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Modifica di Dialettica

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{{Citazione|Cos'è questa dialettica che bisogna insegnare anche ai precedenti? È una scienza che dà la possibilità di dire [[ragione|razionalmente]] ciò che è ogni oggetto, in che differisce dagli altri e in che si accomuna, tra quali oggetti si trova e in quale classe; e quale cosa sia [[essere]] e quale invece sia il non-essere diverso dall'essere.|Plotino, ''Enneadi'', I, 3, 4<ref>Trad. di Giuseppe Faggin, ''La presenza divina'', Messina-Firenze, D'Anna, 1971.</ref>}}
{{Citazione|Cos'è questa dialettica che bisogna insegnare anche ai precedenti? È una scienza che dà la possibilità di dire [[ragione|razionalmente]] ciò che è ogni oggetto, in che differisce dagli altri e in che si accomuna, tra quali oggetti si trova e in quale classe; e quale cosa sia [[essere]] e quale invece sia il non-essere diverso dall'essere.|Plotino, ''Enneadi'', I, 3, 4<ref>Trad. di Giuseppe Faggin, ''La presenza divina'', Messina-Firenze, D'Anna, 1971.</ref>}}


La dialettica consente cioè di definire e classificare secondo logica ogni realtà, descrivendola non solo in stessa, ma anche in rapporto al suo contrario, cogliendo quella rete [[organicismo|organica]] di relazioni in cui è inserita. L'aspetto logico-razionale della dialettica ha quindi una valenza principalmente ''negativa'', nel senso che permette di risalire alla [[verità]] di qualcosa, e in ultima analisi a [[Dio]] stesso, tramite la [[consapevolezza]] del suo contrario, ossia del negativo: il falso. Fu il metodo proprio della [[teologia negativa]].<ref>«Alla base di questa dialettica di negazione sta non ciò che si potrebbe credere la pura indeterminatezza, ma piuttosto la pienezza dell'Essere, che non va confuso con nessun altro, pure possedendo in sé le note positive di ogni essere, ma in modo supremo» (Luigi Pelloux, ''L'assoluto nella dottrina di Plotino'', pag. 165, Milano, Vita e Pensiero, 1994 ISBN 88-343-0560-4).</ref>
La dialettica consente cioè di definire e classificare secondo logica ogni realtà, descrivendola non solo in se stessa, ma anche in rapporto al suo contrario, cogliendo quella rete [[organicismo|organica]] di relazioni in cui è inserita. L'aspetto logico-razionale della dialettica ha quindi una valenza principalmente ''negativa'', nel senso che permette di risalire alla [[verità]] di qualcosa, e in ultima analisi a [[Dio]] stesso, tramite la [[consapevolezza]] del suo contrario, ossia del negativo: il falso. Fu il metodo proprio della [[teologia negativa]].<ref>«Alla base di questa dialettica di negazione sta non ciò che si potrebbe credere la pura indeterminatezza, ma piuttosto la pienezza dell'Essere, che non va confuso con nessun altro, pure possedendo in sé le note positive di ogni essere, ma in modo supremo» (Luigi Pelloux, ''L'assoluto nella dottrina di Plotino'', pag. 165, Milano, Vita e Pensiero, 1994 ISBN 88-343-0560-4).</ref>


{{Citazione|[La dialettica] considera anche il [[Bene (filosofia)|bene]] e il suo contrario e le loro specie subordinate, definisce l'[[eternità|eterno]] e il suo contrario, procedendo in ogni caso scientificamente e non con l'opinione.|Plotino, ''Enneadi'', ''ivi''}}
{{Citazione|[La dialettica] considera anche il [[Bene (filosofia)|bene]] e il suo contrario e le loro specie subordinate, definisce l'[[eternità|eterno]] e il suo contrario, procedendo in ogni caso scientificamente e non con l'opinione.|Plotino, ''Enneadi'', ''ivi''}}
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La polarità del mondo scaturisce per Plotino dal fatto che l'Uno stesso si struttura dialetticamente nelle [[ipostasi]] via via inferiori ([[Intelletto]] e [[Anima]]) dando vita all'universo, ma rimanendo [[trascendente]] rispetto ad esso. La dialettica dell'Uno ha quindi un carattere produttivo, cioè [[ontologia|ontologico]], perché genera l'[[essere]] e la molteplicità.<ref>Per Plotino infatti la dialettica, che procede «con scienza riguardo ad ogni realtà, e non per opinione», non solo permea di sé lo sviluppo del pensiero, ma «attiene alle realtà stesse, e insieme ai teoremi possiede la realtà» (''Enneadi'', I, 3, 4-5).</ref> Ciò nonostante, il Dio plotiniano non perde la sua unità, perché resta al di sopra di tutto: nell'Uno infatti sono presenti in forma unita e indissolubile quegli elementi intelligibili del cosmo che esplicandosi nella realtà materiale giungono poi a separarsi tra loro.
