Chapter 1: La convivenza mi spaventa, è roba nuova
Chapter Text
Sara riceve la chiamata di Simone intorno alle nove di sera.
Ciao, Sara- la saluta il ragazzo- Disturbo?
No no, affatto- risponde lei- Dimmi pure.
Ho visto su Instagram che stai cercando qualcuno a cui affittare casa tua- le dice- E ieri fuori dalla facoltà accennavi di stare avendo problemi. Come mai?
Sara si lascia sfuggire un sospiro- Hai presente il posto dove vivo, in Via dei Bersaglieri? È un appartamento doppio, a dieci minuti a piedi dalla facoltà, praticamente. In teoria sarebbe da quattro, ma ci vivevamo comodamente in tre fino a quando la terza coinquilina si è laureata e trasferita. Ora sono rimasta da sola con la mia amica Irina, ma l’affitto è troppo alto per dividercelo solamente in due! Non vogliamo trasferirci, questa casa è troppo comoda e troppo grande, quando mai ci ricapita?, ma se non troviamo nessuno in tempi brevi dovremmo andarcene per forza. Trovare un’altra casa vicina e ad un prezzo accettabile sarà un casino, e nel mentre dove andremo? Non posso tornare dai miei, vivono a tre ore e mezza di macchina e io ho due esami da preparare entro il mese prossimo, e per Ira non è neanche un’opzione dato che tutti i suoi parenti sono in Russia.
Brutta storia- asserisce Simone- Io sto in un monolocale, ma sono molto lontano dalla facoltà, a febbraio mi scade l’affitto e non riesco a trovare un posto decente dove spostarmi.
Ma trasferisciti da noi!- propone subito Sara- Prendiamo due piccioni con una fava, no? Tu ti avvicini alla facoltà e io e Ira non siamo costrette ad andarcene da casa nostra.
Simone si era trasferito dalla facoltà di Fisica della Bicocca di Milano a quella di Bologna ad agosto, e subito il gruppo di Sara si era affezionato a lui, ai suoi modi educati e alla sua disponibilità: la ragazza era certa che nel condividere lo stesso tetto non avrebbe avuto problemi né con lei né con Irina.
Era un po’ quello che volevo proporti, perché mi ricordavo avessi una casa grande- la voce di Simone si fa più titubante mentre prosegue- Però c’è un’altra cosa. Ci sarebbe un’altra persona che sta cercando casa con me.
-Ancora meglio, così dividiamo l’affitto in quattro. Chi è questa persona?-
C’è qualche secondo di silenzio, poi Simone risponde- Ecco… è il mio ragazzo. Riccardo.
Di Riccardo Sara sa poco: che studia Lettere, che è poco più grande di Simone e che è per seguire lui che il ragazzo si è trasferito a Bologna. Simone è terribilmente riservato quando parla del fidanzato: non racconta mai dettagli sulla loro relazione e non pubblica mai foto di loro due insieme (anche se Simone pubblica molto poco anche se stesso, quindi la cosa non risulta così strana), ma gli amici sanno che si vedono tutti i giorni, perché chiacchierando è sempre un “Vado a cena con Riccardo”, “Ero a prendere Riccardo in facoltà”, “Ero ad assistere all’esame di Riccardo”. Gli orari che fanno però sono diversi, e nonostante le tante rassicurazioni e sollecitazioni fatte dai colleghi sul portare anche lui alle loro uscite (i partner sono sempre ben accetti nel gruppo), il misterioso fidanzato di Simone non si è mai presentato agli appuntamenti settimanali per il caffè o agli aperitivi pomeridiani. Riccardo diventa noto al gruppo quasi come un fantasma, come un’entità mistica e timida resa reale solo dalle poche foto che Simone, sotto minaccia, è stato costretto a far vedere (“È così bello, perché ti vergogni di lui?” è stata la reazione di Sara) e dalla chat che, se si butta un occhio al telefono del ragazzo quando apre Whatsapp, si vede affissa in alto: un semplicissimo “Riccardo” seguito dall’emoji di una volpe e da cuore giallo.
C’è qualcosa di strano nel modo in cui Simone ha nominato il ragazzo, tanto che Sara chiede- Non c’è alcun problema, vi lasciamo la camera matrimoniale in cui sta dormendo Ira. Perché lo dici con quel tono?
Quando risponde, il ragazzo cerca di nascondere l’agitazione ma non ci riesce- È che già qualcuno ha rifiutato di darmi la casa, una volta scoperto che avrei vissuto con il mio fidanzato. Più di qualcuno, per la verità.
Sara spalanca gli occhi- Per davvero?
Eh già- risponde lui- Alcuni hanno provato a dissimulare: “Va bene, ti richiamo io allora”, e non si sono fatti più sentire. Un paio di persone sono state più chiare, e mi hanno risposto che loro, testuali parole, non affittano case ai froci. Un tipo mi ha detto “No guarda, io non ho niente contro i gay, ma vivere nello stesso posto mi sembra un po’ troppo”, come se fossi pronto a, non lo so, contagiargli una malattia o a saltargli addosso. Volevo rispondergli che, se non l’avesse capito, avevo un fidanzato, e che comunque uno come lui non l’avrei guardato neanche fossi stato single, invece sono solo riuscito a rispondere “Va bene, grazie lo stesso”, a chiudere il telefono e gettarlo sul divano. E io so che tu non sei omofoba, non potrei mai pensarlo, ma ormai ne ho sentite troppe e il solo pensiero di ripetere sempre la stessa conversazione sta iniziando a mettermi addosso un’ansia terrificante: ti giuro, Sara, che davvero non ne posso più. Voglio solo trovare un posto dove io e Riccardo possiamo stare in tranquillità, non chiedo molto.
Oddio, Simo- dice Sara- Mi dispiace molto, non avevo idea che fosse così difficile per voi due. Ti assicuro che qui a casa non avrete nessun problema. Domani, se vuoi, ti faccio vedere la casa, anzi, la faccio vedere ad entrambi! Se Riccardo ha piacere di venire, ovviamente.
Grazie, Sara- nella voce di Simone c’è una gratitudine sincera- Verremo volentieri.
L’ostacolo principale per Sara si rivela convincere Irina a cedere la camera matrimoniale per trasferirsi nel secondo letto singolo della sua, promettendole che che adorerà i nuovi coinquilini. È un po’ un salto nel buio, come promessa, considerando che neanche conosce uno dei due, ma basta la prima visita alla casa per capire che non ci saranno problemi.
Sara si era immaginata un Riccardo timido e riservato, un po’ come Simone: scopre invece un ragazzo solare, entusiasta ed affettuoso che fa subito breccia nel suo cuore e in quello di Ira.
Avevi ragione- ammette quest’ultima, qualche mese dopo il loro trasferimento dei ragazzi- Non avremmo potuto trovare coinquilini migliori, anche se mi stanno lentamente facendo venire le carie per quanto sono stucchevoli.
Non dire così, sono dolcissimi!- la rimprovera Sara- Secondo me sei gelosa perché Leonardo non si è potuto trasferire da Venezia per venire a stare qua.
Non saremmo di certo così appiccicati l’uno all’altra, se si trasferisse- ribatte Irina- Mi chiedo come abbiano fatto a sopravvivere lontani per mesi visto il loro livello di codipendenza.
Non esagerare- Sara le dà un leggero schiaffo sul braccio, e l’amica risponde spingendola via- Non puoi dirmi che non è vero, non ti ricordi cosa ci ha detto Simone? Si conoscevano solo da sei mesi quando ha deciso di trasferirsi a Bologna per stare con lui: ora ogni volta che Riccardo torna a casa corre ad abbracciarlo come se non lo vedesse da una vita, quando magari hanno passato solo qualche ora lontani. Com’è possibile?
Sono semplicemente innamorati- asserisce Sara- Basta vedere come si guardano per capirlo. Ero convinta che Simone si vergognasse di Riccardo, ma mi ero sbagliata: sai cosa credo che fosse il motivo di tutta quella riservatezza, adesso?
-Cos’era?-
-Gelosia, o meglio, la consapevolezza di aver trovato un tesoro così speciale da non volerlo condividere con nessuno.-
Per paura che glielo potessero, passami il termine, rubare?- chiede Irina, scettica.
Sara alza le spalle- Forse, oppure per paura che qualcuno potesse fargli del male.
L’altra scuote la testa- Chi vorrebbe fare del male a Riccardo? Quel ragazzo è un angelo, ha pure i lineamenti e i colori giusti per passare per un cherubino.
Perché, pensi seriamente che si lascerebbe portare via da Simone?- Sara solleva le sopracciglia- Impossibile, assolutamente impossibile.
Che gente ci siamo messe in casa- Irina lascia andare un sorriso- Quei due si amano troppo per essere una coppia di oggi, per quello non li riesco a capire.
Irina ha ragione, Sara lo deve riconoscere: Simone e Riccardo non riuscirebbero neanche volendo a non essere dolci come caramelle mou, e la ragazza teme seriamente che vivere con loro le metterà in testa degli standard irraggiungibili, per quanto riguarda le relazioni. Si segna mentalmente di rinfacciarglielo quando sarà una cinquantenne zitella piena di gatti, mentre li vede essere così innamorati.
Riccardo, per esempio, lavora part time in una pizzeria come cameriere, in modo da mettere da parte qualche soldo “per quando non potrà più pesare economicamente sugli altri come adesso”, come dice lui (Sara immagina si riferisca alla sua famiglia, anche se non capisce perché teme così tanto che gli taglino i viveri da un giorno all’altro), e alla fine del turno a prenderlo c’è sempre Simone, anche quando finisce di sistemare il locale alle due di notte: questo glielo conferma Irina, che spesso e volentieri si addormenta sul divano mentre fa maratona di serie tv e viene svegliata dal loro ritorno a casa. Irina, a cui quel divano evidentemente non concilia un sonno pesante, una volta ha recriminato di essere stata svegliata anche da altri tipi di rumori provenienti dalla loro camera, sempre nel cuore della notte, ma Sara si è prontamente tagliata fuori dalla questione. Dopo quella volta, comunque, non l’ha più sentita lamentarsi di un incidente simile, quindi o lei ha iniziato a prendere sonniferi o i ragazzi hanno fatto in modo di fare più piano, e la seconda opzione le sembra più plausibile.
Quando Riccardo è particolarmente stressato per via dell’università Simone lo porta al mare, perché sa che nessun altro posto è in grado di farlo rilassare tanto e che il fidanzato non può resistere all’idea di pranzare in spiaggia, da soli, al riparo dal sole sotto l’ombrellone e con un panino farcito e fragrante comprato la mattina stessa (che, per qualche ragione ignota, è sempre lo stesso: cotto e mozzarella); quando c’è un libro che vorrebbe tanto leggere è Simone che va in libreria e glielo compra, per poi farglielo trovare sul tavolo appena rientra in casa; quando vede che Riccardo ha bisogno di sentirlo vicino si lascia abbracciare per ore, sapendo quanto il suo ragazzo ami farlo. È come se Riccardo non sapesse vivere troppo a lungo (ad esempio, per due ore) senza cercare il contatto fisico con il suo ragazzo: lo stringe a sé mentre stanno preparando la cena, si accoccola accanto a lui quando guardano la tv dopocena, anche quando hanno l’intero divano libero a loro disposizione, si aggrappa al suo braccio e appoggia la testa sulla sua spalla ogni volta che si fermano a guardare le vetrine dei negozi, intreccia le mani con le sue quando camminano in strada e se lo tira più vicino per rubargli qualche bacio sulla guancia nonostante i segni della croce fatti dagli anziani che gli passano accanto, a cui risponde con un gioioso menefreghismo. Quando fa così Simone ride e fa finta di spingerlo via, per poi cingergli la vita con un braccio e baciarlo di nuovo: è diventato, ormai, un copione prestabilito.
Sembra che per Riccardo ogni occasione sia quella giusta per far sentire a Simone la sua presenza, per fargli sentire che è lì per davvero, che è lì per lui, e per Sara è una cosa adorabile. Irina, invece, è meno romantica: un pomeriggio, vedendo Simone particolarmente subissato da coccole e carezze, dice a Riccardo- Puoi anche lasciarlo respirare un po’, eh, guarda che non te lo ruba nessuno!
Lo so- asserisce lui- Ma metti che cerchino di portare via me…
Non dirlo neanche per scherzo- Simone sembra impallidire al solo pensiero, e si stringe di più al fidanzato. Irina solleva le spalle, ma non commenta oltre.
