Laboratorio – Elia Gonnella
IL CORPO AFFETTIVO
L’esperienza sonora nella costituzione della persona
Elia GONNELLA
Abstract: Listening is not an incorporeal experience; we do not listen with our non-extended
minds. We listen with all our body, and music can change completely our personal structure. It
is through sound experience that we change and asset ourselves. Studies in the doctrine of affects
often use sonorous metaphors and concepts such as Stimmung, resonance, consonance, that refer
to sound experience. In this paper, I try first of all to show how listening is rooted in body
experience. Then, I argue for a new consideration of the notion of person that takes into account
the fundamental sonorous basis – psycho-acoustic – of its constitution. Thanks to sounds we can
reach a new conceptualization of emotional relations between persons which we attain through
the person’s ordo amoris. Additionally, with the analysis of sounds we grasp some aspects of
emotional experience related to the singular person (intra-personal). So, if sounds are
profoundly related to corporeal experience, so strongly involving affects as to modify our
personal structure and form a person’s constitution, and affects can really do that, their
relationship need to be inquired where both sound experience and affection are rooted:
corporeity.
Keywords: Listening, Emotions, Affects, Corporeity, Sound Experience.
1. Dimensione corporea dell’ascolto e costituzione acustica della
persona
È con tutto il corpo che ci poniamo in ascolto, che i suoni ci pervadono. L’«essereimmagine-corpo integro, ricorda Sloterdijk, non rappresenta quasi nulla di fronte alle
certezze pre-immaginarie e non eidetiche della duale integrità sensoriale e
emozionale».1 Vi è uno strato corporale, sensoriale ed emozionale, che viene coinvolto
nell’attività sonora e che annoda nel suo agire l’esperienza emotiva con il sentire, senza
che venga coinvolto un livello rappresentazionale, simbolico o immediatamente
cognitivo. L’ascolto musicale induce emozioni e può portare ai sentimenti, che con
Damasio definiamo come strutturalmente più complessi delle emozioni,2 proprio
1
Peter SLOTERDIJK, Sphären I. Blasen, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 1998, tr. it. Gianluca
Bonaiuti, Sfere I. Microsferologia. Bolle, Meltemi, Roma 2009, p. 488.
2 Cfr. Antonio DAMASIO, Looking for Spinoza. Joy, Sorrow, and the Feeling Brain, Harcourt, Orlando 2003,
tr. it. Isabella Blum, Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano 2003. Anche in
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perché passa attraverso una dimensione corporea, una carne vibrante, che si stratifica
di complessità a mano a mano che il processo uditivo si consolida e reitera. Tutta una
ricerca neuro-fisiologica ha evidenziato la modificazione corporale messa in atto
dall’emozione nell’ascolto.
«La risposta emotiva ha effetti su tutto il corpo: la tensione muscolare, la frequenza
respiratoria e cardiaca, la sudorazione, l’attività gastrica, la produzione di ormoni».3
Anche se i casi di anedonia specificamente musicale, dove l’incapacità di provare piacere
è rivolta anche al sonoro, fenomeno che può arrivare fino ai casi di amusia e mancato
riconoscimento musicale di base, sembrano riconducibili proprio a un problema di
collegamento tra il sistema sottocorticale, legato all’esperienza emotiva, e un sistema
più percettivo e cognitivo,4 è l’intreccio tra le due dimensioni (emotiva e cognitiva)
passante per il tessuto corporeo a fondare l’esperienza sonora.
La stratificazione esperienziale non significa, ovviamente, un’eliminazione che vada
a favore ad esempio di un riduzionismo biologico o al contrario di un’eliminazione
della base corporale via via che si salga di livello cognitivo. Piuttosto è il riconoscimento
dell’importanza della base corporea nella pratica dell’ascolto che si impone come
imprescindibile. È su di una base corporea, materica e vibrante che si instaurano ad
esempio le stesse correnti terapeutiche includenti il sonoro.5 Ed è su questa base che
emerge la nostra esperienza del sonoro. Proprio perché l’attività percettiva consiste:
ID., The Feeling of What Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, Harcourt, San Diego
1999, tr. it. Simonetta Frediani, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano 2000, pp. 51 sgg. distingueva
per livelli di intensità e consapevolezza, dove l’emozione sarebbe esterna e il sentimento qualcosa di
proprio, interno e personale. Cfr. inoltre il più vecchio ID., Descartes’ Error. Emotion, Reason, and the
Human Brain, Avon Books, New York 1994, tr. it. Filippo Macaluso, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione
e cervello umano, Adelphi, Milano 1995, in particolare pp. 187 sgg.
3 Daniel SCHÖN, Lilach AKIVA-KABIRI, TOMASO VECCHI, Psicologia della musica, Carocci, Roma 2018
(2007), p. 98. Cfr. inoltre Daniel SCHÖN, Il cervello musicale. Il mistero svelato di Orfeo, Il Mulino, Bologna
2018, p. 119.
4 Cfr. SCHÖN, AKIVA-KABIRI, VECCHI, Psicologia della musica, p. 99.
5 Questa dimensione profonda del sonoro è confermata sin dall’uso più antico della musica, cfr. in
quest’ottica Antonietta PROVENZA, La medicina delle muse. La musica come cura nell’antica Grecia, Carocci,
Roma 2016. Il già citato SCHÖN, Il cervello musicale, pp. 87-106 e John A. SLOBODA, The Musical Mind.
The Cognitive Psychology of Music, Oxford University Press, Oxford 1985, tr. it. Gabriella Farabegoli, La
mente musicale. Psicologia cognitivista della musica, Il Mulino, Bologna 2018 (1998), pp. 23-26, dove
sottolinea in particolare l’importanza della musica per la vita emotiva. Il rapporto con le emozioni e
l’ambito terapeutico è inoltre ribadito da Steven MITHEN, The Singing Neanderthals. The Origins of Music,
Language, Mind and Body, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts) 2006, tr. it. Elisa
Faravelli e Cristina Minozzi, Il canto degli antenati. Le origini della musica, del linguaggio, della mente e del corpo,
Codice Edizioni, Torino 2019, pp. 121-143, dove evidenzia l’importanza sociale delle emozioni e il
ruolo privilegiato che la musica gioca nell’esprimerle e provocarle, giungendo ad affrontare anche la
musicoterapia. Sull’importanza, portata all’estremo, del sonoro il classico di Rouget ribadisce come
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Not in opening the eyes, since these are open anyway; nor in opening the ears, since they
cannot be closed save by stopping them with the fingers. It consists, rather, in a kind of
scanning movement, accomplished by the whole body – albeit from a fixed location – and
which both seeks out, and responds to, modulations or inflections in the environment to
which it is attuned. As such, perception is not an ‘inside-the head’ operation, performed
upon the raw material of sensation, but takes place in circuits that cross-cut the boundaries
between brain, body and world.6
Coinvolgendo la totalità dell’ascoltatore, il sonoro può istituire relazioni d’intimità e
di variazione poietica dell’essere umano. Con Mithen possiamo distinguere tra
emozioni (emotions) e stati emozionali (emotional states) proprio in virtù dell’intensità dei
fenomeni. Mentre, ad esempio, la felicità può essere descritta come situazione duratura,
come uno stato emozionale o un umore (mood), la gioia, che è un’emozione, investe
invece un periodo più breve (very short-lived feeling) e può portare, dopo la sua esperienza,
a uno stato emozionale. La musica, l’ascolto di questa, avrebbe proprio il ruolo di
creare stati emozionali, nel modo in cui può indurli in tutte le direzioni. La «musica
induce stati emozionali (emotional states) sia in chi la produce sia in chi si limita ad
ascoltarla».7 Le analisi su cui si poggia Mithen si riferiscono proprio alla variazione
corporea dell’ascoltatore – conduttanza cutanea, respirazione, battito cardiaco,
temperatura cutanea, pressione sanguigna – che definiscono appunto il coinvolgimento
corporeo nel sonoro.
