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Robert Conquest

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Robert Conquest nel 1987

Robert Conquest (1917 – 2015), storico inglese.

Citazioni di Robert Conquest

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  • La realtà dell'attività di Stalin spesso non veniva creduta proprio perché appariva incredibile. Il suo stile si fondava sul fare ciò che in precedenza era stato considerato moralmente o fisicamente inconcepibile.[1]

Il grande terrore

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La Purga non fu una sorpresa improvvisa e completa, perché aveva le sue origini profonde nel passato sovietico. Sarebbe senza dubbio falso concludere che essa fosse una conseguenza inevitabile della natura della società sovietica e del Partito Comunista: era in se stessa un mezzo per imporre un violento mutamento a quella società e a quel partito. Ma nonostante questo, non avrebbe potuto essere imposta che a un ambiente affatto particolare come quelle del governo sovietico; e le sue caratteristiche peculiari, alcune delle quali riescono difficilmente credibili a mentalità straniere, derivano da una tradizione specifica.

Citazioni

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  • È difficile trovare qualcuno che scriva di Zinov'ev in modo men che ostile: sembra che egli abbia fatto sia agli oppositori che agli stalinisti, sia ai comunisti che ai non comunisti, l'impressione di essere una nullità vanitosa, incompetente, arrogante e codarda. All'infuori dello stesso Stalin, Zinov'ev è l'unico leader bolscevico che non può essere chiamato un intellettuale. Ma nello stesso tempo egli non era neppure dotato di sensibilità politica; non aveva alcuna comprensione dei problemi economici. Era un oratore molto efficace, ma i suoi discorsi mancavano di sostanza, e avevano un'efficacia solo temporanea nell'infiammare le masse. (Introduzione: Le origini del terrore, p. 24)
  • Kirov era entrato nel partito nel 1907 all'età di diciotto anni, a Tomsk[2], nel 1907. Arrestato e deportato quattro volte sotto gli zar, la Rivoluzione del febbraio 1917 lo aveva trovato a capo dell'organizzazione bolscevica a Vladikavkaz nel Caucaso – un posto tipicamente minore ma molto decisivo per un militante nella clandestinità. Anch'egli mancava delle peggiori caratteristiche staliniane; anch'egli era molto popolare nel partito. Era russo, cosa che Stalin non era: solo fra gli staliniani, era anche un oratore molto efficace. Benché abbia appoggiato senza tirarsi indietro la politica di Stalin per la collettivizzazione e l'industrializzazione, non sembra che abbia avuto quella vena di malvagità che caratterizzò Stalin e i suoi più stretti alleati. Benché spietato, non era né malvagio né servile. (Introduzione: Le origini del terrore, p. 29)
  • Kaganovič, benché alquanto superficiale nella valutazione di molti problemi, fu un brillante amministratore; in lui una chiara intelligenza e una forte volontà si univano a una totale assenza di freni d'umanità. Se abbiamo usato la parola spietato per descrivere Kirov in generale, per Kaganovič essa va presa proprio alla lettera – non c'era assolutamente pietà né compassione nel suo temperamento. (Introduzione: Le origini del terrore, p. 30)
  • Un vecchio comunista osserva: «In tutta la mia lunga vita non ho mai visto una personalità più repellente di quella di Ežov».[3] Ricordava uno di quei ragazzacci di strada la cui occupazione favorita è di legare della carta imbevuta di paraffina alla coda di un gatto e di darle fuoco – ed era proprio quello che poi doveva fare Ežov, seppure in una forma un po' diversa. (Introduzione: Le origini del terrore, p. 32)