Che Simone sia molto protettivo nei confronti del fidanzato è lampante, e basta veramente poco per mandarlo nel panico: un malanno stagionale, il racconto di una lite in strada o fuori da un locale o un ritardo sono piccoli incidenti sufficienti per far crescere in lui un’ansia ingestibile quando si parla del fidanzato. Quando non sono insieme gli scrive spesso per accertarsi di come stia, e le ragazze non comprendono del tutto questa apprensione né capiscono cosa tema possa accadere di tanto pericoloso al fidanzato nel giro di un paio d’ore; a peggiorare le cose, Riccardo sembra essere alieno al mondo della tecnologia: prova un’inspiegabile avversione verso i social e verso l’idea di condividere la sua vita privata online, anche se solo con gli amici, e si dimentica il telefono a casa così tanto spesso che Sara e Irina si chiedono dove abbia vissuto fino a quel momento per riuscire a dipendere così poco dal suo smartphone e che Simone passa le giornate a ripetergli “Ricordati il telefono, amo’, non lasciarlo a casa!”.
È così che Simone chiama il fidanzato per la maggior parte delle volte, amore, o più spesso amo’: che si chiami Riccardo, certe volte sembra quasi non ricordarselo.
Un mercoledì come tanti Simone rientra alle due del pomeriggio dalla facoltà e scopre che Riccardo non è in casa. Sara, con in mano una tazza di tè e l’altra sulla tastiera del pc, gli indica con un cenno della testa il telefono del fidanzato abbandonato sul tavolo, e questo basta per mandare Simone nel panico- Non mi aveva detto che si sarebbe trattenuto dopo pranzo. Secondo te dov’è? E se gli fosse successo qualcosa?
Rilassati, Simo- cerca di rassicurarlo la coinquilina- Si sarà trattenuto a studiare con i colleghi.
Poco più tardi gli arriva un messaggio vocale da un numero sconosciuto: lo riproduce subito, e la voce di Riccardo si diffonde per l’appartamento- Ciao amo’, sei rientrato? Io sono al centro commerciale con i ragazzi, questo è il numero di Betta perché io ho scordato il telefono a casa… Se hai finito in facoltà te ne sarai già accorto.
Basta la risata registrata che segue per far rilassare Simone, poi il vocale prosegue- Prenderò un pullman intorno alle quattro, quindi non stare in pensiero per me, ok? Va tutto benissimo, ci vediamo a metà sera.
Il messaggio vocale si chiude con un “Ti amo” pronunciato con un tono così dolce che Sara esclama- Ma quanto può essere carino? Anche lui sapeva che ti saresti agitato per nulla!
La tranquillità di Simone dura orientativamente tre ore, perché non appena scattano le sei riprende a camminare da una parte all’altra dell’appartamento come un’anima in pena, chiedendosi ad alta voce- Perché non è ancora tornato? Il pullman non avrebbe dovuto metterci così tanto. E se fosse successo qualcosa di grave?
Vedrai che sarà solo rimasto imbottigliato nel traffico- Sara tenta di tranquillizzarlo, mentre Irina, rientrata a casa un’ora prima, sbuffa- Che vuoi che gli sia successo? Che l’abbia ucciso la mafia per strada?
Meglio se ti siedi, ti vedo un po’ instabile- suggerisce Sara notando come il ragazzo sbianca a quelle parole, e intanto Irina rincara la dose- Senti, Simo, Riccardo ha ventidue anni, non ha bisogno di un babysitter.
Anche lui me lo ripete sempre- borbotta lui, tormentandosi le mani- Ma la cosa non mi fa stare più tranquillo.
Quando le ragazze, intorno alle 20, si cucinano qualcosa e si siedono a tavola, Simone non riesce a cenare: rimane sul divano a fissare prima la porta poi il telefono, prima la porta poi il telefono, come congelato in un loop dello spazio-tempo. Sara lo vede digitare almeno tre volte lo stesso numero in rubrica, che lo riporta ad un contatto segnato come “Pantera”, per poi cancellarlo e chiudere il telefono con un gesto nervoso, senza mai smettere di mordicchiarsi le labbra o tamburellare con la gamba sul pavimento.
Alle nove e mezza, quando ormai si è fatto buio da un pezzo, si sente una corsa forsennata lungo le scale e un armeggiare furioso della chiave nella serratura, e la porta si apre con un colpo secco: Riccardo è sulla porta, col fiatone e i capelli scompigliati, piegato a metà dalla fatica della corsa.
Simo’, sono qui!- gli dice, in piedi sulla soglia- C’è stato un incidente lungo la strada e il pullman è rimasto bloccato tre ore in mezzo al traffico! Ti ho fatto spaventare, vero? Dio, mi dispiace tanto, io…
Simone non gli permette di terminare perché si slancia dal divano e lo stringe tra le braccia- Non importa, non importa nulla. L’importante è che tu sia qui, adesso.
Riccardo chiude gli occhi e si abbandona per qualche secondo al suo abbraccio prima di lasciargli un bacio a fior di labbra e sussurrargli- Grazie.
Simone sorride- E di che?
-Di aspettarmi sempre.-
Passa qualche settimana, e Sara e Irina stanno studiando da un’oretta sedute al tavolo della cucina con accanto un’importante caraffa di caffè quando quest’ultima chiude il libro e lo lancia sul divano- Io mi sono stancata: per oggi ho chiuso. Tanto ho ancora un sacco di tempo per studiare.
Ira, guarda che non è così tanto- le dice l’altra- Sono solo venti giorni.
-Appunto! La settimana prossima inizierò a studiare, tanto mi sono già procurata le dispense. Poi arriverà il giorno, io mi farò la coda, mi vestirò bene, metterò la collana portafortuna e andrà tutto per il meglio. E comunque, male che vada lo do al prossimo appello.-
Hai detto così anche la scorsa volta- le fa notare Sara- E non ti sei presentata.
-Ma è perché la vita è una, non posso sprecare i miei anni migliori dietro robe tipo Economia e gestione delle imprese, ti pare?-
-Non mi sembra una grande idea, ma forse hai ragione tu…-
Per rafforzare il concetto, Irina sposta il libro e si stende sul divano- Sai dove dovremmo essere? A fare serata e farci offrire drink al Matis, oppure a casa di qualcuna a bere birra e sfondarci di pizza, o al concerto dei Pinguini Tattici Nucleari insieme a Simone e Riccardo.
-Ma se tu neanche ne ascolti indie italiano…-
-Che c’entra? Vuoi mettere a confronto questa serata con un concerto?-
Chissà quanto si stanno divertendo, quei due- anche Sara chiude il libro- Li riesco quasi a vedere, a tenersi per mano e piangere mentre cantano a squarciagola Freddie.
Forse è meglio che non sia andata- commenta l’altra- Mi sarebbe venuto il diabete davanti ad una scena del genere. Dai, scherzo!- scoppia a ridere vedendo lo sguardo di disapprovazione che le scocca Sara- Sai quanto li amo. Avevi ragione tu, quando dicevi che ero gelosa di loro.
Si fa da parte per far spazio all’amica e farla sedere sul divano; Sara si accomoda e dice- Riccardo però è più carino del tuo Leonardo.
Come ti permetti?- Irina si alza del tanto giusto per allungare un leggero calcio all’amica, mentre ridendo commenta- Dici così solo perché non l’hai mai visto dal vivo. E poi, da quando ti piacciono i biondi?
Non è perché è biondo- ribatte lei- Il fatto è che Riccardo è sempre così allegro, gentile, solare… Mi trasmette gioia, averlo intorno.
Be’, sì, è un ragazzo solare- ammette Irina- Ma c’è qualcosa di strano in lui.-
-Strano in che senso?-
-Non lo so, strano. È come se avesse una tristezza di fondo nello sguardo che non riesce a scacciare mai. Quando sorride mi sembra sempre che sia una maschera quella che sta indossando.-
Sara aggrotta la fronte- Una maschera?
Una maschera che però non nasconde la malinconia che ha negli occhi- spiega l’altra- Gli unici momenti in cui quella tristezza sembra sparire del tutto è quando guarda Simone, ma per il resto...
Sara scuote la testa- Non ho mai notato questa cosa.
Irina alza le spalle- È perché hai gli occhi coperti di zucchero, te lo dico sempre. Chissà cosa gli è successo, per portarsi dentro tutta questa malinconia.
Be’, è cresciuto in una casa famiglia per i primi sedici anni della sua vita- Sara lo dice sottovoce, come se si trattasse di un segreto, nonostante quell’informazione gliel’abbia detta lo stesso Riccardo qualche mese prima (tenendo sotto al tavolo la mano di Simone, anche se Irina di questo non se n’è accorta)- Non dev’essere stato facile di sicuro.
L’altra fa un cenno d’assenso col capo- Chissà cosa ha vissuto, o cosa ha subìto. Sono felice che abbia trovato Simone, però: è un bravo ragazzo, merita un po’ di serenità.
Quella conversazione torna in mente a Sara qualche notte più tardi, quando il suo orologio digitale segna le tre e sente arrivare dal salotto un rumore che non si aspetta: un pianto, un pianto disperato. Si solleva di scatto, cercando di capire se quei singhiozzi siano reali oppure un sogno; dopo essersi pizzicata la gamba con un po’ troppa energia, aver soffocato un’imprecazione ed essersi accertata che al suo fianco Irina stia placidamente dormendo a faccia in giù esce dalla camera seguendo il suono delle lacrime. Se Ira sta dormendo, chi è che piange in quel modo nel suo salone?
Supera il corridoio e trova la luce del salotto accesa; scopre Riccardo seduto sul divano, scosso dai singulti tra le braccia di Simone, col volto seppellito contro il suo petto. Il fidanzato, mentre gli accarezza la schiena e il viso e gli sussurra all’orecchio- È tutto a posto, amo’, va tutto bene-, appare stanco e preoccupato, ma nella sua espressione c’è una traccia di rassegnazione che spinge Sara a domandarsi quante volte sia già capitata una scena del genere.
Riccardo lascia andare un altro doloroso singhiozzo- Io non ce la faccio più, Simo’, per quanto ancora dovrò andare avanti così? Per quanto ancora dovrò mentire? Quando finirà tutto questo?
Le sue parole si fanno confuse, a quel punto, i sussulti troppo ravvicinati, il suo fiato troppo corto.
Sara, in preda alla confusione, chiede in un sussurro- Cosa è successo?
Simone si volta verso di lei e lascia andare un profondo sospiro: scuote la testa e risponde con la stessa voce bassa- Niente, Sara, torna a dormire. Puoi stare tranquilla, ci penso io.
Non c’è niente per cui stare tranquilla, ma Sara comprende che la sua presenza sia di troppo: annuisce e dice- Se c’è bisogno di me vieni a chiamarmi, ok?
Il ragazzo le fa un cenno col capo e le dice- Grazie-, poi torna a concentrarsi sul fidanzato, che non si è reso conto della terza presenza nella stanza, non ha sollevato la testa né ha smesso di piangere.
Sara lascia la stanza sentendo di nuovo la voce di Riccardo- È troppo, Simo’, è tutto troppo-, e quelle parole la tormentano per tutta la notte, senza lasciarla dormire.
Il mattino dopo tutti e tre hanno gli occhi gonfi di chi ha dormito poco e niente; Riccardo è pallido e sembra esausto, e Simone non stacca gli occhi da lui, come se si aspettasse di vederlo crollare da un momento all’altro.
Come stai?- chiede Sara a Riccardo non appena arriva in cucina; Irina aggrotta le sopracciglia- Cosa è successo? Perché avete tutti queste facce smorte?
Il ragazzo si sforza di sorridere- Ieri notte dopo che siete andate a letto io e Simo’ siamo usciti, ho bevuto troppo e quando sono tornato a casa sono scoppiato a piangere per quanto ero ubriaco. Niente di che, in realtà, però credo di aver fatto spaventare tutti e due.
Il cipiglio di Irina si fa più profondo- Davvero? Solitamente sei più allegro, da ubriaco.
Decisamente ieri non lo ero- asserisce il ragazzo, alzando le spalle.
Solleva lo sguardo verso Sara, che si limita a pronunciare un monocorde- Eh, già-, ma lo sguardo che si scambiano non è difficile da interpretare: Riccardo non si sta neanche impegnando ad offrirle una bugia convincente, e lei non nasconde il suo scetticismo.
Ora è tutto ok?- gli chiede, e lui annuisce; alla ragazza non sfugge, però, lo sguardo apprensivo di Simone e il modo in cui la sua mano sia corsa a stringere quella del suo ragazzo.
Ti sei resa conto che Riccardo stamattina ha mentito, vero?- le dice Irina quella notte, quando si ritrovano sole in camera e lei si sta sciogliendo la treccia bionda.
Certo- Sara annuisce.
-E perché non hai chiesto la verità?-
-Perché non l’hai fatto tu?-
Perché io neanche c’ero, quando tutto è successo- sbuffa quella- Eri tu che se avessi voluto dovevi andare a fondo.
È questo il punto, non voglio- spiega l’altra, poggiando gli occhiali sul comodino ed entrando sotto le coperte- Se è un segreto tra loro due e vogliono mantenerlo tale chi sono io per disturbare la loro riservatezza?