La polarità del mondo scaturisce per Plotino dal fatto che l'Uno stesso si struttura dialetticamente nelle [[ipostasi]] via via inferiori ([[Intelletto]] e [[Anima]]) dando vita all'universo, ma rimanendo [[trascendente]] rispetto ad esso. La dialettica dell'Uno ha quindi un carattere produttivo, cioè [[ontologia|ontologico]], perché genera l'[[essere]] e la molteplicità.<ref>Per Plotino infatti la dialettica, che procede «con scienza riguardo ad ogni realtà, e non per opinione», non solo permea di sé lo sviluppo del pensiero, ma «attiene alle realtà stesse, e insieme ai teoremi possiede la realtà» (''Enneadi'', I, 3, 4-5).</ref> Ciò nonostante, il Dio plotiniano non perde la sua unità, perché resta al di sopra di tutto: nell'Uno infatti sono presenti in forma unita e indissolubile quegli elementi intelligibili del cosmo che esplicandosi nella realtà materiale giungono poi a separarsi tra loro.


La teologia neoplatonica mirava allora a ricucire, tramite l'uso della dialettica e della [[logica formale]], quell'unità immediata di [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[oggetto (filosofia)|oggetto]], [[spirito (filosofia)|spirito]] e [[materia (filosofia)|materia]], che nel mondo [[sensibilità (filosofia)|sensibile]] appariva invece terribilmente frantumata in un dualismo insanabile. Torna in proposito la duplice valenza propria della dialettica platonica, che ha un carattere ora discensivo (dall'Uno alla materia), ora ascensivo (dal molteplice all'[[estasi]]), formando un [[cerchio|circolo]]. Come in Platone, tuttavia, la dialettica, pur essendo «la parte preziosa della filosofia»,<ref>''Enneadi'', I, 3, 5.</ref> non va esercitata in maniera fine a stessa, ma una volta approdata all'intelligibile «conclude la sua attività»,<ref name="Enn., I, 3, 4">''Enn.'', I, 3, 4.</ref> abbandonando «a un'altra arte la cosiddetta [[logica]] che verte sulle premesse e sui sillogismi» esaminandone solo gli aspetti «necessari antecedenti dell'arte», e tralasciando quelli superflui.<ref name="Enn., I, 3, 4"/>
La teologia neoplatonica mirava allora a ricucire, tramite l'uso della dialettica e della [[logica formale]], quell'unità immediata di [[soggetto (filosofia)|soggetto]] e [[oggetto (filosofia)|oggetto]], [[spirito (filosofia)|spirito]] e [[materia (filosofia)|materia]], che nel mondo [[sensibilità (filosofia)|sensibile]] appariva invece terribilmente frantumata in un dualismo insanabile. Torna in proposito la duplice valenza propria della dialettica platonica, che ha un carattere ora discensivo (dall'Uno alla materia), ora ascensivo (dal molteplice all'[[estasi]]), formando un [[cerchio|circolo]]. Come in Platone, tuttavia, la dialettica, pur essendo «la parte preziosa della filosofia»,<ref>''Enneadi'', I, 3, 5.</ref> non va esercitata in maniera fine a se stessa, ma una volta approdata all'intelligibile «conclude la sua attività»,<ref name="Enn., I, 3, 4">''Enn.'', I, 3, 4.</ref> abbandonando «a un'altra arte la cosiddetta [[logica]] che verte sulle premesse e sui sillogismi» esaminandone solo gli aspetti «necessari antecedenti dell'arte», e tralasciando quelli superflui.<ref name="Enn., I, 3, 4"/>