  • [...] Andrej Vyšinskij: istruito intelligente, codardo e servile, era stato menscevico fino al 1921, ed era entrato nel Partito Bolscevico solo dopo che esso si era insediato da vincitore. Era quindi vulnerabile alle pressioni e alle minacce, e cercò ben presto la protezione della fazione maggiormente in grado di offrirgliela. Si fece per proprio conto una carriera quasi accademica nella facoltà di legge dell'Università di Mosca, e ne divenne rapidamente rettore, in seguito all'intervento dell'organizzazione del partito. In seguito diventò un alto funzionario nel commissariato all'istruzione e fu profondamente implicato nella purga del mondo accademico. (Introduzione: Le origini del terrore, p. 33)
  • L'impressione che [Andrej Vyšinskij] fece all'autore di questo libro, che ebbe occasione di parlargli negli ultimi anni della sua vita, quando era ministro degli Esteri, fu quella di un individuo che dava fisicamente e spiritualmente l'immagine di un «topo in forma umana». (Introduzione: Le origini del terrore, p. 33)
  • Non appena sconfitti Zinov'ev e Trotckij, Stalin si volse contro i suoi alleati «di destra»; il più influente di essi era di gran lunga Nikolaj Bucharin. Egli era stato descritto da Lenin come «il favorito del partito»; ma in precedenza Lenin aveva parlato di lui come di un uomo «1. credulo verso i pettegolezzi e 2. diabolicamente instabile in politica».[4] Era di gran lunga il più intellettuale di tutti i bolscevichi, e provava un profondo interesse per la teoria (era, nella particolare formulazione di Lenin, «un valorosissimo ed eminentissimo teorico del partito», che tuttavia non comprese correttamente il marxismo). Nel 1917 Lenin pensava a Sverdlov e Bucharin come ai naturali successori, se lui e Trotckij fossero stati uccisi.[5] (Introduzione: Le origini del terrore, p. 35)
  • [Sulle modalità di esecuzione della condanna a morte] Zinov'ev non stava bene ed era febbricitante; gli fu detto che doveva essere trasferito in un'altra cella. Ma quando vide le guardie capì immediatamente; tutti i racconti concordano sul fatto che svenne, urlando con voce acutissima un disperato appello a Stalin perché mantenesse la parola.[6] Diede l'impressione di un attacco isterico; ma probabilmente questo non è vero, perché la sua voce si faceva sempre acuta quando era eccitato, e forse stava cercando di fare un ultimo discorso. Inoltre, era ancora sofferente di un disturbo di cuore e di fegato, sicché è comprensibile qualche genere di collasso. Si dice che il tenente della NKVD[7] incaricato dell'esecuzione, temendo l'effetto di questa scena, qualora si fosse prolungata, lungo il corridoio e fin giù nei sotterranei, lo spinse in una cella vicina e gli sparò immediatamente, e che ricevette in seguito un riconoscimento per la sua presenza di spirito.[8] (cap. IV, p. 175)
  • Quando Kamenev fu chiamato dalla sua cella per avviarsi all'esecuzione, non si lamentò e apparve sbalordito. Non rimase ucciso al primo colpo e il tenente della NKVD responsabile dell'esecuzione divenne isterico, prese a calci l'esecutore gridandogli «finiscilo». (cap. IV, p. 175)
  • Per ammissione generale, Thuchačevskij aveva il miglior cervello, in fatto di cose militari, di tutto l'esercito, e la più gran forza di volontà e di nervi; proveniva dalla piccola nobiltà. (cap. VII, p. 296)
  • Jakir, vivace, attivo e di aspetto giovanile, era figlio di un piccolo farmacista ebreo di Kišinev. [...] Dal 1926 comandava l'importantissimo distretto militare dell'Ucraina, sotto i diversi nomi che assunse successivamente. Era il solo militare di professione che fosse membro di pieno diritto del Comitato centrale.[9] (cap VII, p. 297)
  • Alla parata del 1º maggio [1937, poco prima del suo arresto], Thuchačevskij fu il primo ad arrivare sulla tribuna riservata agli alti ufficiali dell'Armata Rossa. Salì solo con i pollici infilati nella cintura. Poi giunse Egorov[10], ma non guardò il collega e non lo salutò neppure. Anche Gamarnik[11] si unì al silenzioso gruppetto. Un'atmosfera tetra e gelida circondava gli ufficiali. Alla fine della parata militare Thuchačevskij non aspettò la sfilata dei civili, ma se ne andò dalla Piazza Rossa.[12][13] (cap. VII, p. 313)
