aSUP
annali di Storia dell’UrbaniStica e del PaeSaggio
Modelli di città
e di «borghi di fondazione italiani»
in italia, nel Mediterraneo
e in oltreMare
a cura di ferruccio canali
ANNO 2013 (ma 2015)
NUMERO 1
«ASUP-Annuario di Storia dell’Urbanistica e del Paesaggio »
Collana editoriale fondata e diretta da Ferruccio Canali
Volume inanziato con i Fondi di Ateneo dell’Università degli Studi di Firenze ex 60% - assegnazioni annuali,
dott. Ferruccio Canali e con il contributo del singoli Autori
COMITATO SCIENTIFICO ITALIANO
Ferruccio Canali (Università di Firenze), Giovanna de Lorenzi (Università di Firenze), Virgilio Carmine
Galati (Università di Firenze), Valentina Orioli (Università di Bologna), Massimiliano Savorra (Università
del Molise), Simona Talenti (Università di Salerno), Ulisse Tramonti (Università di Firenze), Stefano
Zagnoni (Università di Ferrara)
COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
Valter Balducci (école Supérieure d’Architecture de Normandie, Rouen – Francia), Vittoria Capresi
(Università Tecnica, Baladilab, Vienna – Austria), Romeo Carabelli (Università di Tours – Francia), Roberto
Goycoolea Prado (Università Alcalà di Madrid – Spagna), Adriano Marinazzo (Muscarelle Museum of
Art - Va,USA), Olimpia Niglio (Università di Kyoto-Giappone), David Rifkind (International University of
Miami - Fl,USA), Karin Templin (School of Architecture and Landscape, Kingston University, Londra)
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(adottando la procedura di blind peer review; e di clear peer review, con indicazione, in ogni saggio, del Lettore)
«ASUP-Annuario di Storia dell’Urbanistica e del Paesaggio»
n. 1 – 2013 (ma 2015)
Modelli di città e di «borghi di fondazione italiani» in Italia, nel Mediterraneo e in Oltremare
a cura di Ferruccio Canali (le Sezioni sono aggiornate al marzo 2015)
IDEAZIONE E CURA SCIENTIFICA:
Ferruccio Canali
Maria Natalina Brigliadori
TRADUZIONE IN INGLESE: David Rifkind e di Karin Templin
DISEGNO DI COPERTINA: Virgilio Carmine Galati
COPERTINA: Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati
REVISIONE EDITORIALE:
ISSN 2284-4066
ISBN 978-88-89999-85-1
Finito di stampare in Aprile 2015
da Litograia I.P., Via Giovanni Boccaccio 26 rosso, 50133 Firenze
Copyright 2013 by EMMEBI EDIZIONI FIRENZE
Proprietà letteraria riservata
SOMMARIO
3
EditORiAlE E iNtROdUziONE
5
Ferruccio Canali
MOdElli di città E di «bORghi di fONdAziONE itAliANi» iN itAliA, NEl
MEditERRANEO E iN OltREMARE
8
Ferruccio Canali
«bORghi SEMiRURAli PER lA RESidENzA OPERAiA»: MOdElli di «cENtRi
MiNORi» («bORgAtE»/«QUARtiERi PERifERici SEMi-AUtONOMi», «VillAggi»)
NEi PARAdigMi iNtERNAziONAli E NEllA RiflESSiONE tEORicO-PRAticA
dEllA RiViStA “URbANiSticA” (1933-1942)
48 Stefano Zagnoni
i cENtRi AbitAti dEl PRiMO PERiOdO cOlONiAlE itAliANO NEl NORd
dEllA ciRENAicA (1911-1920)
58 David Rifkind
«cROcEViE dEll’iMPERO». URbAN PlANNiNg iN EthiOPiA (1935-1941)
63 Ferruccio Canali
AddiS AbEbA «itAliANA»: il PiANO REgOlAtORE E lA SERiE dEllE SUE
VARiANti (1936-1939). lE AttEStAziONi dOcUMENtARiE dAl fONdO
“MAi-MiNiStERO dEll’AfRicA itAliANA”
127 Virgilio C. Galati
“bARi d’EtiOPiA” (hARAR): lE VicENdE dEllA fONdAziONE dEl cENtRO
URbANO E l’UtOPiA dEllA cOlONizzAziONE AgRicOlA NEll’EtiOPiA itAliANA
(1937-1941)
162 Romeo Carabelli
l’ESPERiENzA dEi VillAggi di cOlONizzAziONE AgRicOlA NEl PORtOgAllO
SAlAzARiStA (1933-1974)
177 Tommaso Carraiello
bORgAtE RURAli, VillAggi OPERAi, cENtRi di SERViziO E AltRE fONdAziONi
NEllA PiANA dEl SElE (SAlERNO) (1935-1942)
PERSONAggi
200 Olimpia Niglio
il cONtRibUtO di JOSiAh cONdER PER l’ARchitEttURA dEl PAESAggiO
iN giAPPONE AllA fiNE dEl XiX SEcOlO
206 Ferruccio Canali
giUSEPPE tASSiNARi E lA “RElAziONE Al dUcE dEl ViAggiO AttRAVERSO
i tERRitORi dEll’iMPERO”: PAESAggi E tERRitORi NEllA PROSPEttiVA dEllA
cOlONizzAziONE dEll’AfRicA ORiENtAlE itAliANA (gENNAiO-fEbbRAiO 1937)
215 Massimiliano Savorra
ARchitEttURA, città, PAESAggiO: dAVidE PAcANOwSki E il MOliSE
224 Tommaso Carraiello
cOStRUiRE il PAESAggiO cON lE ARchiStAR. ViNcENzO dE lUcA E SAlERNO
4
«ASUP», 1, 2013 (2015)
dOSSiER UNEScO iN PROgRESS
235 Olimpia Niglio
i VillAggi MiNERARi dEll’iSOlA di SAdO iN giAPPONE VERSO il PAtRiMONiO
MONdiAlE dEll’UMANità
242 Romeo Carabelli
cASAblANcA E il PROcESSO di iScRiziONE Al PAtRiMONiO MONdiAlE UNEScO
248 Marco Frati
lA ViA fRANcigENA PAtRiMONiO dEll’UMANità: UNA StRAdA iNcERtA PER
l’UNEScO
252 Ferruccio Canali e Virgilio C.Galati
il cOMPlESSO di SANtA cAtERiNA A gAlAtiNA, SitO UNEScO? UN iMPORtANtE
cANtiERE tRA tARdO gOticO E “UMANESiMO gENtilE” PER l’ESPiAziONE
cRiStiANA dEl tARANtiSMO
REcENSiONi E SEgNAlAziONi
264 Costantino Ceccanti
Firenze e l’Unità d’Italia: un nuovo paesaggio urbano,
a cura di gabriella oreice, roma, edizioni Kappa, 2011
265 Ferruccio Canali
Michele dau, Mussolini l’anticittadino. Città, Società e Fascismo, roma, castelvecchi, 2012
267 Valentina Orioli
Regole e progetti per il Paesaggio. Verso il nuovo piano paesaggistico della Toscana,
a cura di daniela Poli, fUP-firenze University Press, 2012
268 Virgilio C. Galati
Segnalazione
il Paesaggio salentino dei «monotoni argentei ulivi» e la speculazione attorno alla questio “Xilella
fastidiosa”: una ventilata ‘mutazione paesaggistica’ e il problema dell’abbattimento degli ulivi secolari
(2013-2015)
«ASUP», 1, 2013 (2015)
177
borgate rUrali, Villaggi oPerai, centri di SerVizio e altre
fondazioni nella Piana del Sele (Salerno) (1935-1942)*
Tommaso Carraiello
ABSTRACT:
Dopo il precedente borbonico di Battipaglia, negli anni Trenta del XX secolo le fondazioni urbane
nella Piana del Sele consistono quasi esclusivamente in villaggi operai di iniziativa privata, che sorgono intorno ai
grandi tabacchiici, o negli appoderamenti delle relative aziende agricole. Corvinia è l’unica eccezione, che associa
alla borgata rurale di iniziativa pubblica un centro di supporto per il vicino aeroporto di Montecorvino. Dopo la
II Guerra Mondiale l’ONC prosegue l’opera di colonizzazione fondando due borgate residenziali ed alcuni centri
di servizio.
After the irst case of Battipaglia, a planned town established during the Bourbon Age, in the Thirties of the
20th century the founded settlements in the Sele Plain mostly consist of workers’ villages built by private
entrepreneurs. They are located near large tobacco factories or in the related farms. Corvinia is the only example
of settled city that combines a rural township developed by public administration with a support centre for the
nearby Montecorvino Airport. After the World War II, the ONC (Soldiers’ National Organization) keeps on the
colonization work founding two residential townships and few service centres.
Sul primo numero della rivista «Salernum» del 1935
un ignoto redattore elencava le «opere del Regime»
programmate nella provincia salernitana, annunciando con toni entusiastici l’imminente avvio dei
lavori per la realizzazione di un nuovo «centro agricolo», che sarebbe sorto «nella zona tra Pontecagnano e Battipaglia, ch’è il primo comune agricolo
costituito dal Fascismo, il 1929»1. In realtà la storia
di quest’ultima cittadina è ben più antica e risulta
correlata, peraltro, ad analoghi programmi insediativi risalenti all’epoca borbonica.
1. Un importante precedente: Battipaglia (1857-1861)
Il primo documento uficiale che cita la località di
Battipaglia è un diploma di Roberto il Guiscardo
del 1080, nel quale viene ricordato il «Castellucio
de Baptipalla» quale possedimento della chiesa
salernitana. Il toponimo sarebbe da mettere
in relazione, invece, con l’usanza medievale di
consentire agli operai dei grandi proprietari
terrieri di raccogliere la paglia risultante dalla
trebbiatura, per sottoporla ad una seconda
battitura con mazze a snodo, allo scopo di estrarne
i residui del grano. Questa attività veniva svolta
in una grande aia di uso pubblico, sita nel centro
dell’abitato2. Secondo altre fonti, peraltro non
documentate, Battipaglia potrebbe indicare un
luogo «anticamente (palai) sommerso dalle acque
(bapto)», accreditando quindi un’etimologia
da mettere in relazione con l’effettiva natura
paludosa del territorio. In ogni caso il toponimo
«Battipallia» compare già sulle mappe aragonesi,
risalenti alla seconda metà del XV secolo, nelle
quali è associato ad un insediamento urbano
rappresentato con un campanile e nove casette,
PEER REVIEW: FERRUCCIO CANALI E VIRGILIO C. GALATI PER CLEAR PEER REVIEW; LETTORE ANONIMO PER BLIND PEER REVIEW
Per l’elaborazione di questo saggio mi sono avvalso della preziosissima collaborazione degli amici Maurizio Budetti e Marco
Soravia, che ringrazio vivamente per i rispettivi e fondamentali contributi alla ricerca. Il primo ha messo a mia disposizione la
sua ricca biblioteca tematica sul salernitano, alcune fonti iconograiche del tutto inedite, nonché le sue personali conoscenze e
considerazioni sull’argomento speciico. Il secondo ha fornito un supporto tecnico indispensabile per individuare la collocazione topograica dei siti descritti, in particolare di Corvinia, attraverso la ricerca e l’interpretazione critica della cartograia e
delle foto aeree, che hanno anche consentito di tracciare lo “Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia
nel 1943”, del quale è anche autore. I rispettivi contributi sono segnalati di seguito in maniera più puntuale. Ringrazio altresì
Salvatore Lembo per aver concesso la pubblicazione di due fotograie che rafigurano la scala elicoidale presente nella Torre
Littoria del tabacchiicio di Farinia.
1 Un nuovo centro agricolo nel Salernitano, «Salernum», a. I, n. 1, 23 marzo 1935 – XIII, pp. 63-64. Il comune di Battipaglia
fu istituito con Regio Decreto n. 623 del 28 marzo 1929 (VII E.F.), a seguito del frazionamento dei comuni di Eboli e Montecorvino Rovella.
2 ELIO MIGLIORINI, La Piana del Sele. Studio di geograia agraria, con una premessa su “La geograia agraria nel quadro della
scienza geograica”, «Memorie di geograia economica», a. 1, v. 1 luglio-dicembre 1949, Napoli, Tip. Pironti e igli, 1949, pp.
93-94, n. 2, che cita i relativi riferimenti bibliograici.
178
TOMMASO CARRAFIELLO
corrispondenti presumibilmente ad altrettanti
«fuochi» o famiglie3.
In tempi più recenti, laddove esisteva un piccolo
agglomerato di masserie e mulini intorno ad
una cappella, Ferdinando II di Borbone decise
di impiantare una colonia agricola destinata
ad accogliere le famiglie scampate al disastroso
terremoto del dicembre 1857, che aveva
devastato l’alta Val d’Agri ed il Vallo di Diano.
L’insediamento, sorto su terreni coniscati alla
famiglia Doria d’Angri, era costituito da sedici
ediici che comprendevano ognuno cinque alloggi,
più altri quattro da dieci alloggi, per un totale di
venti fabbricati e 120 appartamenti. Questi ultimi
si sviluppavano su due livelli, collegati mediante
una scala interna in legno, e si componevano di
due vani al pianterreno e due al primo piano. Le
stecche edilizie, inoltre, erano accoppiate a due
a due e raccordate da muri di collegamento che
deinivano dieci cortili, tanto che, proprio per
questo motivo, furono chiamate «comprese». Nel
centro dei cortili, ai quali si accedeva tramite due
porte aperte nei muri di raccordo, erano collocati
i nove forni pubblici dell’insediamento, mentre le
latrine comuni erano sistemate nei quattro angoli
tra gli ediici e gli stessi muri di collegamento.
Oltre all’abitazione furono assegnate alle famiglie
anche 5 moggia di terreno agricolo (circa 2,2 ettari),
nonché strumenti, sementi e utensili necessari per
avviare la coltivazione. L’attribuzione delle case e
della terra era subordinata alla presentazione di un
certiicato comprovante lo stato di nullatenenza e
la buona condotta morale e politica, vale a dire un
attestato di fedeltà ai Borbone; pertanto quando
nell’aprile 1861 furono fatte le assegnazioni,
essendo notevolmente cambiati i criteri circa la
‘buona condotta’ a seguito della proclamazione
del Regno d’Italia, soltanto 32 delle 120 famiglie
selezionate nel 1858 videro soddisfatte le proprie
aspettative, e molti furono costretti a tornare nei
luoghi d’origine oppure a sistemarsi alla meglio,
anche nelle grotte4.
Negli anni Trenta del Novecento, con la “Boniica integrale” della Piana del Sele5 per il modesto
nucleo abitato ha inizio una rapidissima fase di
sviluppo economico ed urbano, che mette pienamente a frutto la felicissima posizione geograica,
strategica rispetto ai vasti territori pianeggianti,
boniicati e resi fertili dal Regime. Battipaglia è collocata, infatti, sul corso medio del iume Tusciano
(antico limite meridionale dell’area di inluenza
etrusca), ed esattamente alla biforcazione delle
grandi arterie stradali e ferroviarie nazionali6, e
quindi in una posizione che ha facilitato l’espansione nel commercio dei prodotti agricoli e nella
relativa industria di trasformazione7, almeno ino
ai tragici eventi del 19698.
La notizia annunciata sulla rivista salernitana del
1935 indica, comunque, che il primo gruppo di
case coloniche del nuovo «borgo rurale» sarebbe
sorto a circa sette chilometri da questa cittadina,
in una località molto più prossima all’abitato di
Pontecagnano9 e, più precisamente, nel latifondo
denominato «“Difesa Nuova”, che le recenti opere
di boniica hanno restituito a nuovi destini di
ricchezza economica». Storicamente per «difesa»
3 FERNANDO LA GRECA e VLADIMIRO VALERIO, Paesaggio antico e medioevale nelle mappe aregonesi di Giovanni Pontano. Le
terre del Principato Citra, Acciaroli (SA), Centro di Promozione Culturale del Cilento, 2008, pp. 37 e 92-93, tavv. 2.5 e 2.6,
indice-legenda a p. 127.
4 FRANCESCO PLATZER, La boniica del destra Sele, Roma, 1942 – XX, p. 8, n. 1;MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 94-95;
Loreta MASTROLONARDO, Battipaglia: frammenti del passato, Battipaglia (SA), Editrice Libreria EBLA, 1992, p. 145, illustrazioni a p. 146.