La concezione neoplatonica della dialettica ritornerà in [[Sant'Agostino|Agostino]] e nei primi [[patristica|padri della Chiesa]], dai quali sarà intesa sia in senso ontologico per spiegare il movimento di [[processione (teologia)|processione]] interno alla [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]], sia come mezzo razionale umano di elevazione alla [[Verità]], ma che essendo basato sulle parole rimane pur sempre soltanto uno strumento.<ref>Cfr. ad esempio il ''De Magistro'' di Agostino (§ 19-31).</ref> [[Tommaso d'Aquino]] affiancherà alla dialettica il concetto di [[analogia (filosofia)|analogia]] per chiarire come le relazioni dialettiche che intercorrono in quella scala ascendente che va dagli enti naturali fino a Dio, siano da intendere non in modo meramente logico, ma in chiave appunto ''[[analogia (semantica)|analogica]]'', cioè nel senso della [[Similitudine (figura retorica)|similitudine]]. In seguito [[Nicola Cusano|Cusano]], i [[filosofia neoplatonica|filosofi rinascimentali]], e la successiva tradizione [[mistica]] neoplatonica, insisteranno sul carattere circolare della dialettica, assimilata all{{'}}''[[eros (filosofia)|eros]]'', che sale ad unificare gli opposti in Dio, e nuovamente discende espandendosi nella molteplicità.
La concezione neoplatonica della dialettica ritornerà in [[Sant'Agostino|Agostino]] e nei primi [[patristica|padri della Chiesa]], dai quali sarà intesa sia in senso ontologico per spiegare il movimento di [[processione (teologia)|processione]] interno alla [[Trinità (cristianesimo)|Trinità]], sia come mezzo razionale umano di elevazione alla [[Verità]], ma che essendo basato sulle parole rimane pur sempre soltanto uno strumento.<ref>Cfr. ad esempio il ''De Magistro'' di Agostino (§ 19-31).</ref> [[Tommaso d'Aquino]] affiancherà alla dialettica il concetto di [[analogia (filosofia)|analogia]] per chiarire come le relazioni dialettiche che intercorrono in quella scala ascendente che va dagli enti naturali fino a Dio, siano da intendere non in modo meramente logico, ma in chiave appunto ''[[analogia (semantica)|analogica]]'', cioè nel senso della [[Similitudine (figura retorica)|similitudine]]. In seguito [[Nicola Cusano|Cusano]], i [[filosofia neoplatonica|filosofi rinascimentali]], e la successiva tradizione [[mistica]] neoplatonica, insisteranno sul carattere circolare della dialettica, assimilata all{{'}}''[[eros (filosofia)|eros]]'', che sale ad unificare gli opposti in Dio, e nuovamente discende espandendosi nella molteplicità.
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== Hegel ==
== Hegel ==
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|upright=0.7|left|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
[[File:Hegel portrait by Schlesinger 1831.jpg|thumb|upright=0.7|left|Georg Wilhelm Friedrich Hegel]]
Con [[Hegel]] infine la dialettica si trasformò da strumento filosofico nel fine stesso della [[filosofia]]. Diversamente dal neoplatonismo, Hegel assegnò alla dialettica una valenza ''positiva'', anziché negativa: mentre presso i neoplatonici la dialettica serviva a ricondurre alla [[verità]], ma quest'ultima ne restava al di sopra (a un livello [[trascendente]] e ben distinto da quella), Hegel fece coincidere la verità con la dialettica, cioè col [[divenire]]. Anche sul piano ontologico Hegel capovolse la prospettiva precedente: ora la dialettica non è più il processo con cui Dio negava (e occultava) stesso generando il mondo,<ref>Si trattava di quella dialettica negativa che conduceva al «nascondimento» di Dio, così come la luce si nasconde in ciò che essa illumina (non la vediamo mai direttamente, ma solo in quanto rende visibile il mondo): concetto ripreso da [[Heidegger]] che parlerà di ''[[epoché]]'' o «sospensione» dell'[[Essere]], che nel «darsi» si nasconde (cfr. Heidegger, ''Sentieri interrotti'', Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 314).</ref> bensì con cui ''afferma'' stesso, giungendo a coincidere col mondo e con la storia.