Non hai idea di come fosse disperato, ieri- si sente percorsa da un brivido mentre rivede davanti ai suoi occhi il viso deformato dal dolore di Riccardo- Mi ha svegliato, tanto piangeva: qualunque fosse il motivo, doveva essere qualcosa di serio, e se non vuole raccontare nulla non sarò di certo io a costringerlo.
C’è una sola cosa che Sara davvero non capisce di Simone: lui e Riccardo non perdono occasione di stare insieme, di andare ai concerti o di prendere un treno e visitare una qualsiasi città che stia nei dintorni, ma nonostante Riccardo ripeta sempre che Roma è il suo posto preferita e Simone sia proprio di Roma questo quando scende dai suoi parenti non lo porta mai con sé. Riccardo rimane a Bologna, malinconico come un mattino grigio di novembre, fino a quando non arriva il giorno in cui andare a prendere Simone, in stazione o in aeroporto. Perché il fidanzato non gli propone mai di andare con lui? Cosa c’è nella sua città che deve tenere lontano da Riccardo? L’ipotesi più probabile, per Sara, è che Simone tema di presentarlo ai suoi, perché dopotutto stanno insieme neanche da un anno, anche se sembra se si conoscano da molto di più per quanto sono affiatati, e forse a nessuno dei due piace l’idea di correre; quando ci riflette, tiene ben lontana dalla sua mente la battuta che le ha fatto Irina quando per la prima volta le ha espresso la sua perplessità- Ti immagini se avesse un altro, giù a Roma?
Smetterei definitivamente di avere fiducia nell’umanità- aveva risposto lei- Simone che tradisce non esiste, in nessun universo.
Eppure, in un pomeriggio di metà marzo, uno come tanti già trascorsi con Sara a studiare sul tavolo, Irina seduta dall’altra parte a guardare la tv e Simone e Riccardo abbracciati sul divano a farsi le coccole, quell’ipotesi improbabile non può fare a meno di affacciarsi: Simone, spingendo via il fidanzato che tentava di mordergli la guancia, esclama- Dai, Mimmo, basta!-, e il silenzio cala nell’appartamento.
Sara sobbalza, Irina si volta di scatto verso di loro con gli occhi sgranati; Simone, pallido, si copre la bocca con la mano e borbotta qualcosa di incomprensibile, mentre Riccardo sembra essere rimasto letteralmente senza parole. Allontana di scatto le mani che cingevano dolcemente il volto del fidanzato, il labbro inferiore inizia a tremargli, e il suo sguardo, generalmente luminoso come il mare d’estate, si fa cupo come un cielo pronto a far scendere il diluvio.
Che cazzo dici, Simo’!- sono le parole, pronunciate in un grido roco, che si lascia dietro mentre abbandona l’appartamento sbattendo la porta.
I tempi di reazione di Simone sono allungati dall’ansia e dal terrore puro che gli si legge negli occhi, pieni di lacrime.
Che cazzo ho fatto- sussurra, tenendo gli occhi puntati sulla porta, prima di correre fuori gridando- Amore, ti prego! Aspettami!
Quel grandissimo bastardo di Balestra!- Irina si riprende presto dal suo shock e si mette a sbraitare- Io lo distruggo, non appena torna, lo distruggo ti dico! Non hai visto quanto era sconvolto Riccardo? Come ha potuto fargli una cosa del genere?
Non ci credo- Sara scuote la testa- Non è possibile, non Simone, non Riccardo, non… Non le corna, insomma! Secondo me stiamo prendendo un abbaglio, ce lo vedi davvero Simone a tradire?
Ma che abbaglio e abbaglio- sbotta l’altra- L’ha chiamato col nome di un altro, cosa può voler dire?
Non saltiamo a conclusioni affrettate- la supplica la coinquilina- Aspettiamo di parlarne con lui, no?
Irina stringe le braccia- Vedrai come ne parliamo, vedrai…
Simone rientra in casa alcune ore dopo, con gli occhi rossi e l’aria esausta ma più tranquilla. Si butta sul divano e si porta la mano destra alle tempie, lasciando andare un pesante sospiro, e intanto Sara e Irina gli si avvicinano come due condor si avvicinerebbero ad un cadavere in putrefazione nel deserto. Irina, almeno, lo guarda con lo stesso disgusto- E Mimmo dove l’hai lasciato?
Riccardo sta bene- risponde lui, con un altro sospiro- Ma ha detto che aveva bisogno di un po’ di tempo da solo.
Si passa una mano sugli occhi, come ad asciugare le ultime lacrime che minacciano di uscire, ma neanche questo serve ad addolcire lo sguardo di disprezzo di Irina; è però Sara a dire- Come hai potuto fargli una cosa del genere? Non fai altro che ripetere che lo ami e poi ti sei trovato un altro? Sei un mostro!
Non ti vergogni?- sibila Irina, dandole manforte.
Ma di che state parlando?- Simone aggrotta le sopracciglia- Non c’è nessun altro.
Si, certo, e io sono Babbo Natale- è la laconica risposta di Irina.
È di Roma, vero? Il tuo altro ragazzo ti aspetta a Roma, è così?- Sara è il ritratto della disperazione mentre gli parla- È per questo che non ci porti mai Riccardo, nonostante dica sempre quanto vorrebbe tornare nella tua città! E tu lo lasci qui, a patire la nostalgia come un cane, mentre te la stai spassando con non so chi altro!
Mi sembra che vi siate fatte un po’ troppo prendere dalla fantasia- Simone le blocca entrambe- Date un taglio ai film mentali, vi prego, la giornata è stata già abbastanza difficile così. Non c’è nessun altro a Roma, cosa siete andate a pensare? Non ci andiamo mai insieme perché, ecco… Non sono ancora out con i miei- abbassa lo sguardo mentre pronuncia quelle parole- Non sanno che ho un fidanzato perché in realtà non sanno neanche che sono gay.
Ah- è l’unico commento di Sara, presa in contropiede; Simone annuisce e si sfrega il collo con nervosismo- Se ci vedessero insieme, o se qualcuno dei loro amici ci vedesse mentre, che ne so, ci baciamo o camminiamo mano nella mano, sarei costretto a rivelargli tutto, e non mi sento ancora pronto per farlo. Ma anche presentare Riccardo come il mio coinquilino e basta non mi sembra giusto nei suoi confronti, capite, no? Quando glielo presenterò, perché prima o poi lo farò, voglio farlo dicendo la verità, ovvero che è l’uomo della mia vita, ciò che amo più di tutto il resto, anche più di me stesso, perché è questo che si merita. Lui lo sa, che ho solo bisogno di tempo e che prima o poi tornerà a Roma con me. È solo… troppo presto.
Sara ascolta in silenzio, ed è pronta a scusarsi per le sue illazioni, ma la precede Irina, il cui sguardo inquisitore e severo su Simone non si è alleggerito in alcun modo- Intanto l’hai chiamato con un nome che suo non è. Chi dovrebbe essere Mimmo?
Si, ecco, è questa la vera cazzata che ho fatto oggi- ammette il ragazzo- Mimmo è, ecco, il mio ex.
Simone ha una strana espressione mentre racconta del suo primo ragazzo dei tempi del liceo, il primo ragazzo che avesse mai ricambiato il suo amore, con la quale aveva condiviso tanto (compresa una triste e sofferta rottura) e che ancora riteneva essere stato una delle persone più importanti della sua vita.
Riccardo sa tutte queste cose- spiega- E quando ha scoperto che questi giorni l’ho trovato per caso su Instagram e che gli ho scritto per sapere come stava si è ingelosito un po’, e quello che è successo, be’…L’ha fatto arrabbiare, e da qui tutto quello che avete visto.
Arrabbiare è un eufemismo- commenta Irina- Era furioso… Non pensavo che Ricky fosse un tipo così geloso.
Si vede che non gliene avevo mai dato motivo- Simone alza le spalle- Ma adesso è tutto a posto, giuro, e se ancora non mi credete potrete chiedere a lui, non appena torna a casa.
E per farti perdonare, cosa hai intenzione di fare?- domanda Sara.
Spero di essere già stato perdonato- replica Simone, visibilmente più rilassato- Ma, come prima cosa, gli preparerò la cena. Che preparo, una pasta? Patate e provola o puttanesca? Mi sa che il tempo per preparare il sugo alla genovese mi manca…
Simone fa in tempo anche ad uscire, comprare il dessert e apparecchiare la tavola quando Riccardo rientra a casa con in mano una busta che riempie presto l’appartamento di un ottimo odore- Sono a casa, e ho comprato la cena!
Simone si blocca a metà tra il piano da lavoro e il tavolo, con l’insalatiere pieno di pasta tra le mani- Bentornato, amore, be’… Anche io ho preparato.
Pasta patate e provole?- Riccardo riconosce l’odore e sorride- Io ti avevo preso un panino cotto e mozzarella, ma se preferisci così…
Il ragazzo poggia la busta sul tavolo e si avvicina al fidanzato, che tiene puntati su di lui un paio di occhi resi ancora più grandi del solito dall’apprensione e dalla tensione: Riccardo gli poggia le mani sui fianchi, e sente i muscoli di Simone rilassarsi a quel contatto- Sei carino, con questo grembiule addosso.
Quello lascia andare una piccola risata- Non me lo tolgo mai più, se vuoi.
La sua voce si fa più bassa- È tutto ok, adesso?
Non aggiunge nulla, sono i suoi occhi a portare avanti la sua supplica: “Ti prego, dimmi di sì, dimmi che va tutto bene, dimmi che mi hai perdonato e che mi ami come prima”.
Riccardo sembra capirlo, e gli sussurra- Tutto ok- mentre sposta la mano destra dal suo fianco per portargliela sulla guancia, avvicina il suo viso al proprio e gli lascia un bacio a fior di labbra.
Mi sembra che abbiano fatto pace- mormora Sara a Irina, che però ha adocchiato i panini- Ma perché non ci mangiamo questi e anche la pasta?
Non ci pensare- la redarguisce lei- Quella la teniamo per domani a pranzo, che tanto si fa solo più buona.
Ira alza gli occhi al cielo- Va bene, mamma. Ci saresti dovuta andare tu ad Economia, di sicuro non io…
Assestato questo piccolo incidente, in casa si ristabilisce l’equilibrio che ormai i quattro sono diventati bravi a mantenere, con le loro abitudini: abitudine sono i libri che Riccardo lascia aperti in qualunque angolo della casa; abitudine sono le serate pre-esame dove le diete di tutti, compresa quella di Simone, che di solito cerca di tenersi in forma in qualità di atleta, vengono mandate all’aria mangiando pizza e gelato come se il mondo dovesse finire il giorno dopo (e a seconda dei CFU in ballo, certe volte è proprio ciò che sembra); abitudine sono le litigate telefoniche tra Leonardo e Irina, che passa dal “Sei un coglione!” al “Ti amo, buonanotte” nel giro di pochi, pochissimi minuti; abitudine è Sara che, quando arrivano le bollette, sventola davanti ai nasi di Mimmo e Simone quella dell’acqua, dicendogli che se ognuna delle loro docce deve durare così tanto e fargli spendere quella barca di soldi ogni mese forse sarebbe bene per le loro tasche che imparassero a farsele separatamente.
Abitudine sono le maratone di film romantici il pomeriggio in estate, anche se guardarli con Ira che ne fa notare ogni cliché può rendere nervosi, e tradizione ugualmente estiva diventano le giornate al mare a Riccione o Livorno, anche se Riccardo, a detta sua, le spiagge dell’Adriatico non le tollera proprio, perché non sono niente in confronto alla costa partenopea (Sara ha pensato di chiedergli perché non scendano mai fino a Napoli, ma visto come è finita l’ultima volta ha preferito evitare). Un bello strappo alle solite abitudini sono invece i giorni in cui da Roma sale Nadia, la loro migliore amica, che diventano la scusa per fare serata, e sia lei che Riccardo insistono per andare sempre nella stessa discoteca, per qualche strano motivo; abitudine è che, ogni volta che Sara faccia a quest’ultimo i complimenti per la felpa o la camicia che sta indossando, lui sorrida e risponda- Grazie, è di Simone in realtà-, perché ormai i confini del suo armadio e di quello del fidanzato sono talmente labili da non esistere più.
Capita una volta che anche Sara chieda a Simone in prestito una delle sue felpe e che le venga in mente di restituirla solo a tarda notte, quando lui e Riccardo si sono già ritirati nella loro stanza. Arriva in silenzio fino alla camera con la felpa ben piegata tra le braccia: la porta è socchiusa e dallo spiraglio proviene un filo di luce calda, come quella di una abat-jour, ma nessun rumore le fa credere che i ragazzi siano impegnati, o anche solo svegli. Che si siano assopiti lasciando la lampada accesa?