  • Il pesce più grosso [tra gli scienziati arrestati] era l'accademico N.I. Vavilov, il grande genetista, favorito di Lenin. [...]. Vavilov fu sotto inchiesta per undici mesi e venne interrogato un centinaio di volte. Fu processato il 9 luglio 1941 dal Tribunale militare con le accuse di cospirazione di destra, spionaggio a favore dell'Inghilterra e altri reati. Fu condannato a morte. (cap. X, p. 478)
  • [Vavilov] Messo nella cella dei condannati, in un blocco sotterraneo senza finestre, senza poter fare esercizio, per circa un anno, egli fu quasi salvato dall'elezione nel 1942 a Membro della Royal Society di Londra, che gli valse la commutazione della pena in venti anni di prigione. Ma era troppo tardi, la distrofia era in fase avanzata e lui era «andato»; morì il 26 gennaio 1943. Sua moglie e suo figlio erano stati evacuati nel 1942 da Leningrado a Saratov e vissero per tutto quel tempo a pochi chilometri dalla prigione dove lui stava morendo. Li avevano informati che lui era a Mosca e non seppero della sua vicinanza. (cap. X, p. 479)
  • Il campo di lavoro era uno dei pilastri dell'intero sistema staliniano; riuscire a nasconderne la natura all'Occidente fu uno dei suoi più straordinari trionfi. (cap. XI, p. 497)
  • Nel periodo precedente il suo arresto [del 1937], [Aleksej Ivanovič Rykov] aveva cominciato a bere molto riducendosi in cattive condizioni, che la lunga tensione della prigionia non aveva certo contribuito a migliorare. In certi momenti, durante il controinterrogatorio [del processo], sembrava ridotto completamente a pezzi: sottolineava le sue risposte con sciocchi sogghigni. Poi però si riprese. (cap. XII, pp. 560-561)
  • Jagoda aveva più di chiunque altro buone ragioni per risentirsi di quel processo[14]: lui, più di chiunque altro, aveva reso a Stalin servigi insostituibili. Il fatto di essere arrestato lo aveva talmente colpito che non era più riuscito né a dormire né a mangiare, ed Ežov aveva temuto per il suo equilibrio mentale. Era stato mandato a parlare con lui Sluckij, l'insinuante capo della sezione esteri della NKVD. Jagoda lamentò la rovina dell'organizzazione che aveva edificato in quindici anni, e un giorno osservò che dopo tutto Dio deve esistere: perché da Stalin egli aveva meritato soltanto gratitudine, ma da Dio aveva meritato il destino che ora gli era piombato addosso.[15] (cap XII, p. 605)
  • Anche le perdite degli ungheresi [nel periodo delle grandi purghe] furono pesanti e compresero lo stesso Béla Kun, capo della rivoluzione comunista del 1919 in Ungheria. Il suo comportamento durante il Terrore a Budapest sfociò in azioni ancora peggiori quando, dopo essere arrivato in volo a Mosca, fu posto al governo della Crimea appena conquistata, e venne biasimato e ritirato dall'incarico da Lenin per eccessiva crudeltà. (cap. XIII, p. 642)
  • Béla Kun [arrestato in Unione Sovietica nel 1937] fu portato a Lefortovo[16] dove venne torturato. Si dice che sia stato tenuto ritto su un piede solo per periodi da dieci a venti ore. Quando ritornò nella sua cella dopo l'interrogatorio aveva le gambe gonfie e il viso così nero da essere irriconoscibile.[17] (cap. XIII, p. 642)
  • Ežov fu arrestato solo agli inizi di aprile [del 1939], al commissariato del Trasporto Idrico, dove aveva presieduto il Collegium senza prender parte tuttavia alle discussioni, restando in silenzio o costruendo aeroplanini di carta. Si dice che abbia confessato liberamente, coinvolgendo, come di consueto, anche altri. Fu accusato di aver incastrato persone innocenti, di aver complottato per uccidere Stalin e impadronirsi del potere,[18] e di essere una spia degli inglesi fin dal tempo della guerra civile.[19] Non venne tuttavia fucilato fino all'anno seguente.[20] (cap. XIV, p. 689)
  • Come tutti sanno dal 1986, e soprattutto negli anni seguenti, l'URSS entrò nel periodo della glasnost'. Uno dei primi risultati della glasnost' è stata la verità sugli attuali disastri economici e sociali. I suoi fautori dissero chiaramente che il sistema di economia dirigista dello stalinismo, basato sulla continua coercizione, era una via senza uscita e andava smantellato. (Epilogo, p. 771)

