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Un allievo forlivese del Cignani: Sebastiano Savorelli - testo

2009, Romagna arte e storia, 86, pp. 41-54

Primo studio sopra don Sebastiano Savorelli, pittore forlivese del XVIII secolo. Partito dalla scuola che Cignani aveva in Forlì durante gli anni di permanenza nella città romagnola, il pittore inizia la sua produzione da disegni del maestro per poi lavorare autonomamente per la propria città.

STEFANO CROGNALE Un allievo forlivese del Cignani: Sebastiano Savorelli Lunghissimo è l’elenco di tutti quegli artisti, non solo pittori, che furono, almeno per un periodo, allievi di Carlo Cignani; Marcello Oretti, nella biografia del maestro, ne nominerà ben sessantaquattro 1. Proprio un numero così alto non ha ancora permesso uno studio esaustivo della sua bottega, anzi, delle sue due botteghe - quella bolognese e quella forlivese essenzialmente diverse tra loro per quanto strutturalmente simili 2i. Il trasferimento definitivo di Carlo a Forlì - nel 1683 - apre difatti un capitolo del tutto nuovo non solo nell’attività del pittore ma anche nella storia dell’arte in Romagna. Tutta la pittura romagnola del Settecento è stata spesso liquidata dagli studiosi con semplici accenni, in un ripetersi asfittico di poche parole: colonia bolognese, pittori minori, storia locale. Lucido e sincero è il saggio di Pier Giorgio Pasini, che sottolinea la mancanza di alternative artistiche nella regione, dove l’attività dei Cignani ha condizionato ogni espressione pittorica: «Pittura senza entusiasmi, potremmo definire quella dei cignaneschi romagnoli; sorretta da una tecnica diligente, ancor più che abile, e caratterizzata da una moderata devozione»3. Risulta oggi impresa ardua poter togliere il velo di anonimato steso su questi artisti: la piccola mostra tenutasi lo scorso anno nella chiesina del Miracolo a Forlì ha cercato di riportare l’attenzione proprio sulla bottega romagnola dei Cignani 4, ponendosi come punto di partenza per ulteriori approfondimenti. 1 M. Oretti, Notizie de Professori del Dissegno…, Ms B 129, cc. 339-341, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio. 2 Nel passaggio a Forlì il Cignani mantenne la stessa struttura generale nella bottega, lasciando le mansioni di Franceschini al figlio Felice e continuando ad istruire gli allievi. Ma, mentre a Bologna lavorava insieme ad un’ottima equipe, in Romagna il pittore affronta da solo la sua opera più impegnativa. 3 P. G. Pasini, La Pittura in Romagna, in L’arte del Settecento emiliano. La pittura, l’accademia clementina, catalogo della mostra (Bologna, 8 settembre-25 novembre) a cura di AA. VV., Bologna 1979, p. 189. 4 A. Bondi, E. Garavini, A. Giunchi, La bottega dei Cignani e la pittura sacra in Romagna, catalogo della mostra (Forlì, Chiesina del Miracolo, 217 febbraio 2008), Castrocaro Terme 2008. Un percorso da riscoprire è certamente quello di Sebastiano Savorelli, forse il più nominato dalle fonti tra gli allievi forlivesi. Ma sebbene il suo nome sia tenuto in gran considerazione e venga sempre ricordato in relazione al soggiorno romagnolo del pittore bolognese, la sua vicenda biografica non viene mai indagata: veloci e molto generali sono le considerazioni sulla sua attività artistica. Il primo ad interessarsi del pittore è il cosiddetto “Muto Accademico” che, nel Breve racconto della vita di Carlo Cignani del 1702, lo inserisce in un ristrettissimo elenco - tre soli nomi - degli allievi: «…bravamente opera, e con feracità di ingengo»5. Viene poi rapidamente ricordato nell’anonima Aggiunta da farsi all’Abbozzo vitale del cav. Carlo Cignani 6, nelle Pitture più celebri e cospicue di Forlì descritte dal Sig. Carlo Cignani del 1691 7 e nella prima biografia a stampa sul bolognese compilata da Ippolito Zanelli: « Filippo Pasquali e il sacerdote Sebastiano