5 Sulla storia degli interventi di boniica nella Piana del Sele si veda: Acque & terra nella piana del Sele. Irrigazione e boniica
’32-‘82. Irrigazione e boniica nel comprensorio in destra del Sele fra XIX e XX secolo, a cura di Giovanni Bruno e Rosario
Lembo, Salerno 1982. Per quanto riguarda più in generale la politica di boniica e colonizzazione interna del periodo fascista
si veda: Maria Rosa PROTASI, Eugenio SONNINO, Politiche di popolamento: colonizzazione interna e colonizzazione demograica
nell’Italia liberale e fascista, «Popolazione e storia», 1, 2003, in particolare le pp. 105-113.
6 La cosiddetta «Strada delle Calabrie», oggi S.S. 19, si innesta sulla «Tirrena Inferiore» (S.S. 18, da Napoli a Reggio Calabria) proprio a Battipaglia e, proseguendo in direzione di Eboli, giunge a Catanzaro dopo aver attraversato l’entroterra del
Vallo di Diano e la Basilicata. Analogamente la linea ferroviaria Napoli-Reggio Calabria si biforca a Battipaglia in direzione
di Potenza e Taranto. Nel 1930 questo scalo ferroviario dava lavoro a circa 100 addetti, e vi transitavano 60 treni al giorno
(MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 96, n. 1).
7 Determinanti per il rapido sviluppo di Battipaglia furono la derivazione delle acque del Tusciano per irrigazione (1873) e la
costruzione della ferrovia Napoli-Reggio Calabria (1866-1884). Nel 1930 fu realizzato anche un nuovo acquedotto (PLATZER,
La boniica…, cit., p. 8, n. 1; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 95).
8 Dopo la chiusura dei conserviici Baratta, Gambardella, D’Amato e D’Agostino, la crisi non aveva risparmiato anche il
tabacchiicio e lo zuccheriicio. L’ipotesi di chiusura di queste due aziende storiche, che insieme alle coltivazioni e all’indotto
offrivano sostentamento alla metà della popolazione battipagliese, fu la causa scatenante di uno sciopero generale (9 aprile
1969) caratterizzato da gravi incidenti (la polizia fu costretta ad arrendersi ai manifestanti e ritirarsi) e da un tragico epilogo:
la morte dello studente Carmine Citro in via Mazzini e di Teresa Ricciardi, colpita da un proiettile vagante all’interno della
propria abitazione.
9 Pontecagnano sorge sull’area dell’antica Picentia, indicata nella “Tabula Peutingeriana” con il toponimo «Icentia». Secondo Strabone questa città fu fondata dai Piceni (o Picenti) che, sconitti dai Romani negli anni 269-268 a.C., vennero deportati
dalle Marche al Golfo di Poseidonia, vale a dire nel tratto costiero compreso tra Salerno ed il iume Sele, poi ribattezzato
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
(dal latino defendere) si intendeva «il territorio
chiuso allo scopo d’impedire l’esercizio degli usi
civici, presso i Longobardi divenuta la selva del
re, nella quale non era ammesso il pascolo degli
animali dei privati»10. La «Difesa Nuova», in
particolare, era una «serrata»11 delimitata a sud
ovest dal demanio costiero, a nord-ovest dal
torrente Asa, a nord-est dalla «strada regia» (oggi
S.S. 18) che collega Pontecagnano a Battipaglia,
ed inine a sud-est dal torrente Rialto12.
Questo territorio ricade nella prima sezione della boniica13, i cui proprietari ed afittuari si sono
sempre distinti, nel corso degli anni, per aver saputo cogliere le opportunità offerte dalla tecnologia
applicata all’agricoltura di pregio come, ad esempio, l’utilizzo dell’elettricità, resasi disponibile con
l’inaugurazione della diga di sbarramento sul iume Sele (1 luglio 1934)14. Alla ine del 1934 questa
porzione delle Piana era completamente asciutta,
poteva già disporre di una buona rete stradale, di
179
una rete irrigua suficiente, e si stava completando la sistemazione della parte bassa mediante un
impianto di sollevamento (idrovora) alla foce del
torrente Asa15. La messa in funzione dell’idrovora
costituisce una svolta di fondamentale importanza perché segna l’abbandono deinitivo dell’obsoleta tecnica delle colmate naturali, il recupero
del ritardo rispetto alle boniiche settentrionali, e
l’avvento dell’elettricità applicata all’agricoltura16.
I lavori avviati nel 1929 comportarono la separazione delle acque alte da quelle basse, esaurendo
queste ultime col sollevamento meccanico, mentre
le prime furono fatte sfociare direttamente a mare
o, nel caso del Tusciano, nello stesso Sele, presso la
foce. I due iumi furono arginati nell’ultimo tratto
allo scopo di evitare esondazioni in occasione delle
piene, e le loro acque furono utilizzate per l’irrigazione. Inine la rete stradale esistente fu migliorata
ed ampliata17. Non a caso lo stesso cronista della rivista salernitana ritiene opportuno segnalare
«Ager Picentinus» («Quos quidem Romani Posidoniatem in sinum traduxerunt», STRABONE, Geograia, ine del Libro V).
I Picentini, memori dei torti subiti, si ribellarono ai loro oppressori alleandosi con Annibale nella Seconda Guerra Punica,
ma dopo la sua sconitta (201 a.C.) la città fu posta sotto la sorveglianza della colonia di Salerno, appositamente fortiicata
(«Paulum autem supra mare Romani Salernum custodiæ gratia in eos munierunt», STRABONE, cit.). Un nuovo tentativo di
insurrezione si veriicò nel corso della Guerra Sociale (90-88 a.C.), ma anche questa volta Picentia fu sconitta e rasa al suolo
dai Romani, i quali sparsero il sale sulle sue rovine ed obbligarono gli abitanti superstiti a disperdersi «vicatim et per pagos»,
con l’espresso divieto di costituire nuovamente un insediamento unitario (FRANCESCO SERFILIPPO, Ricerche sulla origine di
Monte-Corvino nel Principato Citeriore, Napoli, Stabilimento Tipograico Vico de’ Ss. Filippo e Giacomo n. 26, 1856, pp. 1117). Secondo la comune opinione proprio a seguito di questo evento sorsero sulle colline ‘picentine’ tanti piccoli villaggi come
Olevano, Giffoni, San Cipriano e la stessa Montecovino, che comprendeva 22 casali distribuiti su circa 48 kmq e ripartiti in
Atto di Rovella e Atto di Pugliano. Questo vasto territorio venne amministrato per più di due secoli dalla Università di Montecorvino, ma quando la legge borbonica n. 570 del 12 dicembre 1816 consentì il frazionamento delle comunità locali, Rovella
e Pugliano si separarono per costituire due comuni autonomi. Il conseguente Decreto reale n. 1876 del 25 gennaio 1820 istituì
le nuove entità territoriali, aggregando a Montecorvino Pugliano anche lo spopolato casale di Faiano, estraneo al territorio
della precedente Università. Con Regio decreto del 18 giugno 1911 proprio quest’ultimo casale e quello di Pontecagnano si
separarono ulteriormente da Pugliano, andando a costituire l’attuale comune di Pontecagnano Faiano (Castrum et homines
Montis Corvini. L’archivio storico del comune di Montecorvino Pugliano. Inventario, a cura di Maurizio Budetti, Angri (SA),
Gaia, 2011, pp. 11-16).
10 PASQUALE NATELLA, Vignadonica di Villa. Saggio di toponomastica salernitana, Agropoli (SA), Schiavo, 1984, p. 14, citato
in: Generoso CONFORTI, MARCELLO MARESCA, Il territorio di Bellizzi. Appunti e documenti, Bellizzi (SA), Amministrazione
comunale, 2002, p. 53, nota 2.
11 «Le difese aperte si distinguevano da quelle serrate per le minori o maggiori restrizioni messe nella chiusura e anche per la
natura demaniale o allodiale del territorio. Le prime erano aperte al pascolo in alcuni determinati periodi dell’anno, per non
privare i cittadini di usi che nel territorio eran soliti esercitare, le seconde invece restavano chiuse per tutto l’anno» (ROMUALDO
TRIFONE, Ricerche sulla Difesa Nuova in territorio di Montecorvino, Montecorvino Rovella (SA), Stabilimento Tipograico
L’Unione, 1909, p. 19, nota 4).
12 CONFORTI-MARESCA, Il territorio …, cit., pp. 53-58.Questo territorio, soprattutto con l’eversione feudale del 1806, fu al
centro di un lungo contenzioso tra i comuni di Montecorvino Rovella e Montecorvino Pugliano (Cfr.: MARIA RITA CAPO, La
questione demaniale a Montecorvino Rovella, «Annali cilentani», a. V, n. 1, gennaio-giugno 1993, pp. 20-48).
13 Il perimetro del comprensorio di boniica rimane sostanzialmente quello tracciato dal rescritto borbonico del 17 dicembre
1856, con il quale furono stabiliti i «raggi di boniicazione» (perimetri) e stanziata la tassa territoriale per sopperire alle spese
delle relative opere. La prima sezione è quella compresa tra il torrente Asa e il iume Tusciano (7.276 ha), la seconda tra
quest’ultimo e il iume Sele (16.680 ha), la terza è quella ricade sulla riva sinistra dello stesso Sele (17.251 ha), vale a dire ino
al torrente Solofrone (ROSARIO LEMBO, La boniica integrale e la nascita del Consorzio, in: BRUNO-LEMBO, Acque & terra…, cit.,
p. 101; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 64; La provincia di Salerno vista dalla R. Società Economica, Salerno, Tip. F.lli
Jovane di Gaetano, 1935, v. 1, p. 188).
14 LEMBO, La boniica integrale…, cit., pp. 94-95. Sul primato degli imprenditori della prima sezione di boniica: Ivi, p. 104.
Questa sezione «è stata la seconda zona ad essere irrigata con le acque del Sele ed è certamente quella – eccezione fatta per la
prima zona [intorno a Battipaglia, n.d.A.] – che ha raggiunto il maggior grado di sviluppo (GIUSEPPE BARBERO, La trasformazione fondiaria irrigua nella piana del destra Sele. Estratto dal 1° volume : “Economia delle Trasformazioni Fondiarie”, Napoli,
Istituto Editoriale del Mezzogiorno, 1956, p. 25).
15 BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 36.
16 LEMBO, La boniica integrale…, cit., pp. 94-95.
180
TOMMASO CARRAFIELLO
che l’appoderamento preigurato si appoggerà su
una strada di boniica già esistente18, aggiungendo
peraltro che quei «terreni fertilissimi» potranno essere intensamente sfruttati da «famiglie coloniche
del Comune di Montecorvino Rovella»19, senza
però speciicare che proprio da questa località trae
origine anche la denominazione del futuro «centro
agricolo»: Corvinia.
2. Fondazioni di iniziativa pubblica : Corvinia e
l’Area di supporto aeroportuale (1935-1938)
Il progetto elaborato dall’ingegnere Luigi Centola prevedeva un appoderamento a maglia stretta
(quattro ettari per quota)20, e la realizzazione di
canali d’irrigazione, fossi di drenaggio, strade interpoderali e 43 case rurali (corrispondenti ad
altrettanti poderi), che sarebbero dovute essere
pronte per il successivo 28 ottobre, anniversario
della Marcia su Roma, scansione temporale della nuova Era Fascista, e data elettiva per tutte le
inaugurazioni delle opere realizzate dal Regime. In
effetti il 31 ottobre 1938 un altro periodico saler-
nitano dell’epoca, «Il Popolo Fascista», annuncia
in prima pagina e con toni trionfalistici l’avvenuta
inaugurazione di Corvinia21, sebbene nel più ampio resoconto contenuto all’interno si apprenda
che le case coloniche effettivamente ultimate sono
soltanto 25 («costruite con sobrietà, ma comode e sane»), che i poderi si riducono da 43 a 38,
e che questi saranno assegnati anche ai contadini
di Pontecagnano e Montecorvino Pugliano, oltre
che a quelli di Rovella22. Ogni casa colonica comprende tre ambienti di abitazione, una stalla per
quattro capi di bestiame, un magazzino ed una
concimaia, ai quali si aggiunge il forno e il pozzo
esterni23; quest’ultimo, in particolare, al momento
dell’inaugurazione risultava di fatto indispensabile,
poiché l’acquedotto progettato appositamente per
Corvinia fu ultimato soltanto alcuni anni dopo, e
comunque entro il 194224.
Nonostante il netto ridimensionamento la nuova
«borgata rurale» sembra occupare ugualmente, per
i contemporanei, «un posto molto in risalto, nel
campo della redenzione della terra e della coloniz-
17 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 69.
18 I poderi «saranno serviti […] dalla strada Pagliarone già sistemata» (Un nuovo centro..., cit., p. 64). «[Corvinia] è sulla strada
(già di boniica) che unisce il Pagliarone al mare» (PASQUALE NATELLA, PAOLO PEDUTO, Farinia, villaggio fascista nel salernitano,
in: Mezzogiorno e fascismo, a cura di Pietro Laveglia, Atti del Convegno nazionale di studi promosso dalla Regione Campania (Salerno-Monte S. Giacomo, 11-14 dicembre 1975), Napoli 1978, v. 2, p. 334, n. 18), vale a dire l’attuale S.P. 173. Elio
Migliorini riferisce che la strada di boniica attraversa i terreni della Difesa Nuova e della Picciola per circa circa 7 chilometri,
nella fascia compresa tra il torrente Asa ed il iume Tusciano (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 66), come già riportato
in: La provincia di Salerno…, cit., p. 188. Soltanto Roberto Rocco sembra identiicare questa strada con l’attuale S.P. 417, più
comunemente nota come «Aversana», collocandola «dalla località Casa Parrilli in Comune di Pontecagnano ino al iume
Tusciano» (ROBERTO ROCCO, La boniica in Destra Sele, in: Le boniiche italiane. Primo decennale della Legge Mussolini, v. 1,
Realizzazioni, a cura della rivista «Boniica e colonizzazione», a. II, n. 11, 1938 – novembre XVII, p. 240).
19 Secondo la tradizione anche il toponimo «Rovella» starebbe ad indicare la ierezza dell’antico popolo picentino, in quanto
derivante dall’aggettivo latino «rebellis».
20 Si tratta di un caso decisamente poco frequente se si considera che l’estensione dei poderi realizzati dall’Opera Nazionale
Combattenti (ONC) in Agro Pontino negli anni 1932-1934 varia da un minimo di 9 o 10 ettari per i terreni mediamente fertili,
ad un massimo di 20 per quelli argillosi o sabbiosi, con una media 15 ettari (Antonio PENNACCHI, Fascio e martello. Viaggio
per le città del Duce, Roma-Bari, GLF editori Laterza, 2010, p. 129). Lo stesso Antonfrancesco Ciampi, autore di un saggio di
fondamentale importanza sulle trasformazioni fondiarie nel «Destra Sele», attribuisce proprio alla «non indovinata ampiezza
del podere» la causa principale per il probabile insuccesso dell’iniziativa, avviata peraltro da pochi anni, oltre all’insuficiente
preparazione tecnica, inanziaria e morale dei coloni (ANTONFRANCESCO CIAMPI, La trasformazione fondiaria nel “Destra Sele”,
in: «Boniica e colonizzazione», a. V, n. 3, marzo 1941, pp. 172-173).
