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Aldo Moro

politico e giurista italiano (1916-1978)

Aldo Moro (Maglie (LE), 23 settembre 1916 - Roma, 9 maggio 1978) è stato un importante statista italiano, uomo politico e presidente del partito della Democrazia Cristiana.

Venne rapito il 16 marzo 1978 ed ucciso il 9 maggio successivo da esponenti del gruppo terrorista delle Brigate Rosse.

Biografia

Moro è stato considerato un mediatore intelligente ed incredibilmente paziente, fine, particolarmente abile nella gestione e nel coordinamento politico delle cosiddette "correnti" all'interno del suo partito. Fu un convinto assertore della necessità di un centrosinistra, da raggiungersi in forma di coalizione.

La carriera

Conseguita la Maturità Classica al Liceo "Archita" di Taranto, si iscrisse presso l'Università di Bari alla Facoltà di Giurisprudenza, dove conseguì la laurea con una tesi su "La capacità giuridica penale".

Durante la successiva carriera accademica, fondò nel 1943 il periodico "La Rassegna". Nel 1945 diventò presidente del Movimento Laureati dell'Azione Cattolica e direttore della rivista "Studium". Insieme a Giulio Andreotti, aderì alla Federazione Universitaria Cattolici Italiani che successivamente sarebbe confluita nella Democrazia Cristiana.

Nel 1946 fu vice-presidente della Democrazia Cristiana e fu eletto all'Assemblea Costituente, ove entrò a far parte della Commissione che si occupò di redigere il testo costituzionale. Eletto deputato al parlamento nelle elezioni del 1948, fu nominato sottosegretario agli esteri nel gabinetto De Gasperi.

Divenne professore ordinario di diritto penale presso l'Università di Bari e nel 1953 fu rieletto alla Camera, ove fu presidente del gruppo parlamentare democristiano. Nel 1955 fu ministro di Grazia e Giustizia nel governo Segni e l'anno dopo risultò tra i primi eletti nel consiglio nazionale del partito durante il VI congresso nazionale del partito.

Ministro della Pubblica Istruzione nei due anni successivi (governi Zoli e Fanfani), introdusse lo studio dell'educazione civica nelle scuole. Nel 1959 ebbe affidata la segreteria del partito durante il VII congresso nazionale. Nel 1963 ottenne il trasferimento all'Università di Roma, in qualità di titolare della cattedra di Istituzioni di Diritto e Procedura penale presso la Facoltà di Scienze Politiche.

Fino al 1968 ricoprì la carica di Presidente del Consiglio alla guida di ministeri di coalizione con il Partito Socialista Italiano, insieme agli alleati tradizionali della DC, fra i quali i socialdemocratici ed i repubblicani.

Dal 1970 al 1974, assunse l'incarico di ministro degli Esteri, per divenire nuovamente presidente del consiglio fino al 1976. Nel 1975 il Governo Moro-Rumor conclude il Trattato di Osimo, con cui fu ceduta definitivamente alla Yugoslavia la Zona B dell'Istria.

Nel 1976 fu eletto Presidente del consiglio nazionale del partito.

Il "Compromesso storico"

Durante gli anni '70, fu uno dei leader politici che maggiormente prestarono attenzione al progetto berlingueriano del cosiddetto Compromesso storico.

Il leader del Partito Comunista Italiano aveva infatti proposto una innovativa solidarietà politica fra i Comunisti, Socialisti e Cattolici, in un momento di profonda crisi economica, sociale e politica in Italia.

Moro, allora presidente della Democrazia Cristiana fu l'esponente politico più importante e prestigioso fra coloro che erano riusciti ad individuare una strada percorribile per un governo di "solidarietà nazionale".

Il rapimento e l'uccisione

A Roma, Alle 9,15 del 16 marzo 1978, il giorno in cui il governo appena nominato a guida di Giulio Andreotti sarebbe dovuto andare davanti al Parlamento per ottenere la "fiducia" (approvazione parlamentare), l'auto che trasportava Moro dalla sua casa alla Camera dei Deputati fu intercettata in via Mario Fani da un "gruppo di fuoco" (commando) delle Brigate Rosse, organizzazione terroristica di sinistra, che dopo un breve ma feroce conflitto a fuoco massacrò i due carabinieri a bordo dell’auto di Moro (Domenico Ricci e Oreste Leonardi) e i tre poliziotti dell'auto di scorta (Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi) e sequestrò il politico. Moro viene caricato a forza su una Fiat 132 blu. Il rapimento fu rivendicato con il primo dei nove comunicati che le Brigate Rosse inviarono durante i 55 giorni del sequestro.