Con [[Hegel]] infine la dialettica si trasformò da strumento filosofico nel fine stesso della [[filosofia]]. Diversamente dal neoplatonismo, Hegel assegnò alla dialettica una valenza ''positiva'', anziché negativa: mentre presso i neoplatonici la dialettica serviva a ricondurre alla [[verità]], ma quest'ultima ne restava al di sopra (a un livello [[trascendente]] e ben distinto da quella), Hegel fece coincidere la verità con la dialettica, cioè col [[divenire]]. Anche sul piano ontologico Hegel capovolse la prospettiva precedente: ora la dialettica non è più il processo con cui Dio negava (e occultava) se stesso generando il mondo,<ref>Si trattava di quella dialettica negativa che conduceva al «nascondimento» di Dio, così come la luce si nasconde in ciò che essa illumina (non la vediamo mai direttamente, ma solo in quanto rende visibile il mondo): concetto ripreso da [[Heidegger]] che parlerà di ''[[epoché]]'' o «sospensione» dell'[[Essere]], che nel «darsi» si nasconde (cfr. Heidegger, ''Sentieri interrotti'', Firenze, La Nuova Italia, 1968, p. 314).</ref> bensì con cui ''afferma'' se stesso, giungendo a coincidere col mondo e con la storia.


[[File:Dialettica hegeliana.png|upright=1.4|thumb|Mentre la logica classica partiva da un punto A del tutto ''a priori'' rispetto all'esito del ragionamento (B), nella dialettica hegeliana il flusso logico che va da A a B torna a convalidare la tesi iniziale in una sintesi onnicomprensiva (C).<ref>Nel formulare la sua ''Logica'', Hegel respingeva come irrazionale qualsiasi forma di trascendenza o di concetto ''a priori'' che non potesse essere a sua volta dimostrato, e costruì pertanto una dialettica a spirale dove ogni princìpio iniziale trovi giustificazione, su un piano immanente, alla fine del percorso dimostrativo, in una sintesi che è l'avvio di un ulteriore circolo. Gli studi condotti da [[Kurt Gödel|Gödel]] nel XX secolo hanno tuttavia dimostrato l'inconsistenza logica dei ragionamenti circolari, in cui si presume che la verità del sistema possa essere dimostrata dall'interno del sistema stesso (cfr. ''[[Teoremi di incompletezza di Gödel|Teoremi di incompletezza]]'').</ref>]]
[[File:Dialettica hegeliana.png|upright=1.4|thumb|Mentre la logica classica partiva da un punto A del tutto ''a priori'' rispetto all'esito del ragionamento (B), nella dialettica hegeliana il flusso logico che va da A a B torna a convalidare la tesi iniziale in una sintesi onnicomprensiva (C).<ref>Nel formulare la sua ''Logica'', Hegel respingeva come irrazionale qualsiasi forma di trascendenza o di concetto ''a priori'' che non potesse essere a sua volta dimostrato, e costruì pertanto una dialettica a spirale dove ogni princìpio iniziale trovi giustificazione, su un piano immanente, alla fine del percorso dimostrativo, in una sintesi che è l'avvio di un ulteriore circolo. Gli studi condotti da [[Kurt Gödel|Gödel]] nel XX secolo hanno tuttavia dimostrato l'inconsistenza logica dei ragionamenti circolari, in cui si presume che la verità del sistema possa essere dimostrata dall'interno del sistema stesso (cfr. ''[[Teoremi di incompletezza di Gödel|Teoremi di incompletezza]]'').</ref>]]