21 La inaugurazione di Corvinia, «Il Popolo Fascista», a. 18, n. 1, 31 ottobre 1938 – XVII, p. 1. Si osservi che le autorità intervenute sono reduci dall’analoga inaugurazione della «nuova Stazione di Battipaglia», opera di Roberto Narducci e prototipo del
fabbricato viaggiatori estremamente lineare, tagliato dalla pensilina continua fortemente aggettante, che egli perfezionerà nei
numerosi saggi ferroviari degli anni cinquanta (Cfr.: Milva GIACOMELLI, Roberto Narducci (1887-1979) architetto-ingegnere del
Ministero delle Comunicazioni, in: Architettura Ferroviaria in Italia, a cura di Ezio Godoli e Antonietta Iolanda Lima, Palermo, Dario Flaccovio Editore, 2004, v. 2 (Novecento), pp. 105-128). Un recente e maldestro intervento di restyling, ai limiti del
grottesco, ne ha fortemente alterato l’originaria impostazione modernista, che faceva da contraltare ad un’altra realizzazione
narducciana di poco distante, il Palazzo delle Poste di Salerno, inaugurato soltanto sei anni prima (28 ottobre 1932). Quest’ultimo, infatti, denota un’impronta spiccatamente storicistica, ben diversa dalla stazione battipagliese, tanto da essere deinita
«opera romanica, che veramente fa onore alla città per la bellezza e la linea architettonica». Malauguratamente, però, anche
per questo ediicio si proila una imminente quanto ‘temibile’ riconversione (PALADINO, Aria d’Impero, «Idea Fascista», a. 14,
n. 1 (31 ottobre 1932 – XI), p. 2; Il Palazzo delle Poste e Telegrai, «Idea Fascista», a. 13, n. 31, 4 giugno 1932 – XII; Le Opere
dei Comuni. Salerno, «Opere pubbliche. Edilizia, idraulica, strade, ferrovie, porti, archeologia. Rassegna mensile illustrata», a.
3, n. 11-12, novembre-dicembre 1933 – XII), p. 575.
22 Secondo una fonte orale raccolta da Raffaela Paraggio (che ringrazio per avermela riferita) i lotti furono assegnati prioritariamente ai reduci della Prima Guerra Mondiale. L’afitto di £ 5.000 all’anno fu successivamente trasformato in eniteusi al
costo di £ 30.000, sempre su base annuale, come confermato in: BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51.
23 La composizione ed organizzazione dei singoli poderi è stata desunta confrontando le indicazioni contenute in: PLATZER,
La boniica…, cit., p. 57; CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 171; MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 161; EUGENIO
AZIMONTI, Boniiche Campane, in: Le boniiche italiane. Primo decennale della Legge Mussolini, v. 2, Prospettive e problemi, a
cura della rivista «Boniica e colonizzazione», a. III, n. 12, 1938-1939 – dicembre-gennaio XVII, p. 281.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
zazione rurale», poiché le opere realizzate «costituiscono la rinascita della zona, che un tempo non
lontano era focolaio di malaria»25. Ad ogni modo
l’effettiva consistenza di questo primo nucleo insediativo non è del tutto chiara, in quanto altre fonti
successive la riducono ulteriormente a 20 poderi,
pur citando contestualmente un progetto iniziale
per 80 case coloniche, esteso a tutti e tre i comuni dianzi nominati26. Peraltro anche l’estensione
complessiva della supericie agricola appoderata
che, secondo quanto riportato dai vari autori, sarebbe quantiicabile in circa 700 ettari27, sembra
non corrispondere ad alcuna di queste ipotesi poiché, issata la quota a quattro ettari, consentirebbe
la realizzazione di ben 175 poderi.
In mancanza di elementi più precisi desumibili
dalle fonti scritte, l’effettiva situazione insediativa
può essere ricostruita in maniera attendibile
confrontando alcune sequenze di fotograie aeree
che ci restituiscono lo stato di fatto aggiornato
al 194328, vale a dire in un intorno temporale
riferibile allo sbarco delle forze alleate sulle coste
181
salernitane (“Operazione Avalanche”). Corvinia
è collocata, infatti, immediatamente a ridosso
«campo di aviazione» di Montecorvino Rovella,
oggi denominato “Aeroporto di Salerno-Costa
d’Amali”29, che costituiva il primo obiettivo
di tutto il piano d’assalto30. Proprio per questo
motivo l’area circostante è stata oggetto di
numerose riprese aeree immediatamente prima,
durante e dopo lo sbarco alleato. In particolare la
supericie operativa dell’aerostazione occupava,
per l’intera estensione, una vasta area a forma di
triangolo isoscele delimitata dalla S.S. 18 (a nordest) e dai torrenti Diavolone e Volta Ladri che,
conluendo nel Rialto costituiscono il limite sudorientale della Difesa Nuova31.
Le immagini esaminate consentono di riconoscere
21 fabbricati, sostanzialmente omogenei per dimensioni e disposizione planimetrica, che risultano distribuiti ordinatamente rispetto ad uno schema stradale molto semplice, a sua volta costituito
da tre assi viari innestati perpendicolarmente sul
versante nord-occidentale della strada di boniica
24 LEMBO, La boniica integrale…, cit., p. 96; BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 37.
25 La inaugurazione di Corvinia, cit., p. 2. Nello stesso articolo si ricorda che il comune di Montecorvino Rovella aveva
promosso l’appoderamento dei terreni di sua proprietà in dal 1934, ricevendo dal Ministero dell’Agricoltura un contributo
di £ 480.000, rispetto alle £ 600.000 inizialmente stanziate (Un nuovo centro..., cit., p. 64), e che anche il comune di Pugliano
starebbe attuando una iniziativa analoga in un latifondo di sua proprietà, limitrofo a quello di Rovella.
26 CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 171; BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51; MIGLIORINI, La
Piana del Sele, cit., pp. 161 e 99, n. 1, che ricorda il progetto per 80 alloggi, citando a sua volta: Oreste BORDIGA, Imprese e
tentativi di colonizzazione interna nella Campania, Roma, Tipograia del Senato, 1930, pp. 56-57. Altri autori confermano,
invece, il numero di 25 case coloniche: ROCCO, La boniica…, cit., p. 252, AZIMONTI, Boniiche Campane, cit., p. 281; PLATZER,
La boniica…, cit., p. 57.
27 L’esatta indicazione di questa estensione varia dai 600 (BARBERO, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 51), a circa 770
ettari (ROCCO, La boniica…, cit., p. 252), dei quali circa 700 appartenenti al comune di Montecorvino Rovella, e circa 60 a
quello di Montecorvino Pugliano (Le opere pubbliche inaugurate in provincia di Salerno per il XXVIII Ottobre XVI, «Il Popolo
Fascista», a. 18, n. 1, 31 ottobre 1938 – XVII, p. 2).
28 Volo IGM del 29 luglio 1943, strisciata n. 46, fotogrammi nn. 78-104, quota di volo: 4.000 metri, osservatore: Ten. Bergamino. L’analisi interpretativa delle riprese aeree è stata svolta in collaborazione con Marco Soravia, confrontando le immagini
del 1943 sia con quelle attuali, che con alcune cartograie di varie epoche. Soravia è anche autore dello “Schema insediativo del
territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943”. Presso l’Aerofototeca Nazionale sono disponibili anche le foto planimetriche e stereoscopiche scattate tra 1943 e 1945 dai ricognitori della “Royal Air Force” britannica (RAF), della “United States
Army Air Force” (USAAF) e della “Luftwaffe” tedesca, che purtroppo non è stato possibile consultare.
29 Nato nel 1926 come «campo di fortuna» creato dal Genio Aeronautico di Napoli, l’Aeroporto divenne sede, tre anni più
tardi, del “20° Stormo aeroplani da ricognizione”, comandato dal colonnello Mario Martucci, al quale fu intitolato inizialmente lo scalo. Successivamente ospitò la “Scuola provinciale di volo a vela” (1933), trasformata poi in “Scuola nazionale
di volo senza motore” (1938) e, dal 1940 al 1943, la “Scuola di pilotaggio 1° periodo” (Pontecagnano Faiano porte aperte. 29
e 29 maggio 2011. Guida alla visita, a cura degli Studenti di Pontecagnano Faiano, s.l., 2011, p. 52). Sulla pista dominava
una gigantesca «M» ad indicare l’appartenenza al comune di Montecorvino Rovella (ma probabilmente anche in onore del
Duce), che riscosse il canone di afitto ino alla deinitiva espropriazione dell’area (1939). Il 1 gennaio 1943 lo scalo passò
sotto la giurisdizione di Pontecagnano, mentre l’anno precedente era stato ultimato l’hangar progettato da Pier Luigi Nervi.
L’aviorimessa, che poteva ospitare ino a 46 aerei, occupa 45 x 55 metri ed è coperta con una volta a botte composta da travetti reticolari in cemento armato, prefabbricati a piè d’opera. L’analoga orditura secondaria, con travetti di altezza minore e
sezione a T, sostiene tegole in Eternit ondulate. L’ingresso si trova sul lato corto e la chiusura avviene con portoni scorrevoli.
L’hangar è stato restaurato, sulla scorta dei disegni originali, nel periodo di inagibilità dell’aeroporto per le operazioni di
sminamento (24 aprile 1973-30 settembre 1975). Ringrazio Fausto Giovannardi per avermi gentilmente riferito le precedenti
notizie sull’Aeroporto di Montecorvino e sull’hangar di Nervi.
30 Gli Alleati prevedevano di occupare immediatamente il campo di aviazione allo scopo di supportare l’intera operazione
con i caccia, che in caso contrario sarebbero dovuti arrivare dalla Sicilia. Tuttavia alla ine del «giorno D» (9 settembre 1943)
l’aeroporto di Montecorvino si trovava in ‘terra di nessuno’, e non potette essere difeso neanche dopo la sua occupazione,
poiché si trovava sotto il tiro dei tedeschi che, appostati sulle montagne, dominavano l’intera testa di ponte. Lo scalo venne
aperto soltanto il successivo 20 settembre (HUGH POND, Salerno!, Milano, Longanesi & C., 1962, pp. 79-80 e 149).
31 Sulla curiosa etimologia del nome dei torrenti Asa, Diavolone, Volta Ladri e Vallemonio, accomunati da una singolare connotazione negativa, si veda: FRANCO NICOLINO, Una leggenda montecorvinese e una novella masucciana: mitopoiesi e ontogonia
poetica, Salerno, Edisud, 1996, p. 80 e note 9 e 10.
182
TOMMASO CARRAFIELLO
(S.P. 173); i primi due sono raccordati da un’ulteriore asta trasversale che deinisce un percorso
anulare, e consente di attestare sul lato esterno
cinque ediici con i relativi poderi. Laddove possibile (prevalentemente lungo la strada principale) le
case sono accoppiate, allo scopo di favorire le relazioni sociali tra i coloni32. Con il passare degli anni
molte di esse sono state ampliate, ristrutturate e
talvolta completamente ricostruite a fundamentis,
ma in alcuni casi è ancora possibile riconoscere la
struttura originaria, alla quale risultano addossati
i volumi edilizi più recenti. Gli ediici hanno mantenuto, infatti, l’intonaco esterno ancora in buone
condizioni, caratterizzato da ampie campiture in
giallo, riquadrate da fasce di colore bianco in corrispondenza delle aperture, proprio così come appaiono nell’unica immagine fotograica dell’epoca
che è stato possibile individuare33.
La storiograia prevalente, peraltro assai scarna, ed
in particolare Antonio Pennacchi (che per primo
ha formulato una proposta d’inventario per le fondazioni di epoca fascista), classiica Corvinia tra i
cosiddetti «borghi di servizio», vale a dire tra quei
nuclei urbani realizzati allo scopo di offrire i servizi
essenziali nei territori interessati da appoderamenti
piccoli o medio-piccoli, dove la forza lavoro risiede
stabilmente nelle case coloniche ma necessita della chiesa, della scuola, delle botteghe e così via34.
Altre fonti ipotizzano anche un presunto ruolo di
supporto alla vicina infrastruttura aeroportuale,
che Corvinia avrebbe dovuto assolvere una volta
conclusi i lavori35, sebbene nelle riviste dell’epoca
non si faccia il benché minimo riferimento a questa ulteriore prospettiva funzionale. Al contrario le
pubblicazioni propagandistiche sottolineano vivamente la strategia di colonizzazione rurale intrapresa dal Regime nel territorio appena boniicato, alla
quale la nuova borgata risulta pienamente coerente.
Malgrado ciò i grandi ediici diroccati osservabili
lungo il lato sinistro della strada che dalla taverna
del Pagliarone conduce ino al mare potrebbero
essere interpretati proprio come quelle strutture
di supporto mai ultimate, a cui si riferiscono
gli autori innanzi richiamati, dal momento
che risultano opportunamente situate lungo la
strada di boniica, in una posizione intermedia
tra il territorio appoderato e l’aeroporto stesso.
Benché privi della copertura i ruderi dei fabbricati
ostentano una poderosa muratura in pietra
calcarea, listata da sottili corsi orizzontali in
laterizio che, negli anni successivi, è stata utilizzata
come struttura portante per l’insediamento di
una vasta baraccopoli. Questo stato di fatto
rende alquanto dificile riuscire a distinguere la
planimetria originale dalle numerose ed articolate
superfetazioni successive, e soltanto uno studio
speciico ed approfondito potrebbe consentire
di riconoscere morfologia, funzione e schema
urbanistico di questo ipotetico nucleo urbano di
supporto. Ad ogni modo è comunque possibile
ipotizzare che proprio questi fabbricati fossero
destinati ad ospitare quei servizi essenziali (chiesa,
scuola, luoghi di ritrovo, botteghe, eventuale
casa del fascio, ecc.) che di fatto mancano
completamente nella borgata rurale di Corvinia,
e di cui avrebbe potuto avvalersi anche la
comunità impiegata presso l’aeroporto. Tuttavia
bisogna concludere che le conoscenze attuali non
consentono di individuare e riconoscere in questo
insediamento quelle «articolazioni costruttive e
funzionali»36 che permettano di attribuirgli uno
status pienamente ‘urbano’.
3. Fondazioni di iniziativa privata : Farinia (19371938)
Una situazione sensibilmente diversa può essere
riscontrata nel vicino villaggio «industriale» o
«autarchico»37 di Farinia, la cui fondazione, al
contrario di Corvinia, è dovuta all’iniziativa di
una società privata, la SAIM, che arrivò a detenere
32 Antonio Pennacchi sottolinea che generalmente il casale «non è collocato al centro ma su di un lato perimetrale, sulla
strada interpoderale. Proprio di fronte al casale è collocato, di norma, il podere dirimpettaio […] In ogni modo questi poderi
erano posti a coppia, sulla strada» (PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 129-130). Questa ipotesi sembra confermata dai
criteri adottati dall’ONC in occasione della «Riforma fondiaria» in Campania: «si è preferito l’insediamento sparso, rinunciando naturalmente al rigoroso rispetto del baricentro geometrico. Ciò ha consentito di ovviare ad inconvenienti di ordine
inanziario e sociale derivanti dalla geometrica […] centralità. […] Si è quindi seguito il concetto delle costruzioni ravvicinate
al fronte stradale in gruppi di due, tre o quattro fabbricati» (O.N.C. SEZIONE SPECIALE PER LA RIFORMA FONDIARIA IN CAMPANIA,
Le costruzioni rurali, Napoli, 1958, p. 18).
33 «Case d’una zona appoderata tra Asa e Rialto. A destra il canale d’irrigazione» (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., tavola
III in fondo al volume).
34 PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 211 e 290; PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., pp. 110 e 130, che
deinisce Corvinia una «borgata rurale», distinguendola dal vicino «villaggio autarchico» di Farinia.
35 «Le case vennero in parte realizzate al retro dell’aeroporto, perché gli abitanti servissero sia allo scalo sia alle colture agrarie
dei dintorni, ma furono bloccate subito, non si sa se per la guerra oppure per l’impiego di materiali vili come il calcare (che
la legge autarchica aveva reimposto per tutte le costruzioni non pubbliche. Il fatto determinò un organismo edilizio monco,
scoperchiato, con enormi stanze ai due piani, corridoi scuri e umidi» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., pp.
334-335, n. 18). Si osservi, però, che Corvinia è un intervento di iniziativa esclusivamente pubblica.