Il 9 maggio dello stesso anno, dopo 55 giorni di detenzione, al termine di un presunto processo del popolo, sarebbe stato assassinato per mano di Mario Moretti. il cadavere di Moro è ritrovato il 9 maggio in una Renault rossa in Via Caetani, in pieno centro di Roma

Si è sostenuto che non tutto il vertice brigatista fosse concorde con il verdetto di condanna a morte. La brigatista Adriana Faranda citò una riunione notturna tenutasi a Milano e di poco precedente l'uccisione di Moro, ove ella ed altri terroristi (Prospero Gallinari e - forse - Franco Bonisoli) dissentirono, tanto che la decisione finale sarebbe stata messa ai voti.

Lettere dalla prigionia

Durante il periodo della sua detenzione, Moro scrisse 86 lettere ai principali esponenti della Democrazia Cristiana, alla famiglia ed all'allora Papa Paolo VI (che avrebbe poi celebrato personalmente la solenne messa funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano). Alcune arrivarono a destinazione, altre non furono mai recapitate e vennero ritrovate in seguito nel covo di via Montenevoso. Attraverso le lettere Moro cerca di aprire una trattativa con i colleghi di partito e con le massime cariche dello Stato.

È stato ipotizzato che in queste lettere Moro abbia inviato messaggi criptici alla sua famiglia ed ai suoi colleghi di partito.

Dubbi sono stati avanzati circa la completa pubblicazione di queste lettere; il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa (successivamente ucciso dalla mafia) trovò copie di alcune lettere ancora non note in una casa che i terroristi utilizzavano a Milano (il c.d. covo di via Montenevoso) e, per qualche altrettanto ignoto motivo, questo recupero non fu conosciuto fino a molti anni dopo.

I comunicati e la trattativa

Durante i 55 giorni del sequestro Moro le Brigate rosse recapitano nove comunicati con i quali, assieme alla Risoluzione della Direzione Strategica (cioè il massimo organo della formazione armata) spiegano i motivi del sequestro. Sono documenti lunghi, a volte quasi illeggibili. Nel comunicato numero 3 si legge: L'interrogatorio, sui contenuti del quale abbiamo già detto, prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee controrivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attuando; delineano con chiarezza i contorni e il corpo del "nuovo" regime che, nella ristrutturazione dello Stato Imperialista delle Multinazionali si sta instaurando nel nostro paese e che ha come perno la Democrazia Cristiana. E ancora: Moro è anche consapevole di non essere il solo, di essere, appunto, il più alto esponente del regime; chiama quindi gli altri gerarchi a dividere con lui le responsabilità, e rivolge agli stessi un appello che suona come un'esplicita chiamata di "correità".

Le Brigate Rosse proposero di scambiare la vita di Moro con la libertà di alcuni terroristi imprigionati ("Fronte delle carceri"). Accettarono persino di scambiare Moro con un solo brigatista incarcerato, anche se non di spicco, pur di poter trattare alla pari con lo Stato.

Intanto un riconoscimento lo ebbero da papa Paolo VI, che (amico personale di Moro) rivolse un drammatico appello pubblico col quale supplicava "in ginocchio" gli "uomini delle Brigate Rosse" di rendere Moro alla sua famiglia ed ai suoi affetti.

La politica si divise in due fazioni: il c.d. "fronte della fermezza", che rifiutava qualunque ipotesi di trattativa, ed il c.d. "fronte possibilista" (che comprendeva anche Bettino Craxi), per il quale un eventuale avvicinamento analitico all'ipotesi di trattativa non avrebbe svilito la dignità dello Stato.

Prevalse il primo, anche in considerazione del gravissimo rischio di ordine pubblico e di coesione sociale che si sarebbe corso presso la popolazione e, in particolare, presso le forze dell'ordine, che in quegli anni avevano pagato un tributo di sangue già insostenibile a causa dei terroristi.