Alla fine si decide ad aprire la porta, certa di trovarli entrambi addormentati. Scopre un Riccardo ancora sveglio ma perso a contemplare Simone, che invece dorme profondamente appoggiato al suo petto: con una mano gli accarezza i riccioli scuri, mentre l’altra la tiene posata sulla pelle nuda della sua schiena; è in uno stato di venerazione così profonda che Sara vorrebbe solo avere il cellulare a portata di mano per fargli una foto, perché ai suoi occhi Riccardo non è mai stato così bello.
Il ragazzo ci mette qualche secondo a rendersi conto di Sara sulla soglia della camera, ma non fa movimenti bruschi: si limita a portarsi un dito alle labbra e ad indicare con un cenno del mento Simone, come a premurarsi che nessuno turbi il suo sonno. Lei, nel più totale silenzio, poggia la felpa da restituire sopra la cassettiera e sillaba un- Buonanotte a entrambi-, a cui Riccardo risponde con un sorriso luminoso e un altrettanto muto- Buonanotte.
Prima di chiudere la porta la ragazza non resiste e si volta di nuovo, in tempo per osservare Riccardo rimboccare la coperta stesa su di loro e lasciare un lieve, lievissimo, impalpabile bacio sulla fronte del fidanzato. Sara torna in camera sua e si addormenta con una certezza: che il suo sonno, quella notte, non sarà mai perfetto come quello di Simone.
Chapter 2: Mia mamma ti odia sul serio, e non ti può sopportare
Notes:
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Chapter Text
Quando Simone aveva annunciato a Pantera che si sarebbe trasferito a Bologna questo non ne era stato esattamente entusiasta, ma i ragazzi l’avevano previsto. Nadia già aveva impugnato i suoi libri di Diritto per dimostrargli che non c’era motivo (ma sopratutto possibilità) di impedirglielo, ma alla fine non c’era stato bisogno di convincerlo con le cattive: il poliziotto aveva dato la sua approvazione in modo così arrendevole che sia Nadia che Simone avevano capito che in carcere le cose dovevano essere molto diverse da come lo erano quando Mimmo era ancora dentro.
Era stato proprio lui a spiegare agli amici cosa stesse capitando, una volta che Nadia era salita a Bologna per fargli una sorpresa: il ragazzo aveva spiegato- I primi mesi sono stati i più pericolosi, per me: la banda di Molosso era in fermento, lui era furioso, e aveva dispiegato tutti i suoi contatti fuori dal carcere per trovarmi e farmela pagare.
Aveva deglutito in modo meccanico prima di proseguire il suo racconto, sopraffatto dai brutti ricordi e dal terrore- Non so spiegarvi come mi sono sentito in quei giorni: non riuscivo ad uscire dalla mia camera nuova, non riuscivo a mangiare, a fare niente. Ero paralizzato dalla paura e non sapevo come uscirne: se mi sono ripreso è stato solo perché mi hanno offerto la possibilità di tornare a scuola. Mi ha dato qualcosa su cui concentrarmi che non fosse la mia paura, e poi studiare mi mancava, o forse stavo solo cercando un ambiente che mi ricordasse quello del Da Vinci, che mi ricordasse te- aveva stretto la mano del fidanzato, pronunciando quelle parole.
E poi?- lo aveva incalzato Nadia- Cos’è successo?
Poi io mi sono abituato ad una nuova vita normale, e di pari passo anche la situazione si è fatta meno pericolosa- aveva spiegato il ragazzo- I collaboratori di Molosso che finivano dietro le sbarre a causa delle mie soffiate erano sempre di più, eppure lui non riusciva a trovare me né a riorganizzare le sue fila. Il mio tradimento non solo l’aveva danneggiato a livello materiale, ma aveva minato la fiducia che i suoi compari riponevano in lui: se non era neanche riuscito a far tacere un insulso ragazzino come me quali sicurezze poteva offrire? Quale credibilità manteneva agli occhi dei suoi sodali, come potevano fidarsi ancora di lui?
La posizione di Molosso si fa più fragile ogni giorno che passa- aveva concluso- E non ha più un controllo tale delle sue forze per permettergli di gestire i suoi traffici e di pensare anche alla vendetta verso di me: è troppo impegnato a guardarsi le spalle dai suoi stessi amici, ormai. Ciò non mi toglie dal pericolo, ovviamente, però non sono più così a rischio: è per questo che Pantera non si è opposto al tuo trasferimento qui, Simo’, perché sapeva che nonostante tutto saremmo stati al sicuro.
“Al sicuro, al sicuro, al sicuro: Mimmo è al sicuro, e anche io sono al sicuro” è quello che si ripete Simone seduto alla tavola di villa Balestra, pensando a quanto avrebbe preferito trascorrere quella Pasqua col fidanzato al suo fianco. Invece quella possibilità non gli è accessibile: non solo per un motivo logistico (a Mimmo è ancora vietato scendere a Roma, secondo la deliberazione del giudice), ma anche perché l’idea dover spiegare la situazione a tutti i familiari gli sembra inutilmente penosa, oltre che pericolosa.
La curiosità, o meglio, l’affezione al pettegolezzo della famiglia, che per l’occasione è al gran completo (c’è Lombardi, cosa che lo mette terribilmente a disagio, e persino Floriana è riuscita a prendere un giorno di ferie e ora è seduta accanto ad Anita), elegge subito lui come argomento di conversazione più interessante della giornata, e le domande sugli esami, sulla laurea, su Bologna e sul rugby si moltiplicano ad ogni pietanza.
Come va il campionato? Quanti esami ti mancano per laurearti? Stai già pensando all’argomento della tesi? Bologna com’è? E i tuoi colleghi, sono simpatici? Ti hanno accolto bene? Stai in una casa in affitto? Esci spesso, mangi bene? Simone non può fare altro che sentirsi sotto interrogatorio.
Il carico da novanta lo aggiunge nonna Virginia, che mentre si versa un’abbondante porzione di patate arrosto nel piatto chiede- Ma dimmi, tesoro, non hai conosciuto nessun ragazzo carino a Bologna?
Manuel, accanto a lui, rischia di strozzarsi con la Coca Cola che sta bevendo per quanto gli viene da ridere a guardare l’espressione mortifera di Simone, ma la sua ilarità muta in sorpresa quando è Dante a parlare- Come, Simo, non hai raccontato di Riccardo?
Papà!- sbotta lui, sobbalzando visibilmente sulla sedia; Dante aggrotta le sopracciglia- Perché, che ho detto di sbagliato?
La madre sgrana gli occhi- Ti sei fidanzato? E perché non hai detto niente?
Riccardo, così hai detto che si chiama?- fa subito eco Anita- Come vi siete conosciuti?
Com’è questa storia, mi lascio io e ti fidanzi tu?- commenta Manuel, lasciando andare un’altra risata vedendolo così in imbarazzo: l’amico gli lancia uno sguardo torvo- Tu ci hai messo tre anni di troppo a lasciare Nina, fattelo dire: eri diventato l’ombra di te stesso al fianco di quella ragazza. Come hai fatto a rimanerci insieme dopo che ti ha coinvolto in quello che era letteralmente rapimento di minore ancora non me lo spiego...
L’altro ragazzo gli dà un colpo sulla spalla e lo stuzzica, dicendo- Ti devo ricordare tutti i guai in cui ti sei infilato tu nel corso degli anni perché innamorato? No, perché sennò dobbiamo rimanere qui per i prossimi tre giorni: si potrebbe dire che io abbia imparato dal migliore…
Simone risponde dandogli una gomitata che fa partire una piccola rissa, ma neanche quella riesce a distrarre i parenti dalla loro curiosità.
La storia che Simone racconta è la stessa che ha proposto anche a Sara e Irina: lui e Riccardo si sono incontrati ad una partita di rugby grazie a Nadia, si sono scritti e frequentati per qualche tempo per poi mettersi insieme circa nove mesi prima, e a quel punto Simone si era trasferito a Bologna per stargli più vicino.
Adesso viviamo insieme, nella stessa casa di una mia collega e una sua amica- conclude, mentre per il tavolo gira il suo telefono con una foto di Mimmo- Da quasi cinque mesi.
Non hai un’immagine dove si veda meglio?- si lamenta la nonna- Qui è in penombra, un po’ girato…
È che lui odia farsi fotografare- spiega lui, alzando le spalle, e la mamma chiede- Ma perché non l’hai invitato a pranzare da noi, oggi? Ci avrebbe fatto piacere conoscerlo!
Non ne dubito, ma anche lui ha dei parenti con cui festeggiare- il che non è del tutto vero, ma neanche del tutto falso: Mimmo è a casa dei genitori adottivi, per quel giorno.
Il telefono arriva a Manuel e il ragazzo aggrotta la fronte- Sai chi mi ricorda? Quell’avanzo di galera di Napoli da cui non riuscivi a staccarti un paio d’anni fa, coso, Mimmo.
Ma chi, il ragazzo che aiutava De Angelis in biblioteca? Il tuo ex studente con la libertà condizionata?- chiede un perplesso Lombardi rivolgendosi a Dante, che annuisce.
Che fine ha fatto?- gli domanda ancora il professore di latino, e lui risponde con grande nonchalace- Ci sono stati dei problemi all’interno del carcere e l’hanno dovuto trasferire. Purtroppo sono più rigidi, là, è ed diventato difficile tenerci in contatto.
Si- asserisce Manuel, continuando ad osservare la foto- Ci assomiglia un sacco, questo Riccardo.
L’altro gli toglie il telefono dalle mani- Che devo dirti, si vede che ho un tipo.
“La pioggia scende sopra i rider di Deliveroo
Torno da te seguendo il profumo di ragù
Milano è un gran bell’ideale da inseguire
Un sogno che fa solo chi non riesce mai a dormire”
La canzone ha appena il tempo di partire nelle cuffiette di Simone prima che la porta della sua camera si apra e si chiuda di botto. Il ragazzo apre gli occhi e scopre Manuel a studiarlo con un’espressione incredula- Non era un tipo che gli somiglia, è lui! Ti sei davvero rimesso con quel Mimmo? Come hai fatto a scoprire dove stava?
Simone si siede sul letto sul letto di scatto, sentendo l’ansia premergli da dentro- Di che stai parlando?
Non cercare di mentirmi- l’altro ragazzo incrocia le braccia- Ho sentito Dante che lo raccontava a mia madre.
Cosa ha fatto?- il ragazzo soffoca a malapena il grido di frustrazione che preme sulle sue labbra e si lascia di nuovo andare sul materasso- Speravo che data la questione tenesse la bocca chiusa, per una volta nella sua vita…
Va be’, anche tu pretendevi il miracolo- Manuel non trattiene la battuta, ma torna subito serio- Ora mi spieghi come hai fatto a ritrovarlo?
Io non ho fatto niente- spiega l’altro- Lui e Nadia si sono incrociati assolutamente per caso in una discoteca a Bologna. Potresti dire che il fato ci ha fatto incontrare di nuovo…
Simone sorride, mentre nella sua mente scorrono le immagini dell’ultimo anno o giù di lì: Mimmo alla sua partita, i baci nella sala dei trofei, l’hotel e le conversazioni a notte fonda e poi i viaggi a Bologna fatti scortato dalla polizia, la convivenza e la quotidianità che aveva sempre sognato di poter condividere con lui, anche nei momenti in cui non riusciva a trovare nessuna speranza se non nel profondo dei suoi sogni.
Manuel lo squadra con una smorfia contratta che Simone fatica a decifrare e parla con foga, senza riuscire a nascondere una buona dose di rabbia- Ma non ti rendi conto della follia che stai facendo? È un pregiudicato, quello, un pregiudicato con alle calcagna la camorra, è pericoloso continuare a frequentarlo! Stai mettendo a rischio la tua vita, per cosa poi, per una stupida cotta che ti sei preso in quarta superiore?
È per questo che non ti ho raccontato nulla, perché sapevo che non avresti capito un cazzo- sbotta il ragazzo- Non hai mai capito cosa Mimmo significhi per me, o forse ti sei sempre rifiutato di capirlo, ma onestamente non mi interessa, Manuel, perché non sei nessuno per dirmi come vivere la mia vita né hai il diritto o la facoltà di decidere chi posso frequentare.
Ma non capisci che lo sto dicendo per te?- risponde a tono l’altro- Ti stai mettendo in pericolo, anche se io, che sono il tuo migliore amico, ho sempre cercato di metterti in guardia su…
Simone solleva gli occhi al cielo- Non iniziare con questa manfrina del pericolo e della sicurezza perché sappiamo entrambi che la tua è gelosia.
Manuel scoppia in una risata- Io geloso? Di te e lui? Ma di che stai parlando?
Simone alza le sopracciglia- Ti sei sentito rimpiazzato quando io e lui abbiamo iniziato a piacerci, vero? Non ti è sceso che non sia rimasto a piangere pensando a te ma che abbia trovato un ragazzo che non aveva paura di amarmi e che non mi facesse sentire sbagliato.