36 PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 214.
37 Le due deinizioni, diverse ma concorrenti, sono attribuite a Farinia rispettivamente in: PENNACCHI, Fascio e martello..., cit.,
p. 290 e PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., pp. 110 e 130.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
localmente il monopolio nella lavorazione
del tabacco, diventando «la più importante
concessione tabacchicola del Regno»38. La
Società Agricola Industriale Meridionale (SAIM)
nacque nel 1933 dalla fusione della Società
Agricola Industriale Salernitana (SAIS, costituita
nel 1918) con la S.A. Stabilimenti Riuniti
Tabacchi Americani (sorta nel 1925 dalla fusione
di altre due precedenti società concessionarie),
entrambe operanti nel campo della lavorazione
del tabacco, che la SAIM potenziò notevolmente
afiancandole anche altre attività collaterali, come
la produzione agricola (soprattutto del tabacco
stesso) e l’industria casearia39. Nel 1939 la SAIM
risultava proprietaria di dieci stabilimenti per
l’essiccazione e la lavorazione del tabacco, che
coprivano un’area di 85.000 mq40, ma già nel 1947,
a seguito di successive acquisizioni, i tabacchiici
divennero quattordici, e l’attività fu ulteriormente
diversiicata arrivando a comprendere l’industria
conserviera, la gestione di boschi e delle relative
segherie, numerose aziende agricole, una fabbrica
di laterizi e inanche un’azienda ilotramviaria:
una vera e propria potenza economica!41
Questa solida realtà imprenditoriale era in grado
di garantire ai propri dipendenti numerose
prestazioni nel campo sociale ed assistenziale,
come scuole rurali, chiese, dopolavoro aziendali,
campi sportivi, assistenza medica gratuita, la
cosiddetta «Befana Fascista» ed inanche i «premi
di nuzialità»42. Al momento della sua massima
183
espansione la SAIM di Carmine De Martino
(1898-1963) offriva lavoro ad oltre 6.000 operai e
100 impiegati43, che producevano due miliardi di
sigarette all’anno, e fornivano il 15% dell’intera
produzione nazionale di tabacco. De Martino è
stato prima Direttore e poi Consigliere Delegato
della SAIM, ma quando la Società Anonima fu
trasformata in Società Accomandita Semplice
(1941), venne nominato socio accomandatario
amministratore, e pertanto deve essere considerato
il vero arteice delle fortune di quest’azienda. Oltre
che imprenditore è stato anche un importante
esponente politico democristiano, tanto da
ottenere l’incarico di Sottosegretario al Ministero
degli affari esteri sia nel governo Zoli (19/05/195719/06/1958, II legislatura), che in quello Segni II
(15/02/1959-25/03/1960, III legislatura)44.
In effetti l’azienda salernitana offriva un
contributo determinante all’autarchia in questo
settore, come orgogliosamente sottolineato
in diverse pubblicazioni di propaganda, tra le
quali un articolo scritto dallo stesso De Martino
per la rivista “Salernum” nel 1939, che reca un
titolo inequivocabile (“Autarchia nel campo del
tabacco: la ‘SAIM’ ”) ed esordisce affermando
con toni compiaciuti:
«una delle battaglie che nel campo autarchico
della produzione può oggi, con legittima ierezza,
dirsi totalmente vinta è quella del tabacco»45.
38 La provincia di Salerno…, cit., p. 253. La notazione è confermata anche in FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., p. 54.
Gli stabilimenti SAIM furono inseriti fra le tappe principali di un «viaggio di studio» effettuato da alcuni industriali tedeschi
del settore (Viaggio di studio in Italia di industriali e commercianti tedeschi del tabacco, «Il tabacco. Organo della coltura dell’industria e del commercio del tabacco pubblicato a cura dell’Ente nazionale per il tabacco», a. 42, 494, marzo 1938 – XVI, pagg.
17-18). «L’assalto al territorio […] non avrebbe potuto ricevere alcun aiuto tecnico dal governo centrale, del tutto impensabile
dopo le gravose operazioni del Pontino» (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333).
39 L’attività agricola e zootecnica ricevette un notevole impulso con l’acquisizione della «Casa Frutticola Bonvicini» (1935),
come si dirà più avanti.
40 CARMINE DE MARTINO, La Società Agricola Industriale Meridionale, «Salernum», a. II, 1936 – gennaio-marzo XIV, n. 1,
p. 47.
41 L’elenco completo è in: DIOMEDE IVONE, Carlo Petrone. Un cattolico intransigente del Mezzogiorno, Salerno, Libreria Internazionale Editrice, 1973, p. 61.
42 IVONE, Carlo Petrone…, cit., pp. 253-255; DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., ; G.B. [Giovanni BOSELLI?], Le grandi
aziende del tabacco italiano: la Società Agricola Industriale Meridionale e i suoi tabacchiici, «Il tabacco. Organo della coltura
dell’industria e del commercio del tabacco pubblicato a cura dell’Ente nazionale per il tabacco», a. 42, n. 494 (marzo 1938 –
XVI), p. 10.
43 MARIO FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura, con particolare riguardo alla nostra Provincia, in: Primo annuario della ricostruzione della provincia di Salerno, Salerno, Linotypograia M. Spadafora, 21 settembre 1945, pp. 53-54.
44 Secondo alcuni autori, infatti, sarebbe riuscito «ad accumulare una fra le maggiori fortune dell’ultimo ventennio», vale a
dire negli anni 1930-1950 (IVONE, Carlo Petrone…, cit., passim, citazioni alle pp. 59 e 64).
45 CARMINE DE MARTINO, Autarchia nel campo del tabacco: la “SAIM”, «Salernum», a. III (1939 – marzo XVII), n. 1, p.
61. L’articolo è corredato da due fotograie in bianco e nero, rafiguranti una il villaggio operaio di Farinia con la chiesa in
primo piano e lo stabilimento sullo sfondo, l’altra il tabacchiicio stesso con gli stenditoi in primo piano davanti al volume
esterno dell’essiccatoio. Un’altra bella fotograia, che mostra la facciata dell’intero complesso industriale con le coltivazioni
di tabacco in primo piano è contenuta in FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., tavola tra le pp. 54 e 55. Tre anni prima
lo stesso autore affermava: «[La SAIM] eficacemente coadiuva il monopolio di Stato, per sottrarre del tutto la industria dei
tabacchi alla soggezione degli acquisti esteri di materia prima», e «lavora per raggiungere la nobile meta preissasi di liberare
l’Italia degli acquisti tabacchicoli esteri» (DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., pp. 49 e 51). La tradizione salernitana nel
campo della lavorazione del tabacco è continuata ino ai nostri giorni nella “Manifattura Sigaro Toscano” di Cava de’ Tirreni,
specializzata nella produzione di eccellenza di sigari toscani (MAURO RIZZO, MARTA BUSO, La manifattura di Cava de’ Tirreni:
specializzazione d’eccellenza, «Toscano», a. 7, n. 3, settembre 2010, pp. 22-29).
184
TOMMASO CARRAFIELLO
Con questo breve resoconto egli intendeva
partecipare al pubblico dei lettori l’acquisizione
da parte della SAIM di due grandi tenute agricole,
nelle quali erano stati realizzati altrettanti
stabilimenti industriali di notevoli dimensioni,
vale a dire le aziende Farinia, in località Picciola
del comune di Pontecagnano, e «Luigi Razza», in
località Cafasso-Borgo Nuovo presso Capaccio,
che con i rispettivi villaggi operai costituiscono il
momento più elevato dell’attività socioeconomica
intrapresa dalla più volte nominata Società.
In effetti il tabacchiicio in località Picciola era
intitolato a «G[iovanni] De Martino»46, tuttavia
il nome del villaggio industriale «Farinia» risulta
generalmente esteso anche all’intera azienda agricolo-industriale, e fu scelto «in omaggio al nome
illustre del Senatore Mattia Farina che fu tra i fondatori della Società [la SAIM] e che ancora oggi
apporta ad essa il contributo della sua esperienza
e del suo intelletto»47. Discorso analogo per lo
stabilimento dedicato «all’immortale e glorioso
nome del Ministro Fascista “Luigi Razza” caduto
nell’ardente vigilia delle gesta gloriose dell’Italia
Fascista»48, sorto nell’ambito dell’azienda Cafasso. Pertanto, ed anche per maggiore chiarezza
nell’esposizione, d’ora in avanti si farà riferimento
semplicemente a Farinia e Cafasso.
Anche in questo caso la documentazione più
esauriente in nostro possesso è legata alle vicende
belliche, poiché nel corso del Secondo conlitto
mondiale numerosi immobili di proprietà della
SAIM furono requisiti dalle Forze Alleate per
via delle loro dimensioni e della vicinanza con
le principali reti di comunicazione49. In questa
circostanza l’Uficio requisizioni fece redigere
alcuni verbali che descrivono lo «stato di
consistenza» degli opiici con gli annessi villaggi
industriali, ove presenti, e recano spesso in
allegato dettagliate planimetrie e preziose riprese
fotograiche50. Il fascicolo dedicato a Farinia, in
particolare, contiene una grande tavola recante
sul recto la planimetria del tabacchiicio e, sul
verso, la pianta dell’intero villaggio al livello
del pianterreno; sempre sul verso del foglio
igurano anche le piante relative al primo piano
sia degli ediici residenziali che del fabbricato
anteriore dello stabilimento o, più precisamente,
del corpo centrale, ove sono ubicati gli ufici e
l’appartamento del Direttore.
La descrizione del tabacchiicio di Farinia risulta
estremamente dettagliata, e rende giustamente
onore a questo che era considerato, ai suoi tempi,
uno dei maggiori stabilimenti al mondo per l’essiccazione e la lavorazione del tabacco, e sicuramente
il più grande in Europa51. Sul lato meridionale il
complesso è articolato in tre corpi di fabbrica, con
quello centrale più alto degli altri due, essendo
sviluppato su due piani; i due corpi laterali, invece, erano originariamente ad un solo piano, e presentavano un’ulteriore riduzione di altezza a circa
metà dello sviluppo longitudinale, assecondando
così l’andamento digradante e simmetrico della
facciata principale dal centro verso le estremità. Al
primo piano del corpo centrale sono ubicati gli ufici dell’azienda e il prestigioso appartamento del Direttore, composto da 11 ambienti con riiniture di
lusso, tra i quali si segnalano un prestigioso salone
di circa 10 x 12 metri, la sala da bagno con «vasca
in ghisa porcellanata» e piastrelle maiolicate gialle,
e la grande terrazza di circa 42 x 5 metri. I due piani
sono collegati da una spettacolare scala elicoidale
in calcestruzzo armato, con zoccolatura rivestita in
rafinato marmo nero, che prosegue verticalmente
nel vano di una ‘torre littoria’ a base rettangolare,
svettante ben oltre la sommità dell’ediicio. La tor-
46 IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 61.
47 DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., p. 63. Cfr.: NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 329, n. 6, che
indica erroneamente «Fortunato Farina» («un benemerito dell’agricoltura salernitana»: IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 57), al
quale era intitolato uno dei tabacchiici di Battipaglia, cfr.: G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10.
48 DE MARTINO, La Società Agricola…, cit., p. 48.
49 Nel corso dei bombardamenti della II Guerra Mondiale tre stabilimenti della SAIM furono completamente distrutti (uno
di questi è sicuramente il tabacchiicio «Salvati» in località Fiocche di Eboli), ed in seguito altri 6 furono occupati dalle truppe
Alleate in dai primi giorni dello sbarco. Si tratta dei quattro stabilimenti di Pontecagnano (Alfani, Mattiello, Centola e Farina), uno a Battipaglia ed il «Luigi Razza» di Capaccio-Pæstum (FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., p. 55; cfr. anche:
VINCENZO GAMBETTA, LUCA GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. nella piana del Sele: il Cafasso e il Picciola, ricordi d’epoca fascista,
in: Le case e i luoghi del lavoro. Letture e confronti, Atti del Convegno Internazionale (Salerno, 28-29 settembre 2007), a cura
di Pierfrancesco Fiore, Fisciano (SA), Gutenberg edizioni, 2008, p. 420).
50 Archivio di Stato di Salerno (ASSA), Intendenza di Finanza, Danni di Guerra, SAIM, busta 767 (d’ora in poi semplicemente:
ASSA Intendenza, b. 676). La busta contiene 16 fascicoli relativi ad altrettanti immobili della SAIM che furono requisiti.
Quelli relativi a Cafasso e Farinia sono rispettivamente i nn. 6 e 13. Le planimetrie ed alcune delle fotograie contenute in
questi due fascicoli sono state pubblicate in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 417-426. Le fotograie recano
la seguente intestazione: «Foto Attilio Maiorana, Napoli, Via Roma 329».
51 «Le condizioni generali del Tabacchiicio sono ottime sia per lo stato di conservazione che per la disposizione e grandiosità
degli impianti di natura e proporzioni assolutamente eccezionale. Pare che sia questo uno dei Tabacchiici più grandi del
mondo» (Tabacchiicio Farinia in Pontecagnano. Stato di consistenza, in: ASSA Intendenza, b. 676.). Il documento è datato 6
luglio 1944, e sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola, quale Delegato dell’Uficio Lavori Genio Militare, e dall’ingegnere
Alfredo Ravera, in rappresentanza della SAIM. Da questo verbale sono tratte le citazioni seguenti, ove non diversamente
speciicato. Cfr. anche: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 420.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
re è caratterizzata, sul prospetto principale, da un
lungo inestrone verticale in ferro e vetro, in parte
«apribile a vasistas», e reca in alto l’intestazione
aziendale, in eleganti caratteri dell’epoca: «SAIM
| AZIENDA FARINIA»; manca, invece, l’indicazione dell’anno di fondazione che, secondo lo
«stato di consistenza», sarebbe il 193752. Alla quota
di questa iscrizione, sulle due facciate laterali sono
ancora oggi presenti i grandi quadranti di un orologio in stile modernista, mentre i monumentali fasci
littori che li afiancavano, visibili in tutte le illustrazioni dell’epoca, risultano completamente abrasi.
Sebbene la presenza di questo elemento plastico, così visibile nella pianura circostante anche
a grande distanza, sia riferibile senza dubbio ad
un’istanza retorica ripetutamente segnalata dalla
storiograia53, la torre assolveva anche a concrete
esigenze funzionali, ospitando al suo interno «20
vasche in ibrocemento collegate da tubazioni
in eternit sia per il carico che per la distribuzione dell’acqua», e il «macchinario per l’orologio
campanario a doppio quadrante», che pure svolgeva un’utile funzione sociale considerata l’epoca
storica. L’impianto idraulico era approvvigionato da un pozzo costruito al centro della piazza
dell’attiguo villaggio, «con motore e pompa siti
nella Chiesa e depositi nella torre». Si trattava in
sostanza di una torre d’acqua, assai comune nei
territori pianeggianti, travestita da lascio littorio,
ma che sarebbe riduttivo ed ingeneroso liquidare
polemicamente, come pure è avvenuto in qualche caso, quale testimonianza neomedievalistica
della volontà conservatrice e reazionaria di una
borghesia dificilmente acquisibile all’arte moderna, che «ribadiva il concetto tutto italiano della
composizione architettonica per partiti verticali,
simboleggianti il comando»54.
185
Il complesso industriale prevedeva sul lato settentrionale altri volumi edilizi in posizione simmetrica rispetto a quelli della facciata principale, ma
che all’epoca del verbale si presentavano ancora
limitati alla muratura di fondazione. Queste due
strutture principali erano raccordate da lunghi
muri di cinta, sui cui lati interni risultavano addossati alcuni fabbricati di servizio, in parte distrutti dai bombardamenti o ancora non ultimati.
Al centro di questo grande rettangolo (255 x 200
metri55) si ergeva il monumentale essiccatoio (174
x 114 metri), illuminato da un grande lucernaio e
sostenuto da snelli pilastri in calcestruzzo armato,
disposti secondo una maglia regolare di sei metri per sei. Tale struttura ospitava un complicato
«solaio di appendimento del tabacco, formato da
mensole principali e secondarie, travi principali
e secondari, travi trasversali, binari», realizzato
interamente in legno, al quale venivano «sospesi
i mazzi di corde per l’appendimento del tabacco». Il grande ambiente era arieggiato grazie a
86 portelloni scorrevoli in ferro (3 x 7 metri) ed
altrettante inestre a vasistas (3 x 2,60 metri)56. Le
strutture per l’essiccazione del tabacco occupavano anche la quasi totalità del grande cortile anulare, ma in questo caso erano realizzate mediante
«ilari di stendaggini in muratura di mattoni»57,
necessarie per una diversa fase di lavorazione58.
Al lato meridionale dell’essiccatoio centrale era
addossata «una grande serra in ferro vetro» (12 x
174 metri), e tutto il complesso usufruiva dell’impianto elettrico «per luce e forza» motrice.
