Chapter Text
In cima al mondo
Era un mattino luminoso, l'estate era arrivata senza preavviso, portando con sé il rosso delle rose e il loro profumo. Da quattro anni non saltavano una fioritura. Lei credeva che Stolas avesse compiuto un miracolo, e lui pensava che Stella, in qualche modo, avesse fatto una magia. O forse era stata la semplice presenza di Via nell'universo, e le rose ne erano divenute manifestazione.
Stella teneva Octavia sulle ginocchia, le pettinava i capelli con la sua spazzola d'argento, districava le ciocche delicatamente, dalle punte alle lunghezze, per non farle male. E pensava che fosse incredibile come sua figlia avesse gli stessi capelli di Stolas, non solo nel colore, ma nella sensazione al tocco quando lasciava scorrere in mezzo le dita.
"Mamma?" la voce di Via aveva riempito l'aria. "Dov'è papà?"
Stella trasalì, come svegliata da un torpore. Non riusciva ad abituarsi, ogni volta che sentiva la voce di sua figlia chiamarla le si riempiva il petto di un calore dolce, e il mondo intorno a lei appariva più vivido e chiaro. Passò la spazzola sulle ultime ciocche, e le tolse i capelli dagli occhi con un fermaglio violetto.
"È in Accademia." rispose "ma ha detto che ha una sorpresa per te, e la sapremo quando tornerà."
"E quando torna?"
"Presto, amore."
"Presto quanto?"
"Non appena avrà finito il suo dovere."
"Cos'è un dovere?"
Stella esitò. Poi le accarezzò i capelli "Una cosa molto brutta" le rispose, le diede un buffetto sulla guancia "Spero che tu ne avrai il minor numero possibile."
"Stella!" una risata squillante risuonò alle sue spalle "Che discorsi fai alla bambina?"
"Papà!"
Stolas non ebbe nemmeno il tempo di sfilarsi la toga che Octavia gli corse in contro e gli saltò tra le braccia.
"Qual è la sorpresa?" domandò Via impaziente, guardandolo con due occhi vispi e violetti che del tutto appartenevano a Stella. "Qual è? Qual è?"
"Quanta impazienza!" Stolas baciò sua figlia sulla fronte e le scompigliò i capelli. Stella fece una smorfia di disappunto, aveva appena finito di pettinarla! Ma poi vide sul volto di lui l'espressione di bambino che aveva sempre quando programmava qualcosa di sciocco e divertente, e non riuscì ad arrabbiarsi.
"Andiamo Stols!" disse allora "Sono curiosa anch'io!" perché anche lei, da qualche parte, aveva ancora un animo di bambina.
"Va bene, va bene..." si arrese lui, che non vedeva l'ora di spifferare tutto "... oggi qualsiasi emergenza, che si tratti dell'Accademia o dell'Assemblea, non mi compete. Che chiamino qualcun altro!"
"Un giorno intero? E tuo padre che-" domandò Stella un po' perplessa.
"Ho detto a mio padre che ho intenzione di godermi la compagnia di mia figlia" Stolas rivolse a Via un ampio sorriso, poi guardò Stella "Non che mio padre possa capirlo..."
"Già Stols, proprio no."
"Beh, l'importante è che oggi sono tutto per te!" disse Stolas rivolto a sua figlia.
"Vuol dire che resti a giocare?" domandò Via piena di entusiasmo.
"Vuol dire che andiamo al parco divertimenti!"
"Davvero?!" Via strinse forte Stolas e iniziò fare mille programmi. "Possiamo mangiare lo zucchero filato? Le mele caramellate? Andare sulle montagne russe? Posso mettere il vestito viola che mi ha comprato mamma? Sta bene col fermaglio! Possiamo fare le giostre per i grandi? Sono più alta ormai!"
Stella fece un mezzo sorriso nel vedere sua figlia così entusiasta e piena di gioia, e poi la invase una malinconia lieve.
"Quindi... non vi aspetto per cena?" domandò abbassando gli occhi.
