Nothing Special   »   [go: up one dir, main page]

Academia.eduAcademia.edu

Borgate rurali, villaggi operai, centri di servizio e altre fondazioni nella Piana del Sele (Salerno) (1935-1942)

2015, in: Modelli di città e di «borghi di fondazione italiani» in Italia, nel Mediterraneo e in Oltremare, a cura di Ferruccio Canali, ISBN 978-88-89999-85-1

After the first case of Battipaglia, a planned town established during the Bourbon Age, in the Thirties of the 20th century the founded settlements in the Sele Plain mostly consist of workers’ villages built by private entrepreneurs. They are located near large tobacco factories or in the related farms. Corvinia is the only example of settled city that combines a rural township developed by public administration with a support centre for the nearby Montecorvino Airport. After the World War II, the ONC (Soldiers’ National Organization) keeps on the colonization work founding two residential townships and few service centres.

aSUP annali di Storia dell’UrbaniStica e del PaeSaggio Modelli di città e di «borghi di fondazione italiani» in italia, nel Mediterraneo e in oltreMare a cura di ferruccio canali ANNO 2013 (ma 2015) NUMERO 1 «ASUP-Annuario di Storia dell’Urbanistica e del Paesaggio » Collana editoriale fondata e diretta da Ferruccio Canali Volume inanziato con i Fondi di Ateneo dell’Università degli Studi di Firenze ex 60% - assegnazioni annuali, dott. Ferruccio Canali e con il contributo del singoli Autori COMITATO SCIENTIFICO ITALIANO Ferruccio Canali (Università di Firenze), Giovanna de Lorenzi (Università di Firenze), Virgilio Carmine Galati (Università di Firenze), Valentina Orioli (Università di Bologna), Massimiliano Savorra (Università del Molise), Simona Talenti (Università di Salerno), Ulisse Tramonti (Università di Firenze), Stefano Zagnoni (Università di Ferrara) COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE Valter Balducci (école Supérieure d’Architecture de Normandie, Rouen – Francia), Vittoria Capresi (Università Tecnica, Baladilab, Vienna – Austria), Romeo Carabelli (Università di Tours – Francia), Roberto Goycoolea Prado (Università Alcalà di Madrid – Spagna), Adriano Marinazzo (Muscarelle Museum of Art - Va,USA), Olimpia Niglio (Università di Kyoto-Giappone), David Rifkind (International University of Miami - Fl,USA), Karin Templin (School of Architecture and Landscape, Kingston University, Londra) Proprietà letteraria e artistica: divieto di riproduzione e di traduzioni. La Direzione della Collana Editoriale, i Membri dei Comitati Scientiici e l’Editore non si assumono responsabilità per le opinioni espresse dagli Autori, né per la corresponsione di eventuali Diritti di Riproduzione gravanti sulle singole immagini pubblicate (i costi di tali eventuali Diritti d’Autore ricadranno infatti unicamente sull’Autore/i del saggio/i liberando sia l’Università di Firenze, sia la Direzione della Collana, sia l’Editore di ogni eventuale obbligo al proposito); tale liberatoria resta comunque valida unicamente per l’edizione del contributo scientiico cui tali immagini sono connesse. È la Redazione che si prende cura della correzione delle bozze, per cui i testi consegnati dagli Autori vengono considerati deinitivi. L’invio di contributi per la pubblicazione non implica né l’edizione degli stessi (per ogni contributo una “Valutazione di accettazione” verrà espresso dalla Direzione o dal Curatore/i che possono consigliare o ritenere indispensabili integrazioni o puntualizzazioni sia scientiiche sia bibliograiche sia redazionali da parte degli Autori, tanto da poter eventualmente esprimere anche parere negativo alla pubblicazione del materiale inviato); né una loro edizione immediata (i tempi verranno infatti stabiliti di volta in volta sulla base delle priorità o delle esigenze editoriali indicate dalla Direzione o dal Curatore/i, in relazione alla preparazione di numeri monograici). I materiali graici e fotograici inviati, oltre che i testi, verranno comunque soggetti, sia come dimensione di pubblicazione sia come numero, al progetto editoriale approntato. Non si restituiscono i dattiloscritti, né le immagini, né i disegni pubblicati o non; il materiale inviato viaggia a rischio del mittente. La pubblicazione di foto, disegni e scritti da parte degli Autori implica la loro totale rinuncia alla corresponsione di ogni compenso di Diritto d’Autore o di rimborso spese sia da parte della dell’Università, sia della Direzione, sia da parte dell’Editore, trattandosi di pubblicazione scientiica e senza ini di lucro. Al momento dell’edizione le presenti condizioni si considerano accettate, anche tacitamente, da parte degli Autori a partire dalla consegna dei testi per la stampa (che da parte degli Autori è quella di inoltro alla Direzione e/o al Curatore/i). REFEREE – PEER REVIEW I contributi scientiici inviati vengono valutati, per conto della Direzione e del Curatore, ai ini della procedura di peer review, da un Lettore interno, membro della Redazione, e da un secondo Lettore, individuato come Esperto (adottando la procedura di blind peer review; e di clear peer review, con indicazione, in ogni saggio, del Lettore) «ASUP-Annuario di Storia dell’Urbanistica e del Paesaggio» n. 1 – 2013 (ma 2015) Modelli di città e di «borghi di fondazione italiani» in Italia, nel Mediterraneo e in Oltremare a cura di Ferruccio Canali (le Sezioni sono aggiornate al marzo 2015) IDEAZIONE E CURA SCIENTIFICA: Ferruccio Canali Maria Natalina Brigliadori TRADUZIONE IN INGLESE: David Rifkind e di Karin Templin DISEGNO DI COPERTINA: Virgilio Carmine Galati COPERTINA: Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati REVISIONE EDITORIALE: ISSN 2284-4066 ISBN 978-88-89999-85-1 Finito di stampare in Aprile 2015 da Litograia I.P., Via Giovanni Boccaccio 26 rosso, 50133 Firenze Copyright 2013 by EMMEBI EDIZIONI FIRENZE Proprietà letteraria riservata SOMMARIO 3 EditORiAlE E iNtROdUziONE 5 Ferruccio Canali MOdElli di città E di «bORghi di fONdAziONE itAliANi» iN itAliA, NEl MEditERRANEO E iN OltREMARE 8 Ferruccio Canali «bORghi SEMiRURAli PER lA RESidENzA OPERAiA»: MOdElli di «cENtRi MiNORi» («bORgAtE»/«QUARtiERi PERifERici SEMi-AUtONOMi», «VillAggi») NEi PARAdigMi iNtERNAziONAli E NEllA RiflESSiONE tEORicO-PRAticA dEllA RiViStA “URbANiSticA” (1933-1942) 48 Stefano Zagnoni i cENtRi AbitAti dEl PRiMO PERiOdO cOlONiAlE itAliANO NEl NORd dEllA ciRENAicA (1911-1920) 58 David Rifkind «cROcEViE dEll’iMPERO». URbAN PlANNiNg iN EthiOPiA (1935-1941) 63 Ferruccio Canali AddiS AbEbA «itAliANA»: il PiANO REgOlAtORE E lA SERiE dEllE SUE VARiANti (1936-1939). lE AttEStAziONi dOcUMENtARiE dAl fONdO “MAi-MiNiStERO dEll’AfRicA itAliANA” 127 Virgilio C. Galati “bARi d’EtiOPiA” (hARAR): lE VicENdE dEllA fONdAziONE dEl cENtRO URbANO E l’UtOPiA dEllA cOlONizzAziONE AgRicOlA NEll’EtiOPiA itAliANA (1937-1941) 162 Romeo Carabelli l’ESPERiENzA dEi VillAggi di cOlONizzAziONE AgRicOlA NEl PORtOgAllO SAlAzARiStA (1933-1974) 177 Tommaso Carraiello bORgAtE RURAli, VillAggi OPERAi, cENtRi di SERViziO E AltRE fONdAziONi NEllA PiANA dEl SElE (SAlERNO) (1935-1942) PERSONAggi 200 Olimpia Niglio il cONtRibUtO di JOSiAh cONdER PER l’ARchitEttURA dEl PAESAggiO iN giAPPONE AllA fiNE dEl XiX SEcOlO 206 Ferruccio Canali giUSEPPE tASSiNARi E lA “RElAziONE Al dUcE dEl ViAggiO AttRAVERSO i tERRitORi dEll’iMPERO”: PAESAggi E tERRitORi NEllA PROSPEttiVA dEllA cOlONizzAziONE dEll’AfRicA ORiENtAlE itAliANA (gENNAiO-fEbbRAiO 1937) 215 Massimiliano Savorra ARchitEttURA, città, PAESAggiO: dAVidE PAcANOwSki E il MOliSE 224 Tommaso Carraiello cOStRUiRE il PAESAggiO cON lE ARchiStAR. ViNcENzO dE lUcA E SAlERNO 4 «ASUP», 1, 2013 (2015) dOSSiER UNEScO iN PROgRESS 235 Olimpia Niglio i VillAggi MiNERARi dEll’iSOlA di SAdO iN giAPPONE VERSO il PAtRiMONiO MONdiAlE dEll’UMANità 242 Romeo Carabelli cASAblANcA E il PROcESSO di iScRiziONE Al PAtRiMONiO MONdiAlE UNEScO 248 Marco Frati lA ViA fRANcigENA PAtRiMONiO dEll’UMANità: UNA StRAdA iNcERtA PER l’UNEScO 252 Ferruccio Canali e Virgilio C.Galati il cOMPlESSO di SANtA cAtERiNA A gAlAtiNA, SitO UNEScO? UN iMPORtANtE cANtiERE tRA tARdO gOticO E “UMANESiMO gENtilE” PER l’ESPiAziONE cRiStiANA dEl tARANtiSMO REcENSiONi E SEgNAlAziONi 264 Costantino Ceccanti Firenze e l’Unità d’Italia: un nuovo paesaggio urbano, a cura di gabriella oreice, roma, edizioni Kappa, 2011 265 Ferruccio Canali Michele dau, Mussolini l’anticittadino. Città, Società e Fascismo, roma, castelvecchi, 2012 267 Valentina Orioli Regole e progetti per il Paesaggio. Verso il nuovo piano paesaggistico della Toscana, a cura di daniela Poli, fUP-firenze University Press, 2012 268 Virgilio C. Galati Segnalazione il Paesaggio salentino dei «monotoni argentei ulivi» e la speculazione attorno alla questio “Xilella fastidiosa”: una ventilata ‘mutazione paesaggistica’ e il problema dell’abbattimento degli ulivi secolari (2013-2015) «ASUP», 1, 2013 (2015) 177 borgate rUrali, Villaggi oPerai, centri di SerVizio e altre fondazioni nella Piana del Sele (Salerno) (1935-1942)* Tommaso Carraiello ABSTRACT: Dopo il precedente borbonico di Battipaglia, negli anni Trenta del XX secolo le fondazioni urbane nella Piana del Sele consistono quasi esclusivamente in villaggi operai di iniziativa privata, che sorgono intorno ai grandi tabacchiici, o negli appoderamenti delle relative aziende agricole. Corvinia è l’unica eccezione, che associa alla borgata rurale di iniziativa pubblica un centro di supporto per il vicino aeroporto di Montecorvino. Dopo la II Guerra Mondiale l’ONC prosegue l’opera di colonizzazione fondando due borgate residenziali ed alcuni centri di servizio. After the irst case of Battipaglia, a planned town established during the Bourbon Age, in the Thirties of the 20th century the founded settlements in the Sele Plain mostly consist of workers’ villages built by private entrepreneurs. They are located near large tobacco factories or in the related farms. Corvinia is the only example of settled city that combines a rural township developed by public administration with a support centre for the nearby Montecorvino Airport. After the World War II, the ONC (Soldiers’ National Organization) keeps on the colonization work founding two residential townships and few service centres. Sul primo numero della rivista «Salernum» del 1935 un ignoto redattore elencava le «opere del Regime» programmate nella provincia salernitana, annunciando con toni entusiastici l’imminente avvio dei lavori per la realizzazione di un nuovo «centro agricolo», che sarebbe sorto «nella zona tra Pontecagnano e Battipaglia, ch’è il primo comune agricolo costituito dal Fascismo, il 1929»1. In realtà la storia di quest’ultima cittadina è ben più antica e risulta correlata, peraltro, ad analoghi programmi insediativi risalenti all’epoca borbonica. 1. Un importante precedente: Battipaglia (1857-1861) Il primo documento uficiale che cita la località di Battipaglia è un diploma di Roberto il Guiscardo del 1080, nel quale viene ricordato il «Castellucio de Baptipalla» quale possedimento della chiesa salernitana. Il toponimo sarebbe da mettere in relazione, invece, con l’usanza medievale di consentire agli operai dei grandi proprietari terrieri di raccogliere la paglia risultante dalla trebbiatura, per sottoporla ad una seconda battitura con mazze a snodo, allo scopo di estrarne i residui del grano. Questa attività veniva svolta in una grande aia di uso pubblico, sita nel centro dell’abitato2. Secondo altre fonti, peraltro non documentate, Battipaglia potrebbe indicare un luogo «anticamente (palai) sommerso dalle acque (bapto)», accreditando quindi un’etimologia da mettere in relazione con l’effettiva natura paludosa del territorio. In ogni caso il toponimo «Battipallia» compare già sulle mappe aragonesi, risalenti alla seconda metà del XV secolo, nelle quali è associato ad un insediamento urbano rappresentato con un campanile e nove casette, PEER REVIEW: FERRUCCIO CANALI E VIRGILIO C. GALATI PER CLEAR PEER REVIEW; LETTORE ANONIMO PER BLIND PEER REVIEW Per l’elaborazione di questo saggio mi sono avvalso della preziosissima collaborazione degli amici Maurizio Budetti e Marco Soravia, che ringrazio vivamente per i rispettivi e fondamentali contributi alla ricerca. Il primo ha messo a mia disposizione la sua ricca biblioteca tematica sul salernitano, alcune fonti iconograiche del tutto inedite, nonché le sue personali conoscenze e considerazioni sull’argomento speciico. Il secondo ha fornito un supporto tecnico indispensabile per individuare la collocazione topograica dei siti descritti, in particolare di Corvinia, attraverso la ricerca e l’interpretazione critica della cartograia e delle foto aeree, che hanno anche consentito di tracciare lo “Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943”, del quale è anche autore. I rispettivi contributi sono segnalati di seguito in maniera più puntuale. Ringrazio altresì Salvatore Lembo per aver concesso la pubblicazione di due fotograie che rafigurano la scala elicoidale presente nella Torre Littoria del tabacchiicio di Farinia. 1 Un nuovo centro agricolo nel Salernitano, «Salernum», a. I, n. 1, 23 marzo 1935 – XIII, pp. 63-64. Il comune di Battipaglia fu istituito con Regio Decreto n. 623 del 28 marzo 1929 (VII E.F.), a seguito del frazionamento dei comuni di Eboli e Montecorvino Rovella. 2 ELIO MIGLIORINI, La Piana del Sele. Studio di geograia agraria, con una premessa su “La geograia agraria nel quadro della scienza geograica”, «Memorie di geograia economica», a. 1, v. 1 luglio-dicembre 1949, Napoli, Tip. Pironti e igli, 1949, pp. 93-94, n. 2, che cita i relativi riferimenti bibliograici. 178 TOMMASO CARRAFIELLO corrispondenti presumibilmente ad altrettanti «fuochi» o famiglie3. In tempi più recenti, laddove esisteva un piccolo agglomerato di masserie e mulini intorno ad una cappella, Ferdinando II di Borbone decise di impiantare una colonia agricola destinata ad accogliere le famiglie scampate al disastroso terremoto del dicembre 1857, che aveva devastato l’alta Val d’Agri ed il Vallo di Diano. L’insediamento, sorto su terreni coniscati alla famiglia Doria d’Angri, era costituito da sedici ediici che comprendevano ognuno cinque alloggi, più altri quattro da dieci alloggi, per un totale di venti fabbricati e 120 appartamenti. Questi ultimi si sviluppavano su due livelli, collegati mediante una scala interna in legno, e si componevano di due vani al pianterreno e due al primo piano. Le stecche edilizie, inoltre, erano accoppiate a due a due e raccordate da muri di collegamento che deinivano dieci cortili, tanto che, proprio per questo motivo, furono chiamate «comprese». Nel centro dei cortili, ai quali si accedeva tramite due porte aperte nei muri di raccordo, erano collocati i nove forni pubblici dell’insediamento, mentre le latrine comuni erano sistemate nei quattro angoli tra gli ediici e gli stessi muri di collegamento. Oltre all’abitazione furono assegnate alle famiglie anche 5 moggia di terreno agricolo (circa 2,2 ettari), nonché strumenti, sementi e utensili necessari per avviare la coltivazione. L’attribuzione delle case e della terra era subordinata alla presentazione di un certiicato comprovante lo stato di nullatenenza e la buona condotta morale e politica, vale a dire un attestato di fedeltà ai Borbone; pertanto quando nell’aprile 1861 furono fatte le assegnazioni, essendo notevolmente cambiati i criteri circa la ‘buona condotta’ a seguito della proclamazione del Regno d’Italia, soltanto 32 delle 120 famiglie selezionate nel 1858 videro soddisfatte le proprie aspettative, e molti furono costretti a tornare nei luoghi d’origine oppure a sistemarsi alla meglio, anche nelle grotte4. Negli anni Trenta del Novecento, con la “Boniica integrale” della Piana del Sele5 per il modesto nucleo abitato ha inizio una rapidissima fase di sviluppo economico ed urbano, che mette pienamente a frutto la felicissima posizione geograica, strategica rispetto ai vasti territori pianeggianti, boniicati e resi fertili dal Regime. Battipaglia è collocata, infatti, sul corso medio del iume Tusciano (antico limite meridionale dell’area di inluenza etrusca), ed esattamente alla biforcazione delle grandi arterie stradali e ferroviarie nazionali6, e quindi in una posizione che ha facilitato l’espansione nel commercio dei prodotti agricoli e nella relativa industria di trasformazione7, almeno ino ai tragici eventi del 19698. La notizia annunciata sulla rivista salernitana del 1935 indica, comunque, che il primo gruppo di case coloniche del nuovo «borgo rurale» sarebbe sorto a circa sette chilometri da questa cittadina, in una località molto più prossima all’abitato di Pontecagnano9 e, più precisamente, nel latifondo denominato «“Difesa Nuova”, che le recenti opere di boniica hanno restituito a nuovi destini di ricchezza economica». Storicamente per «difesa» 3 FERNANDO LA GRECA e VLADIMIRO VALERIO, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aregonesi di Giovanni Pontano. Le terre del Principato Citra, Acciaroli (SA), Centro di Promozione Culturale del Cilento, 2008, pp. 37 e 92-93, tavv. 2.5 e 2.6, indice-legenda a p. 127. 