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Giovanni Esposito (militare)

Giovanni Esposito (Loreto Aprutino, 18 maggio 1882Roma, 3 giugno 1958) è stato un generale italiano, che come tenente degli alpini, fu decorato con Medaglia d'oro al valor militare a vivente nel corso della guerra italo-turca. Prese parte alla prima guerra mondiale venendo decorato di tre Medaglie di bronzo, della Croce di guerra al valor militare e della Croce al merito di guerra. All'atto dell'entrata in guerra del Regno d'Italia, avvenuta il 10 giugno 1940, comandava la 57ª Divisione fanteria "Lombardia" di stanza a Pola. Il 14 gennaio 1941, in sostituzione del generale Amedeo De Cia, fu nominato comandante della 5ª Divisione alpina "Pusteria", allora impegnata nella campagna di Grecia, al termine della quale gli fu concessa la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. Trasferito in Pljevlja, Montenegro alla testa della sua unità partecipò alle sanguinose repressioni dopo la Battaglia di Pljevlja nel dicembre 1941, e all'Operazione Trio scatenata dai comandi italo-tedeschi nell'aprile 1942. Rientrato in Patria decorato di una medaglia d'argento al valor militare, fu posto in posizione di riserva il 18 maggio successivo, ma ricopri poi l'incarico di Ispettore delle Truppe Alpine, e nel maggio 1943, gli fu assegnato il Comando della Difesa Territoriale di Trieste. Dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943, nel tentativo di proteggere la popolazione italiana, aderì alla Repubblica Sociale Italiana, divenendo comandante regionale dell'Esercito Nazionale Repubblicano. Al termine della guerra, accusato di collaborazionismo con il nemico fu arrestato, carcerato, processato, e condannato a 30 anni di carcere. Trasferito in Italia su decisione del Governo Militare Alleato, fu rinchiuso nel carcere di Civitavecchia, e nel dicembre 1948 la Corte di cassazione gli ridusse la pena, portandola a 15 anni di carcere. Scarcerato nel 1949 usufruendo dell'amnistia varata il 7 febbraio 1948 dal governo, su proposta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti, si ritirò a vita privata, venendo reintegrato nel rango nel 1956.

Giovanni Esposito
Il Generale Esposito quando, col grado di colonnello, comandava il presidio di Zara
NascitaLoreto Aprutino, 18 maggio 1882
MorteRoma, 3 giugno 1958
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Repubblica Sociale Italiana (bandiera) Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio Esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
CorpoAlpini
GradoGenerale di divisione
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna di Grecia
BattaglieBattaglia di Caporetto
Battaglia di Pljevlja
Operazione Trio
Comandante di8º Reggimento alpini
5ª Divisione alpina "Pusteria"
Decorazionivedi qui
Studi militariRegia Accademia Militare di Modena
Pubblicazionivedi qui
dati tratti da I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro[1]
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Biografia

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Nacque a Loreto Aprutino il 18 maggio 1882, figlio di Giovanni Esposito di Zopito e di Apollonia Acerbo.[1] Arruolatosi nel Regio Esercito in qualità di Allievo sergente[2] assegnato al 36º Reggimento fanteria scalò tutta la gerarchia dei gradi di truppa.[1] Arrivato tra i primi classificati nel concorso di ammissione alla Regia Accademia Militare di Modena il 31 ottobre 1904,[1] fu nominato sottotenente il 14 settembre 1906, assegnato a prestare servizio presso il 5º Reggimento alpini,[1] dove conseguì la promozione a tenente nel settembre 1909.[1]

Dopo lo scoppio della guerra italo-turca, il 16 dicembre 1911 sbarcò a Derna in forza al Battaglione alpini "Edolo", prestando servizio presso gli avamposti posti a difesa della piazzaforte.[2] Nel corso del combattimento avvenuto il 27 dicembre, mentre marciava per rientrare nelle ridotte, tornò da solo indietro per portare in salvo un alpino rimasto ferito che stava per essere catturato dal nemico.[2] Nel corso del combattimento avvenuto il 3 marzo 1912 nei pressi della Ridotta "Lombardia", il suo battaglione sostenne l'urto di imponenti forze turco-arabe.[2] Distintosi particolarmente durante questa azione, fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare a vivente. Al termine del periodo di convalescenza, nell'ottobre 1913 iniziò a frequentare la Scuola di guerra dell'esercito,[3] venendo poi promosso capitano ed assegnato al 2º Reggimento alpini.[2]