Se Il Grande Terrore ha avuto un merito, è stato quello di fornire un completo, coerente e documentato resoconto di un periodo critico, in un momento in cui esistevano solo testimonianze individuali e casuali. Questa nuova edizione, arricchita da più completi e solidi resoconti, vuole soprattutto testimoniare il fatto che la soppressione e la falsificazione degli eventi che hanno così a lungo impedito l'affiorare della verità nell'URSS sono scomparse. Senza di loro, quali che siano gli altri problemi, il mondo è un posto migliore.

Il secolo delle idee assassine

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A causare le immani catastrofi della nostra epoca sono stati esseri umani trascinati da determinate idee. Dunque l'interrogativo fondamentale della Storia va posto in questi termini:
Come spiegare quello che è stato chiamato il «delirio ideologico» del XX secolo? Come hanno potuto prendere piede queste aberrazioni mentali? Chi furono gli untori che diffusero l'infezione?

Citazioni

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  • Uno degli aspetti che in Occidente riuscirono a procurare prestigio persino allo stalinismo, anche (o specialmente) tra coloro che riconoscevano l'atroce crudeltà dei suoi metodi, fu l'astratta nozione utopica secondo la quale in ciò che stava accadendo c'era una certa sinistra grandezza: uomini di pensiero che avevano considerato attentamente le leggi della Storia stavano creando una nuova società, assumendo su di sé la colpa di un'azione necessariamente spietata. (Parte prima, cap. I, p. 18)
  • [...], nella Berlino dei primi anni Trenta vi furono cameriere che nel nazionalsocialismo trovarono «un senso capace di riempire il vuoto della loro vita».
    La noia è una condizione veramente penosa e il senso di inutilità, di torpore, può essere devastante. Ciononostante, rimediarvi abbandonando la ragione per abbracciare un'ideologia costituisce una soluzione disperata. (Parte prima, cap. I, p. 19)
  • In contrasto con le propensioni dei suoi avversari per l'assolutismo, la cultura «occidentale» o «democratica» o «pluralista» possiede tra le sue caratteristiche quella di non ritenersi perfetta ed essere costantemente immersa in un processo segnato da discussioni e correzioni di tiro, e spesso da indecisione e disorientamento. (Parte prima, cap. II, p. 43)
  • Marx fu visto e vide se stesso come «il Darwin della società», il fondatore di una scienza della storia che poteva competere con la darwiniana scienza della biologia. Presentò i suoi assunti come teorie comprovate. Il contrasto tra il suo metodo e quello di Darwin è assai rilevante; Marx stesso se ne rendeva conto, quando con una certa condiscendenza parlava del «rozzo empirismo inglese» di Darwin. Con questa espressione voleva indicare soltanto la circostanza, perfettamente rispondente al vero, che prima di sviluppare le sue teorie Darwin raccoglieva elementi di fatto, diversamente dal preteso metodo superiore che Marx aveva ereditato dalla sua formazione accademica tedesca, per cui prima si elaborava la teoria e poi si cercavano gli elementi di fatto in grado di supportarla. (Parte prima, cap. III, pp. 50-51)
  • L'accettazione fideistica di una dottrina settaria è un elemento che tra i seguaci meno intelligenti di questa o quella fazione totalizzante emerge sempre chiaramente. (Parte prima, cap. III, p. 54)
  • Che Lenin avrebbe attaccato con violenza la revisione del pensiero di Marx operata da Bernstein era ovvio; è evidente, tuttavia, che non lo fece perché pensava che Bernstein avesse torto, bensì perché temeva che Bernstein potesse avere ragione. (Parte prima, cap. III, p. 70)
  • La guerra di Crimea fu un momento cruciale [per la storia russa]. Generalmente in Inghilterra evoca un quadro di generale incompetenza, con squallidi ospedali e straordinari disastri come la carica della Brigata Leggera[21]. Dal punto di vista russo la scena viene considerata in una luce quasi opposta: per un'astutissima decisione strategica del nemico, La Russia fu costretta a combattere in un territorio situato ai confini più remoti, dove gli avversari disponevano di ottime comunicazioni marittime. Alla fine fu sconfitta e non poté fare altro che chiedere la pace. (Parte prima, cap. VI, p. 106)
  • [...] il primo esponente politico inglese realmente «colto» fu il nauseante John Tiptoft, conte di Worcester, traduttore di Cicerone e difensore degli umanisti, capace di scrivere in un latino così puro da fare impallidire persino il grande Enea Silvio Piccolomini. Alla luce dei ben diversi criteri della storia politica, Tiptoft si è meritato il nome di «conte macellaio, per avere impalato prigionieri e massacrato bambini, fenomeni sconosciuti all'Inghilterra medievale. Quando egli morì William Caxton gli rese lode con un incredibile panegirico, definendolo sommo «per scienza e per virtù». Un monito tremendo per i moderni. (Parte seconda, cap. XI, pp. 240-241)
  • In un recente seminario sulla maltollerata influenza di certo cinema americano in Francia, il mio vecchio amico Alain Besançon osservava che un centinaio di scollacciati prodotti hollywoodiani hanno fatto meno danni in Francia di quanti ne abbia fatti in America un solo filosofo francese. (Parte seconda, cap. XII, p. 255)

Raccolto di dolore

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Lo storico ha il compito notoriamente difficile di tentare di analizzare con chiarezza e senso di verità, e in poche centinaia di pagine, eventi che coprono molti anni e coinvolgono numerosi popoli e nazioni. Nel caso specifico di questo libro, possiamo senz'altro affermare che negli anni di cui esso si occupa sono morti circa venti esseri umani non per ogni parola, bensì per ogni lettera in esso contenuta.