Ah, perché, io ti ho fatto sentire sbagliato? Esagerato, dai, abbiamo avuto i nostri problemi, certo, ma…- Manuel viene interrotto bruscamente da Simone che si solleva dal letto con un moto di stizza- È questo il tuo problema, minimizzi, fai finta di niente! Forse per te quello che c’è stato tra noi davvero non è stato nulla, perché tu non sei frocio come me e per te manco esisto, come hai tenuto a precisare- la sua voce, oltre che di rabbia, è piena di sofferenza e rancore- Ma io ti amavo, e non ti sforzi neanche di immaginare cosa mi abbiano fatto le parole che mi hai detto!
Simone sente le lacrime che gli bruciano gli occhi, ma si impone di rimanere saldo sulle gambe e di non lasciare che la sua voce tremi- In quella discussione mi hai dato la conferma che non volevo, ma che dentro di me sospettavo: il mio amore era un errore, io ero un errore. E pensare che quella notte al cantiere mi aveva quasi convinto che tra noi potesse esserci qualcosa davvero! Poi è arrivato Mimmo, che non ha mai avuto paura di dimostrarmi quello che provava per me con sincerità, al contrario tuo, che ancora oggi ti ostini a negare ciò che è successo. E mi dispiace se hai paura, se accettarti è difficile e se stai soffrendo, ma questo non ti autorizza a trattarmi di merda come se fossi solo uno sbaglio, e non ti autorizzava neanche allora!
Non ho niente da accettare in me stesso, e quello che abbiamo fatto non c’entra nulla col mio discorso- le guance di Manuel avvampano, e lui balbetta- Io sono solo preoccupato per la tua sicurezza! E quando la polizia scoprirà che siete tornati insieme cosa dirai? Cosa speri di ottenere da quel galeotto? Se le cose dovessero mettersi male per colpa sua io giuro che… io…
Tu nulla, Manuel- il tono di Simone si fa gelido quanto il suo sguardo- Non voglio niente da te, sono un adulto e non mi priverò della felicità perché tu non riesci ad essere onesto con te stesso. Sai cosa spero di ottenere, da Mimmo? Amore incondizionato, e so che me lo darà senza che debba supplicarlo, inseguirlo o anche solo chiederglielo.
Permettimi di darti un consiglio da amico, adesso: so che è difficile accettarsi, sopratutto quando si parla di sessualità, ti ricordi quanto ho sofferto io- il suo viso si addolcisce e poggia una mano sulla spalla di Manuel- Ma non puoi vivere nascondendoti per sempre dal mondo e da te stesso, perché non starai mai vivendo sul serio. Se mai vorrai venire a patti con chi sei davvero noi saremo tutti qui per supportarti e per ricordarti che non sei sbagliato, se mai dubiterai.
Simone sente Manuel tremare sotto le sue dita, ma quest’ultimo lo allontana con una scrollata di spalle- Se avessi voluto il pippone filosofico sarei andato da tuo padre, no? Lasciami stare, io sto benissimo così.
Simone serra la mascella- Me ne vado, allora: avevo promesso a Mimmo che dopo pranzo l’avrei chiamato e non ci siamo ancora sentiti.
Ah, e per la cronaca- aggiunge, prima di chiudersi la porta della camera alle spalle- La polizia sa tutto di noi, compreso il fatto che stiamo vivendo insieme. Siamo autorizzati da Pantera, quindi puoi anche dormire sonni tranquilli, perché sono, anzi, siamo al sicuro.
La tensione accumulata in quella discussione allenta la morsa sulle spalle e sullo stomaco di Simone solo dopo che dal telefono gli arriva alle orecchie la voce di Mimmo- Ciao, amo’, come stai? Come sta andando la riunione di famiglia?
Preferirei essere da qualunque altra parte piuttosto che qui- sospira Simone- Ho appena litigato con Manuel, non ti dico…
Mimmo scatta subito a quelle parole- Va tutto bene? Che ti ha detto?
Le solite cose, non mi va di parlarne adesso- ribatte l’altro, con voce stanca- Tu che mi racconti?
Se rimango nel perimetro di questa casa per un altro minuto giuro che esco di testa- anche Mimmo sembra esausto- Senti che bel silenzio mi circonda? È perché sono uscito in giardino, il cane è una compagnia più simpatica di tutti i commensali messi insieme: almeno lui non farà battute sulla pizza e sulla criminalità di Napoli. Ti ho già detto che mi manchi?
Simone sorride- Non ancora.
-Te lo dico adesso, allora: mi manchi da morire, e non vedo l’ora di poterti riabbracciare.-
Oggi sei saltato fuori pure tu, a pranzo- gli dice il suo ragazzo- Be’, è saltato fuori Riccardo, ma è lo stesso. Adesso non mi lasceranno più in pace fin quando non ti presenterò, temo.
Vorrei che fosse tutto più facile- ammette Mimmo, e dalla sua voce emerge una tristezza così inaspettata che prende Simone in contropiede- Vorrei poter semplicemente prendere un treno e smettere di nascondermi. Ci penso sempre: tra un paio di mesi sarà un anno che stiamo insieme, secondo quello che abbiamo raccontato, per quanto ancora possiamo continuare a far finta di non voler conoscere le rispettive famiglie? Anche Sara e Irina non capiscono questa nostra reticenza, figurati cosa potranno pensarne i tuoi. E per le prossime feste, e per la tua laurea? Come potrò starti accanto, senza potermi fare riconoscere? Ci avrai pensato anche tu, a tutto questo.
Certo che ci ho pensato- risponde Simone con dolcezza- Ma faremo in modo di far funzionare le cose, te lo prometto. Ci inventeremo qualcosa, male che vada ci limiteremo ad aspettare tempi più tranquilli: tanto, ormai siamo diventati bravi ad aspettare.
L’altro ragazzo attende qualche secondo prima di mormorare- Mi dispiace costringerti a tutto questo, Simo’, mi sento una merda: se non fosse per me forse adesso avresti un ragazzo normale, una vita normale, e non tutte queste stupide…
Non dirlo neanche per scherzo- lo frena Simone- Non voglio una vita normale, qualunque cosa voglia dire: voglio te, Mi’, con tutte le conseguenze del caso. Niente di tutto questo è troppo per me, fin quando mi concede di amarti.
Certo che sei proprio un bastardo, a cercare di farmi piangere il giorno di Pasqua- la risata di Mimmo sembra davvero mischiata ad un singhiozzo, ma Simone non può fermarsi a chiedersi se sia vero o no, perché vede suo padre avvicinarsi a lui- Senti, amo’, c’è mio padre qua, lo vuoi salutare?
Sono al telefono con Riccardo- dice a suo padre quando si fa abbastanza vicino- Se vuoi, puoi parlarci.
Simone gli passa lo smartphone e li lascia chiacchierare per una decina di minuti, fino a quando Mimmo non si scusa, dicendo che deve tornare al suo pranzo.
Saluta di nuovo tuo padre- dice al fidanzato, prima di chiudere la chiamata- E torna presto, perché mi manchi davvero troppo. Ci sentiamo più tardi, vero?
Certo- annuisce Simone- Ora vai, però, e non farti sopraffare dalla malinconia, va bene? E ricordati che ti amo.
Come sta?- gli chiede suo padre, una volta che il figlio allontana il telefono dall’orecchio- Mi è sembrato di sentirlo abbastanza di buon umore.
Non se la passa male, no- replica il ragazzo- Tu, piuttosto, perché hai raccontato la verità su di lui ad Anita? E non dire che non è vero, vi ha sentiti Manuel- aggiunge, vedendo il padre pronto a ribattere- Non ti sembra rischioso?
Ma che rischioso- Dante liquida la questione con un gesto della mano- Sai quanto è riservata Anita, no?
Mica come qualcun altro- il figlio non trattiene la stoccata al padre, che fa finta di non sentirlo e continua- Poi, adesso che dobbiamo sposarci…
Siete sempre convinti dell’idea?- domanda Simone, e Dante annuisce con la massima serietà- È una decisione presa, ormai.
So che non sono mai stato il migliore dei mariti, per usare un eufemismo- aggiunge il professore, vedendo come il figlio ha sollevato le sopracciglia- Ma stavolta siamo entrambi più… a posto con noi stessi, mettiamola così, e siamo pronti. Stavolta farò funzionare le cose, te lo prometto.
È ad Anita che lo devi promettere, davanti a un pubblico ufficiale possibilmente- fa notare il ragazzo, poi sorride- Sono felice per voi, ma vedi di non fare danni come al tuo solito.
Dante scoppia a ridere; nello stesso istante dal cellulare di Simone arriva il rumore di una notifica, e il suo sorriso quando legge il nome del mittente del messaggio è talmente luminoso che il padre subito esclama- È sempre Mimmo?
Mi ha mandato la foto del cane dei Labieni, vuoi vederlo?- risponde il ragazzo, senza smettere di sorridere.
Dante gli poggia una mano sulla spalla- Erano anni che non ti vedevo così felice.
Ritrovarlo è stata la cosa più giusta che potesse capitarvi- aggiunge poi, e Simone sa che il padre ha perfettamente ragione.
Quando Mimmo gli era stato portato via si era fermamente convinto che non avrebbe mai più gioito come prima, ed era stata un’impresa per i suoi amici tornare a farlo uscire e a sorridere sinceramente. La cosa peggiore era che la maggior parte di loro neanche riusciva a spiegarsi il motivo di una tale sofferenza, e certamente non era sicuro per lui raccontargli proprio allora la verità. Nessuno aveva collegato il suo dolore all’improvvisa sparizione di Mimmo dalla biblioteca, come avrebbero potuto?, ma che fossero a conoscenza o no del suo segreto, tutti convenivano sullo stesso punto: Simone doveva riprendere in mano la sua vita, e per farlo gli avrebbe fatto bene conoscere qualche ragazzo nuovo.
Aveva assecondato tutti e si era pentito di averlo fatto ogni singola volta: si era iscritto ad un’app di incontri sotto consiglio di Rayan e aveva cancellato il profilo dopo pochi giorni, senza aver mai chattato con nessuno; si era fatto trascinare da Luna e Laura in un paio di locali queer, ma neanche dopo tre Caipiroska alla fragola era riuscito a lasciarsi un po’ andare; aveva passato l’estate ad osservare i flirt di Matteo e di tutti gli altri senza neanche tentare di farsi piacere qualcuno dei ragazzi conosciuti in spiaggia tra un aperitivo e una partita di racchettoni.
Persino Nadia dopo un po’ era sembrata convinta del fatto che dovesse provare ad andare avanti.
Hai l’occasione di conoscere tante persone interessanti qua- gli aveva detto la prima volta che era andata a trovarlo a Milano- E so che Mimmo ti manca, ma magari puoi incontrare qualcuno che ti faccia stare bene come lo sei stato con lui.
Impossibile- aveva ribattuto lui, secco- E dovete tutti smetterla di cercare di convincermi a dimenticarlo.
Non voglio che tu lo dimentichi- Nadia aveva scosso la testa- Ma non pensi che anche lui vorrebbe che stessi bene, nel mentre che lo aspetti? Pensi che sarebbe contento vedendoti così triste? Sono preoccupata, Simo, lo siamo tutti- la ragazza aveva cercato il contatto visivo, che l’amico le negava tenendo lo sguardo basso sul pavimento- Non sei più lo stesso, ed è terribile vederti così.
Non voglio tornare a essere lo stesso- aveva risposto lui, impassibile- L’unica cosa che voglio è tornare ad avere Mimmo tra le mie braccia.
Aveva però tenuto a mente le parole di Nadia quando erano iniziate le lezioni all’università, e alla fine aveva accettato di uscire con un suo compagno di corso che gli faceva il filo da qualche settimana.
Si chiama Samuele- aveva detto all’amica per telefono- Stasera andiamo a cena, poi magari ci facciamo una passeggiata. Non male, no?
Nadia aveva chiesto, con tono cauto- Come mai a lui hai detto di sì?
Be’, perché è un tipo sveglio, gli piace studiare ed è sempre molto gentile- aveva risposto Simone. Era una risposta perfettamente sensata e plausibile, peccato fosse così falsa: Samuele aveva i capelli biondi, due bellissimi occhi celesti, e ad una prima occhiata lanciata di sfuggita a Simone era parso Mimmo. Per questo aveva accettato il suo invito, ma a Nadia quel dettaglio così importante proprio non lo poteva dire, sopratutto non dopo averla sentita così contenta mentre gli diceva- Divertitevi, allora! Poi raccontami come va.
Samuele l’aveva portato in un’osteria dove si mangiava romano, poi in un parco poco distante: la serata era tiepida e piacevole, il cielo sgombro dalle nuvole e pieno di stelle, ad un tratto avevano persino esclamato- Hai visto quella stella cadente?
