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Il segreto di Paul Ravenscar: Harmony History
Il segreto di Paul Ravenscar: Harmony History
Il segreto di Paul Ravenscar: Harmony History
E-book266 pagine4 ore

Il segreto di Paul Ravenscar: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Per Paul Ravenscar, Lucy dovrebbe essere soltanto Miss Dawlish, la promessa sposa del fratello. In realtà la giovane è il grande amore della sua vita, ma lui ha mantenuto segreto quel sentimento per non suscitare uno scandalo in famiglia. I sensi di colpa, però, continuano a tormentarlo, anche dopo la morte improvvisa di Mark, tanto che, per non cadere in tentazione, continua a trattare Lucy con grande freddezza benché sia chiaro che lei ricambia i suoi sentimenti. Ma l'amore, quello vero, è una forza a cui è impossibile resistere...
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2020
ISBN9788830518704
Il segreto di Paul Ravenscar: Harmony History
Autore

Anne Herries

Autrice inglese vincitrice di numerosi riconoscimenti letterari, ha iniziato a scrivere nel 1976 e ha ottenuto il suo primo successo appena tre anni dopo. Attualmente vive nel Cambridgeshire con il marito.

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    Anteprima del libro

    Il segreto di Paul Ravenscar - Anne Herries

    Immagine di copertina:

    Gian Luigi Coppola

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Drawn to Lord Ravenscar

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2014 Anne Herries

    Traduzione di Angela Medi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-870-4

    Prologo

    «Bene, Ravenscar» esordì il Duca di Wellington. «Mi dispiace che dobbiate lasciarci. Il vostro aiuto è stato prezioso, negli ultimi mesi. Tuttavia il vostro dovere è chiaro. Lord Ravenscar ha bisogno di voi e chiede che torniate a casa. Perciò, dovete andare.»

    «Devo rassegnare le dimissioni» dichiarò con rammarico il Capitano Paul Ravenscar, un uomo alto e atletico, dal portamento eretto. «I miei cugini hanno badato agli affari della proprietà da... dalla morte di mio fratello, ma adesso hanno altri doveri di cui occuparsi e non possono continuare all’infinito. E comunque, è compito mio assumermi la responsabilità della tenuta. Se mio padre morisse...» Vagò con lo sguardo per la stanza elegante, piccola ma disposta con gusto. Vi aveva passato molti mesi assieme al suo capo e gli sarebbero mancati il lavoro e la cameratesca compagnia dei colleghi ufficiali.

    «Siete il suo erede» gli fece notare Wellington. «Vi concedo il permesso di partire. Giuro che è stato più semplice sconfiggere Bonaparte sul campo di battaglia che preparare gli accordi di pace, ma adesso siamo quasi alla fine. Anch’io tornerò in Inghilterra molto presto.»

    «Sì, signore. Pensavo che fosse così... Posso solo ringraziarvi per avermi dato la possibilità di servirvi in un periodo in cui ero prossimo alla disperazione. Se non avessi potuto dedicarmi al lavoro...»

    «Non c’è bisogno che mi ringraziate, Ravenscar. Sono stato felice di avervi qui» lo interruppe Wellington bruscamente. «Andate, adesso. E ricordate che un uomo deve sempre compiere il proprio dovere verso la famiglia, come verso il suo paese.»

    Paul batté i tacchi, strinse la mano del duca e uscì dall’ufficio. C’erano state talmente tante controversie sui termini della pace e sulla sistemazione futura dell’Europa, che le mura di quella stanza ancora tremavano per la forza della collera del duca, ma come lui stesso aveva detto, finalmente la pace era stata siglata e tutti loro potevano tornare in Inghilterra.