Gli stati emozionali, al pari delle caratteristiche individuabili nei sentimenti,
avrebbero la caratteristica della durata e dell’intensità mentre, al pari delle emozioni,
avrebbero il pregio di sorgere da modificazioni corporee. Lo stato emozionale, inoltre,
può sorgere dal very short-lived feeling come il sentimento deriva dall’intensificazione e
modificazione dell’emozione.
L’ascolto e la produzione sonora genererebbero quindi variazioni profonde, prima
di tutto a livello corporale, che possono modificare completamente l’assetto del
posizionamento dell’essere umano.
l’emotività, il piacere e il rapporto con un ruolo profondo della manifestazione sonora sia fortemente
evidente, cfr. Gilbert ROUGET, La musique et la transe. Esquisse d’une théorie générale des relations de la musique
et de la possession, Éditions Gallimard, Paris 1990, tr. it. Giuseppe Mongelli, Musica e trance. I rapporti fra
la musica e i fenomeni di possessione, Einaudi, Torino 2019. Cfr. inoltre Stefan GEBHARDT, Markus
KUNKEL, Richard VON GEORGI, Emotion Modulation in Psychiatric Patients Through Music, in “Music
Perception: An Interdisciplinary Journal”, 31, 5, 2014, pp. 485-493. Per un rapporto tra
psicopatologia e musica cfr. la raccolta di studi in R. STEINBERG (Ed.), Music and the Mind Machine. The
Psychophysiology and Psychopathology of the Sense of Music, Springer Verlag, Berlin und Heidelberg 1995, in
particolare i contributi a pp. 153-182.
6 Tim INGOLD, The Perception of the Environment. Essays on Livelihood, Dwelling and Skill, Routledge, London
and New York 2000, p. 244.
7 MITHEN, Il canto degli antenati, p. 134.
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La possibilità di un ascolto inteso come qualcosa di diretto a un comprendere
coinvolgente la sfera totale ed emotiva dell’essere umano e rivolto a un livello
antropopoietico è dovuta al fatto che al cambiamento «l’orecchio del soggetto gli è già
disponibile».8 Per la, e soprattutto, nella costituzione psico-acustica della persona (in
psycho-akustischer Auffassung) l’ascolto intimo (innige Hören) «va sempre di pari passo con
un cambiamento di attitudine (Haltungswechsel) che passa da una capacità di ascolto
unidimensionale disposta all’allarme e alla distanza, a una capacità di ascolto disposta
alla fluttuazione (Schwebegehor)».9 Il passaggio dall’ascolto inserito in una dimensione
d’allarme e di distanza a una dimensione d’ascolto che sospenda i rapporti contestuali
nella fluttuazione apre alle proprietà sonore. Sloterdijk ricorda come l’ascolto sia quindi
legato alla commozione (Ergriffenheit). Fa questo, possiamo dire, certamente perché è
qualcosa che prende (greift), che ha fatto presa (griff) e che ha presa (Zugriff), ma
soprattutto perché l’ascolto deve portare l’ascoltatore (Hörer) a sé (zu sich) ed è attraverso
la produzione sonora che si esperisce un’unione tra manifestazione sonora e soggetto
che la esperisce, cosicché «canto, voce e soggetto formano sempre un insieme».10
L’ambito sonoro è attraversato quindi da «antiche potenze che inducono la
formazione dell’Io attraverso l’orecchio»11 e «il soggetto deve aggrapparsi ad una svolta
sonora (bei einer sonoren Wendung), al suono di una voce (Stimmklang), a un’immagine
musicale (Tonbild)»,12 per la formazione e strutturazione di se stesso.
Va da sé allora che questa dimensione sonora è quella a cui è affidato il ristabilimento
del soggetto nei casi problematici. Poiché «è nell’intonazione che il soggetto arriva più
vicino a se stesso»13. Questa funzione terapeutica, questa istanza terapeutica
(therapeutische Instanz), ossia questo resistere allo scoraggiamento (Entmutigung) è ciò che
può cambiare il soggetto nelle sue componenti più intime.
Se questo non arriva, l’intima speranza sonora (intime Klangerwartung) rimane dietro le
quinte, e l’individuo continua, nel senso letterale del termine, ad attendere alle proprie
occupazioni senza essere stato toccato (ungerührt) spesso, senza presagire nemmeno la
possibilità di conoscere un’altra condizione.14
8
SLOTERDIJK, Sfere I, p. 444.
Ivi, p. 445.
10 Ivi, p. 454.
11 Ivi, p. 455. Sloterdijk per lo sviluppo delle fasi intra-uterine poggia sulle analisi
dell’otorinolaringoiatra francese Alfred Tomatis, cfr. ivi pp. 462 sgg. L’errore di una non valutazione
sonora in questo senso è anche l’errore visuale-centrico di Lacan, e lo stade du miroir, nonostante si
debba segnalare l’importanza pulsionale della voce.
12 Ivi, p. 455.
13 Ivi, p. 456.
14 Ivi, p. 462.
9
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Gli insensibili (Verhärteten), chi soffre di fissazioni (Fixierten), gli infelici (Unglücklichen),
fino ai casi patologici, possono trovare uno spiraglio nella pratica della dimensione
sonora. Ascoltare è ascoltar-si (hören heißt »sich« hören), comporta un vibrare (ein Vibrieren)
che attraverso procedimenti psico-acustici (psycho-akustischen Verfahren) può arrivare a
una rinascita acustica (akustische Wiedergeburt).15 Tutto ciò perché nella produzione
sonora e nell’ascolto si istituiscono relazioni di intimità e prossimità, sconosciute alle
altre pratiche, in cui si manifesta la proprietà cardine dell’intimità, cioè la trasmissione
(Weitergabe). Quando sorgono conflitti, disturbi e poi convalescenze risulta più chiaro
l’aspetto sonoro dell’uomo, una vera e propria soggettività musicale (musikalische
Subjektivität) invitante al recupero del rapporto con il sonoro. Qualcosa che suona del
vecchio invito nietzschiano che «il cantare è infatti per i convalescenti; chi è sano può
parlare».16 L’uomo nella sua quotidianità e nelle sue problematicità permette
l’emergere di un’evidenza sonora che lo accompagna e costituisce, per cui si dovrebbe
«quindi dire che la permanenza dell’uomo nel mondo, più che per qualsiasi altra
creatura vivente, è determinata dalla necessità di mantenersi e svilupparsi in un
continuum psicoacustico».17 Il soggetto in ascolto è quindi coinvolto da e in manifestazioni
sonore: l’emissione-ricezione sonora e l’esecuzione-ricezione musicale si profilano
come un coinvolgimento totale anche perché «dal punto di vista acustico l’isola
dell’essere è in permanenza in fase di trasmissione e ricezione».18
Il riconoscere questa dimensione sonora e vibrante della persona si collega al
riconoscere lo strato profondo delle emozioni e della variazione d’assetto che inducono.
Attraverso di esse si può dare una variazione del posizionamento, una variazione che
dall’ascolto porta al coinvolgimento totale dell’ascoltatore. Come vedremo, il livello
affettivo in atto nell’ascolto coordina e indirizza l’ascoltatore coinvolgendone la totalità
complessa della sua persona. Il sonoro, in questo modo, diviene strumento e mezzo
privilegiato della variazione, in quanto fondamento e basso continuo dell’esperienza.
