin 2007 = E. Marin, L’oratorio della Visitazione nella storia di Boldara, in Gardin, Marin 2007, p. 9-34 Marin, Vendrame 2002 = E. Marin, L. Vendrame, La fondazione dell’abbazia di Sesto in un racconto popolare del XVII secolo, «Sot la Nape», 54, n. 2-3, p. 75-78 Markham Schulz 2001 = A. Markham Schulz, Paolo Campsa e la manifattura di ancone lignee nella Venezia del Rinascimento, «Saggi e memorie di storia dell’arte», 25, p. 9-53 Marson 1993 = G. Marson, San Stino. Ricerche storiche, Treviso Martignoni 2005 = A. Martignoni, “Requiescat in pace”. Il destino dei morti tra fragile pace ed eterno riposo alla fine del medioevo, «Quaderni di storia religiosa», xii (= La pace fra realtà e utopia), p. 99-157 Martinat 2004 = M. Martinat, Le juste marché. Le système annonarie romain aux XVIe et XVIIe siècles, Rome Mason 2008-2009 = A. Mason, Il santuario della Madonna di Cordovado. Aspetti di religiosità popolare, Tesi di laurea dattiloscritta, Università degli Studi di Udine, Facoltà di lettere e filosofia, rel. G.P. Gri Mazzone 1991 = U. Mazzone, Visitatori in Valtellina tra ’500 e ’600. Visite pastorali, visita apostolica e relationes ad limina, «Rivista di storia e letteratura religiosa», 27, p. 27-54 Meek 2003 = R.L. Meek, The Economics of Physiocracy, Londra Menis, Cozzi 2001 = L’abbazia di Santa Maria di Sesto. L’arte medievale e moderna, a cura di. G.C. Menis, E. Cozzi, Pordenone Menis, Tilatti 1999 = L’abbazia di Santa Maria di Sesto fra archeologia e storia, a cura di G.C. Menis, A. Tilatti, Pordenone Menniti Ippolito 1993 = A. Menniti Ippolito, Politica e carriere ecclesiastiche nel secolo XVII. I vescovi veneti tra Roma e Venezia, Bologna Menniti Ippolito 1996 = A. Menniti Ippolito, Fortune e sfortune di una famiglia veneziana nel Seicento. Gli Ottoboni al tempo dell’aggregazione al patriziato, Venezia Menniti Ippolito 1999 = A. Menniti Ippolito, Il tramonto della curia nepotista. Papi, nipoti e burocrazia curiale tra XVI e XVII secolo, Roma Marin, Vendrame 2006 = E. Marin, L. Vendrame, Stalis dalle origini al XVIII secolo, in Stalis e dintorni. Storia, arte e suggestioni, a cura di E. Marin, [Gruaro (ve)], p. 13-26 Menozzi 1986 = D. Menozzi, Tra riforma e restaurazione. Dalla crisi della società cristiana al mito della cristianità medievale (1758-1848), in Storia d’Italia, Annali, 9: La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’Età Contemporanea, a cura di G. Chittolini, G. Miccoli, Torino, p. 767-806 Marinelli 2003 = F. Marinelli, Gli usi civici, Milano Mestieri 1979 = Mestieri della terra e delle acque. Cultura popolare nell’Emilia Romagna, Milano Mariuz 2010 = B. Mariuz, San Vito dalla Resistenza alle lotte contadine, in Begotti, Sclippa 2010, p. 733-780 Metz 1992 = F. Metz, Santi Rocco e Sebastiano: devozione e immagini, in Goi 1992, p. 151-192 366 Metz 2009 = F. Metz, Moro Anton Lazzaro, naturalista, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 1746-1752 Muratori 1990 = L.A. Muratori, Della regolata devozione dei cristiani. Introduzione di P. Stella, Torino Miglio 2001 = I fisiocratici, a cura di B. Miglio, Roma-Bari Nanni 1948 = L. Nanni, La Parrocchia studiata sui documenti lucchesi dei secoli VIII-XIII, Roma Milani 1994 = M. Milani, Il processo a Menichino della Nota, «Metodi e ricerche», n.s., 13,1-2, p. 161-171 Milani, Milani 1994 = 1797. L’armata francese e la municipalità di Sesto. Note di cronaca quotidiana, a cura di G. Milani, con la collaborazione di N. Milani, [Sesto al Reghena (pn)] Mor 1974 = C.G. Mor, I feudi d’abitanza in Friuli, MSF, liv, p. 50-106 Mor 1989 = C.G. Mor, Pievi e feudi nella diocesi di Concordia, in La chiesa concordiese 389-1989, ii: La diocesi di Concordia-Pordenone, a cura di C.G. Mor, P. Nonis, Fiume Veneto (pn), p. 37-67 Mor 19922 = C.G. Mor, I boschi patrimoniali del patriarca e di San Marco in Carnia, Udine (ia ed., Udine 1962) Morassi 1980 = L. Morassi, Tradizione e “nuova agricoltura”: la società d’agricoltura pratica di Udine (1762-1797), Udine Morassi 1992 = La Nuova Olanda. Fabio Asquini tra accademia e sperimentazione, a cura di L. Morassi, Udine Morassi 1995 = L. Morassi, Per una analisi della grande proprietà nel Friuli veneto, «Metodi e ricerche», n.s., xiv, 1, p. 27-42 Morassi 1997 = L. Morassi, 1420-1497. Economia e società in Friuli, Tavagnacco (ud) Morbiato 1998 = Scartafaccio d’agricoltura. Manoscritto di un contadino di Spinè di Oderzo (1805-1810), a cura di L. Morbiato, Vicenza Moro 1993 = A.L. Moro, Carteggio (1735-1764), a cura di M. Baldini, L. Conti, L. Cristante, R. Piutti, Firenze Moroni 1942 = G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, 15, Venezia, p. 61-65 Mousnier 1974 = R. Mousnier, Les institutions de la France sous la monarchie absolue, i, Paris Mozzarelli, Zardin 1997 = I tempi del Concilio. Religione, cultura e società nell’Europa tridentina, a cura di C. Mozzarelli, D. Zardin, Roma Muir 2010 = E. Muir, Il sangue s’infuria e ribolle. La vendetta nel Friuli del Rinascimento, Sommacampagna (vr) (trad. it., ia ed., Baltimore-London 1993) Nardon 1999 = F. Nardon, Benandanti e inquisitori nel Friuli del Seicento, Trieste-Montereale Valcellina (pn) Nascimben 2009 = L. Nascimben, Plurilinguismo e riflessioni metalinguistiche in Giovanni Battista Donato, «Letteratura e dialetti», 2, p. 73-82 Niccoli 2005 = O. Niccoli, Rinascimento anticlericale. Infamia, propaganda e satira in Italia tra Quattro e Cinquecento, Roma-Bari Niccoli 2011 = O. Niccoli, Vedere con gli occhi del cuore. Alle origini del potere delle immagini, Roma-Bari Nievo 1973 = I. Nievo, Le confessioni di un italiano, Milano Nievo 1990 = I. Nievo, Il Varmo, a cura di A. Romano, Roma Nolens intestatus 1985 = Nolens intestatus decedere. Il testamento come fonte della storia religiosa e sociale, Perugia Nubola 1993 = C. Nubola, Conoscere per governare. La diocesi di Trento nella visita pastorale di Ludovico Madruzzo (1579-1581), Bologna Nubola 1994 = C. Nubola, Chiese delle comunità. Diritti consuetudinari e pratiche religiose nella prima età moderna. Qualche spunto di ricerca, in Fonti ecclesiastiche per la storia sociale e religiosa d’Europa: XV-XVIII secolo, a cura di C. Nubola, A. Turchini, Bologna, p. 441-464 Nubola, Turchini 1993 = Visite pastorali ed elaborazione di dati. Esperienze e metodi, a cura di C. Nubola, A. Turchini, Bologna Ortalli 1994 = J. Ortalli, Tecniche costruttive “povere” e archeologia: legno e argilla per architetture rurali cispadane, in Splendida civitas nostra. Studi in onore di Antonio Frova, Roma, p. 155-169 Ortalli 1996 = G. Ortalli, Le modalità di un passaggio: il Friuli occidentale e il dominio veneziano, in Il Quattrocento 1996a, p. 13-33 Ortalli 1997 = G. Ortalli, Lupi, genti, culture. Uomo e ambiente nel medioevo, Torino Ostermann 1940 = V. Ostermann, La vita in Friuli. Usi costumi credenze popolari, rist. a cura di G. Vidossi, Udine Paniek 1996 = A. Paniek, Il miserabil