Savorelli, ambedue defunti, han dato pruove del loro sapere nella loro patria e fuori»8. Fondamentali per scoprire la figura di Sebastiano Savorelli sono i manoscritti di Marcello Oretti 9, che inserisce nei suoi appunti una serie decisamente ampia delle opere del pittore forlivese. Come mai egli è l’unico a ricordarle? Nelle sue carte troviamo sempre la fonte dalla quale ricava le informazioni: in questo caso sono i manoscritti del dottore 5 Breve racconto della vita di Carlo Cignani descritta dal Muto Accademico Concorde di Ravenna ed Acceso di Bologna, a dì 4 agosto 1702, Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, vol. miscell. B. 36, n.72, pubblicato in S.Vitelli Buscaroli, Carlo Cignani (1628-1719), Bologna 1953. 6 Pubblicato in L. Frati, Varietà storico-artistica, Città di Castello 1912. 7 Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms B 291, Pitture dello Stato ecclesiastico: C 97- C101 Pitture più celebri e cospicue di Forlì descritte dal Sig. Carlo Cignani 1691. Per le questioni filologiche riguardo questo manoscritto si consulti F. Moscoloni, Carlo Cignani (1628-1719) testimone di Forlì, «Romagna Arte e Storia», XVIII (1998), 54, pp. 15-24. 8 In I. Zanelli, Vita del Gran pittore cavaliere conte Carlo Cignani, Bologna 1722, pp. 61-2. 9 In particolare M. Oretti, Notizie de Professori del disegno cioè Pittori Scultori e Architetti Bolognesi e de forestieri di sua Scuola raccolte da M.O. Bolognese, volume IX, Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B 129 e M. Oretti, Pitture della città di Forlì descritte da M.O. bolognese nell’anno 1777, Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B165/II. Domenico Savorelli, nipote di Sebastiano, documenti che Oretti afferma di possedere presso di sé 10. Dal punto di vista puramente biografico Oretti aggiunge comunque varie informazioni utili: «Sacerdote di Forlì, studiò dal Cav. Carlo Cignani la Pittura, e con buon gusto la esercitò, dipingendo non tanto per la sua patria, che per altre città»11. Luigi Lanzi, nella sua Storia Pittorica dell’Italia, lo ricorda fra i forlivesi «eruditi dal Cignani il prete Sebastiano Savorelli, adoperato in quadri da chiesa anche nelle città vicine» 12; comunicazione certo scarna ma da ritenersi importante vista la grande fortuna dell’opera. Le informazioni che possiamo così recuperare sul pittore sono molto generiche e si limitano quindi a pochi dati: Sebastiano Savorelli, sacerdote forlivese, allievo del Cignani. Per quel che riguarda gli estremi biografici ci si deve limitare, per la nascita, ad accettare il 1667, data riportata da don Romeo Bagattoni 13, ma non verificabile su alcun 10 Elisa Garavini evidenzia un rapporto epistolare tra Oretti e Domenico Savorelli, suo principale informatore sulle esperienze artistiche forlivesi e in particolare della bottega di Carlo (E. Garavini, Gli allievi forlivesi di Carlo Cignani: Indagini su Andrea Felice e Francesco Antonio Bondi, tesi di laure, Università degli studi di Bologna, Facoltà di conservazione dei Beni Culturali, relatore prof.ssa D. Lenzi, A.A. 2001-2002). «Se vorrà sapere poi dei soli allievi di codesta scuola succintamente gliene trascriverò le notizie che mi è riuscito di ritrovare, e insieme il catalogo dei migliori scolari del Cignani, paesani ed esteri»; così risponde Domenico l’11 gennaio 1763 a una probabile richiesta del bolognese. Purtroppo questo “catalogo” non è stato rintracciato, ma possiamo ipotizzare che Oretti se ne sia servito largamente. Del resto, quale informatore migliore di Domenico, stretto parente di Sebastiano? 11 Oretti ms. B 129 (op. cit.), c. 478. 12 L. Lanzi, Storia Pittorica dell’Italia, Firenze 1968, p.130. 