Citazioni

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  • Cinquant'anni fa, l'Ucraina e le terre ucraine, cosacche e di altre nazionalità situate a est dell'Ucraina – un vasto territorio abitato da circa quaranta milioni di abitanti – apparivano come un unico, immenso Bergen Belsen. Un quarto della popolazione rurale – uomini, donne e bambini – era morta o moribonda, e il resto versava in vari stadi di debilitazione, priva finanche della forza di seppellire i propri familiari o i propri vicini. Allo stesso tempo (come accadde a Bergen Belsen) ben nutrite squadre di polizia e di funzionari del partito sorvegliavano le vittime. (Introduzione, p. 27)
  • In questo periodo, che durò pressappoco quanto la Prima guerra mondiale, ebbe luogo nelle campagne sovietiche una lotta di pari dimensione. Sebbene limitata a un singolo Stato, il numero delle vittime della guerra scatenata da Stalin contro i contadini fu più alto del totale delle vittime di tutti i paesi coinvolti nella Prima guerra mondiale. Vi sono però delle differenze: nel caso sovietico in pratica solo uno dei due belligeranti era armato, e le vittime (come c'era da attendersi) si ebbero quasi tutte nel campo opposto. Per di più, esse inclusero donne, bambini e anziani. (Introduzione, p. 29)
  • L'Ucraina [...] non si proclama agli occhi dell'Occidente come una vera e propria nazione, come fanno invece la Polonia, l'Ungheria o perfino la Lituania. Nei tempi moderni essa ha goduto soltanto per pochi anni di una precaria e discontinua indipendenza. Da due secoli essa ci appare sulle carte geografiche semplicemente come parte dell'Impero russo o dell'Unione Sovietica. La sua lingua è relativamente simile al russo, come l'olandese lo è al tedesco e il norvegese allo svedese, e sebbene ciò non costituisca certo un elemento di comunanza politica, tende tuttavia a diventarlo in mancanza di altri elementi di conoscenza. (Introduzione, pp. 29-30)
  • Fino al 1861, la posizione del contadino era quella di un servo (una delle parole russe generalmente usate, rab, significa letteralmente «schiavo»), che il proprietario fondiario possedeva nel vero senso della parola, anche se era soggetto al controllo di autorità superiori. Questa situazione appare simile a quella esistente in Occidente nel periodo comunemente definito «feudale». Ma quello di feudalesimo è un concetto così generico che applicarlo in modo simile all'Inghilterra medievale e alla Russia del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo significa non comprenderne le principali differenze. Innanzitutto, sotto il «feudalesimo» occidentale il servo aveva dei diritti nei confronti del padrone, così come questi ne aveva nei confronti del re. In Russia, dopo il periodo dei mongoli, i ceti inferiori avevano unicamente dei doveri verso quelli superiori. (cap. I, p. 41)
  • In realtà, l'ucraino e il russo sono semplicemente due lingue distinte discendenti dalla stessa famiglia linguistica: lo slavo orientale, proprio come lo svedese e il norvegese appartengono al ramo scandinavo della famiglia germanica, o lo spagnolo e il portoghese al ramo iberico della famiglia romanza. In ogni caso, la vicinanza linguistica non costituisce un fattore di rilevante importanza politica e culturale. La Norvegia dimostrò con il referendum del 1905 il suo irresistibile desiderio di indipendenza dalla Svezia. L'olandese è storicamente un dialetto del basso tedesco. La volontà olandese di non sottomettersi alla Germania è stata dimostrata in numerose occasioni, una delle quali abbastanza di recente.
    Lo stesso vale per quanto concerne l'idea di una Ucraina da sempre parte, e perfino parte naturale, dell'Impero russo o dell'Unione Sovietica. (cap. II, p. 56)
  • Così come la Polonia, lo Stato cosacco-etmano era stato di tipo parlamentare costituzionale, per molti aspetti imperfetto, e tuttavia assolutamente estraneo alle tradizione di estremo servaggio e dispotismo che ora da San Pietroburgo si abbatteva su di esso. (cap. II, p. 58)
  • Stolypin, per quanto progressista in campo economico, rispetto ai problemi nazionali era un vero imperialista russo. Nel 1910 ordinò la chiusura delle società culturali e delle case editrici ucraine, e proibì che si tenessero nelle università conferenze in ucraino, vietando così in pratica l'uso «pubblico» della lingua ucraina. (cap. II, p. 62)
  • La grande carestia del 1921 non fu dovuta a una decisione cosciente di far morire di fame i contadini. E tuttavia attribuirne la causa semplicemente alla siccità non sarebbe affatto giusto. Il clima infatti, seppur sfavorevole, non fu tale da poter provocare un disastro. Il fattore decisivo fu in realtà il sistema di requisizione delle derrate adottato dal governo sovietico, in parte perché esso lasciava ai contadini meno di quanto fosse loro indispensabile per la mera sopravvivenza, e in parte perché nei tre anni trascorsi esso aveva distrutto qualsiasi incentivo alla produzione. (cap. III, p. 94)
  • La miseria e la morte che vi imperversarono furono simili a quelle della carestia ancora peggiore del 1932-1933 che descriveremo in seguito. Con una differenza però: la carestia del 1921-1922 fu riconosciuta pubblicamente, e si sollecitò attivamente un aiuto dell'estero. (cap. III, p. 94)
  • In passato si erano già verificate altre carestie in Russia: nel 1891, 1906, 1911, ma nessuna di queste era stata tanto profonda e aveva coinvolto strati così ampi della popolazione. Durante la peggiore delle carestie precedenti, i contadini che non riuscirono a procurarsi sufficiente grano da seminare non superarono mai i tre milioni, mentre in quella del 1921 essi ammontarono a 13 milioni. (cap. III, p. 95)
  • In realtà è chiaro che, in qualsiasi modo definito, il kulako era, in quanto classe economica, niente più che un'invenzione del partito. (cap. IV, p. 118)
  • Un'intera generazione di bambini delle aree rurali di tutta l'URSS, e dell'Ucraina in particolare, fu annientata o segnata per sempre. Ed è evidente che l'importanza che tale evento ha avuto per il futuro del paese è difficile da esagerare. Da un punto di vista umano non c'è bisogno di dire che, nell'ambito di questa immensa sventura, il destino dei bambini colpisce in modo particolare, ma è anche vero che per il futuro stesso del paese, sia la decimazione di un'intera generazione che l'esperienza di chi è sopravvissuto hanno avuto delle conseguenze che è possibile avvertire ancor oggi. (cap. XV, p. 383)