Per argomentare l’indagine sui processi sonori alla base dei movimenti affettivi e sul
ruolo di questi per la costituzione della persona si attingerà inizialmente dalle ricerche
fenomenologiche sull’ordo amoris definendo l’assetto affettivo un elemento cardine per
l’individuazione della persona. Qui l’ambito sonoro farà da sfondo materico necessario
15
Cfr. ivi, p. 470.
Friedrich NIETZSCHE, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen (ed. or. Verlag von E.
Schmeitzner, Chemnitz 1883) in Werke, Kritische Gesamtausgabe, hrsg. von G. Colli und M.
Montinari, VI Abt., 1 Band, W. de Gruyter & Co., Berlin 1968, S. 271, tr. it. Sossio Giammetta, Così
parlò Zarathustra, Parte III, Bompiani, Milano 2010, p. 633.
17 SLOTERDIJK, Sfere I, p. 477.
18 ID., Sphären III. Schäume, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main 2004, tr. it. Gianluca Bonaiuti e
Silvia Rodeschini, Sfere III. Schiume. Sfereologia plurale, Raffaello Cortina, Milano 2015, p. 357.
16
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per una concettualizzazione delle forme affettive (empatia, unipatia, risentire, ma
anche discordia). La necessaria classificazione di quanto rientra nel grande insieme
degli affetti vedrà un continuo confronto con il campo esperienziale dei suoni.
Emozioni, umori, sentimenti, stati d’animo conducono a una fenomenologia
dell’esperienza affettiva densa di questioni che nel suono trovano un terreno di stabilità.
In particolare, l’analisi fenomenologica ci permette di analizzare le forme del sentire in
base ai fenomeni della coscienza permettendo di delineare una dimensione
intenzionale dell’esperienza affettiva. È poi con la Befindlichkeit heideggeriana che lo
schema affettivo individuante dell’ordo amoris si arricchisce di un tassello in più per
l’analisi dell’esperienza affettiva. Non a caso Heidegger traduceva nel 1924
l’agostiniano affectio con la Befindlichkeit,19 mentre nello stesso anno, con lo stesso
termine, traduceva l’aristotelica διάθεσις. Attraverso questa costellazione affettiva (ordo
amoris, Stimmung, Befindlichkeit, ma anche umore, passione, sentimento ed emozione) si
delinea sia la descrizione dell’esperienza affettiva e dei suoi oggetti in relazione
all’esperienza sonora, sia la storia di un rapporto fondamentale tra l’affetto e il suono
che non ha solo il pregio terminologico e analogico-metaforico, ma guarda al momento
fondativo della genesi delle esperienze affettivo-sonore: la relazione con il mondo data
nella corporeità. È nella corporeità, infatti, che troviamo gli elementi da rintracciare
per coprire i pezzi mancanti del mosaico “persona” nel suo fondamentale assetto
affettivo, senza dimenticare, di passaggio, un’immagine sonora la cui eco risuona nel
per-sonare, suonare attraverso.
I movimenti sono quindi due: da una parte scandire alcune tappe
dell’imprescindibile materialità dell’esperienza sonora che modifica e struttura,
attraverso un filtro affettivo, l’integrità psicofisica della persona, dall’altra evidenziare
che il legame fondamentale che intercorre tra esperienza affettiva e dimensione sonora
si affaccia nei modi in cui cerchiamo di concettualizzarne le forme. Il tutto, in
conclusione, a partire dall’incontro corporeo dove esperienza sonora e affetti originano.
2. Persona e ordine del cuore
Essendo la costante dell’esperienza umana, il sonoro si pone come chiave d’accesso
alle corde più intime della soggettività. Il livello affettivo coordina l’esperienza e al
contempo è quanto viene costantemente formato e modificato dal sonoro che coinvolge
19
Cfr. Martin HEIDEGGER, Der Begriff der Zeit. Vortrag vor der Marburger Theologenschaft (Juli 1924), Max
Niemeyer, Tübingen 1989 (HGA, Band 64, hrsg. von F.-W. von Hermann, Vittorio Klostermann,
Frankfurt am Main 2004, S. 105-125), tr. it. Franco Volpi, Il concetto di tempo, Adelphi, Milano 1998,
p. 30.
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l’ascoltatore. La potenza con cui il suono si inserisce nell’esperienza riesce infatti a
spostare il posizionamento della persona.
Per comprendere questo passaggio occorre riferirci alle riflessioni fenomenologiche
di Max Scheler. L’ordo amoris scheleriano si inserisce proprio a questo livello affettivo
coordinante le forme dell’esperienza. Come sottolinea Zambrano ci sono dimensioni
che sfuggono alla ragione, vi è «una realtà che la ragione non può comprendere ma
che può essere captata in altro modo»,20 qualcosa che precede la ragione e che la
direziona, una «sopravvivenza di qualcosa di anteriore al pensiero».21 Per Scheler si
tratta di un a priori affettivo, del cuore e delle passioni che struttura l’agire della
persona. L’ordo amoris struttura la persona e la definisce sia per quanto riguarda il suo
agire che per una sua individuazione.22
Per Scheler la dimensione dell’a priori non riguarda solo l’intelletto; essa appartiene anche
alla vita emotiva, che ha infatti un proprio contenuto specifico del tutto indipendente e
non derivabile a posteriori dall’esperienza empirico-induttiva.23
Un a priori affettivo, questo, che definisce la persona perché «[c]hi ha l’ordo amoris
di un uomo ha l’uomo stesso. Ha per l’uomo inteso come soggetto morale ciò che è la
formula di cristallizzazione per il cristallo».24
Bisogna tener presente, per delineare l’importanza delle analisi di Scheler, che
l’umano si posiziona nel mondo come organismo, quindi con uno schema corporeo e
un livello unipatico,25 come sé sociale, attraverso un senso comune e un livello
empatico, e come singolarità personale che definisce l’ambito proprio dell’ordo amoris, il
quale può essere legato a una sintonizzazione a livello solidaristico.26 La stratificazione
è pertanto tripartita: abbiamo un ordo carnis, un ordo socialis e un ordo amoris (a cui
20
María ZAMBRANO, Hacia un saber sobre el alma, Fundación María Zambrano 1991 (Alianza Editorial,
Madrid 2000), tr. it. Eliana Nobili, Verso un sapere dell’anima, Raffaello Cortina, Milano 1996, p. 44.
21 Ibidem.
22 Cfr. Guido CUSINATO, Mi emoziono, dunque esisto. Un’ipotesi antropogenetica nella prospettiva di Max Scheler,
in L. M. NAPOLITANO VALDITARA, Curare le emozioni, curare con le emozioni, Mimesis, Milano-Udine
2020, pp. 167-191, particolare pp. 171 sgg.
23 Edoardo SIMONOTTI, Introduzione a Max SCHELER, Ordo amoris, in GW X, Schriften aus dem Nachlass.
Bd. I: Zur Ethik und Erkenntnislehre, hrsg. von Maria Scheler, Francke Verlag, Bern und München 1957,
S. 345-376, tr. it. Edoardo Simonotti, Ordo amoris, Morcelliana, Brescia 2008, pp. 5-44, qui p. 19.
24 SCHELER, Ordo amoris, p. 52.
25 L’unipatia (Einsfühlung) è la componente primordiale di unione da cui emerge la possibilità
fondamentale di comunicazione espressiva tra gli esseri viventi. Cfr. Max SCHELER, Wesen und Formen
der Sympathie, Verlag von Friedrich Cohen, Bonn 1923, tr. it. Luca Oliva e Silvia Soannini, Essenza e
forme della simpatia, Franco Angeli, Milano 2010.
