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Dialettica: differenze tra le versioni

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La '''dialettica''' è uno dei principali metodi argomentativi della [[filosofia]]. Essa consiste nell'[[interazione]] tra due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei [[dialoghi platonici]] da due personaggi reali) ed è usata come strumento di indagine della [[verità]].
[[File:Platon et Aristote par Della Robbia détail.jpg|thumb|upright=1.1|[[PlatoneAristotele]] e [[AristotelePlatone]] che discutono (dettaglio da un bassorilievo di [[Luca della Robbia]] del XV secolo a [[Firenze]])]]
L'[[etimologia]] deriva dai termini della [[lingua greca antica]] ''dià-legein'' (cioè «parlare attraverso», ma anche «raccogliere») + ''tèchne'', ovvero "arte" del dialogare, e del riunire insieme.<ref>Michel Fattal, ''Ricerche sul logos: da Omero a Plotino'', a cura di Roberto Radice, pp. 109-110, Milano, Vita e Pensiero, 2005 ISBN 88-343-1152-3.</ref>
 
== OriginiLe origini ==
L'origine di questo metodo nella discussione di tesi filosofiche può essere ritrovato già in [[Zenone di Elea]], il quale, sulle orme di [[Parmenide]], sosteneva la tesi dell'immutabilità dell'[[Essere]] confutando le antitesi degli avversari tramite una [[dimostrazione per assurdo]]. Egli usava cioè la dialettica quale strumento di ''contrasto'' che approda indirettamente alla [[verità]] sulla base del [[principio di non contraddizione]], ricorrendo ai [[paradosso|paradossi]].<ref>Zenone di Elea sarebbe stato pertanto annoverato da Aristotele come l'iniziatore della dialettica, stando alla testimonianza di [[Sesto Empirico]] (''Adversus mathematicos'', VII, 6-7) e di [[Diogene Laerzio]] (''Vite dei filosofi'', VIII, 2, 57; IX, 5, 25).</ref>
 
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Un metodo simile si ritrova nei dialoghi [[Platone|platonici]], dove [[Socrate]] cerca di trovare le contraddizioni interne nelle [[tesi]] dell'interlocutore, scomponendone le enunciazioni e raffrontandole con livelli più elevati del sapere. Il vantaggio iniziale lasciato all'interlocutore più debole è lo strumento dialettico mediante il quale si staglia più luminoso e conclusivo il parere del maestro.<ref>«Socrate, quando voleva risolvere una questione, procedeva discutendo sulla base di principi da tutti gli uditori concordemente accettati (anche se da Socrate eventualmente non condivisi) e da essi partiva per trarre le sue conclusioni. [...] Questo modo di procedere di Socrate si spiega perfettamente soltanto tenendo presente la funzione [[Protrettico|protrettica]] della sua dialettica» (G. Reale, ''Il pensiero antico'', pag. 102, Milano, Vita e Pensiero, 2001 ISBN 88-343-0700-3).</ref>
 
AdPer esempio, nell{{'}}''[[Eutifrone]]'', Socrate chiede ad Eutifrone di dare una definizione di [[pietà (sentimento)|pietà]].<ref>Platone, ''Eutifrone'', 5, c-d.</ref> Eutifrone risponde che pio è ciò che è amato dagli [[mitologia greca|Dei]]. Socrate gli rinfaccia che gli dei sono litigiosi, e che i loro litigi, come quelli umani, riguardano gli oggetti di amore ede odio. Eutifrone ammette che questo è infatti il caso. Perciò, prosegue Socrate, deve esistere almeno un oggetto che è amato da alcuni Dei, ma odiato da altri. Di nuovo Eutifrone assente. Socrate poi conclude che, se la definizione di pietà data da Eutifrone fosse vera, allora dovrebbe esistere almeno un oggetto che è allo stesso tempo sia pio che empio (giacché è amato da alcuni Dei, ma odiato da altri) - il che, ammette Eutifrone, è [[dimostrazione per assurdo|assurdo]].
 
Questo modo di procedere nel ragionamento, partendo da una tesi e cercando di trovarne le [[contraddizione|contraddizioni]] interne, è tipico della dialettica socratica, e si chiama [[maieutica]].<ref>«Il metodo di Socrate [...] è quello della "maieutica" o "[[ostetricia]]" spirituale: egli non sa procreare la verità, ma sa aiutare gli altri a metterla alla luce, con l'esercizio dialettico della domanda e della risposta» (dall'enciclopedia ''Treccani'', alla voce «Socrate»).</ref>
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[[Platone]] è generalmente considerato il padre della dialettica. Per Platone, essa è lo strumento per eccellenza della [[filosofia]], essendo la via privilegiata per risalire dal [[molteplicità|molteplice]] all'unità dell'[[Idea]], che è l'origine e meta finale della [[conoscenza]].
 
Platone interpreta [[Socrate|socraticamente]] la dialettica, come riflessione sociale, svolta dal filosofo nel [[dialogo]] con altri personaggi; e la identifica con la filosofia stessa intesa come espressione dell’dell{{'}}''[[eros (filosofia)|eros]]'', che è il desiderio bramoso del sapere. Il meccanismo dialogico consiste nell'opera maieutica di un conduttore che pilota la discussione, e concede dapprima spazio alla tesi meno probabile per farla poi confutare, lasciando emergere a poco a poco quella giusta e portatrice di verità.
 
