La promessa di Lord Calthorpe
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Info su questo ebook
Sylvia Andrew
Like every writer she has ever met, Sylvia Andrew is a great reader. Her preference in fiction is for thrillers and historical romances, though she is ready to read anything if desperate. However, one benefit of writing seriously is that she no longer haunts the library looking for something new to read — she is usually too busy plotting her own! Sylvia and her husband live in Maidenhead with two delightful pets, and visit their small house in Normandy whenever they can.
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Anteprima del libro
La promessa di Lord Calthorpe - Sylvia Andrew
successivo.
1
Giugno 1815
Dalla porta della sala da ballo della duchessa di Richmond, Adam Calthorpe osservava la scena. La duchessa aveva dato il meglio di sé per rendere memorabile la serata e, a quanto pareva, i suoi sforzi venivano premiati. Da quando il duca di Wellington, comandante supremo della coalizione, aveva stabilito il quartier generale a Bruxelles, il bel mondo di tutta Europa si dava convegno in città per divertirsi agli innumerevoli ricevimenti, concerti, picnic e feste da ballo. Adam si domandò per quanto tempo sarebbe durata quell'intensa attività mondana.
Si impose tuttavia di dimenticare, almeno per il momento, la preoccupazione nata dalle notizie giunte dal confine francese, poiché era un preciso compito suo e degli altri ufficiali comunicare fiducia e sicurezza. Guardò di nuovo la sala e sorrise. Tutto pareva uguale al solito. Tom Payne ballava con entusiasmo una danza popolare, mentre Ivo Trenchard fissava negli occhi la bella moglie di un diplomatico belga, come se per lui fosse l'unica donna al mondo; e lo era davvero, pensò Adam con ironia, almeno per la prossima mezz'ora. Tutti loro, in quanto rappresentanti del duca al ballo, erano, per così dire, in servizio e indossavano uniformi da cerimonia. Era una sera molto afosa; Adam si sentiva a disagio con l'alto colletto rigido, il plastron di seta nera e i galloni scarlatti e dorati, mentre Tom aveva il volto arrossato per l'esercizio fisico; Ivo, invece, sfoggiava la solita aria sicura e disinvolta nella splendida divisa da ussaro, anche se la giubba guarnita di pelliccia doveva essere insopportabilmente calda. Sotto gli occhi di Adam, offrì il braccio alla sua dama, la condusse oltre la grande porta finestra e sparì insieme a lei nel giardino.
«Lord Calthorpe!»
Adam si voltò. Una signora anziana, scintillante di diamanti, gli afferrò con ansia un gomito. Lui la salutò con un cortese baciamano e un sorriso rassicurante. «Vi posso essere d'aiuto, contessa Karnska?»
«Il duca non è venuto?»
«Non ancora, contessa, ma arriverà da un momento all'altro.»
«È vero quello che dicono, che Bonaparte ha attraversato il confine belga? Il duca lo sa? Ci conviene fuggire da Bruxelles finché possiamo?»
Maledicendo tra sé chi aveva carpito le ultime notizie e si era affrettato a diffondere il panico, Adam sorrise ancora e rispose: «Contessa, potete stare tranquilla, il duca è al corrente di tutto e la città non corre rischi».
«Belle parole, milord» intervenne il figlio della signora, giunto in quel momento. «Ma Bonaparte è un genio! E, da quanto ne so, il duca di Wellington non lo ha mai affrontato in battaglia. Come potete essere così sicuro?»
«Conte, Napoleone Bonaparte sarà pure un genio come dite voi, ma vi assicuro che il nostro comandante è alla sua altezza. Fareste meglio a dimenticare la guerra e a godervi la festa. Il duca ha la situazione in pugno. Posso portarvi del vino, contessa? Vi prometto che tra poco vedrete il duca in persona. Ha cenato tardi.»