Hegel infatti concepiva l'[[essere]] (ossia la verità) ''a posteriori'', come [[immanente]] o conseguente la razionalità conoscitiva: la contrapposizione logica esistente tra un concetto ed il suo contrario, anziché essere ricondotta ad un'unità originaria, per Hegel precede la loro esistenza, ne diventa la condizione ontologica. Egli in un certo senso riprese [[Eraclito]] affermando che ogni realtà scaturisce dal suo opposto: ad esempio, l'atto conoscitivo o [[gnoseologia|gnoseologico]] che mette in rapporto dialettico X con Y, diventa anche un atto [[ontologia|ontologico]].<ref>Il fatto che X venga ''conosciuto'' grazie al rapporto con Y (e viceversa), fu cioè interpretato da Hegel come se X possa ''esistere'' grazie al rapporto con Y (e viceversa).</ref> In tal modo egli rinnegò la [[logica formale]] di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]], che era quella classica e lineare enunciata da [[Aristotele]], in favore di una nuova logica "sostanziale", che è insieme forma e contenuto. Per Hegel, nella sintesi finale ogni realtà è al tempo stesso il suo contrario: X coincide con Y, il nero coincide col bianco. Non ci sarebbe quindi bisogno di rifarsi a un principio trascendente: bianco e nero, nel nostro esempio, non scaturiscono da una superiore e comune Idea di Colore, ma scaturirebbero l'uno dall'altro, per dare luogo soltanto alla fine, attraverso la loro contrapposizione, all'Idea che li comprende. Ciò avviene secondo un procedimento a [[spirale]] caratterizzato dalla cosiddetta triade: tesi, antitesi e sintesi;<ref>[[Ugo Spirito]], ''Inizio di una nuova epoca'', pag. 242, G.C. Sansoni, 1961.</ref> conosciuti anche come i tre momenti dell<nowiki>'</nowiki>«''in ''», «''per ''», e «''in e per ''».<ref>La triade ''An Sich'' (in sé), ''Für Sich'' (per sé), e ''An Sich und Für Sich'' (in sé e per sé) sarebbe stata divulgata come «tesi», «antitesi» e «sintesi» dal filosofo [[Heinrich Moritz Chalybäus]] (1796-1862), ''Historische Entwicklung der spekulativen Philosophie von Kant bis Hegel'', Dresden-Leipzig (1837), p. 367 della quarta edizione (1848).</ref> L'Assoluto non ne è all'origine ma alla fine, e scaturisce dalla mediazione dei due termini contrapposti.
Hegel infatti concepiva l'[[essere]] (ossia la verità) ''a posteriori'', come [[immanente]] o conseguente la razionalità conoscitiva: la contrapposizione logica esistente tra un concetto ed il suo contrario, anziché essere ricondotta ad un'unità originaria, per Hegel precede la loro esistenza, ne diventa la condizione ontologica. Egli in un certo senso riprese [[Eraclito]] affermando che ogni realtà scaturisce dal suo opposto: ad esempio, l'atto conoscitivo o [[gnoseologia|gnoseologico]] che mette in rapporto dialettico X con Y, diventa anche un atto [[ontologia|ontologico]].<ref>Il fatto che X venga ''conosciuto'' grazie al rapporto con Y (e viceversa), fu cioè interpretato da Hegel come se X possa ''esistere'' grazie al rapporto con Y (e viceversa).