    Mentre camminava in fretta, diretto al proprio alloggio, Paul era pensieroso. Con un po’ di fortuna, avrebbe impiegato due giorni per raggiungere Calais e altri due per arrivare a Ravenscar. Pregò di fare in tempo, perché suo cugino Hallam gli aveva scritto che il padre era seriamente ammalato. Il senso di colpa l’aveva devastato: sapeva che sarebbe dovuto restare a casa, per sollevare il padre dal fardello dell’amministrazione della proprietà. Anche se Adam e Hallam avevano fatto tutto il possibile, Paul era consapevole che per il genitore sarebbe stato meglio avere accanto, ad assisterlo, il suo unico figlio rimasto in vita.

    E invece era partito. La morte del fratello maggiore era stata un peso che lo aveva quasi soffocato.

    Mark era stato quello baciato dagli dei, l’eroe, il prescelto che avrebbe ereditato la proprietà e il titolo che invece, un giorno, sarebbero passati a lui. Lord Ravenscar aveva sempre favorito il figlio maggiore, ma Paul non poteva fargliene una colpa. Tutti avevano adorato Mark dall’istante in cui era nato. Era sempre stato il migliore, oscurando il fratello minore in tutto. Paul avrebbe potuto odiarlo ed esserne geloso, invece l’aveva adorato. Non aveva invidiato niente di ciò che Mark possedeva... fatta eccezione per Lucy Dawlish.

    Un’ondata di dolore lo fece boccheggiare. Non era riuscito a dimenticarla. Dio solo sapeva se nei mesi passati a Vienna con Wellington non avesse cercato di allontanarla dalla mente! Non aveva alcun diritto di pensare a lei. Lucy era appartenuta a Mark, sarebbe stata sua moglie se lui non fosse stato barbaramente ucciso. Lei lo amava... e per un certo periodo aveva sospettato Paul di averlo ucciso. Il ricordo di quello sguardo nei suoi occhi non lo aveva mai abbandonato e gravava come un’ombra scura sul suo cuore.

    Le ultime notizie che Paul aveva avuto di Lucy lo avevano informato che era tornata dall’Italia, dove la madre l’aveva condotta per farla riprendere dal suo dolore. Per tutti quei lunghi mesi aveva pensato che lei avrebbe trovato e sposato qualcuno, invece non era successo. Era chiaro che stava ancora soffrendo, incapace di dimenticare l’uomo che le era stato così crudelmente sottratto a poche settimane dal matrimonio.

    Sapeva di non avere il diritto di pensare a lei. Sarebbe stato impossibile sposare la giovane che suo fratello aveva amato e scelto per moglie... anche se Lucy gli avesse mai rivolto uno sguardo. Da bambini avevano litigato spesso, perché anche allora Lucy seguiva Mark come un cucciolo adorante. Soltanto una volta, a un ballo a Londra, poco prima di ritornare in campagna per preparare il matrimonio, per un istante Paul aveva creduto di piacerle e che Lucy potesse ricambiare il disperato sentimento d’amore che provava per lei. Si era sbagliato. Doveva essersi sbagliato, perché lei aveva avuto intenzione di procedere con il matrimonio... e poi era stata devastata dall’omicidio di Mark.

    Inutile lamentarsi. Paul non l’avrebbe mai sottratta a Mark, anche se lui fosse vissuto, e adesso era impossibile. Il ricordo del fidanzato sarebbe sempre rimasto racchiuso nel cuore di Lucy e lei non avrebbe mai guardato il suo insignificante fratello. Doveva togliersela dalla mente.

    Vienna era piena di belle donne, sufficienti per distrarlo, ma a parte qualche breve interludio con qualche signora sposata, Paul era rimasto indifferente al sesso femminile. Sapeva di aver suscitato un vivace interesse tra le giovani che avevano accompagnato i fratelli o i padri a Vienna. Non avendo dimostrato altro che cortesia nei loro confronti, era stato giudicato riservato, perfino freddo, ma questo non ne aveva diminuito l’interesse. Era l’erede della fortuna Ravenscar, attraente anche se non bello nel modo devastante del fratello, e una compagnia piacevole. Più di una gentildonna aveva tentato di catturarlo nella propria ragnatela, ma si era sempre comportato con impeccabile educazione, rimanendo distaccato, irraggiungibile. Trovava vagamente divertenti i tentativi di alcune giovani di comprometterlo ed era stato ben attento a non farsi cogliere da solo dietro una porta chiusa con nessuna di loro. Non desiderava essere sposato per le sue proprietà, anzi, non desiderava affatto avere una moglie. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto capitolare per assicurare la discendenza, ma per il momento non prendeva in considerazione l’idea.

