Conference Presentations by SABINA GHIRARDI
L’intervento indagherà gli apporti dei commediografi alla lingua dei Promessi sposi: excerpta sel... more L’intervento indagherà gli apporti dei commediografi alla lingua dei Promessi sposi: excerpta selezionati dall’edizione dei notabilia manzoniani al Teatro comico fiorentino mostreranno la capillare presenza di questi «autori di lingua» nell’elaborazione della lingua «tosco-milanese» della Ventisettana. Il confronto tra notabilia, Crusca e Seconda minuta preciserà la cronologia della revisione-riscrittura e offrirà prospettive critiche utili all’allestimento di un nuovo commento linguistico.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Conferences by SABINA GHIRARDI
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Papers by SABINA GHIRARDI
Collana Quaderni della ricerca , 2019
Il contributo analizzerà due tra gli stilemi – spesso impiegati in combinazione – più ricorrentem... more Il contributo analizzerà due tra gli stilemi – spesso impiegati in combinazione – più ricorrentemente usati da Manzoni per i gran bugiardi del romanzo: antifrasi e aposiopesi. Per l’antifrasi è stato scelto come campione d’indagine l’impiego frequente, per le risposte dei mentitori, dell’avverbio benissimo, sempre in marcata posizione incipitaria e talvolta associato a successive costruzioni frante, ellittiche o reticenti.
Anche disgiunta dall’antifrasi, la reticenza si dimostra strumento efficace per costruire dialoghi menzogneri, come quelli che hanno come interlocutore il conte zio. Verrà quindi analizzato il duello oratorio tra il conte zio e il padre provinciale, del quale, seguendo il capillare processo di revisione, verrà approfondita la cura posta da Manzoni nella scelta delle locuzioni idiomatiche (frutto degli spogli dalla tradizione comica fiorentinista), nel dosaggio della punteggiatura, nell’attenzione dedicata alle interiezioni e nella trasformazione subìta dai tratti sovrasegmentali del conte proprio nei momenti in cui porta in scena, teatralmente, la sua indiscussa inclinazione alla menzogna e alla simulazione.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
I quaderni di Prassi Ecdotiche della Modernità Letteraria, 2018
Il contributo propone la presentazione e il commento di una selezione delle postille manzoniane a... more Il contributo propone la presentazione e il commento di una selezione delle postille manzoniane al Dictionnaire des proverbes français di Pierre de la Mésangère (1823). Si tratta di postille di natura linguistica in quanto Manzoni, appoggiandosi ancora a francese e milanese, cerca, con l’aiuto della Crusca, di trovare l’equivalente italiano (o meglio, toscano) dei proverbi postillati. La postillatura del volume, per quanto interrotta a metà circa, rappresenta una preziosa testimonianza della precoce consapevolezza manzoniana dei segmenti di lingua da indagare per il romanzo: il confronto delle postille con la cosiddetta Seconda minuta (Gli sposi promessi) dimostra infatti che molti dei proverbi postillati trovano accoglienza proprio in questa fase redazionale.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Il contributo illustra le caratteristiche dell’edizione commentata dei notabilia manzoniani ai te... more Il contributo illustra le caratteristiche dell’edizione commentata dei notabilia manzoniani ai testi dei commediografi fiorentini del ‘500 prendendo come esempio il corpus di France-sco D’Ambra, di cui verrà analizzata la commedia Il furto, compresa nel V tomo del Teatro comico fiorentino. I notabilia sono riportati all’interno del loro contesto, commentati linguisti-camente, confrontati con le postille alla Crusca veronese e con altri postillati manzoniani e infine raffrontati con le diverse redazioni dei Promessi sposi: ciò permette di collocarli cro-nologicamente all’altezza della stesura della cosiddetta Seconda minuta, nella quale Manzoni va perfezionando, grazie agli apporti della tradizione ribobolaia fiorentina, quella lingua «toscano-milanese» che rappresenterà la facies linguistica della Ventisettana. Assieme alle postille alla Crusca, quindi, lo studio dei notabilia ai testi di lingua apre nuove prospettive per un commento linguistico della prima edizione del romanzo.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
L’articolo costituisce un excerptum dalla tesi di laurea magistrale dal titolo I notabilia manzon... more L’articolo costituisce un excerptum dalla tesi di laurea magistrale dal titolo I notabilia manzoniani editi e inediti al Teatro comico fiorentino e mira a illustrare le caratteristiche dell’edizione commentata dei notabilia ai testi dei commediografi toscani del XVI secolo relativamente alle cinque commedie di Giovan Maria Cecchi, contenute nei primi due tomi dell’opera. I notabilia vengono pertanto trascritti all’interno della pericope entro cui sono inseriti, commentati linguisticamente, confrontati con le postille alla Crusca veronese e con le postille a Plauto e ne vengono infine individuati i reimpieghi nelle diverse redazioni (maxime nella Seconda minuta) dei Promessi sposi. Lo studio dei riusi permette di approfondire l’analisi del contributo linguistico offerto da Cecchi, esponente della letteratura ribobolaia fiorentina, e apre nuovi orizzonti per un accurato commento linguistico del romanzo, e in particolar modo della Ventisettana, la cui lingua «tosco-milanese» è ampiamente confrontabile con gli spogli linguistici compiuti da Manzoni prima della celebre «risciacquatura in Arno».