Dopo l'entrata in guerra[3] del Regno d'Italia, avvenuta il 24 maggio 1915, si distinse con il suo reggimento sulla Croda Rossa[non chiaro], venendo decorato con una prima Medaglia di bronzo al valor militare nel mese di luglio dello stesso anno, e il 12 ottobre successivo,[2] nel corso di un intenso bombardamento mantenne un tale contegno da essere decorato con una seconda Medaglia di bronzo al valor militare.[2] Promosso maggiore[3] divenne Addetto al comando della 31ª Divisione, e nel corso del 1917 si distinse sul fronte dell'Isonzo, venendo decorato con terza Medaglia di bronzo al valor militare[3] per un'azione[N 1] compiuta nel corso della ritirata seguita alla disfatta di Caporetto.[3] Sul fronte del Piave fu decorato con una Croce di guerra al valor militare.[3]

Dopo la fine del conflitto entrò nel Corpo di Stato Maggiore, e promosso colonnello assunse il comando del 56º Reggimento fanteria, passando successivamente[N 2] a quello dell'8º Reggimento alpini schierato sulla Frontiera Orientale, e infine, da gennaio a settembre 1936, del presidio di Zara.

A Udine, il 7 giugno 1936, presso la caserma "Di Prampero" dell'8º Reggimento alpini inaugurò il monumento ai Caduti del Reggimento, un'opera da concepita e realizzata con la collaborazione del tenente colonnello Giacomo Lombardi e dello scultore Giuseppe Pizzoni.[4]

Dal 1937, promosso generale di brigata per meriti eccezionali, assunse il comando della Divisione "Vespri", e nel 1939 passò a quello della neo costituita 57ª Divisione fanteria "Lombardia" di stanza a Pola. Il 14 gennaio 1941[5] fu nominato comandante, in sostituzione del generale Amedeo De Cia, della 5ª Divisione alpina "Pusteria",[3] impegnata nella campagna di Grecia.[3] Il duro inverno passato sul Tomori, i sanguinosi combattimenti della Spadarit e di Selami, l'avanzata in territorio greco verso Koniza attraverso la zona montana greco-albanese, gli valsero la concessione della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia.[3]

Nel luglio 1941 la Divisione "Pusteria" viene schierata in Montenegro[4] (Sangiaccato) partecipando alla repressione della rivolta comunista scoppiata all'alba del 14 dello stesso mese.[4] Organizzata dal futuro Maresciallo Tito,[6] l'azione portò alla capitolazione di numerosi presidi italiani, e causò gravi perdite in particolare tra i reparti della 18ª Divisione fanteria "Messina"[N 3]

La sua divisione entrò in azione il 16 luglio,[4] insieme ad altri reparti formati soprattutto da Camicie Nere, attaccando la roccaforte comunista del Linbotin.[4] La repressione fu condotta con metodi brutali, ma portò alla rapida capitolazione dei ribelli. Le colonne degli Alpini e degli altri reparti italiani[N 4] operarono senza sosta tra il Mare Adriatico e il lago di Scutari, e in pochi giorni presidi vennero liberati, le strade rese sicure. Inoltre tra il 1 e il 2 dicembre 1941 un attacco diretto di 12.000 partigiani al comando di Arso Jovanović contro la città di Pljevlja, che venne difesa accanitamente dagli alpini italiani,[7] si concluse con una sconfitta, e pesanti perdite, per i partigiani, circa 3.000 morti.[4]

Nell'aprile 1942, per contrastare efficacemente i nuovi, durissimi, attacchi portati dai partigiani jugoslavi, il Comando della 2ª Armata italiana prese accordi con il Comando tedesco in Jugoslavia per effettuare azioni di "polizia" (Operazione Trio) in Bosnia.[8] La sua divisione partecipò a duri combattimenti, impegnata nel contrastare con tutti i mezzi una guerriglia operante al di fuori da ogni regola di combattimento, e che agiva sulla Drina a Foča, non riuscendo per poco a catturare lo stesso Tito.[4] Rientrato in Patria alla testa della sua unità, decorato di una Medaglia d'argento al valor militare, fu posto in posizione di riserva il 18 maggio 1942, ma ricopri poi l'incarico di Ispettore delle Truppe Alpine[3] a Roma.[4] Nel maggio 1943, con il precipitare della situazione bellica italiana, gli fu assegnato il Comando della Difesa Territoriale di Trieste, ricoprendo tale incarico dal luglio 1943 al maggio 1945.[4]