Simone si era girato verso di lui con un sorriso amichevole e aveva visto lo sguardo dell’altro ragazzo cambiare, farsi più vivo: gli aveva posto la mano sotto il mento, gli aveva sollevato il viso, e Simone, tentennando, aveva poggiato la sua mano sinistra sulla sua guancia. Nella penombra del parco il viso di Samuele poteva quasi sembrare quello di un altro, ma era bastato toccarlo per spezzare l’illusione: quei capelli biondi erano troppo mossi per essere quelli di Mimmo, quelle labbra troppo grandi, quella pelle troppo ruvida, quegli occhi troppo piccoli e scuri, quel sorriso non abbastanza perfetto. Dentro la sua testa era scattato un allarme: quel parco, quella notte, quella situazione era tutta sbagliata, ma era sopratutto il ragazzo che si trovava davanti a lui ad essere quello sbagliato.
Simone si era discostato di scatto prima che Samuele potesse baciarlo, borbottando un qualcosa che suonava come- Scusa, ma non sono pronto.
La delusione sul viso dell’altro era evidente- No, scusa tu, è solo che… Mi sembrava che la cena fosse andata bene.
A Simone dispiaceva tanto giocarsi la carta del “Non sei tu, sono io”, perché anche alle sue orecchie suonava come una scusa, ma era l’unica cosa sincera che potesse dire per consolare Samuele.
Forse è meglio se andiamo- aveva proposto quest’ultimo, e Simone gliene era stato molto grato.
Sulla soglia del suo appartamento aveva telefonato a Nadia, in lacrime- Non so neanche perché cazzo l’ho accettato, questo appuntamento…
È colpa mia- la voce di Nadia, anche se distorta dal telefono, grondava tristezza- Mia e di tutti gli altri. Non avremmo mai dovuto forzarti in questo modo, se uscire con un nuovo ragazzo non era quello che volevi.
Non mi interessa trovarmi un nuovo ragazzo, è a Mimmo che continuo a pensare- a Simone sembrava di aver ripetuto quel discorso almeno un centinaio di volte, nel giro del precedente anno e mezzo- Non c’è nessun altro che voglia, a parte lui, e dopo tutto quello che ha passato, dopo tutto quello che anche io sto passando, mi merito di poterlo riabbracciare, me lo merito davvero.
Certo che lo meriti- Nadia gli pareva più accondiscendente, adesso- Ma purtroppo non sta a noi deciderlo. Cosa possiamo fare?
Posso aspettarlo- nonostante le lacrime, Simone non si era mai sentito così sicuro delle sue parole- E lo farò, fino alla fine dei tempi, se è quello che serve per poterlo riabbracciare.
Notes:
Ciao splendori, come state? Spero che abbiate apprezzato questo secondo capitolo e questo focus su Simone: al prossimo giro, ovviamente, avrete un capitolo che seguirà molto più da vicino Mimmo e già non vedo l’ora!
Ho riflettuto molto anche sul fatto di inserire o no Manuel, all’interno della storia, ma alla fine ho deciso di farlo per tre motivi principali: perché era coerente col contesto e con la scena, per mettere qualche punto su delle questioni che, nella serie, mi sembra non abbiano ricevuto abbastanza attenzione e per porre le basi per delle prossime ff in cui magari, tra le altre cose, cercherò di rendergli più giustizia di quanta gliene abbia reso la Rai. Chissà!
Grazie per l’attenzione, non dimenticate di commentare e di farmi sapere che ne pensate: al prossimo capitolo, vi voglio bene💕💕Ps.: la canzone che ascolta Simone in camera sua è Bohémien dei Pinguini Tattici Nucleari, da cui non ho preso solo il titolo della storia ma anche i titoletti dei capitoli. Ditemi se la conoscevate già, ci leggiamo presto🫶
Chapter 3: Ma le farebbe piacere invitarti per cena a Natale
Notes:
Alert, TW: menzioni di violenza domestica, è un passaggio molto breve ma sentivo di dovervi avvisare. Buona lettura🫶
(See the end of the chapter for more notes.)
Chapter Text
Le festività mettono addosso a Mimmo sempre una certa malinconia e un gravoso senso di solitudine. A Pasqua l’ha aiutato il fatto di essere a casa dei Labieni, ma anche lì non è riuscito a non sentirsi un estraneo: Marta e Matteo erano tutti presi a coccolare i figli, che raccontavano con orgoglio e un po’ di saccenza della maturità chiusa con cento e lode, dell’iscrizione a medicina, della pagella tutta di dieci, mentre i loro parenti era impegnati dal primo all’ultimo a rievocare vecchi scandali di famiglia, a litigare parlando di politica e a guardarlo chiedendosi cosa ci facesse per davvero tra loro quel ragazzo biondo e magro che continuava a giocherellare col cibo prima di portarselo alla bocca, agitato come se lo stessero scrutinando ad un colloquio di lavoro. Era esattamente così che si sentiva Mimmo, che aveva passato la giornata a tenere d’occhio l’orologio per capire quando sarebbe arrivato un momento socialmente accettabile per andarsene.
Non si era stupito più di tanto quando, pochi giorni prima di Natale, gli aveva telefonato il padre adottivo per dirgli che quell’anno avevano prenotato una vacanza a Palma di Maiorca, ovviamente senza di lui: dopotutto non l’avevano mai invitato prima a partecipare a nessuno dei loro viaggi, perché avrebbero dovuto farlo proprio ora?
Solo a Simone aveva rivelato le speranze che erano nate in lui quando Pantera gli aveva detto che sarebbe stato preso in carico da una famiglia: speranze di trovare un posto in cui sentirsi accolto, con delle persone che forse avrebbero imparato a volergli almeno un po’ di bene. Invece con i Labieni non aveva mai condiviso niente se non il cognome, e più andava avanti più aveva la sensazione che l’unico motivo per il quale avessero accettato di mettergli un tetto sopra la testa fosse i soldi che ne ottenevano dalla polizia come risarcimento delle spese: per questo non l’aveva colto di sorpresa il fatto di essere stato estromesso da quelle vacanze natalizie, avrebbe solo gradito un po’ più di preavviso così da poter organizzare qualcosa di diverso. Ormai, però, Simone aveva detto ai genitori che sarebbe sceso a Roma, Sara sarebbe tornata dai parenti a Terni mentre Irina sarebbe salita a Venezia, ospite per la prima volta della famiglia del fidanzato: lui, invece, sarebbe stato solo.
Il venticinque dicembre cade di lunedì, quell’anno, e prestissimo la mattina Mimmo accompagna Simone alla stazione per prendere il treno che lo porterà a Roma. Aspetta che i vagoni scompaiano del tutto dalla sua visuale, risale in macchina e non riesce a trattenere il pianto; gli torna però il sorriso quando rientra nell’appartamento e scopre che sul tavolo sono comparsi un pacchetto dalla sagoma inconfondibile di un libro, un piccolo vassoio di biscotti e un biglietto firmato dal fidanzato, che recita: “Ancora buona Natale, amore! Non pensare troppo a me, perché sarò di ritorno presto: mi manchi già”.
Mimmo si porta alle labbra il biglietto: Simone deve aver sistemato tutto quando è tornato in casa a recuperare il cappello che aveva scordato (o, a quel punto, finto di scordarsi) in camera, mentre lui lo aspettava già in macchina.
Neanche il buon odore dei biscotti però riesce a scacciare la malinconia che gli mette addosso vedere l’appartamento vuoto: per questo Mimmo si imbacucca, si chiude la porta alle spalle e cammina fino a Piazza Maggiore per poi infilarsi a San Petronio, con l’intenzione di ascoltare la messa di Natale.
Sono le sette e trenta e la chiesa è colma di signore anziane vestite di tutto punto per l’occasione: l’unica presenza che non abbia superato i sessant’anni di età è lui, che si siede in un banco in fondo, senza attirare l’attenzione di nessuno. Più tardi deve passare in rosticceria dove si è ordinato il pranzo; con gli occhi fissi sul pavimento della chiesa, mentre il parroco ripete la stessa predica che fa ogni Natale da quando lui è arrivato a Bologna, non può fare a meno di notare con un groppo in gola che sono le stesse azioni che faceva insieme a sua mamma, quando era ancora a Torre del Greco, ancora un bambino, ancora spensierato.
“Non che sia mai stato troppo spensierato, neanche da bambino” riflette, alzando lo sguardo verso il crocifisso “Però mi hai regalato delle belle feste, quando ero piccolo”.
Arrivavano sempre i nonni, per Natale, e gli zii e i cugini da Napoli, e portavano sempre qualche regalo o qualche soldino, che il piccolo Mimmo conservava gelosamente in un cassetto del comodino un po’ traballante senza però spenderli quasi mai, perché sapeva che sarebbero sicuramente serviti alla mamma, che lavorava troppo, si lamentava tanto dei soldi che mancavano ma che il venticinque dicembre non scordava mai di prendergli le sue caramelle preferite.
Indigenza: Mimmo aveva sperimentato sulla sua pelle il significato di quella parola prima ancora di averla mai sentita pronunciare. L’aveva letta per la prima volta sfogliando distrattamente il dizionario di italiano che la maestra Pinella metteva sempre sulla cattedra quando era alle elementari. Era il suo alunno preferito, Mimmo, perché era sempre attento e scriveva quelli che lei definiva “i pensierini più belli della classe”, riempiendolo d’orgoglio.
Delle medie aveva un pessimo ricordo, non sopportava i suoi compagni, che lo prendevano in giro per motivi che neanche riusciva a ricordare, mentre le aule delle superiori a malapena le aveva viste: erano più le lezioni che saltava che quelle a cui presenziava. Erano gli anni in cui aveva già iniziato a fare i primi lavoretti, che più andava avanti più si facevano pericolosi e più scavalcavano i limiti della legalità: sperava che i soldi che portava a casa avrebbero alleviato il peso che gravava sulle spalle della madre, che ormai vedeva a malapena la domenica e nei giorni di feste, che era sempre più vecchia, sempre più stanca e sempre più invischiata nei giri da cui voleva tenere lontano il figlio, pur consapevole di quanto fosse difficile, in quel luogo dimenticato da Dio.
Mimmo era convinto che a nulla gli sarebbero servite le nozioni che si sforzavano di insegnarli a scuola, utili solo a chi avrebbe continuato a studiare, a chi nella vita avrebbe fatto qualcosa di buono. Lui dentro di sé era profondamente certo che non avrebbe mai lasciato il suo quartiere, che la criminalità se la sarebbe portata dietro per sempre e che cose come il diploma o l’università fossero per lui traguardi preclusi, a prescindere dalla sua buona volontà: se il destino per lui aveva scelto così, facendolo nascere a Torre, cosa poteva fare per cambiare le cose?
I professori si arrabbiavano spesso con lui, sostenendo che fosse pigro e svogliato; l’unico che gli era sembrato scorgere più in profondità era stato Dante, con le sue lezioni di filosofia stravaganti (erano le uniche che si sforzava in tutti i modi di non marinare) e una solitudine nel quale Mimmo non poteva non riconoscersi. Dante per lui era diventato la figura genitoriale che non aveva mai avuto, una figura reale, non irrintracciabile come quella di sua madre, con tutto l’amore che provava per lei, né spaventosa come quella di suo padre, che invece sì, odiava con tutto il suo cuore, perché era stato lui ad abbandonare la moglie con una nuova vita da proteggere in grembo e un altro pasto da mettere in tavola ogni giorno. Qualche volta nei suoi incubi rivedeva il viso del padre quando si era presentato in casa pretendendo soldi, risentiva le urla della madre quando aveva iniziato a picchiarla, riviveva la sua fuga sotto il tavolo mentre quei due se le davano di santa ragione e le sue lacrime diventavano il patetico sottofondo di quella scena terrificante. Quanti anni aveva quando era accaduto tutto ciò, sette, otto? Non l’avrebbe saputo dire con precisione, e neanche avrebbe saputo raccontare bene neanche cosa fosse successo dopo: il ricordo successivo erano le braccia di sua madre che se lo stringevano al petto e la sua voce che cercava di rassicurarlo- Va tutto bene, adesso, quell’uomo non ci farà più paura da oggi in poi.
Dante era stato il primo (e per anni l’unico) a cui aveva raccontato quella storia, Simone il secondo: quella coincidenza lo fa sorridere.
La celebrazione prosegue e Mimmo pensa a sua madre: cosa starà facendo in questo momento? Gli piomba sulle spalle la consapevolezza che sono più di tre anni che non sente la sua voce, e il cappotto che ha sulle spalle si fa improvvisamente più pesante di dieci chili.
Le sue visite non erano regolari neanche quando ancora non l’avevano messa dentro, e da quando l’avevano arrestata per spaccio riuscivano a sentirsi ancora meno: ogni volta che lo chiamava, a metà della conversazione la madre scoppiava a piangere e iniziava a chiedere scusa, a ripetizione, senza sosta, e Mimmo non riusciva a sopportarlo.