paese. Lotte di potere, conflitti economici e tensioni sociali nella Contea di Gorizia agli inizi del Settecento, «Metodi e ricerche», n.s., xv, p. 39-76 367 Paolin 1978a = G. Paolin, Dell’ultimo tentativo compiuto in Friuli di formare una comunità anabattista. Note e documenti, «Nuova rivista storica», 62, 1-2, p. 3-28 nel secolo XVI, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 2, p. 61-76 Paolin 1978b = G. Paolin, Le visite pastorali di Iacopo Maracco nella Diocesi aquileiese nella seconda metà del XVI secolo, «Ricerche di storia sociale e religiosa», 13, p. 169-185 Paschini 1952-1953 = P. Paschini, La questione del feudo di Taiedo e le peripezie di un patriarca, MSF, xl, p. 76-137 Paolin 1980a = G. Paolin, I contadini anabattisti di Cinto, «Il Noncello», 50, p. 91-124 Paolin 1980b = G. Paolin, L’eterodossia nel monastero delle Clarisse di Udine nella seconda metà del ’500, «Collectanea Franciscana», 50, 1-4, p. 107-167 Paolin 1984 = G. Paolin, Monache e donne nel Friuli del Cinquecento, in Del Col 1984, p. 201-228 Paolin 1989 = G. Paolin, Sviluppi dell’anabattismo veneto nella seconda metà del Cinquecento, in Die Täuferbewegung: Tagung zum 450 Todestag Jakob Huters (1536-1986) / L’anabattismo: Atti del Convegno in occasione del 450° anniversario della morte di Jakob Hunter (1536-1986), Bozen/Bolzano, p. 115-159 Paolin 1996 = G. Paolin, Lo spazio del silenzio. Monacazioni forzate, clausura e proposte di vita religiosa femminile nell’età moderna, Pordenone Paolin 2008 = G. Paolin, I Minori in età moderna, in Tilatti 2008, p. 119-143 Il Parco 2003 = Il Parco dei fiumi Lemene, Reghena e dei laghi di Cinto, Portogruaro (ve) Paronuzzi 2006 = P. Paronuzzi, Le acque, in Il Tagliamento, a cura di F. Bianco, A. Bondesan, P. Paronuzzi, M. Zanetti, A. Zanferrari, Vicenza Pasa 1997 = M. Pasa, I beni comunali nella repubblica veneta. Prospettive per una ricerca, «Studi storici Luigi Simeoni», 47, p. 135-149 Paschini 1928-1930 = P. Paschini, Lodovico cardinale camerlengo e i suoi maneggi fino alla morte di Eugenio IV (1447), MSF, xxiv, p. 39, 72; xxvi, p. 27-74 Paschini 1951 = P. Paschini, Eresia e riforma cattolica al confine orientale d’Italia, Roma Paschini 1959 = P. Paschini, Venezia e l’Inquisizione romana da Giulio III a Pio IV, Padova Paschini 1960 = P. Paschini, Il cardinale Marino Grimani e i prelati della sua famiglia, Roma Paschini 19753 = P. Paschini, Storia del Friuli, Udine Pasolini 1975 = P.P. Pasolini, La nuova gioventù. Poesie friulane, 1941-1974, Torino Pasta 1993 = R. Pasta, L’Accademia dei Georgofili e la riforma dell’agricoltura, «Rivista storica italiana», cv, p. 484-501 Pastore, Garbellotti 2001 = L’uso del denaro. Patrimoni e amministrazione nei luoghi pii e negli enti ecclesiastici in Italia (secoli XV-XVIII), a cura di A. Pastore, M. Garbellotti, Bologna Pavanello 1906-1907 = G. Pavanello, La strada e il traghetto della Fossetta. (Strade, traghetti e poste della Repubblica veneta), «Ateneo veneto», i, p. 341-362; ii, p. 26-66, 169-221, 297-327 (rist. anast. Portogruaro [ve] 2007) Pazzagli 2008 = R. Pazzagli, Il sapere dell’agricoltura. Istruzione, cultura, economia nell’Italia dell’Ottocento, Milano Pedani Fabris 1994 = M. Pedani Fabris, I Turchi e il Friuli alla fine del Quattrocento, MSF, lxxiv, p. 205-228 Pelaja, Scaraffia 2008 = M. Pelaja, L. Scaraffia, Due in una carne: chiesa e sessualità nella storia, Roma-Bari Pellegrini 1987 = R. Pellegrini, Tra lingua e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, Tavagnacco (ud) Pellegrini 2003 = R. Pellegrini, Ancora tra lingua e letteratura. Saggi sparsi sulla storia degli usi scritti del friulano, Cercivento (ud) Paschini 1939-1940 = P. Paschini, Il cardinale Domenico Grimani nei suoi rapporti con il Friuli, MSF, xxxv-xxxvi, p. 69-99 Pellegrini 2009 = R. Pellegrini, Donato Giovan Battista, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 979-988 Paschini 1941 = P. Paschini, Il cardinale Marino Grimani nella diocesi di Concordia. Episodi storici del secolo XVI, MSF, xxxvii, p. 71-88 Pellegrini 2010 = M. Pellegrini, Il papato del Rinascimento, Bologna Paschini 1943 = P. Paschini, Domenico Grimani, cardinale di San Marco († 1523), Roma Paschini 1948 = P. Paschini, La nomina del patriarca di Aquileia e la Repubblica di Venezia 368 Penzi 1990 = D. Penzi, L’architettura spontanea nel Friuli Occidentale, Azzano Decimo (pn) Penzi 1999 = D. Penzi, Architettura spontanea ambiente e tradizione nel Friuli occidentale, Pordenone Peressi 1974 = Mezzo secolo di cultura friulana. Indice delle pubblicazioni della Società Filologica Friulana (1919-1972), a cura di L. Peressi, Udine; con Supplementi per gli anni successivi Peressi 1979 = L. Peressi, La “menada” in Valcellina, «Ce fastu?», lv, p. 177-200 Perusini 1960 = G. Perusini, L’armamento delle cernide friulane all’epoca veneta, «Armi antiche», n.u., p. 43-73 Pitteri 2005 = M. Pitteri, I beni comunali e la sovrana risoluzione del 1839, in La questione “montagna” in Veneto e Friuli tra Otto e Novecento. Percezioni, analisi e interventi, a cura di A. Lazzarini, A. Amantia, Belluno, p. 117-135 Pitteri 2007 = M. Pitteri, Per una confinazione equa e giusta: Andrea Tron e la politica dei confini della Repubblica di Venezia nel ’700, Milano Perusini 1961 = G. Perusini, Vita di popolo in Friuli. Patti agrari e consuetudini tradizionali, Firenze Piva 1999 = P. Piva, Sesto al Reghena. Una chiesa e un’abbazia nella storia dell’architetturam medioevale, in Menis, Tilatti 1999, p. 223-336 Perusini 1972 = G. Perusini, Vita pastorale in Friuli. Premessa a un’inchiesta etnografica, in Cultura pastoralis Alpium orientalium, a cura di R. Wildhaber, München, p. 11-17 Pizzati 1997 = A. Pizzati, Commende e politica ecclesiastica nella Repubblica di Venezia tra ’500 e ’600, Venezia Petrarca 1978 = F. Petrarca, Epistole, a cura di U. Dotti, Torino Pizzin 1972 = A. Pizzin, Il comune di Corbolone in causa con gli arcipreti di Lorenzaga, «Sot la nape», xxiv, 1, p. 30-43 Petronio 1992 = U. Petronio, Usi civici, in Enciclopedia del Diritto, xlv, Milano, p. 930-953 Poni, Fronzoni 1979 = C. Poni, S. Fronzoni, L’economia di sussistenza della famiglia contadina, in Mestieri 1979, p. 11-41 Pezzolo 1983 = L. Pezzolo, L’archibugio e l’aratro. Considerazioni e problemi per una storia delle milizie rurali venete nei secoli XVI e XVII, «Studi veneziani», n.s., 7, p. 59-80 Porcia 1897 = Descrizione della patria del Friuli fatta nel secolo XVI dal conte Girolamo da Porcia, Udine Piana 1977 = C. Piana, La Facoltà teologica dell’Università di Firenze nel Quattro e Cinquecento, Grottaferrata (Roma) (Spicilegium Bonaventurianum, xv) Pin 1980 = C. Pin, Un contrasto fra la Repubblica di Venezia e Paolo Sarpi per la nomina del patriarca di Aquileia, «Studi storici dell’ordine dei Servi di Maria», xxx, p. 88-123 Pin 2010 = C. Pin, Paolo Sarpi senza maschera, in Paolo Sarpi. Politique et religion en Europe, études reunies par M. Viallon, Paris, p. 55-103 Pippo, Peschiutta 2002 = Savorgnano. Immagini, volti e ricordi. 