Dopo la proclamazione dell'armistizio dell'8 settembre 1943[9] disponeva[N 5] a difesa della Venezia-Giulia del XXIII Corpo d'armata del generale Alberto Ferrero, che rifiutò di combattere contro i tedeschi, arrivando a dichiarare la città di Trieste indifendibile.[9] Ferrero trasferì il suo comando a Cervignano, lasciandogli il comando della città, ormai in piena fase di occupazione da parte delle truppe tedesche.[9] Alle ore 18:00 del 10 settembre fu firmato il trapasso dei poteri civili e militari alla Operationszone Adriatisches Küstenland tedesca, e poté lasciare il suo comando, che aveva sede a Villa Necker.[9] Cercando in tutti i modi di salvaguardare la popolazione italiana, preservando nel contempo l'onore dell'esercito, aderì formalmente alla Repubblica Sociale Italiana, e nominato comandante[N 6] regionale dell'Esercito Nazionale Repubblicano[10] dovette inviare truppe a collaborare con quelle tedesche nella repressione delle Bande Slave operanti sul Carso.[4]

Dopo la fine del conflitto e l'occupazione di Trieste da parte dei titini e dagli anglo-americani, fu subito messo in carcere, subendo il primo interrogatorio da parte del Comando di Polizia Alleata il 14 giugno 1945.[4] All'inizio dell'anno successivo fu portato a conoscenza dei capi d'imputazione rivoltigli, venendo apertamente accusato di collaborazionismo con il nemico. Il processo si svolse tra l'aprile e il maggio 1946,e dopo 8 sedute fu condannato a 30 anni di prigione.[4] A causa della mutata situazione politica il Governo Militare Alleato decise di trasferire tutti i detenuti politici in Italia, presso il Tribunale Supremo Militare di Roma. Rinchiuso nel carcere di Civitavecchia, nel dicembre 1948 la Corte di cassazione dimezzò la pena, portandola a 15 anni di carcere.[4] Scarcerato nel gennaio 1949 usufruendo dell'aminstia[N 7] varata il 7 febbraio 1948 dal governo, su proposta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giulio Andreotti, si ritirò a vita privata. Reintegrato nel grado nel 1956, si spense a Roma il 3 giugno 1958.[3]

Onorificenze

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«Comandante di Divisione Alpina, fortemente impegnato, con l'esempio del personale valore, rendeva saldissima la difesa nei punti più minacciati e trascinava con ardimento e foga impetuosa le colonne d'attacco. Campagna italo-greca: Tamari, Osnu, Erseke, gennaio-aprile 1941-XIX
— Bollettino Ufficiale 1941, pag.9054.
«All'estrema sinistra della compagnia si slanciò per primo all'assalto con grande ardimento, conducendo coraggiosamente alla baionetta il suo reparto nella torretta occupata dal nemico. Si distinse anche per fermo e valoroso contegno nella giornata del 27 dicembre 1911. Nel combattimento del 3 marzo 1912, benché colpito da un proiettile nemico che gli attraversava la coscia, continuò a combattere, finché cadde colpito nuovamente all'addome. Derna (Libia), 27 dicembre 1911; 11 e 12 febbraio e 3 marzo 1912
— Regio Decreto 22 marzo 1913[11]
«In aspra fase operativa contro forti ed agguerrite formazioni ribelli, svolta in ambiente estremamente ostile ed insidioso, guidava con grande perizia i reparti della propria divisione alpina, trascinandoli anche con l'esempio del suo indomito coraggio personale. Contribuiva così, in maniera determinante, al felice esito delle operazioni mercé le quali, vinte e rastrellate le numerose resistenze, era assicurato il saldo possesso di una regione di vitale importanza. Bosnia orientale (Jugoslavia), aprile-maggio 1942
«Durante un violento bombardamento nemico, diede prova di grande calma ed energia nel disporre le truppe per il combattimento. La sua fermezza d'animo fu esempio ai suoi dipendenti. Cima Cuestalta, 12 ottobre 1915
«Preparò e condusse a buon esito, con sagacia e tenacia singolari, l'operazione difficile dell'occupazione di un'importante posizione, strappandola al nemico e rafforzandola in modo da rendere vani i reiterati tentativi dell'avversario per rioccuparla. Punta Medatte, 30-31 luglio 1915
«Durante il ripiegamento delle nostre truppe, incaricato di recapitare ad un ufficiale del genio l'ordine per la distruzione dei ponti, si recava sul posto percorrendo zone intensamente battute e oltrepassando le estreme retroguardie. Con rapida ed opportuna ricognizione si accertava che tute le batterie da campagna si fossero ritirate e dava quindi l'ordine per il brillamento dei ponti. Assisteva alle operazioni preliminari, infondendo in tutti serena calma benché il nemico battesse i ponti con artiglierie di ogni calibro, e non si ritirava che dopo essersi accertato delle completa distruzione dei ponti stessi, assolvendo così con intelligenza e coraggio il mandato ricevuto. Gabrjie; Rubbia, 27-28 ottobre 1917
«Nella preparazione e nello svolgimento di importanti azioni, tanto durante la ritirata dell'ottobre 1917, quanto è più ancora nel 1918 sul Piave, diede al comando di cui era addetto, una collaborazione feconda e preziosa, contribuendo efficacemente a respingere il nemico ed al buon risultato dei compiti affidati alla 31ª Divisione. Carso-Piave, ottobre 1917-giugno 1918
— Regio Decreto 14 gennaio 1923[12]

Pubblicazioni

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  • Trieste e la sua Odissea, Superstampa, Roma, 1952.