Bookmarks Related papers MentionsView impact
L’articolo presenta l’edizione commentata dei notabilia manzoniani, finora inediti, alla commedia... more L’articolo presenta l’edizione commentata dei notabilia manzoniani, finora inediti, alla commedia rusticale La Tancia (1611) di Michelangelo Buonarroti il Giovane. Tra le peculiarità del segmento di lingua offerto a Manzoni dalla Tancia, commedia ben attestata tra le postille alla Crusca, si riscontra innanzitutto una considerevole quanto inaspettata corrispondenza tra le locuzioni idiomatiche impiegate da Buonarroti e il dialetto milanese, a rappresentare quindi sentori significativi di quella «lingua toscano-milanese» tanto vagheggiata da Manzoni ancor prima del viaggio a Firenze. Anche grazie ai notabilia alla Tancia, quindi, il commento linguistico della prima edizione romanzo si arricchisce di una nuova e importante tessera.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Drafts by SABINA GHIRARDI
Revue des études italiennes (in corso di stampa)
Il contributo si concentrerà su alcuni aspetti prettamente linguistici della parodia daveroniana ... more Il contributo si concentrerà su alcuni aspetti prettamente linguistici della parodia daveroniana dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni: i passi selezionati per il commento dimostrano chiaramente la profondità degli studi compiuti da Guido da Verona non solo sul romanzo originale, ma anche su altri testi manzoniani (come l'Appendice alla Relazione dell'unità della lingua, i carteggi e i primi postillati pubblicati). La riscrittura parodica di da Verona apre inoltre uno scorcio sul dibattito linguistico novecentesco.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
In corso di stampa negli Atti del XIII Congresso dell'Associazione per la Storia della Lingua Italiana
Numerosi sono i dialoghi memorabili che si contano nei Promessi sposi, ma in questo contributo si... more Numerosi sono i dialoghi memorabili che si contano nei Promessi sposi, ma in questo contributo si concentrerà l’attenzione su quei dialoghi minori, estemporanei, quasi delle tranches de vie, di cui è parimenti ricco il romanzo manzoniano. Gli interlocutori dei dialoghi che verranno analizzati sono i personaggi più umili, Renzo, Agnese, fra Galdino: si tratta quindi di scene di conversazione quotidiana, all’elaborazione delle quali Manzoni ha dedicato i maggiori sforzi di mimesi linguistica, soprattutto per quanto concerne il sistema allocutivo. Valutando infatti i passaggi revisionali che hanno portato il Fermo e Lucia alla revisione-riscrittura della Seconda minuta, è possibile misurare l’entità del contributo offerto alla materia linguistica del romanzo dagli spogli non solo della Crusca veronese, ma anche dei testi fiorentini cinque, sei e settecenteschi.