1600 fotograie storiche di un paese che si racconta, a cura di R. Pippo, L. Peschiutta, con la collaborazione di F. Daneluzzi et alii, Savorgnano (pn) Pirillo 2009 = Passignano in Val di Pesa. Un monastero e la sua storia, i: Una signoria sulle anime, sugli uomini, sulle comunità (dalle origini al sec. XIV), a cura di P. Pirillo, Firenze Pirona, Carletti, Corgnali 1935 = G.A. Pirona, E. Carletti, G.B. Corgnali, Il nuovo Pirona, vocabolario friulano, Udine (rist. an., Udine 1988) Pitteri 1985 = M. Pitteri, La politica veneziana dei beni comunali (1496-1797), «Studi veneziani», n.s., x, p. 57-80 Povolo 1980 = C. Povolo, Aspetti e problemi dell’amministrazione della giustizia penale nella Repubblica di Venezia. Secoli XVI-XVII, in Stato, società e giustizia nella Repubblica veneta (secoli XV-XVIII), a cura di G. Cozzi, i, Roma, p. 153-258 Povolo 1997 = C. Povolo, L’intrigo dell’onore. Poteri e istituzioni nella Repubblica di Venezia tra Cinque e Seicento, Verona Povolo 2002 = C. Povolo, La piccola comunità e le sue consuetudini, p. 5, relazione introduttiva al seminario “Per una storia delle comunità. (Ricordando i primi anni ’80)”, tenutosi a Este il 20 aprile 2002: www.storiadivenezia. net (ora in: C. Povolo, La piccola comunità e le sue consuetudini, in Tra storia e diritto. Studi in onore di Luigi Berlinguer promossi dalle Università di Siena e di Sassari, Soveria Mannelli [cz] 2008, p. 591-642) Pozzi 1997 = G. Pozzi, Come pregava la gente, in Grammatica e retorica dei santi, Milano, p. 47-162 Preto 1994 = P. Preto, Le “paure” della società veneziana: le calamità, le sconfitte, i nemici esterni e interni, in Cozzi, Prodi 1994, p. 215-238 Prodi, Reinhard 1996 = Il concilio di Trento e il moderno, a cura di P. Prodi, W. Reinhard, Bologna Prodomi 1965 = P. Prodomi, La Madonna di Rosa, San Vito al Tagliamento (pn) 369 Prosperi 1986 = A. Prosperi, La figura del vescovo fra Quattro e Cinquecento: persistenze, disagi e novità, in Chittolini, Miccoli 1986, p. 217-262 Prosperi 1988 = A. Prosperi, Educare gli educatori: il prete come professione intellettuale nell’Italia tridentina, in Problèmes d’histoire de l’éducation, Actes de séminaire organisé par l’Ecole française de Rome et l’Université di Roma-La Sapienza (janvier-mai), Rome, p. 123-140 Prosperi 1996 = A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino Prosperi 1997a = A. Prosperi, Missioni popolari e visite pastorali in Italia tra ’500 e ’600, «Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Italie et Méditerranée», 109, 2, p. 767-783 Prosperi 1997b = A. Prosperi, I sacramenti in età tridentina. Un «tempo della chiesa» di nuovo tipo?, in Il Concilio di Trento nella prospettiva del terzo millennio, a cura di G. Alberigo, I. Rogger, Brescia, p. 251-266 Prosperi 2001 = A. Prosperi, Il concilio di Trento: una introduzione storica, Torino Prosperi 2003 = A. Prosperi, Ortodossia, diversità e dissenso. Venezia e il governo della religione intorno alla metà del Cinquecento, in A. Prosperi, Inquisizione romana. Letture e ricerche, Roma, p. 141-151 Pullan 1964 = B. Pullan, Wage-carners and the Venetian Economy, 1550-1630, «Economic History Review», xvi, p. 407-426 Il Quattrocento 1996a = Il Quattrocento nel Friuli occidentale, i: La vicenda storica, spunti di storiografia musicale, libri, scuole e cultura, Pordenone Il Quattrocento 1996b = Il Quattrocento nel Friuli occidentale, ii: Studi urbani, l’avvio di una ricerca. La dimensione artistica, Pordenone Quesnay 1759 = F. Quesnay, Essai sur l’administration des terres, Paris Raccolta 1789 = Raccolta di memorie delle pubbliche accademie d’agricoltura, arti e commercio dello Stato veneto, Venezia Raggio 1990 = O. Raggio, Faide e parentele. Lo stato genovese visto dalla Fontanabuona, Torino Relazioni dei rettori 1973 = Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, 1: La patria del Friuli, Milano Ribis 2002 = G. Ribis, Il catapan di Rizzolo in Friuli (1307-1610), Udine 370 Riedmann 1996 = J. Riedmann, La specificità pordenonese: i rapporti con gli Asburgo e l’Austria, in Il Quattrocento 1996a, p. 69-79 Rigaux 2001 = D. Rigaux, Les couleurs de la prière. L’image sainte à la fin du Moyen Âge, «Quaderni di storia religiosa», viii (= Religione domestica), p. 249-271 Rizzetto 1997 = A. Rizzetto, Giovanni Battista Donato, [Casier (tv)] Rizzolatti 1997 = P. Rizzolatti, Di cà da l’aga. Itinerari linguistici nel Friuli occidentale. Dialettologia. Sociolinguistica. Storia della lingua. Letteratura, Pordenone Rizzolatti 2002 = P. Rizzolatti, Arba pai cunins. Pier Paolo Pasolini e il dialetto di Cordovado, in Begotti 2002, p. 337-340 Rizzolatti, Zamboni 1984 = P. Rizzolatti, A. Zamboni, Antichi documenti linguistici dell’area portogruarese, in L’area portogruarese tra veneto e friulano, a cura di R. Sandron, Portogruaro (ve) Romeo 1990 = G. Romeo, Inquisitori, esorcisti e streghe nel’Italia della Controriforma, Firenze Romeo 1998 = G. Romeo, Esorcisti, confessori e sessualità femminile nell’Italia della Controriforma, Firenze Romeo 2008 = G. Romeo, Amori proibiti: i concubini tra Chiesa e Inquisizione. Napoli 1563-1656, Roma-Bari Romeo 2009 = G. Romeo, L’inquisizione nell’Italia moderna, Roma-Bari Rosa 1979 = M. Rosa, Curia romana e pensioni ecclesiastiche, secoli XVI-XVIII, «Il Mulino», xiv, p. 1015-1055 Rosset 2004 = G.F. Rosset, Strade e allevamento transumante nel territorio tra Livenza e Tagliamento tra antichità ed epoca moderna, «Quaderni friulani di archeologia», 14, 1, p. 105-120 Rossi 1995 = F. Rossi, Portogruaro 1797-1814. Appunti per una ricerca, in Portogruaro nell’Ottocento. Contesto storico e ambiente sociale, a cura di R. Simonato, R. Sandron, Portogruaro (ve) Rossi 2010a = M.C. Rossi, Figli d’anima. Forme di “adozione” e famiglie “allargate” nei testamenti degli uomini e delle donne veronesi del secolo XV, in Rossi 2010b, p. 381-404 Rossi 2010b = Margini di libertà: testamenti femminili nel medioevo, Atti del Convegno internazionale, Verona 23-25 ottobre 2008, a cura di M.C. Rossi, Caselle di Sommacampagna (vr) Rota 1798 = F. Rota, Memoria per la riduzione a coltura dei beni comunali nel Friuli ex Veneto e loro divisione, e riparto, Udine Rotondò 1967 = A. Rotondò, Atteggiamenti della vita morale italiana del Cinquecento. La pratica nicodemitica, «Rivista storica italiana», 79, 4, p. 991-1030 Rozzo 2006 = U. Rozzo, Gli eretici e la circolazione dei libri proibiti nel Friuli del Cinquecento, in «La gloria del Signore». La riforma protestante nell’Italia nord-orientale, a cura di G. Hofer, Mariano del Friuli (go), p. 67-82 Rugo 1968 = P. Rugo, Documenti e regesti per la storia dell’Alto Concordiese e sui “de Rivo” di Cividale, Feltre (bl) Rurale 2008 = F. Rurale, Monaci, frati, chierici. Gli ordini religiosi in età moderna, Roma Rurale 2011 = F. Rurale, Aristocratic Culture and Sexuality: Some Notes about Prelate and Religious Clergy in Sixteenth Century Italian Courts, in Sexualities, Textualities, Art and Music in Early Modern Italy (Cork-Ireland, University College, Dep. of Music, 18-19 maggio 2007), London Salimbeni 1976 = F. Salimbeni, Un documento inedito sulle condizioni del clero friulano nel 1584, «Studi goriziani», 44, p. 97-122 Salvador 1985 = Borghi Feudi Comunità. Cercando le origini del territorio comunale di Chions, a cura di M. Salvador, Pordenone Salvatori 1995 = E. Salvatori, Il sistema antroponimico a Pisa nel Duecento: la città e il territorio, «Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Age», 107, p. 427-466 Salvestrini 2008 = F. Salvestrini, Disciplina Caritatis. Il monachesimo vallombrosano tra medioevo e prima età moderna, Roma Sanuto 1879-1903 = M. Sanuto, I diari, 58 voll., a cura di R. Fulin, Venezia Sappa 1986 = B. Sappa, Fagnigola giurisdizione di Sesto (Consuetudini agrarie e processi nel XVII e XVIII secolo), «Sot la nape», xxxviii, 1, p. 21-32 Sarpi 1974 = P. Sarpi, Istoria del concilio tridentino. Seguita dalla “Vita del padre Paolo” di Fulgenzio Micanzio, a cura di C. Vivanti, 2 vol., Torino Sarpi 1985 = P. Sarpi, Venezia, il patriarcato di Aquileia e le “Giurisdizioni nelle terre patriarcali del Friuli” (1420-1620), a cura di C. Pin, Udine Sarpi 2001 = P. Sarpi, Consulti, i, 1-2, a cura di C. Pin, Pisa-Roma Sarpi 2006 = P. Sarpi, Istoria dell’Interdetto, a cura di C. Pin, Conselve (pd) Sarra 1988 = M. Sarra, Distribuzione statistica dei dati processuali nell’Inquisizione in Friuli dal 1557 al 1786. Tecniche di ricerca e risultati, «Metodi e ricerche», 7, 1, p. 5-30 Sartori 1852 = G.B. Sartori, Della storia de’ feudi e della legislazione, miglioramento e svincolo assoluto de’ medesimi nelle venete provincie, Venezia Scalon 1987 = C. Scalon, Libri, scuole e cultura nel Friuli medioevale. “Membra disiecta” dell’Archivio di Stato di Udine, Padova Scalon 1988 = C. Scalon, La biblioteca di Adriano da Spilimbergo (1542), Spilimbergo (pn) Scalon 1996 = C. Scalon, Produzione e circolazione del libro nel Quattrocento: note in margine a una ricerca, in Il Quattrocento 1996a, p. 225-235 Scalon 2005-2006 = C. Scalon, La ricostruzione della popolazione della provincia di Pordenone dalla seconda metà del secolo XVII alla fine del secolo XIX, «Atti dell’Accademia “San Marco” di Pordenone», 7-8, p. 169-228 Scalon, Griggio, Bergamini 2011 = Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, iii: L’età contemporanea, a cura di C. Scalon, C. Griggio, G. Bergamini, Udine Scalon, Griggio, Rozzo 2009 = Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, ii: L’età veneta, a cura di C. Scalon, C. Griggio, U. Rozzo, Udine Schneider 1992 = F. Schneider, Raccolta di antiche tradizioni ed avvenimenti di Sauris fino ai giorni nostri, Tolmezzo (ud) Sclippa 1987 = P.G. Sclippa, Terra di Lavoro. Ligugnana, Pradis, Cason, Braida Bottari, Cragnutto, Pordenone Sclippa 1997a = P.G. Sclippa, Di terra, di acqua ovvero di Rosa e della sua gente, in Sclippa 1997b, p. 29-71 Sclippa 1997b = La Rosa erosa. Studi su una comunità tra le acque, a cura di P.G. Sclippa, San Vito al Tagliamento (pn) Scottà 1999 = A. Scottà, La diocesi di Concordia e le temporalità vescovili nel secolo XIV, Portogruaro (ve) Seidel Menchi, Jacobson Schutte, Kuehn 1999 = Tempi e spazi di vita femminile tra medioevo ed età moderna, a cura di S. Seidel Menchi, A. Jacobson Schutte, T. Kuehn, Bologna 371 Sella 1982 = D. Sella, L’economia lombarda durante la dominazione spagnola, Bologna Sella, Vale 1941 = P. Sella, G. Vale, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Venetiae Histria Dalmatia, Città del Vaticano Seneca 1954 = F. Seneca, La fine del patriarcato aquileiese (1748-1751), Venezia 1954 Settia 1991 = A.A. Settia,Chiese e fortezze nel popolamento del Friuli, in A.A. Settia, Chiese, strade e fortezze nell’Italia medievale, Roma, p. 99-129 (già in Il Friuli dagli Ottoni agli Hohenstaufen, Atti del Convegno internazionale di studi, Udine, 4-8 dicembre 1983, a cura di G. Fornasir, Udine 1984, p. 217-244) Settia 1999 = A.A. Settia, Proteggere e dominare. Fortificazioni e popolamente nell’Italia medievale, Roma Sigalotti 1993 = G. Sigalotti, Bibliografia di Santa Maria in Sylvis di Sesto al Reghena, a cura di G. Bortolussi, P.G. Sclippa, Udine Simoncelli 1977 = P. Simoncelli, Il caso Reginald Pole. Eresia e santità nelle polemiche religiose del Cinquecento, Roma Spinelli 1999b = G. Spinelli, Origine e primi sviluppi della fondazione monastica sestense, in Menis, Tilatti 1999, p. 97-121 Stainero 2006 = J. Stainero, Patria del Friuli restaurata. Estimo, agronomia e vita nei campi nel manuale di un ‘pubblico perito’ udinese del Cinquecento, a cura di A. Pesaro, Udine Stefanutti 1984 = A. Stefanutti, Consorti feudali, “cittadini” e “popolani” a Spilimbergo. Spunti per la storia di una società tra XVI e XVII secolo, in Spilimbèrc, a cura di N. Cantarutti, G. Bergamini, Udine, p. 95-108 (ora in Stefanutti 2006, p. 197-212) Stefanutti 1995 = A. Stefanutti, Nella villa di Santa Maria la Longa: la responsabilità del comune rurale in fatto di sequestri, in Memor fui dierum antiquorum: studi in memoria di Luigi De Biasio, a cura di P.C. Ioly Zorattini, A.M. Caproni, Udine, p. 233-238 (ora in Stefanutti 2006, p. 385-392) Stefanutti 1999 = A. Stefanutti, La questione sanitaria, ovvero una ragione di conflitto tra i corpi della patria, in Casella 1999, p. 77-93 (ora in Stefanutti 2006, p. 123-137) Simonetto 2001 = M. Simonetto, I lumi nelle campagne. Accademie e agricoltura nella Repubblica di Venezia. 1768-1797, Treviso Stefanutti 2000 = A. Stefanutti, I segni della cultura italiana ed europea in un problema territoriale: il conflitto tra i feudi e la città di Udine, in I rapporti dei Friulano con l’Italia e con l’Europa nell’epoca veneta, Atti del Convegno internazionle, Colloredo di Monte Albano, 6-7 ottobre 1998, a cura di E. Mirmina, Udine, p. 67-83 (ora in Stefanutti 2006, p. 29-41) Simonetto 2009 = L. Simonetto, Valvasone di Maniago Iacopo, storico, in Scalon, Griggio, Rozzo 2009, p. 2569-2573 Stefanutti 2006 = A. Stefanutti, Saggi di storia friulana, a cura di L. Casella, M. Knapton, Udine Simplicio 2005 = O. Simplicio, Autunno della stregoneria. Maleficio e magia nell’Italia moderna, Bologna Stefanutto, Giordani 1981 = Claut chiuso tra i monti. La sua gente, le sue vicende, a cura di L. Stefanutto, con la collaborazione di S. Giordani, Pordenone Simonetto 1998 = M. Simonetto, L’“inchiesta” Arduino e i grandi problemi dell’agricoltura veneta nel Settecento, «Venetica», s. iii, xii, p. 9-44 Sist 2010 = P. Sist, I Catapan di San Giovanni di Casarsa (secoli XIV-XVIII), Roma Società contadina 1997 = Società contadina, in Dizionario di antropologia, a cura di U. Fabietti, F. Remotti, Bologna, p. 690-691 Socol 1986 = C. Socol, La visita