Servito il vino ai due ospiti, Adam trovò un pretesto per allontanarsi. Conosceva il suo dovere, ma ne aveva abbastanza: ormai lo disgustava anche solo l'idea di rassicurare l'ennesimo aristocratico venuto a divertirsi a Bruxelles con il rischio di pentirsene ben presto. Durante l'ora appena trascorsa aveva sostenuto almeno una dozzina di conversazioni simili a quella, e ormai faticava a nascondere l'ansia che lo tormentava.
Notò che Ivo e la sua nuova conquista stavano tornando nella sala e decise di uscire a prendere una boccata d'aria. Ma anche in giardino, alle dieci di sera, la temperatura era soffocante. Adam si soffermò a guardare le coppie che volteggiavano nella sala attraverso le ampie vetrate. Era una scena splendida, dominata dal rosso e oro delle uniformi, e dai toni pastello dei sontuosi abiti delle signore. Le risate, però, erano più stridule e nervose del solito e un senso di angoscia trapelava dai volti.
Nonostante le parole rivolte alla contessa, Adam sapeva che la situazione era più allarmante di quanto si sospettasse. La notizia dell'improvvisa avanzata francese era giunta tardi nel quartier generale degli alleati e il duca non stava cenando: da ore era chiuso in biblioteca con i suoi più stretti collaboratori a studiare mappe e preparare nuovi ordini. Presto Adam e altri ufficiali sarebbero partiti al galoppo per consegnarli in tutti gli accampamenti militari del Belgio. Sembrava che Napoleone fosse riuscito a battere sul tempo il comandante supremo...
Stranamente, però, Adam non aveva dubbi: dopo sette anni al fianco del duca di Wellington, aveva un'assoluta fiducia nelle sue capacità. Ma la battaglia che si profilava sarebbe stata sanguinosa. Sospirò: era forse l'ultima che avrebbe combattuto. Godeva di un'ottima reputazione nell'esercito e, a soli trent'anni, era entrato a far parte dello stato maggiore del duca. Una volta finita la guerra, però, sarebbe dovuto tornare in Inghilterra. La ricca tenuta ereditata dallo zio rappresentava una fortuna inattesa, ma avrebbe richiesto un notevole impegno dato che veniva trascurata da tempo. Inoltre era il momento di iniziare a pensare al matrimonio.
Dopo dieci anni di battaglie e di bivacchi per tutta l'Europa, la vita civile gli sarebbe sembrata un po' strana. Quando si era arruolato, Adam era un giovane senza titolo e senza la prospettiva di un'eredità, poiché due robusti cugini si frapponevano tra lui e i vasti possedimenti della sua famiglia nei pressi di Bath. Ma un curioso gioco del destino aveva fatto sì che lui sopravvivesse a dieci anni di scontri sanguinosi, mentre i suoi cugini morivano uno in una rissa fuori da una taverna londinese e l'altro in un incidente di caccia. Senza averlo previsto, dunque, si era ritrovato con delle proprietà terriere e un sostanzioso patrimonio. L'avventura, il pericolo, l'ebbrezza della vittoria sarebbero terminati dopo quell'ultima battaglia.
Si voltò di nuovo verso il salone e sussultò notando una giovane coppia che veniva verso di lui. Erano belli a vedersi: la divisa blu delle Guardie Reali indossata dal ragazzo contrastava a meraviglia con l'abito bianco e i capelli d'oro della sua dama. Si fermarono sulla porta e il cuore di Adam mancò un battito.
Julia!
Che cosa ci faceva lì? Per un attimo non riuscì neppure a pensare, travolto dai ricordi
Rivide se stesso a vent'anni, appena uscito da Oxford e innamorato pazzo di Julia Redshaw. Si era spesso dato convegno con lei nel bosco che separava i terreni delle rispettive famiglie e la segretezza rendeva ancora più struggenti quegli incontri. Il loro rapporto era di una commovente innocenza. Un giorno, però, l'aveva baciata con l'ardore di un vero amante, e subito dopo si erano fissati negli occhi, meravigliati e smarriti, impreparati all'intensità di quella passione.
Con voce malferma, le aveva sussurrato: «Non avrei dovuto; perdonami, Julia».