13 R. Bagattoni, Sacerdoti forlivesi pittori discepoli di Carlo Cignani, “La Madonna del Fuoco”, XI (1925), pp. 9-13. Nell’articolo viene la nascita di Savorelli è posta al principio del 1667, ma Bagattoni non indica la fonte di quest’informazione. Consultando poi il censimento del 1674 (Nota e numero di quei putti…nella città di Forlì fatta l’anno 1674…,Forlì, Biblioteca Comunale, ms. VIII/87, lettera B) riferibile a tutti i bambini tra i 5 e i 15 anni, si trova un Bastiano Savorelli nel territorio parrocchiale di Santa Maria in Schiavonia ( in questa zona in effetti abitavano alcuni nuclei della famiglia), ma non vi è indicazione dell’età del ragazzo e oggettivamente questa informazione appare troppo incerta per poter confermare alcuna ipotesi. documento e, per il decesso, a porre come terminus ante quem il 1722 14. Sebastiano non apparteneva alla stirpe più nobile dei Savorelli forlivesi; il suo nome appare solamente nel quarto ed ultimo ramo di un inedito albero genealogico della famiglia, anonimo e non datato, trascritto disordinatamente nella prima pagina di un piccolo quaderno dove è riportato il testamento di Domenico Savorelli e altre disposizioni lui riguardanti 15. Ma quale era il ruolo di Sebastiano all’interno della bottega di Forlì? Certamente non fu, come il Mancini o il Bencovich, un personaggio di spicco, talentuoso e carismatico. Probabilmente rimase sempre molto vicino al Cignani e lo aiutò nelle sue varie imprese. Nota è l’amorevole cura che il maestro dimostrava suoi discepoli; la sua bottega, i suoi allievi erano quasi indispensabili per la creazione del grande capolavoro. Cercava di seguirli personalmente uno ad uno, dispensando spesso consigli molto utili. Tra questi discepoli, Savorelli forse era uno dei più fedeli, proprio a causa della sua modesta abilità. Giampiero Savini, nei suoi studi sulla città di Cesena, ha rintracciato alcune lettere di Andrea Felice Pascoli 16, padre 14 Nel 1722, ovvero la data della stampa della biografia dello Zanelli viene ricordato come defunto. Procedendo a ritroso notiamo che nell’Aggiunta da farsi all’abbozzo vitale del Cavaliere Carlo Cignani si afferma che il pittore è morto da un anno. Purtroppo non sappiamo la data di stesura del manoscritto ma possiamo ipotizzarla nel 1710 (tra queste carte vi è infatti una lettera di Felice Cignani datata proprio 1710). Savorelli sarebbe così venuto a mancare nel 1709: data che tutto sommato possiamo tenere in considerazione perché non contraddice altri dati in nostro possesso. 15 Forolivien Iuspadronatis de Savorellis, Forlì, Biblioteca Comunale, Raccolte Piancastelli, sez. Carte Romagna, busta 633.57/2. Domenico, avvocato e medico, fu molto stimato nella Forlì dell’epoca e, come abbiamo già visto, venne spesso interpellato da Oretti per ottenere informazioni riguardanti i pittori forlivesi. 16 Le lettere sono tratte dal Libro terzo del campione vecchio di Cesena, compilato dal 1687 al 1696, con aggiunte fino al 1755, conservato nell’archivio dell’ordine a Bologna. Nei manoscritti di Francesco Zarletti conservati nella Piancastelli si trovano informazioni utili sul padre cappuccino: «nel 1687 fu fatto guardiano e maestro dei novizi, compagno e confessore del P. Stefano Chiaramonti…governò questo convento con molta lode…». Poco più avanti vengono anche descritti quattro libri, stesi proprio dal frate, riguardanti la storia del convento di Cesena «dalla sua cappuccino, riguardanti alcune opere del convento di Cesena che testimoniano il rapporto, non solo lavorativo, tra Cignani e Savorelli. In una di queste si legge: «L’anno 1696 [...] per il quadro nuovo d’Esso glorioso Santo [Antonio da Padova], disegnato dalla mano eccellentissima del Sig.re Carlo Cignani bolognese Pittore insigne, ed il più famoso de’ nostri tempi, e dipinto dal Sig. Sebastiano Savorelli da Forlì suo discepolo sotto gli occhi, e con la direzione del medesimo Sig. Carlo; il quale per maggiormente favorirmi ed obbligarmi l’ha poi anche ritoccato dove hà veduto essere più necessario. Il