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nota | 423 |
novo BC (c d f) nuovo C (a b e g h i l m).
In C, salvo quando delicate ragioni (o perfezione di rima, o rispetto a modi schiettamente fiorentini) gli fanno preferire novo, trionfa quasi senza contrasto la forma dittongata, ch’era del resto giá frequente anche nelle prime edd.
gli ’l (lo B) avea ABC (b c) glie l’avea C (a d e f g h i l m).
In AB di norma gli lo, gli la ecc., che ancora molte volte ritorna in C, e persino in luoghi che son solo in C (es. XXXII 88, 8, 91, 8, 92, 2). Ma se continuano a farsi sentire le vecchie abitudini, ad ogni modo la terza ediz. offre prove in gran numero di nuove tendenze. Valgano questi ess.:
gli l(o) AB gliel(o) C XXVII 83, 4, XXXIII 86, 3, XXXIV 86, 1, XLI 7, 6,
gli ne AB gliene C XXVII 71, 8, XXXV 4, 5,
cui s’aggiungerá gliel XLI 56, 2, 98, 5, che son versi rinnovati. Incoraggiamento a scrivere gliene veniva all’Ariosto dalle Prose (c. 57 b); ad altri inviti del solenne Grammatico seppe, con buon giudizio, resistere, o cedette di rado e solo negli ultimi canti1.
Sí che convien che Mandricardo cada
d’ogni ragion che può ne l’augel bianco,
o che può aver ne la famosa spada,
e de la cara vita cada insieme... C (c g)
e da la cara vita cada insieme... C (a b d e f h i l m).
Se l’una e l’altra lezione si possono sostenere (v. Tomm. Bell. s. Cadere), contro la prima vale la circostanza ch’essa ci è conservata solo da pochi testi e dei peggiori.
- ↑ Alludo a gliele «glielo, gliela» consigliato dalle Prose (c. 57 a) in omaggio al Boccaccio, che si legge, solo in C, nei sgg. versi: XLII 50, 3, XLIV 93, 6, XLVI 116, 6; XLI 27, 8, XLIV 12, 5 (ma gli la α), 17, 7 (c. s.).