Qualche volta si era rifiutato di alzare la cornetta, anche se non l’aveva mai ammesso a nessuno. Era troppo per lui, che ad ogni singhiozzo si sentiva più colpevole: di avere costretto sua madre in una situazione così difficile, di non essere riuscito a proteggerla e ad aiutarla, di essere stato un peso, di essersi messo nei guai, di essere una delusione, di essere semplicemente venuto al mondo. Adesso, potendo tornare indietro, si sarebbe sobbarcato di tutta quella colpa pur di ascoltare per qualche secondo in più la voce di sua madre.
L’ultima volta che l’aveva chiamata era stato tre giorni prima di sventare l’omicidio e tradire Molosso e tutta la vita che aveva mai conosciuto: non le aveva rivelato le sue intenzioni, sarebbe stato troppo pericoloso, le aveva solo detto che si era messo in una situazione complicata, che forse aveva capito come uscirne ma che aveva paura, molta paura.
Sua madre, per una volta, non aveva pianto; gli aveva detto- Sei un ragazzo forte, Mimì, forte e coraggioso, e sono sicura che farai la cosa giusta. Se hai la possibilità di salvarti la pelle fallo senza guardare in faccia a nessuno, capito?
Mimmo aveva annuito, credendo, o forse volendo credere, che sua madre avesse capito che suo figlio stava per fare l’infame, che stava per diventare la peggior feccia che un uomo potesse diventare; voleva credere anche che avrebbe capito non era per paura o per costrizione che lo stava facendo, ma per amore, anche se non era in grado di spiegarglielo.
Ti voglio bene- gli aveva detto sua madre, e Mimmo era riuscito solo a rispondere in un sussurro- Anche io, ma’- prima che il tempo a loro disposizione finisse e dovesse chiudere la chiamata.
Una volta entrato nel programma aveva pregato Pantera che le facesse sapere cosa gli era successo e che era al sicuro, e il poliziotto aveva promesso di provarci. Dopo alcuni mesi l’aveva chiamato mentre era scuola, dicendogli che le aveva parlato: era ancora in carcere, molto in pensiero per lui, ma stava bene.
Mi ha detto di dirti di non guardarti indietro, ragazzo- gli aveva riferito il poliziotto- Perché sei giovane e intelligente ed è sicura che saprai costruirti una vita migliore, e che è felice per
la tua libertà. Ha detto anche di ricordarti che ti vuole bene.
“Ha detto che mi vuole bene” pensa Mimmo, in ginocchio sulla panca lignea della chiesa, con gli occhi fissi sull’ostia che il sacerdote sta sollevando “Ti prego, fa’ che non siano le ultime parole che sento da lei”.
Mimmo esce dalla chiesa e ordina un cappuccino e un croissant al pistacchio in un bar poco distante: è Natale, dopotutto, può permettersi uno sgarro.
È a metà della sua pasta quando squilla il telefono: il ragazzo penso subito che sia Simone, invece sullo schermo compare il nome di Irina.
Aggrotta la fronte e si porta il telefono all’orecchio- Pronto, Iri’? Che succede?
Quello stronzo di Leonardo mi ha tradito, ecco che succede!- la voce di Irina al telefono è resa stridula dal pianto- Quel brutto pezzo di merda, quel bastardo, quel maledetto piccolo figlio di…
Ira, calmati- la frena il ragazzo- Prendi fiato e racconta con calma. Dove sei adesso?
A Venezia, dove dovrei essere?- singhiozza lei- Quel codardo mi ha fatto arrivare fino a casa sua, poi mi ha proposto una passeggiata e un giro in gondola. Doveva essere una cosa romantica, no? E invece ad un certo punto si è fermato di botto, si è messo a piangere e mi ha confessato che mi ha messo le corna in discoteca, due volte!
Scherzi?- Mimmo è sbalordito- Come ha potuto?
È quello che gli ho detto anche io- Irina tira su col naso- Ma ti rendi conto? Non me lo poteva dire prima? Almeno mi sarei risparmiata questa inutile sfacchinata. Dev’essere il peggior Natale di sempre.
“Ti capisco” gli viene da dire, invece chiede- Dopo cosa hai fatto?
-Che dovevo fare? Gli ho urlato contro, gli ho detto che lo mollavo e l’ho lasciato in un vicolo a caso per poi tornare alla mia macchina. Ha provato a inseguirmi, il coglione, pregandomi di perdonarlo, ma io ho minacciato di chiamare la polizia se non mi avesse lasciato in pace subito!-
Ho deciso di non tornare in Russia quest’anno per stare con lui- aggiunge, con un altro singulto- Aveva promesso che finalmente dopo due anni mi avrebbe presentato ai suoi, e io ci credevo, ci credevo davvero che mi amasse! Invece sono stata solo un’illusa. Ora sono in macchina, bloccata in una città che mi disgusta dove vive l’uomo più disgustoso del mondo. Tu… Tu sei a Bologna, vero?
Mimmo conferma- Non mi muovo da qui.
Lo so che non era proprio con me che volevi festeggiare, oggi, però se torno a casa e pranziamo insieme ti dispiace?- chiede la ragazza, e l’altro si affretta a rispondere- Ma che dispiacere, sono contento! Così magari questo Natale fa meno schifo per entrambi, no?
Si, era quello che speravo anche io- la voce di Irina si è fatta più tranquilla e il pianto meno soffocante- Dammi il tempo di riprendermi e rimetto in moto l’auto, va bene?
Quando Irina lo chiama perché è arrivata in città Mimmo è tornato a casa dopo aver comprato per lei una pasta dal bar, preparato una cioccolata calda per entrambi, chiamato in rosticceria per chiedere se potesse aggiungere una porzione in più di pasta al forno (fortunatamente poteva) e aver noleggiato da Prime Video il film preferito di Irina, Dirty Dancing. Di tutto ciò la ragazza non si accorge subito, dato che la prima cosa che fa una volta messo piede nell’appartamento è fiondarsi in bagno perché, a detta sua, “con questo mascara colato da panda fa paura persino a se stessa”. Ne emerge struccata e in pigiama, commentando- Questa festa del cazzo non si merita il mio bell’aspetto.
Non sembra neanche Natale- sospira, mentre lei e Mimmo si bevono la cioccolata- In questo momento potrei essere a San Pietroburgo ad ingozzarmi di prjaniki e a bere vzvar e invece festeggio il mio primo Natale da single da un sacco di anni, ti sembra giusto?
I prja-cosi non te li so cucinare- replica Mimmo, prendendole la tazza vuota dalle mani e andando verso il lavabo- Ma abbiamo gli ingredienti del tiramisù per tenerci impegnati stamattina. Ci mancano i savoiardi, però li possiamo sostituire con gli Oro Saiva che compra Sara per la colazione: è un po’ un abominio non seguire la ricetta tradizionale, ma per una volta possiamo far finta di nulla.
No, guarda, fai tu- risponde la ragazza, lasciandosi andare sul divano con le mani sul viso- Non sono proprio dell’umore, adesso.
Il ragazzo, in risposta, le lancia un grembiule- Non te lo stavo chiedendo davvero, mi devi aiutare per forza.
E ja, Iri’!- dice, vedendola voltarsi di lato e dargli le spalle- Non puoi rimanere a piangerti addosso per tutta la giornata, non ti fa bene.
Le si siede accanto sul divano e le poggia con delicatezza una mano sulla spalla- Quello stronzo non se le merita, tutte queste lacrime, come non si è mai meritato neanche te. Tenere la mente e le mani occupate ti aiuterà a stare meglio più di quanto lo farà startene qua sul divano a piangere. Ti fidi di me?
Irina sospira, ma si decide ad afferrare il grembiule- È così che convincerai i tuoi studenti a venire alle interrogazioni, una volta presa la laurea?
Con loro sarò più autoritario: li farò tremare di paura ogni volta che metto piede in classe- asserisce lui in totale serietà.
Perché, scusa, non ti sembro abbastanza minaccioso?- aggiunge quando la vede scoppiare a ridere, pensando, rivolto a se stesso, “E bravo Mimmo!”.
Dopo pranzo i due chiamano Sara e Simone e gli raccontano le novità della giornata: Irina, con tante lacrime di contorno e tanti fazzoletti che Mimmo le porge con premura, racconta la brusca chiusura con Leonardo, provocando una sfilza di- Non ci credo!- e di- Quel brutto stronzo!- da parte degli altri due coinquilini.
Ora come ti senti?- le chiede Sara, alla fine del racconto, e l’amica tira su col naso- Di merda, ma almeno il pranzo era buono. Ah, a proposito, ti abbiamo finito gli Oro Saiva per fare il tiramisù.
Spero ce ne abbiate lasciato un po’- scherzò Simone- Ora che fate?
Ci guardiamo Dirty Dancing- risponde Irina- Magari mi torna un po’ di buon umore…
Il film riesce a scacciare un po’ della malinconia di Irina, che mentre Baby e Johnny imparano a ballare insieme si stiracchia, si fa allungare da Mimmo la busta di pop corn, ormai mezza vuota, e commenta- Che comunque avere uno come Johnny nella mia vita non mi avrebbe fatto schifo…
Perché dopotutto è una richiesta così modesta, vero? Povera stella- Mimmo ride mentre la ragazza, in risposta, gli dà un colpo sulla spalla- Dopo quel ratto che mi sono tenuta per due anni me lo meriterei!
-Be’, su questo non ci sono dubbi: nessuno può mettere Irina in un angolo.-
Sii onesto- gli dice, guardandolo negli occhi- Se ti si avvicinasse Johnny ad offrirti una sexy lezione di mambo con tutte le implicazioni del caso, tu cosa faresti?
Per chi mi hai preso, scusa?- replica Mimmo, ridendo di nuovo- E Simone dove lo lascio?
-Ma lui è Patrick Swayze! È atletico, è divertente, è un figo della Madonna…-
Ma Simone è Simone- risponde lui, sollevando le spalle.
Irina, però, ci ha preso gusto nel stuzzicarlo- Ok, allora mettiamo che si presenta alla tua porta Jennifer Grey…
Non è quello il punto, è Simo’ il punto!- esclama a quel punto il ragazzo, scuotendo la testa con un sorriso- Non esiste uomo, donna, persona al mondo che potrebbe convincermi a lasciarlo: abbiamo vissuto lontani per troppo a lungo, e adesso avere la piena possibilità di stare con lui è… È paradisiaco, non credo esista parola migliore per spiegarlo. È gioia, è vita, è amore puro: tutto ciò che non osavo neanche sognare per me stesso.
Mimmo ammutolisce quando si rende conto che Irina sta piangendo di nuovo.
Scusami, Iri’, non volevo…- prova a dire, ma la ragazza non gli permette di finire, stringendolo in un abbraccio lacrimoso.
Ti si illuminano gli occhi quando parli di lui- singhiozza lei- Leo non ha mai parlato di me così, ci scommetto…
Il ragazzo non può far altro che stringerla di più a sé e accarezzarle con delicatezza un braccio, mentre le lacrime gli inzuppano la felpa (che in realtà è del fidanzato) e lui le dice con voce dolce- È vero, con quello non è andata bene, ma questo sai che vuol dire? Che là fuori ti sta aspettando qualcuno di meglio, qualcuno che ti amerà davvero per la ragazza sicura, intelligente e formidabile che sei. Devi solo avere pazienza, e la pazienza in amore ripaga sempre, anzi, lo rende ancora più inscalfibile. Non scoraggiarti così, qua ci siamo noi, c’è Sara, ci sono le tue amiche…
Siamo tutti qui per te- la rassicura, stringendole la spalla- Per ascoltarti quando piangi, e per farti stare meglio. Non ti vogliamo mica bene per nulla.
Irina solleva lo sguardo, e incontrando il suo sorriso gli occhi le si fanno lucidi di nuovo: poggia il capo sulla testiera del divano, e finalmente si lascia andare ad una piccola risata- Se ti molli con Simone come fidanzato ti voglio io, capito, Ricky?
Ma allora non mi hai ascoltato per nulla, ho appena detto che Simone non lo lascerei neanche se… Ah, lascia perdere- Mimmo scuote la testa e la abbraccia più forte- Passami i pop corn, dai.
-Ma se te ne sei già finito mezzo pacco! Chi ha il cuore spezzato qua, tu o io?-
I due stanno ancora litigando per gli snack, sullo schermo Johnny e Baby stanno litigando ugualmente ed in quel momento si sente uno squillo provenire dal telefono di Mimmo.
Questo dev’essere Simone- commenta, pescando il telefono da sotto il cuscino del divano, ma il suo volto si fa pallido quando legge il contatto che sta chiamando: sullo schermo si illumina il nome di Pantera, e il suo cuore, per un attimo, smette di battere.
Scusa, Iri’- dice, alzandosi di scatto- Questo è urgente.
Accetta la chiamata con le dita che tremano tanto quanto trema la sua voce- Ciao, Pantera, che succede? Ah, buon Natale, comunque.
Ciao ragazzo- lo saluta il poliziotto- Mi spiace disturbarti in un giorno festivo, ma pensavo avresti voluto sentire subito la notizia. Dove sei, con quello scapestrato del tuo fidanzato?