26 Cfr. Guido CUSINATO, Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris. In dialogo con Max Scheler, Franco
Angeli, Milano 2018, p. 219.
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corrispondono rispettivamente schema corporeo, sé sociale e centro personale). La
persona è il suo ordo amoris, ossia «l’ordo amoris è il principium individuationis della
persona»,27 poiché quest’ultima «non è un ente di ragione»28 è un ordo amoris, come
testimonia il fatto che nei casi in cui vi sia un disturbo del livello affettivo si assiste alla
«decostruzione e alla frammentazione della persona».29 L’ordo amoris, «in definitiva, è
ciò che conferisce il timbro inconfondibile alla singolarità».30 Questo anche perché
attraverso l’ordo amoris si innescano i riposizionamenti della persona, come dello stesso
ordo amoris.
La caratteristica più straordinaria dell’ordo amoris è quella di funzionalizzare non solo
l’esperienza e i posizionamenti ma anche sé stesso: è l’organo che – di fronte a una crisi,
a una sconfitta grave, a un lutto e più in generale a qualsiasi trasformazione rilevante
dell’esistenza – metabolizza una metamorfosi e rinasce nello spazio trans-soggettivo
dell’incontro con l’altro.31
Quando vi sono disturbi dell’ordo amoris questi sono collegati a disturbi dell’ambito
dell’emotional sharing, poiché «l’ordo amoris non è l’organo di una cura ripiegata su sé
stessa, ma l’organo di un’emotional sharing solidaristica che si svolge sul piano transsoggettivo dell’incontro con l’altro nella co-attuazione dell’atto».32 Questi disturbi sono
ad esempio l’infatuazione che «indica una forma di amare cieco, in cui un umano viene
rapito da un bene finito, fino a rimanere intrappolato in esso, in quanto crede
illusoriamente “d’aver raggiunto in un bene finito il definitivo appagamento e il pieno
soddisfacimento della ricerca del proprio amare”».33 L’infatuazione è legata alla
delusion, ma se ne differenzia in quanto:
l’impressione è che qui l’errore del giudizio sia un problema secondario e che invece
primaria sia una distorsione a livello assiologico, che risulta inconfutabile. In altri termini,
la delusion non è qualcosa di accessorio o di contingente rispetto al modo di essere di
quell’individuo, ma costituisce il suo principium individuationis.34
Vi è poi il risentimento il quale struttura una modalità di sentire distorta e accecata,
che «tratta di illusioni che falsano il modo di comprendere l’altro, portando a ipotizzare
27
Ivi, p. 192.
Ivi, p. 199.
29 Ivi, p. 225.
30 Ivi, p. 259.
31 Ibidem.
32 Ivi, p. 194.
33 Ivi, p. 195.
34 Ivi, p. 220.
28
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una superiorità dell’evidenza della percezione interna rispetto a quella esterna».35
Questi disturbi compromettono quella funzione particolare che nella fenomenologia
contemporanea viene individuata con l’espressione di funzione enattiva, e comportano in
particolare storture nella forma mentis.
Il risentimento, infatti, è un avvelenamento, un autoavvelenamento, in cui si dà il caso
che:
una particolare violenza di queste passioni [odio, invidia] vada di pari passo con il
sentimento dell’incapacità di tradurle in atto, da cui deriva il “morso avvelenato” dovuto
vuoi a una debolezza di natura corporea e spirituale vuoi ad angoscia e timore nei
confronti di coloro ai quali tali affetti si rivolgono.36
Si può pertanto parlare di un vero e proprio ordre du cœur e una particolare logique du
cœur a cui si deve rivolgere l’attenzione. Un livello che, se inquinato, può dar origine a
tutta questa gamma di disturbi. La visione del cuore,37 se indagata, permette di incontrare
ordini di ragione differenti, poiché la «ragione, anche se legata a un organo fisiologico,
il cervello, non consiste in esso. Non sappiamo esattamente cosa fa il cuore nella vita
psichica; se fa qualcosa, questo qualcosa gli è talmente connaturato che non risulta
separato come il pensiero dal cervello».38 Allora, sottolinea Zambrano, piuttosto «[l]a
ragione è pura manifestazione, è la comunicazione stessa».39 La ragione si dà in una
dimensione comunicativa e inter-relazionale e l’interiorità, lungi dall’essere uno spazio
rinchiuso, è apertura e un offrirsi che la esalta rendendola manifesta. Essa «[s]i offre
perché è interiorità e per continuare a esserlo; l’interiorità che si offre per continuare a
essere interiorità, senza annullarla, è la definizione dell’intimità».40
35
Ivi, p. 196. Scheler in Essenza e forme della simpatia parla di ordo amoris – nel testo e non nelle note –
esplicitamente per ben due volte. A p. 38, nella Premessa alla seconda edizione (scritta nel 1922), parlando
di «“corretto ordo amoris”, cioè della corretta “cooperazione delle funzioni simpatetiche” nella psiche
umana, cui attribuisco anche un significato culturale e pedagogico» (SCHELER, Essenza e forme della
simpatia, p. 38), presentando quanto scritto nel capitolo A VII. A p. 122. dopo aver parlato delle leggi
di fondazione ci dice che «è dunque possibile, conoscendo ormai le leggi di fondazione appena
formulate, delineare un quadro normativo del “retto” ordo amoris, che si fondi sull’ordine gerarchico
dei valori di quelle» (ivi, p. 122).
36 Max SCHELER, Über Ressentiment und moralisches Werturteil. Ein Betrag zur Pathologie der Kultur, in GW
III, Vom Umsturz der Werte. Abhandlungen und Aufsätze, hrsg. von Maria Scheler, Francke Verlag, BernMünchen 1955, pp. 33-147 (or. in ”Zeitschrift für pathologische Psychologie”, vol. I, nn. 2-3,
Engelmann Verlag, Leipzig 1912), tr. it. Angelo Pupi rivista da Laura Boella, Il risentimento,
Chiarelettere, Milano 2019, p. 8.
37 Cfr. ZAMBRANO, Verso un sapere dell’anima, pp. 44 sgg.
38 Ivi, pp. 45-46.
39 Ivi, p. 48.
40 Ivi, p. 49.
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L’individuazione che è definita attraverso l’ordo amoris si inserisce così a un livello
affettivo fatto di rapporto e incontro con l’altro. Più che all’equilibrio omeostatico, o al
somatic marker di Damasio, vicino a una tendenza all’invarianza, ci si sposta verso
proprietà di trasduttività.41 È attraverso la risonanza affettiva con l’altro che si costituisce
lo spazio e l’attività propria di un livello affettivo che definisce la persona. L’esempio
più calzante è, ovviamente, ancora sonoro.
Prendiamo come termine di riferimento la risonanza acustica di un metallo: essa è tanto
maggiore quanto più la frequenza dell’oggetto che lo colpisce è vicina alla frequenza di
risonanza naturale del metallo. Come fanno due individui a risuonare affettivamente?