apostolica del 1584-85 alla diocesi di Aquileia e la riforma dei regolari, Udine Stella 1791 = F.M. Stella, Sui boschi del Friuli, «Nuovo Giornale d’Italia», ii, Venezia, p. 41-47 Stella 1958 = A. Stella, La proprietà ecclesiastica nella Repubblica di Venezia dal secolo XV al XVII. Lineamenti di una ricerca economico-politica, Milano Spiazzi, Majoli 2009 = Tra Livenza e Tagliamento. Arte e cultura a Portogruaro e nel territorio Concordiese tra XV e XVI secolo, Atti della giornata di studio, Portogruaro, 28 novembre 2008, a cura di A.M. Spiazzi, L. Majoli, Vicenza Stival 1992 = G. Stival, Dio, la sera e, forse, la morte, in Goi 1992, p. 57-116 Spinelli 1999a = G. Spinelli, L’età della commenda (1441-1789), in Menis, Tilatti 1999, p. 191-219 Stival 1997a = G. Stival, La pieve di Bagnarola e i vescovi di Concordia. Le visite pastorali dal 1518 al 1928, Sesto al Reghena (pn) 372 Stival 1995 = G. Stival, Carità non compresa. Don Antonio Cicuto arciprete di Bagnarola, [Sesto al Reghena (pn)] Stival 1997b = G. Stival, San Pietro di Versiola. Studi, ricerche e cronaca di un restauro, a cura di G. Stival, Sesto al Reghena (pn) Tolomei 1842 = G.P. Tolomei, Sul pensionatico ossia sulla servitù del pascolo invernale, Venezia Stival 2000 = G. Stival, Il catastico. Il patrimonio della chiesa e delle confraternite di Bagnarola nel 1800, Sesto al Reghena (pn) Tonon 1990 = M. Tonon, Casa clautana museo dott. Eugenio Borsatti medico, Claut (pn) Stival 2004 = G. Stival, Il buon Dio dei nonni. Religiosità popolare friulana, Pordenone Stumpo 1995 = E. Stumpo, Il capitale finanziario a Roma fra Cinque e Seicento. Contributo alla storia della fiscalità pontificia in età moderna (1570-1660), Milano Tabacco 1979 = G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino (già in Storia d’Italia, ii,1: Dalla caduta dell’Impero romano al secolo XVIII, a cura di R. Romano, C. Vivanti, Torino 1974, p. 5-274) Tabacco 19802 = G. Tabacco, Andrea Tron e la crisi dell’aristocrazia senatoria a Venezia, Udine Tonutto 1997 = A. Tonutto, L’Accademia di Udine dalla caduta della Repubblica di Venezia all’unione del Friuli al Regno d’Italia (1797-1866), Udine Torcellan 1963 = G. Torcellan, Badoer, Giovanni Alberto, in DBI, 5, Roma, p. 119-120 Torcellan 1964 = G. Torcellan, Barbarigo Giovan Francesco, DBI, 6, Roma, p. 64-66 Torre 1995 = A. Torre, Il consumo di devozioni. Religione e comunità nelle campagne dell’Ancien Régime, Venezia Trame 1996 = U. Trame, Città e territorio nel secolo XV. Principali fatti urbani, in Il Quattrocento 1996b, p. 9-16 Tamassia 1911 = N. Tamassia, La famiglia italiana nei secoli decimoquinto e decimosesto, Milano-Palermo-Napoli (rist. an., Roma 1971) Trebbi 1982 = G. Trebbi, La questione aquileiese, in Cultura religione e politica nell’età di Angelo Maria Querini, a cura di G. Benzoni, M. Pegrari, Brescia, p. 669-687 Tedeschi 1997 = J. Tedeschi, Il giudice e l’eretico. Studi sull’inquisizione romana, Milano Trebbi 1984 = G. Trebbi, Francesco Barbaro, patrizio veneto e patriarca di Aquileia, Udine Tenenti, Tucci 1996 = Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima, iv: Il Rinascimento. Politica e cultura, a cura di A. Tenenti, U. Tucci, Roma Trebbi 1994 = G. Trebbi, La società veneziana, in Cozzi, Prodi 1994, p. 129-213 Tilatti 1996 = A. Tilatti, San Bellino, Bellino vescovo, la leggenda e la storia, «Quaderni storici», n.s., 93, p. 583-605 Tilatti 1999 = A. Tilatti, Gli abati e l’abbazia di Sesto nei secoli XIII-XV, in Menis, Tilatti 1999, p. 149-189 Tilatti 2006 = A. Tilatti, I catapan di Trivignano Udinese (secoli XIV-XVI), Roma Trebbi 1998 = G. Trebbi, Il Friuli dal 1420 al 1797. La storia politica e sociale, Udine-Tricesimo (ud) Trebbi 2006 = G. Trebbi, Paolo Sarpi in alcune recenti interpretazioni, in Ripensando Paolo Sarpi, Atti del Convegno internazionale di Studi, Venezia, p. 651-688 Tron 1994 = A. Tron, “Serenissimo Principe…”, a cura di P. Gaspari, Udine Tilatti 2008 = Frati minori in Friuli. Otto secoli di presenze, relazioni, proposte, a cura di A. Tilatti, Vicenza Tulchin 2007 = A. Tulchin, Same-Sex Couples Creating Households in Old Regime France: The Uses of “Affrèrement”, «Journal of Modern History», 79,3, p. 613-647 Tilatti 2011a = A. Tilatti, Amministrare chiese nel tardo Quattrocento. Alcune visite dei vicari dell’abate di Santa Maria di Sesto, in Arbor ramosa. Studi per Antonio Rigon da allievi amici colleghi, a cura di L. Bertazzo, D. Gallo, R. Michetti, A. Tilatti, Padova, p. 675-686 Turrini 1982 = M. Turrini, «Riformare il mondo a vera vita christiana»: le scuole di catechismo nell’Italia del Cinquecento, «Annali dell›Istituto storico italo-germanico in Trento», 8, p. 407-487 Tilatti 2011b = A. Tilatti, Della villa di Varmo in Friuli. Ossia della villa Cisilino in Villa di Varmo, Pasian di Prato (ud) Todeschini 2002 = G. Todeschini, I mercanti e il tempio. La società cristiana e il circolo virtuoso della ricchezza fra Medioevo ed Età Moderna, Bologna Vaccari 1992 = E. Vaccari, L’attività agronomica di Pietro e Giovanni Arduino, in Scienze e tecniche agrarie nel Veneto dell’Ottocento. Atti del secondo seminario di storia delle scienze e delle tecniche nell’Ottocento veneto (Venezia, 14-15 dicembre 1990), Venezia, p. 129-167 Vallerani 1991 = F. Vallerani, Paesaggio e navigazione nella bassa pianura tra Livenza e 373 Tagliamento durante i secoli stu?», lxvii, 1, p. 87-97 XVI e XVII, «Ce fa- Vallerani 1992 = F. Vallerani, Praterie vallive e limpide correnti. Uomini e paesaggi tra Livenza e Tagliamento in epoca veneta (sec. XVI-XVIII), Portogruaro (ve) Vendramini 2009 = F. Vendramini, La Pieve e le Regole. Longarone e Lavazzo, una storia secolare, Verona Ventura 1964 = A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del ’400 e ’500, Bari Vallerani 1994a = F. Vallerani, La scoperta dell’entroterra. Nuovi turismi tra Veneto orientale e Pordenonese, Portogruaro (ve) Ventura 1970 = A. Ventura, Considerazioni sull’agricoltura veneta e sull’accumulazione del capitale nei secoli XVI e XVII, in Agricoltura e sviluppo del capitalismo, Roma, p. 519-560 Vallerani 1994b = F. Vallerani, Tematiche rusticali e trasformazioni agrarie. Ippolito Nievo e le campagne del basso Friuli, «Ce fastu?», lxx, 1, p. 41-62 Venturi 1976 = F. Venturi, Settecento riformatore, ii: La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, 1758-1774, Torino Valussi 1962 = G. Valussi, Aspetti geografici di una vecchia lite fra due comunità prealpine (Erto e Casso), «Ce fastu?», xxxviii, 1-6, p. 103-116 Valussi 1967 = La Valcellina. Guida storico-geografica per il turista, a cura di G. Valussi, Pordenone Valvason di Maniago 2011 = J. Valvason di Maniago, Descrittione della Patria del Friuli (1568), a cura di A. Floramo, Montereale Valcellina (pn) Valvasone 1870 = M. Valvasone, Progetto di un codice e regolamento agrario, Pordenone Varanini 1991 = G.M Varanini, Gli statuti delle città della