Ma lei, con scintillanti occhi azzurri, aveva ribattuto: «Non osare pentirti, Adam Calthorpe! Come ci si può pentire di amarsi così...? Baciami ancora!».
Adam sorrise tra sé. A vent'anni era stato così serio, così idealista! Stupito della sua reazione, ricordava di averle risposto: «No... non ora. Non prima che tu mi prometta di sposarmi».
E lì era giunta la delusione. Julia aveva sbarrato gli occhi e domandato: «Sposarti? E perché mai?».
«Ma certo! Non è ciò che abbiamo sempre desiderato? Io mi sono innamorato di te fin dalla prima volta in cui ti ho vista. Forse tu non mi ami?»
«Sì» l'aveva rassicurato lei gettandogli le braccia al collo. «Sai bene che ti amo!»
Come era stato difficile ignorare quell'abbraccio! Eppure era riuscito con dolcezza a sottrarsi. «E dunque?»
«Ma il matrimonio è una cosa diversa. Di che cosa vivremmo? Io devo trovare un marito ricco!»
Ricordava con bruciante chiarezza la propria incredulità. Lei non cambiò mai idea, anche se avevano continuato a incontrarsi: Julia Redshaw era decisa a sposare un uomo ricco e, sebbene amasse Adam - per quanto fosse in grado di amare qualcuno - teneva ostinatamente fede ai suoi propositi. E così, in quella breve estate, Adam Calthorpe aveva perduto in un solo colpo l'amore e la fiducia nei propri ideali, ed era stato costretto a crescere. Ma non volle rimanere a guardare la donna dei suoi sogni dare la caccia a un marito facoltoso, e aveva convinto suo zio a procurargli un brevetto da ufficiale per lasciare l'Inghilterra. Per sua fortuna, il reggimento che aveva scelto si era rivelato di prim'ordine.
Lanciò un'occhiata furtiva alla giovane che ancora stava sulla soglia. Che sciocco era stato! Non poteva essere Julia. Sembrava al massimo una diciottenne, mentre Julia aveva soltanto tre anni meno di lui. Adesso doveva averne ventisette e si era di sicuro sistemata con un ottimo partito. Scosse la testa, irritato con se stesso. Com'era possibile che qualche ricciolo dorato e un visino a forma di cuore avesse ancora il potere di disorientarlo? Eppure era convinto di aver dimenticato Julia Redshaw. In effetti, durante gli ultimi anni, aveva pensato ben poco a colei che lo aveva spinto alla carriera militare.
Con un sorriso ironico, si domandò come sarebbero andate le cose se Julia e suo padre avessero previsto l'eredità che gli era toccata. Ma si convinse che non sarebbe cambiato nulla: una ragazza di diciassette anni non può rimanere ad aspettare per un intero decennio. Lui stesso, del resto, era mutato. Non era più il giovane idealista che si era arruolato per una delusione d'amore e che, da allora, aveva intrattenuto diverse relazioni non impegnative. Ora, a trent'anni, era pronto a cercarsi una moglie con cui instaurare un rapporto maturo, meno passionale ma più stabile. Sperava di trovare affetto e rispetto reciproco, non la follia del primo amore. Julia Redshaw faceva ormai parte del passato.
Guardò ancora la giovane bionda che si allontanava tra le braccia del suo cavaliere, poi, ignorando una fitta al cuore, scosse la testa e rientrò.
Gli andò incontro Tom Payne. Le danze erano terminate e il giovane tenente brillava d'entusiasmo.
«Non è una festa magnifica? Un perfetto saluto per le truppe in partenza!»
Adam sorrise all'amico. Alto più della media, con i capelli chiari che spesso ricadevano scompigliati su un occhio, faceva pensare a un simpatico cucciolo e suscitava un divertito affetto, misto al rispetto per il suo valore militare. Era nella divisione di Adam sin dai tempi della Spagna e gli dimostrava una devozione paragonabile soltanto a quella che provava per l'esercito in generale.