4 FRANCESCO PLATZER, La boniica del destra Sele, Roma, 1942 – XX, p. 8, n. 1;MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 94-95; Loreta MASTROLONARDO, Battipaglia: frammenti del passato, Battipaglia (SA), Editrice Libreria EBLA, 1992, p. 145, illustrazioni a p. 146. 5 Sulla storia degli interventi di boniica nella Piana del Sele si veda: Acque & terra nella piana del Sele. Irrigazione e boniica ’32-‘82. Irrigazione e boniica nel comprensorio in destra del Sele fra XIX e XX secolo, a cura di Giovanni Bruno e Rosario Lembo, Salerno 1982. Per quanto riguarda più in generale la politica di boniica e colonizzazione interna del periodo fascista si veda: Maria Rosa PROTASI, Eugenio SONNINO, Politiche di popolamento: colonizzazione interna e colonizzazione demograica nell’Italia liberale e fascista, «Popolazione e storia», 1, 2003, in particolare le pp. 105-113. 6 La cosiddetta «Strada delle Calabrie», oggi S.S. 19, si innesta sulla «Tirrena Inferiore» (S.S. 18, da Napoli a Reggio Calabria) proprio a Battipaglia e, proseguendo in direzione di Eboli, giunge a Catanzaro dopo aver attraversato l’entroterra del Vallo di Diano e la Basilicata. Analogamente la linea ferroviaria Napoli-Reggio Calabria si biforca a Battipaglia in direzione di Potenza e Taranto. Nel 1930 questo scalo ferroviario dava lavoro a circa 100 addetti, e vi transitavano 60 treni al giorno (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 96, n. 1). 7 Determinanti per il rapido sviluppo di Battipaglia furono la derivazione delle acque del Tusciano per irrigazione (1873) e la costruzione della ferrovia Napoli-Reggio Calabria (1866-1884). Nel 1930 fu realizzato anche un nuovo acquedotto (PLATZER, La boniica…, cit., p. 8, n. 1; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 95). 8 Dopo la chiusura dei conserviici Baratta, Gambardella, D’Amato e D’Agostino, la crisi non aveva risparmiato anche il tabacchiicio e lo zuccheriicio. L’ipotesi di chiusura di queste due aziende storiche, che insieme alle coltivazioni e all’indotto offrivano sostentamento alla metà della popolazione battipagliese, fu la causa scatenante di uno sciopero generale (9 aprile 1969) caratterizzato da gravi incidenti (la polizia fu costretta ad arrendersi ai manifestanti e ritirarsi) e da un tragico epilogo: la morte dello studente Carmine Citro in via Mazzini e di Teresa Ricciardi, colpita da un proiettile vagante all’interno della propria abitazione. 9 Pontecagnano sorge sull’area dell’antica Picentia, indicata nella “Tabula Peutingeriana” con il toponimo «Icentia». Secondo Strabone questa città fu fondata dai Piceni (o Picenti) che, sconitti dai Romani negli anni 269-268 a.C., vennero deportati dalle Marche al Golfo di Poseidonia, vale a dire nel tratto costiero compreso tra Salerno ed il iume Sele, poi ribattezzato CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO (dal latino defendere) si intendeva «il territorio chiuso allo scopo d’impedire l’esercizio degli usi civici, presso i Longobardi divenuta la selva del re, nella quale non era ammesso il pascolo degli animali dei privati»10. La «Difesa Nuova», in particolare, era una «serrata»11 delimitata a sud ovest dal demanio costiero, a nord-ovest dal torrente Asa, a nord-est dalla «strada regia» (oggi S.S. 18) che collega Pontecagnano a Battipaglia, ed inine a sud-est dal torrente Rialto12. Questo territorio ricade nella prima sezione della boniica13, i cui proprietari ed afittuari si sono sempre distinti, nel corso degli anni, per aver saputo cogliere le opportunità offerte dalla tecnologia applicata all’agricoltura di pregio come, ad esempio, l’utilizzo dell’elettricità, resasi disponibile con l’inaugurazione della diga di sbarramento sul iume Sele (1 luglio 1934)14. Alla ine del 1934 questa porzione delle Piana era completamente asciutta, poteva già disporre di una buona rete stradale, di 179 una rete irrigua suficiente, e si stava completando la sistemazione della parte bassa mediante un impianto di sollevamento (idrovora) alla foce del torrente Asa15. La messa in funzione dell’idrovora costituisce una svolta di fondamentale importanza perché segna l’abbandono deinitivo dell’obsoleta tecnica delle colmate naturali, il recupero del ritardo rispetto alle boniiche settentrionali, e l’avvento dell’elettricità applicata all’agricoltura16. I lavori avviati nel 1929 comportarono la separazione delle acque alte da quelle basse, esaurendo queste ultime col sollevamento meccanico, mentre le prime furono fatte sfociare direttamente a mare o, nel caso del Tusciano, nello stesso Sele, presso la foce. I due iumi furono arginati nell’ultimo tratto allo scopo di evitare esondazioni in occasione delle piene, e le loro acque furono utilizzate per l’irrigazione. Inine la rete stradale esistente fu migliorata ed ampliata17. Non a caso lo stesso cronista della rivista salernitana ritiene opportuno segnalare «Ager Picentinus» («Quos quidem Romani Posidoniatem in sinum traduxerunt», STRABONE, Geograia, ine del Libro V). I Picentini, memori dei torti subiti, si ribellarono ai loro oppressori alleandosi con Annibale nella Seconda Guerra Punica, ma dopo la sua sconitta (201 a.C.) la città fu posta sotto la sorveglianza della colonia di Salerno, appositamente fortiicata («Paulum autem supra mare Romani Salernum custodiæ gratia in eos munierunt», STRABONE, cit.). Un nuovo tentativo di insurrezione si veriicò nel corso della Guerra Sociale (90-88 a.C.), ma anche questa volta Picentia fu sconitta e rasa al suolo dai Romani, i quali sparsero il sale sulle sue rovine ed obbligarono gli abitanti superstiti a disperdersi «vicatim et per pagos», con l’espresso divieto di costituire nuovamente un insediamento unitario (FRANCESCO SERFILIPPO, Ricerche sulla origine di Monte-Corvino nel Principato Citeriore, Napoli, Stabilimento Tipograico Vico de’ Ss. Filippo e Giacomo n. 26, 1856, pp. 1117). Secondo la comune opinione proprio a seguito di questo evento sorsero sulle colline ‘picentine’ tanti piccoli villaggi come Olevano, Giffoni, San Cipriano e la stessa Montecovino, che comprendeva 22 casali distribuiti su circa 48 kmq e ripartiti in Atto di Rovella e Atto di Pugliano. Questo vasto territorio venne amministrato per più di due secoli dalla Università di Montecorvino, ma quando la legge borbonica n. 570 del 12 dicembre 1816 consentì il frazionamento delle comunità locali, Rovella e Pugliano si separarono per costituire due comuni autonomi. Il conseguente Decreto reale n. 1876 del 25 gennaio 1820 istituì le nuove entità territoriali, aggregando a Montecorvino Pugliano anche lo spopolato casale di Faiano, estraneo al territorio della precedente Università. Con Regio decreto del 18 giugno 1911 proprio quest’ultimo casale e quello di Pontecagnano si separarono ulteriormente da Pugliano, andando a costituire l’attuale comune di Pontecagnano Faiano (Castrum et homines Montis Corvini. L’archivio storico del comune di Montecorvino Pugliano. Inventario, a cura di Maurizio Budetti, Angri (SA), Gaia, 2011, pp. 11-16). 10 PASQUALE NATELLA, Vignadonica di Villa. Saggio di toponomastica salernitana, Agropoli (SA), Schiavo, 1984, p. 14, citato in: Generoso CONFORTI, MARCELLO MARESCA, Il territorio di Bellizzi. Appunti e documenti, Bellizzi (SA), Amministrazione comunale, 2002, p. 53, nota 2. 11 «Le difese aperte si distinguevano da quelle serrate per le minori o maggiori restrizioni messe nella chiusura e anche per la natura demaniale o allodiale del territorio. Le prime erano aperte al pascolo in alcuni determinati periodi dell’anno, per non privare i cittadini di usi che nel territorio eran soliti esercitare, le seconde invece restavano chiuse per tutto l’anno» (ROMUALDO TRIFONE, Ricerche sulla Difesa Nuova in territorio di Montecorvino, Montecorvino Rovella (SA), Stabilimento Tipograico L’Unione, 1909, p. 19, nota 4). 12 CONFORTI-MARESCA, Il territorio …, cit., pp. 53-58.Questo territorio, soprattutto con l’eversione feudale del 1806, fu al centro di un lungo contenzioso tra i comuni di Montecorvino Rovella e Montecorvino Pugliano (Cfr.: MARIA RITA CAPO, La questione demaniale a Montecorvino Rovella, «Annali cilentani», a. V, n. 1, gennaio-giugno 1993, pp. 20-48). 13 Il perimetro del comprensorio di boniica rimane sostanzialmente quello tracciato dal rescritto borbonico del 17 dicembre 1856, con il quale furono stabiliti i «raggi di boniicazione» (perimetri) e stanziata la tassa territoriale per sopperire alle spese delle relative opere. La prima sezione è quella compresa tra il torrente Asa e il iume Tusciano (7.276 ha), la seconda tra quest’ultimo e il iume Sele (16.680 ha), la terza è quella ricade sulla riva sinistra dello stesso Sele (17.251 ha), vale a dire ino al torrente Solofrone (ROSARIO LEMBO, La boniica integrale e la nascita del Consorzio, in: BRUNO-LEMBO, Acque & terra…, cit., p. 101; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 64; La provincia di Salerno vista dalla R. Società Economica, Salerno, Tip. F.lli Jovane di Gaetano, 1935, v. 1, p. 188). 14 LEMBO, La boniica integrale…, cit., pp. 94-95. Sul primato degli imprenditori della prima sezione di boniica: Ivi, p. 104. Questa sezione «è stata la seconda zona ad essere irrigata con le acque del Sele ed è certamente quella – eccezione fatta per la prima zona [intorno a Battipaglia, n.d.A.] – che ha raggiunto il maggior grado di sviluppo (GIUSEPPE BARBERO, La trasformazione fondiaria irrigua nella piana del destra Sele. Estratto dal 1° volume : “Economia delle Trasformazioni Fondiarie”, Napoli, Istituto Editoriale del Mezzogiorno, 1956, p. 25). 15 BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 36. 16 LEMBO, La boniica integrale…, cit., pp. 94-95. 180 TOMMASO CARRAFIELLO che l’appoderamento preigurato si appoggerà su una strada di boniica già esistente18, aggiungendo peraltro che quei «terreni fertilissimi» potranno essere intensamente sfruttati da «famiglie coloniche del Comune di Montecorvino Rovella»19, senza però speciicare che proprio da questa località trae origine anche la denominazione del futuro «centro agricolo»: Corvinia. 2. Fondazioni di iniziativa pubblica : Corvinia e l’Area di supporto aeroportuale (1935-1938) Il progetto elaborato dall’ingegnere Luigi Centola prevedeva un appoderamento a maglia stretta (quattro ettari per quota)20, e la realizzazione di canali d’irrigazione, fossi di drenaggio, strade interpoderali e 43 case rurali (corrispondenti ad altrettanti poderi), che sarebbero dovute essere pronte per il successivo 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma, scansione temporale della nuova Era Fascista, e data elettiva per tutte le inaugurazioni delle opere realizzate dal Regime. In effetti il 31 ottobre 1938 un altro periodico saler- nitano dell’epoca, «Il Popolo Fascista», annuncia in prima pagina e con toni trionfalistici l’avvenuta inaugurazione di Corvinia21, sebbene nel più ampio resoconto contenuto all’interno si apprenda che le case coloniche effettivamente ultimate sono soltanto 25 («costruite con sobrietà, ma comode e sane»), che i poderi si riducono da 43 a 38, e che questi saranno assegnati anche ai contadini di Pontecagnano e Montecorvino Pugliano, oltre che a quelli di Rovella22. Ogni casa colonica comprende tre ambienti di abitazione, una stalla per quattro capi di bestiame, un magazzino ed una concimaia, ai quali si aggiunge il forno e il pozzo esterni23; quest’ultimo, in particolare, al momento dell’inaugurazione risultava di fatto indispensabile, poiché l’acquedotto progettato appositamente per Corvinia fu ultimato soltanto alcuni anni dopo, e comunque entro il 194224. Nonostante il netto ridimensionamento la nuova «borgata rurale» sembra occupare ugualmente, per i contemporanei, «un posto molto in risalto, nel campo della redenzione della terra e della coloniz- 17 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 69. 18 I poderi «saranno serviti […] dalla strada Pagliarone già sistemata» (Un nuovo centro..., cit., p. 64). «[Corvinia] è sulla strada (già di boniica) che unisce il Pagliarone al mare» (PASQUALE NATELLA, PAOLO PEDUTO, Farinia, villaggio fascista nel salernitano, in: Mezzogiorno e fascismo, a cura di Pietro Laveglia, Atti del Convegno nazionale di studi promosso dalla Regione Campania (Salerno-Monte S. Giacomo, 11-14 dicembre 1975), Napoli 1978, v. 2, p. 334, n. 18), vale a dire l’attuale S.P. 173. Elio Migliorini riferisce che la strada di boniica attraversa i terreni della Difesa Nuova e della Picciola per circa circa 7 chilometri, nella fascia compresa tra il torrente Asa ed il iume Tusciano (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 66), come già riportato in: La provincia di Salerno…, cit., p. 188. Soltanto Roberto Rocco sembra identiicare questa strada con l’attuale S.P. 417, più comunemente nota come «Aversana», collocandola «dalla località Casa Parrilli in Comune di Pontecagnano ino al iume Tusciano» (ROBERTO ROCCO, La boniica in Destra Sele, in: Le boniiche italiane. Primo decennale della Legge Mussolini, v. 1, Realizzazioni, a cura della rivista «Boniica e colonizzazione», a. II, n. 11, 1938 – novembre XVII, p. 240). 19 Secondo la tradizione anche il toponimo «Rovella» starebbe ad indicare la ierezza dell’antico popolo picentino, in quanto derivante dall’aggettivo latino «rebellis». 20 Si tratta di un caso decisamente poco frequente se si considera che l’estensione dei poderi realizzati dall’Opera Nazionale Combattenti (ONC) in Agro Pontino negli anni 1932-1934 varia da un minimo di 9 o 10 ettari per i terreni mediamente fertili, ad un massimo di 20 per quelli argillosi o sabbiosi, con una media 15 ettari (Antonio PENNACCHI, Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce, Roma-Bari, GLF editori Laterza, 2010, p. 129). Lo stesso Antonfrancesco Ciampi, autore di un saggio di fondamentale importanza sulle trasformazioni fondiarie nel «Destra Sele», attribuisce proprio alla «non indovinata ampiezza del podere» la causa principale per il probabile insuccesso dell’iniziativa, avviata peraltro da pochi anni, oltre all’insuficiente preparazione tecnica, inanziaria e morale dei coloni (ANTONFRANCESCO CIAMPI, La trasformazione fondiaria nel “Destra Sele”, in: «Boniica e colonizzazione», a. V, n. 3, marzo 1941, pp. 172-173). 