Terraferma veneta nel Quattrocento, in Statuti, città, territori in Italia e Germani tra medioevo ed età moderna, a cura di G. Chittolini, D. Willoweit, Bologna, p. 247-317 Vergani 2003 = R. Vergani, Tesori in montagna: ricerca ed estrazione dell’argento fra XIII e XVIII secolo, in R. Vergani, Miniere e società nelle montagna del passato. Alpi venete, secoli XIII-XIX, Verona, p. 17-34 Veronese 1997 = G. Veronese, Signori e sudditi. Il feudo di Zoppola tra ’500 e ’600, Pordenone Viazzo 2001² = P.P. Viazzo, Comunità alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo a oggi, Roma Vigato 1997 = M. Vigato, Il Monastero di Santa Maria delle Carceri, i comuni di Gazzo e Vighizzolo, la Comunità atestina. Trasformazioni ambientali e dinamiche socio-economiche in un’area del basso Padovano tra medioevo ed età moderna, Verona Varanini 1996 = G.M. Varanini, Proprietà fondiaria e agricoltura, in Tenenti, Tucci 1996, p. 807-879 Viggiano 1993 = A. Viggiano, Governanti e governati. Legittimità del potere ed esercizio dell’autorità sovrana nello Stato veneto della prima età moderna, Treviso Vauchez 2003 = A. Vauchez, La tomba, la morte e il destino del corpo, in A. Vauchez, Esperienze religiose nel medioevo, Roma, p. 237-245 Viggiano 1996a = A. Viggiano, Il dominio da Terra: politica e istituzioni, in Tenenti, Tucci 1996, p. 529-575 Vecchio 1974 = B. Vecchio, Il bosco negli scrittori italiani del Settecento e dell’età napoleonica, Torino Viggiano 1996b = A. Viggiano, Forme di identità locale e conflittualità politico-istituzionale. La patria del Friuli e Venezia nel Quattrocento, in Il Quattrocento 1996b, p. 17-47 Vendrame 1997 = L. Vendrame, Il paesaggio rurale di Teglio e Cintello fra i secoli XVIII-XIX, in Tra l’Aquila e il Leone. Uomini, luoghi ed eventi delle comunità di Teglio e Cintello, a cura di V. Gobbo, E. Marin, L. Vendrame, Pordenone, p. 147-163 Vendrame 2002 = L. Vendrame, Il Palù del vescovo e il Sindacato di Cordovado dal medioevo all’età moderna, in Begotti 2002a, p. 101-116 Vendrame 2007 = L. Vendrame, Gherardo Freschi, Augusto Marin e Giuseppe Vendrame. Intraprendenza e tradizione nell’età del Risorgimento, in Teglio Veneto: storia delle sue comunità, Tei, Sintiel, Suçulins. Materiali e documenti, a cura di A. Diano, Teglio Veneto (ve) 374 Viggiano 2003 = A. Viggiano, Politica e giustizia. Per uno studio del tribunale del Luogotenente della Patria del Friuli a metà Quattrocento, in Casella 2003, p. 391-432 Visintin 2008 = D. Visintin, L’attività dell’inquisitore fra Giulio Missini in Friuli (1645-1653): l’efficienza della normalità, Trieste-Montereale Valcellina (pn) Vitt 1997 = G. Vitt, Striis e miracui a Cordovat. Lièndis ciapadis su, rielaboradis pai frus, e trascritis da G.V. dopo vei scoltat Pia Pillon, Antonietta Tonin, Maria Tonin di Cordovado e Antonio Vit di Bagnarola, Cordovado (pn) Weisser 1989 = M.R. Weisser, Criminalità e repressione nell’Europa moderna, Bologna Zacchigna 1982 = M. Zacchigna, La palude di Cinto. Una lite giudiziaria del tardo medioevo friulano, «Metodi e ricerche», i,2, p. 33-42 Zacchigna 1984 = M. Zacchigna, Alcuni aspetti dell’economia pordenonese alla fine del Quattrocento, in Del Col 1984, p. 105-118 Zacchigna 1996a = M. Zacchigna, Forme di potere sulle acque e macchine idrauliche nel Friuli occidentale: Aviano, Spilimbergo, Pordenone (sec. XV), in Il Quattrocento 1996b, p. 49-62 Zacchigna 1996b = M. Zacchigna, Sistemi d’acqua e mulini in Friuli fra i secoli XIV e XV. Contributo alla storia dell’economia friulana nel basso medioevo, Venezia Zagari 1984 = E. Zagari, Mercantilismo e fisiocrazia. La teoria e il dibattito, Napoli Zago 2002 = R. Zago, Grimani, Antonio [c. 1434-1523], DBI, 59, Roma, p. 593-595 Zalin 1982 = G. Zalin, Ricerche sulla privatizzazione della proprietà ecclesiastica nel Veneto. Dai provvedimenti Tron alle vendite italiche, in Studi in memoria di Luigi Dal Pane, Bologna, p. 537-555 Zambaldi 1840 = A. Zambaldi, Monumenti storici di Concordia già colonia romana nella regione veneta, serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro, San Vito al Tagliamento (pn) Zannini 2006 = A. Zannini, La logica della distinzione. I Borghesaleo, una casata di terraferma al servizio della Serenissima (XVII-XVIII sec.), «Ateneo veneto», cxciii, terza serie, 5/ii, p. 63-126 Zanon 1828 = A. Zanon, Edizione completa degli scritti di agricoltura, arti e commercio, 6 vol., Udine Zarri 1990 = G. Zarri, Le sante vive. Profezie di corte e devozione femminile tra ’400 e ’500, Torino Zarri 2000 = G. Zarri, Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Bologna Zilli 2009-2010 = A. Zilli, Tra libro di famiglia ed ego-documento. La Vacchetta o Registro di memorie di Eusebio Caimo (1610-1640), tesi di laurea dattiloscritta, Università degli Studi di Udine, Facoltà di Lettere e Filosofia, rel. L. Casella Zin 1998 = L. Zin, Il Cellina, Pordenone Zoccoletto 1993 = G. Zoccoletto, Istituzione del marchesato di Sesto nel Friuli, Sesto al Reghena (pn) Zoccoletto 1994 = G. Zoccoletto, L’annessione al Friuli nel 1794 dell’alta Valcellina. Documenti, Pordenone Zoccoletto 1995 = G. Zoccoletto, L’agricoltura di Sesto e Bagnarola nel primo Ottocento, Sesto al Reghena (pn) Zambaldi 1923 = A. Zambaldi, Annali di Portogruaro (1140-1797), a cura di M. Belli, Portogruaro (ve) Zoccolettoa = G. Zoccoletto, L’abate Giusto Fontanini contro i monaci vallombrosani di Sesto, dattiloscritto [«Opuscoli sestensi», n. 3] Zamperetti 1991 = S. Zamperetti, I piccoli principi. Signori, feudi e comunità soggette allo Stato regionale veneto dall’espansione territoriale ai primi decenni del Seicento, Venezia Zoccolettob = G. Zoccoletto, La soppressione dell’ospizio vallombrosano di Sesto, dattiloscritto [«Opuscoli sestensi» n. 5] Zamperetti 2007 = S. Zamperetti, La figura del feudatario nella Repubblica di Venezia di fine ’700, «Acta Histriae», 15, p. 235-248 Zanetti 2003 = M. Zanetti, L’ambiente naturale del fiume di risorgiva e della cava senile: vegetazione e flora, in Il Parco dei fiumi Lemene, Reghena e dei laghi di Cinto, Portogruaro (ve), p. 41-51 Zanier 1998 = Gherardo Freschi (1804-1893). Una figura di statura europea tra ricerca scientifica ed operare concreto, Atti del Convegno, Sesto al Reghena-Ramuscello, 13 dicembre 1997, a cura di C. Zanier, Sesto al Reghena (pn) Zanin 2004 = L. Zanin, I ricchi amministratori dell’Abbazia. Il ruolo dei ministeriali di Fagnigola e della piccola proprietà locale nei secoli XIII-XIV alla luce di alcuni documenti inediti, «Sot la nape», lvi, 5-6, p. 19-25 Zoccolettoc = G. Zoccoletto, Un piviale paonazzo e nero. L’ultima commenda dell’Abbazia di Sesto, dattiloscritto Zoff 1991 = R. Zoff, “E qui mi costruirete una chiesa…”. Leggende e santuari mariani nel Friuli Venezia Giulia, Gorizia Zoia 2009 = E. Zoia, Ciamár pan e vin. Invocazioni di prosperità nel falò epifanico di Barco, «Sot la nape», lxi, 1, p. 59-64 Zonta, Brotto 