Per comprendere la dialettica, occorre premettere che le idee, secondo Platone, sono strutturate gerarchicamente, da un minimo fino a un massimo di “[[essere]]”; nella ''[[Repubblica (dialogo)|Repubblica]]'', in cima a tutte sta l'ideaIdea suprema del ''[[Bene (filosofia)|Bene]]'', mentre nel ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]'' le "Idee supreme sono cinque: Essere, Identico, Diverso, Quiete e Movimento. Proprio questa gerarchia permette la [[conoscenza]], perché è il raffronto ''dialettico'' tra realtà di diverso livello, tra ciò che sta in alto (essere) e ciò che sta in basso (non essere) a rendere possibile il sapere. Ad esempio bianco e nero rimangono termini contrapposti e molteplici sul piano [[sensibilità (filosofia)|sensibile]]; tuttavia, è solo cogliendo questa differenza di termini che si può risalire al loro fondamento e comune denominatore, cioè l'Idea di Colore. Non si può infatti avere coscienza del bianco senza conoscere il nero.
 
Pur non dando mai una definizione precisa di dialettica, si può dire che per Platone essa è al contempo un processo di "unificazione e moltiplicazione":<ref>L'unico tentativo di definizione lo si trova nel ''[[Fedro (dialogo)|Fedro]]'', dove la dialettica viene assimilata a due procedimenti contrapposti ma complementari. Il primo è «abbracciare in uno sguardo d'insieme e ricondurre ad un'unica forma ciò che è molteplice e disseminato affinché, definendo ciascun aspetto, si attinga chiarezza intorno a ciò di cui si intenda ogni volta insegnare»; l'altro «consiste nella capacità di smembrare l'oggetto in specie, seguendo le nervature naturali, guardandosi dal lacerarne alcuna parte come potrebbe fare un cattivo macellaio» (Platone, ''Fedro'' 265 d-e).</ref> da un lato la dialettica sale verso l'unità delle idee, dall'altro scende a definire e suddividere il molteplice, secondo un metodo sia ''[[Diairesi|diairetico]]'' che ''[[dicotomia|dicotomico]]''. Si tratta di due procedimenti complementari, che rispecchiano la natura stessa delle ideeIdee che è quella di essere uniche in sé, ma anche di essere collegate tra di loro dando origine alle relazioni esistenti nel molteplice. La dialettica è quindi la ricostruzione logica di questi collegamenti che stanno a fondamento della realtà, ed è perciò la ''[[Episteme|scienza]]'' per eccellenza.<ref>Oltre al ''Fedro'', i dialoghi principali in cui Platone tratta della dialettica sono il ''[[Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'' il ''[[Sofista (dialogo)|Sofista]]''.</ref>
 
Da sottolineare, però, che in Platone le [[idee]] rimangono al di sopra della [[logica]] dialettica: esse sono accessibili soltanto per via di ''[[intuizioneTeoria della linea|intellezione]]'' (Nóesis, Νόησις). Non sono dimostrabili, né ricavabili dall'[[esperienza]] sensibile. Come in Zenone, la dialettica non fa cogliere di per sé la verità, ma consente semmai di procedere alla confutazione degli errori e dei paradossi facendo uso della [[principio di non contraddizione|logica di non contraddizione]].
 
=== Aristotele ===
La dialettica di [[Aristotele]] deriva da quella socratica e platonica, ma viene interpretata diversamente. Secondo Aristotele, le premesse su cui i suoi predecessori ragionavano erano principalmente le [[opinione|opinioni]], emerse ed analizzate col metodo del [[dialogo]];<ref>Aristotele, ''[[Logica (Aristotele)|Analitici]]'' I, V, 57a.</ref> ed è a tal proposito che egli distingue la dialettica dall'[[logica|analitica]] (cioè dalla logica). Mentre quest'ultima studia la [[deduzione]] che parte da premessepostulati considerati vereautoevidenti per giungere a conclusioni logicamente fondatecoerenti ([[dimostrazione]]), la dialettica ha per oggetto i ragionamenti chele sicui riferisconopremesse adsono opinioni condivise (endoxa), non certe, ma probabili.<ref>Aristotele, ''[[Logica (Aristotele)|Analitici]]'' I, IV, 46a; ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'', II, 1, 995b.</ref> La dialettica è perciò una logica dell'apparenza,del inlinguaggio quantonon la conclusioneformalizzato, purla derivandocui razionalmente dalle premesse, nonconclusione è necessaria, perchése nonrispetta sonoil necessarieprincipio ledi premessenon incontraddizione e dadi cuiidentità. prende le mosse.
 