Attualmente dello stabilimento originario sopravvivono soltanto i fabbricati centrale ed orientale
del prospetto principale, dietro i quali si estende
una foresta di pilastri piegati verso il suolo più o
meno dolcemente, in conseguenza del grave stato
52 Datazione confermata in G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10, ig. 3, 4, 5 e 6. Secondo altre fonti il tabacchiicio sarebbe
stato realizzato, invece, negli anni 1935-1936 (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 328).
53 Per tutti: DIANE YVONNE GHIRARDO, KURT FORSTER, I modelli delle città di fondazione in epoca fascista, in: Storia d’Italia.
Annali 8. Insediamenti e territorio, a cura di Cesare De Seta, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1985, p. 653.
54 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333. Sul signiicato simbolico della torre e dell’orologio nell’architettura fascista, si vedano: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 643-644 e 653-654; VITTORIA CAPRESI, I centri
rurali libici di fondazione. Architettura e urbanistica (1934-1940), Atti del convegno “Città di fondazione. Politiche per la città
ed antropizzazione tra fascismi e democrazie”, Venezia, IUAV, 30-31 ottobre 2009, disponibile sui siti www.academia.edu e
www.architecturebeyond.eu, p. 7.
55 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12.
56 Secondo altre fonti i portelloni sarebbero 96, così come le inestre (G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12). L’apertura di
questi portelloni consentiva di regolare il tasso di umidità relativa dell’aria tenendo conto della ventilazione giornaliera e
della quantità di prodotto in lavorazione. L’essicazione delle foglie di tabacco doveva essere lenta e graduale, per evitare la
formazione di muffe.
57 Il fascicolo relativo a Farinia (ASSA Intendenza, b. 676) contiene una bella foto degli «stendaggini» in muratura, che reca
la seguente didascalia: «Notare la simmetria della costruzione e la riinitura degli archi (110 mattoni per ogni elemento di
stendaggini)».
58 La SAIM lavorava quattro diverse varietà di tabacco delle quali soltanto il Kentucky veniva essiccato «con cura a fuoco» e
destinato alla produzione dei sigari. Le varietà Burley, Mariland e Perustitza («dette anche tabacchi leggieri o gialli») venivano
essiccate mediante la «cura ad aria» ed usate per confezionare le sigarette. La sospensione delle foglie consentiva di evitare la
luce diretta del Sole, mantenendo la temperatura tiepida ed un buon ricambio d’aria (DE MARTINO, La Società Agricola…,
cit., pp. 48-49).
59 GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 423 e 424, ig. 14.
186
TOMMASO CARRAFIELLO
di abbandono a cui sembra condannata l’intera
struttura59.
Il villaggio vero e proprio, realizzato negli anni
1937-193860, risulta allineato al fronte meridionale dello stabilimento, conigurandosi come la sua
naturale prosecuzione, per poi piegare ad angolo
retto verso sud-ovest, delimitando così un piazzale di 128 x 166 metri, in leggero declivio sul lato
verso il mare. Il piazzale è a sua volta ripartito in
quattro grandi aiuole da altrettante brevi strade
carrabili, la principale delle quali sale dal cancello
di accesso a sud-ovest verso la chiesa, allargandosi dopo una trentina di metri in una piazza rettangolare. Delle due strade che la intersecano trasversalmente quella più estrema costeggia le due
coppie di ediici disposte ai lati della chiesa, ino
ad incrociare la quarta strada, parallela a quella
principale e prospiciente i rimanenti quattro fabbricati. L’insediamento è composto, quindi, da un
totale di otto ediici (alcuni dei quali realizzati in
una fase successiva al 193961) oltre alla chiesa62,
che costituisce senza dubbio l’elemento più interessante sotto l’aspetto architettonico.
Collocata nel punto di fuga della strada di accesso,
la chiesa, ad aula unica con abside rettangolare,
presenta un linguaggio architettonico assimilabile
al neomedievalismo fascista63, con elementi
compositivi riscontrabili anche nelle analoghe
realizzazioni contemporanee delle principali
città di fondazione. La facciata a capanna con
spioventi poco inclinati ed ingresso arretrato,
ad esempio, è un stilema abbastanza ricorrente,
utilizzato nella Santissima Annunziata di
Sabaudia (1935), nel San Marco di Fertilia (1936)
e, in particolare, nel San Michele Arcangelo di
Aprilia (1937)64, che presenta anche le cappelle
laterali pianta rettangolare estrolesse rispetto al
perimetro esterno dell’ediicio; in questo caso,
però, il volume delle cappelle non raggiunge
l’altezza della navata, arrestandosi a circa due
terzi. Le fasce orizzontali di diverso spessore che
caratterizzano le pareti esterne ricordano, nelle
proporzioni, la chiesa di Sabaudia, tuttavia quelle
più sottili sporgono rispetto al piano verticale
come ad Aprilia; a Farinia questo effetto è stato
ottenuto facendo aggettare verso l’esterno alcuni
corsi orizzontali di mattoni pieni, con i quali
è realizzato l’intero ediicio, pertanto le fasce
non costituiscono un semplice rivestimento
oppure una differenza cromatica dell’intonaco,
ma denotano una consistenza strutturale65. Il
campanile a pianta quadrata, dalle linee molto
sobrie, ripropone la stessa partitura a fasce
orizzontali con monofore a metà altezza e bifore
alla sommità; è privo della cuspide piramidale
come quello di Sabaudia, ma, a differenza
di tutti gli altri esempi innanzi richiamati, è
collocato in aderenza all’ediicio principale e non
distaccato da questo. Il cornicione del campanile
e il frontone della facciata sono intonacati di
bianco, così come la fascia basamentale che
corre intorno all’intero perimetro. La navata è
illuminata da grandi inestre tripartite, ritagliate
sopra le cappelle laterali, che ricordano quelle
termali romane per le proporzioni dei vani, pur
non essendo centinate. Un ultimo dettaglio
particolarmente elegante, a completamento
dell’intera composizione, è costituito dai balconi
angolari dei due ediici immediatamente adiacenti
alla chiesa, che risultano stondati nel punto di
piegatura, quasi a deinire un ‘invito’ prospettico.
Lo «stato di consistenza» del 194466 permette di
integrare l’osservazione diretta delle architetture
con gli elementi relativi alla destinazione
funzionale, alla pianta originaria e alle tecniche
costruttive utilizzate, sommandosi anche
60 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 333. Gli autori sottolineano in tono polemico che per la costruzione
dello stabilimento e del piccolo villaggio furono demoliti alcuni ediici esistenti, tra cui una torre medievale ed una chiesetta,
che testimoniavano la secolare frequentazione ed uso agricolo della zona: «le terre di Faiano erano state in parte dissodate
dalla famiglia Moscati in dal 1796, e agli inizi dell’800 Filippo Moscati era ittuario della Picciola; col suo lavoro quelle tenute
divennero a poco a poco produttive. La Picciola fu scassata e resa utile nella zona asciutta la prima volta da Annibale Campione nel 1897 e sempre tenuta a coltura dalla ditta Lenza e Iemma ino al 1909, e da quest’anno al 1932 dalla sola famiglia
Lenza» (Ivi, p. 329).
61 A tal proposito si osservi la fotograia pubblicata in DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., p. 62, nella quale mancano
gli ediici contrassegnati dai nn. 5 (orfanatroio), 7 (molino e forni) e 8 (refettorio) della planimetria allegata al fascicolo contenuto in ASSA,Intendenza, b. ,767.
62 La chiesa è intitolata al Sacro Cuore di Gesù, rappresentato tra due angeli nella formella bronzea sopra l’ingresso, e fu
donata da Carmine de Martino alla Curia arcivescovile di Salerno il 1 dicembre 1951, insieme alla sagrestia, un orto e un
appezzamento di terreno NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., pp. 337-338.
63 Sulle motivazioni e gli esiti formali del neomedievalismo fascista, si veda: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit.,
pp. 640-651.
64 Meno pertinente appare, invece, l’analogia con l’altissimo protiro di San Giovanni Evangelista a Ravenna, proposta in:
NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 337, n. 23.
65 Sul signiicato simbolico della decorazione parietale a fasce orizzontali si veda: GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…,
cit., pp. 645-646.
66 Il documento è datato 9 agosto 1944, e sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola, quale Delegato dell’Uficio Lavori
Genio Militare, e dall’ingegnere Vittorio Ferraiolo, in rappresentanza della SAIM.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
al notevole apporto fornito dalle fotograie
pubblicate su alcune riviste contemporanee, e a
quello offerto dalle cartoline postali d’epoca67.
In particolare è interessante segnalare una serie
di cartoline del 1942, disegnate dall’artista
salernitano Guglielmo Beraglia (1898-1978)
probabilmente sulla scorta di precedenti riprese
fotograiche, che rafigurano i principali complessi
produttivi della SAIM68.
Nipote ed allievo di Giuseppe Avallone, Beraglia
è stato una igura di spicco dell’arte salernitana
del XX secolo, «ed un esponente vivace di quel
rinnovato clima di impegno espositivo ed artistico
che si crea a Salerno negli anni del fascio»69. Merita
di essere segnalata, in questo contesto, l’opera
intitolata La Piana di Salerno70, che celebra proprio
la boniica integrale della Piana del Sele nel corso
degli anni Trenta, dove la igura centrale regge
nella mano destra un ediicio in miniatura, forse
un casale poderale, sovrastando un uomo e una
donna (una coppia di coloni?) che recano alcuni
simboli dell’agricoltura e dell’industria (vanga,
mazzuolo, orcio e ruota dentata). Due cartoline
della serie disegnata da Beraglia riguardano
187
proprio Farinia, e riproducono rispettivamente
la facciata della chiesa con il campanile (n. 9), e
una veduta prospettica dell’intero l’insediamento
(n. 8)71, che pone in particolare risalto le grandi
aiuole situate all’ingresso del villaggio. In perfetta
coerenza con la politica autarchica, queste ultime
appaiono interamente occupate da una rigogliosa
coltivazione di tabacco, fatta eccezione per alcune
palme ancora molto giovani72.
Seguendo la numerazione della planimetria
allegata al verbale del 1944, a partire dal
tabacchiicio si susseguono, nell’ordine, i seguenti
ediici: 1) casa a due piani per otto famiglie di
salariati e dipendenti; 2) «casa canonica» su due
piani, seguita dalla chiesa; 3) scuola rurale con
abitazione dell’insegnante al primo piano; 4)
casa a due piani per otto famiglie di salariati e
dipendenti; 5) orfanatroio; 6) locali di ritrovo; 7)
molino e forni; 8) refettorio
I due ediici destinati ad abitazioni per i dipendenti73
(nn. 1 e 4) occupano ciascuno la supericie di 20,50
x 8,69 metri, ed ospitano quattro appartamenti
per piano, composti dagli stessi vani ma con una
diversa disposizione planimetrica. Al piano terra
67 Si riepilogano di seguito tutte le illustrazioni di Farinia attualmente note: G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 10, igg. 4-6, le
prime due mostrano l’interno dell’essiccatoio centrale in costruzione, la terza l’intero stabilimento dalla strada che conduce al
mare; Ivi, p. 12, ig. 10, «Stendaggi nello Stabilimento Farinia»; DE MARTINO, Autarchia nel campo…, cit., fotograie alle pp.
62 e 64, che rafigurano rispettivamente l’intero insediamento visto in prospettiva da sud-est, l’essiccatoio e le «stendaggini»
esterne ripresi da nord-est; FERRAIOLO, Della Tabacchicoltura…, cit., fotograia tra le pp. 54 e 55, rappresentante i «semenzai di
tabacco» con la grande mole del tabacchiicio sullo sfondo, ripresi da sud-ovest; le 11 fotograie in ASSA, recanti, in un elenco
separato, le seguenti didascalie originali: 1) Scorcio del Villaggio “Farinia”. Notare la moderna riinitura degli ediici e il vasto
piazzale antistante; 2) Orfanatroio agricolo, banda degli allievi; 3) Orfanatroio agricolo, dormitorio; 4) Orfanatroio agricolo,
cucina; 5) Orfanatroio agricolo, refettorio; 6) Particolari di un semenzaio e vista prospettica del Tabacchiicio. Notare la vastità dei semenzai, la garza per la copertura e la protezione delle piantine e, in fondo, la mole del tabacchiicio; 7) Particolare del
cortile con vista prospettica dell’essiccatoio principale. Notare lo sviluppo degli stendaggini in muratura e la vastità di uno dei
cortili per la preessiccazione del tabacco; 8) Particolare di uno stendaggino in muratura. Notare la simmetria della costruzione
e la riinitura degli archi (110 mattoni per ogni elemento di stendaggini); 9) Lucernario del grande essiccatoio centrale. Notare
il numero dei paletti impiegati per la lavorazione e quelli di riserva; l’originalità della costruzione; 10) Particolare del grande
essiccatoio centrale. Notare l’armatura del piano di appendimento, la riinitura della pavimentazione e a vastità dell’ambiente;
11) Particolare di un magazzino. Notare i letti di legno per masse, i teli di juta per le stesse, la copertura e a pavimentazione. Le
foto nn. 1, 4, 5 e 10 sono state pubblicate in GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 417-426.
68 Si tratta di una serie di cartoline stampate per inalità promozionali su commissione della stessa SAIM e numerate in altro
a destra da 1 a 10, che mi sono state segnalate e mostrate da Maurizio Budetti, al quale rinnovo il mio vivo ringraziamento.
Le didascalie originali degli esemplari noti recitano come segue: 1) ignota, probabilmente rafigurava il «Tabacchiicio Farina»
di Battipaglia; 2) Caseiicio in Battipaglia; 3) Tabacchiicio G. Giacomo Porta in Alfania (Persano di Salerno); 4) Ponte sul
Sele – Tenuta Alfania (Persano di Salerno); 5) Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno); 6) ignota, probabilmente rafigurava
la stessa Tenuta Luigi Razza; 7) Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno); 8) Farinia (Salerno); 9) Chiesa del Sacro Cuore in
Farinia (Salerno); 10) Tabacchiicio Giovanni Boselli in S. Lucia di Battipaglia.
69 ROSA CARAFA, Guglielmo Beraglia, in: Tornate alla luce! I tesori di Palazzo di Città. Opere d’arte e documenti ritrovati,
Catalogo della Mostra omonima, Salerno, Palazzo di Città, 14 aprile-30 maggio 2012, Fisciano (SA), 2012, pp. 44-45, con
bibliograia.
70 Olio su compensato, 1937, cm 120 x 210, pubblicata nel catalogo citato alla nota precedente, pp. 42-43.
71 La veduta di Farinia disegnata da Beraglia per la cartolina n. 8 appare molto simile ad una cartolina fotograica del
citato Attilio Maiorana (cfr.: la precedente nota 50), stampata sempre nel 1942, e conservata nella stessa collezione Budetti.
Quest’ultima, a sua volta, corrisponde ad una delle fotograie allegate al fascicolo ASSA, pubblicata in: GAMBETTA-GIORDANO,
Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 420, ig. 7.
72 Si tratta di otto esemplari di Palma delle Canarie (Phoenix canariensis) che inquadravano in due ile la facciata della chiesa
lungo l’accesso dalla strada principale (oggi via Lago Laceno), ancora presenti all’inizio di questo secolo ma completamente
distrutte negli ultimi anni dal devastante Punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus ). Al loro posto restano oggi soltanto
otto riquadri delimitati da cordoli in cemento.
73 «In effetti il villaggio ebbe solo due complessi per abitazioni civili, e servirono alle maestranze tecniche e dirigenziali piuttosto che agli operai. […] Gli operai, infatti, arrivavano in fabbrica da lontano, in particolare da Montecorvino Pugliano»
(NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 335).
188
TOMMASO CARRAFIELLO
un lungo corridoio dà accesso lateralmente al
«vano utile» e alla cucina (con banco in muratura
e lavatoio in cemento), concludendosi in fondo
con un gabinetto di dimensioni minime. Al primo
piano, invece, un ballatoio a sbalzo, lungo quanto
l’intero fabbricato, consente di entrare direttamente
in cucina e da questa nel «vano utile», che occupa
tutto l’interasse tra i muri di spina, mentre un
gabinetto di dimensioni maggiori è ricavato a
ianco della cucina, in corrispondenza di quello
al livello inferiore. Gli appartamenti sono disposti
specularmente a due a due, e l’accesso al piano
superiore avviene per mezzo di una scala esterna
a sbalzo. La struttura portante è realizzata in
muratura a due teste di mattoni pieni, mentre per i
tramezzi sono stati utilizzati mattoni forati disposti
ad una testa. I solai originari erano in legno, in
quanto il calcestruzzo armato veniva utilizzato
soltanto per la scala ed il ballatoio esterni74.