1970 = Acta graduum academicorum Gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450…, ii: 1435-1450, ed. G. Zonta, G. Brotto, Padova Zovatto 1977 = P. Zovatto, Il monachesimo benedettino del Friuli, Quarto d’Altino (ve) Zuccarello 2005 = U. Zuccarello, I Vallombrosani in età postridentina (1575-1669). Tra mito del passato e mancate riforme, Brescia 375 Indice delle illustrazioni a cura di Claudio Lorenzini I fregi delle pagine di apertura di ciascun saggio, sono particolari tratti dalla serie cartografica del patrimonio immobiliare del Capitolo di Concordia, conservata in ASDPn, Archivio capitolare, vii, Mappe e disegni, tutte risalenti alla seconda metà del Settecento e riconducibili allo stesso perito. Questi i riscontri: p. 1 (Giuseppe Trebbi): 31, «Concordia». Terreno detto Basse; p. 29 (Andrea Tilatti): 36, «Concordia in loco detto Spareda». Braida detta Spareda; p. 83 (Flavio Rurale): 34, «Concordia». Terreno detto Li Capitoli; p. 119 (Michela Catto): 42, «Concordia. Loco detto Pontecasai». Terreno detto Bassi; p. 141 (Giuliano Veronese): 35, «Concordia in loco detto Urlon». Braida detta Urlon; p. 173 (Claudio Lorenzini): 40, «Concordia in loco detto il Marango». Porzione di terreno paludivo; p. 211 (Furio Bianco): 41, «Concordia in loco detto le Diesime». Braida detta La Bassa; p. 273 (Alex Cittadella): 37, «Concordia in loco detto San Pietro». Braida detta Le Piancate e altre due braide; p. 309-310 (Nadia Boz - Gian Paolo Gri): 37, «Concordia in loco detto San Pietro. Braida detta Le Piancate e altre due braide» e 32, «Concordia». Braida detta Conta. Le immagini piccole, corredate il più delle volte da un regesto di atto notarile e prive di didascalia, sono il frutto della decorazione della «I» dell’esordio di ciascun atto – «In Christi nomine amen.» – del registro del notaio Baldassarre Capra, che rogò i suoi atti a San Donà di Piave, Camposampiero e San Martino di Lupari nei primi decenni del Cinquecento. Il registro conservato in BCU, FP, 1446, fascicolo 1, copre l’intervallo dal 1519 al 1528. Queste le corrispondenze: Giuseppe Trebbi: p. 10 (f. 281r), 11 (289r), 18 (287v), 22 (194r); Andrea Tilatti: p. 30 (f. 286r), 31 (168v), 43 (153r), 50 (312r), 51 (150r), 58 (265r), 62 (193v), 64 (161r), 65 (159r), 66 (148r), 69 (172r); Flavio Rurale: p. 86 (f. 190r), 88 (411v), 89 (185r), 99 (172v), 106 (359r), 107 (168v); Michela Catto: p. 123 (f. 160v), 129 (170v), 135 (199r), 136 (262r); Giuliano Veronese: p. 147 (f. 175v), 148 (167r), 156 (162r), 161 (270v), 163 (275r), 167 (185v); Claudio Lorenzini: p. 174 (f. 221r), 184 (154v), 192 (295r), 197 (in alto 184v, in basso 152r), 199 (in alto 211v, in basso 217r), 204 (173v); Furio Bianco: p. 224 (f. 158v), 225 (180r), 228 (141r), 229 (184r), 246 (188v), 247 (189r), 250 (183v), 251 (185v), 252 (183r), 263 (158v); Alex Cittadella: p. 274 (f. 181r), 275 (189v), 280 (182r), 281 (180v), 288 (143r), 289 376 (188v), 298 (259r), 302 (278v); Nadia Boz - Gian Paolo Gri: p. 180 (f. 285v), 322 (164r), 324 (176r), 326 (151r), 334 (182v), 345 (in alto 171v, in basso 171r), 346 (in alto 176v, al centro 292v, in basso 291v). La paternità di ciascuna immagine è segnalata in calce alle didascalie. Ove non segnalata, come nei rilievi cartografici e documentari e nelle cartoline illustrate, viene qui indicata in corsivo nelle corrispondenze di seguito elencate. Archivi, biblioteche, musei Archivio della Curia Arcivescovile di Udine: p. 110-111, 132, 344; Archivio Comunale di Sesto al Reghena: p. 37; Archivio fotografico della Soprintendenza B.S.A.E. per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso: p. 149, 340, 343; Archivio di Stato di Venezia, Servizio di fotoriproduzione: p. 16, 32-33, 103, 194, 198, 248-249, 282-283, 330; Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara, Collezione Riminaldi: p. 102; Circolo Culturale Menocchio, Montereale Valcellina (pn): p. 316, 319; Civici Musei e Gallerie di Storia e Arte di Udine: p. 15, 52; Museo civico di Belluno: p. 152, 178-179, 312, 319, 322, 325, 327-328; Museo diocesano d’Arte sacra della Diocesi di ConcordiaPordenone: p. 314-315; Museo diocesano e Gallerie del Tiepolo di Udine: p. 7-8, 12, 101; Österreichisches Staatsarchiv Wien, Kriegsarchivs: p. 239, 276, 278, 301. Fotografi Stefano Barbacetto, Bolzano: p. 230; Gianni Cesare e Giuliano Borghesan, Spilimbergo (pn): p. 56-57, 84, 154-155, 226-227, 337; Nadia Boz, Barcis (pn): p. 332; Claudio Lorenzini, Udine: p. 2, 13, 16, 21, 35, 39, 164, 193, 196, 217218, 256, 287, 290, 294; Stefano Padovan, Sesto al Reghena (pn): p. 4, 40, 42, 48, 60-61, 67, 70, 97, 128, 143-145, 162, 181, 214, 216, 221, 241, 317, 341; Giulietta Papais, Sesto al Reghena (pn): p. 223, 242; Luciano Peschiutta, Savorgnano (pn): p. 249; Lucio Peressi, Udine: p. 338-339; Luigi Rossi, Sesto al Reghena (pn): p. 239, 261; Andrea Tilatti, Udine: p. 47 e le immagini piccole tratte dal registro del notaio Baldassarre Capra; Vittorio Turozzi, Pordenone: p. 333; Riccardo Viola, Mortegliano (ud): p. 1, 5, 7-8, 12, 29, 45, 49, 67-68, 71, 83, 91-92, 94, 96, 100-101, 105, 108, 112, 119, 121-122, 125-127, 130-131, 134, 141, 151, 158-159, 173, 183, 186, 188-191, 200-201, 211, 220, 232, 234-236, 243, 245, 254-255, 258-259, 273, 284-285, 292, 295, 297, 309-310, 329. Indice Presentazioni Comune di Sesto al Reghena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Provincia di Pordenone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andrea Tilatti, Premessa generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giuseppe Trebbi, L’inquadramento politico istituzionale dell’abbazia-commenda di Sesto nella Repubblica di Venezia dopo la dedizione della patria del Friuli (1420) 1. Dopo la conquista veneziana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Contrasti fiscali e giurisdizionali fra Quattro e Cinquecento . . . . . . . . . . . . . . . 3. I Grimani abati di Sesto, da Domenico a Giovanni (1503-1593) . . . . . . . . . . . 4. Un abate commendatario nel cuore della controriforma: Antonio Grimani (1582/1593-1628) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Vicende seicentesche dell’abbazia e soppressione settecentesca della commenda abbaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Andrea Tilatti, Nascia di un comune. La comunità di Sesto alle sue origini (secoli XIV-XVI) 1. Antefatto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Dalla “curtis” ai villaggi e un’istantanea sestense di metà Trecento (circa) . . . . . 3. Sesto capitale: “officia et officiales, edificia et loca” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. Dal policentrismo al comune di Sesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Abitare e vivere: case e famiglie di uomini di Sesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Tessiture di rapporti: interferenze e stratificazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Flavio Rurale, Abate, monaci e patriarca. Tra compromessi e conflitti 1. Governatori, capitani, cancellieri, notai, esattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Feudo e commenda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Un microcosmo religioso, politico, economico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. La nomina dell’abate commendatario: un compromesso tra Roma e Venezia . . 