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Ettore Sacchi: differenze tra le versioni

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→‎Il neutralista Ettore Sacchi e la crisi mortale del radicalismo italiano: Aggiunto il decreto Sacchi (1917) sul deferimento al Tribunale di guerra dei civili accusati di disfattismo
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=== Il neutralista Ettore Sacchi e la crisi mortale del radicalismo italiano ===
[[File:Cremona-Lapide ad Ettore Sacchi.jpg|upright=0.7|thumb|[[Cremona]], lapide ad Ettore Sacchi]]
Con lo scoppio della [[Prima guerra mondiale]], gli interventisti, nel partito radicale, costituivano la maggioranza. L'ala filo neutralista, facente capo a Sacchi, seguiva poco convinta. Il leader cremonese si chiuse in un silenzio diffidente e ostile, appartandosi in una prudente e passiva posizione di attesa, ma non riuscì a dare alcun valido sostegno alla politica giolittiana di neutralismo. Alla fine si rimise fatalmente alla volontà della maggioranza, in nome dei "superiori interessi della nazione", accettando anche di partecipare ai ministeri di guerra, come Ministro di Grazia e Giustizia e Culti nei governi [[Governo Boselli|Boselli]] e [[Governo Orlando|Orlando]]. Nell'Ottobre 1917 firma il "decreto Sacchi" che deferisce ai Tribunali militari anche i civili accusati di "disfattismo". Grazie ad esso non solo gli scioperi furono considerati illegittimi, ma venne giudicato reato qualunque situazione che impedisse lo svolgimento del lavoro (per esempio, le manifestazioni).
 
Nella grande crisi dell'intervento, Sacchi aveva intuito che ad uscirne più malconcio sarebbe stato proprio il partito radicale, rivelando, prima di tutto, la sua mancanza di coesione e la propria impotenza<ref>Alessandro Galante Garrone, ''Op. cit.'', pagg. 392-95</ref>.