Stolas la guardò perplesso. "Perché? Tu non vieni?"
"Vuoi che venga?"
"Non avevo nemmeno ventilato l'ipotesi che tu non venissi." disse serio, rivolgendole uno sguardo dolceamaro.
Lei si sentì avvampare di imbarazzo. "Certo. Ovvio. Io... solo... non avevo capito." Balbettò.
Il principe le baciò la guancia "Lo sai, Stella..." Le disse in tono affettuoso "...a volte mi sembra di non essere l'unico stupido in questo matrimonio."
Le guance di Stella si fecero rosse, e un calore diffuso le invase il petto e la gola. Sentì una punta di sincera felicità e una gioia semplice stringerle il cuore, e lo baciò sulla bocca senza pensarci.
"Stupido ci sarai tu, io sono solo distratta." Rispose poi in tono di finto disappunto, non riuscendo a dissimulare il sorriso che le stava comparendo sul viso.
Mentre Octavia se ne stava lì, tra le braccia di Stolas, e li guardava battibeccare in quel modo naturale e scanzonato, aveva l'impressione che i suoi genitori fossero la coppia più unita dell'inferno.
***
Octavia avrebbe ricordato quel giorno come un giorno pieno di luce e coloratissimo, come un giorno in cui tutto sembrava immensamente grande e colmo di meraviglia. L'ingresso del parco divertimenti altro non era stato che l'inizio di un mondo tutto da esplorare, un mondo che poteva appartenerle pienamente solo guardandolo. Un mondo in cui ogni desiderio era realizzato l'istante dopo averlo espresso.
E così ora camminava guardandosi intorno, non sapendo cosa scegliere prima, se le montagne russe, o il carosello, o la casa degli specchi...
"No! Niente casa degli specchi!" fece Stella cercando di dissimulare il panico nella voce.
"Ma perché?" si lamentò Octavia "Papà? Possiamo andare?"
"La mamma ha ragione tesoro, ci sono giostre più divertenti... oppure possiamo..."
"...giocare al tiro a segno!" esclamò Via correndo verso un banchetto in cui erano ordinati su tre file parallele nove piattelli. I premi in palio erano di tanti tipi, così colorati da non poter fare a meno di attirare l'attenzione di una bambina. Il primo premio era un peluche grande quasi quanto lei.
"Lo vinci per me?" domandò Via, rivolgendo uno sguardo speranzoso e colmo di fiducia verso Stolas, e lui acconsentì.
Le regole erano semplici: una pallina da ping-pong e tanti tiri quanti erano i piattelli, più uno di recupero. Facendo nove su nove si vinceva il primo premio: un peluche a forma di mela rossa, con grandi occhioni dolci e le guanciotte rosa.
Stolas ne prese due al primo colpo, ma mancò il terzo, e il quarto. Buttò giù il quinto a fatica, e il sesto aprendo un piccolo portale per farlo cadere con un dito.
"Stols? Hai mica appena barato?" gli sussurrò Stella all'orecchio.
"Hey! Ho solo sfruttato i miei punti di forza..."
Alla fine, ne aveva presi soltanto cinque su nove, e aveva vinto per Via una coroncina a fiori che lei aveva indossato come fosse una tiara, in un moto di infantile vanità. Ma continuava a fissare l'enorme peluche esposto con occhi grandi e sognanti.
"Lo vinco io." Esclamò Stella all'improvviso. "Un altro giro."
Il primo piattello cadde senza difficoltà, così il secondo, e il terzo e così via. Solo l'ottavo sembrò porre una flebile resistenza, ma alla fine cadde anche quello. Il nono si rovesciò al primo colpo senza esitazione. Alla fine, non aveva avuto bisogno di usare nemmeno il tiro di recupero.
Stella rivolse a Stolas un sorriso canzonatorio ed esclamò divertita: "Immagino dovrei ringraziarti, per tutte le volte che mi hai fatta arrabbiare!"