Stalin

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«Stalin è morto ieri»,[22] «Il fantasma di Stalin vaga ancora sulla terra»;[23] era questo il tono dei commenti di democratici illustri mentre l'Unione Sovietica si sgretolava.
Pochi uomini nella storia hanno avuto effetti così duraturi e devastanti, non soltanto per il proprio paese, ma per il mondo intero. Il retaggio di Stalin è stato una tremenda palla al piede per una dozzina di paesi, e la sua minaccia ha continuato a incombere su tutti gli altri, per la spaventosa eventualità di una guerra nucleare. La figura di Stalin, con il suo intenso alone di morte, sta svanendo soltanto oggi dal sistema che ha creato. Nel 1953, quando spirò, lasciò dietro di sé un mostro la cui agonia, oltre una generazione dopo, non è ancora finita.

Citazioni

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  • La versione comune dell'infanzia di Stalin è abbastanza semplice. Il padre, un ciabattino buono a nulla, beveva e lo picchiava; la madre lo difendeva e lo fece studiare. Lui odiava l'uno e amava l'altra.
    Questa storia può essere vera, almeno in parte. Esistono molte attestazioni che il padre lo picchiava. Ma nelle famiglie contadine o semicontadine di tutto il mondo i padri picchiavano i figli, senza per questo alienarsi il loro affetto. Tuttavia in realtà sembra che la sua fosse una famiglia brutale, violenta. Talvolta la madre picchiava il marito ubriaco. A quanto pare una volta Stalin lanciò un coltello a suo padre, e fu costretto a nascondersi per un paio di giorni a casa di amici. (cap. I, p. 21)
  • Stalin raggiunse l'altezza di un metro e sessanta. Oltre alla faccia butterata dalla varicella e al braccio invalido, aveva il secondo e il terzo dito del piede sinistro uniti (lo riferisce un rapporto di polizia). Almeno per la statura ebbe sempre dei rimpianti. (cap. I, p. 23)
  • Nel 1935 a quanto pare la Krupskaja si schierò con l'associazione dei Vecchi bolscevichi e altri pronunciandosi contro la pena di morte per Kamenev. Fu allora, sembra, che Stalin le disse di adeguarsi alla linea, altrimenti il partito avrebbe conferito a un'altra il titolo di vedova di Lenin: secondo quanto riferiscono, aggiunse che il partito poteva fare «qualsiasi cosa». Questa storia arrivò in Occidente poco dopo, e naturalmente fu messa in dubbio. Ma Hruščev la conferma nelle sue memorie. Stalin, racconta, ventilò più volte l'idea in sua presenza: pare che come nuova vedova fosse stata proposta Elena Stasova[24]. Per quanto la cosa possa apparire incredibile ai non comunisti, non sarebbe stata affatto irrealizzabile. In quel periodo stavano riscrivendo a tutto spiano la storia, e nel caso specifico sarebbe bastato dichiarare che il divorzio e il nuovo matrimonio erano stati tenuti segreti per desiderio di Lenin, ma vista l'attività della Krupskaja contro il partito, il Comitato centrale riteneva ormai necessario svelare la verità. (cap. X, pp. 219-220)
  • Di certo si vede la mano di Stalin in un decreto del 7 aprile 1935, con cui tutte le pene, compresa la sentenza capitale, venivano estese ai bambini di dodici anni. Esso fece una pessima pubblicità all'URSS in Occidente: i comunisti francesi furono costretti ad affermare che sotto il socialismo si maturava talmente in fretta da poter essere considerati cittadini responsabili già a dodici anni. (cap. X, p. 220)