</ref> In tal modo egli rinnegò la [[logica formale]] di [[principio di non contraddizione|non-contraddizione]], che era quella classica e lineare enunciata da [[Aristotele]], in favore di una nuova logica "sostanziale", che è insieme forma e contenuto. Per Hegel, nella sintesi finale ogni realtà è al tempo stesso il suo contrario: X coincide con Y, il nero coincide col bianco. Non ci sarebbe quindi bisogno di rifarsi a un principio trascendente: bianco e nero, nel nostro esempio, non scaturiscono da una superiore e comune Idea di Colore, ma scaturirebbero l'uno dall'altro, per dare luogo soltanto alla fine, attraverso la loro contrapposizione, all'Idea che li comprende. Ciò avviene secondo un procedimento a [[spirale]] caratterizzato dalla cosiddetta triade: tesi, antitesi e sintesi;<ref>[[Ugo Spirito]], ''Inizio di una nuova epoca'', pag. 242, G.C. Sansoni, 1961.</ref> conosciuti anche come i tre momenti dell<nowiki>'</nowiki>«''in ''», «''per ''», e «''in e per ''».<ref>La triade ''An Sich'' (in sé), ''Für Sich'' (per sé), e ''An Sich und Für Sich'' (in sé e per sé) sarebbe stata divulgata come «tesi», «antitesi» e «sintesi» dal filosofo [[Heinrich Moritz Chalybäus]] (1796-1862), ''Historische Entwicklung der spekulativen Philosophie von Kant bis Hegel'', Dresden-Leipzig (1837), p. 367 della quarta edizione (1848).</ref> L'Assoluto non ne è all'origine ma alla fine, e scaturisce dalla mediazione dei due termini contrapposti.


In virtù di questo movimento triadico, l'[[Essere]] («[[tesi]]») non è più concepito come statico e autonomo ma, dovendo venir giustificato, trapassa nel [[divenire]], diventando non-essere («[[antitesi]]»): la contraddizione tra essere e non-essere viene però superata dal momento della «[[sintesi (filosofia)|sintesi]]», che è a sua volta la ''negazione della negazione'' (il divenire). Il non-essere, così, non è la negazione dell'Essere, ma paradossalmente un passaggio verso la sua affermazione.<ref>Hegel, ''Scienza della logica'' (1812).</ref>
In virtù di questo movimento triadico, l'[[Essere]] («[[tesi]]») non è più concepito come statico e autonomo ma, dovendo venir giustificato, trapassa nel [[divenire]], diventando non-essere («[[antitesi]]»): la contraddizione tra essere e non-essere viene però superata dal momento della «[[sintesi (filosofia)|sintesi]]», che è a sua volta la ''negazione della negazione'' (il divenire). Il non-essere, così, non è la negazione dell'Essere, ma paradossalmente un passaggio verso la sua affermazione.<ref>Hegel, ''Scienza della logica'' (1812).</ref>
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Diverso dall'[[esistenzialismo]] di Heidegger è quello di [[Jean-Paul Sartre]], filosofo di orientamento [[ateo]] e [[marxista]], la cui ''[[Critica della ragione dialettica]]'' segna la sua adesione [[comunismo]], pur non essendo allineata alla dottrina [[sovietica]]. Sartre riconosce all'uomo una [[libertà]] assoluta e incondizionata, che si esplica però in forma dialettica, la cui soggettività è cioè dipendente dall'oggettività socioambientale come suo "campo delle possibilità": una libertà così divenuta condizionata perché in rapporto a un ampio sottofondo di [[necessità]]. Con l'assunzione teorica del [[materialismo storico]] marxiano, è il regno del "pratico-inerte" (l'essenza della materia) a imporsi, a dominare, a determinare la necessità e ad imporla anche all'uomo.<ref>«Non è né nell'attività dell'organismo isolato e né nella successione dei fatti fisico-chimici che la necessità si manifesta: il regno della necessità è il dominio, reale, ma ancora astratto dalla storia, dove la materialità inorganica si chiude sulla molteplicità degli uomini e trasforma i produttori nei loro prodotti. La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della ''praxis'' in attività ''pratico-inerte'' diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata» (J.P. Sartre, ''Critique de la raison dialectique'', Parigi, Gallimard, 1960, pp. 375-376).</ref>