pensiero è nobilissimo, e devotissimo….»17. Qui si illustra il procedimento tipico della bottega: il maestro fornisce il disegno all’alunno e quando questi ha eseguito l’opera, si riserva il ritocco finale. Probabilmente il frate enfatizza l’attenzione che Cignani rivolge all’esecuzione delle tele perché vuole aumentare la valutazione dei quadri posseduti, ma in ogni caso vi possiamo notare la cura che egli metteva anche nella preparazione delle opere di bottega. Come ho detto padre Pascoli non si ferma solo ad illustrare il rapporto di collaborazione, ma sembra spingersi oltre: «..istruendo [Cignani] e assistendo il Sig.r Sebastiano Savorelli Forlivese quando li dipingerà, e correggendolo e ritoccandolo dove fa bisogno… Tanto più che il detto S.r. Sebastiano Savorelli principia a dipingere da se, e sono stimate le sue pitture per l’assistenza di così eccellente maestro, che l’ama come figliolo, et è il suo discepolo più caro, e più confidente in tutte le sue cose…» 18. Il frate cappuccino probabilmente non conosceva di persona né Carlo né Sebastiano; forse quelle che riporta sono solo voci arrivate insieme ai vari quadri commissionati. Savorelli comunque è nominato come il discepolo più caro, il confidente di tutte le cose: probabilmente con lui Cignani manteneva un rapporto particolare. E forse non è troppo azzardato immaginare un affascinante scambio di ruoli: mentre il giorno sulla tela il maestro fondazione fino al suo tempo» (F. Zarletti, Cesena sacra…, 1840, Forlì, Biblioteca comunale, Raccolte Piancastelli, Sezione Manoscritti, Sala 0VI-30, c. 463). 17 G. Savini, La pittura a Cesena nel Settecento, catalogo della mostra (Cesena, Palazzo del Ridotto, Galleria Comunale d’Arte, 18 aprile-3 giugno 1984), Cesena1984, pp. 9-10. 18 G. Savini, L’arte del Settecento. L’attività di pittori, scultori, intagliatori, in Storia di Cesena, vol. V, Le arti, Rimini 1998, pp. 98-99. Formattato: Colore carattere: Automatico guidava il pennello del sacerdote, alla sera, quando ormai il buio non permetteva più alcun lavoro, si poteva sentire la voce del sacerdote guidare l’anima del pittore. Come abbiamo già visto i primi lavori documentati di Savorelli sono frutto di una stretta collaborazione con il maestro: tre tele spedite al convento dei Cappuccini di Cesena rappresentanti il Salvatore Orante (1693), Sant’Antonio da Padova (1696) e San Felice da Cantalice (post 1696). Nel complesso dei Cappuccini oggi è conservata solo la prima delle tre tele, dove è raffigurato Cristo nell’orto sorretto da un angelo che tiene nella mano destra un calice, chiaro riferimento all’imminente passione (fig.1). Con una finalità devozionale, viste le medie dimensioni e la semplicità del disegno, il quadro presenta quella colorazione tipica del primo periodo forlivese di Cignani: una luce bruna avvolge i personaggi, proprio come nell’Incoronazione di Santa Rosa19 e da questa oscurità risalta il complicato panneggio del Cristo, reso vivace da alcune pennellate cariche di colore. Un raffronto con la Maddalena - piccolo ovale del bolognese oggi a Londra 20 - può indicare dove effettivamente si può ritrovare la mano di Savorelli nel Salvatore di Cesena. Identico è l’uso della colorazione, ma, mentre nel dipinto inglese le pennellate rendono le superfici compatte, nella seconda la trama risulta più sfaldata e meno definita. Mentre Carlo ormai è cosciente del proprio stile levigato, il pennello del forlivese, non ancora trentenne, sebbene piuttosto energico, risulta ancora impreciso. Il caposaldo del catalogo rimane comunque l’Annunciazione di Imola, del 1696 (fig.2). È il lavoro più documentato 21 del pittore, un punto fermo per poter valutare i caratteri pittorici di Savorelli e per delinearne quindi gli aspetti stilistici. Nel retro della tela è presente una scritta - forse coeva – che conferma la data e aggiunge che fu un dono del cardinale 19 La tela è conservata nella Pinacoteca di Forlì ed è concordemente inserita all’inizio del periodo forlivese di Cignani; Buscaroli Fabbri, Carlo Cignani, affreschi dipinti disegni, II edizione, Milano 2004, p. 178. 