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PIANURA scienze e storia dell'ambiente padano n. 16 / 2003 ISSN 1722 - 5493 ^kjjiÀtUtlLnnJ^àhiU^iLmÉ^j/jjntJ .sM^i/M ATTI della Giornata di studi su "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia" (Cremona, 18 maggio 2002) PROVINCIA DI CREMONA PIANURA scienze e storia dell'ambiente padano n. 16/2003 PRESIDENTE Gian Carlo Corada. presidente della Provincia di Cremona DIRETTORE RESPONSABILE Valerio Ferrari REDAZIONE Alessandra Facchini e Alessandra /.ametta con la collaborazione di Giovanna Aquilino COMITATO SCIENTIFICO Giacomo Anlbssi. Giovanni Bassi, Paolo Biagi, Giovanni D'Auria, Cinzia Galli, Riccardo Groppali, Hnrico Ottolini. Rita Mahel Schiavo, Marina Volonté. Eugenio Zanotti DIREZIONE REDAZIONE: 26100 Cremona - Corso V. Emanuele II, 17 Tel. 0372 406446 • Fax 0372 406461 E-mail: pianura.provincia@rccr.crcmona.it FOTOCOMPOSIZIONE E FOTOLITO: Fotolitografia Orchidea Cremona -Via Dalmazia, 2/a -Tel. 0372 37856 STAMPA: Monotipia Cremonese Cremona -Via Costone di Mezzo. 19 -Tel. 0372 33771 Finito di stampare il 12 aprile 2003 Periodico della Provincia di Cremona, registrato presso il tribunale di Cremona al n.J/3 in dafu 31/7/1996 Citazione bibliografica consigliata: Volonté M., 2003 -Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana, in: 'Atti della (nomata di studi su Siepi e filari ira storia, economia ed ecologia (Cremona, 2002)", Pianura, 16: 13-21. È sempre ammessa la citazione breve: Volonté M., 2003 - Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana. Pianura, 16: 13-21. Presentazione In un'epoca di profonde, repentine e inarrestabili modificazioni del nostro ambiente quo tidiano, delle sue risorse e del suo paesaggio, l'occasione di poter parlare di "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia"si è rivelata un modo per tracciare un percorso utile e fecondo di risultati, sotto diversi aspetti, che ci si augura possa tornare di qualche aiuto per la comprensione del ruolo e dell'importanza di qttesti ormai rarefatti quanto desueti elementi strutturali del paesaggio agrario padano. Attenuatasi, apparentemente, la singolare avversione nei loro confronti che in un arco temporale relativamente breve era riuscita a spogliare le nostre campagne di ogni corre do arboreo-arbustivo intercalare alle colture erbacee, sembrerebbe venuto il tempo della riappacificazione con un'immagine del paesaggio rurale più tradizionale, ma capace, anche, di riconoscere in queste consociazioni vegeta/i, organizzate in forma lineare, una risorsa economica - come Io fu per molto tempo, in passetto - oltre che ambientale e pae sistica. Il nonostante /'punti di vista dei naturalisti puri ancora non coincidano del tutto con quelli degli agronomi o degli imprenditori agricoli, come appare apertamente dalla lettura dei lavori che si pubblicano nel presente volume, risulta tuttavia evidente lo sfor zo di avvicinamento tra i diversi modi di vedere: il che equivale a riconoscere tuia situa zione concreta, fatta di necessità indeclinabili, ma anche di opportunità che bisogna saper cogliere; situazione che conviene analizzare con obiettività, realismo e senso stori co insieme. Se nel tempo potrà prevalere l'idea della conservazione di un determinato assetto territo riale inteso nella sua più articolata complessità - di etti siepi e filari, rispetto all'ambien te rurale, rappresentano senza dubbio una componente precipua - quest'idea potrà forse tradursi in un vero progetto di contro/lo delle risorse ambientali disponibili, che assume tanto più significato quanto più si connota come una precisa e deliberata scelta. E questa è, probabilmente, l'espressione più alta di ogni atto progettuale che si oppone, per sua stes sa natura, a quel modo corrivo, sciatto e spesso non completamente cosciente di modifi care le cose in maniera del tutto casuale ed estemporanea, che non ha radici poiché non ha consapevolezza. In tale ottica