Diverso dall'[[esistenzialismo]] di Heidegger è quello di [[Jean-Paul Sartre]], filosofo di orientamento [[ateo]] e [[marxista]], la cui ''[[Critica della ragione dialettica]]'' segna la sua adesione [[comunismo]], pur non essendo allineata alla dottrina [[sovietica]]. Sartre riconosce all'uomo una [[libertà]] assoluta e incondizionata, che si esplica però in forma dialettica, la cui soggettività è cioè dipendente dall'oggettività socioambientale come suo "campo delle possibilità": una libertà così divenuta condizionata perché in rapporto a un ampio sottofondo di [[necessità]]. Con l'assunzione teorica del [[materialismo storico]] marxiano, è il regno del "pratico-inerte" (l'essenza della materia) a imporsi, a dominare, a determinare la necessità e ad imporla anche all'uomo.<ref>«Non è né nell'attività dell'organismo isolato e né nella successione dei fatti fisico-chimici che la necessità si manifesta: il regno della necessità è il dominio, reale, ma ancora astratto dalla storia, dove la materialità inorganica si chiude sulla molteplicità degli uomini e trasforma i produttori nei loro prodotti. La necessità, come limite nel seno della libertà, come evidenza accecante e come momento del rovesciamento della ''praxis'' in attività ''pratico-inerte'' diventa, dopo la caduta dell'uomo nella società seriale, la struttura stessa di tutti i processi di serialità, quindi la modalità della loro assenza nella presenza e di una evidenza svuotata» (J.P. Sartre, ''Critique de la raison dialectique'', Parigi, Gallimard, 1960, pp. 375-376).</ref>


Sartre accetta pienamente il pensiero di [[Marx]], ma non il [[materialismo dialettico]] di [[Engels]], che ha finito per risolversi in un [[determinismo]] a senso unico; prospettando l'evoluzione della natura e della storia verso un Fine, la dialettica marxista si è tramutata in un [[dogma]], un sapere acritico, un [[assoluto]] ''in ''.<ref>[[Dario Antiseri]], [[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia: fenomenologia, esistenzialismo, filosofia analitica e nuove teologie'', vol. 10, parte II, Bompiani, 2008.</ref> La realtà dell'uomo è invece quella di essere un ''per '', proiettato al di là di stesso, alla ricerca di un valore fondante che tuttavia non può trovare, essendo egli un Dio mancato.
Sartre accetta pienamente il pensiero di [[Marx]], ma non il [[materialismo dialettico]] di [[Engels]], che ha finito per risolversi in un [[determinismo]] a senso unico; prospettando l'evoluzione della natura e della storia verso un Fine, la dialettica marxista si è tramutata in un [[dogma]], un sapere acritico, un [[assoluto]] ''in ''.<ref>[[Dario Antiseri]], [[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia: fenomenologia, esistenzialismo, filosofia analitica e nuove teologie'', vol. 10, parte II, Bompiani, 2008.</ref> La realtà dell'uomo è invece quella di essere un ''per '', proiettato al di là di se stesso, alla ricerca di un valore fondante che tuttavia non può trovare, essendo egli un Dio mancato.