21 La inaugurazione di Corvinia, «Il Popolo Fascista», a. 18, n. 1, 31 ottobre 1938 – XVII, p. 1. Si osservi che le autorità intervenute sono reduci dall’analoga inaugurazione della «nuova Stazione di Battipaglia», opera di Roberto Narducci e prototipo del fabbricato viaggiatori estremamente lineare, tagliato dalla pensilina continua fortemente aggettante, che egli perfezionerà nei numerosi saggi ferroviari degli anni cinquanta (Cfr.: Milva GIACOMELLI, Roberto Narducci (1887-1979) architetto-ingegnere del Ministero delle Comunicazioni, in: Architettura Ferroviaria in Italia, a cura di Ezio Godoli e Antonietta Iolanda Lima, Palermo, Dario Flaccovio Editore, 2004, v. 2 (Novecento), pp. 105-128). Un recente e maldestro intervento di restyling, ai limiti del grottesco, ne ha fortemente alterato l’originaria impostazione modernista, che faceva da contraltare ad un’altra realizzazione narducciana di poco distante, il Palazzo delle Poste di Salerno, inaugurato soltanto sei anni prima (28 ottobre 1932). Quest’ultimo, infatti, denota un’impronta spiccatamente storicistica, ben diversa dalla stazione battipagliese, tanto da essere deinita «opera romanica, che veramente fa onore alla città per la bellezza e la linea architettonica». Malauguratamente, però, anche per questo ediicio si proila una imminente quanto ‘temibile’ riconversione (PALADINO, Aria d’Impero, «Idea Fascista», a. 14, n. 1 (31 ottobre 1932 – XI), p. 2; Il Palazzo delle Poste e Telegrai, «Idea Fascista», a. 13, n. 31, 4 giugno 1932 – XII; Le Opere dei Comuni. Salerno, «Opere pubbliche. Edilizia, idraulica, strade, ferrovie, porti, archeologia. Rassegna mensile illustrata», a. 3, n. 11-12, novembre-dicembre 1933 – XII), p. 575. 22 Secondo una fonte orale raccolta da Raffaela Paraggio (che ringrazio per avermela riferita) i lotti furono assegnati prioritariamente ai reduci della Prima Guerra Mondiale. L’afitto di £ 5.000 all’anno fu successivamente trasformato in eniteusi al costo di £ 30.000, sempre su base annuale, come confermato in: BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51. 23 La composizione ed organizzazione dei singoli poderi è stata desunta confrontando le indicazioni contenute in: PLATZER, La boniica…, cit., p. 57; CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 171; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 161; EUGENIO AZIMONTI, Boniiche Campane, in: Le boniiche italiane. Primo decennale della Legge Mussolini, v. 2, Prospettive e problemi, a cura della rivista «Boniica e colonizzazione», a. III, n. 12, 1938-1939 – dicembre-gennaio XVII, p. 281. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO zazione rurale», poiché le opere realizzate «costituiscono la rinascita della zona, che un tempo non lontano era focolaio di malaria»25. Ad ogni modo l’effettiva consistenza di questo primo nucleo insediativo non è del tutto chiara, in quanto altre fonti successive la riducono ulteriormente a 20 poderi, pur citando contestualmente un progetto iniziale per 80 case coloniche, esteso a tutti e tre i comuni dianzi nominati26. Peraltro anche l’estensione complessiva della supericie agricola appoderata che, secondo quanto riportato dai vari autori, sarebbe quantiicabile in circa 700 ettari27, sembra non corrispondere ad alcuna di queste ipotesi poiché, issata la quota a quattro ettari, consentirebbe la realizzazione di ben 175 poderi. In mancanza di elementi più precisi desumibili dalle fonti scritte, l’effettiva situazione insediativa può essere ricostruita in maniera attendibile confrontando alcune sequenze di fotograie aeree che ci restituiscono lo stato di fatto aggiornato al 194328, vale a dire in un intorno temporale riferibile allo sbarco delle forze alleate sulle coste 181 salernitane (“Operazione Avalanche”). Corvinia è collocata, infatti, immediatamente a ridosso «campo di aviazione» di Montecorvino Rovella, oggi denominato “Aeroporto di Salerno-Costa d’Amali”29, che costituiva il primo obiettivo di tutto il piano d’assalto30. Proprio per questo motivo l’area circostante è stata oggetto di numerose riprese aeree immediatamente prima, durante e dopo lo sbarco alleato. In particolare la supericie operativa dell’aerostazione occupava, per l’intera estensione, una vasta area a forma di triangolo isoscele delimitata dalla S.S. 18 (a nordest) e dai torrenti Diavolone e Volta Ladri che, conluendo nel Rialto costituiscono il limite sudorientale della Difesa Nuova31. Le immagini esaminate consentono di riconoscere 21 fabbricati, sostanzialmente omogenei per dimensioni e disposizione planimetrica, che risultano distribuiti ordinatamente rispetto ad uno schema stradale molto semplice, a sua volta costituito da tre assi viari innestati perpendicolarmente sul versante nord-occidentale della strada di boniica 24 LEMBO, La boniica integrale…, cit., p. 96; BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 37. 25 La inaugurazione di Corvinia, cit., p. 2. Nello stesso articolo si ricorda che il comune di Montecorvino Rovella aveva promosso l’appoderamento dei terreni di sua proprietà in dal 1934, ricevendo dal Ministero dell’Agricoltura un contributo di £ 480.000, rispetto alle £ 600.000 inizialmente stanziate (Un nuovo centro..., cit., p. 64), e che anche il comune di Pugliano starebbe attuando una iniziativa analoga in un latifondo di sua proprietà, limitrofo a quello di Rovella. 26 CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 171; BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 161 e 99, n. 1, che ricorda il progetto per 80 alloggi, citando a sua volta: Oreste BORDIGA, Imprese e tentativi di colonizzazione interna nella Campania, Roma, Tipograia del Senato, 1930, pp. 56-57. Altri autori confermano, invece, il numero di 25 case coloniche: ROCCO, La boniica…, cit., p. 252, AZIMONTI, Boniiche Campane, cit., p. 281; PLATZER, La boniica…, cit., p. 57. 27 L’esatta indicazione di questa estensione varia dai 600 (BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51), a circa 770 ettari (ROCCO, La boniica…, cit., p. 252), dei quali circa 700 appartenenti al comune di Montecorvino Rovella, e circa 60 a quello di Montecorvino Pugliano (Le opere pubbliche inaugurate in provincia di Salerno per il XXVIII Ottobre XVI, «Il Popolo Fascista», a. 18, n. 1, 31 ottobre 1938 – XVII, p. 2). 28 Volo IGM del 29 luglio 1943, strisciata n. 46, fotogrammi nn. 78-104, quota di volo: 4.000 metri, osservatore: Ten. Bergamino. L’analisi interpretativa delle riprese aeree è stata svolta in collaborazione con Marco Soravia, confrontando le immagini del 1943 sia con quelle attuali, che con alcune cartograie di varie epoche. Soravia è anche autore dello “Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943”. Presso l’Aerofototeca Nazionale sono disponibili anche le foto planimetriche e stereoscopiche scattate tra 1943 e 1945 dai ricognitori della “Royal Air Force” britannica (RAF), della “United States Army Air Force” (USAAF) e della “Luftwaffe” tedesca, che purtroppo non è stato possibile consultare. 29 Nato nel 1926 come «campo di fortuna» creato dal Genio Aeronautico di Napoli, l’Aeroporto divenne sede, tre anni più tardi, del “20° Stormo aeroplani da ricognizione”, comandato dal colonnello Mario Martucci, al quale fu intitolato inizialmente lo scalo. Successivamente ospitò la “Scuola provinciale di volo a vela” (1933), trasformata poi in “Scuola nazionale di volo senza motore” (1938) e, dal 1940 al 1943, la “Scuola di pilotaggio 1° periodo” (Pontecagnano Faiano porte aperte. 29 e 29 maggio 2011. Guida alla visita, a cura degli Studenti di Pontecagnano Faiano, s.l., 2011, p. 52). Sulla pista dominava una gigantesca «M» ad indicare l’appartenenza al comune di Montecorvino Rovella (ma probabilmente anche in onore del Duce), che riscosse il canone di afitto ino alla deinitiva espropriazione dell’area (1939). Il 1 gennaio 1943 lo scalo passò sotto la giurisdizione di Pontecagnano, mentre l’anno precedente era stato ultimato l’hangar progettato da Pier Luigi Nervi. L’aviorimessa, che poteva ospitare ino a 46 aerei, occupa 45 x 55 metri ed è coperta con una volta a botte composta da travetti reticolari in cemento armato, prefabbricati a piè d’opera. L’analoga orditura secondaria, con travetti di altezza minore e sezione a T, sostiene tegole in Eternit ondulate. L’ingresso si trova sul lato corto e la chiusura avviene con portoni scorrevoli. L’hangar è stato restaurato, sulla scorta dei disegni originali, nel periodo di inagibilità dell’aeroporto per le operazioni di sminamento (24 aprile 1973-30 settembre 1975). Ringrazio Fausto Giovannardi per avermi gentilmente riferito le precedenti notizie sull’Aeroporto di Montecorvino e sull’hangar di Nervi. 30 Gli Alleati prevedevano di occupare immediatamente il campo di aviazione allo scopo di supportare l’intera operazione con i caccia, che in caso contrario sarebbero dovuti arrivare dalla Sicilia. Tuttavia alla ine del «giorno D» (9 settembre 1943) l’aeroporto di Montecorvino si trovava in ‘terra di nessuno’, e non potette essere difeso neanche dopo la sua occupazione, poiché si trovava sotto il tiro dei tedeschi che, appostati sulle montagne, dominavano l’intera testa di ponte. Lo scalo venne aperto soltanto il successivo 20 settembre (HUGH POND, Salerno!, Milano, Longanesi & C., 1962, pp. 79-80 e 149). 31 Sulla curiosa etimologia del nome dei torrenti Asa, Diavolone, Volta Ladri e Vallemonio, accomunati da una singolare connotazione negativa, si veda: FRANCO NICOLINO, Una leggenda montecorvinese e una novella masucciana: mitopoiesi e ontogonia poetica, Salerno, Edisud, 1996, p. 80 e note 9 e 10. 182 TOMMASO CARRAFIELLO (S.P. 173); i primi due sono raccordati da un’ulteriore asta trasversale che deinisce un percorso anulare, e consente di attestare sul lato esterno cinque ediici con i relativi poderi. Laddove possibile (prevalentemente lungo la strada principale) le case sono accoppiate, allo scopo di favorire le relazioni sociali tra i coloni32. Con il passare degli anni molte di esse sono state ampliate, ristrutturate e talvolta completamente ricostruite a fundamentis, ma in alcuni casi è ancora possibile riconoscere la struttura originaria, alla quale risultano addossati i volumi edilizi più recenti. Gli ediici hanno mantenuto, infatti, l’intonaco esterno ancora in buone condizioni, caratterizzato da ampie campiture in giallo, riquadrate da fasce di colore bianco in corrispondenza delle aperture, proprio così come appaiono nell’unica immagine fotograica dell’epoca che è stato possibile individuare33. La storiograia prevalente, peraltro assai scarna, ed in particolare Antonio Pennacchi (che per primo ha formulato una proposta d’inventario per le fondazioni di epoca fascista), classiica Corvinia tra i cosiddetti «borghi di servizio», vale a dire tra quei nuclei urbani realizzati allo scopo di offrire i servizi essenziali nei territori interessati da appoderamenti piccoli o medio-piccoli, dove la forza lavoro risiede stabilmente nelle case coloniche ma necessita della chiesa, della scuola, delle botteghe e così via34. Altre fonti ipotizzano anche un presunto ruolo di supporto alla vicina infrastruttura aeroportuale, che Corvinia avrebbe dovuto assolvere una volta conclusi i lavori35, sebbene nelle riviste dell’epoca non si faccia il benché minimo riferimento a questa ulteriore prospettiva funzionale. Al contrario le pubblicazioni propagandistiche sottolineano vivamente la strategia di colonizzazione rurale intrapresa dal Regime nel territorio appena boniicato, alla quale la nuova borgata risulta pienamente coerente. Malgrado ciò i grandi ediici diroccati osservabili lungo il lato sinistro della strada che dalla taverna del Pagliarone conduce ino al mare potrebbero essere interpretati proprio come quelle strutture di supporto mai ultimate, a cui si riferiscono gli autori innanzi richiamati, dal momento che risultano opportunamente situate lungo la strada di boniica, in una posizione intermedia tra il territorio appoderato e l’aeroporto stesso. Benché privi della copertura i ruderi dei fabbricati ostentano una poderosa muratura in pietra calcarea, listata da sottili corsi orizzontali in laterizio che, negli anni successivi, è stata utilizzata come struttura portante per l’insediamento di una vasta baraccopoli. Questo stato di fatto rende alquanto dificile riuscire a distinguere la planimetria originale dalle numerose ed articolate superfetazioni successive, e soltanto uno studio speciico ed approfondito potrebbe consentire di riconoscere morfologia, funzione e schema urbanistico di questo ipotetico nucleo urbano di supporto. Ad ogni modo è comunque possibile ipotizzare che proprio questi fabbricati fossero destinati ad ospitare quei servizi essenziali (chiesa, scuola, luoghi di ritrovo, botteghe, eventuale casa del fascio, ecc.) che di fatto mancano completamente nella borgata rurale di Corvinia, e di cui avrebbe potuto avvalersi anche la comunità impiegata presso l’aeroporto. Tuttavia bisogna concludere che le conoscenze attuali non consentono di individuare e riconoscere in questo insediamento quelle «articolazioni costruttive e funzionali»36 che permettano di attribuirgli uno status pienamente ‘urbano’. 3. Fondazioni di iniziativa privata : Farinia (19371938) Una situazione sensibilmente diversa può essere riscontrata nel vicino villaggio «industriale» o «autarchico»37 di Farinia, la cui fondazione, al contrario di Corvinia, è dovuta all’iniziativa di una società privata, la SAIM, che arrivò a detenere 32 Antonio Pennacchi sottolinea che generalmente il casale «non è collocato al centro ma su di un lato perimetrale, sulla strada interpoderale. Proprio di fronte al casale è collocato, di norma, il podere dirimpettaio […] In ogni modo questi poderi erano posti a coppia, sulla strada» (PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 129-130). Questa ipotesi sembra confermata dai criteri adottati dall’ONC in occasione della «Riforma fondiaria» in Campania: «si è preferito l’insediamento sparso, rinunciando naturalmente al rigoroso rispetto del baricentro geometrico. Ciò ha consentito di ovviare ad inconvenienti di ordine inanziario e sociale derivanti dalla geometrica […] centralità. […] Si è quindi seguito il concetto delle costruzioni ravvicinate al fronte stradale in gruppi di due, tre o quattro fabbricati» (O.N.C. SEZIONE SPECIALE PER LA RIFORMA FONDIARIA IN CAMPANIA, Le costruzioni rurali, Napoli, 1958, p. 18). 33 «Case d’una zona appoderata tra Asa e Rialto. A destra il canale d’irrigazione» (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., tavola III in fondo al volume). 34 PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 211 e 290; PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., pp. 110 e 130, che deinisce Corvinia una «borgata rurale», distinguendola dal vicino «villaggio autarchico» di Farinia. 35 «Le case vennero in parte realizzate al retro dell’aeroporto, perché gli abitanti servissero sia allo scalo sia alle colture agrarie dei dintorni, ma furono bloccate subito, non si sa se per la guerra oppure per l’impiego di materiali vili come il calcare (che la legge autarchica aveva reimposto per tutte le costruzioni non pubbliche. Il fatto determinò un organismo edilizio monco, scoperchiato, con enormi stanze ai due piani, corridoi scuri e umidi» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., pp. 334-335, n. 18). Si osservi, però, che Corvinia è un intervento di iniziativa esclusivamente pubblica. 36 PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 214. 37 Le due deinizioni, diverse ma concorrenti, sono attribuite a Farinia rispettivamente in: PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 290 e PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., pp. 110 e 130. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO localmente il monopolio nella lavorazione del tabacco, diventando «la più importante concessione tabacchicola del Regno»38. La Società Agricola Industriale Meridionale (SAIM) nacque nel 1933 dalla fusione della Società Agricola Industriale Salernitana (SAIS, costituita nel 1918) con la S.A. Stabilimenti Riuniti Tabacchi Americani (sorta nel 1925 dalla fusione di altre due precedenti società concessionarie), entrambe operanti nel campo della lavorazione del tabacco, che la SAIM potenziò notevolmente afiancandole anche altre attività collaterali, come la produzione agricola (soprattutto del tabacco stesso) e l’industria casearia39. Nel 1939 la SAIM risultava proprietaria di dieci stabilimenti per l’essiccazione e la lavorazione del tabacco, che coprivano un’area di 85.000 mq40, ma già nel 1947, a seguito di successive acquisizioni, i tabacchiici divennero quattordici, e l’attività fu ulteriormente diversiicata arrivando a comprendere l’industria conserviera, la gestione di boschi e delle relative segherie, numerose aziende agricole, una fabbrica di laterizi e inanche un’azienda ilotramviaria: una vera e propria potenza economica!41 Questa solida realtà imprenditoriale era in grado di garantire ai propri dipendenti numerose prestazioni nel campo sociale ed assistenziale, come scuole rurali, chiese, dopolavoro aziendali, campi sportivi, assistenza medica gratuita, la cosiddetta «Befana Fascista» ed inanche i «premi di nuzialità»42. Al momento della sua massima 183 espansione la SAIM di Carmine De Martino (1898-1963) offriva lavoro ad oltre 6.000 operai e 100 impiegati43, che producevano due miliardi di sigarette all’anno, e fornivano il 15% dell’intera produzione nazionale di tabacco. De Martino è stato prima Direttore e poi Consigliere Delegato della SAIM, ma quando la Società Anonima fu trasformata in Società Accomandita Semplice (1941), venne nominato socio accomandatario amministratore, e pertanto deve essere considerato il vero arteice delle fortune di quest’azienda. Oltre che imprenditore è stato anche un importante esponente politico democristiano, tanto da ottenere l’incarico di Sottosegretario al Ministero degli affari esteri sia nel governo Zoli (19/05/195719/06/1958, II legislatura), che in quello Segni II (15/02/1959-25/03/1960, III legislatura)44. In effetti l’azienda salernitana offriva un contributo determinante all’autarchia in questo settore, come orgogliosamente sottolineato in diverse pubblicazioni di propaganda, tra le quali un articolo scritto dallo stesso De Martino per la rivista “Salernum” nel 1939, che reca un titolo inequivocabile (“Autarchia nel campo del tabacco: la ‘SAIM’ ”) ed esordisce affermando con toni compiaciuti: «una delle battaglie che nel campo autarchico della produzione può oggi, con legittima ierezza, dirsi totalmente vinta è quella del tabacco»45. 38 La provincia di Salerno…, cit., p. 253. La notazione è confermata anche in FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., p. 54. Gli stabilimenti SAIM furono inseriti fra le tappe principali di un «viaggio di studio» effettuato da alcuni industriali tedeschi del settore (Viaggio di studio in Italia di industriali e commercianti tedeschi del tabacco, «Il tabacco. Organo della coltura dell’industria e del commercio del tabacco pubblicato a cura dell’Ente nazionale per il tabacco», a. 42, 494, marzo 1938 – XVI, pagg. 17-18). «L’assalto al territorio […] non avrebbe potuto ricevere alcun aiuto tecnico dal governo centrale, del tutto impensabile dopo le gravose operazioni del Pontino» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333). 39 L’attività agricola e zootecnica ricevette un notevole impulso con l’acquisizione della «Casa Frutticola Bonvicini» (1935), come si dirà più avanti. 40 CARMINE DE MARTINO, La Società Agricola Industriale Meridionale, «Salernum», a. II, 1936 – gennaio-marzo XIV, n. 1, p. 47. 41 L’elenco completo è in: DIOMEDE IVONE, Carlo Petrone. Un cattolico intransigente del Mezzogiorno, Salerno, Libreria Internazionale Editrice, 1973, p. 61. 42 IVONE, Carlo Petrone…, cit., pp. 253-255; DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., ; G.B. [Giovanni BOSELLI?], Le grandi aziende del tabacco italiano: la Società Agricola Industriale Meridionale e i suoi tabacchiici, «Il tabacco. Organo della coltura dell’industria e del commercio del tabacco pubblicato a cura dell’Ente nazionale per il tabacco», a. 42, n. 494 (marzo 1938 – XVI), p. 10. 43 MARIO FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura, con particolare riguardo alla nostra Provincia, in: Primo annuario della ricostruzione della provincia di Salerno, Salerno, Linotypograia M. Spadafora, 21 settembre 1945, pp. 53-54. 44 Secondo alcuni autori, infatti, sarebbe riuscito «ad accumulare una fra le maggiori fortune dell’ultimo ventennio», vale a dire negli anni 1930-1950 (IVONE, Carlo Petrone…, cit., passim, citazioni alle pp. 59 e 64). 45 CARMINE DE MARTINO, Autarchia nel campo del tabacco: la “SAIM”, «Salernum», a. III (1939 – marzo XVII), n. 1, p. 61. L’articolo è corredato da due fotograie in bianco e nero, rafiguranti una il villaggio operaio di Farinia con la chiesa in primo piano e lo stabilimento sullo sfondo, l’altra il tabacchiicio stesso con gli stenditoi in primo piano davanti al volume esterno dell’essiccatoio. Un’altra bella fotograia, che mostra la facciata dell’intero complesso industriale con le coltivazioni di tabacco in primo piano è contenuta in FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., tavola tra le pp. 54 e 55. Tre anni prima lo stesso autore affermava: «[La SAIM] eficacemente coadiuva il monopolio di Stato, per sottrarre del tutto la industria dei tabacchi alla soggezione degli acquisti esteri di materia prima», e «lavora per raggiungere la nobile meta preissasi di liberare l’Italia degli acquisti tabacchicoli esteri» (DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., pp. 49 e 51). La tradizione salernitana nel campo della lavorazione del tabacco è continuata ino ai nostri giorni nella “Manifattura Sigaro Toscano” di Cava de’ Tirreni, specializzata nella produzione di eccellenza di sigari toscani (MAURO RIZZO, MARTA BUSO, La manifattura di Cava de’ Tirreni: specializzazione d’eccellenza, «Toscano», a. 7, n. 3, settembre 2010, pp. 22-29). 184 TOMMASO CARRAFIELLO Con questo breve resoconto egli intendeva partecipare al pubblico dei lettori l’acquisizione da parte della SAIM di due grandi tenute agricole, nelle quali erano stati realizzati altrettanti stabilimenti industriali di notevoli dimensioni, vale a dire le aziende Farinia, in località Picciola del comune di Pontecagnano, e «Luigi Razza», in località Cafasso-Borgo Nuovo presso Capaccio, che con i rispettivi villaggi operai costituiscono il momento più elevato dell’attività socioeconomica intrapresa dalla più volte nominata Società. In effetti il tabacchiicio in località Picciola era intitolato a «G[iovanni] De Martino»46, tuttavia il nome del villaggio industriale «Farinia» risulta generalmente esteso anche all’intera azienda agricolo-industriale, e fu scelto «in omaggio al nome illustre del Senatore Mattia Farina che fu tra i fondatori della Società [la SAIM] e che ancora oggi apporta ad essa il contributo della sua esperienza e del suo intelletto»47. Discorso analogo per lo stabilimento dedicato «all’immortale e glorioso nome del Ministro Fascista “Luigi Razza” caduto nell’ardente vigilia delle gesta gloriose dell’Italia Fascista»48, sorto nell’ambito dell’azienda Cafasso. Pertanto, ed anche per maggiore chiarezza nell’esposizione, d’ora in avanti si farà riferimento semplicemente a Farinia e Cafasso. Anche in questo caso la documentazione più esauriente in nostro possesso è legata alle vicende belliche, poiché nel corso del Secondo conlitto mondiale numerosi immobili di proprietà della SAIM furono requisiti dalle Forze Alleate per via delle loro dimensioni e della vicinanza con le principali reti di comunicazione49. In questa circostanza l’Uficio requisizioni fece redigere alcuni verbali che descrivono lo «stato di consistenza» degli opiici con gli annessi villaggi industriali, ove presenti, e recano spesso in allegato dettagliate planimetrie e preziose riprese fotograiche50. Il fascicolo dedicato a Farinia, in particolare, contiene una grande tavola recante sul recto la planimetria del tabacchiicio e, sul verso, la pianta dell’intero villaggio al livello del pianterreno; sempre sul verso del foglio igurano anche le piante relative al primo piano sia degli ediici residenziali che del fabbricato anteriore dello stabilimento o, più precisamente, del corpo centrale, ove sono ubicati gli ufici e l’appartamento del Direttore. La descrizione del tabacchiicio di Farinia risulta estremamente dettagliata, e rende giustamente onore a questo che era considerato, ai suoi tempi, uno dei maggiori stabilimenti al mondo per l’essiccazione e la lavorazione del tabacco, e sicuramente il più grande in Europa51. Sul lato meridionale il complesso è articolato in tre corpi di fabbrica, con quello centrale più alto degli altri due, essendo sviluppato su due piani; i due corpi laterali, invece, erano originariamente ad un solo piano, e presentavano un’ulteriore riduzione di altezza a circa metà dello sviluppo longitudinale, assecondando così l’andamento digradante e simmetrico della facciata principale dal centro verso le estremità. Al primo piano del corpo centrale sono ubicati gli ufici dell’azienda e il prestigioso appartamento del Direttore, composto da 11 ambienti con riiniture di lusso, tra i quali si segnalano un prestigioso salone di circa 10 x 12 metri, la sala da bagno con «vasca in ghisa porcellanata» e piastrelle maiolicate gialle, e la grande terrazza di circa 42 x 5 metri. I due piani sono collegati da una spettacolare scala elicoidale in calcestruzzo armato, con zoccolatura rivestita in rafinato marmo nero, che prosegue verticalmente nel vano di una ‘torre littoria’ a base rettangolare, svettante ben oltre la sommità dell’ediicio. La tor- 46 IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 61. 47 DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., p. 63. Cfr.: NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 329, n. 6, che indica erroneamente «Fortunato Farina» («un benemerito dell’agricoltura salernitana»: IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 57), al quale era intitolato uno dei tabacchiici di Battipaglia, cfr.: G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10. 48 DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., p. 48. 49 Nel corso dei bombardamenti della II Guerra Mondiale tre stabilimenti della SAIM furono completamente distrutti (uno di questi è sicuramente il tabacchiicio «Salvati» in località Fiocche di Eboli), ed in seguito altri 6 furono occupati dalle truppe Alleate in dai primi giorni dello sbarco. Si tratta dei quattro stabilimenti di Pontecagnano (Alfani, Mattiello, Centola e Farina), uno a Battipaglia ed il «Luigi Razza» di Capaccio-Pæstum (FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., p. 55; cfr. anche: VINCENZO GAMBETTA, LUCA GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. nella piana del Sele: il Cafasso e il Picciola, ricordi d’epoca fascista, in: Le case e i luoghi del lavoro. Letture e confronti, Atti del Convegno Internazionale (Salerno, 28-29 settembre 2007), a cura di Pierfrancesco Fiore, Fisciano (SA), Gutenberg edizioni, 2008, p. 420). 50 Archivio di Stato di Salerno (ASSA), Intendenza di Finanza, Danni di Guerra, SAIM, busta 767 (d’ora in poi semplicemente: ASSA Intendenza, b. 676). La busta contiene 16 fascicoli relativi ad altrettanti immobili della SAIM che furono requisiti. Quelli relativi a Cafasso e Farinia sono rispettivamente i nn. 6 e 13. Le planimetrie ed alcune delle fotograie contenute in questi due fascicoli sono state pubblicate in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 417-426. Le fotograie recano la seguente intestazione: «Foto Attilio Maiorana, Napoli, Via Roma 329». 51 «Le condizioni generali del Tabacchiicio sono ottime sia per lo stato di conservazione che per la disposizione e grandiosità degli impianti di natura e proporzioni assolutamente eccezionale. Pare che sia questo uno dei Tabacchiici più grandi del mondo» (Tabacchiicio Farinia in Pontecagnano. Stato di consistenza, in: ASSA Intendenza, b. 676.). Il documento è datato 6 luglio 1944, e sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola, quale Delegato dell’Uficio Lavori Genio Militare, e dall’ingegnere Alfredo Ravera, in rappresentanza della SAIM. Da questo verbale sono tratte le citazioni seguenti, ove non diversamente speciicato. Cfr. anche: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 420. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO re è caratterizzata, sul prospetto principale, da un lungo inestrone verticale in ferro e vetro, in parte «apribile a vasistas», e reca in alto l’intestazione aziendale, in eleganti caratteri dell’epoca: «SAIM | AZIENDA FARINIA»; manca, invece, l’indicazione dell’anno di fondazione che, secondo lo «stato di consistenza», sarebbe il 193752. Alla quota di questa iscrizione, sulle due facciate laterali sono ancora oggi presenti i grandi quadranti di un orologio in stile modernista, mentre i monumentali fasci littori che li afiancavano, visibili in tutte le illustrazioni dell’epoca, risultano completamente abrasi. Sebbene la presenza di questo elemento plastico, così visibile nella pianura circostante anche a grande distanza, sia riferibile senza dubbio ad un’istanza retorica ripetutamente segnalata dalla storiograia53, la torre assolveva anche a concrete esigenze funzionali, ospitando al suo interno «20 vasche in ibrocemento collegate da tubazioni in eternit sia per il carico che per la distribuzione dell’acqua», e il «macchinario per l’orologio campanario a doppio quadrante», che pure svolgeva un’utile funzione sociale considerata l’epoca storica. L’impianto idraulico era approvvigionato da un pozzo costruito al centro della piazza dell’attiguo villaggio, «con motore e pompa siti nella Chiesa e depositi nella torre». Si trattava in sostanza di una torre d’acqua, assai comune nei territori pianeggianti, travestita da lascio littorio, ma che sarebbe riduttivo ed ingeneroso liquidare polemicamente, come pure è avvenuto in qualche caso, quale testimonianza neomedievalistica della volontà conservatrice e reazionaria di una borghesia dificilmente acquisibile all’arte moderna, che «ribadiva il concetto tutto italiano della composizione architettonica per partiti verticali, simboleggianti il comando»54. 