20 L’ovale è precisamente nella Dulwich Picture Gallery di Londra e sembra far parte della produzione degli anni 1985-90; Buscaroli Fabbri (op. cit.), p. 52. 21 Esiste anche il documento che ne notifica il pagamento al Savorelli (Archivio di Stato di Bologna, Sezione di Imola, Demaniale – SS. Annunziata, 7-8233, c.10 e c.210). legato a Ravenna, Francesco Barberini, alle suore cappuccine di Imola 22. Il quadro, uscito dalla bottega forlivese di Carlo Cignani, testimonia ancora la stretta dipendenza artistica di Sebastiano verso il suo maestro: sebbene quest’ultimo non venga nominato dai documenti, non si può negare una sua attiva partecipazione, visibile soprattutto nei modi e nell’impostazione generale del disegno. Dalla costruzione, che riprende le due grandi pale nella Pinacoteca di Forlì 23, ad alcuni particolari - la sincera devozione del volto di Maria, il composto agitarsi delle vesti dell’angelo - deduciamo che l’apporto del bolognese non si limitò solo ad un passivo controllo ma che probabilmente propose il disegno e, ad opera finita, ritoccò alcuni particolari. Sono cambiate molte cose dal lavoro cesenate sebbene siano passati solo tre anni: l’allievo ha indubbiamente acquisito maggiori capacità tecniche e riesce a sfruttare felicemente tutta la superficie della tela. Purtroppo la patina di sporco non permette una corretta valutazione dei colori, che risultano alquanto sbiaditi e spenti. Questa è decisamene la migliore opera di grandi dimensioni dipinta da Savorelli: egli si trovava a proprio agio nel riproporre diligentemente le caratteristiche del maestro e sotto la sua guida riusciva ad esprimere pienamente le sue potenzialità artistiche. La decorazione della chiesa dei padri Romiti (oggi del Buon Pastore) viene segnalata da Oretti 24: il nostro pittore avrebbe dipinto tutti i quadri nella chiesa, compresa la pala d’altare, raffigurante la Trinità; non precisa però quale fosse il numero complessivo. Oltre alle due tele, il Sacro Cuore (fig.3) e il 22 « EM.us ARCHIV.us FRANC.us CARD. BARBERINUS ROMAN.s LEG.us ET HUIUS MONAST.i APECA, AUTC. E PRELATUS DONO DEDIT 1696. SEBASTIANO SAVORELLUS FOROL. FACIEBAT». La scritta è riportata in M. Bietti, G. Cammarota, Donzelle e Cappuccine: il Conservatorio delle donzelle nel convento della SS. Annunziata a Imola, Bologna 1985, p. 41. 23 L’ Incoronazione di Santa Rosa e la Vergine con San Filippo Neri; anche se la seconda verrà dipinta quasi vent’anni dopo ed è uno delle ultime opere di Cignani, testimonia la coerenza di Carlo nello scelta di un impianto piramidale. 24 Oretti ms. B129 (op. cit.), c. 478: «Nella chiesa dei PP. Romiti, la tavola della Trinità e tutti li quadri laterali intorno alla chiesa»; Oretti B165/II (op. cit.): «Cristo morto in grembo a Dio Padre di Don Sebastiano Savorelli». Sant’Antonio (fig.4), ancora presenti nella chiesa e attribuibili a Savorelli, è stato possibile rintracciarne una terza, collocata nel presbiterio di Santa Lucia a Forlì, dove è presente proprio una Trinità 25(fig.5). Non sappiamo come il sacerdote ricevette quest’importante commissione, ma se si accetta l’ipotesi che fu Valeriano Savorelli a richiederlo, si potrebbe avanzare una datazione post 1703, ovvero dopo che il parente venne eletto superiore dell’ordine gerolamino 26: ormai Sebastiano possedeva le capacità per poter lavorare autonomamente. Nelle tre opere le figure sembrano impacciate, le nuvole non hanno quella leggerezza tipica di Carlo ed i colori sono scuri e quasi uniformi: il disagio che abbiamo già notato nelle precedenti opere qui sembra acuirsi e si nota decisamente la mancanza