=== Lo Stoicismo ===
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{{Citazione|Cos'è questa dialettica che bisogna insegnare anche ai precedenti? È una scienza che dà la possibilità di dire [[ragione|razionalmente]] ciò che è ogni oggetto, in che differisce dagli altri e in che si accomuna, tra quali oggetti si trova e in quale classe; e quale cosa sia [[essere]] e quale invece sia il non-essere diverso dall'essere.|Plotino, ''Enneadi'', I, 3, 4<ref>Trad. di Giuseppe Faggin, ''La presenza divina'', Messina-Firenze, D'Anna, 1971.</ref>}}
 
La dialettica consente cioè di definire e classificare secondo logica ogni realtà, descrivendola non solo in se stessa, ma anche in rapporto al suo contrario, cogliendo quella rete [[organicismo|organica]] di relazioni in cui è inserita. L'aspetto logico-razionale della dialettica ha quindi una valenza principalmente ''negativa'', nel senso che permette di risalire alla [[verità]] di qualcosa, e in ultima analisi a [[Dio]] stesso, tramite la [[consapevolezza]] del suo contrario, ossia del negativo: il falso. Fu il metodo proprio della [[teologia negativa]].<ref>«Alla base di questa dialettica di negazione sta non ciò che si potrebbe credere la pura indeterminatezza, ma piuttosto la pienezza dell'Essere, che non va confuso con nessun altro, pure possedendo in sé le note positive di ogni essere, ma in modo supremo» (Luigi Pelloux, ''L'assoluto nella dottrina di Plotino'', pag. 165, Milano, Vita e Pensiero, 1994 ISBN 88-343-0560-4).</ref>
 
{{Citazione|[La dialettica] considera anche il [[Bene (filosofia)|bene]] e il suo contrario e le loro specie subordinate, definisce l'[[eternità|eterno]] e il suo contrario, procedendo in ogni caso scientificamente e non con l'opinione.|Plotino, ''Enneadi'', ''ivi''}}
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La polarità del mondo scaturisce per Plotino dal fatto che l'Uno stesso si struttura dialetticamente nelle [[ipostasi]] via via inferiori ([[Intelletto]] e [[Anima]]) dando vita all'universo, ma rimanendo [[trascendente]] rispetto ad esso. La dialettica dell'Uno ha quindi un carattere produttivo, cioè [[ontologia|ontologico]], perché genera l'[[essere]] e la molteplicità.<ref>Per Plotino infatti la dialettica, che procede «con scienza riguardo ad ogni realtà, e non per opinione», non solo permea di sé lo sviluppo del pensiero, ma «attiene alle realtà stesse, e insieme ai teoremi possiede la realtà» (''Enneadi'', I, 3, 4-5).</ref> Ciò nonostante, il Dio plotiniano non perde la sua unità, perché resta al di sopra di tutto: nell'Uno infatti sono presenti in forma unita e indissolubile quegli elementi intelligibili del cosmo che esplicandosi nella realtà materiale giungono poi a separarsi tra loro.
 
La teologia neoplatonica mirava allora a ricucire, tramite l'uso della dialettica e della [[logica formale]], quell'unità immediata di [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[oggetto (filosofia)|oggetto]], [[spirito (filosofia)|spirito]] e [[materia (filosofia)|materia]], che nel mondo [[sensibilità (filosofia)|sensibile]] appariva invece terribilmente frantumata in un dualismo insanabile. Torna in proposito la duplice valenza propria della dialettica platonica, che ha un carattere ora discensivo (dall'Uno alla materia), ora ascensivo (dal molteplice all'[[estasi]]), formando un [[cerchio|circolo]]. Come in Platone, tuttavia, la dialettica, pur essendo «la parte preziosa della filosofia»,<ref>''Enneadi'', I, 3, 5.</ref> non va esercitata in maniera fine a se stessa, ma una volta approdata all'intelligibile «conclude la sua attività»,<ref name="Enn., I, 3, 4">''Enn.'', I, 3, 4.</ref> abbandonando «a un'altra arte la cosiddetta [[logica]] che verte sulle premesse e sui sillogismi» esaminandone solo gli aspetti «necessari antecedenti dell'arte», e tralasciando quelli superflui.<ref name="Enn., I, 3, 4"/>
 
La concezione neoplatonica della dialettica ritornerà in [[Sant'Agostino|Agostino]] e nei primi [[patristica|padri della Chiesa]], dai quali sarà intesa sia in senso ontologico per spiegare il movimento di [[processione (teologia)|processione]] interno alla [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]], sia come mezzo razionale umano di elevazione alla [[Verità]], ma che essendo basato sulle parole rimane pur sempre soltanto uno strumento.<ref>Cfr. ad esempio il ''De Magistro'' di Agostino (§ 19-31).</ref> [[Tommaso d'Aquino]] affiancherà alla dialettica il concetto di [[analogia (filosofia)|analogia]] per chiarire come le relazioni dialettiche che intercorrono in quella scala ascendente che va dagli enti naturali fino a Dio, siano da intendere non in modo meramente logico, ma in chiave appunto ''[[analogia (semantica)|analogica]]'', cioè nel senso della [[Similitudine (figura retorica)|similitudine]]. In seguito [[Nicola Cusano|Cusano]], i [[filosofia neoplatonica|filosofi rinascimentali]], e la successiva tradizione [[mistica]] neoplatonica, insisteranno sul carattere circolare della dialettica, assimilata all<nowiki>{{'</nowiki>}}''[[eros (filosofia)|eros]]'', che sale ad unificare gli opposti in Dio, e nuovamente discende espandendosi nella molteplicità.
 