Innanzitutto tale risonanza affettiva può aver luogo solo se c’è una vicinanza della
“frequenza” emotiva, il che esclude che si possa parlare di risonanza empatica in quanto
l’empatia (sempre che si utilizzi il termine nella sua originaria accezione fenomenologica,
quindi nel senso di Husserl, Scheler e Stein) permette di mettersi anche su d’una
lunghezza d’onda diversa dalla propria. Se si rimane sulla stessa lunghezza d’onda fino a
fondere le due frequenze si tratta invece d’unipatia.42
Il livello affettivo della persona, il suo ordo amoris, ri-suona in modi differenti con altre
singolarità. Si fonde completamente nei casi particolari di contagio affettivo condiviso
e in quelli d’unipatia, in cui vi è appunto un sentire unico, mentre si inter-relaziona e
inter-penetra negli altri. L’uso di termini ed espressioni vicine all’ambito sonoro non
manifesta solo un ambito d’applicazione puramente metaforico. Non sono solo
analogie, principalmente perché il modo in cui i suoni si relazionano ha molto a che
fare con le dimensioni affettive umane. Questo non tanto perché vi siano analogie
strutturali e relazioni simboliche tra i due membri quanto piuttosto perché le relazioni
sonore, quelle tra suoni, ci informano delle relazioni personali, quelle tra le persone. Il
modo in cui i suoni si relazionano parla del modo in cui si relazionano coloro che i
suoni li usano e attraverso i quali in particolare sono definite le loro ossature relazionali,
non tanto per tornare al rapporto persona-suono come se si parlasse di un’analogia,
piuttosto per affondare nella dimensione affettiva e inter-relazionante che definisce gli
uni quanto gli altri. Le persone ri-suonano e si inter-relazionano come i suoni. Ma quel
“come” è da intendersi in quanto modalità di manifestazione con la quale siamo
direttamente coinvolti, e non in quanto tramite dell’analogia. La postulazione di
un’analogia non reggerebbe perché il rapporto è saldato a un livello fondamentale: la
persona è sonora. Come il caso del contagio e dell’unipatia mostra chiaramente, vi può
essere una risonanza fondente i membri, in alternativa vi è una inter-penetrazione e
una coordinazione polifonica come nei casi di empatia o nel ri-suonare come ri-sentire
41
42
Cfr. CUSINATO, Biosemiotica e psicopatologia dell’ordo amoris, p. 41.
Ivi, p. 153.
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emotivo. Inoltre, l’analisi affettiva in chiave sonora può spiegare anche i casi di
riconoscimento e comprensione di situazioni emotive non comportanti l’unione e la
concordia. Nei casi di incontro di situazioni contrarie o contrastanti la propria si dà la
possibilità di esperire la dissonanza ancora a un livello affettivo, il che si collega
nuovamente con forza alla dimensione sonora. Come esperiamo dissonanze tra suoni
così non vi è tra persone un esperire solo consonanze e risonanze in cui la relazione si
fa unione o assonanza con gli altri, ma anche e soprattutto il suo esatto contrario: le
dissonanze dell’incontro. Esperiamo i contrasti come dissonanze.
Infine, essendo l’ambito del sonoro inevitabilmente connesso con un’esperienza
emotiva esso si trova intimamente legato a un’azione indirizzatrice e coordinatrice
dell’attività affettiva dell’ascoltatore. L’ascoltatore che è già in un rapporto sonoro con
gli altri trova nell’espressione sonora una possibilità per la sua esperienza sonora che lo
stravolge, lo calma o lo agita. Attraverso il suono si può quindi cambiare il modo di
sentire e, così, modificare il rapporto con gli altri e con ciò che definisce,
individualizzandola, la persona. Per una ragione dei legami intrinseci indagati tra
dimensione affettiva e sonora, nella loro duplice accezione di cogenza descrittiva dei
fenomeni concernenti la sfera del sentire e nella possibilità di concorrere all’esperienza
emotiva nei suoi intrecci con l’espressione emotiva, il sonoro risulta spazio fertile per la
comprensione dei frutti del sentire.43
3. Una teoria degli affetti
Abbiamo usato il termine affetti e, lo si sarà notato, l’utilizzo si fondava su di un
impiego ampio e generico all’interno della sfera del sentire. Effettivamente questo si è
basato sul senso basilare dell’affetto, ossia come participio passato latino del verbo
afficere, un essere toccato, che però si collega inevitabilmente all’agire attivo, alla risposta
al patire. Infatti, la sfera generale dell’affetto può includere fenomeni classificabili come
passivi, ossia ciò che riceviamo e a cui può non seguire un’azione specifica, e attivi, nel
modo in cui coinvolgono la risposta totale della persona. È così che si può parlare di
teoria degli affetti come grande insieme coinvolgente manifestazioni differenti, da una
parte quindi le emozioni e i sentimenti, dall’altra il sentire e il far esperienza più
generale nel modo in cui l’affetto dirige e indirizza il posizionamento dell’essere umano.
Tuttavia occorre distinguere, nell’ordine dei problemi affrontati, tra i fenomeni
dell’affetto. Abbiamo ricordato la distinzione tra emozioni e sentimenti in virtù della
stratificazione di complessità. Il sentimento in tal senso è un sentimento di qualchecosa,
43
Un’ontologia della dimensione sonora degli affetti così delineata potrebbe rivelarsi utile, oltre che
decisamente interessante, per un’indagine dei casi patologici a cui abbiamo accennato sopra.
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in questo senso è intenzionale. Il sentimento è un sentire coinvolgente sia un consentire,
che un assentire o dissentire questo stesso sentire, nel modo in cui si riferisce a ciò che
lo suscita.44 In questo senso è attivo e comporta un agire che coordina delle scelte. È
proprio in virtù di una simile condizione che si può parlare di un sentimento nazionale
o implicante valori e idee frutto di analisi, riflessioni e coinvolgimenti storici.
Le emozioni vi si distinguono principalmente perché sono, «a differenza dei
sentimenti, vettori d’azione (impulsiva), e a differenza delle passioni, vettori di azione
immediata, eventualmente solo occasionale».45 L’emozione investe il momento e a differenza
del sentimento può svanire. Da quelle basilari (rabbia, gioia, paura, disgusto, tristezza),
a quelle implicanti un coinvolgimento più duraturo con l’altro, come nel caso della
compassione, del rimpianto e del rimorso, vi si possono installare, e quindi collegare
direttamente, sentimenti. Oltre al rapporto della gioia con la felicità, è anche il caso
dello sgomento altrui (emozione) che diviene inadeguatezza o colpa propria
(sentimenti).46 Essendo gli intrecci e le stratificazioni complessi, le analisi si prestano a
numerose e differenti pieghe. De Monticelli nega ad esempio che vi sia un fondamento
corporeo dell’emozione, quindi anche che sia implicato un necessario coinvolgimento
di un livello corporeo per il suo emergere.
In questo momento sto ascoltando i Notturni di Chopin, e nonostante io ritrovi, ogni volta
che li ascolto, fusa a un vivo moto di gratitudine, quella sorta di danza interiore insieme
sognante, esattissima e leggera, simile a una fiamma che bruci solo cielo – l’emozione
estetica in me suscitata da Chopin, insomma, per inadeguate che siano le mie parole a
esprimerla – non riscontro nessun tipo di fenomeno somatico concomitante.47
La funzione dell’ascolto, però, è tale da coinvolgere la totalità della persona. È
qualcosa che si inserisce senz’altro negli spazi dell’immaginazione trasportante al di là
dell’esperito, quindi nella dinamica di un suono come vettore dell’immaginazione,48
ma è qualcosa che comporta sempre al contempo un vibrare della corporeità tutta.
