Un segreto per il greco: Harmony Collezione
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Basta che Damon Gavros metta piede nella cucina dove lei lavora, perché Lizzie Montgomery ritorni di colpo con la memoria a quella indimenticabile notte di undici anni prima. Nonostante a causa sua Lizzie abbia perso tutto, l'irresistibile forza che li attrae uno verso l'altro è più forte che mai. Ma c'è qualcosa che Damon ancora non sa e che potrebbe cambiare la sua vita.
Damon è sicuro che Lizzie non gli abbia detto tutta la verità ed è deciso a capire di cosa si tratta. Da Londra alla Grecia non si darà per vinto, fino a quando non scoprirà che il segreto della donna che ha sempre amato ha un nome: Thea, sua figlia.
Susan Stephens
Autrice di origine inglese, è un ex cantante professionista oltre che un'esperta pianista.
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Anteprima del libro
Un segreto per il greco - Susan Stephens
successivo.
Prologo
Undici anni prima...
Era furiosa. Damon vide i suoi splendidi occhi scuri lanciargli anatemi dal fondo della sala. Aveva appena diciotto anni, una cascata ribelle di capelli rossi e un abbigliamento non particolarmente consono all'ambiente: pantaloni di pelle nera, un top aderentissimo, una serie di tatuaggi e un piercing al labbro. Era pressoché impossibile non desiderare un'autentica forza della natura com'era Lizzie Mongomery.
Tuttavia, questo non cambiava i fatti. Si trovavano in un tribunale e lui, Damon Gavros, faceva parte della Gavros Inc., una compagnia di spedizioni internazionali con sede legale in Grecia e foro competente a Londra. Era presente in quell'aula per sostenere suo padre, il testimone d'accusa principale nella causa che la Gavros Inc. aveva intentato contro Charles Montgomery, colpevole di frode.
Era stato un vero shock ritrovarsi davanti Lizzie in un'aula di tribunale, anche se sarebbe stata una bugia affermare che rimpiangeva di aver passato con lei la notte precedente. Se anche avesse saputo chi era il fuoco divampato tra loro li avrebbe di certo portati allo stesso punto, e al diavolo le conseguenze.
Si erano incontrati quella sera per la prima volta. Lizzie, chiaramente nervosa, si era sentita rifiutare un drink al bar dove lui era seduto un po' in disparte, a riflettere su come inchiodare alle proprie responsabilità l'uomo che aveva cercato di sottrarre svariati milioni a suo padre con l'inganno. Vedendo una ragazza apparentemente in difficoltà, sul punto di essere buttata fuori dal barista perché troppo giovane per bere alcolici, aveva deciso d'intervenire. Lei si era calmata, aveva accettato un caffè, e si erano messi a parlare.
Gli aveva detto di chiamarsi Lizzie e lui non aveva di certo immaginato che potesse trattarsi proprio della figlia di Charles Montgomery. Era sensuale, ma anche pronta a ridere di se stessa. Non vedeva l'ora di partire per il college. Lui, invece, stava giusto per lasciarselo alle spalle. Poi era andata com'era andata... adesso era troppo tardi per rimediare, anche se avesse voluto farlo.
Che si fosse trattato di un errore divenne anche più chiaro quando il padre di Lizzie venne ricondotto in cella e Damon se la ritrovò davanti appena fuori dal tribunale. Il linguaggio fu molto colorito. E lo schiaffo assolutamente inaspettato. In ogni caso lui pensò di esserselo meritato.
Portò una mano alla guancia poi fronteggiò il suo sguardo furibondo. Lizzie era grande la metà di lui, ma la sua natura era impetuosa come Damon aveva constatato la sera prima a letto.
Incurante della folla che si era radunata attorno a loro per godersi la scena, lei agitò i pugni. «Bastardo!» urlò. «Come hai potuto portarmi a letto ieri sera, sapendo che stamattina ci saremmo ritrovati qui?»
«Calmati, Lizzie.» Lui allontanò il legale della Gavros Inc. con un cenno. «Stai dando spettacolo.»
«Calmarmi?» sbottò lei. «Grazie a te, mio padre è finito in prigione!»
Charles Montgomery sarebbe sempre stato innocente agli occhi di sua figlia.
Per quel che la riguardava, il resto del mondo poteva anche andare a impiccarsi, soprattutto l'uomo a cui si era avvinghiata la notte prima, in preda alla passione.
«E non guardarmi così! Non mi spaventi!»
«Non era mia intenzione...»
«Non provare a toccarmi» sibilò lei, scansando il braccio che lui aveva appena teso per consolarla.