== La scolastica: dialettica come arte liberale ==
Un significato diverso, anche se in parte derivato dalle dottrine precedenti, aveva assunto la dialettica nella [[filosofia medioevale]], dove era insegnata e praticata come una delle sette [[arti liberali]] in cui si esercitavano i filosofi della [[scolastica (filosofia)|scolastica]], in particolare come materia letteraria del ''[[trivio]]'': essa era intesa alla maniera degli [[stoicismo|stoici]], come scienza del discutere rettamente, e tramite cui gli allievi imparavano le connessioni logiche tra i significanti e i significati. Gli autori presi a modello erano principalmente Aristotele, [[Cicerone]], [[Seneca]], [[Agostino d'Ippona|Agostino]], e soprattutto [[Anicio Manlio Torquato Severino Boezio|Boezio]].<ref>All'attività e alle opere di Boezio (quali ad esempio ''De diusionedivisione'', ''De differentiistopicis Topicisdifferentiis'', le ''Categorie'' e il ''De interpretatione'' di Aristotele) si deve in particolare la fondazione della strumentazione dialettica utilizzata dagli scolastici.</ref> Col tempo, però, il termine «dialettica» assunse un significato peculiare, come sinonimo di razionalità: ''dialettici'' erano detti infatti coloro che accettavano l'uso della [[ragione]] come strumento di indagine della [[verità]], o come guida in grado di avviare al sapere rivelato della [[fede cristiana|fede]]; ''anti-dialettici'' erano invece coloro che riconoscevano come unica guida la [[teologia cristiana|teologia]] e i contenuti della fede, slegando queste ultime da qualsiasi criterio logico.<ref>Inos Biffi, André Cantin, Costante Marabelli, ''La fioritura della dialettica X-XII secolo'', Milano, Jaca Book, 2008 ISBN 978-88-16-40819-7.</ref>
 
== Kant ==
Sul finire del Settecento, [[Kant]], nel capitolo sulla ''Dialettica trascendentale'' della ''[[Critica della ragion pura]]'', dedicò nuovi studi alla dialettica, definendola come la logica della parvenzadell'apparenza, che ha lo scopo di mettere in luce il carattere illusorio dei giudizi [[trascendenza|trascendenti]] - concernenti l'[[anima]], Dio e il mondo in quanto "totalità" - mettendoci in guardia contro l'inganno della [[ragione]], che è lluogo a [[Antinomia|antinomie]] e, di conseguenza, all'inganno della totalità, l'illusione con la quale l'uomo tende a superare sul piano della [[conoscenza]] il mondo dei [[fenomeno|fenomeni]] per raggiungere il [[noumeno]]. Ma la parvenzal'apparenza della dialettica, in quanto [[trascendentale]], è connaturata alla ragione umana e quindi continua a dare l'illusione di essere vera anche quando se ne dimostri la falsità. La dialettica in Kant rappresenta lo studio e la [[criticismo|critica]] di questa illusione naturale ed inevitabile.<ref>Kant, ''Critica della ragion pura'', in ''Dialettica trascendentale'', I, 102 - II, 288, Laterza, Bari 1977.</ref>
 
== Fichte e Schelling ==
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== Hegel ==
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|upright=0.7|left|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
Con [[Hegel]] infine la dialettica si trasformò da strumento filosofico nel fine stesso della [[filosofia]]. Diversamente dal neoplatonismo, Hegel assegnò alla dialettica una valenza ''positiva'', anziché negativa: mentre presso i neoplatonici la dialettica serviva a ricondurre alla [[verità]], ma quest'ultima ne restava al di sopra (a un livello [[trascendente]] e ben distinto da quella), Hegel fece coincidere la verità con la dialettica, cioè col [[divenire]]. Anche sul piano ontologico Hegel capovolse la prospettiva precedente: ora la dialettica non è più il processo con cui Dio negava (e occultava) se stesso generando il mondo,<ref>Si trattava di quella dialettica negativa che conduceva al «nascondimento» di Dio, così come la luce si nasconde in ciò che essa illumina (non la vediamo mai direttamente, ma solo in quanto rende visibile il mondo): concetto ripreso da [[Heidegger]] che parlerà di ''[[epoché]]'' o «sospensione» dell'[[Essere]], che nel «darsi» si nasconde (cfr. Heidegger, ''Sentieri interrotti'', Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 314).</ref> bensì con cui ''afferma'' se stesso, giungendo a coincidere col mondo e con la storia.
 