anche la siepe e il fi/are arboreo possono diventare un simbolo e uno stru mento, insieme, della volontà di rendere biologicamente più complesso ed ospitale, ma anche più gradevole e invitante, l'ambiente rurale, senza per questo rinunciare all'aspet to reddituale; e chissà mai che a qualcuno non venga in mente, prima o poi, di applicare le straordinarie qualità di questi formidabili elementi verdi per nascondere alla vista di noi quotidiani viaggiatori quelle ininterrotte, banali, spiacevoli e spesso deturpanti corti ne di capannoni industriali e commerciali che si assiepano (quelle sì!) lungo le strade di gran parte della regione padana, nascondendone il composto e disteso paesaggio, frutto di una millenaria storia di reciproche e misurate interazioni tra l'uomo e il suo ambien te di vita. È un gradito compito, dunque, quello che la rivista "Pianura"si è voluta assumere pub blicando nel sedicesimo volume della serie gli atti della Cii oniatu di studi su "Siepi e piari tra storia, economia ed ecologia"svoltasi a Cremona il 18 maggio 2002, con lo specifi co intento di renderne noti i risultati presso il mondo scientifico interessato, così come presso tutti i cultori della materia, i tecnici, gli amministratori pubblici che se ne potran no utilmente avvalere nell'ambito delle proprie specifiche attività. Un sentito ringraziamento, pertanto, al quale intendo associare tutti i componenti del Comitato scientifico nonché la Redazione della rivista, et coloro che hanno consentito la ivalizzazio 11e dell 'il i iziatii 'a. Cremona, 14 marzo 2003 Valerio Ferrari INDICE Riccardo Groi'pai.i. Cinzia Calli - Siepi e filari tra storia, economia ed eco logia pag. 7 pag. 13 pag. 23 pag. 35 pag. 45 Riccardo Gruppali - Evoluzione recente di ambienti extraurbani nella pianu ra padana centrale. Aspetti faunistici: l'esempio di Cremona pag. 53 RICCARDO Groppai.i - Siepi e filari nella Rete ecologica provinciale di Cremona pag. 63 Roberto Ferrari, Luca BORIAMI, Marco Pozzati - Progetto "Aree di rifugio": stu dio e ripristino delle siepi campestri nella pianura bolognese pag. 77 Andrea Morisi. Paoia Bai.bo.ni, Stefano Fin - La rete ecologica come strategia per la conservazione della biodiversità: il caso studio della pianura bolo gnese pag. 85 pag. 93 pag. 109 Marino Marinone - Lepidotteri notturni (/leterocera) e siepi pag. 115 Elisa Riservato - Odonati e corpi idrici negli ambienti coltivati pag. 121 Roberto Fabbri, Eddy Bisi 1.1.1 - Coleotteri Carabidi delle siepi del Forlivese e del Bolognese (Coleoptera Carabidae) pag. 129 pag- 133 Sessione storica Marina VOLONTÉ - Testimonianze della centuriazione romana nella campagna Padana Valerio Ferrari - Filari e siepi nella campagna cremonese: dall'uso tradizionale alle tracce toponomastiche Luciano Roncai - Siepi e filari, elementi complessi nella storia del paesaggio Palano Sessione naturalistica Andrea Ricci - l-voluzione delle aree verdi extraurbane del comune di Pavia Giuseppe Camerini. Riccardo Groppai.i -Avifauna e siepi negli ambienti coltivati della pianura GiAMPio D'Amico - Ipotesi di miglioramento dei popolamenti di farfalle diurne (Lepidoptera: Rhopalocera) tramite la creazione di siepi inserite nel pae saggio agricolo Riccardo Groppai.i - Il ruolo delle siepi nei confronti del popolamento araneico 5 Sessione economico-gestionale Maria Donata Feraboli - I contributi comunitari del Piano di Sviluppo Rurale e le siepi Gabriele Panena - Impianto di siepi campestri in provincia di Cremona Pag- 145 pag. 151 Alberto Massa Saluzzo - Cassinazza di Baselica: azienda agroambientale per la produzione di paesaggio e ambiente pag. 161 Angelo Scaravonati - Sviluppo energetico delle siepi pag. 169 Paola Faccini -Agricoltura biologica e ambiente pag. 171 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 7-10 Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia Riccardo Groppali *, Cinzia Galli ** Il 18 maggio del 2002 si è tenuta a Cremona la