No- risponde Mimmo, tentando di dissimulare la sua agitazione- Lui è sceso a Roma mentre io sono rimasto a Bologna. Visto quanto siamo diventati diligenti, io e lui? Ma che notizia devi darmi? È una cosa brutta?
La voce di Pantera suona bonaria come Mimmo non l’ha mai sentita- No, ragazzo, credo che per te sarà una bella notizia, anzi, forse è meglio se ti siedi. Molosso è morto.
Per poco al ragazzo non scivola il telefono dalle mani. Non sente più le battute dei personaggi alla tv, né l’incessante sgranocchiare di Irina, né il terreno sotto i suoi piedi: il mondo intero, tutto il suo mondo, si ferma davanti a quelle parole.
Ma che dici?- chiede, in un sussurro- Cos’è successo?
Pantera ride- Storiaccia, la sua. Ti avevo accennato allo scontro che c’è stato a Rebibbia, giusto? No? Deve essermi sfuggito, ho troppa roba a cui pensare ultimamente… Ma comunque, i suoi vecchi compari gli hanno teso un agguato e l’hanno aggredito alle spalle nella sua stessa cella. Lui è finito in coma, l’hanno trasferito in ospedale per un po’ e oggi mi hanno chiamato dal Pertini: non c’è stato niente da fare, si è spento qualche ora fa. Ha finito di ribellarsi, sia alla legge che alle decisioni dei suoi ex amici.
E adesso, il resto della sua banda?- lo incalza Mimmo- Era al comando di non so quanti uomini, che ne sarà di loro?
Che deve esserne? Si riorganizzeranno, come fanno sempre- risponde il poliziotto- Ma non credo che sarà te che verranno a cercare, non dopo che hai dato inizio, seppur involontariamente, alla caduta del loro vecchio capoccia.
La domanda che pronuncia Mimmo non è più di un sussurro- Questo vuol dire… che sarò libero? Che potrò uscire dal programma?
Questo lo deve stabilire il giudice, ovviamente- è la risposta di Pantera- Ma credo di sì. Non subito, ovviamente, ci vorranno ancora alcuni mesi, quindi vedi di non commettere imprudenze proprio adesso, ma sei sulla strada giusta per tornare a essere te stesso. Immagino sarai contento.
Pantera sente prima una manciata di singhiozzi mal trattenuti, poi la voce di Mimmo, sconvolta dall’emozione- È il miglior regalo che potessi farmi, Pante’. Grazie.
Non può farlo davvero, ma riesce quasi a vedere il poliziotto sorridere mentre gli dice- Buon Natale, ragazzo. Riguardati, e fai attenzione.
Buon Natale- fa appena in tempo a rispondere il ragazzo prima di scivolare al suolo, nascondendosi il viso tra le mani, e di scoppiare in un pianto di profonda, inesprimibile gioia.
Ripensa a tutti i momenti in cui negli ultimi anni ha pianto in quel modo: quando, in biblioteca, gli avevano dato quei futili, risicati dieci minuti per poter dare il suo arrivederci a Simone, senza alcuna certezza su quando, dove, come e se l’avrebbe mai rivisto; durante il viaggio verso Bologna, e quando a Bologna era arrivato; il giorno del suo primo compleanno nel programma (il suo compleanno vero, non quello di Riccardo Labieni) che aveva trascorso nella peggior solitudine che avesse provato dai primi tempi del suo arresto; tutte le volte in cui gli incubi l’avevano svegliato nel cuore della notte, terrorizzandolo con degli scenari ricorrenti che riguardavano sempre Simone: Simone che non riusciva a vederlo o a sentirlo, Simone che non lo riconosceva, Simone che moriva a causa di Molosso, Simone che moriva a causa sua.
In mezzo a tutti quei pianti pieni d’angoscia si infila un ricordo così luminoso da scacciare l’oscurità di tutto il resto: le lacrime che lui e Simone hanno condiviso, quando quasi due anni prima si sono potuti finalmente ricongiungere.
Perché Simone non è con lui in quel momento? Deve chiamarlo, deve farglielo sapere: che potrà tornare a essere Mimmo, che potrà smettere di nascondersi, che potrà essere davvero libero, da quel momento in poi.
Ricky!- a riscuoterlo è la voce preoccupata di Irina, che ha messo in pausa il film e si sta sporgendo dal divano, tenendo gli occhi sgranati fissi su di lui- Tutto ok? Che succede, chi era al telefono?
Non è niente, sto bene- risponde lui, mentre alle lacrime si mischia una risata stentata quanto sincera- Mi hanno solo dato una notizia.
Irina aggrotta la fronte- Una brutta notizia o…?
Mimmo non può fare altro che sorridere- Una bella notizia, Iri’, la più bella che potessero darmi.
Notes:
Non pensate che vi abbandoni così, eh! Ci vediamo appena posso con l’epilogo✨
Spero che questi capitolo Mimmo-centrico vi sia piaciuto, e grazie a tutt* per essere giunti (quasi) alla fine di questa storia: a presto💕
Chapter Text
A partire da quel Natale in un qualsiasi lunedì la vita di Mimmo viene travolta da una cascata di eventi così rapida che anche a ripensarci i ricordi si fanno frenetici: gli torna in mente Simone che anticipa il suo ritorno a Bologna e che, non appena lo rivede alla stazione, gli salta addosso con una tale foga che quasi lo butta a terra, nel suo abbraccio, e poi Nadia e Dante che spuntano alle sue spalle lasciandolo senza parole, perché a detta del fidanzato una notizia del genere era troppo grande per non essere condivisa e festeggiata a dovere.
Stai diventando come tuo padre, Simo’!- lo prende in giro Mimmo, e mentre Dante chiede, con un tono fintamente risentito- Cosa significherebbe questo?-, Simone gli risponde- Finiscila!- e lo bacia di nuovo.
Ricorda poi le facce sconvolte di Sara e Irina quando finalmente ha potuto raccontare loro tutta la verità su di sé e sulla sua storia con Simone.
Non avremmo voluto mai mentirvi- spiega ad entrambe, mentre tutti e quattro sono incastrati sul divano del salotto- Ma non avevamo altre possibilità, non solo per la mia sicurezza, ma sopratutto per la vostra.
Quello che vi abbiamo raccontato non è una bugia- precisa il fidanzato- Ma solo la seconda parte della storia. Quello è stato il nostro ricongiungimento, prima…
No no, fai ricapitolare me- lo interrompe Irina, con le mani sulle tempie per la confusione- Prima Ricky… No, allora, Mimmo, giusto? Dio, ci metterò una vita ad abituarmici… Ok, dicevo, Mimmo è stato arrestato, vi siete conosciuti quando gli hanno dato la condizionale, vi siete innamorati, ma lui era inguaiato con la camorra quindi siete stati costretti a separarvi per… Due anni?
Qualcosa di più- la corregge Mimmo, e Sara commenta, portandosi una mano alla bocca- Se penso che siete stati costretti ad una sofferenza così grande, dopo il coraggio che avevi dimostrato testimoniando… Oh, ora capisco tante cose!
Irina, che continua a scuotere la testa, è il ritratto dell’ incredulità- Non vi crederei, se questa storia non spiegasse così bene tutte le vostre stranezze. Ah, e ritiro tutte le battute sui traumi da separazione fatte in questi mesi: erano un po’ indelicate, anche se non lo potevo sapere. Perdonatemi, ragazzi.
La ragazza inclina la testa verso Mimmo e dice ancora- È questo che ti hanno detto, quando ti hanno chiamato il giorno di Natale? Quando ti sei messo a piangere in quel modo?
Lui annuisce- Capisci ora perché ero così sconvolto? È stata una notizia così improvvisa che…
Che mi hai fatto prendere un infarto!- lo interrompe quella con espressione truce- Per come sei buttato a terra ho pensato che ti avessero diagnosticato una malattia terminale o, che ne so, che fosse morto Simone.
È un po’ tragico- commenta Sara, mentre Simone fa il gesto delle corna con una tale energia e un tale spavento sul viso che Mimmo scoppia a ridere.
A che stai pensando?- la voce del fidanzato lo riscuote dal suo turbine di pensieri e Mimmo solleva la testa dalla sabbia, rispondendo- A nulla di importante, amore. Tu che mi dici? Ti piace qua?
È spettacolare, Mi’- gli risponde Simone, rilassato e perfettamente a suo agio nel respirare l’aria e la vita di Napoli.
Nonostante la minuziosa attenzione con cui gli ha spalmato la crema, la pelle del fidanzato è arrossata dappertutto, e riesce già a sentire le lamentele che costelleranno quella notte; i suoi ricci sono adorabili, così scompigliati dal mare, e i suoi occhi sembrano bronzo liquido sotto la luce del Sole, ma il suo sorriso è così brillante da oscurare persino la lucentezza dell’astro.
Mimmo deve farsi i complimenti, ha scelto il miglior giorno possibile per portare Simone alla Gaiola: il clima è perfetto, con quel refolo di vento che allevia l’afa torrida di agosto, la spiaggia non è troppo affollata, il che è davvero un miracolo, e il panorama è spettacolare proprio come se lo ricordava: ha promesso di fargli visitare anche il Parco Sommerso, ma per quello c’è tempo. Non aveva realizzato quanto gli fosse mancata Napoli, in tutti quegli anni, ma esserci tornato insieme a Simone riesce quasi a fargli scordare i periodi di solitudine e dolore con i quali, lentamente, sta cercando di far pace.
Simone, sdraiato accanto a lui, si sporge per sfiorargli una guancia, e Mimmo ne approfitta per farsi ancora più vicino, per sollevarsi facendo leva sul gomito sinistro e cingergli il torace col braccio.
Adesso ci cacciano dalla spiaggia per tutte queste oscenità- si lamenta Simone, ridendo, quando il fidanzato si china su di lui e gli lascia un lungo bacio sul collo: la sua pelle sa di sale, e a Mimmo sembra il sapore più buono del mondo.
Sei bellissimo- sussurra ancora il fidanzato, accarezzandogli i capelli biondi- Ammettilo, potevo pensare ad un regalo di compleanno migliore?
No, impossibile- deve concordare Mimmo, e lo pensa davvero.
Sono a Napoli da nove giorni, ne hanno ancora cinque da trascorrere in città e al ragazzo è sembrato fin’ora di vivere una piccola parentesi di Paradiso. I mesi appena passati sono stati pieni di avvenimenti belli, certo, ma terribilmente stancanti: gli sembra di aver visto più la magistratura di Roma e Villa Balestra che il loro appartamento bolognese, e non può negare che tutti quei cambiamenti, prima fra tutti la sua definitiva uscita dal programma di protezione testimoni, l’abbiano decisamente scombussolato. Non può dire se Simone abbia deciso di prenotare quelle due settimane dopo avere notato la sua stanchezza o se fosse un’idea che già aveva da un po’, ma l’unico modo per sdebitarsi di quella sorpresa così perfetta per lui è tentare di offrire al fidanzato il miglior tour di Napoli che sia in grado ad organizzare.
Hanno perso il conto di quanti chilometri hanno camminato e smesso di contare le pizze, le sfogliatelle e i babà che hanno divorato in quei giorni, si sono divertiti a perdersi tra i vicoli labirintici della città e a camminare fino a tarda notte sul lungomare, senza nessuna preoccupazione se non godersi il tempo che possono passare da soli, liberi, finalmente.
Mimmo non ha ancora trovato il coraggio di tornare a Torre del Greco, teme di scoprire come reagirà rivedendo i luoghi della sua infanzia e l’idea di essere riconosciuto dopo tutti quegli anni semplicemente lo terrorizza, ma si ripete che c’è tempo, che adesso ha tutto il tempo del mondo: Simone ha già promesso di accompagnarlo, quando si sentirà pronto.
Il ragazzo, a quel punto, si abbandona completamente all’abbraccio del fidanzato e affonda il viso nell’incavo della sua spalla- Ti prego, possiamo restare così per sempre?
Simone gli risponde con un bacio- Per tutto il tempo che vuoi.
Notes:
Siamo alla fine anche di questa storia e io sono un po’ emozionata, non lo voglio negare🥲
Grazie per aver accolto con così tanto calore questa avventura e per aver seguito Mimmo, Simone e tutto il resto del gruppo fino a questo epilogo, che per quanto breve spero vi abbia lasciato soddisfatt* e che vi abbia trasmesso la giusta dose di dolcezza🥹
E adesso, io che fine farò? Prenderò sicuramente una pausa dalla pubblicazione (ma non dalla scrittura, non ne sono fisicamente in grado), ma se avete piacere di restare conness* alla mia sconnessione giornaliera mi trovate su Twitter come Just Liz (@per_me_sei_luce).
Grazie ancora per essere il pubblico migliore della storia: vi amo tutt*🩷
Sempre vostra, Liz <3