Anche gli ediici nn. 2 e 3 sono simili fra loro,
così come i nn. 6 e 8. Tuttavia soltanto i nn. 1 e
2 hanno mantenuto un aspetto assai prossimo a
quello originario, di impronta razionalista, con
copertura piana e campiture di intonaco bianco
e giallo, analogo a quelle di Corvinia. Il «locale
di ritrovo» (n. 6) è costituito sostanzialmente
da una vasta sala di 10 x 6,79 metri, oltre a tre
stanze ed altri locali di servizio più piccoli,
mentre l’intero fabbricato occupa la supericie
di 20,50 x 7,20 metri. Il suo gemello (n. 8) si
distingue essenzialmente per la presenza di «una
grande cucina economica a più fornelli con
relativo impianto di riscaldamento e circolazione
dell’acqua»75. Tra questi due ultimi fabbricati era
presente una struttura unica (7,15 x 4,60 metri)
nella quale era alloggiato un molino afiancato
da due forni, che attualmente risulta sostituita da
una più recente abitazione civile.
Più singolare l’ediicio che ospitava lo
«orfanatroio agricolo» (n. 5, di 35,30 x 16,00
metri), dove il dormitorio risulta suddiviso in tre
navate da due ile di quattro pilastri ognuna, quasi
a riproporre in piccolo lo schema planimetrico
adottato nel grande essiccatoio del vicino
tabacchiicio. Un porta sul lato nord-orientale
dava accesso ai locali separati dove si trovavano
i lavandini, due docce e i gabinetti con «vasi alla
turca». Inine nell’angolo meridionale vi era un
portico di ingresso al dormitorio ed altri locali
con caratteristiche più articolate:
«nella parte a sinistra del portico è praticato un
disimpegno formato da una stanza da lavoro e da
uno stanzino più piccolo dal quale si accede al
guardaroba in un piano rialzato. Tali locali sono
stati ottenuti in costruzione dividendo il più vasto
ambiente preesistente mediante pareti e solai in
legname piallato ed attintato ad olio»76.
La struttura era destinata agli orfani degli
agricoltori (e forse degli operai) che, tra le varie
attività svolte, imparavano anche a suonare
uno strumento musicale, come testimoniato
dalla foto che ritrae la «banda degli allievi»77;
inoltre ai ragazzi era riservato anche un «campo
sportivo» segnalato dalle fonti78, ma oggi non più
riconoscibile.
Secondo le cronache dell’epoca in estate gli operai potevano usufruire anche di un piccolo stabilimento balneare, raggiungibile attraverso la strada
rettilinea che inizia esattamente di fonte alla torre
del tabacchiicio e conduce ino al mare79. Questa
stessa strada risulta ripartita in quattro tronchi di
uguale lunghezza da tre percorsi interpoderali che
la intersecano ortogonalmente, e proprio in corrispondenza dell’incrocio più prossimo al mare si
rileva la presenza di alcuni fabbricati, indicati con
il toponimo «le Quattro Palazzine»80. Benché non
sia stato possibile risalire all’anno esatto di realizzazione, sulla cartograia degli anni Cinquanta
si osservano quattro coppie di ediici disposte nei
quattro angoli dell’incrocio, secondo uno schema
planimetrico semplice e piuttosto comune81 che
si ritrova, ad esempio, anche ad Alfania, un altro
villaggio operaio realizzato dalla SAIM al quale
si accennerà più avanti82. La situazione attuale ri-
74 Maggiori dettagli tecnici sui materiali utilizzati in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., pp. 422-423, che trascrive una parte dello stato di consistenza (in ASSA).
75 ASSA, Intendenza, b. 767.
76 Ibidem
77 Una foto con la «banda degli allievi» è in ASSA, Intendenza, b. 767.
78 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12.
79 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 12. Attualmente denominata via Trento.
80 Ringrazio Marco Soravia per aver contribuito a individuare nella cartograia questo piccolo insediamento.
81 In sostanza gli ediici ricalcano, in vario modo, i quattro angoli dell’incrocio o della piazza, così come avviene, ad esempio,
a Borgo Recalmigi (PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 261, ig. 79a).
82 Ci si riferisce a piazza Alfania di Borgo Carillia (incrocio tra via Cavour e via Mazzini), ubicata nei pressi del tabacchiicio
SAIM «G. Giacomo Porta», al quale è dedicata la cartolina n. 3 della serie segnalata in precedenza. Sulla destra di questa
illustrazione si può osservare uno dei quattro ediici, tuttora esistenti, che segnano i quattro angoli della piazza, mentre i padiglioni dello stabilimento igurano in secondo piano. In questo caso, però, gli ediici sono disposti in diagonale tra le strade, e
deiniscono una piazza quadrata, ruotata di 45° rispetto alla maglia stradale, con gli accessi carrabili ubicati in corrispondenza
dei vertici.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
sulta alquanto modiicata, con l’aggiunta di molti
ediici recenti e la sostituzione di quelli originari,
fatta eccezione per il quadrante settentrionale del
crocevia, dove sono ancora presenti due ediici
diroccati che, ad un primo esame, sono verosimilmente interpretabili come una casa colonica con
la relativa stalla; al centro dell’incrocio è collocato
un pozzo che sembra non più utilizzato.
A questo proposito è interessante ricordare alcune considerazioni formulate da Antonfrancesco Ciampi nell’ambito del suo fondamentale
saggio sulle trasformazioni fondiarie nella Piana
del Sele, che intendono dimostrare come l’operazione imprenditoriale sperimentata a Farinia
dagli industriali del tabacco, risulti sicuramente
più promettente rispetto all’appoderamento, di
iniziativa pubblica, intrapreso a Corvinia. L’autore sottolinea, infatti, che l’intervento in corso
di attuazione (a quell’epoca) in località Picciola
prevede, oltre alla realizzazione del grande tabacchiicio con l’annesso villaggio operaio, anche la
costituzione di
«vari gruppi aziendali, composti ciascuno di due
o più case coloniche, con relative stalle e ienili.
Ciascuna casa colonica domina una supericie
di circa 15-20 ettari e la gestione di questo
complesso poderale è in genere afidata in afitto
ed una famiglia imprenditrice-lavoratrice con
particolari vincoli circa la supericie da destinare
alla coltivazione del tabacco»83.
È possibile ipotizzare, quindi, che anche «le
Quattro Palazzine» rientrassero nel programma
insediativo della SAIM per la «Azienda Farinia»,
e che analoghi raggruppamenti di casali potessero
essere previsti anche negli altri due incroci della
strada di accesso al mare.
189
In conclusione l’assetto urbanistico di Farinia risulta certamente più compiuto rispetto a quello
della vicina Corvinia, non soltanto per la disposizione degli ediici intorno ad una ‘piazza’, segno
progettuale elementare ma consapevole, quanto
soprattutto per la presenza delle articolazioni
funzionali tipiche di un villaggio industriale che
dovesse svolgere anche il ruolo di «centro di servizio» per il territorio circostante in via di colonizzazione, concentrando in un punto baricentrico
rispetto all’appoderamento i «servizi di assistenza
religiosa, scolastica e sanitaria, i locali di ritrovo
e di ricreazione, le botteghe artigiane per le più
elementari esigenze e gli spacci di vendita dei prodotti di consumo giornaliero»84. Allo stesso tempo si segnala la totale assenza degli ediici pubblici, fondamentali per poter preigurare l’idea di
città (municipio, casa del Fascio, casa del balilla,
casa della GIL, caserma della milizia, caserma dei
carabinieri, poste e telegrai, ecc.)85, mentre non
stupisce l’assenza dell’osteria, deliberatamente
obliterata per le note motivazioni ideologico-strategiche, ampiamente evidenziate dalla storiograia86. In ogni caso risulta evidente che l’operazione
sperimentata a Picciola/Farinia non ha determinato, di fatto, lo sviluppo di un nucleo urbano
dotato di una forte identità ed autonomia87, come
è avvenuto, invece, nell’analogo intervento della
SAIM in località Cafasso-Borgo Nuovo.
4. Il modello tabacchiicio-villaggio si ripete:
Cafasso-Borgo Nuovo e Alfania (1935-1942)
Un iniziale tentativo di colonizzazione del
territorio boniicato nel comune di CapaccioPæstum fu intrapreso dal noto imprenditore
romagnolo G. Bonvicini (1898-1937), titolare del
gruppo industriale “Massalombarda” che traeva
83 CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., pp. 172-174. L’autore passa in rassegna cinque tipologie di trasformazione
fondiaria attuate nel comprensorio sulla sponda destra del Sele. Corvinia e Farinia corrispondono alle prime due, e sono
rispettivamente di iniziativa pubblica e privata. La terza è collegata all’allevamento della bufala, «adottato dei più valorosi boniicatori della zona, che per primi iniziarono la trasformazione delle loro Tenute». Tra questi Ciampi segnala Umberto e Giovanni Jemma, Nicolangelo Pellegrini e Valentino Lenza che, presumibilmente, è stato il fondatore di Valentinia, ricordata con
ironia da Natella e Peduto insieme all’analoga Bufalia (NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 334). La quarta
si basa sull’introduzione della vacca da latte, e risulta adottata esclusivamente dall’azienda Magazzeno dei fratelli Moscati,
e dalla Società Anonima per le Boniiche, che prevedeva di attuare, nella sua fase inale, l’ultima tipologia di trasformazione,
consistente nella «creazione, a complemento delle aziende centrali a conduzione diretta, di nuclei di poderi da condursi con
sistema di colonia parziaria» (CIAMPI, La trasformazione fondiaria…, cit., p. 178). La denominazione «Valentinia» corrisponde
attualmente ad un azienda agricola situata di fronte all’omonimo ippodromo, ma non sembra presentare le caratteristiche
proprie di un villaggio o borgo di fondazione, mentre di «Bufalia» non è stato possibile rintracciare alcun indizio concreto.
84 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40 e PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., p. 214, che propone anche un distinzione
semantica tra «borgo» e «città» (Ivi, pp. 282-286).
85 PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., p. 111.
86 GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 658 e 662.
87 «Se è vero che Farinia veniva su come centro rurale è altrettanto indubbio che non originò intorno a sé alcun coagulo demograico. Gli operai, infatti, arrivavano in fabbrica da lontano, in particolare da Montecorvino Pugliano» (NATELLA-PEDUTO,
Farinia, villaggio fascista…, cit., p. 335). «Il sorgere in zone disabitate di questi grandi stabilimenti (p. es. nella zona di Picciola,
ino a poco tempo fa malarica, a S. Lucia, a Fiocche di Eboli) non ha per ora avuto grande importanza antropica, dato che gli
operai ritornano ogni sera ai centri di collina, distanti 10-15 km» (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 149-150).
88 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 152-153, dal quale sono tratte le altre notizie sull’azienda di Bonvicini. Cfr. anche:
L’esperimento Bonvicini nella Piana di Pesto, «Annali di tecnica agraria», V, 1932, pp. 322-327.
190
TOMMASO CARRAFIELLO
il nome dalla sua città di nascita in provincia di
Ravenna88. Dopo aver acquistato una tenuta
di circa 350 ettari dai marchesi Pinto nel 1922,
Bonvicini provvide a sistemarla spianando e
disboscando il terreno, tracciando strade e
canali di irrigazione ed impiantando un’azienda
agricola a colture multiple, con prevalenza
della frutticoltura. L’attività principale era
afiancata dall’allevamento di bufale e mucche
da latte, oltre alla trasformazione industriale
dei prodotti. Gli operai impiegati nell’azienda
provenivano principalmente da Agropoli,
sebbene 22 famiglie fossero alloggiate in ediici
realizzati appositamente nella tenuta89. Il primo
fabbricato fu realizzato nel 1925 da maestranze
romagnole, e costituisce uno dei primi esempi
di applicazione del “Sistema Hennebique” nel
salernitano. Era adibito a magazzino per la
frutta, con celle frigorifere, sala di lavorazione,
impianto di produzione del ghiaccio, due torri
montacarico e diversi ambienti di servizio per il
personale. Negli anni successivi furono ediicati
un centro zootecnico con magazzini e tre stalle
per 72 capi (successivamente trasformato in
appartamenti), cinque ediici per abitazioni e un
complesso polivalente per vari servizi, dal forno
per la paniicazione all’asilo nido per le lavoratrici
madri.
Nonostante i capitali e l’impegno profusi
la «Casa Frutticola Bonvicini» non ebbe il
successo sperato, forse a causa dell’eccessiva
salsedine ancora presente nel suolo, oppure per
la mancanza di carri-frigo ferroviari necessari al
veloce smistamento dei prodotti. Di conseguenza
nel 1935 l’azienda fu rilevata dalla SAIM di
Carmine De Martino che, pur subentrando nella
gestione dell’esistente azienda agricola90, in soli
due mesi vi impiantò anche un tabacchiicio. Il 12
settembre dello stesso anno91 il nuovo stabilimento
produttivo fu inaugurato ed intitolato alla
memoria del ministro Luigi Razza, scomparso
il mese precedente in circostanze tragiche92.
Riprendendo il modello insediativo in corso
di attuazione a Farinia, anche nella contrada
Cafasso si diede corso ad un appoderamento con
case coloniche e lotti di 10-15 ettari, concessi a
mezzadria, mentre al tabacchiicio fu afiancato
un villaggio operaio, che comprendeva gli alloggi
per i dipendenti, una scuola e la chiesa, inaugurata
il 1° maggio 193893.
Allo stato attuale l’intero insediamento occupa
una stretta fascia di territorio delimitata ad
ovest dalla linea ferroviaria, e ad est dalla S.S.
18. Il quadrilatero che ne risulta è tagliato
trasversalmente da via Cafasso che collega il
tabacchiicio con la grande piazza del villaggio
(stretta e lunga), in fondo alla quale si trova la
chiesa. Questa è a sua volta afiancata da due
fabbricati identici ad un solo piano che, in origine,
erano destinati ad ospitare rispettivamente la
scuola con l’abitazione dell’insegnante, ed un
locale di ritrovo con l’abitazione del custode.
Gli ediici residenziali sono disposti, invece,
sui due lati lunghi della piazza, pertanto lo
schema insediativo complessivo si sviluppa per
fasce parallele che partendo dalla grande mole
del tabacchiicio, ubicato immediatamente
a ridosso della ferrovia, procedono con una
zona residenziale, la piazza stessa e un’altra
zona residenziale. Dall’altro versante della
stessa via Cafasso ritroviamo altri fabbricati,
prevalentemente recenti, che nel loro complesso
costituiscono un nucleo urbano caratterizzato
da una propria identità ed autonomia, benché
consolidatosi soprattutto in conseguenza di una
recente espansione urbana.
Anche in questo caso lo «stato di consistenza»
elaborato dall’Uficio requisizioni, insieme
alla dettagliata planimetria che accompagna il
verbale94, costituisce un prezioso riferimento per
89 Tra queste anche 11 famiglie coloniche specializzate nella coltura «delle ortaglie», fatte arrivare appositamente da Nocera,
alle quali furono assegnati 2,5 ha di terreno a mezzadria (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 153).
90 «Nelle boniicate pianure di Pæstum, la Società Agricola Industriale Meridionale, oltre il tabacchiicio “Luigi Razza”,
possiede e gestisce la fertile, vasta, ridente tenuta frutteto che copre un’area di ben trecento ettari di terreno. La tenuta – imponentissima ed importantissima per la sua grandiosità, ricca di verde, ubertosissima per la coltivazione – produce, prevalentemente, grano e tabacco, pomodori, carcioi, pesche, erba medica ed altri prodotti del suolo. Anche in questo campo la Società
combatte e vince la battaglia del grano, dal Governo Nazionale Fascista ingaggiata» (DE MARTINO, La Società Agricola…,
cit., pp. 50-51).
91 G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 11; La provincia di Salerno…, cit., p. 254.
92 Luigi Razza (1892-1935) è stato Ministro dei Lavori Pubblici del governo Mussolini dal 24 gennaio 1935 al 6 agosto 1935,
data della sua prematura morte avvenuta per un disastro aereo nel cielo di Almaza (Cairo) mentre si recava in Eritrea.