185 Il complesso industriale prevedeva sul lato settentrionale altri volumi edilizi in posizione simmetrica rispetto a quelli della facciata principale, ma che all’epoca del verbale si presentavano ancora limitati alla muratura di fondazione. Queste due strutture principali erano raccordate da lunghi muri di cinta, sui cui lati interni risultavano addossati alcuni fabbricati di servizio, in parte distrutti dai bombardamenti o ancora non ultimati. Al centro di questo grande rettangolo (255 x 200 metri55) si ergeva il monumentale essiccatoio (174 x 114 metri), illuminato da un grande lucernaio e sostenuto da snelli pilastri in calcestruzzo armato, disposti secondo una maglia regolare di sei metri per sei. Tale struttura ospitava un complicato «solaio di appendimento del tabacco, formato da mensole principali e secondarie, travi principali e secondari, travi trasversali, binari», realizzato interamente in legno, al quale venivano «sospesi i mazzi di corde per l’appendimento del tabacco». Il grande ambiente era arieggiato grazie a 86 portelloni scorrevoli in ferro (3 x 7 metri) ed altrettante inestre a vasistas (3 x 2,60 metri)56. Le strutture per l’essiccazione del tabacco occupavano anche la quasi totalità del grande cortile anulare, ma in questo caso erano realizzate mediante «ilari di stendaggini in muratura di mattoni»57, necessarie per una diversa fase di lavorazione58. Al lato meridionale dell’essiccatoio centrale era addossata «una grande serra in ferro vetro» (12 x 174 metri), e tutto il complesso usufruiva dell’impianto elettrico «per luce e forza» motrice. Attualmente dello stabilimento originario sopravvivono soltanto i fabbricati centrale ed orientale del prospetto principale, dietro i quali si estende una foresta di pilastri piegati verso il suolo più o meno dolcemente, in conseguenza del grave stato 52 Datazione confermata in G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10, ig. 3, 4, 5 e 6. Secondo altre fonti il tabacchiicio sarebbe stato realizzato, invece, negli anni 1935-1936 (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 328). 53 Per tutti: DIANE YVONNE GHIRARDO, KURT FORSTER, I modelli delle città di fondazione in epoca fascista, in: Storia d’Italia. Annali 8. Insediamenti e territorio, a cura di Cesare De Seta, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1985, p. 653. 54 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333. Sul signiicato simbolico della torre e dell’orologio nell’architettura fascista, si vedano: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 643-644 e 653-654; VITTORIA CAPRESI, I centri rurali libici di fondazione. Architettura e urbanistica (1934-1940), Atti del convegno “Città di fondazione. Politiche per la città ed antropizzazione tra fascismi e democrazie”, Venezia, IUAV, 30-31 ottobre 2009, disponibile sui siti www.academia.edu e www.architecturebeyond.eu, p. 7. 55 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12. 56 Secondo altre fonti i portelloni sarebbero 96, così come le inestre (G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12). L’apertura di questi portelloni consentiva di regolare il tasso di umidità relativa dell’aria tenendo conto della ventilazione giornaliera e della quantità di prodotto in lavorazione. L’essicazione delle foglie di tabacco doveva essere lenta e graduale, per evitare la formazione di muffe. 57 Il fascicolo relativo a Farinia (ASSA Intendenza, b. 676) contiene una bella foto degli «stendaggini» in muratura, che reca la seguente didascalia: «Notare la simmetria della costruzione e la riinitura degli archi (110 mattoni per ogni elemento di stendaggini)». 58 La SAIM lavorava quattro diverse varietà di tabacco delle quali soltanto il Kentucky veniva essiccato «con cura a fuoco» e destinato alla produzione dei sigari. Le varietà Burley, Mariland e Perustitza («dette anche tabacchi leggieri o gialli») venivano essiccate mediante la «cura ad aria» ed usate per confezionare le sigarette. La sospensione delle foglie consentiva di evitare la luce diretta del Sole, mantenendo la temperatura tiepida ed un buon ricambio d’aria (DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., pp. 48-49). 59 GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 423 e 424, ig. 14. 186 TOMMASO CARRAFIELLO di abbandono a cui sembra condannata l’intera struttura59. Il villaggio vero e proprio, realizzato negli anni 1937-193860, risulta allineato al fronte meridionale dello stabilimento, conigurandosi come la sua naturale prosecuzione, per poi piegare ad angolo retto verso sud-ovest, delimitando così un piazzale di 128 x 166 metri, in leggero declivio sul lato verso il mare. Il piazzale è a sua volta ripartito in quattro grandi aiuole da altrettante brevi strade carrabili, la principale delle quali sale dal cancello di accesso a sud-ovest verso la chiesa, allargandosi dopo una trentina di metri in una piazza rettangolare. Delle due strade che la intersecano trasversalmente quella più estrema costeggia le due coppie di ediici disposte ai lati della chiesa, ino ad incrociare la quarta strada, parallela a quella principale e prospiciente i rimanenti quattro fabbricati. L’insediamento è composto, quindi, da un totale di otto ediici (alcuni dei quali realizzati in una fase successiva al 193961) oltre alla chiesa62, che costituisce senza dubbio l’elemento più interessante sotto l’aspetto architettonico. Collocata nel punto di fuga della strada di accesso, la chiesa, ad aula unica con abside rettangolare, presenta un linguaggio architettonico assimilabile al neomedievalismo fascista63, con elementi compositivi riscontrabili anche nelle analoghe realizzazioni contemporanee delle principali città di fondazione. La facciata a capanna con spioventi poco inclinati ed ingresso arretrato, ad esempio, è un stilema abbastanza ricorrente, utilizzato nella Santissima Annunziata di Sabaudia (1935), nel San Marco di Fertilia (1936) e, in particolare, nel San Michele Arcangelo di Aprilia (1937)64, che presenta anche le cappelle laterali pianta rettangolare estrolesse rispetto al perimetro esterno dell’ediicio; in questo caso, però, il volume delle cappelle non raggiunge l’altezza della navata, arrestandosi a circa due terzi. Le fasce orizzontali di diverso spessore che caratterizzano le pareti esterne ricordano, nelle proporzioni, la chiesa di Sabaudia, tuttavia quelle più sottili sporgono rispetto al piano verticale come ad Aprilia; a Farinia questo effetto è stato ottenuto facendo aggettare verso l’esterno alcuni corsi orizzontali di mattoni pieni, con i quali è realizzato l’intero ediicio, pertanto le fasce non costituiscono un semplice rivestimento oppure una differenza cromatica dell’intonaco, ma denotano una consistenza strutturale65. Il campanile a pianta quadrata, dalle linee molto sobrie, ripropone la stessa partitura a fasce orizzontali con monofore a metà altezza e bifore alla sommità; è privo della cuspide piramidale come quello di Sabaudia, ma, a differenza di tutti gli altri esempi innanzi richiamati, è collocato in aderenza all’ediicio principale e non distaccato da questo. Il cornicione del campanile e il frontone della facciata sono intonacati di bianco, così come la fascia basamentale che corre intorno all’intero perimetro. La navata è illuminata da grandi inestre tripartite, ritagliate sopra le cappelle laterali, che ricordano quelle termali romane per le proporzioni dei vani, pur non essendo centinate. Un ultimo dettaglio particolarmente elegante, a completamento dell’intera composizione, è costituito dai balconi angolari dei due ediici immediatamente adiacenti alla chiesa, che risultano stondati nel punto di piegatura, quasi a deinire un ‘invito’ prospettico. Lo «stato di consistenza» del 194466 permette di integrare l’osservazione diretta delle architetture con gli elementi relativi alla destinazione funzionale, alla pianta originaria e alle tecniche costruttive utilizzate, sommandosi anche 60 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333. Gli autori sottolineano in tono polemico che per la costruzione dello stabilimento e del piccolo villaggio furono demoliti alcuni ediici esistenti, tra cui una torre medievale ed una chiesetta, che testimoniavano la secolare frequentazione ed uso agricolo della zona: «le terre di Faiano erano state in parte dissodate dalla famiglia Moscati in dal 1796, e agli inizi dell’800 Filippo Moscati era ittuario della Picciola; col suo lavoro quelle tenute divennero a poco a poco produttive. La Picciola fu scassata e resa utile nella zona asciutta la prima volta da Annibale Campione nel 1897 e sempre tenuta a coltura dalla ditta Lenza e Iemma ino al 1909, e da quest’anno al 1932 dalla sola famiglia Lenza» (Ivi, p. 329). 61 A tal proposito si osservi la fotograia pubblicata in DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., p. 62, nella quale mancano gli ediici contrassegnati dai nn. 5 (orfanatroio), 7 (molino e forni) e 8 (refettorio) della planimetria allegata al fascicolo contenuto in ASSA,Intendenza, b. ,767. 62 La chiesa è intitolata al Sacro Cuore di Gesù, rappresentato tra due angeli nella formella bronzea sopra l’ingresso, e fu donata da Carmine de Martino alla Curia arcivescovile di Salerno il 1 dicembre 1951, insieme alla sagrestia, un orto e un appezzamento di terreno NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., pp. 337-338. 63 Sulle motivazioni e gli esiti formali del neomedievalismo fascista, si veda: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 640-651. 64 Meno pertinente appare, invece, l’analogia con l’altissimo protiro di San Giovanni Evangelista a Ravenna, proposta in: NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 337, n. 23. 65 Sul signiicato simbolico della decorazione parietale a fasce orizzontali si veda: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 645-646. 66 Il documento è datato 9 agosto 1944, e sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola, quale Delegato dell’Uficio Lavori Genio Militare, e dall’ingegnere Vittorio Ferraiolo, in rappresentanza della SAIM. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO al notevole apporto fornito dalle fotograie pubblicate su alcune riviste contemporanee, e a quello offerto dalle cartoline postali d’epoca67. In particolare è interessante segnalare una serie di cartoline del 1942, disegnate dall’artista salernitano Guglielmo Beraglia (1898-1978) probabilmente sulla scorta di precedenti riprese fotograiche, che rafigurano i principali complessi produttivi della SAIM68. Nipote ed allievo di Giuseppe Avallone, Beraglia è stato una igura di spicco dell’arte salernitana del XX secolo, «ed un esponente vivace di quel rinnovato clima di impegno espositivo ed artistico che si crea a Salerno negli anni del fascio»69. Merita di essere segnalata, in questo contesto, l’opera intitolata La Piana di Salerno70, che celebra proprio la boniica integrale della Piana del Sele nel corso degli anni Trenta, dove la igura centrale regge nella mano destra un ediicio in miniatura, forse un casale poderale, sovrastando un uomo e una donna (una coppia di coloni?) che recano alcuni simboli dell’agricoltura e dell’industria (vanga, mazzuolo, orcio e ruota dentata). Due cartoline della serie disegnata da Beraglia riguardano 187 proprio Farinia, e riproducono rispettivamente la facciata della chiesa con il campanile (n. 9), e una veduta prospettica dell’intero l’insediamento (n. 8)71, che pone in particolare risalto le grandi aiuole situate all’ingresso del villaggio. In perfetta coerenza con la politica autarchica, queste ultime appaiono interamente occupate da una rigogliosa coltivazione di tabacco, fatta eccezione per alcune palme ancora molto giovani72. Seguendo la numerazione della planimetria allegata al verbale del 1944, a partire dal tabacchiicio si susseguono, nell’ordine, i seguenti ediici: 1) casa a due piani per otto famiglie di salariati e dipendenti; 2) «casa canonica» su due piani, seguita dalla chiesa; 3) scuola rurale con abitazione dell’insegnante al primo piano; 4) casa a due piani per otto famiglie di salariati e dipendenti; 5) orfanatroio; 6) locali di ritrovo; 7) molino e forni; 8) refettorio I due ediici destinati ad abitazioni per i dipendenti73 (nn. 1 e 4) occupano ciascuno la supericie di 20,50 x 8,69 metri, ed ospitano quattro appartamenti per piano, composti dagli stessi vani ma con una diversa disposizione planimetrica. Al piano terra 67 Si riepilogano di seguito tutte le illustrazioni di Farinia attualmente note: G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10, igg. 4-6, le prime due mostrano l’interno dell’essiccatoio centrale in costruzione, la terza l’intero stabilimento dalla strada che conduce al mare; Ivi, p. 12, ig. 10, «Stendaggi nello Stabilimento Farinia»; DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., fotograie alle pp. 62 e 64, che rafigurano rispettivamente l’intero insediamento visto in prospettiva da sud-est, l’essiccatoio e le «stendaggini» esterne ripresi da nord-est; FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., fotograia tra le pp. 54 e 55, rappresentante i «semenzai di tabacco» con la grande mole del tabacchiicio sullo sfondo, ripresi da sud-ovest; le 11 fotograie in ASSA, recanti, in un elenco separato, le seguenti didascalie originali: 1) Scorcio del Villaggio “Farinia”. Notare la moderna riinitura degli ediici e il vasto piazzale antistante; 2) Orfanatroio agricolo, banda degli allievi; 3) Orfanatroio agricolo, dormitorio; 4) Orfanatroio agricolo, cucina; 5) Orfanatroio agricolo, refettorio; 6) Particolari di un semenzaio e vista prospettica del Tabacchiicio. Notare la vastità dei semenzai, la garza per la copertura e la protezione delle piantine e, in fondo, la mole del tabacchiicio; 7) Particolare del cortile con vista prospettica dell’essiccatoio principale. Notare lo sviluppo degli stendaggini in muratura e la vastità di uno dei cortili per la preessiccazione del tabacco; 8) Particolare di uno stendaggino in muratura. Notare la simmetria della costruzione e la riinitura degli archi (110 mattoni per ogni elemento di stendaggini); 9) Lucernario del grande essiccatoio centrale. Notare il numero dei paletti impiegati per la lavorazione e quelli di riserva; l’originalità della costruzione; 10) Particolare del grande essiccatoio centrale. Notare l’armatura del piano di appendimento, la riinitura della pavimentazione e a vastità dell’ambiente; 11) Particolare di un magazzino. Notare i letti di legno per masse, i teli di juta per le stesse, la copertura e a pavimentazione. Le foto nn. 1, 4, 5 e 10 sono state pubblicate in GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 417-426. 68 Si tratta di una serie di cartoline stampate per inalità promozionali su commissione della stessa SAIM e numerate in altro a destra da 1 a 10, che mi sono state segnalate e mostrate da Maurizio Budetti, al quale rinnovo il mio vivo ringraziamento. Le didascalie originali degli esemplari noti recitano come segue: 1) ignota, probabilmente rafigurava il «Tabacchiicio Farina» di Battipaglia; 2) Caseiicio in Battipaglia; 3) Tabacchiicio G. Giacomo Porta in Alfania (Persano di Salerno); 4) Ponte sul Sele – Tenuta Alfania (Persano di Salerno); 5) Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno); 6) ignota, probabilmente rafigurava la stessa Tenuta Luigi Razza; 7) Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno); 8) Farinia (Salerno); 9) Chiesa del Sacro Cuore in Farinia (Salerno); 10) Tabacchiicio Giovanni Boselli in S. Lucia di Battipaglia. 69 ROSA CARAFA, Guglielmo Beraglia, in: Tornate alla luce! I tesori di Palazzo di Città. Opere d’arte e documenti ritrovati, Catalogo della Mostra omonima, Salerno, Palazzo di Città, 14 aprile-30 maggio 2012, Fisciano (SA), 2012, pp. 44-45, con bibliograia. 70 Olio su compensato, 1937, cm 120 x 210, pubblicata nel catalogo citato alla nota precedente, pp. 42-43. 71 La veduta di Farinia disegnata da Beraglia per la cartolina n. 8 appare molto simile ad una cartolina fotograica del citato Attilio Maiorana (cfr.: la precedente nota 50), stampata sempre nel 1942, e conservata nella stessa collezione Budetti. Quest’ultima, a sua volta, corrisponde ad una delle fotograie allegate al fascicolo ASSA, pubblicata in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 420, ig. 7. 72 Si tratta di otto esemplari di Palma delle Canarie (Phoenix canariensis) che inquadravano in due ile la facciata della chiesa lungo l’accesso dalla strada principale (oggi via Lago Laceno), ancora presenti all’inizio di questo secolo ma completamente distrutte negli ultimi anni dal devastante Punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus ). Al loro posto restano oggi soltanto otto riquadri delimitati da cordoli in cemento. 