[[File:Dialettica hegeliana.png|upright=1.4|thumb|Mentre la logica classica partiva da un punto A del tutto ''a priori'' rispetto all'esito del ragionamento (B), nella dialettica hegeliana il flusso logico che va da A a B torna a convalidare la tesi iniziale in una sintesi onnicomprensiva (C).<ref>Nel formulare la sua ''Logica'', Hegel respingeva come irrazionale qualsiasi forma di trascendenza o di concetto ''a priori'' che non potesse essere a sua volta dimostrato, e costruì pertanto una dialettica a spirale dove ogni princìpio iniziale trovi giustificazione, su un piano immanente, alla fine del percorso dimostrativo, in una sintesi che è l'avvio di un ulteriore circolo. Gli studi condotti da [[Kurt Gödel|Gödel]] nel XX secolo hanno tuttavia dimostrato l'inconsistenza logica dei ragionamenti circolari, in cui si presume che la verità del sistema possa essere dimostrata dall'interno del sistema stesso (cfr. ''[[Teoremi di incompletezza di Gödel|Teoremi di incompletezza]]'').</ref>]]
Hegel infatti concepiva l'[[essere]] (ossia la verità) ''a posteriori'', come [[immanente]] o conseguente la razionalità conoscitiva: la contrapposizione logica esistente tra un concetto ed il suo contrario, anziché essere ricondotta ad un'unità originaria, per Hegel precede la loro esistenza, ne diventa la condizione ontologica. Egli in un certo senso riprese [[Eraclito]] affermando che ogni realtà scaturisce dal suo opposto: ad esempio, l'atto conoscitivo o [[gnoseologia|gnoseologico]] che mette in rapporto dialettico X con Y, diventa anche un atto [[ontologia|ontologico]].<ref>Il fatto che X venga ''conosciuto'' grazie al rapporto con Y (e viceversa), fu cioè interpretato da Hegel come se X possa ''esistere'' grazie al rapporto con Y (e viceversa).</ref> In tal modo egli rinnegò la [[logica formale]] di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]], che era quella classica e lineare enunciata da [[Aristotele]], in favore di una nuova logica "sostanziale", che è insieme forma e contenuto. Per Hegel, nella sintesi finale ogni realtà è al tempo stesso il suo contrario: X coincide con Y, il nero coincide col bianco. Non ci sarebbe quindi bisogno di rifarsi a un principio trascendente: bianco e nero, nel nostro esempio, non scaturiscono da una superiore e comune Idea di Colore, ma scaturirebbero l'uno dall'altro, per dare luogo soltanto alla fine, attraverso la loro contrapposizione, all'Idea che li comprende. Ciò avviene secondo un procedimento a [[spirale]] caratterizzato dalla cosiddetta triade: tesi, antitesi e sintesi;<ref>[[Ugo Spirito]], ''Inizio di una nuova epoca'', pag. 242, G.C. Sansoni, 1961.</ref> conosciuti Hegelanche non aveva in realtà utilizzato questa terminologia, ma, essendo la teologia il fondamento della sua dialettica, aveva usato, per designarecome i tre momenti, i termini: dell<nowiki>'</nowiki>«''in ''», «''per ''», e «''in e per ''».<ref>La triade ''An Sich'' (in sé), ''Für Sich'' (per sé), e ''An Sich und Für Sich'' (in sé e per sé) fusarebbe stata divulgata come "«tesi"», "«antitesi"» e "«sintesi"» dal filosofo [[Heinrich Moritz Chalybäus]] (1796-1862), ''Historische Entwicklung der spekulativen Philosophie von Kant bis Hegel'', Dresden-Leipzig (1837), p. 367 della quarta edizione (1848).</ref> L'Assoluto non ne è all'origine ma alla fine, e scaturisce dalla mediazione dei due termini contrapposti.
 
In virtù di questo movimento triadico, l'[[Essere]] (in sé«[[tesi]]») non è più concepito come statico e autonomo ma, dovendo venir giustificato, diventando non-essere (per sé), trapassa nel [[divenire]], (indiventando non-essere e per sé(«[[antitesi]]»): la contraddizione tra essere e non-essere viene però superata dal momento della conciliazione«[[sintesi (filosofia)|sintesi]]», che è a sua volta la ''negazione della negazione'' (il divenire). Il non-essere, così, non è la negazione dell'Essere, ma paradossalmente un passaggio verso la sua affermazione.<ref>Hegel, ''Scienza della logica'' (1812).</ref>
 
=== Le critiche di Schelling, Kierkegaard, Nietzsche ===
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Schelling concordava sul fatto che le contraddizioni della dialettica sono molto importanti, perché esse sono la molla del [[divenire]], la ragione per cui [[Dio]] si fa [[storia]] e sconfigge le tenebre presenti nel Suo stesso fondo oscuro; ma questo per Schelling non vuol dire che siccome le contraddizioni sono importanti allora non c'è alcun bisogno di evitarle. Esse sono pur sempre un limite, rappresentano un elemento ''[[filosofia negativa|negativo]]'', a cui è chiamata a fare da contraltare una [[filosofia positiva|filosofia ''positiva'']].<ref>Schelling, ''Filosofia della Rivelazione'' (1854).</ref>
 
Anche [[Søren Kierkegaard|Kierkegaard]] obiettò che la dialettica hegeliana riconciliava illusoriamente le contraddizioni della realtà nel momento della sintesi. Secondo Kierkegaard, tesi e antitesi non possono logicamente convivere in un ''et et'' («sia l'una che l'altra»), ma sono lacerate da contraddizioni insanabili in un drammatico ''aut aut'' («o l'una o l'altra»).<ref>Cfr. Kierkegaard, ''[[Aut-Aut (Kierkegaard)|Aut-Aut]]'' (1843).</ref>
 