  • [A una festa di alti funzionari dell'NKVD alla fine del 1936] Dopo aver bevuto parecchio, K.V. Pauker, che essendo capo del dipartimento operativo dell'NKVD, aveva presenziato all'esecuzione di Zinov'ev, rappresentò la scena in versione comica. Recitando egli stesso la parte di Zinov'ev, fu trascinato dentro da altri due ufficiali. Stava appeso alle loro braccia e gemeva: «La prego compagno, per amor di Dio, chiami Iosif Vissarionovič». Stalin rise di cuore, e quando Pauker rifece la scena, aggiungendo di sua iniziativa «Ascolta, Israele, il nostro Dio è l'unico Dio», Stalin rideva al punto che dovette far segno a Pauker di smettere. (cap. X, pp. 227-228)
  • Nessuna delle due donne che nel 1934 erano membri effettivi del Comitato centrale fu giustiziata: K.I. Nikolaeva (per giunta ex seguace di Zinov'ev) e Nadežda Krupskaja. Certo la Krupskaja era un caso a parte, e fu denunciata da Ežov (di sicuro su iniziativa di Stalin) nel 1938, durante una riunione della Commissione centrale di controllo. Ežov la accusò di essere complice di Trockij e di aver affrettato la morte di Lenin, aggiungendo che «solo il rispetto per la memoria di Lenin» gli impediva di «consegnarla a Vyšinskij e Ul'rih[25], come aveva fatto per altri traditori». La Krupskaja svenne, e dovettero portarla in clinica. Morì alla fine di febbraio del 1939, a settant'anni appena, poco prima del XIII congresso del partito. È sempre circolata la voce che fosse stata strangolata. (cap. X, p. 241)
  • Secondo alcuni nel febbraio 1945, quando i Tre grandi si incontrarono di nuovo a Jalta, Stalin riuscì a realizzare i suoi obiettivi anche perché nella delegazione americana era presente una spia sovietica, Alger Hiss, vicedirettore dell'ufficio per gli Affari politici speciali. (cap. XII, p. 294)
  • [La conferenza di] Jalta si concluse su una nota euforica, con discorsi calorosi di Stalin, e Roosevelt si convinse che come minimo ci sarebbero stati rapporti pacifici «per più tempo di quanto[26] si possa anche lontanamente immaginare». (cap. XII, p. 295)
  • [...] il ciarlatano Lysenko, con una schiera di altri pseudo scienziati, era stato autorizzato a infestare le istituzioni scientifiche e a far licenziare gli studiosi autentici. La vicenda era culminata nel famigerato processo del biologo più importante dell'Unione Sovietica, Nikolaj Vavilov, arrestato nel 1940 e condannato (per spionaggio in favore della Gran Bretagna) l'anno successivo. (cap. XIII, p. 308)
  • Stalin era ideologicamente attratto da Lysenko perché questi sosteneva di poter modificare le piante esercitando pressioni ambientali, e cioè in modo diretto e totale, e non avvalendosi semplicemente della riproduzione per ottenere buoni risultati. Tale teoria prometteva l'assoggettamento del mondo vegetale agli ordini del partito. (cap. XIII, pp. 308-309)
  • [...] le teorie di Lysenko sopravvissero di gran lunga a Stalin, dato che anche Hruščev ne fu un sostenitore. In generale si ritiene che la pseudoscienza di Lysenko affascinasse Stalin e i suoi simili non solo in riferimento al regno vegetale. La possibilità di manipolare le specie poteva essere applicata anche all'umanità. L'ambiente staliniano stava creando l'«uomo nuovo sovietico». Dalle teorie di Lysenko conseguiva l'ereditarietà biologica dei nuovi caratteri. (cap. XIII, p. 309)

Stalin rappresenta il dogmatismo, la fede in una teoria millenaristica al suo livello più rozzo. Tuttavia per quanto la sua personalità possa sembrare ordinaria, triviale e limitata, della sua vita non possiamo certo dire che non offra alcun insegnamento o che sia priva di interesse. Ma il suo interesse sta soprattutto nella quantità smisurata di devastazione fisica, morale e intellettuale che ha inflitto. Se oggi possiamo incominciare ad annoverare Stalin nella storia del passato, è nella speranza che non apparirà mai più un altro come lui.