Annotazioni

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  1. ^ Fu incaricato di portare ad un ufficiale del genio l'ordine di far saltare i ponti di Rubbia[non chiaro]. Dopo essersi assicurato che le batterie d'artiglieria da campagna fossero passate diede ordine di eseguire il brillamento. Nonostante l'intenso bombardamento nemico, non lasciò la sua postazione fino a che non si fu personalmente accertato dei danni ai ponti provocati dalle mine.
  2. ^ In data 2 febbraio 1930 risultava essere comandante dell'8º Reggimento alpini.
  3. ^ I cui reparti vennero quasi completamente distrutti.
  4. ^ Il governatore del Regno del Montenegro, generale Alessandro Pirzio Biroli, utilizzò ben quattro divisioni del Regio Esercito, oltre a reparti di Camicie Nere, irregolari albanesi e bande mussulmane.
  5. ^ In quanto Comandante della difesa territoriale era venuto a conoscenza della segretissima Memoria OP 44, emessa dalla Stato maggiore in previsione della proclamazione dell'armistizio.
  6. ^ Nel novembre 1943 emise un bando di richiamo in servizio obbligatorio per gli ufficiali e i soldati appartenenti al disciolto Regio Esercito, ma tale iniziativa fu bruscamente fermata dalle autorità tedesche, arrivando al punto che il Gauleiter Friedrich Rainer arrivò a convocarlo presso il suo comando sottoponendolo a una sorta di tribunale di guerra.
  7. ^ Da lui richiesta ...con vergogna e come se fossi un qualsiasi criminale, così scrisse nel suo libro di memorie Trieste e la sua Odissea, edito a Roma nel 1952.
  1. ^ a b c d e f Bianchi, Cattaneo 2011, p. 82.
  2. ^ a b c d e f g Bianchi 2012, p. 86.
  3. ^ a b c d e f g h i j k Bianchi, Cattaneo 2011, p. 83.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m Bianchi 2012, p. 87.
  5. ^ Jowett, Andrew 2000, p.8.
  6. ^ Jowett, Andrew 2000, p.12.
  7. ^ Scotti, Viazzi 1987, pp. 389-483.
  8. ^ Bambara 1988, pp. 149-140.
  9. ^ a b c d Roberto Spazzali, L'8 settembre 1943 a Trieste, in Il Piccolo, Trieste, 7 settembre 2013.
  10. ^ Jowett, Andrew 2001, p.9.
  11. ^ Bollettino Ufficiale 1913, pag.19.
  12. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n.41 del 18 febbraio 1924, pag.800.

Bibliografia

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  • Gino Bambara, La guerra di liberazione nazionale in Jugoslavia (1941-1943), Milano, Ugo Mursia Editore, 1988.
  • Andrea Bianchi e Mariolina Cattaneo, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Il Labaro, Associazione Nazionale Alpini, 2011, ISBN 978-88-902153-1-5.
  • Andrea Bianchi, I quaderni dell'Associazione Nazionale Alpini. Gli Ordini militari di Savoia e d'Italia, Associazione Nazionale Alpini, 2012, ISBN 978-88-902153-3-9.
  • Angelo Del Boca, Gli Italiani in Libia. Tripoli bel suol d'amore. 1860-1922, Bari, Laterza, 1986.
  • (EN) Philip S. Jowett e Stephen Andrew, The Italian Army Vol.1, Botley, Osprey Publishing Company., 2000, ISBN 1-78159-181-4.
  • (EN) Philip S. Jowett e Stephen Andrew, The Italian Army Vol.3, Botley, Osprey Publishing Company., 2001, ISBN 1-85532-866-6.
  • Giacomo Scotti e Luciano Viazzi, Le aquile delle montagne nere. Storia dell'occupazione e della guerra italiana in Montenegro (1941-1943), Milano, Ugo Mursia Editore, 1987, ISBN non esistente.
  • Giacomo Scotti e Luciano Viazzi, L'inutile vittoria. La tragica esperienza delle truppe italiane in Montenegro, Milano, Ugo Mursia Editore, 1989, ISBN 88-425-0002-X.

Pubblicazioni

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  • Roberto Spazzali, L'8 settembre 1943 a Trieste, in Il Piccolo, Trieste, 7 settembre 2013.

Collegamenti esterni

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