del maestro. La difficoltà maggiore si riscontra nella proporzionalità dei corpi, che non sempre sono ben inseriti nello spazio e nella definizione degli sguardi: lo stesso pittore, accorgendosi di quest’ultima sua mancanza, rende i volti dei suoi personaggi estremamente meditativi, chiudendogli, quando possibile, le palpebre. In ogni caso la composizione geometrica riesce a dare ordine alle figure e permette all’attenzione dello spettatore di non soffermarsi eccessivamente su queste carenze, ma di mettere 25 Di questa tela non vi sono tracce documentarie dopo Oretti fino al 1928, quando viene descritta da Casadei (E. Casadei, La città di Forlì e i suoi dintorni…, Forlì 1928, p. 220); l’opera è schedata sotto il nome di anonimo romagnolo, ma è ben riconoscibile la mano di Savorelli. Agile è infatti il confronto con le due opere rimaste nella chiesa del Buon Pastore: non sembra esservi un salto qualitativo data la comune rigidità dei soggetti e in alcune incertezze d’impostazione del disegno. Anche la luminosità diffusa ma controllata dalla tonalità bruna non pone dubbi nel proporre l’appartenenza alla stessa mano. 26 In delle lapidi inserite nei contrafforti che delimitano il presbiterio vi sono due “memorie”: una di queste si riferisce a Valeriano Savorelli, gloria forlivese dell’ordine Gerolimino in quanto fu eletto superiore generale nel 1703; morì a Rimini nel 1715. L’unico ramo genealogico della famiglia Savorelli dove si incontra un Valeriano è proprio quello di Sebastiano: anche se questi non è, per ragioni cronologiche, il frate gerolamino, sappiamo che generalmente vi è una continuità di nomi anche nelle generazioni successive. Possiamo quindi ipotizzare la sua vicina parentela con il pittore e che probabilmente fu lui a commissionare tutte le opere della chiesa dell’ordine a Sebastiano. In questo modo le opere del Buon pastore sarebbero state realizzate tra il 1703, quando Valeriano diventa superiore dei Gerolimini, ed il 1709, probabile data di morte del pittore. pienamente a fuoco il soggetto del quadro: una linea verticale unisce le tre persone della Trinità; la posizione dei due grandi angeli mette in evidenza il Sacro Cuore; nel Sant’Antonio il gioco di sguardi con il bambino è perfettamente incorniciato dalle due creature celesti. Riguardo al Ciclo di Ercole (fig.6) in palazzo Gaddi 27 e il Sant’Alberto (fig.7) nella chiesa del Carmine 28 di Forlì non si sono trovate informazioni sulla data di esecuzione, ma queste si potrebbero inserire nella parte finale della produzione savorelliana. Mentre nelle tele del Buon pastore, forse la sua prima attività come “libero professionista”, Savorelli sembra ancora impacciato, qui il disegno è decisamente più fluido e meglio orchestrato. Lo stile di queste opere porta proprio a pensare ad un suo aggiornamento: la Giunone che dall’alto controlla i serpenti mandati ad uccidere Ercole bambino è un riferimento alla stessa figura di Federico Bencovich nel soffitto di palazzo Orselli, dipinta nel primo decennio del Settecento, quando il dalmata è ancora strettamente vicino agli insegnamenti di Carlo Cignani. Inoltre Rezio Buscaroli vide nella pala con il santo carmelitano lo stile del terzo dei Cignani, Paolo e sebbene quest’attribuzione appaia poco solida, il fatto che il critico ipotizzi la realizzazione dell’opera nel pieno del Settecento è un chiaro indizio della nuova sensibilità acquisita dal nostro pittore. 27 E’ Oretti a segnalare queste opere tra la produzione di Savorelli (Oretti, ms. B129 op. cit., c. 478), anche se poi egli stesso le attribuisce, in un altro manoscritto, al Placucci (Oretti, ms. B165/II op. cit.). Probabilmente questa è una delle frequenti ma inevitabili sviste presenti nei suoi appunti, che, in quanto tali, non venivano sempre ricontrollati dallo storico. 