73 «In effetti il villaggio ebbe solo due complessi per abitazioni civili, e servirono alle maestranze tecniche e dirigenziali piuttosto che agli operai. […] Gli operai, infatti, arrivavano in fabbrica da lontano, in particolare da Montecorvino Pugliano» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 335). 188 TOMMASO CARRAFIELLO un lungo corridoio dà accesso lateralmente al «vano utile» e alla cucina (con banco in muratura e lavatoio in cemento), concludendosi in fondo con un gabinetto di dimensioni minime. Al primo piano, invece, un ballatoio a sbalzo, lungo quanto l’intero fabbricato, consente di entrare direttamente in cucina e da questa nel «vano utile», che occupa tutto l’interasse tra i muri di spina, mentre un gabinetto di dimensioni maggiori è ricavato a ianco della cucina, in corrispondenza di quello al livello inferiore. Gli appartamenti sono disposti specularmente a due a due, e l’accesso al piano superiore avviene per mezzo di una scala esterna a sbalzo. La struttura portante è realizzata in muratura a due teste di mattoni pieni, mentre per i tramezzi sono stati utilizzati mattoni forati disposti ad una testa. I solai originari erano in legno, in quanto il calcestruzzo armato veniva utilizzato soltanto per la scala ed il ballatoio esterni74. Anche gli ediici nn. 2 e 3 sono simili fra loro, così come i nn. 6 e 8. Tuttavia soltanto i nn. 1 e 2 hanno mantenuto un aspetto assai prossimo a quello originario, di impronta razionalista, con copertura piana e campiture di intonaco bianco e giallo, analogo a quelle di Corvinia. Il «locale di ritrovo» (n. 6) è costituito sostanzialmente da una vasta sala di 10 x 6,79 metri, oltre a tre stanze ed altri locali di servizio più piccoli, mentre l’intero fabbricato occupa la supericie di 20,50 x 7,20 metri. Il suo gemello (n. 8) si distingue essenzialmente per la presenza di «una grande cucina economica a più fornelli con relativo impianto di riscaldamento e circolazione dell’acqua»75. Tra questi due ultimi fabbricati era presente una struttura unica (7,15 x 4,60 metri) nella quale era alloggiato un molino afiancato da due forni, che attualmente risulta sostituita da una più recente abitazione civile. Più singolare l’ediicio che ospitava lo «orfanatroio agricolo» (n. 5, di 35,30 x 16,00 metri), dove il dormitorio risulta suddiviso in tre navate da due ile di quattro pilastri ognuna, quasi a riproporre in piccolo lo schema planimetrico adottato nel grande essiccatoio del vicino tabacchiicio. Un porta sul lato nord-orientale dava accesso ai locali separati dove si trovavano i lavandini, due docce e i gabinetti con «vasi alla turca». Inine nell’angolo meridionale vi era un portico di ingresso al dormitorio ed altri locali con caratteristiche più articolate: «nella parte a sinistra del portico è praticato un disimpegno formato da una stanza da lavoro e da uno stanzino più piccolo dal quale si accede al guardaroba in un piano rialzato. Tali locali sono stati ottenuti in costruzione dividendo il più vasto ambiente preesistente mediante pareti e solai in legname piallato ed attintato ad olio»76. La struttura era destinata agli orfani degli agricoltori (e forse degli operai) che, tra le varie attività svolte, imparavano anche a suonare uno strumento musicale, come testimoniato dalla foto che ritrae la «banda degli allievi»77; inoltre ai ragazzi era riservato anche un «campo sportivo» segnalato dalle fonti78, ma oggi non più riconoscibile. Secondo le cronache dell’epoca in estate gli operai potevano usufruire anche di un piccolo stabilimento balneare, raggiungibile attraverso la strada rettilinea che inizia esattamente di fonte alla torre del tabacchiicio e conduce ino al mare79. Questa stessa strada risulta ripartita in quattro tronchi di uguale lunghezza da tre percorsi interpoderali che la intersecano ortogonalmente, e proprio in corrispondenza dell’incrocio più prossimo al mare si rileva la presenza di alcuni fabbricati, indicati con il toponimo «le Quattro Palazzine»80. Benché non sia stato possibile risalire all’anno esatto di realizzazione, sulla cartograia degli anni Cinquanta si osservano quattro coppie di ediici disposte nei quattro angoli dell’incrocio, secondo uno schema planimetrico semplice e piuttosto comune81 che si ritrova, ad esempio, anche ad Alfania, un altro villaggio operaio realizzato dalla SAIM al quale si accennerà più avanti82. La situazione attuale ri- 74 Maggiori dettagli tecnici sui materiali utilizzati in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 422-423, che trascrive una parte dello stato di consistenza (in ASSA). 75 ASSA, Intendenza, b. 767. 76 Ibidem 77 Una foto con la «banda degli allievi» è in ASSA, Intendenza, b. 767. 78 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12. 79 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12. Attualmente denominata via Trento. 80 Ringrazio Marco Soravia per aver contribuito a individuare nella cartograia questo piccolo insediamento. 81 In sostanza gli ediici ricalcano, in vario modo, i quattro angoli dell’incrocio o della piazza, così come avviene, ad esempio, a Borgo Recalmigi (PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 261, ig. 79a). 82 Ci si riferisce a piazza Alfania di Borgo Carillia (incrocio tra via Cavour e via Mazzini), ubicata nei pressi del tabacchiicio SAIM «G. Giacomo Porta», al quale è dedicata la cartolina n. 3 della serie segnalata in precedenza. Sulla destra di questa illustrazione si può osservare uno dei quattro ediici, tuttora esistenti, che segnano i quattro angoli della piazza, mentre i padiglioni dello stabilimento igurano in secondo piano. In questo caso, però, gli ediici sono disposti in diagonale tra le strade, e deiniscono una piazza quadrata, ruotata di 45° rispetto alla maglia stradale, con gli accessi carrabili ubicati in corrispondenza dei vertici. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO sulta alquanto modiicata, con l’aggiunta di molti ediici recenti e la sostituzione di quelli originari, fatta eccezione per il quadrante settentrionale del crocevia, dove sono ancora presenti due ediici diroccati che, ad un primo esame, sono verosimilmente interpretabili come una casa colonica con la relativa stalla; al centro dell’incrocio è collocato un pozzo che sembra non più utilizzato. A questo proposito è interessante ricordare alcune considerazioni formulate da Antonfrancesco Ciampi nell’ambito del suo fondamentale saggio sulle trasformazioni fondiarie nella Piana del Sele, che intendono dimostrare come l’operazione imprenditoriale sperimentata a Farinia dagli industriali del tabacco, risulti sicuramente più promettente rispetto all’appoderamento, di iniziativa pubblica, intrapreso a Corvinia. L’autore sottolinea, infatti, che l’intervento in corso di attuazione (a quell’epoca) in località Picciola prevede, oltre alla realizzazione del grande tabacchiicio con l’annesso villaggio operaio, anche la costituzione di «vari gruppi aziendali, composti ciascuno di due o più case coloniche, con relative stalle e ienili. Ciascuna casa colonica domina una supericie di circa 15-20 ettari e la gestione di questo complesso poderale è in genere afidata in afitto ed una famiglia imprenditrice-lavoratrice con particolari vincoli circa la supericie da destinare alla coltivazione del tabacco»83. È possibile ipotizzare, quindi, che anche «le Quattro Palazzine» rientrassero nel programma insediativo della SAIM per la «Azienda Farinia», e che analoghi raggruppamenti di casali potessero essere previsti anche negli altri due incroci della strada di accesso al mare. 189 In conclusione l’assetto urbanistico di Farinia risulta certamente più compiuto rispetto a quello della vicina Corvinia, non soltanto per la disposizione degli ediici intorno ad una ‘piazza’, segno progettuale elementare ma consapevole, quanto soprattutto per la presenza delle articolazioni funzionali tipiche di un villaggio industriale che dovesse svolgere anche il ruolo di «centro di servizio» per il territorio circostante in via di colonizzazione, concentrando in un punto baricentrico rispetto all’appoderamento i «servizi di assistenza religiosa, scolastica e sanitaria, i locali di ritrovo e di ricreazione, le botteghe artigiane per le più elementari esigenze e gli spacci di vendita dei prodotti di consumo giornaliero»84. Allo stesso tempo si segnala la totale assenza degli ediici pubblici, fondamentali per poter preigurare l’idea di città (municipio, casa del Fascio, casa del balilla, casa della GIL, caserma della milizia, caserma dei carabinieri, poste e telegrai, ecc.)85, mentre non stupisce l’assenza dell’osteria, deliberatamente obliterata per le note motivazioni ideologico-strategiche, ampiamente evidenziate dalla storiograia86. In ogni caso risulta evidente che l’operazione sperimentata a Picciola/Farinia non ha determinato, di fatto, lo sviluppo di un nucleo urbano dotato di una forte identità ed autonomia87, come è avvenuto, invece, nell’analogo intervento della SAIM in località Cafasso-Borgo Nuovo. 4. Il modello tabacchiicio-villaggio si ripete: Cafasso-Borgo Nuovo e Alfania (1935-1942) Un iniziale tentativo di colonizzazione del territorio boniicato nel comune di CapaccioPæstum fu intrapreso dal noto imprenditore romagnolo G. Bonvicini (1898-1937), titolare del gruppo industriale “Massalombarda” che traeva 83 CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., pp. 172-174. L’autore passa in rassegna cinque tipologie di trasformazione fondiaria attuate nel comprensorio sulla sponda destra del Sele. Corvinia e Farinia corrispondono alle prime due, e sono rispettivamente di iniziativa pubblica e privata. La terza è collegata all’allevamento della bufala, «adottato dei più valorosi boniicatori della zona, che per primi iniziarono la trasformazione delle loro Tenute». Tra questi Ciampi segnala Umberto e Giovanni Jemma, Nicolangelo Pellegrini e Valentino Lenza che, presumibilmente, è stato il fondatore di Valentinia, ricordata con ironia da Natella e Peduto insieme all’analoga Bufalia (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 334). La quarta si basa sull’introduzione della vacca da latte, e risulta adottata esclusivamente dall’azienda Magazzeno dei fratelli Moscati, e dalla Società Anonima per le Boniiche, che prevedeva di attuare, nella sua fase inale, l’ultima tipologia di trasformazione, consistente nella «creazione, a complemento delle aziende centrali a conduzione diretta, di nuclei di poderi da condursi con sistema di colonia parziaria» (CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 178). La denominazione «Valentinia» corrisponde attualmente ad un azienda agricola situata di fronte all’omonimo ippodromo, ma non sembra presentare le caratteristiche proprie di un villaggio o borgo di fondazione, mentre di «Bufalia» non è stato possibile rintracciare alcun indizio concreto. 84 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40 e PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 214, che propone anche un distinzione semantica tra «borgo» e «città» (Ivi, pp. 282-286). 85 PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., p. 111. 86 GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 658 e 662. 87 «Se è vero che Farinia veniva su come centro rurale è altrettanto indubbio che non originò intorno a sé alcun coagulo demograico. Gli operai, infatti, arrivavano in fabbrica da lontano, in particolare da Montecorvino Pugliano» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 335). «Il sorgere in zone disabitate di questi grandi stabilimenti (p. es. nella zona di Picciola, ino a poco tempo fa malarica, a S. Lucia, a Fiocche di Eboli) non ha per ora avuto grande importanza antropica, dato che gli operai ritornano ogni sera ai centri di collina, distanti 10-15 km» (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 149-150). 88 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 152-153, dal quale sono tratte le altre notizie sull’azienda di Bonvicini. Cfr. anche: L’esperimento Bonvicini nella Piana di Pesto, «Annali di tecnica agraria», V, 1932, pp. 322-327. 190 TOMMASO CARRAFIELLO il nome dalla sua città di nascita in provincia di Ravenna88. Dopo aver acquistato una tenuta di circa 350 ettari dai marchesi Pinto nel 1922, Bonvicini provvide a sistemarla spianando e disboscando il terreno, tracciando strade e canali di irrigazione ed impiantando un’azienda agricola a colture multiple, con prevalenza della frutticoltura. L’attività principale era afiancata dall’allevamento di bufale e mucche da latte, oltre alla trasformazione industriale dei prodotti. Gli operai impiegati nell’azienda provenivano principalmente da Agropoli, sebbene 22 famiglie fossero alloggiate in ediici realizzati appositamente nella tenuta89. Il primo fabbricato fu realizzato nel 1925 da maestranze romagnole, e costituisce uno dei primi esempi di applicazione del “Sistema Hennebique” nel salernitano. Era adibito a magazzino per la frutta, con celle frigorifere, sala di lavorazione, impianto di produzione del ghiaccio, due torri montacarico e diversi ambienti di servizio per il personale. Negli anni successivi furono ediicati un centro zootecnico con magazzini e tre stalle per 72 capi (successivamente trasformato in appartamenti), cinque ediici per abitazioni e un complesso polivalente per vari servizi, dal forno per la paniicazione all’asilo nido per le lavoratrici madri. Nonostante i capitali e l’impegno profusi la «Casa Frutticola Bonvicini» non ebbe il successo sperato, forse a causa dell’eccessiva salsedine ancora presente nel suolo, oppure per la mancanza di carri-frigo ferroviari necessari al veloce smistamento dei prodotti. Di conseguenza nel 1935 l’azienda fu rilevata dalla SAIM di Carmine De Martino che, pur subentrando nella gestione dell’esistente azienda agricola90, in soli due mesi vi impiantò anche un tabacchiicio. Il 12 settembre dello stesso anno91 il nuovo stabilimento produttivo fu inaugurato ed intitolato alla memoria del ministro Luigi Razza, scomparso il mese precedente in circostanze tragiche92. Riprendendo il modello insediativo in corso di attuazione a Farinia, anche nella contrada Cafasso si diede corso ad un appoderamento con case coloniche e lotti di 10-15 ettari, concessi a mezzadria, mentre al tabacchiicio fu afiancato un villaggio operaio, che comprendeva gli alloggi per i dipendenti, una scuola e la chiesa, inaugurata il 1° maggio 193893. Allo stato attuale l’intero insediamento occupa una stretta fascia di territorio delimitata ad ovest dalla linea ferroviaria, e ad est dalla S.S. 18. Il quadrilatero che ne risulta è tagliato trasversalmente da via Cafasso che collega il tabacchiicio con la grande piazza del villaggio (stretta e lunga), in fondo alla quale si trova la chiesa. Questa è a sua volta afiancata da due fabbricati identici ad un solo piano che, in origine, erano destinati ad ospitare rispettivamente la scuola con l’abitazione dell’insegnante, ed un locale di ritrovo con l’abitazione del custode. Gli ediici residenziali sono disposti, invece, sui due lati lunghi della piazza, pertanto lo schema insediativo complessivo si sviluppa per fasce parallele che partendo dalla grande mole del tabacchiicio, ubicato immediatamente a ridosso della ferrovia, procedono con una zona residenziale, la piazza stessa e un’altra zona residenziale. Dall’altro versante della stessa via Cafasso ritroviamo altri fabbricati, prevalentemente recenti, che nel loro complesso costituiscono un nucleo urbano caratterizzato da una propria identità ed autonomia, benché consolidatosi soprattutto in conseguenza di una recente espansione urbana. Anche in questo caso lo «stato di consistenza» elaborato dall’Uficio requisizioni, insieme alla dettagliata planimetria che accompagna il verbale94, costituisce un prezioso riferimento per 89 Tra queste anche 11 famiglie coloniche specializzate nella coltura «delle ortaglie», fatte arrivare appositamente da Nocera, alle quali furono assegnati 2,5 ha di terreno a mezzadria (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 153). 