Così ora Octavia gironzolava con il gigantesco peluche a forma di mela, tenendolo tra le braccia, con un sorriso enorme stampato in faccia.
"Papà, sei bravo, ma mamma è bravissima." Aveva esclamato senza un velo di malizia "E comunque mi piace anche la coroncina di fiori." Aveva aggiunto poi, quasi a volerlo consolare.
E Stolas aveva sorriso a quel goffo tentativo di risollevarlo per qualcosa per cui non prova alcuna tristezza; anzi, provava per Stella un'ammirazione profonda, lei conosceva i suoi punti di forza, e agiva senza esitazione. Era così nel gioco perché così era nella vita, avrebbe tanto voluto che glielo insegnasse, ad essere sicuro e senza paure. Ma non era certo fosse qualcosa che si impara, forse era qualcosa che si aveva nel sangue. Sperò, in cuor suo, che Via lo avesse ereditato.
A metà pomeriggio Octavia aveva insistito tanto per avere una mela caramellata o dello zucchero filato. Stella era rimasta seduta su una panchina ombreggiata, con il peluche in grembo, ad aspettarli, mentre facevano la fila ad un chioschetto poco distante. Vedeva Via indicare con entusiasmo i disegni dei vari dolciumi sul cartellone esposto in alto, e Stolas accovacciato accanto a lei che sembrava attentissimo e coinvolto in qualsiasi cosa la loro bambina gli stesse raccontando.
"Molto bello il vostro peluche. E anche voi lo siete."
Un giovane, a giudicare dall'aspetto, di rango poco più basso del loro, gli si era seduto accanto, non invitato e non richiesto.
"Vi conosco?" aveva risposto lei, con una punta di disappunto nella voce.
"No. Ma io conosco voi. E le foto non vi rendono giustizia, insomma, guardatevi. Un visino così bello."
"Smettete di importunarmi. Sono qui con la mia famiglia."
"Sapete, non è raro che delle signore in situazioni come la vostra cerchino una... distrazione. Io potrei essere la vostra."
Stella si sentì ribollire il sangue di rabbia.
"E in che situazione sarei? Sentiamo."
"Voci dicono che vostro marito non -"
Stella gli afferrò un braccio e gli affondò le unghie nella carne.
"Sapete dove potete ficcarvele le vostre voci?" gli rivolse uno sguardo tagliente "Sparite dalla mia vista o farò in modo che il mio bel visino sarà l'ultima cosa che vedrete."
Il giovane sussultò, e si dileguò senza rispondere.
"Chi era il ragazzo che parlava con te?" domandò Stolas di ritorno.
"Uno di cui non vale la pena di parlare. E comunque dobbiamo stare più attenti a quello che va a spifferare in giro la servitù. Dovrò far volare qualche testa."
Stolas inclinò il capo. "Sono certo che non è niente di grave, e che non avremo bisogno di decapitare la servitù." Disse ridendo, cercando di farle riprendere la spensieratezza che aveva avuto fino a qualche istante prima; poi le porse una coppa di fragole affogate nel gianduia.
"Via ha voluto lo zucchero filato, e ho pensato tu preferissi queste."
Stella si addolcì a quel pensiero, e le ricordò i tempi della gravidanza, e un piccolo sorriso le affiorò sulle labbra. Stolas si sedette accanto a lei, e Via in mezzo a loro.
"Vuoi una fragola, amore di mamma?"
"Sì!"
***
Il pomeriggio era trascorso sereno, Stella aveva lasciato cadere nel dimenticatoio l'infelice incontro con il giovane, e aveva provato a soffocare tutti i pensieri collaterali a riguardo. I pensieri su Stolas, e su di lei, i pensieri su di loro come coppia, e come famiglia.
Va bene, forse Stolas non la vedeva come avrebbe voluto, lui vedeva la madre di Via, non la propria moglie, non una donna desiderabile. Ma la creatura delicata, da trattare con cura, che aveva messo al mondo la sua bambina. E, per quel giorno, poteva andare bene così. Era abbastanza. Sarebbe stato abbastanza per sempre? Il pensiero la tormentava, e lei lo soffocava nel sapore zuccherino delle fragole.