In [[Nietzsche]] analogamente, nonostante il suo confronto con Hegel sia raramente esplicitato nelle opere, prevale una radicale contestazione della dialettica hegeliana, da lui vista come una pretesa del pensiero di ridurre la caoticità della vita e del mondo entro categorie fisse e stabili. Nella sua ''[[Sull'utilità e il danno della storia per la vita|seconda considerazione inattuale]]'' Nietzsche fa esplicito riferimento alla filosofia hegeliana, imputandole la responsabilità di quella "idolatria del fatto", tanto diffusa nella cultura tedesca, che nel tentativo di categorizzare e insieme giustificare il processo storico annienta la forza vitale propria di ogni uomo, e in particolare la sua [[volontà di potenza]] che sola può guidarne le azioni.
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[[File:Karl Marx.jpg|upright=0.7|left|thumb|Marx]]
{{vedi anche|Materialismo storico|materialismo dialettico}}
Di tenore diverso furono le critiche di [[Marx]],<ref>Marx si dichiarò sempre allievo di Hegel.</ref> che anzi applicò la dialettica hegeliana alla [[Storia]] affermando che questa scaturisce dalla lotta dinamica fra gli opposti.<ref>[[Cittadinanza romana|Liberi]] contro [[schiavi]], [[patrizio (storia romana)|patrizi]] contro [[plebei]], [[barone|baroni]] contro [[servi della gleba]], [[corporazione delle arti e dei mestieri|membri di corporazioni]] contro [[artigiani]], [[nobili]] contro [[borghesi]], ed infine borghesi contro [[proletari]]: «in breve oppressore ed oppresso» (K. Marx, F. Engels, ''Manifesto del Partito comunista'', 1848).</ref> Le contrapposizioni della realtà non trovano conciliazione in un principio [[trascendente|superiore]] (come ad esempio Dio), ma nella storia stessa, il cui esito finale, secondo Marx, non trascende le umane vicende, ma è [[immanenza|immanente]] al raffronto dialettico tra le [[classe sociale|classi sociali]], e in particolare tra la "struttura" economica (costituita dai rapporti [[materia (filosofia)|materiali]] di produzione) e la "sovrastutturasovrastruttura" (gli apparati [[cultura]]li che ne occulterebbero la vera natura).
 
Questo modo di concepire la [[filosofia della storia]] prese il nome di [[materialismo storico]], ariformulato cuida [[Engels]] aggiunse ilcome [[materialismo dialettico]].
 
Con [[Friedrich Engels]] in particolare, il metodo dialettico hegeliano che Marx aveva inteso rimettere "con i piedi per terra", trasformandolo in uno strumento di lotta sociale e [[rivoluzione (politica)|rivoluzionaria]], trova un ulteriore campo di applicazione con la ''Dialettica della natura'', da Engels enunciata ed elaborata ulteriormente nei suoi ultimi anni di vita.<ref>Tra le altre cose, Engels paragonò la dialettica marxista della storia alla scoperta della [[selezione naturale]] dell'[[evoluzione]] [[Charles Darwin|darwiniana]] (Gustav Mayer, ''Friedrich Engels'', Torino, Einaudi, 1969, p. 247).</ref>
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A differenza di Benedetto Croce, fautore dello ''[[storicismo]] [[assoluto]]'' o ''idealismo storicista'', per cui tutta la realtà è [[storia]] e non passaggio all'[[atto (Aristotele)|atto]] in senso [[Aristotele|aristotelico]], [[Giovanni Gentile]] apprezza di [[Hegel]] non tanto l'orizzonte storicista, quanto l'impianto [[idealismo|idealistico]] fondato sulla coscienza, ovvero l'assunzione della coscienza come principio del reale, posizione che lo avvicina a [[Fichte]]. Anche secondo Gentile vi è un errore, in Hegel, nella valutazione della dialettica, ma in modo diverso da Croce: Hegel avrebbe infatti lasciato nella sua dialettica forti residui della dialettica del «pensato», ovvero quella del pensiero determinato e delle scienze. Per Gentile, invece, solo nel «pensare in atto» si esprime l'[[autocoscienza]] che tutto comprende, mentre il «pensato» è un fatto illusorio.<ref name=fusaro>[http://www.filosofico.net/gentile105.htm Diego Fusaro (a cura di), ''Giovanni Gentile''].</ref>
 
L'[[attualismo (filosofia)|attualismo]] di Gentile si propone pertanto di riformare la dialettica idealista, con l'aggiunta della teoria dell'[[atto puro]] e l'esplicazione del rapporto tra «logica del pensare» e «logica del pensato».<ref>[http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=684&Guid=b4c605a1fd3740c0a09cb9a13bb3d10a Sull'importanza della riforma della dialettica idealista di matrice hegeliana in Gentile, si veda quest'intervista a Gennaro Sasso] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20110520042523/http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/?ContentID=684&Guid=b4c605a1fd3740c0a09cb9a13bb3d10a |date=20 maggio 2011 }}. L'intervista è compresa nell'Enciclopedia Multimediale delle Scienza Filosofiche.</ref>
 