Non è solo una descrizione da laboratorio che ci informa della variazione della
pulsazione, del battito cardiaco, della sudorazione. È la nostra esperienza che, anche
quando prende la forma particolare dell’immaginazione, ci parla di una base vibrante
e corporea. È da questa che si erge la potenza dell’esperienza sonora dell’ascolto e
dell’esecuzione, e che consente all’immaginazione di instaurarsi. Nel sentire vibrante
44
Cfr. Roberta DE MONTICELLI, L’ordine del cuore. Etica e teoria del sentire, Garzanti, Milano 2012, p.
121.
45 Ivi, p. 126.
46 Cfr. ibidem.
47 Ivi, p. 124.
48 Cfr. Giovanni PIANA, Filosofia della musica, Guerini e Associati, Milano 2005 (1991), p. 329.
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con la pelle le vibrazioni sonore, la carne dell’udibile, si installano immaginazioni,
pensieri e affetti che danno forma e che prendono forma da quel vibrare.
Se si vuole fare fenomenologia dell’esperienza e del sentire bisogna essere rigorosi
nel recepire il darsi dei fenomeni sonori. Quando ascoltiamo un brano, lo ascoltiamo
con tutto il corpo, la pulsazione entra in noi e iniziamo a scandirne il ritmo, anche
involontariamente sorprendendoci ad esempio a battere o a oscillare il piede. Il corpo
ci coordina con il suono che ascoltiamo e con gli ascoltatori che vi co-partecipano, e si
modificano in modo evidente i nostri movimenti e il nostro sentire. Siamo affetti e
questo lo vediamo nella cinesi e nelle modificazioni corporee che ne derivano. L’ascolto
coinvolge la muscolatura variando l’attività corporea, somatizzando in questo senso il
flusso sonoro. Questo lo si nota anche senza arrivare a prendere in considerazione le
riprove violente, quelle poggianti sul fatto che alcune torture consistono proprio
nell’estremizzare gli aspetti corporei del sonoro. Ai prigionieri a cui veniva effettuata la
tortura dell’ascolto, consistente nella ripetizione continua degli stessi brani per giorni,
venivano inflitti danni consistenti a riprova del fatto che, insieme all’altra tecnica
violenta della deprivazione sensoriale che testimonia come un corretto movimento e
percezione relazionata a un ambiente in modo dinamico siano elementi necessari per
la salute psicofisica, il sonoro è strumento di incidenza corporea che può arrivare fino
a minare alla salute. Dimostrando quindi al contempo la potenza dell’ascolto,49 questo
prova la base corporea dell’effetto del sonoro. Senza prendere in considerazione tali
casi estremi la proprietà materiale e corporea dell’ascolto si impone nell’ordinario in
quanto proprietà più semplice da esperire.
Riconfermata la natura corporea dell’esperire emotivo nel caso più forte
rappresentato dal sonoro, occorre quindi continuare la pulizia terminologica e
distinguere all’interno della sfera del sentire gli altri stati riguardanti gli affetti.
Le passioni, ad esempio, che in un linguaggio comune vengono assimilate o
semplicemente accostate alle emozioni, si distinguerebbero da quest’ultime proprio
perché indicano una disposizione, un volere che si estende nel tempo e nelle modalità
d’attuazione. In questo senso gli animali, che condividono con noi la presenza emotiva,
non avrebbero passioni.50 Queste infatti non indicano un mero tendere pulsionale e
istintivo, ma si impongono in quanto vettore dell’azione, in una modalità e una «forma
49
Cfr. ad esempio David PEISNER, Strumenti di tortura, La Repubblica, 8 maggio 2013 e Cile, la tortura
a suon di musica: da Harrison a Iglesias nei campi di Pinochet, La Repubblica, 11 settembre 2013. Cfr. in
questo senso Steve GOODMAN, Sonic Warfare. Sound, Affect, and the Ecology of Fear, The MIT Press,
Cambridge (Massachusetts) 2010.
50 Cfr. DE MONTICELLI, L’ordine del cuore, p. 129.
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concreta che assume il volere».51 Se il sentimento pondera, misura e motiva l’agire, la
passione riempie di intensità l’azione. Un problema fenomenologico inerente al sentire
affettivo sorge nell’adoperare lemmi appartenenti alla spazialità, in particolare alla
relazione dicotomica tra il dentro e il fuori. Per Damasio, ad esempio, l’emozione è
fuori, esterna mentre il sentimento è interno, personale. L’emozione si genererebbe a
un livello epidermico notabile e riconoscibile mentre il sentimento sarebbe quello stesso
livello ma interiorizzato e maggiormente strutturato a livello di consapevolezza e quindi
avente una chiara determinazione intenzionale. Anche la De Monticelli riconosce che
le emozioni «alterando lo stato al quale sopravvengono, si fanno notare da chi le vive,
oltre che dagli altri».52 Mentre il sentimento, coinvolgendo un assentire e un dissentire,
comporterebbe un livello di interiorità maggiore. Tuttavia ciò è abbastanza fuorviante.
Fenomenologicamente parlando anche gli umori presentano un’istanza intenzionale in
quanto istituiscono legami con gli orizzonti e la coscienza a questi intrecciata.53 In altre
parole non è solo il sentimento a presentare un legame intenzionale con il mondo.
Inoltre, la lettura di un sentimento, il suo riconoscimento ed esperire, è gettato come
una sfera intorno a sé e ai propri atti.54 L’interno, quindi, è piuttosto un avvolgente
fuori che ne consente la condivisione. Ed è proprio una scala di intensità e trascendenza
dell’immanenza che distingue un perdurare degli affetti dalla loro transeunte natura
manifestante, generando le distinzioni tra i sentire. Mentre l’emozione dura un periodo
breve, l’umore e il sentimento si stendono nel tempo dilatato, attuando, tramite quindi
intensità e permanenze differenti, delle nette distinzioni.
Il sentimento che si avvicina all’umore per la durata maggiore rispetto all’emozione
se ne distingue però velocemente. Il sentimento come coscienza di qualcosa, percezione
chiara e distinta, si differenzia dall’umore per l’oggetto in funzione nell’atto di
coscienza. Il sentimento è sentimento di qualchecosa, l’umore no. L’oggetto intenzionale
non si dà nell’umore e molti dei problemi inerenti a una fenomenologia degli affetti si
inseriscono proprio qui, nella possibilità di rendere o no tematica una posizione del
51
Ivi, p. 130.
Ivi, p. 124.
53 Per un’analisi del rapporto tra horizons e moods per una costituzione intenzionale, di contro a tesi
eliminanti l’intenzionalità, cfr. Ignacio QUEPONS RAMÍREZ, Intentionality of Moods and Horizon
Consciousness in Husserl’s Phenomenology, in M. UBIALI, M. WEHRLE (Editors), Feeling and Value, Willing and
Action. Essays in the Context of a Phenomenological Psychology, Springer, Heidelberg-New York-DordrechtLondon 2015, pp. 93-103.
54 Cfr. Giovanni PIANA, Barlumi per una filosofia della musica, 2007, disponibile all’indirizzo:
http://www.filosofia.unimi.it/piana/index.php/component/docman/doc_download/17-barlumiper-una-filosofia-della-musica., pp. 162-163.