Con la coda dell'occhio, Damon vide gli addetti alla sicurezza della Gavros Inc. allontanare con fermezza i curiosi. Lui fece cenno al capo del gruppo di rimanere a distanza, perché sentiva di dovere a Lizzie almeno qualche riguardo. Le tremava la voce. Il giudice aveva inflitto a suo padre una pena severa proprio perché fosse d'esempio.
«Tuo padre ha fatto del male a molta gente, Lizzie. Non solo alla mia famiglia...»
«Piantala!» gridò lei, coprendosi le orecchie con le mani. «Ti interessano solo i soldi!»
«Ho una famiglia da proteggere» ribatté lui, pacato. «Non solo la mia, ma anche quelle di tutti coloro che lavorano per la compagnia. Anche loro meritano giustizia, non credi?»
«E tu sei proprio un santo, vero?» ribatté lei prima di voltargli le spalle.
Damon capì subito che stava piangendo e si sentì sommergere dal senso di colpa. Si sarebbe comportato in modo diverso, la sera prima, se solo avesse potuto immaginare tutto questo? Per quanto si sforzasse, non riusciva a rimpiangere di aver fatto sesso con lei. Avrebbe anche cercato di consolarla, se lei non si fosse mostrata tanto ostile...
«Ti odio!» la sentì gridare. Attorno a lei aveva cominciato a radunarsi una cerchia di amici.
«Be', io no...» borbottò lui.
Lizzie non aveva colpa per le azioni di suo padre, e per quanto la sua lealtà fosse malriposta, Damon poteva capirla. Era la stessa lealtà che lui provava per suo padre, che aveva rischiato di veder distrutto da parte di Charles Montgomery il lavoro di una vita.
Il padre di Damon si era sempre sentito responsabile nei confronti della grande famiglia dei dipendenti, e quella stessa responsabilità un giorno sarebbe passata a lui. Damon era ansioso di seguirne le orme. Lizzie, invece, era solo una delle tante vittime di suo padre.
«Vorrei darti una mano» le offrì, alzando la voce per farsi sentire.
«Darmi una mano?» lo schernì lei. «Grazie, hai già fatto abbastanza!» Seguirono una serie di epiteti coloriti, mentre gli amici si adoperavano per portarla via.
Gli sarebbe mancata. Era una piccola tigre dal cuore d'oro, lo aveva capito subito.
«Mio padre è innocente, hai capito? Innocente!» gridò ancora lei, a squarciagola.
«Tuo padre è stato condannato dal tribunale» ribatté lui, pacato.
Lei riuscì a sottrarsi alla stretta dei suoi amici. «Per colpa tua!» urlò voltandosi. «Non ti perdonerò mai, mi hai sentito? Mai!»
Damon abbozzò un sorriso. «Mai dire mai, Lizzie...» mormorò prima di girarsi.
1
«Damon Gavros! Chi non muore si rivede!»
Damon Gavros! Lizzie sentì di colpo le gambe molli. Magari c'era più di un Damon Gavros, a Londra... Controllò il respiro mentre Stavros, il suo capo, irrompeva in preda all'agitazione nella cucina del ristorante dove lei era impegnata a caricare la lavapiatti. No, non c'erano errori. Ogni fibra del suo corpo seppe all'istante che era proprio quel Damon Gavros... Diavolo, erano già passati undici anni?
Di sicuro non aveva mai previsto un incontro del genere proprio lì, sul lavoro.
Nella mente si riversò un caleidoscopio di immagini. Trascinante e perspicace, Damon Gavros era stato l'unico a segnarla al punto che non era mai riuscita a dimenticarlo. Del resto, non avrebbe neanche potuto. E non solo perché era l'uomo più carismatico che avesse mai incontrato.
«Ma che piacere!» L'euforia di Stavros sembrò sempre più incontenibile. «Damon! Vieni! Seguimi in cucina, voglio presentarti la mia squadra...»
Lei rimase inchiodata al pavimento. Strinse le mani a pugno, la testa bassa, mentre sentiva montare dentro di sé un'ondata dell'antica collera. Si rivide fuori dal tribunale di Londra, undici anni prima, mentre imprecava contro l'uomo che aveva mandato in pezzi la sua vita.
Ora naturalmente lo sapeva. I Gavros erano nel giusto e suo padre, invece, aveva approfittato della fiducia di tanta gente per derubarla. All'epoca era stata troppo confusa e ferita per capirlo. Solo quando, poco dopo, la sua avida matrigna l'aveva buttata fuori di casa era riuscita a veder chiara la realtà. Suo padre era un farabutto, e la sua seconda moglie una donna senza cuore.
E Damon...?
Lui non lo aveva mai dimenticato.
Ma dove diavolo si era cacciato negli ultimi undici anni?