    Mentre gridava all’attendente di impacchettare le sue cose, non riusciva a pensare ad altro che al padre. Se fosse vissuto abbastanza da dargli la propria benedizione e se lui avesse sopportato di vivere nella casa che doveva essere di suo fratello...

    1

    «È stato gentile da parte vostra venire a trovare un vecchio malandato.» Lord Ravenscar sorrise mentre la giovane sprimacciava i cuscini e gli metteva il bicchiere di acqua fredda più a portata di mano. «Il vostro grazioso volto è come un raggio di sole, Miss Dawlish, e i miei giorni sono stati grigi abbastanza a lungo.»

    «Avevo desiderio di venire a trovarvi» gli assicurò Lucy, «e la mamma ha detto che potevo, se c’era Jenny da voi. Ricorderete che la moglie di Adam è una mia buona amica, anche se non l’ho vista per molti mesi.»

    Un’espressione di pena guizzò negli occhi dell’anziano gentiluomo, perché il giorno in cui la moglie di suo nipote era arrivata per la prima volta a Ravenscar era lo stesso in cui il suo adorato figlio maggiore era stato assassinato. Il dolore era ancora troppo acuto perché fosse in grado di parlarne. «Siete stata a lungo in Italia, Miss Dawlish?»

    «Ci abbiamo passato un anno» replicò Lucy con un sorriso. La sua carnagione era leggermente colorita dal sole, perché la sua pelle aveva assunto una lieve sfumatura dorata che non era ancora svanita. I suoi capelli erano più chiari di quanto fossero in precedenza, di un delicato biondo che faceva apparire gli occhi più blu e la bocca di un tono delicato di rosa.

    La stanza odorava delle rose che lei aveva portato, ed era pulita e gradevole, perché Jenny e Adam erano venuti per assistere Lord Ravenscar nei suoi ultimi giorni e i domestici si occupavano di lui meglio che potevano.

    «Abbiamo visitato Parigi, sulla via del ritorno, ma papà si stava sentendo solo senza di noi e così siamo tornate a casa.»

    «Sì, non dubito che Lord Dawlish abbia sentito la vostra mancanza. È triste quando qualcuno che si ama è lontano...»

    C’era una tale pena nella sua voce che Lucy provò un moto di rabbia verso Paul Ravenscar. Perché aveva abbandonato suo padre in quel modo? Una lontananza di un paio di mesi, per venire a patti con il proprio dolore, sarebbe stata comprensibile, ma nessun figlio affezionato poteva restare lontano tanto a lungo, sapendo quel che stava passando il suo anziano genitore.

    Un tempo Lucy aveva pensato di essere innamorata di Paul. Già promessa a suo fratello, che era stato per anni il suo adorato eroe, d’improvviso, nel corso di un ballo, aveva compreso che avrebbe preferito sposare Paul. Stava ancora considerando se dirlo a Mark, quando lui era stato ucciso. Il trauma aveva sconvolto tutti loro, perché era incredibile che un uomo come lui potesse scomparire a causa del capriccio di un assassino.

    I sensi di colpa erano divampati dentro di lei e, per un istante, si era chiesta se fosse stato Paul a sparare a suo fratello in un attacco di gelosia, anche se non ci aveva mai veramente creduto. E più tardi, quando era stato catturato il vero colpevole, Lucy aveva sperato...

    Un piccolo sospiro le salì alle labbra, ma lo soffocò e sorrise a Lord Ravenscar. «Sono sicura che il capitano tornerà presto, milord. Hallam gli ha scritto per dirgli che non state bene.»