52
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sentire affettivo.55 L’umore non trova un oggetto determinato su cui costituire un
rapporto più o meno intensificato, esso si stende come un velo che avvolge il sentire
senza essere diretto a qualchecosa. Il fatto che l’umore non abbia un oggetto
intenzionale non significa tuttavia che esso non abbia una causa. È utile distinguere,
pertanto, tra causa e motivo, dove quest’ultimo si lega in particolare a un oggetto. «Un
umore può senz’altro non avere un motivo, a differenza di un’emozione come la
collera, o la paura».56 Se vi è un motivo, quindi un legame di fondazione con altri atti,
lo stato affettivo presenta anche un oggetto intenzionale, se questo in particolare non è
solo uno stato generale o un sentirsi in un certo qual modo.57 Se tuttavia non vi è un
motivo, questo non significa però che non ci sia una causa, «uno stato sentito di corpo
o d’animo è indubbiamente in un legame di dipendenza causale, diretta o indiretta,
con il mondo esterno».58 L’esperienza umorale, come quella dello stato d’animo, è
legata proprio all’esperienza di una dipendenza causale. Quest’esperienza, proprio nel
suo inspiegabile collegamento causale vissuto come tale ma non riconosciuto, o
riconosciuto ma incontrollabile, può generare ad esempio angoscia e perpetuare una
condizione umorale non piacevole. È proprio il vivere fenomenologicamente la
causalità come fondamento dell’esperienza umorale ciò che la contraddistingue, anche
e soprattutto se il rimandare alla causa non trova uno sbocco – e se ne alimenta o a
partire da questo si genera angoscia.
Pertanto un motivo è un singolo o un insieme di fattori e accadimenti che vengono
vissuti da un soggetto il quale «per divenire, da semplicemente possibile, effettivo o
efficace ha bisogno di una presa di posizione».59 Una causa, a differenza del motivo,
«non ha bisogno di alcuna presa di posizione di un soggetto per divenire efficace».60
Con questa distinzione comprendiamo come l’esperienza sonora reiterata e
riprodotta possa essere causa di uno stato emotivo, di un umore, e come all’affievolirsi
dell’intensità e del tempo dell’ascolto possa modificarsi la portata e l’intensità dello stato
emotivo o umore. Parimenti, l’esperienza sonora può essere motivo, riconosciuto e
ricercato ad esempio, per il sorgere di un’emozione.
55
Per un’analisi sulle posizioni di Geiger e Husserl in rapporto all’intenzionalità tematica e nontematica di quest’ultimo cfr. Michele AVERCHI, Husserl and Geiger on Feelings and Intentionality, in UBIALI,
WEHRLE, Feeling and Value, Willing and Action, pp. 71-91.
56 DE MONTICELLI, L’ordine del cuore, p. 101.
57 Cfr. ibidem.
58 Ivi, p. 102.
59 Ivi, p. 103.
60 Ivi, p. 104.
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4. La dimensione sonora del sentire: la tonalità emotiva
Abbiamo continuato a distinguere le emozioni dai sentimenti in virtù della
caratteristica intenzionale cosciente di quest’ultimi. In particolare, le altre forme
affettive sono state distinte grazie all’evidente presenza di un oggetto intenzionale
definito. L’oggetto del sentimento è identificabile, distinto e presente a se stesso.
Tuttavia esiste un’altra condizione esperienziale affettiva a cui si è già accennato, la
quale estende il suo orizzonte di senso ed emotività all’intorno senza implicare un
oggetto intenzionale, ma mantenendo un forte legame con le riflessioni sonore fin qui
riportate.
Le tonalità emotive (Stimmungen) si differenziano dai sentimenti (Gefühle) in virtù della
loro profondità ed estensione, quindi per il loro essere stato fondamentale dell’esistenza
umana.61
Il sentimento, infatti, si riferisce intenzionalmente a un oggetto determinato, mentre
le tonalità emotive «non hanno un oggetto determinato. Sono modi di essere».62 La
Stimmung ha in un certo qual modo una sua musicalità, un rapporto con la dimensione
sonora. Come uno strumento è accordato (gestimmt) e intonato (abgestimmt), ogni tonalità
emotiva (Stimmung) e ogni tonalità dello stato d’animo (Gemütsstimmung) sono accordo
(Übereinstimmung) continuo di tutto l’uomo.63 Non è quindi una determinazione dettata
dall’ascolto del sonoro, ma piuttosto un modo sonoro di stare al mondo.
La risonanza con l’altro consente dunque l’incontro, dove la tonalità di fondo
costituisce la singolarità fondamentale dell’essere umano. Ogni essere umano in questo
senso è sonoro: nel modo in cui emerge come l’insieme di armoniche che costituiscono
la singolarità “suono”. La fondamentale come tonica della tonalità emotiva di ogni
singolarità umana contraddistingue e particolarizza gli atti. Un uomo così posto è
sonoro anche nel modo in cui si accorda emotivamente con l’altro, risuona, consuona
o è in dissonanza. Lo è quindi, da un lato in quanto ha un’accordatura che lo fa vibrare
con qualità e intensità differenti e in quanto ha una potenza vibrante di frequenze che
ne definiscono la tonalità emotiva particolare, dall’altro in quanto queste possono
sintonizzarsi o meno con gli altri a un livello di risonanza non più intrapersonale ma
interpersonale. In tal senso, allora, la tonalità di fondo definisce la singolarità e le sue
peculiarità (livello intrapersonale), la quale in quanto sonora può entrare in risonanza
con gli altri (livello interpersonale).
61
Cfr. Otto Friedrich BOLLNOW, Das Wesen der Stimmungen, Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main
1956, tr. it. Daniele Bruzzone, Le tonalità emotive, Vita e Pensiero, Milano 2009, p. 27.
62 Ivi, p. 28.
63 Cfr. ivi, p. 32.
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Parlando della tonalità emotiva emerge ancora l’importanza della relazione con
l’esterno e con la corporeità. «L’importanza dello stato corporeo per la tonalità e
motiva è straordinaria. I disturbi del benessere fisico e la loro eliminazione influiscono
immediatamente anche sulla tonalità emotiva».64 In base a un cattivo co-vibrare
nell’incontro con cose e persone, eventi e accadimenti, la tonalità emotiva cambia
frequenza, si modifica, generando un’evidenza esteriore e spostando sia la frequenza
sia il vibrare emotivo. È così che quando qualcuno che sta male fisicamente, e non
riesce a superarne la condizione, è impossibilitato all’incontro vibrante con l’altro, è
chiuso in uno stato limitante come una corda bloccata al vibrare. Ed è così in
particolare che la sua situazione emotiva è evidente e spalmata nell’intorno.
Queste situazioni emotive (Befindlichkeiten), con Heidegger diventano modo
fondamentale di presenza. La Befindlichkeit, nota quotidianamente come Stimmung,65 è
caratterizzata dal fatto che «[n]ella situazione emotiva l’Esserci è sempre condotto
innanzi a se stesso, si è già sempre “sentito” (gefunden), non però sotto forma di
autopercezione, bensì di autosentimento situazionale (gestimmtes Sichbefinden)».66
Il compito arduo secondo Heidegger restava proprio il risvegliare tale stato d’animo,
che è qualcosa che non si dà per mezzo della mera osservazione, ma va portato a
manifestarsi nei suoi propri modi. Per destarlo ci si deve porre in un ascolto che è
distinto dal constatare (feststellen). Lo stato d’animo, lo si è detto, fa parte dell’uomo, del
suo essere,67 e nel suo destarlo non lo si deve constatare poiché ogni constatare è un
portare-alla-coscienza (Zum-Bewußtsein-bringen), il che significherebbe distruggerlo.68
Mentre, piuttosto, lo stato d’animo deve essere così come deve essere (sein soll). Nella
apparentemente bizzarra tautologia risiedono riflessioni rilevanti per un’analisi del
sentire. Sia una concezione psicologica – che ponga gli stati d’animo come i sentimenti,
dopo il pensare e il volere, nell’ambito del sentire – sia la costatazione che gli stati
d’animo non siano enti, propongono una via negativa alla delineazione dello stato
emotivo. In realtà lo stato emotivo non è fugace (flüchtig) o inconsistente (unbeständig), ma
piuttosto ciò che dà consistenza (Bestand) e possibilità (Möglichkeit). Lo stato d’animo,
64
Ivi, p. 35.