90 «Nelle boniicate pianure di Pæstum, la Società Agricola Industriale Meridionale, oltre il tabacchiicio “Luigi Razza”, possiede e gestisce la fertile, vasta, ridente tenuta frutteto che copre un’area di ben trecento ettari di terreno. La tenuta – imponentissima ed importantissima per la sua grandiosità, ricca di verde, ubertosissima per la coltivazione – produce, prevalentemente, grano e tabacco, pomodori, carcioi, pesche, erba medica ed altri prodotti del suolo. Anche in questo campo la Società combatte e vince la battaglia del grano, dal Governo Nazionale Fascista ingaggiata» (DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., pp. 50-51). 91 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 11; La provincia di Salerno…, cit., p. 254. 92 Luigi Razza (1892-1935) è stato Ministro dei Lavori Pubblici del governo Mussolini dal 24 gennaio 1935 al 6 agosto 1935, data della sua prematura morte avvenuta per un disastro aereo nel cielo di Almaza (Cairo) mentre si recava in Eritrea. 93 I villaggi Farinia e Cafasso furono realizzati sostanzialmente in contemporanea, tuttavia alcune fonti coeve lasciano intendere una possibile derivazione del secondo dal primo: «Farinia è il villaggio agricolo modello secondo il grande concetto mussoliniano, dotato di ogni comodità e possibilità e su Farinia [Carmine] De Martino ha subito creata l’azienda “Luigi Razza”», vale a dire la borgata Cafasso (citazione in: NATELLA-PEDUTO, Farinia, villagio fascista, p. 336). La prima descrizione di quest’ultimo insediamento risale al 1938: «accanto al tabacchiicio sorgono la chiesa, la scuola, numerose case coloniche, le stalle, per l’allevamento delle bufale, i semenzai del tabacco, che coprono un’area di 6000 mq., e il campo sperimentale per i tabacchi di seme levantino» (G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 11). 94 ASSA, b. 767. Il documento reca la data del 15 luglio 1944, e risulta sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola per il Genio Militare, e dell’ingegnere Vittorio Ferraiolo per la SAIM. La planimetria dell’insediamento è stata pubblicata, limitatamente all’area del villaggio, in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 421, ig. 10. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO ricostruire l’articolazione dell’insediamento nel 1944. Innanzitutto il tabacchiicio risulta «costituito da un corpo di fabbrica di vecchia costruzione e da un grande locale per l’essiccamento del tabacco di recente costruzione, da fabbricati addossati al muro di cinta e da cortili interni ed esterni». L’ediicio più vecchio, che dovrebbe corrispondere all’originario stabilimento Bonvicini, ospita al primo piano un piccolo nucleo di abitazioni per i dipendenti, che si compone di «N. 6 vani utili, oltre N. 3 cucine, 2 disimpegni; 2 gabinetti e una grande sala d’ingresso alle dette»95. Sul lato orientale, ma sempre entro il muro di cinta del tabacchiicio, si trovano tre palazzine identiche, contrassegnate in planimetria con i numeri 7, 8 e 9, ed indicate come «abitazione del direttore e impiegati». Al piano terra sono composte da tre vani, un disimpegno, una cucina e un gabinetto con lavabo e «vaso di ghisa porcellanata», mentre al primo piano manca la cucina, pertanto i vani sono quattro e la «sala da bagno» dispone anche di una «vasca in ghisa porcellanata». Ad ognuno di questi tre ediici «è assegnato un piccolo orto cui si accede da un viale principale che corre parallelo al lato est del grande essiccatoio». La chiesa ad aula unica (in effetti poco più di una cappella) prosegue, dietro l’abside rettangolare, con un piccolo ediicio a due piani, che ospita verosimilmente la sagrestia con locali di servizio al piano terra e l’abitazione del parroco a quello superiore. Sopra l’ingresso della canonica è murata una lapide recante la seguente iscrizione: QVESTO TEMPIO DEDICATO ALLA MADONNA DEL CARMELO FV PENSIERO E DEVOZIONE DELLA SOCIETÀ AGRICOLA INDVSTRIALE MERIDIONALE — S.E. MONS. RAFFAELE DE GIVLI VESCOVO DI CAPACCIO E VALLO INAVGVRÒ IL 1° MAGGIO 1938 XVI E.F. Uno snello campanile dalla cuspide molto aguzza conferisce all’ediicio un aspetto quasi ‘alpestre’, 191 che stride notevolmente con l’assolata pianura circostante e con i due fabbricati adiacenti di gusto razionalista. La sensazione di spaesamento risulta ancora più marcata nella cartolina promozionale della SAIM96, ove la facciata assume un aspetto marcatamente neomedievalistico per via di alcuni elementi decorativi non più presenti ai nostri giorni, vale a dire quattro paraste, archetti pensili lungo le falde del tetto e, inine, un protiro su podio, retto da due colonne. Il contrasto stilistico si estende ai tre ediici rappresentati sul lato lungo della piazza, le cui ampie inestre d’angolo, contraddette soltanto in parte dalle coperture a falde inclinate, rispecchiano i riferimenti più aggiornati alle esperienze dell’architettura razionalista italiana. Si tratta di tre fabbricati che, pur essendo presenti sulla planimetria del 1944, non vengono descritti nel verbale, pertanto risulta impossibile confrontarli con quelli attuali che, in ogni caso, sembrano aver subito profonde alterazioni nel corso degli anni. In relazione ad essi piace soltanto sottolineare la presenza dei balconi angolari smussati a quarto di cerchio, osservabili in pianta, che sembrano ricordare l’analoga soluzione adottata nei due ediici posti ai lati della chiesa di Farinia. Recentemente sulla stampa locale è comparsa la notizia che il comune di Capaccio sarebbe interessato all’acquisizione del solo tabacchiicio, a fronte della cessione di volumetria compensativa su altre proprietà della società privata che ha acquistato l’immobile. Il vincolo monumentale ha impedito, infatti, che questo signiicativo esempio di archeologia industriale della Piana del Sele fosse demolita per lasciare il posto a nuovi insediamenti residenziali, di sicuro meno qualiicanti97. Il modello insediativo tabacchiicio-villaggio operaio, adottato dalla SAIM a Farinia e Cafasso, viene ripetuto una terza volta nella località Scanno, che nel 1961 modiicherà il proprio nome in Borgo Carillia98. Anche in questo caso Carmine De Martino impianta un’azienda agro-industriale, incentrata sul tabacchiicio «G. Giacomo Porta» ma estesa ad altre attività satellite99, cui viene assegnato il nome di Alfania, adottando ancora una volta quella programmatica latinizzazione dei toponimi tanto 95 La descrizione continua come segue: «Pavimentazione in piastrelle esagonali di cemento, pareti attintate a colla, sulle quali si notano parecchie macchie; inissi esterni in legno abete completi di ferrature; gli inissi esterni in legno di castagno hanno i vetri rotti per il 30%» (ASSA, Intendenza, b. 767). 96 Si tratta della cartolina disegnata da Guglielmo Beraglia contrassegnata con il n. 7, e recente la seguente didascalia: «Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno)». 97 ANGELA SABETTA, L’ex tabacchiicio Cafasso diventa proprietà pubblica, «La Città di Salerno», versione on-line, 13 marzo 2013. 98 LUCIO ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni dall’intervento della Riforma fondiaria. Appuntamento il 7, 8 e 9 agosto con dibattiti e spettacoli, «Unico. Il settimanale», a. X, 28, 19 luglio 2008, p. 7. 99 Oltre al tabacchiicio «G. Giacomo Porta» l’azienda Alfania comprendeva una segheria e un’oficina meccanica per la gestione delle conserve alimentari ad Altavilla Silentina, il tabacchiicio «N. Salvati» nella contrada Fiocche di Eboli, nonché la gestione dei boschi ed agricola a Serre e nella stessa Altavilla (IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 61). 100 GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 635-636; NATELLA-PEDUTO, pp. 334-335. 192 TOMMASO CARRAFIELLO cara alla retorica fascista100. Le prime abitazioni ad essere realizzate sono le quattro palazzine gemelle a pianta esagonale molto allungata, tuttora esistenti, che contrassegnano i quattro lati dell’attuale piazza Alfania101, già segnalate sinteticamente in precedenza. Anche per questo insediamento Guglielmo Beraglia ha disegnato una cartolina promozionale che rafigura proprio una di queste palazzine a due piani, vista dal lato posteriore, caratterizzata da una scala esterna con ballatoio (che ricorda gli ediici residenziali di Farinia), ed un porticato aperto sul lato verso la piazza102. In secondo piano sono rappresentati i grandi e anonimi blocchi dello stabilimento industriale (realizzato presumibilmente negli anni venti del Novecento), tra i quali si scorge una struttura più bassa sulla sinistra, presumibilmente riconducibile ai ruderi, tuttora esistenti, di un porticato in muratura a cinque fornici. In questa rappresentazione del 1942 non risulta riprodotta, invece, una sorta di ‘torre littoria’ a pianta semicircolare, che caratterizza attualmente il fronte del tabacchiicio in prossimità dell’incrocio tra via Giuseppe Mazzini e via Alcide De Gasperi. Questa si presenta concettualmente simile all’analoga struttura realizzata a Farinia, seppur meno imponente, e verosimilmente accoglie al suo interno un vano scale, a sua volta illuminato da un lungo pannello verticale in vetrocemento. Questa sorta di inestrone è riquadrato da una spessa cornice notevolmente strombata, i cui elementi orizzontali sono realzizati in cemento, mentre quelli verticali in laterizi. Proprio in corrispondenza dell’estremità superiore di questo pannello lucifero, è leggibile l’iscrizione «6.8.1950», che potrebbe indicare la data in cui al fabbricato preesistente fu aggiunto il volume cilindrico non presente nella cartolina di Beraglia. La muratura dell’intero complesso produttivo appare realizzata in pietrame (probabilmente tufo) con ricorsi orizzontali e riquadrature angolari in laterizio. Fonti non documentabili descrivono una struttura interna costituita da una doppia ila di pilastri, che sostiene la copertura realizzata con capriate in legno e manto di lamiere grecate, fatta eccezione per un’area di circa 1.250 mq dove sono utilizzate lastre di eternit103. Un secondo nucleo originario del futuro borgo residenziale è costituito dal cosiddetto Villaggio Maria Teresa che, pur richiamando sonorità asburgiche, in realtà vuole ricordare più semplicemente la iglia dello stesso Carmine De Martino, che ne fece il proprio quartier generale in occasione delle sue lunghe passeggiate a cavallo nel itto bosco di Persano. In queste scuderie l’industriale salernitano allevava, infatti, l’omonima e pregevole razza equina, ma quando nel 1942 fu necessario alloggiare 32 famiglie di operai pensò di adattare allo scopo proprio i «baracconi dei cavalli» di Maria Teresa, nobilitandone il nome con quello della giovane amazzone. 5. La riforma fondiaria in Campania : Scanno, San Cesareo, Ciofi e Gromola (ante 1958) Lo sviluppo di un vero e proprio borgo residenziale nella località Scanno ebbe inizio, comunque, soltanto dopo la conclusione della II Guerra mondiale, come segnalato nel 1949 da Elio Migliorini: «Il sorgere in zone disabitate di questi grandi stabilimenti […] non ha per ora avuto grande importanza antropica, dato che gli operai ritornano ogni sera ai centri di collina, distanti 10-15 km. Tuttavia Scanno, presso la lingua di terra limitata dal Sele e dal Calore, dove accanto alla lavorazione del tabacco sono associate altre attività agricole, tende ormai a costituire un centro abitato»104. In effetti nella seconda metà degli anni Cinquanta del XX secolo l’Opera Nazionale per i Combattenti (ONC) proseguì l’opera di colonizzazione nella Piana del Sele, espropriando i terreni della tenuta demaniale di Persano (1.215 ettari) e della stessa SAIM (927 ettari), al ine di dare attuazione alla Riforma fondiaria mediante la loro suddivisione in poderi105. Il tipo di insediamento preferito era notoriamente quello a case sparse, associato alla costituzione di «Centri di servizio» che garantissero ai coloni le funzioni urbane fondamentali nei settori sanitario, religioso, sociale e commerciale106. Tuttavia tra 101 La piazza ha cambiato altre due denominazioni: piazza Boselli e piazza Gerardo Alfani (ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni…, cit.). 102 Cartolina n. 3, che reca la seguente didascalia: «Tabacchiicio G. Giacomo Porta in Alfania (Persano di Salerno)». La irma è in basso a sinistra, la numerazione in alto a destra. 103 Non essendo stato possibile effettuare un sopralluogo, questa pur sommaria descrizione dev’essere considerata con la necessaria cautela. 104 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 149-150. 105 ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni…, cit. 106 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 39-40. 107 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 162. 108 Talora indicata anche come «Yonta» o, più semplicemente, «Ionta». CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO i territori acquisiti era compresa una «striscia mesopotamica»107 di circa 400 ettari chiamata Jonta108, e situata nell’angusta conluenza tra i iumi Sele e Calore, ove si veriicavano rilevanti alluvioni periodiche109. Questa particolare circostanza rendeva i terreni particolarmente fertili ma, allo stesso tempo, la messa in sicurezza dell’area diventava troppo onerosa e l’adozione dell’insediamento di tipo sparso era praticamente impossibile. Per questo motivo la “Sezione speciale per la riforma fondiaria in Campania” dell’ONC decise di concentrare i coloni in due borgate residenziali «da attuarsi in posizioni al sicuro dalle piene, ma il più possibile vicine ai terreni appoderati»110. In realtà venne valutata anche l’eventualità di costruire un unico centro abitato di oltre 90 fabbricati, ma questa ipotesi fu scartata poiché «avrebbe prodotto un eccessivo accentramento»111, oltre ad aumentare sensibilmente le distanze massime tra le case e i poderi, senza peraltro riuscire a soddisfare le esigenze delle zone limitrofe già appoderate, per le quali sarebbe stato comunque necessario realizzare un secondo centro di servizio. Le località più idonee a tale scopo furono individuate sulla sponda sinistra del Calore, una a monte della Jonta (Scanno) e l’altra a valle (San Cesareo112). Nel primo caso il nucleo urbano originario è stato notevolmente ampliato con la costruzione di numerose case ancora esistenti, ma spesso profondamente alterate rispetto alla primitiva morfologia, codiicata dall’ONC in tre tipologie standard113; tuttavia in alcuni casi è ancora possibile cogliere le tracce delle iscrizioni originarie: «O.N.C. | RIFORMA FONDIARIA». Degni di nota sono alcuni ediici per la comunità e, ancora una volta, la chiesa dall’impianto stilistico sempre in bilico tra schemi neomedievalistici e 193 semplicità razionalista114. La borgata residenziale di San Cesareo è stata realizzata sopra un’altura, nei pressi del ponte sul iume Calore realizzato per dare accesso ai poderi della Jonta, e comprendeva originariamente 36 case coloniche, disposte lungo due strade ad anello sfalsate rispettivamente. Nel punto di cerniera tra i due percorsi anulari è collocato il centro pubblico, costituito da sette ediici: chiesa e canonica, asilo d’infanzia, scuola elementare, fabbricato per i servizi sociali, magazzino della cooperativa, fabbricato degli ufici, negozi e botteghe artigiane. La collocazione geograica della borgata consente di soddisfare le esigenze anche degli appoderamenti realizzati nel comune di Albanella115, oltre a quello della Jonta, nonché di raggiungere facilmente le principali vie di comunicazione116. Tra i centri di servizio realizzati in questo contesto assumono una particolare importanza quelli di Ciofi e Gromola. Il primo, in particolare, viene ripetutamente segnalato dalla bibliograia come caso esemplare117, sebbene allo stato attuale sembra che sia stata effettivamente realizzata soltanto l’area dei servizi economici della cooperativa, mentre mancano del tutto gli ediici pubblici elencati sulla planimetria pubblicata nel 1958. Dal confronto di questo progetto con le foto aeree, ed a seguito di un recente sopralluogo, è possibile ipotizzare che degli ediici originariamente previsti siano stati effettivamente realizzati quelli relativi alle botteghe artigiane, il fabbricato ufici, le oficine e magazzini cooperativi. Sarebbero rimasti sulla carta, invece, l’istituto professionale, la scuola elementare, l’asilo d’infanzia, il fabbricato per servizi sociali e ambulatorio, la chiesa con canonica118. Tuttavia i primi interventi a Ciofi ebbero inizio in dal 1925, 109 «L’evento si veriica quando, in coincidenza con le piene dei iumi le mareggiate prodotte dal libeccio ostacolano il normale delusso del Sele. È un tipico fenomeno di rigurgito nel quale la Yonta fa da cassa naturale di espansione ed esercita un beneico inlusso sul livello di piena del iume, evitando tracimazioni e rotture degli argini che lo iancheggiano nel tratto terminale» (O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40). 