Di certo, non era entrato a far parte della sua vita. Non che lei lo ritenesse responsabile di nulla, a parte la sua assenza. Lo avrebbe addirittura ringraziato, per averle di fatto arricchito la vita... Si chiese cosa avrebbe pensato di lei adesso, dato che all'epoca era stata una ribelle assoluta e ora era convenzionale fino alla noia. Chissà se sarebbe bastato, per destare in lui dei sospetti...
Damon era sempre più vicino e Lizzie si sentì tremare. Per undici anni nessun uomo aveva più avuto quell'effetto su di lei; in tutto quel tempo aveva bandito il sesso dalla propria vita. Anche perché, ne era certa, nessuno avrebbe potuto reggere il confronto con Damon.
Lui e Stavros si stavano avvicinando, e quel senso di affettuosa familiarità tra loro ricordò a Lizzie l'impressione che aveva avuto ai tempi del processo, a proposito del rapporto tra Damon e suo padre. Quanto li aveva invidiati. Le era sembrato un sogno impossibile avere qualcuno, nella vita, di cui fidarsi davvero. A ripensarci adesso, capiva bene che la sentenza del giudice le aveva fatto un gran favore: le aveva insegnato a stare in piedi sulle proprie gambe. Ora non aveva molto, ma si guadagnava da vivere onestamente, ed era libera.
«Lizzie!» La voce di Stavros risuonò allegra tra i banchi di acciaio. «Voglio presentarti un mio vecchio amico, tornato da poco dai suoi viaggi... Damon Gavros!»
Dopo un attimo d'incertezza, lei voltò il viso.
Qualche secondo di assoluto silenzio, poi...
«Ci conosciamo già, se non sbaglio» mormorò Damon.
La sua voce le scivolò nelle vene come un'ondata di cera liquida. Le sembrò così familiare come se non si fossero mai persi di vista.
«Credo di sì» ammise, sentendosi tremare dentro. Lanciò un sorriso rassicurante a Stavros.
Il suo capo colse qualcosa, in quel sorriso. «Allora vi lascio un attimo soli» disse, e sembrò quasi che si fregasse le mani all'idea di essere riuscito, per una volta, a rivestire i panni di Cupido nei suoi confronti.
«È passato molto tempo, Damon.»
«Sì, è vero.» Lui la guardò con attenzione, chiaramente interessato.
Lizzie si sentì vulnerabile. Non era di certo vestita per l'occasione, con gli zoccoli di gomma e il grembiule d'ordinanza di lavoro. Per non parlare della fascia elastica che le tratteneva i folti capelli rossi, e le guance infuocate per il vapore della cucina.
Io non ti conosco, pensò, specchiandosi nel bel viso di lui, che il tempo aveva solo migliorato. A parte l'immagine pubblica che appariva sui giornali, non aveva idea di come fosse diventato Damon Gavros, ma se era tornato a Londra per restarci sarebbe stato un bene scoprirlo.
Occhi incredibili. Seducenti. Allegri...
Occhi pericolosi. Capaci di vedere anche troppo.
L'impatto di Damon sui suoi sensi era sconvolgente come allora, ed era questa l'unica cosa di cui doveva tener conto. Dalla coppia di diamanti neri sui polsini candidi allo sguardo divertito capace di annebbiarle la mente, Damon Gavros, con i suoi soldi e la sua posizione, rappresentava una minaccia terribile per tutto ciò che Lizzie aveva di più caro al mondo.
Eppure, faticava a tenere a freno le sensazioni, nonostante la mente imponesse cautela.
Damon aveva un fisico aitante e una presenza a dir poco carismatica, ma era soprattutto la grande forza della sua mente a dominare tutto quanto, il che la spaventava.
«Il successo ti dona» gli disse, esprimendo senza filtri la prima cosa che le era venuta in mente.
Lui annuì e non azzardò commenti. Il meglio che potesse fare, si capiva, incontrandola al lavoro in una cucina, in quelle condizioni.
Gli esperti finanziari gli attribuivano un successo senza precedenti, che aveva fatto lievitare in modo esponenziale il capitale della sua compagnia da quando era succeduto a suo padre. Nei loro articoli non si faceva riferimento al fatto che fosse uno degli scapoli più ambiti del pianeta, ma solo alla sua fama di multimilionario illuminato, per via delle cospicue donazioni a enti e associazioni umanitarie. Ma c'era da dubitare che si dimostrasse benevolo anche nei suoi confronti, se avesse scoperto i retroscena della sua vita, in quegli undici anni.
Tutt'e due erano cambiati, pensò Lizzie sforzandosi di non farsi prendere dal panico. Lei era diventata più forte e saggia, sarebbe stata in grado di fronteggiare anche Damon.
«Perché non usciamo di qui?» suggerì lui.
«Prego?» Lizzie lo fissò sorpresa. Doveva aver capito male.
«Non