==Teologia dialettica ed esistenzialismo==
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===Sartre===
Diverso dall'[[esistenzialismo]] di Heidegger è quello di [[Jean-Paul Sartre]], filosofo di orientamento [[ateo]] e [[marxista]], la cui ''[[Critica della ragione dialettica]]'' segna la sua adesione [[comunismo]], pur non essendo allineata alla dottrina [[sovietica]]. Sartre riconosce all'uomo una [[libertà]] assoluta e incondizionata, che si esplica però in forma dialettica, la cui soggettività è cioè dipendente dall'oggettività socio-ambientalesocioambientale come suo "campo delle possibilità": una libertà così divenuta condizionata perché in rapporto a un ampio sottofondo di [[necessità]]. Con l'assunzione teorica del [[materialismo storico]] marxiano, è il regno del "pratico-inerte" (l'essenza della materia) a imporsi, a dominare, a determinare la necessità e ad imporla anche all'uomo.<ref>«Non è né nell'attività dell'organismo isolato e né nella successione dei fatti fisico-chimici che la necessità si manifesta: il regno della necessità è il dominio, reale, ma ancora astratto dalla storia, dove la materialità inorganica si chiude sulla molteplicità degli uomini e trasforma i produttori nei loro prodotti. La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della ''praxis'' in attività ''pratico-inerte'' diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata» (J.P. Sartre, ''Critique de la raison dialectique'', Parigi, Gallimard, 1960, pp. 375-376).</ref>
 
Sartre accetta pienamente il pensiero di [[Marx]], ma non il [[materialismo dialettico]] di [[Engels]], che ha finito per risolversi in un [[determinismo]] a senso unico; prospettando l'evoluzione della natura e della storia verso un Fine, la dialettica marxista si è tramutata in un [[dogma]], un sapere acritico, un [[assoluto]] ''in ''.<ref>[[Dario Antiseri]], [[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia: fenomenologia, esistenzialismo, filosofia analitica e nuove teologie'', vol. 10, parte II, Bompiani, 2008.</ref> La realtà dell'uomo è invece quella di essere un ''per '', proiettato al di là di se stesso, alla ricerca di un valore fondante che tuttavia non può trovare, essendo egli un Dio mancato.
 
Recentemente, alcuni pensatori post-sartriani come Lucièn Sève, Jean-Marie Brohm, hanno rimesso in auge la dialettica ma in maniera filosofica nello stretto quadro dell'azione umana, la [[prassi]], rigettando la dialettica della natura positivista e l'esistenza di leggi scientifiche determinate naturalmente ed esistenti al di fuori dell'azione umana.<ref>Tra gli altri sono da citare [[John Scott Haldane|John S. Haldane]], [[Richard Lewontin]] e [[Stephen Jay Gould]], nell’ambito della biologia e dell’evoluzione, così come [[Bertell Ollman]] e Pascal Charbonnat in un quadro epistemologico: nel secondo dopoguerra del secolo XX questi scienziati (a cui vanno aggiunti [[Aleksandr Zinov'ev|Alexandre Zinoviev]] in Russia e [[Patrick Tort]] in Francia) riconoscerebbero apertamente la dialettica nei loro studi e come un oggetto degno di ricerca. L’obiezione sartriana contro la dialettica nelle scienze procederebbe dalla tradizione cartesiana (dell’opposizione tra ''res cogitans'' e ''res extensa'') che viene a riflettersi nella distinzione dei due ambiti sartriani dell’essere (per-sé e in-sé). La difficoltà allora s’incontrerebbe nella relazione tra di essi, che [[Cartesio|Descartes]] risolveva con la [[ghiandola pineale]], luogo di comunicazione e di unione del corpo e dell’anima; mentre Sartre fa in modo che la coscienza assuma il mondo secondo la sua propria finalità. Il problema sarebbe nel fatto che entrambi – coscienza e mondo – si basano in Descartes e Sartre su un materialismo meccanicistico secondo il quale il movimento deve essere introdotto nei fenomeni (naturali o di coscienza) dall’esterno. Questa è l’origine di un [[Teleologia|finalismo]] o di una [[teleologia]] che subordina e vincola le cause naturali a una finalità trascendente. Tuttavia, al contrario, la pratica scientifica attuale integra in termini di [[causalità naturale]] ogni spiegazione finalistica. In questo senso sarebbe indicativa la recente opera di [[Évariste Sanchez-Palencia]], (''Passeggiata dialettica tra le scienze,'' trad. it. di F. Contento, Milano, Unicopli, 2018), in cui viene sviluppata una visione dialettica nelle scienze in relazione con la teoria matematica dei [[Sistema dinamico|sistemi dinamici]].</ref>
 
==La dialettica negativa di Adorno==
Un'interpretazione del [[marxismo]] in chiave anti-[[teleologia|teleologica]] è presente anche in [[Theodor Adorno]],<ref>{{Cita web |url=http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=343 |titolo=Cfr. Intervista a Giuseppe Bedeschi, nella collezione dell{{'}}''Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche''. |accesso=9 gennaio 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141219040649/http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=343 |dataarchivio=19 dicembre 2014 |urlmorto=sì }}</ref> filosofo proveniente dalla [[scuola di Francoforte]], per il quale la dialettica è da accogliere nella sua portata prettamente negativa, nel senso che va utilizzata per rendere manifeste le disarmonie che permeano il reale, e non deve cercare di auto-fondarsi.<ref>Theodor W. Adorno, ''Negative Dialektik'', Suhrkamp, Frankfurt am Main 1966, trad. it. di P. Lauro, ''Dialettica negativa'', introduzione e cura di S. Petrucciani, Torino, Einaudi, 2004.</ref>
 