5. Gli abati patrizi veneziani: i Grimani tra ragion di famiglia e ragion di Stato . . 6. La presa di possesso temporale e i poteri giurisdizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Diritti e doveri dell’abate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. Fiscalità veneziana e nepotismo papale: le pensioni ecclesiastiche . . . . . . . . . . . 9. Giudici abbaziali e comunità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10. La cancelleria. Liti e discussioni teologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11. Le confraternite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12. Tra conflitti giurisdizionali e pericolose devozioni: l’immagine miracolosa di Pieve di Rosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13. Il clero secolare e il difficile percorso di emancipazione delle chiese filiali . . . . . p. » » » v vii ix xi » » » 1 2 6 » 11 » 16 » » » » » » 29 30 39 44 49 60 » » » » » » » » » » » 83 85 86 87 88 90 92 93 95 96 99 » » 101 110 397 Michela Catto, Eresia e indisciplina nell’abbazia di Sesto al Reghena in età moderna attraverso le indagini del tribunale della santa inquisizione 1. Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. La visita apostolica di Cesare de Nores (1584-1585) e le prime testimonianze sull’abbazia: “Troverete le tenebre et non la luce” . . . . 3. Un luterano nella cancelleria abbaziale: la vicenda di Paolo di Nebbio (1584) . 4. Il Seicento: altari sconsacrati, liturgia sbeffeggiata e ancora eresia tra i monaci dell’abbazia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Guaritrici e miscredenti: due donne del popolo di Sesto . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Il Settecento: un caso di “sollicitatio ad turpia” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Verso l’allontanamento dei monaci: “la chiesa come una stalla”, i monaci che non intendono la “lingua friulana” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 119 » » 122 124 » » » 130 131 133 » 134 Giuliano Veronese, Le pratiche della giustizia e delle ufficilità 1. Il “problema” feudale in Friuli. Da abbazia a marchesato . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. I poteri, gli ufficiali, le procedure nel feudo di Sesto. La relazione Ronconi . . . . 3. Gli “statuti criminali” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. La “periferia” della giurisdizione abbaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Un lento processo di ridimensionamento. Leggi feudali e prassi giudiziaria . . . . » » » » » 141 143 150 151 161 Claudio Lorenzini, “Tra chei chu vivin sott la giaiada dell’agna femina dalle ballancis di Siest”. Vincoli e strutture economiche fra le comunità soggette e l’abbazia in età moderna, fra pratiche e prassi 1. Prologo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Cominciare dalla fine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Proseguire dall’inizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. Descrivere e contare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Comunità e comunali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Produrre/consumare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Muoversi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. “Nevouts”/Nipoti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » » » » » » 173 174 180 181 187 192 199 204 Furio Bianco, Economia e società rurale nella bassa pianura del Friuli occidentale in età moderna. Le rendite dell’abbazia di Sesto 1. I censi e le rendite feudali dell’abbazia di Sesto (secoli xvii-xviii). La gestione dei Bia e dei Mocenigo nell’Ottocento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Il paesaggio agrario. Le terre collettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. La privatizzazione dei comunali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. La proprietà nel Settecento. Il riordino fondiario e la riorganizzazione aziendale 5. Persistenza delle servitù di pascolo e dei vincoli feudali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » » » 211 222 235 247 260 » 273 » » » » » 275 279 287 291 297 Alex Cittadella, Nel secolo dei Lumi. Il dibattito accademico sugli usi civici e sul possesso collettivo 1. Agricoltura ed economia tra modernità e permanenza: il caso di Sesto . . . . . . . 2. Una fotografia di fine regime: il territorio sestense nella carta di Anton von Zach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. I beni comunali sestensi nel Settecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. La Società d’agricoltura pratica e il dibattito agronomico in ambiente veneto . . 5. Il bosco fra pubblico e privato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Prati e pascoli fra diritti d’uso e abusi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 398 Nadia Boz - Gian Paolo Gri, “L’ombrena di Siest”. Le comunità sestensi di montagna e di pianura: aspetti di cultura popolare Parte prima Nadia Boz, Tradizione, quotidianità e territorio nelle ville in montibus 1. Fonti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Comunità soggette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Supplicare il cielo per ricevere aiuto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4. “Volemo un prette che facia a nostro modo” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. “Viver da christiani” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Comunità vicine e lontane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7. Dal quartese alla tradizione migratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. Ultima opera santa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. » » » » » » » 311 311 313 316 321 326 329 334 Parte seconda Gian Paolo Gri, Tratti di cultura folklorica nella bassa pianura 1. “A son tris-c’ i sotàns di Siest!” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. “Il luogo è piccolo”; ma dai molti legami . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3. “Dio ha lassato i prienti acciò l’omo si possa aiutare” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » » 335 340 344 Sigle e bibliografia generale (a cura di Andrea Tilatti) Sigle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Bibliografia generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » » 353 355 Indice delle illustrazioni (a cura di Claudio Lorenzini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 376 Indice dei nomi di persona e di luogo (a cura di Andrea Tilatti) . . . . . . . . . . . . . . . . . » 377 399