Note

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  1. Citato in Stenio Solinas, Che vergogna l'Europa: i crimini staliniani pesano meno della Shoah, ilGiornale.it, 24 dicembre 2010.
  2. Città russa nella parte sud-occidentale della Siberia.
  3. Letter of an Old Bolshevic in Boris I. Nicolaevsky, Power and the Soviet Elite, New York, 1965, p. 48. [N.d.A., p. 780.]
  4. V.I. Lenin, Sobranie sočinenij, 3a ed. russa (Moskva 1926-37), vol. 29, p. 229. [N.d.A, p. 780.]
  5. Vedi Boris Souvarine, Stalin, London, 1949, p. 246 [trad. it. Stalin, Milano, Adelphi, 1983]. [N.d.A, p. 780.]
  6. Stalin, prima del processo, aveva promesso a Zinov'ev e al coimputato Kamenev di salvare le loro vite e la libertà delle famiglie, se si fossero dichiarati colpevoli. (Conquest, op. citata, p. 148).
  7. Acronimo del russo Narodnyj komissariat vnutrennich del (Commissariato del popolo per gli affari interni).
  8. Serge, From Lenin to Stalin, pp. 146-47; Nina Murray, I Spied for Stalin, New York, 1951; e vedi Neva, n. 6 (1988). [N.d.A., p. 789.]
  9. Gli altri «militari» membri di pieno diritto erano Vorošilov e Gamarnik. [N.d.A., p. 297.]
  10. Aleksandr Il'ič Egorov, generale e maresciallo dell'Unione Sovietica, giustiziato nel 1939.
  11. Jan Borisovič Gamarnik, capo dell'amministrazione politica dell'Armata Rossa, suicida nel 1937 e dichiarato "nemico del popolo".
  12. Walter G. Krivitsky, In Stalin's Secret Service (London 1939), pp. 250-51. [N.d.A., p. 800.]
  13. Alexander Barmine, OneWho Survived (New York 1945), p. 7. [N.d.A., p. 800.]
  14. Jagoda, insieme con Bucharin, Rykov e altri diciotto imputati, fu processato a Mosca nel marzo 1938 e condannato a morte.
  15. Alexander Orlov, The Secret History of Stalin's Crimes, New York, 1953, p. 264, [N.d.A., p. 826.]
  16. Prigione nell'omonimo quartiere moscovita.
  17. Walter G. Krivitskij, In Stalin Segret Service (London 1939), p. 217. [N.d.A., p. 829.]
  18. Roy Medvedev, Let History Judge (New York 1971), pp.240-41. [N.d.A., p. 833.]
  19. Interrogatorio di Žigunov (documenti tedeschi catturati, National Archives, microfilm, T8, roll 287). [N.d.A., p. 833.]
  20. Ogonek, n. 7 (1988) [N.d.A., p. 833.]
  21. Carica della cavalleria inglese nella battaglia di Balaklava, nota anche come carica dei 600.
  22. «Rabočij klass i Sovremennyj mir», 1, 1988. [N.d.A., p. 5.]
  23. «Moskovskie Novosti», 14 luglio 1988. [N.d.A., p. 5.]
  24. Elena Dmitrievna Stasova (1873–1966), segretaria di Lenin; R. Conquest, Stalin, op. cit., p. 62.
  25. Rispettivamente Procuratore generale e Presidente del Tribunale della Corte suprema nei maggiori processi delle grandi purghe.
  26. Nel testo "quando".

Bibliografia

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  • Robert Conquest, Il grande terrore (The Great Terror), traduzione di Adriana Valori Piperno, terza edizione BUR Storia, Rizzoli, Milano, 2006. ISBN 88-17-25850-4
  • Robert Conquest, Il secolo delle idee assassine (Reflection on a Ravaged Century), traduzione di Luca Vanni, Edizione speciale per Il Giornale pubblicata su licenza di Mondadori Libri, Società Europea di Edizioni.
  • Robert Conquest, Raccolto di dolore Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica (The Harvest of Sorrow), traduzione di Vittoria de Vio Molone e Sergio Minucci, Mondadori Libri S.p.A., Milano, 2023. ISBN 978-88-17-17892-1
  • Robert Conquest, Stalin La Rivoluzione, il Terrore, la guerra (Stalin), traduzione di Luisa Agnese Dalla Fontana, Oscar Storia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2003. ISBN 88-04-31329-2

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