Una delle allocuzioni esaminate sarà la mia donna, impiegata quasi come intercalare nel dialogo tra Agnese e fra Galdino (nei capp. III e XVIII) e nuovamente utilizzata da Renzo nei confronti dell’anonima «povera donna» incontrata, unica presenza umana nella Milano resa spettrale dalla peste, nel cap. XXXIV. Assente nel Fermo e Lucia (dove fra Galdino apostrofava Agnese con l’allocuzione «la buona donna» e la donna sopravvissuta al contagio era un uomo), la locuzione trova perfetta corrispondenza con gli spogli manzoniani ai testi della tradizione fiorentinista: si incontra infatti nei notabilia manzoniani all’Asino d’oro di Firenzuola e la citazione confluisce poi, oltre che nella Seconda minuta, in postilla alla Crusca. Come recenti studi stanno dimostrando, quindi, la ricerca linguistica manzoniana non può che trarre nuova linfa dalla messe dei notabilia ai testi di lingua interrogati da Manzoni durante la fase di revisione del romanzo (il dialogo tra Agnese e fra Galdino si arricchisce, per esempio, anche di altre locuzioni idiomatiche confrontabili con gli spogli linguistici).
Considerazioni simili possono svolgersi per l’allocuzione quell’uomo rivolta dalla medesima «povera donna» del cap. XXXIV a Renzo per attirare la sua attenzione. La fonte parrebbe in questo caso una sottolineatura alla commedia Il furto di Francesco D’Ambra, impiegata poi dai compilatori veronesi della Crusca per aggiungere al lemma Quello l’allocuzione «Quell’uomo. Modo di chiamar uno». Medesimo valore dell’aggettivo si incontra del resto anche nei capp. XI e XVI nella locuzione quel signore, impiegata in entrambi i casi da Renzo come forma urbana con cui rivolgersi agli sconosciuti viandanti per chiedere indicazioni (e si ricordi anche «quella giovine» del cap. IX).
Per quanto assai circoscritto, il campione d’indagine sulle allocuzioni impiegate nella resa dei dialoghi degli umili dimostra ancora una volta l’utilità dello studio delle postille mute di Manzoni ai testi di lingua, nella prospettiva di una più approfondita analisi della lingua del romanzo.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Conference Presentations by SABINA GHIRARDI
Conferences by SABINA GHIRARDI
Papers by SABINA GHIRARDI
Anche disgiunta dall’antifrasi, la reticenza si dimostra strumento efficace per costruire dialoghi menzogneri, come quelli che hanno come interlocutore il conte zio. Verrà quindi analizzato il duello oratorio tra il conte zio e il padre provinciale, del quale, seguendo il capillare processo di revisione, verrà approfondita la cura posta da Manzoni nella scelta delle locuzioni idiomatiche (frutto degli spogli dalla tradizione comica fiorentinista), nel dosaggio della punteggiatura, nell’attenzione dedicata alle interiezioni e nella trasformazione subìta dai tratti sovrasegmentali del conte proprio nei momenti in cui porta in scena, teatralmente, la sua indiscussa inclinazione alla menzogna e alla simulazione.
Drafts by SABINA GHIRARDI
Una delle allocuzioni esaminate sarà la mia donna, impiegata quasi come intercalare nel dialogo tra Agnese e fra Galdino (nei capp. III e XVIII) e nuovamente utilizzata da Renzo nei confronti dell’anonima «povera donna» incontrata, unica presenza umana nella Milano resa spettrale dalla peste, nel cap. XXXIV. Assente nel Fermo e Lucia (dove fra Galdino apostrofava Agnese con l’allocuzione «la buona donna» e la donna sopravvissuta al contagio era un uomo), la locuzione trova perfetta corrispondenza con gli spogli manzoniani ai testi della tradizione fiorentinista: si incontra infatti nei notabilia manzoniani all’Asino d’oro di Firenzuola e la citazione confluisce poi, oltre che nella Seconda minuta, in postilla alla Crusca. Come recenti studi stanno dimostrando, quindi, la ricerca linguistica manzoniana non può che trarre nuova linfa dalla messe dei notabilia ai testi di lingua interrogati da Manzoni durante la fase di revisione del romanzo (il dialogo tra Agnese e fra Galdino si arricchisce, per esempio, anche di altre locuzioni idiomatiche confrontabili con gli spogli linguistici).