    «Non avrebbe dovuto farlo» protestò il gentiluomo. «Paul sta lavorando per il suo paese, è uno degli aiutanti di Wellington. Perché dovrebbe correre a casa solo a causa...» La sua voce si spezzò e lui scosse la testa. «Anche se devo ammettere che mi manca terribilmente. Penso di essere stato ingiusto con lui, Miss Dawlish. Non credo di avergli mai detto...» Chiuse gli occhi e una lacrima solitaria scivolò giù per la guancia. «Mark era il più grande e Paul... Paul stava nella sua ombra. Era ingiusto, Miss Dawlish... dannatamente ingiusto.»

    «Per favore, non agitatevi, milord» replicò Lucy, mentre un sentimento di pietà le stringeva il cuore. «Sono sicura che lo vedrete presto e allora potrete dirglielo voi stesso.» Si volse, mentre la porta si apriva per lasciar passare Jenny.

    La giovane portava un vassoio con diverse bottiglie, un bicchiere e una bibita calda. «Buongiorno, zio!» esclamò. «È l’ora della vostra medicina.»

    «Vi lascio con lei, ma ritornerò domani» disse Lucy.

    «Ringraziate vostra madre per la gelatina di vitello. Sono sicuro che la troverò molto tonificante.»

    «Cavalca con prudenza» le raccomandò Jenny. «È stato bello rivederti... e lo scialle di seta che mi hai portato dall’Italia è stupendo.»

    Lei chinò la testa e poi sorrise, prima di lasciare la stanza. Le due giovani avevano parlato e preso il tè insieme, prima che Lucy entrasse nella stanza di Lord Ravenscar. Vedere Jenny recitare la parte della padrona di casa le aveva fatto pensare che, se Mark fosse vissuto, sarebbe stata lei ad assistere il conte. Lo conosceva da tutta la vita: era come uno zio, un caro amico, e la feriva notare quanto fosse diventato fragile. Poteva solo pregare che restasse in vita quanto bastava per vedere di nuovo suo figlio.

    Una volta ancora si sentì in collera con Paul. Come poteva stare lontano, quando suo padre aveva bisogno di lui? Per quanto la riguardava, lo considerava riprovevole e non si sarebbe fatta scrupolo di dirglielo, non appena lo avesse visto di nuovo.

    «Come sta il caro Lord Ravenscar?» domandò Lady Dawlish, quando Lucy entrò in casa. «È riuscito a parlarti, tesoro?»

    «Sta peggiorando ed è molto debole, ma sta lottando, come ci si aspetterebbe da un uomo simile» rispose Lucy strappandosi i guanti da equitazione che provenivano dalle concerie di York. Appariva molto graziosa, con i capelli scomposti dal vento, e attorno al viso alcuni riccioli sfuggiti alla retina che usava quando cavalcava. «Sono così desolata per lui, mamma. Desidera disperatamente rivedere Paul e teme di non farcela.» Sospirò. «Perché è stato via così a lungo, quando sa che suo padre ha bisogno di lui? Sarebbe dovuto tornare mesi fa!»

    «Non essere troppo critica» l’ammonì la madre, accigliandosi. «Non conosci le circostanze. Il Duca di Wellington può aver avuto bisogno di lui...»

    «Il duca poteva trovare facilmente un altro assistente per organizzargli il lavoro o i balli» replicò Lucy, sprezzante. La linea della bocca era dura, in quel momento, perché nei mesi passati dalla morte di Mark aveva imparato a nascondere i suoi veri sentimenti e a mettere una corazza attorno al suo cuore. Aveva versato troppe lacrime, per sé e per il fidanzato perduto, e a volte aveva l’impressione che il suo cuore si fosse inaridito, anche se era stata sul punto di piangere, quando aveva visto in che stato fosse ridotto Lord Ravenscar. «Paul è un incosciente.»