93 I villaggi Farinia e Cafasso furono realizzati sostanzialmente in contemporanea, tuttavia alcune fonti coeve lasciano intendere una possibile derivazione del secondo dal primo: «Farinia è il villaggio agricolo modello secondo il grande concetto
mussoliniano, dotato di ogni comodità e possibilità e su Farinia [Carmine] De Martino ha subito creata l’azienda “Luigi
Razza”», vale a dire la borgata Cafasso (citazione in: NATELLA-PEDUTO, Farinia, villagio fascista, p. 336). La prima descrizione
di quest’ultimo insediamento risale al 1938: «accanto al tabacchiicio sorgono la chiesa, la scuola, numerose case coloniche,
le stalle, per l’allevamento delle bufale, i semenzai del tabacco, che coprono un’area di 6000 mq., e il campo sperimentale per i
tabacchi di seme levantino» (G.B., Le grandi aziende…, cit., p. 11).
94 ASSA, b. 767. Il documento reca la data del 15 luglio 1944, e risulta sottoscritto dal geometra Giuseppe Merola per il Genio
Militare, e dell’ingegnere Vittorio Ferraiolo per la SAIM. La planimetria dell’insediamento è stata pubblicata, limitatamente
all’area del villaggio, in: GAMBETTA-GIORDANO, Villaggi S.A.I.M. …, cit., p. 421, ig. 10.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
ricostruire l’articolazione dell’insediamento nel
1944. Innanzitutto il tabacchiicio risulta
«costituito da un corpo di fabbrica di vecchia
costruzione e da un grande locale per
l’essiccamento del tabacco di recente costruzione,
da fabbricati addossati al muro di cinta e da cortili
interni ed esterni».
L’ediicio più vecchio, che dovrebbe corrispondere all’originario stabilimento Bonvicini, ospita al
primo piano un piccolo nucleo di abitazioni per
i dipendenti, che si compone di «N. 6 vani utili, oltre N. 3 cucine, 2 disimpegni; 2 gabinetti e
una grande sala d’ingresso alle dette»95. Sul lato
orientale, ma sempre entro il muro di cinta del
tabacchiicio, si trovano tre palazzine identiche,
contrassegnate in planimetria con i numeri 7, 8
e 9, ed indicate come «abitazione del direttore e
impiegati». Al piano terra sono composte da tre
vani, un disimpegno, una cucina e un gabinetto
con lavabo e «vaso di ghisa porcellanata», mentre
al primo piano manca la cucina, pertanto i vani
sono quattro e la «sala da bagno» dispone anche
di una «vasca in ghisa porcellanata». Ad ognuno
di questi tre ediici «è assegnato un piccolo orto
cui si accede da un viale principale che corre parallelo al lato est del grande essiccatoio».
La chiesa ad aula unica (in effetti poco più di una
cappella) prosegue, dietro l’abside rettangolare,
con un piccolo ediicio a due piani, che ospita
verosimilmente la sagrestia con locali di servizio
al piano terra e l’abitazione del parroco a quello
superiore. Sopra l’ingresso della canonica è
murata una lapide recante la seguente iscrizione:
QVESTO TEMPIO
DEDICATO ALLA
MADONNA DEL CARMELO
FV PENSIERO E DEVOZIONE
DELLA
SOCIETÀ AGRICOLA INDVSTRIALE MERIDIONALE
—
S.E. MONS. RAFFAELE DE GIVLI
VESCOVO DI CAPACCIO E VALLO
INAVGVRÒ IL 1° MAGGIO 1938 XVI E.F.
Uno snello campanile dalla cuspide molto aguzza
conferisce all’ediicio un aspetto quasi ‘alpestre’,
191
che stride notevolmente con l’assolata pianura
circostante e con i due fabbricati adiacenti di gusto razionalista. La sensazione di spaesamento
risulta ancora più marcata nella cartolina promozionale della SAIM96, ove la facciata assume un
aspetto marcatamente neomedievalistico per via
di alcuni elementi decorativi non più presenti ai
nostri giorni, vale a dire quattro paraste, archetti
pensili lungo le falde del tetto e, inine, un protiro
su podio, retto da due colonne. Il contrasto stilistico si estende ai tre ediici rappresentati sul lato
lungo della piazza, le cui ampie inestre d’angolo,
contraddette soltanto in parte dalle coperture a
falde inclinate, rispecchiano i riferimenti più aggiornati alle esperienze dell’architettura razionalista italiana. Si tratta di tre fabbricati che, pur
essendo presenti sulla planimetria del 1944, non
vengono descritti nel verbale, pertanto risulta
impossibile confrontarli con quelli attuali che, in
ogni caso, sembrano aver subito profonde alterazioni nel corso degli anni. In relazione ad essi
piace soltanto sottolineare la presenza dei balconi
angolari smussati a quarto di cerchio, osservabili
in pianta, che sembrano ricordare l’analoga soluzione adottata nei due ediici posti ai lati della
chiesa di Farinia.
Recentemente sulla stampa locale è comparsa la
notizia che il comune di Capaccio sarebbe interessato all’acquisizione del solo tabacchiicio, a
fronte della cessione di volumetria compensativa
su altre proprietà della società privata che ha acquistato l’immobile. Il vincolo monumentale ha
impedito, infatti, che questo signiicativo esempio
di archeologia industriale della Piana del Sele fosse demolita per lasciare il posto a nuovi insediamenti residenziali, di sicuro meno qualiicanti97.
Il modello insediativo tabacchiicio-villaggio
operaio, adottato dalla SAIM a Farinia e
Cafasso, viene ripetuto una terza volta nella
località Scanno, che nel 1961 modiicherà il
proprio nome in Borgo Carillia98. Anche in
questo caso Carmine De Martino impianta
un’azienda agro-industriale, incentrata sul
tabacchiicio «G. Giacomo Porta» ma estesa ad
altre attività satellite99, cui viene assegnato il nome
di Alfania, adottando ancora una volta quella
programmatica latinizzazione dei toponimi tanto
95 La descrizione continua come segue: «Pavimentazione in piastrelle esagonali di cemento, pareti attintate a colla, sulle quali
si notano parecchie macchie; inissi esterni in legno abete completi di ferrature; gli inissi esterni in legno di castagno hanno i
vetri rotti per il 30%» (ASSA, Intendenza, b. 767).
96 Si tratta della cartolina disegnata da Guglielmo Beraglia contrassegnata con il n. 7, e recente la seguente didascalia: «Tenuta Luigi Razza in Pæstum (Salerno)».
97 ANGELA SABETTA, L’ex tabacchiicio Cafasso diventa proprietà pubblica, «La Città di Salerno», versione on-line, 13 marzo
2013.
98 LUCIO ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni dall’intervento della Riforma fondiaria. Appuntamento il 7, 8 e 9 agosto con dibattiti
e spettacoli, «Unico. Il settimanale», a. X, 28, 19 luglio 2008, p. 7.
99 Oltre al tabacchiicio «G. Giacomo Porta» l’azienda Alfania comprendeva una segheria e un’oficina meccanica per la
gestione delle conserve alimentari ad Altavilla Silentina, il tabacchiicio «N. Salvati» nella contrada Fiocche di Eboli, nonché
la gestione dei boschi ed agricola a Serre e nella stessa Altavilla (IVONE, Carlo Petrone…, cit., p. 61).
100 GHIRARDO-FORSTER, I modelli delle città…, cit., pp. 635-636; NATELLA-PEDUTO, pp. 334-335.
192
TOMMASO CARRAFIELLO
cara alla retorica fascista100. Le prime abitazioni
ad essere realizzate sono le quattro palazzine
gemelle a pianta esagonale molto allungata,
tuttora esistenti, che contrassegnano i quattro
lati dell’attuale piazza Alfania101, già segnalate
sinteticamente in precedenza. Anche per questo
insediamento Guglielmo Beraglia ha disegnato
una cartolina promozionale che rafigura proprio
una di queste palazzine a due piani, vista dal lato
posteriore, caratterizzata da una scala esterna
con ballatoio (che ricorda gli ediici residenziali
di Farinia), ed un porticato aperto sul lato verso
la piazza102. In secondo piano sono rappresentati
i grandi e anonimi blocchi dello stabilimento
industriale (realizzato presumibilmente negli anni
venti del Novecento), tra i quali si scorge una
struttura più bassa sulla sinistra, presumibilmente
riconducibile ai ruderi, tuttora esistenti, di un
porticato in muratura a cinque fornici. In questa
rappresentazione del 1942 non risulta riprodotta,
invece, una sorta di ‘torre littoria’ a pianta
semicircolare, che caratterizza attualmente il
fronte del tabacchiicio in prossimità dell’incrocio
tra via Giuseppe Mazzini e via Alcide De Gasperi.
Questa si presenta concettualmente simile
all’analoga struttura realizzata a Farinia, seppur
meno imponente, e verosimilmente accoglie al
suo interno un vano scale, a sua volta illuminato
da un lungo pannello verticale in vetrocemento.
Questa sorta di inestrone è riquadrato da una
spessa cornice notevolmente strombata, i cui
elementi orizzontali sono realzizati in cemento,
mentre quelli verticali in laterizi. Proprio in
corrispondenza dell’estremità superiore di
questo pannello lucifero, è leggibile l’iscrizione
«6.8.1950», che potrebbe indicare la data in cui
al fabbricato preesistente fu aggiunto il volume
cilindrico non presente nella cartolina di Beraglia.
La muratura dell’intero complesso produttivo
appare realizzata in pietrame (probabilmente tufo)
con ricorsi orizzontali e riquadrature angolari in
laterizio. Fonti non documentabili descrivono
una struttura interna costituita da una doppia ila
di pilastri, che sostiene la copertura realizzata con
capriate in legno e manto di lamiere grecate, fatta
eccezione per un’area di circa 1.250 mq dove sono
utilizzate lastre di eternit103.
Un secondo nucleo originario del futuro
borgo residenziale è costituito dal cosiddetto
Villaggio Maria Teresa che, pur richiamando
sonorità asburgiche, in realtà vuole ricordare
più semplicemente la iglia dello stesso Carmine
De Martino, che ne fece il proprio quartier
generale in occasione delle sue lunghe passeggiate
a cavallo nel itto bosco di Persano. In queste
scuderie l’industriale salernitano allevava,
infatti, l’omonima e pregevole razza equina,
ma quando nel 1942 fu necessario alloggiare 32
famiglie di operai pensò di adattare allo scopo
proprio i «baracconi dei cavalli» di Maria Teresa,
nobilitandone il nome con quello della giovane
amazzone.
5. La riforma fondiaria in Campania : Scanno, San
Cesareo, Ciofi e Gromola (ante 1958)
Lo sviluppo di un vero e proprio borgo
residenziale nella località Scanno ebbe inizio,
comunque, soltanto dopo la conclusione della
II Guerra mondiale, come segnalato nel 1949 da
Elio Migliorini:
«Il sorgere in zone disabitate di questi grandi
stabilimenti […] non ha per ora avuto grande
importanza antropica, dato che gli operai
ritornano ogni sera ai centri di collina, distanti
10-15 km. Tuttavia Scanno, presso la lingua di
terra limitata dal Sele e dal Calore, dove accanto
alla lavorazione del tabacco sono associate altre
attività agricole, tende ormai a costituire un
centro abitato»104.
In effetti nella seconda metà degli anni
Cinquanta del XX secolo l’Opera Nazionale
per i Combattenti (ONC) proseguì l’opera di
colonizzazione nella Piana del Sele, espropriando
i terreni della tenuta demaniale di Persano (1.215
ettari) e della stessa SAIM (927 ettari), al ine di
dare attuazione alla Riforma fondiaria mediante
la loro suddivisione in poderi105.
Il tipo di insediamento preferito era notoriamente
quello a case sparse, associato alla costituzione di
«Centri di servizio» che garantissero ai coloni le
funzioni urbane fondamentali nei settori sanitario,
religioso, sociale e commerciale106. Tuttavia tra
101 La piazza ha cambiato altre due denominazioni: piazza Boselli e piazza Gerardo Alfani (ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni…, cit.).
102 Cartolina n. 3, che reca la seguente didascalia: «Tabacchiicio G. Giacomo Porta in Alfania (Persano di Salerno)». La
irma è in basso a sinistra, la numerazione in alto a destra.
103 Non essendo stato possibile effettuare un sopralluogo, questa pur sommaria descrizione dev’essere considerata con la
necessaria cautela.
104 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., pp. 149-150.
105 ASCOLESE, Carillia: cinquant’anni…, cit.
106 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 39-40.
107 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 162.
108 Talora indicata anche come «Yonta» o, più semplicemente, «Ionta».
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
i territori acquisiti era compresa una «striscia
mesopotamica»107 di circa 400 ettari chiamata
Jonta108, e situata nell’angusta conluenza tra i
iumi Sele e Calore, ove si veriicavano rilevanti
alluvioni periodiche109. Questa particolare
circostanza rendeva i terreni particolarmente
fertili ma, allo stesso tempo, la messa in
sicurezza dell’area diventava troppo onerosa e
l’adozione dell’insediamento di tipo sparso era
praticamente impossibile. Per questo motivo
la “Sezione speciale per la riforma fondiaria in
Campania” dell’ONC decise di concentrare i
coloni in due borgate residenziali «da attuarsi in
posizioni al sicuro dalle piene, ma il più possibile
vicine ai terreni appoderati»110. In realtà venne
valutata anche l’eventualità di costruire un unico
centro abitato di oltre 90 fabbricati, ma questa
ipotesi fu scartata poiché «avrebbe prodotto un
eccessivo accentramento»111, oltre ad aumentare
sensibilmente le distanze massime tra le case
e i poderi, senza peraltro riuscire a soddisfare
le esigenze delle zone limitrofe già appoderate,
per le quali sarebbe stato comunque necessario
realizzare un secondo centro di servizio.
Le località più idonee a tale scopo furono
individuate sulla sponda sinistra del Calore, una
a monte della Jonta (Scanno) e l’altra a valle
(San Cesareo112). Nel primo caso il nucleo urbano
originario è stato notevolmente ampliato con la
costruzione di numerose case ancora esistenti,
ma spesso profondamente alterate rispetto alla
primitiva morfologia, codiicata dall’ONC in
tre tipologie standard113; tuttavia in alcuni casi è
ancora possibile cogliere le tracce delle iscrizioni
originarie: «O.N.C. | RIFORMA FONDIARIA».
Degni di nota sono alcuni ediici per la comunità e,
ancora una volta, la chiesa dall’impianto stilistico
sempre in bilico tra schemi neomedievalistici e
193
semplicità razionalista114.
La borgata residenziale di San Cesareo è stata
realizzata sopra un’altura, nei pressi del ponte sul
iume Calore realizzato per dare accesso ai poderi
della Jonta, e comprendeva originariamente
36 case coloniche, disposte lungo due strade ad
anello sfalsate rispettivamente. Nel punto di
cerniera tra i due percorsi anulari è collocato il
centro pubblico, costituito da sette ediici: chiesa
e canonica, asilo d’infanzia, scuola elementare,
fabbricato per i servizi sociali, magazzino della
cooperativa, fabbricato degli ufici, negozi e
botteghe artigiane. La collocazione geograica
della borgata consente di soddisfare le esigenze
anche degli appoderamenti realizzati nel comune
di Albanella115, oltre a quello della Jonta, nonché
di raggiungere facilmente le principali vie di
comunicazione116.
Tra i centri di servizio realizzati in questo contesto
assumono una particolare importanza quelli di
Ciofi e Gromola. Il primo, in particolare, viene
ripetutamente segnalato dalla bibliograia come
caso esemplare117, sebbene allo stato attuale
sembra che sia stata effettivamente realizzata
soltanto l’area dei servizi economici della
cooperativa, mentre mancano del tutto gli ediici
pubblici elencati sulla planimetria pubblicata
nel 1958. Dal confronto di questo progetto
con le foto aeree, ed a seguito di un recente
sopralluogo, è possibile ipotizzare che degli ediici
originariamente previsti siano stati effettivamente
realizzati quelli relativi alle botteghe artigiane,
il fabbricato ufici, le oficine e magazzini
cooperativi. Sarebbero rimasti sulla carta, invece,
l’istituto professionale, la scuola elementare,
l’asilo d’infanzia, il fabbricato per servizi sociali e
ambulatorio, la chiesa con canonica118. Tuttavia i
primi interventi a Ciofi ebbero inizio in dal 1925,
109 «L’evento si veriica quando, in coincidenza con le piene dei iumi le mareggiate prodotte dal libeccio ostacolano il normale delusso del Sele. È un tipico fenomeno di rigurgito nel quale la Yonta fa da cassa naturale di espansione ed esercita
un beneico inlusso sul livello di piena del iume, evitando tracimazioni e rotture degli argini che lo iancheggiano nel tratto
terminale» (O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40).