Considerazioni simili possono svolgersi per l’allocuzione quell’uomo rivolta dalla medesima «povera donna» del cap. XXXIV a Renzo per attirare la sua attenzione. La fonte parrebbe in questo caso una sottolineatura alla commedia Il furto di Francesco D’Ambra, impiegata poi dai compilatori veronesi della Crusca per aggiungere al lemma Quello l’allocuzione «Quell’uomo. Modo di chiamar uno». Medesimo valore dell’aggettivo si incontra del resto anche nei capp. XI e XVI nella locuzione quel signore, impiegata in entrambi i casi da Renzo come forma urbana con cui rivolgersi agli sconosciuti viandanti per chiedere indicazioni (e si ricordi anche «quella giovine» del cap. IX).
Per quanto assai circoscritto, il campione d’indagine sulle allocuzioni impiegate nella resa dei dialoghi degli umili dimostra ancora una volta l’utilità dello studio delle postille mute di Manzoni ai testi di lingua, nella prospettiva di una più approfondita analisi della lingua del romanzo.
Anche disgiunta dall’antifrasi, la reticenza si dimostra strumento efficace per costruire dialoghi menzogneri, come quelli che hanno come interlocutore il conte zio. Verrà quindi analizzato il duello oratorio tra il conte zio e il padre provinciale, del quale, seguendo il capillare processo di revisione, verrà approfondita la cura posta da Manzoni nella scelta delle locuzioni idiomatiche (frutto degli spogli dalla tradizione comica fiorentinista), nel dosaggio della punteggiatura, nell’attenzione dedicata alle interiezioni e nella trasformazione subìta dai tratti sovrasegmentali del conte proprio nei momenti in cui porta in scena, teatralmente, la sua indiscussa inclinazione alla menzogna e alla simulazione.
Una delle allocuzioni esaminate sarà la mia donna, impiegata quasi come intercalare nel dialogo tra Agnese e fra Galdino (nei capp. III e XVIII) e nuovamente utilizzata da Renzo nei confronti dell’anonima «povera donna» incontrata, unica presenza umana nella Milano resa spettrale dalla peste, nel cap. XXXIV. Assente nel Fermo e Lucia (dove fra Galdino apostrofava Agnese con l’allocuzione «la buona donna» e la donna sopravvissuta al contagio era un uomo), la locuzione trova perfetta corrispondenza con gli spogli manzoniani ai testi della tradizione fiorentinista: si incontra infatti nei notabilia manzoniani all’Asino d’oro di Firenzuola e la citazione confluisce poi, oltre che nella Seconda minuta, in postilla alla Crusca. Come recenti studi stanno dimostrando, quindi, la ricerca linguistica manzoniana non può che trarre nuova linfa dalla messe dei notabilia ai testi di lingua interrogati da Manzoni durante la fase di revisione del romanzo (il dialogo tra Agnese e fra Galdino si arricchisce, per esempio, anche di altre locuzioni idiomatiche confrontabili con gli spogli linguistici).
Considerazioni simili possono svolgersi per l’allocuzione quell’uomo rivolta dalla medesima «povera donna» del cap. XXXIV a Renzo per attirare la sua attenzione. La fonte parrebbe in questo caso una sottolineatura alla commedia Il furto di Francesco D’Ambra, impiegata poi dai compilatori veronesi della Crusca per aggiungere al lemma Quello l’allocuzione «Quell’uomo. Modo di chiamar uno». Medesimo valore dell’aggettivo si incontra del resto anche nei capp. XI e XVI nella locuzione quel signore, impiegata in entrambi i casi da Renzo come forma urbana con cui rivolgersi agli sconosciuti viandanti per chiedere indicazioni (e si ricordi anche «quella giovine» del cap. IX).
Per quanto assai circoscritto, il campione d’indagine sulle allocuzioni impiegate nella resa dei dialoghi degli umili dimostra ancora una volta l’utilità dello studio delle postille mute di Manzoni ai testi di lingua, nella prospettiva di una più approfondita analisi della lingua del romanzo.