    «No, mia cara, è ingeneroso da parte tua.» La madre era infastidita. «Sei sempre stata una giovane così amabile. Non intendo dire che sei cambiata per quanto riguarda me e tuo padre, ma sei troppo dura nei confronti di Paul. Hai dimenticato quanto la morte di Mark l’abbia devastato?» Lady Dawlish esitò, poi aggiunse: «Be’, è ovvio che anche tu hai sofferto molto, mia cara».

    «Sì, ma una parte della mia sofferenza era imputabile al senso di colpa, perché sai bene che non amavo Mark nel modo in cui avrebbe dovuto farlo una futura sposa. Era il mio eroe e il mio amico, mamma... ma non ne ero innamorata. Mi ha travolto con il suo entusiasmo, quando mi ha chiesto di sposarlo. Se lo avessi fatto, saremmo stati entrambi infelici, perché credo che neanche lui fosse innamorato di me. A volte avevo l’impressione che fosse sul punto di dirmi qualcosa, ma è stato ucciso prima di poterlo fare.»

    «Oh, Lucy carissima...» La madre appariva ancora più turbata. «Se questo è vero, perché sei ancora così angosciata da quanto è successo? Speravo che tu potessi incontrare qualcuno in Italia o a Parigi. Molti gentiluomini ti hanno dimostrato interesse, ma non li hai mai incoraggiati. Anche quell’affascinante conte che ti fece tanti complimenti. Sono sicura che ti avrebbe fatto una proposta, se avesse ricevuto un minimo di incoraggiamento.»

    «Non avrei voluto sposare nessuno di loro, mamma.»

    «Tuo padre e io ne stavamo parlando proprio l’altra sera. È preoccupato per te. Desidera vederti sposata e sapere che sei sistemata. A entrambi piacerebbe avere dei nipotini.»

    «Sì, lo so.» Lucy aveva la gola stretta. Girò la faccia di lato. «Devo essere una delusione per te, mamma. Ho cercato di farmi piacere il conte, e il Marchese de Sancerre era un uomo gradevole... ma non potevo sopportare l’idea di essere sua moglie. Tu e papà non vorreste che mi sposassi solo per farvi piacere, vero?»

    «No, certo che no» replicò Lady Dawlish. «Sono un po’ delusa, è vero, ma solo per te. E prego che trovi qualcuno che ti aiuti a lasciarti il passato dietro le spalle e a pensare a una nuova vita. Temo tu stia sprecando la tua gioventù.»

    «Se incontrerò qualcuno che mi farà sentire in quel modo, te lo dirò, mamma» promise Lucy. «Per il momento preferisco vivere con te e papà.»

    «Molto bene, non ti farò delle prediche. Sai meglio di chiunque altro cosa hai in mente, ma renderebbe tuo padre e me tanto felici vederti tornare com’eri. Ridevi sempre, parlavi talmente in fretta che riuscivo a malapena a seguirti. Adesso invece sembri così seria...»

    Lucy sorrise, ma non replicò altro. Salì nella propria stanza per cambiarsi d’abito e sistemarsi i capelli. Cogliendo la propria immagine nel grazioso specchio ovale, vide un volto troppo pallido sotto la leggera abbronzatura, che sarebbe svanita del tutto adesso che era tornata in Inghilterra. I suoi occhi sembravano più grandi, la bocca atteggiata a una linea dura. Era cambiata davvero tanto? Un tempo era stata sempre pronta al riso e a stuzzicare i suoi amici, ma aveva sofferto tanto e troppo a lungo.

    La turbava il fatto che il suo comportamento stesse preoccupando i genitori, ma non si era accorta che loro avessero notato i cambiamenti avvenuti in lei. Era diventata dura e insensibile? Non lo credeva affatto. L’unica persona verso cui provasse della collera era Paul Ravenscar.