L'epilogo anticipò comunque una presa di posizione definitiva dei governanti.

 
Aldo Moro prigioniero delle Brigate Rosse

Durante la detenzione, si è detto poi, pare probabile che molti sapessero dove Moro fosse imprigionato (si parlò dell'appartamento di Roma in via Gradoli usato da Mario Moretti e Barbara Balzerani).

Perfino Romano Prodi (ex presidente della Commissione Europea) ebbe un ruolo mai del tutto chiarito nel reperimento delle indicazioni su un possibile luogo di detenzione e resta tuttora alquanto oscura la vicenda della sua presunta seduta spiritica con il famoso "pendolino", da cui sarebbe scaturito il nome di "Gradoli", che coincideva con il nome della strada in cui si trovava la prigione dello statista, ma che fu equivocato con l'omonima città sul Lago di Bolsena.

Pare che in alcune fasi della detenzione, Moro sia stato anche nella prigione del popolo di via Montalcini.

L'uccisione

Dal comunicato numero 9: Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perché venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della DC. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato.

Il corpo di Moro fu ritrovato il 9 maggio nel cofano di una Renault 4 rossa a Roma, in via Caetani, emblematicamente a metà strada e a poca distanza da Piazza del Gesù (dov'era la sede nazionale della Democrazia Cristiana) e via delle Botteghe Oscure (dove era la sede nazionale del Partito Comunista Italiano), come un'ultima simbolica sfida alle forze di polizia ed alle istituzioni, che mantenevano tutta la nazione, e Roma in particolare, sotto una sorveglianza rigorosa e severa.

Per segnare il decennale della morte di Moro, nell'aprile del 1988, quando già sembrava ormai sconfitto il partito armato, le Brigate Rosse colpirono ancora, uccidendo, nella sua casa di Forlì il senatore democristiano Roberto Ruffilli, consigliere di Ciriaco De Mita sul tema delle riforme istituzionali.

Le ipotesi, le indagini e i processi

La strage, il sequestro, la detenzione, i coinvolgimenti e le manovre intorno alle cause ed ai metodi della sua eliminazione, ancora non sono chiaramente identificabili in tutti i loro dettagli, malgrado parecchi processi e numerose indagini separate, condotte sia all'interno del paese che a livello internazionale.

Anche, ad esempio, le indagini esperite per verificare eventuali contatti e collegamenti con l'omologa organizzazione tedesca RAF (Rote Armee Fraktion), che non molto tempo prima aveva realizzato un'azione analoga e dalle inquietanti similitudini (sequestro dell'industriale tedesco Schleyer e massacro della sua scorta), non ebbero seguito, e nemmeno si sa se furono concluse, in un senso o nell'altro.

La morte di Moro è stata oggetto di diverse speculazioni e teorie.

La stampa ad esempio ipotizzò, a sèguito delle interviste ad alcuni brigatisti catturati, che le Br avessero puntato su Moro ritenendo che l'obiettivo suppostamente prescelto dai terroristi (Andreotti) risultasse troppo protetto. Lo stesso Andreotti però smentì la fondatezza dell'assunto, pubblicamente raccontando che ogni mattina abitudinariamente si recava di buon'ora, a piedi e del tutto solo, a messa in una chiesa vicina alla sua abitazione; come obiettivo, affermò, era anche eccessivamente facile.

P2, CIA, altri sospetti

Qualcuno ha ipotizzato che nell'omicidio di Moro possa essere stata in qualche modo implicata la loggia massonica coperta P2 di Licio Gelli, o anche che le Brigate Rosse possano essere state infiltrate dall'intelligence degli Stati Uniti (CIA) o dall'Organizzazione Gladio, la rete clandestina della NATO destinata a contrastare l'influenza sovietica nei paesi dell'Europa Occidentale. Secondo queste teorie, Mario Moretti sarebbe stato “eterodiretto” durante il sequestro.

Molta di questa teoria si basa sull'ipotesi che il lavoro duro che Moro aveva prodotto per ammettere i membri del Partito Comunista Italiano in un governo di coalizione, stava profondamente disturbando quegli interessi (la c.d. Pax Americana); questo, secondo alcuni osservatori, avrebbe considerato che quanto accaduto a Moro poteva risultare vantaggioso per gli Stati Uniti.