28 Il primo riferimento all’opera viene da Marcello Oretti (Oretti, ms. B129 op. cit.,c. 478) che la inserisce nella produzione di Sebastiano Savorelli; sempre il bolognese però in un altro manoscritto (Oretti, ms. B165/II op. cit., c. 11-29). cita la tela senza specificarne l’autore. Secondo Luigi Oliva, custode della chiesa del Carmine nel 1802, fu Felice Cignani a dipingerla (Corrispondenze, Pratiche varie, Biblioteca comunale di Forlì, Archivio B. Pinacoteca). Studi più recenti sulla chiesa avanzano, a titolo di ipotesi, altre paternità: Sabatini (A. Sabatini, La chiesa del Carmine di Forlì…, Forlì 1968, p.210-211) e Buscaroli (scheda soprintendenza, 1931) vi intravvedono la mano di Paolo Cignani, mentre Viroli coglie i modi di Giuseppe Marchetti (G. Viroli, Chiese di Forlì, Bologna 1994, p. 244). I profili affilati dei volti, la greve caduta delle grandi tende, la generale tonalità scura, i panneggi con colorazioni intense sono le caratteristiche che si incontrano anche in questi lavori, probabilmente gli ultimi di Savorelli. Formattato: Colore carattere: Automatico Si possono inserire nel catalogo del sacerdote, sebbene difficilmente databili, anche tre piccole tele di chiara impronta cignanesca. Già Alberto Bondi ha visto nella Madonna col Bambino (fig.8), attribuita precedentemente a Felice Andrea Bondi 29, la mano di Savorelli: a prima vista un collegamento con i suoi lavori potrebbe apparire alquanto generico e nebuloso, soprattutto per la mancanza di altre testimonianze riguardo il suo impegno nel piccolo formato. È invece considerevole l’affinità tra il volto della Vergine e quello dell’Annunciata di Imola e, in secondo luogo, si ritrova una simile modalità pittorica tra il Salvatore Orante di Cesena – di ridotte dimensioni – e la Madonna col Bambino. Il pittore riusciva quindi ad esprimere meglio le proprie capacità proprio in questi piccoli lavori, dove non doveva ampliare le proporzioni del disegno e poteva concentrarsi sull’espressività dei volti e sulla qualità della pennellata. Il Sant’Antonio da Padova col Bambino (fig.9), quadro inedito conservato nei depositi della Pinacoteca Civica forlivese, presenta notevoli analogie con la Madonna col Bambino. Non solo vi è la stessa semplice costruzione ed il piacevole scambio di sguardi, ma analogo è anche il disegno dei particolari nei volti: mento un poco pronunciato, labbra sottili con piccole fossette alle estremità, occhi stretti e lunghi, lobi delle orecchie ben definiti. Il terzo quadro, raffigurante San Nicola (fig.10), è conservato nella chiesa omonima di 29 La piccola tela custodita nell’abbazia di San Mercuriale fu esposta come lavoro attribuito a Felice Andrea Bondi nella mostra sul Settecento emiliano tenutasi a Bologna nel 1979; Pier Giorgio Pasini, che ne curò la scheda, vi colse infatti i modi del pittore soprattutto nel semplice ma affettuoso gioco di sguardi tra la Vergine e il Bambino (P.G. Pasini, op. cit., p. 196, scheda 393) e di stesso avviso è anche Giordano Viroli (G. Viroli, Pittura dei Seicento e del Settecento a Forlì, Forlì 1996, p.101102). Contrastano con questa ipotesi Elisabetta Garavini (E. Garavini, op. cit., p. 207), non convinta dal generale risultato qualitativo, alquanto inferiore rispetto agli altri lavori dell’artista, e Alberto Bondi, che preferisce inserire l’opera tra la produzione artistica di Sebastiano Savorelli (A. Bondi, E. Garavini, A. Giunchi, op. cit., p. 45). Formattato: Colore carattere: Automatico Formattato: Colore carattere: Automatico Formattato: Colore carattere: Automatico Meldola; il volto del santo - naso sottile ed affilato, fronte ampia, occhi leggermente infossati e stretti - presenta notevoli somiglianze con il Padre Eterno dell’Annunciazione di Imola e con quello della Trinità. È dunque ipotizzabile l’attribuzione delle tre opere a Sebastiano Savorelli. Formattato: Colore carattere: Automatico