    Era rimasto lontano troppo a lungo. Prima che lei partisse le aveva detto che sarebbe andato a trovarla in Italia. E invece, molto prima che lei e sua madre arrivassero a Roma, era andato a Vienna per raggiungere Wellington. In quei lunghi mesi non le aveva mai scritto, il che significava che non gli importava niente di lei.

    Il cuore di Lucy e il suo orgoglio erano stati feriti da quell’indifferenza. Se lui l’avesse amata, avrebbe di sicuro fatto lo sforzo di andarla a trovare. Anche pensando che fosse troppo presto per offrirle il matrimonio, avrebbe potuto comunque manifestarle i propri sentimenti, chiederle di aspettare il momento giusto. Invece l’aveva ignorata, con il risultato che adesso Lucy provava una grande rabbia nei suoi confronti.

    Perché l’aveva guardata in quel modo, quella lontana sera, al ballo? Perché le aveva sfiorato i capelli con le labbra? Perché, oh, perché aveva fatto nascere in lei quell’illusione, se non provava altro che indifferenza, nei suoi confronti? Era stata una sciocca a pensare a lui. Mark valeva dieci volte... e tuttavia non ne era davvero innamorata nel modo in cui una moglie avrebbe dovuto. Era davvero convinta che se si fossero sposati sarebbero stati entrambi infelici.

    Forse era incapace di amare qualcuno con tutto il cuore, si disse.

    Si passò la spazzola tra i capelli annodati, la gola stretta dall’angoscia. Se non era capace di innamorarsi, allora doveva cercare un uomo che potesse garantirle una vita tranquilla ed essere gentile con lei. Non era il genere di matrimonio nel quale aveva confidato, ma forse sarebbe stato meno penoso... Amare qualcuno significava soffrire, ecco la lezione che aveva imparato in quei lunghi mesi.

    Doveva sposarsi, solo così si sarebbe lasciata il passato alle spalle. Aveva sofferto abbastanza per Mark, e Paul non meritava le sue lacrime. Non avrebbe continuato a pensare a lui, rendendosi infelice. Avrebbe dimenticato i Ravenscar e sarebbe stata felice. In qualche modo, doveva farsi una nuova vita... e se un gentiluomo che le piaceva le avesse chiesto di sposarlo, l’avrebbe accettato.

    «Come sta?» domandò Paul al maggiordomo, mentre gli tendeva il cappello, i guanti e il frustino. I suoi occhi blu erano ansiosi, i capelli scuri arruffati, mentre ci passava nervosamente le dita. «Vi prego, ditemi che non è morto.»

    «Lord Ravenscar è molto debole» rispose l’altro con espressione triste. «Comunque, è sveglio, al momento, e sarà felice di vedervi, signore.»

    «Grazie, John. Andrò subito da lui.»

    «Mrs. Miller è con lui, capitano. Lei passa con Sua Signoria più tempo che può, ma ci sono stati anche altri visitatori. Miss Dawlish è venuta questa mattina ed è andata via poco meno di un’ora fa.»

    «Davvero? È stato molto gentile da parte sua» replicò Paul, rigido.

    Fece i gradini a due alla volta, senza neanche preoccuparsi di ripulirsi dalla polvere della strada. Bussò piano alla porta della camera e poi entrò. Il suo sguardo andò immediatamente al letto e ciò che vide gli mozzò il respiro. Suo padre era stato distrutto dal dolore, quando lui era partito, ma era ancora un uomo forte. In quel letto, invece, c’era un uomo dal volto scavato e l’aspetto fragile. Era evidente che non gli restava molto da vivere. Il senso di colpa infuriò nell’animo di Paul, serrandogli il petto. Era arrivato troppo tardi?

    «Padre...» incominciò, avanzando, la gola stretta per l’emozione. «Perdonatemi per non essere tornato prima.»

    «Paul, ragazzo mio.» La mano dell’uomo anziano tremò, nel tendersi verso di lui, e Paul l’afferrò tra le proprie.

    Jenny sorrise e si allontanò dal letto. «Vi lascerò soli» annunciò. «Resta

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