Perché lei, quando lui era così vivace, e allegro, così propositivo, vedeva sì un padre giocoso e premuroso; ma sentiva anche un moto interiore, un calore noto e frustrato da tempo, incrinato da quell'evento, ormai lontano negli anni, e soffocato da un apparente disinteresse. Quando lo vedeva così sicuro di sé, che manifestava la sua giovinezza, che rideva, che viveva, vedeva il proprio marito, il principe potente e gentile che le era stato promesso, vedeva un uomo desiderabile. E finiva per desiderarlo, e per desiderare che la guardasse, che la vedesse in un modo diverso, in quel modo in cui lei lo vedeva, e che la desiderasse anche lui.
"Stella?" Stolas le aveva toccato il braccio per attirare la sua attenzione, e lei era sobbalzata.
"Eh? Oh... scusa ero... sovrappensiero." Gli aveva rivolto un sorriso impacciato, e aveva ricacciato nell'angolo più profondo della mente i pensieri che l'avevano portata a estraniarsi dal mondo. Poi si era rivolta verso Via, e nel vederla così felice, nell'abito viola che le aveva comprato, ogni turbamento del suo animo si era ricomposto.
"Allora, amore, cosa vuoi fare adesso? Sta quasi tramontando il sole."
"La ruota panoramica." Aveva detto Via senza esitazione "Possiamo vedere tutto il mondo da lassù!"
In qualche modo era vero, il mondo forse non era così grande come poteva sembrare, il mondo poteva essere visto tutto in un solo sguardo dalla cabina di legno dipinto della ruota panoramica.
O il mondo, forse, era tutto dentro la cabina, il mondo intero erano loro, cristallizzati in quel momento felice, con Via appiccicata al vetro della ruota panoramica, a stupirsi di come gli abitanti dell'inferno apparissero piccoli come formiche, di come le montagne russe, o il trenino panoramico, prima così grandi e imponenti, sembrassero piccoli quanto i giocattoli che stavano a casa sul tappeto della sua cameretta.
E Stella pensò che forse, tutte le preoccupazioni gigantesche che le facevano paura, tutto il peso della sua insoddisfazione o l'enorme fantasma della loro solitudine, non erano molto diversi da tutte quelle attrazioni: così grandi quando ci camminavano in mezzo, e così piccole quando riuscivano a guardarle dall'alto, dal mondo protetto e superiore racchiuso dentro la cabina della ruota panoramica: quello della loro bambina, quello della loro famiglia.
"È stata una giornata bellissima!" esclamò Via con entusiasmo. "Anche se non ho potuto fare tutte le giostre le farò quando sarò più alta." Aggiunse con convinzione. "Farò anche quelle montagne russe là!" e indicò la ripidissima giostra su cui persino Stolas avrebbe avuto il timore di salire. "Lo zucchero filato sapeva di nuvole dolci. Papà, lo zucchero filato può essere solo rosa?"
"No, si può colorare di tanti colori."
"La prossima volta lo voglio...uhmmm.... azzuro, e viola, e arancione..." affermò poi, e continuò a raccontare la sua versione della giornata "Il parco è graaaandissimo, ma lo abbiamo fatto quasi tutto. E la prossima volta, papà, mamma ti insegnerà a vincere le cose."
A Stella scappò una risata, e Stolas si fece contagiare. Risero come non ridevano da tempo, abbandonandosi all'inganno dolce della felicità.
"Torneremo, vero? Tutti insieme." domandò Via poi. "Anche quando sarò grande?"
"Certo, tesoro mio." Rispose Stolas, e avvolse il fianco di Stella con un braccio, e posò una mano protettiva sulla spalla di Via.
E così, uniti in quell'abbraccio, grati della tregua che gli stava concedendo il mondo di fuori, guardarono il sole sparire oltre le colline rossastre del cerchio di Pride.