Se intesa in tal senso, la dialettica può servire come chiave di comprensione delle contraddittorie dinamiche sociali che sono oggetto di studio della [[sociologia]], disciplina che Adorno tendeva a distinguere dalle [[scienze naturali]] per via della diversità del metodo adottato, il quale consisterebbe appunto in quello «dialettico» per la prima, e nella [[deduzione|logica deduttiva]] per le seconde. Questa distinzione condusse Adorno, in occasione del Congresso di [[Tubinga]] del [[1961]] sulla ''Logica delle scienze sociali'', ad una polemica nei confronti dell'epistemologo [[Karl Popper]], il quale viceversa sosteneva l'impossibilità di affrontare le tematiche sociologiche con un [[metodo scientifico|metodo]] diverso da quello delle altre scienze. Popper respinse le accuse di essere un «[[positivismo|positivista]]», sostenendo anzi di tenere in grande considerazione le [[contraddizioni]] e la loro portata negativa, ma contestava il fatto che tali contraddizioni possano essere accolte e accettate come un dato di fatto, cioè come immanenti alla [[storia]], mentre in realtà dovrebbero servire a testimoniare l'[[coerenza (logica matematica)|incoerenza]] di una teoria e a [[falsificazionismo|falsificarla]]. Hegel e Marx invece, e così i loro epigoni come lo stesso Adorno, sostenendo che la realtà è intimamente contraddittoria, si sono sottratti ad ogni [[logica]] e quindi, con fare disonesto, al rischio stesso di poter essere confutati dai fatti.<ref>Per un resoconto degli interventi e degli esiti del confronto tra Popper e Adorno svoltosi al convegno di Tubinga nell'ottobre 1961, cfr. Adorno, Popper, Dahrendorf, Habermas, Albert, Pilot, ''Dialettica e positivismo in sociologia'', Torino, Einaudi, 1972.</ref>
 
== Elenco per autori dei testi dedicati al metodo dialettico ==
Alcuni autori che hanno scritto trattati sulla Dialettica:
* [[Aristotele]] (''[[Topici]]'')
* [[Pietro Abelardo]] (''[[Dialettica (Pietro Abelardo)|Dialettica]]'')
* [[Agostino d'Ippona]] (''De Dialectica'')
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* [[Pietro Ramo]] (''Dialectica'')
* [[Lorenzo Valla]] (''Repastinatio dialectice et philosophie'')
* [[Rudolf Agricola]] (''De Inventione Dialectica libriLibri tresTres'')
* [[Georg Wilhelm Friedrich Hegel]] (''[[Scienza della Logicalogica]]'')
* [[Arthur Schopenhauer]] (''[[L'arte di ottenere ragione|L'arte di ottenere ragione esposta in 38 stratagemmi]]'')
* [[Friedrich Schleiermacher]] (''Dialettica'')
* [[Friedrich Engels]] (''[[Anti-Dühring]]'', ''Dialettica della natura'')
* [[Jean-Paul Sartre]] (''[[Critica della ragione dialettica]]'')
* [[Theodor Adorno]] (''[[Dialettica negativa]]'')
 
== Note ==
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* Inos Biffi e Costante Marabelli (a cura di), ''La fioritura della dialettica, X-XII secolo'', Milano, Jaca Book 2008
* André Cantin, ''Fede e dialettica nell'XI secolo'', trad. di F. Ferri, Jaca Book, 1996 ISBN 88-16-43304-3
* Orlando L.Carpi, "Hegel, Il Logos dell'Occidente", Milano, Panozzo, 2002.
* Giulio D'Onofrio, ''Fons scientiae. La dialettica nell'Occidente tardo-antico'', Liguori, 1986 ISBN 88-207-0879-5
* Giuseppe Duso, ''Contraddizione e dialettica nel pensiero fichtiano'', Argalia editore, 1974
*Raffaello Franchini, Le origini della dialettica, riedizione a cura di Francesca Rizzo, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006
* Giancarlo Galassi, Virginia Vitali, ''La Dialettica dalle origini a Platone'', Quattroventi editore, 2009 ISBN 88-392-0857-7
* Enrico Giorgio, ''Ontologia dialettica. Essere e nulla nella logica di Hegel'', ETS, 2001 ISBN 88-467-0454-1
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* [[Friedrich Adolf Trendelenburg]], ''Il metodo dialettico'', Il Mulino, Bologna 1990 ISBN 978-88-15-02934-8
* Mauro Tulli, ''Dialettica e scrittura nella VII Lettera di Platone'', Giardini editore, 1989 ISBN 88-427-0572-1
* Cesare Vasoli, ''La Dialettica e La Retorica dell'Umanesimo. "Invenzione" e "Metodo" nella cultura del XV e XVI secolo'', La Città del sole, Napoli 2007, nuova edizione riveduta (1<sup>a</sup>ª ed. Milano, Feltrinelli, 1968)
* Valerio Verra, ''[http://books.google.it/books?id=aLisockh55UC&printsec=frontcover&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q&f=false Dialettica e filosofia in Plotino]'', Vita e Pensiero, Milano 1993 ISBN 88-343-0547-7
* Valerio Verra, ''La dialettica nel pensiero contemporaneo'', Il Mulino, Bologna 1976