110 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 40, riassunto in: MARIO CATAUDELLA, La Piana del Sele. Popolazione, strutture insediative. Corso di geograia regionale, Salerno, Litograia Delta, 1975, pp. 74-77, già pubblicato in: Pubblicazioni dell’Istituto di
geograia economica dell’Università di Napoli, v. XIII (1974).
111 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 41.
112 Talvolta indicato come «San Cesario».
113 In base alla composizione del nucleo familiare l’ONC aveva progettato tre tipi di alloggi, più una quarta tipologia destinata ai cosiddetti «quotisti», vale a dire agli assegnatari di semplici quote integrative (O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 4 e
15-38, progetti, fotograie e schizzo prospettico. Cfr. anche: CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 70, ig. 18).
114 Si veda, ad esempio, la fotograia del «Magazzino cooperativo» in: O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 46. La chiesa di
Borgo Carillia è segnalata erroneamente come quella di Ciofi in: CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 93, ig. 27. Il plastico dell’insediamento progettato è riprodotto in: O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 267.
115 Allo stesso scopo nel comune di Albanella è segnalata anche la fondazione di Matinella, mentre per i contadini di Serre fu
realizzato il «nucleo» di Baraccamenti (MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 99).
116 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 47-48, nonché la planimetria a p. 49, e la riproduzione del plastico a p. 267; CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 76.
117 MIGLIORINI, La Piana del Sele, cit., p. 101; 36 anni dell’Opera nazionale per i combattenti 1919-1955, Roma, A cura dell’Opera nazionale per i combattenti, 1955, pp. 111-113; O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., pp. 45-47; PROTASI-SONNINO, Politiche
di popolamento…, cit., pp. 124-125, n. 23.
118 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., planimetria a p. 47.
194
TOMMASO CARRAFIELLO
e comportarono inizialmente l’abbattimento della
itta boscaglia, lo spianamento del terreno e la sua
dissodazione per mezzo di «potenti locomotori
a vapore». Il grano germogliò per la prima
volta nel 1927, mentre si stavano ultimando la
ristrutturazione dei fabbricati rurali esistenti e la
costruzione di un ampio magazzino per i cereali,
di un ienile e di un deposito seminterrato per le
macchine agricole. Nei quattro poderi principali
sorsero altrettante case coloniche complete delle
necessarie strutture accessorie (stalle, concimaie,
forni, ecc.), e collegate mediante sette nuovi
tronchi stradali. L’istituzione di una «stazione
antimalarica permanente» della Croce Rossa
Italiana favorì una lotta eficace contro la malaria
determinando in poco tempo la ine dei decessi119.
Per la sua collocazione particolarmente felice,
all’incrocio tra due importanti strade provinciali,
Ciofi riusciva a fornire supporto ad un territorio
di circa 2.000 ettari, di cui 900 lottizzati in 160
poderi, potendo contare, peraltro, anche su due
nuclei satelliti che comprendono una scuola elementare e i magazzini delle cooperative120: Fiocche e Torre delle Barriate. Peraltro anche a Fiocche (circa a metà strada tra Eboli e Santa Cecilia)
esisteva un imponente tabacchiicio della SAIM,
costituito da sette grandi capannoni collegati tra
loro e disposti lungo altrettanti lati di un ottagono, a formare un ampio spiazzo poligonale che
veniva utilizzato per l’essiccazione del tabacco,
accedendo dal lato libero da ediici. La struttura
era collocata strategicamente di fronte all’unico
ponte intermedio tra Ponte Sele e Ponte Barizzo,
che dava accesso ad Alfania. Lo stesso ponte è
stato rafigurato nella cartolina n. 4 della serie realizzata da Guglielmo Beraglia per la SAIM, che
reca la seguente didascalia: «Ponte sul Sele – Tenuta Alfania (Persano di Salerno)». Il complesso
ha subito ingenti danni nel corso del secondo conlitto mondiale, con la distruzione quasi totale di
due fabbricati e quella parziale di una altro paio,
e si presenta attualmente in uno stato di parziale
abbandono che, tuttavia, non impedisce di coglierne la grandiosa articolazione poligonale.
Poche le notizie su Gromola, posta a servizio di
un’area pari a circa 1.800 ettari, sui quali sono
stati realizzati 250 poderi e 92 quote integrative121.
In ogni caso, però, la storia delle fondazioni
realizzate dall’ONC nella Piana del Sele,
nell’ambito della Riforma fondiaria, è ancora
tutta da scrivere.
6. Una rilessione
Oltre alle dodici città di fondazione codiicate
dalla storiograia uficiale, le approfondite
ricerche condotte negli ultimi anni da Antonio
Pennacchi ed altri ricercatori hanno consentito
di individuare numerosi altri nuclei analoghi,
spesso di dimensione assai più ridotta, che a loro
giudizio possono assurgere alla ‘dignità urbana’,
in quanto accomunati da alcune caratteristiche
ben tipizzabili: «i miti di fondazione, le modalità
con cui fu attuata l’organizzazione spaziale
del territorio, [ma soprattutto] i progetti socioeconomici che determinarono la nascita dei nuovi
insediamenti»122.
Nella Piana del Sele i progetti insediativi furono
promossi quasi esclusivamente dagli imprenditori
locali, in particolare dalla SAIM di Carmine De
Martino, che era la principale società concessionaria per la lavorazione del tabacco. Il modello
adottato da questa azienda consisteva nell’afiancare agli stabilimenti industriali (soprattutto
i grandi tabacchiici) alcuni ediici residenziali
(destinati prevalentemente alle maestranze tecniche e dirigenziali piuttosto che agli operai123) ed
una serie di servizi in ambito religioso, sociale e
commerciale (chiesa, scuola, locali di ritrovo, orfanatroio, molini, forno, botteghe, ecc.), che potessero soddisfare le esigenze dei coloni insediati
nelle vicinanze. Allo stabilimento industriale era
spesso associata, infatti, anche un’azienda agricola (talvolta strutturata in appoderamenti), generalmente dedicata alla produzione della materia
prima, il tabacco. Rientrano in questa tipologia
insediativa, in misura più o meno compiuta, i villaggi operai/aziende agro-industriali di Farinia,
Cafasso e Alfania.
Poiché molti lavoratori preferivano tornare ogni
sera presso le proprie residenze d’origine, soltanto
in pochissimi casi le borgate rurali e i centri di
servizio hanno dato origine a vere e proprie
comunità, dotate di una propria identità urbana
ed autonomia funzionale (forse soltanto CafassoBorgo Nuovo e, successivamente, ScannoAlfania-Borgo Carillia).
Corvinia costituisce un’eccezione poiché frutto
di un appoderamento di iniziativa pubblica non
ultimato, specialmente per quanto attiene alla
ipotizzata ‘zona di supporto’, che avrebbe dovuto
soddisfare sia le esigenze della popolazione
rurale, sia quelle dei lavoratori impiegati nel
vicino Aeroporto di Montecorvino.
In nessun caso è stata individuata la presenza
119 36 anni dell’Opera…, cit., p. 111-113
120 O.N.C., Le costruzioni rurali, cit., p. 45; CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 77.
121 CATAUDELLA, La Piana del Sele…, cit., p. 77 e fotograia della scuola elementare a p. 78, ig. 20.
122 PROTASI-SONNINO, Politiche di popolamento…, cit., p. 110; PENNACCHI, Fascio e martello..., cit., pp. 276-296.
123 NATELLA-PEDUTO, Farinia, villaggio fascista, cit., p. 335.
124 Cfr 36 anni dell’opera..., cit., p. 268.
CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
di ediici destinati chiaramente a funzioni
amministrative, o correlati in modo evidente ed
esclusivo alle attività politiche.
Con la Riforma fondiaria in Campania l’apposita
Sezione dell’ONC proseguì nell’opera di
colonizzazione della Piana costruendo, tra l’altro,
195
due borgate rurali (Scanno e San Cesareo), e
prevedendo la realizzazione di alcuni Centri di
servizio (Ciofi, Gromola, Fiocche, Torre delle
Barriate, Aversana, Spinazzo), che in alcuni casi
avrebbero potuto ospitare anche la sede di una
delegazione comunale distaccata124.
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CORVINIA E FARINIA, NUOVI CENTRI AUTARChICI DELL’AGRO SALERNITANO
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1. Schema insediativo del territorio circostante Corvinia
e Farinia nel 1943 (disegno di Marco Soravia
2. «Case d’una zona appoderata tra Asa e Rialto», da:
Elio Migliorini, La Piana del Sele, «Memorie di geograia
economica”, a. 1, v. 1 (luglio-dicembre 1949, Napoli,
Tip. Pironti e igli, 1949, tav. III in fondo al volume
3. Corvinia. Uno dei poderi allo stato attuale (foto di
Tommaso Carraiello
4. Attilio Maiorana, S.A.I.M. Azienda Farinia, cartolina
in bianco e nero, 1942-XX E.F.
5. Farinia. Vista dalla piazza verso il tabacchiicio (foto
di Tommaso Carraiello
6. Guglielmo Beraglia, Chiesa del Sacro Cuore in
Farinia (Salerno, cartolina n. 9, 1942-XX E.F.
7. Farinia. Chiesa del Sacro Cuore, stato attuale (foto di
Tommaso Carraiello
8. Guglielmo Beraglia, Tenuta Luigi Razza in Pæstum
(Salerno, cartolina n. 7, 1942-XX E.F.
9. Cafasso-Borgo Nuovo (Pæstum. Chiesa della
Madonna del Carmelo, scuola e locale di ritrovo, stato
attuale (foto di Tommaso Carraiello
10.Guglielmo Beraglia, Tenuta Luigi Razza in Pæstum
(Salerno, cartolina n. 5, 1942-XX E.F.
11. Cafasso-Borgo Nuovo (Pæstum. Accesso alla tenuta
«Luigi Razza» da via Magna Grecia, stato attuale (foto
di Tommaso Carraiello
12. Guglielmo Beraglia, Tabacchiicio G. Giacomo Porta
in Alfania (Persano di Salerno, cartolina n. 3, 1942-XX
E.F.
13. Alfania-Borgo Carillia. Veduta da via Camillo
Benso Conte di Cavour, stato attuale (foto di Tommaso
Carraiello
14. Farinia. Scala elicoidale della torre littoria, accesso
interno alla quota delle terrazze (foto di Salvatore
Lembo
15. Farinia. Scala elicoidale della torre littoria,
prospettiva dall’alto (foto di Salvatore Lembo
ASUP, 1, 2013 (2015)
BORGATE RURALI, VILLAGGI OPERAI, CENTRI DI SERVIZIO E ALTRE
FONDAZIONI NELLA PIANA DEL SELE (SALERNO) (1935-1942)
Tommaso Carrafiello
ERRATA-CORRIGE
Per un mero errore editoriale è stata pubblicata la
prima bozza e non la versione finale del saggio,
pertanto la presente errata-corrige dovrebbe
risultare assai più corposa.
Tuttavia, avendo ritenuto opportuno segnalare
soltanto i casi più significativi, mi scuso
preventivamente con i lettori, nonché con gli
autori citati, per i numerosi refusi presenti nel
testo stampato, e segnalo l’incostante riferimento
archivistico sintetico relativo alla documentazione
pag.
179
181
182
184
conservata presso l’Archivio di Stato di Salerno
(ASSA).
Inoltre per migliorare la comprensione del testo
ho ritenuto opportuno integrare la presente
errata-corrige con una versione a colori dello
Schema insediativo del territorio circostante
Corvinia e Farinia nel 1943, elaborato da Marco
Soravia (fig. 1 a p. 195), e con una planimetria
commentata dell’insediamento di Farinia.
errata
colonna B, rigo 14
«Sele, presso la foce»
«Sele, in prossimità della sua foce»
nota 29
«sul lato corto»
«su uno dei due lati corti»
colonna A, rigo 20
«che per primo ha formulato»
«che ha formulato»
nota 50
«ASSA Intendenza, b. 676»
«ASSA, Intendenza, SAIM, b. 767»
184-191
186
corrige
Nello stesso modo devono essere intesi gli
analoghi riferimenti archivistici sintetici
presenti alle successive note nn. 51 a p.
184, 57 a p. 185, 61 a p. 186, 67 e 71 a p.
187, 74, 75 e 77 a p. 188, 94 a p. 190 e 95 a
p. 191.
colonna B, righi 5-7
«Sabaudia, tuttavia quelle più sottili
sporgono rispetto al piano verticale coma
ad Aprilia; a Farinia questo effetto è stato
ottenuto»
«Sabaudia. A Farinia, però, quelle più
sottili sporgono rispetto al piano verticale
coma ad Aprilia. Questo effetto viene
ottenuto »
187
nota 67
«l’essiccatoio e le «stendaggini» »
«l’essiccatoio e «stendaggini» »
188
colonna A, rigo 29
«più piccoli, mentre l’intero fabbricato»
«più piccoli, cosicché l’intero fabbricato»
189
nota 83
«un azienda»
«un’azienda»
«ma non sembra»
«ma che non sembra»
TOMMASO CARRAFIELLO
190
colonna B, righi 17-18
«in fondo alla quale si trova la chiesa.
Questa è a sua volta»
nota 93
«citazione in:»
«in fondo alla quale è collocata la chiesa.
Questa risulta a sua volta»
«EDUARDO GALDIERI, I paesi salernitani di
origine greco-ionica, Roma, Edizioni XX
secolo S.A.I., 1942, v. 1, p. 21, citato in:»
191
colonna B, righi 1-2
«stride notevolmente con l’assolata
pianura circostante e con i due
fabbricati»
192
colonna A, rigo 32
«realzizati»
«realizzati»
colonna B, rigo 7
«sfalsate rispettivamente»
«reciprocamente sfalsate»
193
194
194
195
197
colonna A, righi 31-34
«La struttura era collocata
strategicamente di fronte all’unico ponte
intermedio tra Ponte Sele e Ponte
Barizzo, che dava accesso ad Alfania»
«stride notevolmente sia con l’assolata
pianura circostante che con i due fabbricati»
«La struttura appare collocata
strategicamente di fronte all’unico ponte
intermedio tra Ponte Sele e Ponte Barizzo,
che consente l’accesso ad Alfania-Borgo
Carillia»
colonna B, righi 17-18
«in particolare dalla SAIM di Carmine
De Martino, che era»
«in particolare da Carmine De Martino,
Amministratore della SAIM, che era»
colonna B, rigo 41
«una propria identità urbana»
«una compiuta identità urbana»
colonna A, rigo 1
«chiaramente»
«specificamente»
didascalia n. 2
«da: Elio Migliorini, La Piana del Sele,»
«da: ELIO MIGLIORINI, La Piana del Sele,»
didascalia n. 5
«vista della piazza verso il
tabacchificio»
«vista della piazza verso il tabacchificio,
stato attuale»
In tutte le didascalie manca la parentesi tonda di chiusura, inoltre i titoli delle foto nn. 6,
8, 10 e 12 sono citazioni tratte dalla cartolina originale, pertanto vanno intesi tra « ».
ASUP, 1, 2013 (2015)
Schema insediativo del territorio circostante Corvinia e Farinia nel 1943
(disegno di Marco Soravia)
TOMMASO CARRAFIELLO
Farinia. Planimetria dell’insediamento
(disegno di Tommaso Carrafiello)
1 e 4 – casa a due piani per otto famiglie di salariati e dipendenti
2 – «casa canonica» su due piani
3 – scuola rurale con abitazione dell’insegnante al primo piano
5 – orfanatrofio
6 – locali di ritrovo
7 – molino e forni
8 – refettorio
9 – chiesa