Giornata di studi su "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia". Questa iniziativa si è collocata ira le numerose manifestazioni scientifi che interdisciplinari promosse dalle sezioni di Storia naturale e della Civiltà contadina del Sistema museale della città in occa sione della Giornata internazionale dedicata ai musei, promossa dall'ICOM (International Council of Museums):è stata realizzata in collaborazione con il Dipartimento di Ecologia del territorio dell'Università di Pavia, grazie anche al contributo del Rotary Club Cremona. Il maggior contributo è stato fornito da alcuni gruppi di stu diosi da tempo impegnati nel settore della conservazione e della ricostruzione degli agroecosistemi, con l'appoggio del Museo civico di Storia naturale di Cremona, attivo nell'ambito delle pro blematiche ambientali della pianura padana centrale e della sal vaguardia della sua biodiversità. In particolare sono stati presen tati lavori di alcuni componenti del Dipartimento di Ecologia del territorio dell'Università di Pavia, impegnato da anni sui temi della corretta gestione ambientale dei coltivi padani e delle areeprotette della pianura, e di studiosi del Centro Agricoltura Ambiente "Giorgio Nicoli "di Crevalcorc - coadiuvati dall'Istituto di Entomologia dell'Università di Bologna e dalla Sezione di Botanica del Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara - con un approccio pratico e applicativo delle tematiche natura listiche all'interno degli agroecosistemi. I.a giornata di studi, cui ha partecipato un pubblico numeroso e interessato, ha permes so inoltre a numerosi giovani ricercatori di presentare i risultati " Università di Pavia. Dipartimento di Ecologia del territorio e degli ambienti terrestri, via S. Epifanio 13 - 1-27100 Pavia. E-mail: j>roppali(«ct.unipv.it " Conservatore del Museo civico di Storia naturale, via Gioconda 5 - 1-26IOO Cremona. E-mail: miiseo.storianaiur.ileWecreniona.it di dettagliati lavori di indagine naturalistica riguardanti la pianu ra padana e a tecnici del settore di proporre al confronto tema tiche di taglio più economico e agronomico. Si ringraziano quin di tutte le istituzioni e gli studiosi delle diverse discipline che hanno reso possibile questo momento di confronto sti temi di così grande interesse per il nostro territorio e per l'intera pia nura padana. Gli interventi che si sono alternati nel corso della giornata, dapprima nella Sala Puerari del Museo civico e poi presso il Museo della Civiltà contadina del Cambonino, sono presentati negli atti in tre sessioni: la prima storica, la seconda naturalistica e la terza economico-gestionale. Di notevole interesse il saggio di Marina Volonté, Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana, introduttivo alla prima ses sione, che sottolinea l'indispensabile legame tra le discipline sto riche e ciucile geografiche ed è focalizzato sulle testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana, in rapporto con l'assetto geomorfologico del territorio e con la conserva zione delle tracce dell'intervento romano fino ai nostri giorni. Valerio Ferrari, in Filari e siepi nella campagna cre monese: dall'uso tradizionale alle tracce toponomastiche, presenta, attraverso l'analisi e l'interpretazione di fonti docu mentali e di testimonianze letterarie, l'abbozzo di un quadro relativo alla diffusione e all'uso di siepi e filari nella campagna cremonese nei secoli passati.Tali strutture vegetali hanno avuto infatti un ruolo di spicco nella composizione del paesaggio agra rio locale e sono ancor oggi riconoscibili attraverso le abbon danti tracce toponomastiche, più o meno dirette, rilevabili sul territorio o rintracciabili nella terminologia agraria tradizionale e in particolare in numerose definizioni dialettali. A chiudere l'approccio storico al tema il contributo Siepi e filari, elementi complessi nella storia del paesaggio pada no, nel quale Luciano Roncai espone una