110 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40, riassunto in: MARIO CATAUDELLA, La Piana del Sele. Popolazione, strutture insediative. Corso di geograia regionale, Salerno, Litograia Delta, 1975, pp. 74-77, già pubblicato in: Pubblicazioni dell’Istituto di geograia economica dell’Università di Napoli, v. XIII (1974). 111 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 41. 112 Talvolta indicato come «San Cesario». 113 In base alla composizione del nucleo familiare l’ONC aveva progettato tre tipi di alloggi, più una quarta tipologia destinata ai cosiddetti «quotisti», vale a dire agli assegnatari di semplici quote integrative (O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 4 e 15-38, progetti, fotograie e schizzo prospettico. Cfr. anche: CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 70, ig. 18). 114 Si veda, ad esempio, la fotograia del «Magazzino cooperativo» in: O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 46. La chiesa di Borgo Carillia è segnalata erroneamente come quella di Ciofi in: CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 93, ig. 27. Il plastico dell’insediamento progettato è riprodotto in: O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 267. 115 Allo stesso scopo nel comune di Albanella è segnalata anche la fondazione di Matinella, mentre per i contadini di Serre fu realizzato il «nucleo» di Baraccamenti (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 99). 116 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 47-48, nonché la planimetria a p. 49, e la riproduzione del plastico a p. 267; CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 76. 117 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 101; 36 anni dell’Opera nazionale per i combattenti 1919-1955, Roma, A cura dell’Opera nazionale per i combattenti, 1955, pp. 111-113; O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 45-47; PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., pp. 124-125, n. 23. 118 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., planimetria a p. 47. 194 TOMMASO CARRAFIELLO e comportarono inizialmente l’abbattimento della itta boscaglia, lo spianamento del terreno e la sua dissodazione per mezzo di «potenti locomotori a vapore». Il grano germogliò per la prima volta nel 1927, mentre si stavano ultimando la ristrutturazione dei fabbricati rurali esistenti e la costruzione di un ampio magazzino per i cereali, di un ienile e di un deposito seminterrato per le macchine agricole. Nei quattro poderi principali sorsero altrettante case coloniche complete delle necessarie strutture accessorie (stalle, concimaie, forni, ecc.), e collegate mediante sette nuovi tronchi stradali. L’istituzione di una «stazione antimalarica permanente» della Croce Rossa Italiana favorì una lotta eficace contro la malaria determinando in poco tempo la ine dei decessi119. Per la sua collocazione particolarmente felice, all’incrocio tra due importanti strade provinciali, Ciofi riusciva a fornire supporto ad un territorio di circa 2.000 ettari, di cui 900 lottizzati in 160 poderi, potendo contare, peraltro, anche su due nuclei satelliti che comprendono una scuola elementare e i magazzini delle cooperative120: Fiocche e Torre delle Barriate. Peraltro anche a Fiocche (circa a metà strada tra Eboli e Santa Cecilia) esisteva un imponente tabacchiicio della SAIM, costituito da sette grandi capannoni collegati tra loro e disposti lungo altrettanti lati di un ottagono, a formare un ampio spiazzo poligonale che veniva utilizzato per l’essiccazione del tabacco, accedendo dal lato libero da ediici. La struttura era collocata strategicamente di fronte all’unico ponte intermedio tra Ponte Sele e Ponte Barizzo, che dava accesso ad Alfania. Lo stesso ponte è stato rafigurato nella cartolina n. 4 della serie realizzata da Guglielmo Beraglia per la SAIM, che reca la seguente didascalia: «Ponte sul Sele – Tenuta Alfania (Persano di Salerno)». Il complesso ha subito ingenti danni nel corso del secondo conlitto mondiale, con la distruzione quasi totale di due fabbricati e quella parziale di una altro paio, e si presenta attualmente in uno stato di parziale abbandono che, tuttavia, non impedisce di coglierne la grandiosa articolazione poligonale. Poche le notizie su Gromola, posta a servizio di un’area pari a circa 1.800 ettari, sui quali sono stati realizzati 250 poderi e 92 quote integrative121. In ogni caso, però, la storia delle fondazioni realizzate dall’ONC nella Piana del Sele, nell’ambito della Riforma fondiaria, è ancora tutta da scrivere. 6. Una rilessione Oltre alle dodici città di fondazione codiicate dalla storiograia uficiale, le approfondite ricerche condotte negli ultimi anni da Antonio Pennacchi ed altri ricercatori hanno consentito di individuare numerosi altri nuclei analoghi, spesso di dimensione assai più ridotta, che a loro giudizio possono assurgere alla ‘dignità urbana’, in quanto accomunati da alcune caratteristiche ben tipizzabili: «i miti di fondazione, le modalità con cui fu attuata l’organizzazione spaziale del territorio, [ma soprattutto] i progetti socioeconomici che determinarono la nascita dei nuovi insediamenti»122. Nella Piana del Sele i progetti insediativi furono promossi quasi esclusivamente dagli imprenditori locali, in particolare dalla SAIM di Carmine De Martino, che era la principale società concessionaria per la lavorazione del tabacco. Il modello adottato da questa azienda consisteva nell’afiancare agli stabilimenti industriali (soprattutto i grandi tabacchiici) alcuni ediici residenziali (destinati prevalentemente alle maestranze tecniche e dirigenziali piuttosto che agli operai123) ed una serie di servizi in ambito religioso, sociale e commerciale (chiesa, scuola, locali di ritrovo, orfanatroio, molini, forno, botteghe, ecc.), che potessero soddisfare le esigenze dei coloni insediati nelle vicinanze. Allo stabilimento industriale era spesso associata, infatti, anche un’azienda agricola (talvolta strutturata in appoderamenti), generalmente dedicata alla produzione della materia prima, il tabacco. Rientrano in questa tipologia insediativa, in misura più o meno compiuta, i villaggi operai/aziende agro-industriali di Farinia, Cafasso e Alfania. Poiché molti lavoratori preferivano tornare ogni sera presso le proprie residenze d’origine, soltanto in pochissimi casi le borgate rurali e i centri di servizio hanno dato origine a vere e proprie comunità, dotate di una propria identità urbana ed autonomia funzionale (forse soltanto CafassoBorgo Nuovo e, successivamente, ScannoAlfania-Borgo Carillia). Corvinia costituisce un’eccezione poiché frutto di un appoderamento di iniziativa pubblica non ultimato, specialmente per quanto attiene alla ipotizzata ‘zona di supporto’, che avrebbe dovuto soddisfare sia le esigenze della popolazione rurale, sia quelle dei lavoratori impiegati nel vicino Aeroporto di Montecorvino. In nessun caso è stata individuata la presenza 119 36 anni dell’Opera…, cit., p. 111-113 120 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 45; CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 77. 121 CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 77 e fotograia della scuola elementare a p. 78, ig. 20. 122 PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., p. 110; PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 276-296. 123 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista, cit., p. 335. 124 Cfr 36 anni dell’opera..., cit., p. 268. CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO di ediici destinati chiaramente a funzioni amministrative, o correlati in modo evidente ed esclusivo alle attività politiche. Con la Riforma fondiaria in Campania l’apposita Sezione dell’ONC proseguì nell’opera di colonizzazione della Piana costruendo, tra l’altro, 195 due borgate rurali (Scanno e San Cesareo), e prevedendo la realizzazione di alcuni Centri di servizio (Ciofi, Gromola, Fiocche, Torre delle Barriate, Aversana, Spinazzo), che in alcuni casi avrebbero potuto ospitare anche la sede di una delegazione comunale distaccata124. 1 2 3 4 5 196 TOMMASO CARRAFIELLO 6 7 8 9 10 11 12 13 CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO 197 14 15 1. Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943 (disegno di Marco Soravia 2. «Case d’una zona appoderata tra Asa e Rialto», da: Elio Migliorini, La Piana del Sele, «Memorie di geograia economica”, a. 1, v. 1 (luglio-dicembre 1949, Napoli, Tip. Pironti e igli, 1949, tav. III in fondo al volume 3. Corvinia. Uno dei poderi allo stato attuale (foto di Tommaso Carraiello 4. Attilio Maiorana, S.A.I.M. Azienda Farinia, cartolina in bianco e nero, 1942-XX E.F. 5. Farinia. Vista dalla piazza verso il tabacchiicio (foto di Tommaso Carraiello 6. Guglielmo Beraglia, Chiesa del Sacro Cuore in Farinia (Salerno, cartolina n. 9, 1942-XX E.F. 7. Farinia. Chiesa del Sacro Cuore, stato attuale (foto di Tommaso Carraiello 8. Guglielmo Beraglia, Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno, cartolina n. 7, 1942-XX E.F. 9. Cafasso-Borgo Nuovo (Pæstum. Chiesa della Madonna del Carmelo, scuola e locale di ritrovo, stato attuale (foto di Tommaso Carraiello 10.Guglielmo Beraglia, Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno, cartolina n. 5, 1942-XX E.F. 11. Cafasso-Borgo Nuovo (Pæstum. Accesso alla tenuta «Luigi Razza» da via Magna Grecia, stato attuale (foto di Tommaso Carraiello 12. Guglielmo Beraglia, Tabacchiicio G. Giacomo Porta in Alfania (Persano di Salerno, cartolina n. 3, 1942-XX E.F. 13. Alfania-Borgo Carillia. Veduta da via Camillo Benso Conte di Cavour, stato attuale (foto di Tommaso Carraiello 14. Farinia. Scala elicoidale della torre littoria, accesso interno alla quota delle terrazze (foto di Salvatore Lembo 15. Farinia. Scala elicoidale della torre littoria, prospettiva dall’alto (foto di Salvatore Lembo ASUP, 1, 2013 (2015) BORGATE RURALI, VILLAGGI OPERAI, CENTRI DI SERVIZIO E ALTRE FONDAZIONI NELLA PIANA DEL SELE (SALERNO) (1935-1942) Tommaso Carrafiello ERRATA-CORRIGE Per un mero errore editoriale è stata pubblicata la prima bozza e non la versione finale del saggio, pertanto la presente errata-corrige dovrebbe risultare assai più corposa. Tuttavia, avendo ritenuto opportuno segnalare soltanto i casi più significativi, mi scuso preventivamente con i lettori, nonché con gli autori citati, per i numerosi refusi presenti nel testo stampato, e segnalo l’incostante riferimento archivistico sintetico relativo alla documentazione pag. 179 181 182 184 conservata presso l’Archivio di Stato di Salerno (ASSA). Inoltre per migliorare la comprensione del testo ho ritenuto opportuno integrare la presente errata-corrige con una versione a colori dello Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943, elaborato da Marco Soravia (fig. 1 a p. 195), e con una planimetria commentata dell’insediamento di Farinia. errata colonna B, rigo 14 «Sele, presso la foce» «Sele, in prossimità della sua foce» nota 29 «sul lato corto» «su uno dei due lati corti» colonna A, rigo 20 «che per primo ha formulato» «che ha formulato» nota 50 «ASSA Intendenza, b. 676» «ASSA, Intendenza, SAIM, b. 767» 184-191 186 corrige Nello stesso modo devono essere intesi gli analoghi riferimenti archivistici sintetici presenti alle successive note nn. 51 a p. 184, 57 a p. 185, 61 a p. 186, 67 e 71 a p. 187, 74, 75 e 77 a p. 188, 94 a p. 190 e 95 a p. 191. colonna B, righi 5-7 «Sabaudia, tuttavia quelle più sottili sporgono rispetto al piano verticale coma ad Aprilia; a Farinia questo effetto è stato ottenuto» «Sabaudia. A Farinia, però, quelle più sottili sporgono rispetto al piano verticale coma ad Aprilia. Questo effetto viene ottenuto » 187 nota 67 «l’essiccatoio e le «stendaggini» » «l’essiccatoio e «stendaggini» » 188 colonna A, rigo 29 «più piccoli, mentre l’intero fabbricato» «più piccoli, cosicché l’intero fabbricato» 189 nota 83 «un azienda» «un’azienda» «ma non sembra» «ma che non sembra» TOMMASO CARRAFIELLO 190 colonna B, righi 17-18 «in fondo alla quale si trova la chiesa. Questa è a sua volta» nota 93 «citazione in:» «in fondo alla quale è collocata la chiesa. Questa risulta a sua volta» «EDUARDO GALDIERI, I paesi salernitani di origine greco-ionica, Roma, Edizioni XX secolo S.A.I., 1942, v. 1, p. 21, citato in:» 191 colonna B, righi 1-2 «stride notevolmente con l’assolata pianura circostante e con i due fabbricati» 192 colonna A, rigo 32 «realzizati» «realizzati» colonna B, rigo 7 «sfalsate rispettivamente» «reciprocamente sfalsate» 193 194 194 195 197 colonna A, righi 31-34 «La struttura era collocata strategicamente di fronte all’unico ponte intermedio tra Ponte Sele e Ponte Barizzo, che dava accesso ad Alfania» «stride notevolmente sia con l’assolata pianura circostante che con i due fabbricati» «La struttura appare collocata strategicamente di fronte all’unico ponte intermedio tra Ponte Sele e Ponte Barizzo, che consente l’accesso ad Alfania-Borgo Carillia» colonna B, righi 17-18 «in particolare dalla SAIM di Carmine De Martino, che era» «in particolare da Carmine De Martino, Amministratore della SAIM, che era» colonna B, rigo 41 «una propria identità urbana» «una compiuta identità urbana» colonna A, rigo 1 «chiaramente» «specificamente» didascalia n. 2 «da: Elio Migliorini, La Piana del Sele,» «da: ELIO MIGLIORINI, La Piana del Sele,» didascalia n. 5 «vista della piazza verso il tabacchificio» «vista della piazza verso il tabacchificio, stato attuale» In tutte le didascalie manca la parentesi tonda di chiusura, inoltre i titoli delle foto nn. 6, 8, 10 e 12 sono citazioni tratte dalla cartolina originale, pertanto vanno intesi tra « ». ASUP, 1, 2013 (2015) Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943 (disegno di Marco Soravia) TOMMASO CARRAFIELLO Farinia. Planimetria dell’insediamento (disegno di Tommaso Carrafiello) 1 e 4 – casa a due piani per otto famiglie di salariati e dipendenti 2 – «casa canonica» su due piani 3 – scuola rurale con abitazione dell’insegnante al primo piano 5 – orfanatrofio 6 – locali di ritrovo 7 – molino e forni 8 – refettorio 9 – chiesa