«Nessuna novità?» gli domandò Adam.
«No, mi sono appena informato. Il nostro è ancora chino sulle cartacce insieme a De Lacey e agli altri. Non vedo l'ora che si decidano.»
«Il nostro non è il termine più corretto per riferirsi al comandante supremo, piccolo disgraziato! Sei pronto a partire al galoppo, non appena arriveranno gli ordini? A quanto vedo, il tuo abbigliamento è inadeguato quanto il mio per una lunga cavalcata notturna.»
«Impiegherò un attimo a cambiarmi. E tu, Adam?»
«Forse qualche secondo in più, ma ce la farò. Mi dispiace che il duca non abbia scelto un altro per fare le sue veci al ballo. Non è un gran divertimento per me.»
Tacquero per qualche istante, poi Tom annunciò: «Quando tutto questo sarà finito, dovrò lasciare l'esercito. Non che ne sia entusiasta, però. La vita civile mi sembrerà così noiosa!».
«Mi rendo conto che sei nato per la vita militare, ma la morte di tuo nonno ha cambiato tutto.»
«In effetti sarei dovuto tornare a casa mesi fa per occuparmi della tenuta, e anche di mia sorella. Sa Dio cosa le succederebbe se la abbandonassi a se stessa. Le occorre un marito.»
Adam scoppiò a ridere. «Che coincidenza! Ho appena preso la decisione di tornare in patria e cercare moglie!»
«Stai pensando di dare le dimissioni? Anche se non ne sei costretto?» L'espressione di Tom era incredula.
«Ma sono costretto. Non sei l'unico ad avere delle responsabilità, tenente Payne. E io sono anche più vecchio di te. Per tutti e due è giunto il momento di dimostrare ancora una volta il nostro valore, per poi adattarci a una vita più calma in patria.» Rise ancora, notando la sua aria disgustata. «Non sarà poi così terribile. In ogni caso, una volta sistemato Napoleone, verrà la pace, e, in quei periodi la vita militare diventa assai monotona.»
«Ci sarà sempre da combattere, Adam! Sai, i bei discorsi non sono il mio forte, però non mi sono mai sentito tanto felice, tanto bene inserito come ora.»
Adam lo guardò con attenzione. Aveva ragione: Tom rappresentava il soldato ideale. Tuttavia non era sicuro che avrebbe fatto carriera, perché era più un uomo d'azione che non di pensiero. In battaglia era il combattente più ardito, più leale. Nei momenti di inattività, però, si annoiava a morte e tendeva a cacciarsi nei pasticci. Più di una volta, durante i periodi tranquilli in Spagna e in Portogallo, Adam aveva dovuto difenderlo dall'accusa di cattiva condotta. Ci era sempre riuscito, poiché Tom era simpatico a tutti, ma cosa gli sarebbe successo, una volta costretto a condurre una vita da gentiluomo di campagna? Forse la sua forza e il suo coraggio si sarebbero mutati in un atteggiamento violento e sconsiderato. O magari sarebbe finito a Londra, dove era ancor più facile lasciarsi coinvolgere in avventure pericolose. Da quanto Adam sapeva della sua famiglia, non c'era nessuno che potesse tenerlo sotto controllo: i due fratelli Payne erano rimasti soli al mondo. Era così immerso nelle sue riflessioni, che quasi non udì la voce esitante dell'amico.
«Adam, sei sicuro di voler lasciare l'esercito?»
«Penso proprio di sì.»
«Ti posso allora chiedere un favore? Rispondi pure di no, se non vuoi...»
Adam conosceva quel tono implorante: Tom stava per rivolgergli una richiesta assurda. «Avanti!» lo invitò con un sorriso. Non era però preparato a quello che seguì.
«Se permetti... se intendi davvero cercare moglie, prenderesti in considerazione la mia sorellina? Non potrei immaginare un marito migliore per lei.»
Lui restò senza parole. «Tom Payne! Sei per caso impazzito?»