Cfr. Martin HEIDEGGER, Sein und Zeit, Max Niemeyer, Tübingen 1967 [1927] (HGA, Band 2, hrsg.
von F.-W. von Herrmann, Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 1977), tr. it. Pietro Chiodi,
Essere e tempo, Longanesi, Milano 1976, p. 172. Già Heidegger riconobbe l’importanza delle analisi di
Scheler di cui abbiamo parlato sopra, cfr. ivi, p. 178.
66 Ivi, p. 173.
67 Cfr. ID., Die Grundbegriffe der Metaphysik. Welt – Endlichkeit – Einsamkeit, HGA, Band 29/30, hrsg. von
F.-W. von Herrmann, Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 1983, tr. it. Paola Coriando, Concetti
fondamentali della metafisica. Mondo – finitezza – solitudine, Il melangolo, Genova 1992, p. 87.
68 Cfr. ivi, pp. 84 e 88.
65
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nuovamente, non è l’interiorità, né è dentro l’interiorità (darinnen in einer Innerlichkeit), è
una sfera affettiva che espande un clima, che si posa su tutto (legt sich nun über alles) poiché
«è il “modo” del nostro esser-ci-assieme».69
Lo stato d’animo è una maniera (Weise) e come una melodia «dà il tono a questo
essere, cioè dispone e determina il modo (Art) e il “modo” (Wie) del suo essere»,70 ossia,
come scrive de Maistre, «come il diapason con cui accordo il complesso variabile e
discorde delle sensazioni e delle percezioni, che formano la mia esistenza».71 Pertanto,
se non è un ente lo stato d’animo è un modo fondamentale, una maniera fondamentale
dell’esser-ci ed essendo fondamentale non è inconsistente, ma possibilità. Gli stati
d’animo definiscono il modo in cui l’uomo si posiziona, si relaziona e quindi sente e
confermano ancora una volta il fondamento sonoro del sentire affettivo, che non si
pone solo al livello di una istanza metaforica. Come per Zambrano la ragione e
l’intimità appartengono all’aperto e si offrono alla comunicazione, parimenti gli stati
emotivi che coordinano e precedono la ragione – «una realtà che la ragione non può
comprendere ma che può essere captata in altro modo», ossia una sopravvivenza di
qualcosa di anteriore al pensiero – si danno nell’esterno della comunicabilità.
In conclusione, abbiamo notato come una distinzione netta tra fenomeni si trovi in
difficoltà scontrandosi con la divisione metafisica tra esterno e interno, tra ciò che è
fisico e ciò che appartiene alla sfera dello psichico, tra movimenti emotivi e stati
emotivi. Un’ontologia dell’esperienza affettiva che non poggi sul rigore esperienziale,
sul metodo fenomenologico, si scontra con le aporie del dogmatismo.
5. Conclusioni
Tralasciando l’inutilità di alcuni sforzi, dato il particolare oggetto sfumato
dell’esperienza affettiva, si è preferito riconoscere come l’intenzionalità concorra a una
distinzione fenomenologica tra dati del sentire, e quindi tra stati affettivi. Per quanto
concerne l’esperienza sonora possiamo tuttavia ribadire nuovamente che il
riconoscimento di una condizione emotiva propria di una manifestazione sonora non
necessariamente comporta, o è coordinata con, il sentire dell’ascoltatore. Questo
perché, affinché l’espressione emotiva del brano diventi emozione dell’ascoltatore, che
da qui, nel suo solidificarsi ed esprimersi nella condivisione verbale, può divenire
69
Ivi, p. 90.
Ivi, p. 91.
71 Xavier DE MAISTRE, Voyage autour de ma chambre, Torino 1794 (Losanna 1975), tr. it. Viaggio intorno
alla mia camera, Infilaindiana, Milano 2020, p. 79.
70
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esperienza condivisibile o addirittura un sentimento corrispettivo, vi deve essere
un’evocazione intensamente consona all’essere affetto.
Si sa infatti che l’espressione delle emozioni si manifesta mediante tutta una serie di
atteggiamenti corporei, mimici, mediante gradi diversi del tono muscolare. Tra le
manifestazioni corporee e lo stato emozionale del soggetto si stabilisce perciò una
relazione significativa sufficientemente forte da ricomparire, durante un ascolto musicale
che evochi sia uno schema corporeo che un atteggiamento o uno stato psichico,
nell’elaborazione verbale.72
La nozione di schema corporeo qui si riferisce proprio a una dimensione operativocorporea che si estende allo spazio esterno. Lungi dall’essere esperienze soggettive, le
dimensioni del sentire si estendono fuori comunicandosi e generandosi per mezzo di
filtri corporei che intessono la carne delle emozioni, sia umane che sonore (espressione
emotiva). È nella carne ritmica e movimentata, vibrante e timbrica, che suonano e
risuonano le espressioni emotive sonore. Ed è con il corpo vivo e reagente che sorgono
e si formano le esperienze emotive emergenti dal sonoro. Inoltre, la dimensione
affettiva, dalle emozioni alle tonalità emotive, passando per un livello affettivo
coordinante l’esperienza e costituente la singolarità come è l’ordo amoris, si avvicina a
un’esplicazione e chiarificazione quanto più viene accostata alla dimensione a lei più
relata e istituente: il sonoro.
Il ritmo, e la sua matericità corporea, si presenta infatti come fondo interrelazionante dell’esperienza, e dell’esperienza sonora nello specifico. Gardner,
parlando dell’intelligenza musicale ricorda come il ritmo sia elemento fondante
l’esperienza musicale, come, inoltre, sia quanto si irradia presentandosi anche a chi non
fa esperienza completa del fenomeno sonoro.
Non c’è dubbio che il senso dell’udito sia cruciale a ogni partecipazione musicale: qualsiasi
argomentazione in contrario sarebbe pretestuosa. È però altrettanto chiaro che almeno
un aspetto centrale della musica – l’organizzazione ritmica – può esistere a prescindere
da ogni percezione uditiva. Taluni individui sordi hanno citato, in effetti, gli aspetti ritmici
della musica come il loro punto di ingresso a esperienze musicali. [...] È quindi
probabilmente giusto dire che certi aspetti dell’esperienza musicale sono accessibili
persino a individui che (per una qualche ragione) non possono apprezzarne gli aspetti
uditivi.73
72
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Ciò che si esperisce “suono” per mezzo dei canali uditivi è fatto di una componente
ritmica e vibrante la quale si manifesta a tutto il corpo tanto da essere ricevuta anche
da chi non può sentire, ne è impossibilitato o non consapevole in quel momento.
Coordinando la relazione tra persone e gestendo la comunicazione di stati affettivi, la
dimensione sonora affida la sua intensità a un’istanza vibrante e ritmica che consente
tanto l’una quanto l’altra. Il suono, attraverso la sua dimensione materica, può quindi
raggiungere chiunque, anche chi non può udire, confermando così la persistenza
sonora nell’esperienza umana. Le emozioni e gli stati affettivi che sorgono nell’ascolto,
in quanto fondati su di una dimensione corporale, possono allora stravolgere e
modificare l’assetto anche di un ascoltatore disinteressato. Tale potenza costituisce
l’unità peculiare del sonoro.
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