Recentemente, alcuni pensatori post-sartriani come Lucièn Sève, Jean-Marie Brohm, hanno rimesso in auge la dialettica ma in maniera filosofica nello stretto quadro dell'azione umana, la [[prassi]], rigettando la dialettica della natura positivista e l'esistenza di leggi scientifiche determinate naturalmente ed esistenti al di fuori dell'azione umana.<ref>Tra gli altri sono da citare [[John Scott Haldane|John S. Haldane]], [[Richard Lewontin]] e [[Stephen Jay Gould]], nell’ambito della biologia e dell’evoluzione, così come [[Bertell Ollman]] e Pascal Charbonnat in un quadro epistemologico: nel secondo dopoguerra del secolo XX questi scienziati (a cui vanno aggiunti [[Aleksandr Zinov'ev|Alexandre Zinoviev]] in Russia e [[Patrick Tort]] in Francia) riconoscerebbero apertamente la dialettica nei loro studi e come un oggetto degno di ricerca. L’obiezione sartriana contro la dialettica nelle scienze procederebbe dalla tradizione cartesiana (dell’opposizione tra ''res cogitans'' e ''res extensa'') che viene a riflettersi nella distinzione dei due ambiti sartriani dell’essere (per-sé e in-sé). La difficoltà allora s’incontrerebbe nella relazione tra di essi, che [[Cartesio|Descartes]] risolveva con la [[ghiandola pineale]], luogo di comunicazione e di unione del corpo e dell’anima; mentre Sartre fa in modo che la coscienza assuma il mondo secondo la sua propria finalità. Il problema sarebbe nel fatto che entrambi – coscienza e mondo – si basano in Descartes e Sartre su un materialismo meccanicistico secondo il quale il movimento deve essere introdotto nei fenomeni (naturali o di coscienza) dall’esterno. Questa è l’origine di un [[Teleologia|finalismo]] o di una [[teleologia]] che subordina e vincola le cause naturali a una finalità trascendente. Tuttavia, al contrario, la pratica scientifica attuale integra in termini di [[causalità naturale]] ogni spiegazione finalistica. In questo senso sarebbe indicativa la recente opera di [[Évariste Sanchez-Palencia]], (''Passeggiata dialettica tra le scienze,'' trad. it. di F. Contento, Milano, Unicopli, 2018), in cui viene sviluppata una visione dialettica nelle scienze in relazione con la teoria matematica dei [[Sistema dinamico|sistemi dinamici]].</ref>
Recentemente, alcuni pensatori post-sartriani come Lucièn Sève, Jean-Marie Brohm, hanno rimesso in auge la dialettica ma in maniera filosofica nello stretto quadro dell'azione umana, la [[prassi]], rigettando la dialettica della natura positivista e l'esistenza di leggi scientifiche determinate naturalmente ed esistenti al di fuori dell'azione umana.<ref>Tra gli altri sono da citare [[John Scott Haldane|John S. Haldane]], [[Richard Lewontin]] e [[Stephen Jay Gould]], nell’ambito della biologia e dell’evoluzione, così come [[Bertell Ollman]] e Pascal Charbonnat in un quadro epistemologico: nel secondo dopoguerra del secolo XX questi scienziati (a cui vanno aggiunti [[Aleksandr Zinov'ev|Alexandre Zinoviev]] in Russia e [[Patrick Tort]] in Francia) riconoscerebbero apertamente la dialettica nei loro studi e come un oggetto degno di ricerca. L’obiezione sartriana contro la dialettica nelle scienze procederebbe dalla tradizione cartesiana (dell’opposizione tra ''res cogitans'' e ''res extensa'') che viene a riflettersi nella distinzione dei due ambiti sartriani dell’essere (per-sé e in-sé). La difficoltà allora s’incontrerebbe nella relazione tra di essi, che [[Cartesio|Descartes]] risolveva con la [[ghiandola pineale]], luogo di comunicazione e di unione del corpo e dell’anima; mentre Sartre fa in modo che la coscienza assuma il mondo secondo la sua propria finalità. Il problema sarebbe nel fatto che entrambi – coscienza e mondo – si basano in Descartes e Sartre su un materialismo meccanicistico secondo il quale il movimento deve essere introdotto nei fenomeni (naturali o di coscienza) dall’esterno. Questa è l’origine di un [[Teleologia|finalismo]] o di una [[teleologia]] che subordina e vincola le cause naturali a una finalità trascendente. Tuttavia, al contrario, la pratica scientifica attuale integra in termini di [[causalità naturale]] ogni spiegazione finalistica. In questo senso sarebbe indicativa la recente opera di [[Évariste Sanchez-Palencia]], (''Passeggiata dialettica tra le scienze,'' trad. it. di F. Contento, Milano, Unicopli, 2018), in cui viene sviluppata una visione dialettica nelle scienze in relazione con la teoria matematica dei [[Sistema dinamico|sistemi dinamici]].</ref>
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