La disperazione diede al giovane tenente il coraggio di rispondere: «Sì, mi rendo conto che la dovresti prima conoscere... Ma se per caso doveste piacervi... L'hai detto tu stesso che ti vuoi sposare. E lei non è niente male: è divertente, ha un buon carattere, è paziente. Almeno di solito. Negli ultimi tre anni ha avuto una vita dura; il nonno era malato e io ero in Spagna. Ha bisogno di un uomo come te, che si prenda cura di lei».
«Credevo che fosse compito tuo.»
«Certo, lo è. Ma prima o poi si deve accasare.» Notando lo sguardo severo di Adam, continuò: «È carina, comprensiva e tollerante». Si interruppe e fissò l'amico con l'aria di un cucciolo affamato in cerca di un osso. Adam iniziò a divertirsi per la sua insistenza.
«Ma perché hai tanta fretta di sistemarla?»
«Be', se trovassi una persona di fiducia, magari potrei pensare di arruolarmi ancora.»
«È un'idea insensata! Lascia perdere!» Adam cominciò a camminare. «Andiamo adesso, è ora di tornare al nostro dovere.»
«Saresti comunque disposto a venire a Herriards per conoscerla?»
«D'accordo, Tom, ma senza pensare a tua sorella come a una possibile moglie. Ti farò volentieri visita, una volta tornati in Inghilterra. Vieni.»
Un po' abbattuto, Tom seguì il suo superiore attraverso la sala e su per le scale che portavano alla stanzetta assegnata ai rappresentanti del duca.
Qui trovarono molti altri ufficiali pronti alla partenza. Adam si voltò, sentendo entrare Ivo Trenchard. «Sembri accaldato, Ivo» commentò.
«Sì, fa caldo, ma non è questo il problema. Sono rosso in volto per la fatica che ho fatto a convincere le signore presenti che Napoleone non ha intenzione di rapirle in massa per condurle a Parigi.»
«Sono sicuro che sei riuscito nel tuo intento. Madame de Menkelen era particolarmente colpita, ma sa che i francesi non rappresentano l'unica minaccia per lei?»
Scoppiò una risata generale. Il capitano Trenchard era il più noto donnaiolo di Bruxelles e le sue avventure galanti, con signore più che compiacenti, erano ormai leggendarie. Adam conosceva il suo coraggio e il suo valore sul campo, ma nessuno avrebbe sospettato simili qualità vedendo la sua figura indolente all'opera nei salotti della buona società. Naturalmente aveva molti punti a suo favore: non solo, infatti, era ricco e imparentato con le più nobili famiglie inglesi, ma era anche di bell'aspetto, alto, con capelli castano scuro, luminosi occhi azzurri e un seducente sorriso che portava immediato scompiglio tra la popolazione femminile. Forse, però, quella facilità nelle conquiste lo aveva reso un po' cinico nei confronti del gentil sesso. Nessuna donna era mai riuscita a trattenere la sua attenzione, e quanto al matrimonio era considerato un caso disperato. Ma, sebbene non condividesse il suo atteggiamento, Adam era suo amico e notava con piacere il rispetto che suscitava tra i suoi subalterni.
«Come mai sei ancora qui, giovane Tom?» chiese Trenchard. «Credevo che avessi deciso di lasciarci combattere senza di te. Oppure hai cambiato idea?»
Il tenente arrossì. «Non sono stanco di combattere...» spiegò in tono difensivo, ma si interruppe e Adam intervenne in suo aiuto.
«Lascialo in pace, Ivo! Ha davvero bisogno di tornare in patria, ma ha deciso di rimandare la partenza quando ha saputo le ultime notizie. Non era sicuro che saremmo riusciti a concludere l'opera senza di lui, vero, Tom?»
Ancora rosso in volto, Tom ignorò lo scherzo e disse: «Questa sarà la più grande battaglia di tutti i tempi! Bonaparte perderà, ma pensate alla sfida! Non potevo perdermi un avvenimento simile. Adesso scendo a vedere se è saltato fuori qualcosa di nuovo. Non credo che ci sia ancora molto