Si disse anche che Moro tenesse i contatti tra Enrico Berlinguer, segretario del PCI e Giorgio Almirante, segretario dell' MSI, i partiti di sinistra e di destra cui si ispiravano i contrapposti schieramenti terroristi delle BR e dei NAR. Lo scopo sarebbe stato quello - secondi questa ipotesi - di "raffreddare la tensione delle rispettive frange estremiste", l'esatto opposto di quanto volevano gli strateghi della tensione. Di certo, tra Berlinguer ed Almirante ci furono contatti personali e stima (come dimostrato dalla presenza di Almirante ai funerali di Berlinguer nel 1984, presenza ricambiata da Alessandro Natta ai funerali di Almirante nel 1988).

Falso comunismo e falsi comunicati

Alcuni ritengono che le Brigate Rosse siano state efficacemente strumentalizzate da alcuni poteri nascosti (secondo alcuni le loro azioni dimostrerebbero che effettivamente non hanno realmente combattuto per la pretesa causa comunista), ma nessuna prova concreta di questa ipotesi è stata mai trovata.

Altri invece affermano che almeno alcune azioni terroristiche delle Brigate Rosse erano state richieste dal KGB, il servizio segreto russo. Tra questi il senatore Paolo Guzzanti , giunto a questa conclusione dopo aver presieduto per 2 anni la Commissione parlamentare d'inchiesta sul dossier Mitrokhin(si veda l'articolo "Sì, le BR erano manovrate dal KGB" su Panorama del 20 dicembre 2005). Con riferimento al caso Moro, nel Dossier si parla di Giorgio Conforto un agente del KGB, nella cui casa di Roma nel 1979 la polizia rinvenì (assieme a due terroristi latitanti) la mitraglietta usata per assassinare Moro .

Altro fatto di nebuloso sviluppo fu il falso comunicato n. 7 delle BR in cui si annunciava la morte dello statista e la sua sepoltura presso il Lago della Duchessa, nel reatino. In esso sarebbe stato coinvolto un falsario romano Antonio Chichiarelli, legato alla Banda della Magliana, ucciso qualche anno dopo in circostanze misteriose.

Pare, infine, che nelle tasche della giacca dello statista ucciso siano stati ritrovati gettoni telefonici, il che risulterebbe incomprensibile, visto che tali gettoni venivano di norma dati dai brigatisti ai rapiti che decidevano di liberare (perché potessero telefonare e farsi riportare a casa).

Le analisi

L"affaire" Moro segnò profondamente la storia italiana del dopoguerra, e alcuni politologi si spingono ad affermare che la cosiddetta Prima Repubblica sia morta il 9 maggio di quel tragico 1978, e non qualche anno più tardi con Tangentopoli.

Di certo, conclusasi la vicenda umana e ristabilita una certa ordinarietà della vita politica, di lì a poco naufragò definitivamente l'ipotesi del compromesso storico e dei "governi di solidarietà nazionale", con ciò dissolvendosi l'antico anelito del PCI di pervenire al governo centrale.

Nel giugno 1976, la Dc è al 38 per cento, seguita a breve distanza dal Pci di Berlinguer al 34,4. Moro è il probabile candidato alla presidenza della Repubblica da dove sembra chiaro favorirà l’alleanza tra Pci e Dc. Con il suo assassinio, si chiude definitivamente la stagione del compromesso storico. Il 16 marzo il governo Andreotti ottiene la fiducia: votano contro soltanto liberali, missini e demoproletari. L'esecutivo è un monocolore Dc che si regge grazie all’astensione dei comunisti (il cosiddetto governo della “non sfiducia”). Le elezioni anticipate del giugno 1979 vedranno una tenuta della Dc e un sensibile calo del Pci.

La figura di Moro fu in seguito appannata dalle risultanze di alcune indagini circa malversazioni riguardanti importanti società petrolifere. Uno dei principali collaboratori di Moro, Sereno Freato, fu pesantemente coinvolto in ciò che sarebbe stato poi chiamato lo "scandalo dei petroli", che portò addirittura all'arresto dell'allora comandante generale della Guardia di Finanza (in armi), ed in contestazioni minori circa appalti di ditte di trasporti e costruttori pugliesi.

Film su Aldo Moro

Bibliografia

Collegamenti esterni

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