sintesi cronologica di ampio respiro sulla presenza di siepi e filari come elementi complessi ma precari nella storia del paesaggio padano, destina ti a forme di uso plurimo nei modelli economici del passato ed elementi fondamentali della struttura dei coltivi. Aprono la sessione naturalistica l'intervento di Andrea Ricci (Evoluzione delle aree verdi extraurbane del comune di Pavia), introdotto nell'ambito della Giornata di studi da Francesco Sartori, che ha come base lo studio effet tuato dallo stesso Sartori nel 1974 e quello di Riccardo Groppali (Evoluzione recente di ambienti extraurbani nella pianura padana centrale. Aspetti faunistici: l'esem pio di Cremona) rispettivamente per la parte botanica e per quella zoologica. Viene quindi presentato un quadro aggiornato sull'evoluzione recente di ambienti extraurbani della pianura padana centrale studiati in modo puntuale, dove siepi e filari sono stati oggetto di degrado e di eliminazione diretta, che ha superato negli ultimi decenni il i0% della dotazione precedente. Riccardo Groppali, in Siepi e filari nella Rete ecologica provinciale di Cremona, sottolinea inoltre l'indispensabilità di questi elementi nelle reti ecologiche, in particolare per colle garne tra loro altri di maggior rilievo quali fiumi, grandi aree boscate, zone umide e scarpate alberate residue. Espone inoltre alcune proposte per il recupero di ambienti, coltivati quasi per intero, in differenti aree della provincia di Cremona, tramite la definizione di corridoi ecologici e delle loro possibili aree di potenziamento, destinate a forme d'uso compatibili con la con servazione ambientale. Di seguito Roberto Ferrari. Luca Boriani. Marco Pozzati (Progetto "Aree di rifugio": studio e ripristino delle siepi campestri nella pianura bolognese) e Andrea Morisi, Paola Balboni. Stefano Lin (La rete ecologica come strate gia per la conservazione della biodiversità: il caso studio della pianura bolognese) riferiscono esempi relativi alla pia nura bolognese. In particolare viene illustrato un interessante progetto per la costituzione di aree di rifugio, evidenziando l'im portanza delle siepi per numerose specie di insetti utili. Qui tali ausiliari possono trovare nutrimento e riparo nei periodi critici del loro ciclo biologico, rimanendo in questo modo nelle imme diate vicinanze dei campi coltivati, per poi spostarsi verso le col ture nel momento dell'attacco da parte dei fìtofagi. Giuseppe Camerini e Riccardo Groppali, in Avifauna e siepi negli ambienti coltivati della pianura, fanno il punto in particolare sulla stagione riproduttiva, quando le siepi ospita no un popolamento ornitico pili abbondante e vario rispetto ai campi aperti, senza tuttavia trascurare di sottolineare che esse costituiscono elementi fondamentali per la sopravvivenza anche degli uccelli svernanti. Tra i giovani studiosi Giampio D'Amico si occupa del rap porto tra siepi e farfalle diurne in Ipotesi di miglioramento dei popolamenti di farfalle diurne (Lepidoplera: Rhopalocera) tramite la creazione di siepi inserite nel paesaggio agricolo. Marino Marinone delle farfalle notturne in Lepidotteri notturni (fleterocera) e siepi, Elisa Riservato delle libellule in Odonati e corpi idrici negli ambienti coltivati e Roberto Fabbri, insieme a Eddy Bisulli. dei Coleotteri Carabidi in Coleotteri Carabidi delle siepi del Forlivese e del Bolognese (Coleoplera Carabidae). Riccardo Groppali chiude la sessione illustrando, nell'in tervento Il ruolo delle siepi nei confronti del popolamen to araneico. la funzione dei ragni delle siepi come bioindicato ri, l'importanza delle differenze di struttura di tale dotazione dei coltivi per le popolazioni araneiche e il loro valore ecologico in diverse parti dell'Italia. Per quanto riguarda l'aspetto economico-gestionale, Maria Donata Feraboli traccia il quadro relativo ai contributi comu nitari del Piano di Sviluppo Rurale (I contributi comunitari del Piano di Sviluppo Rurale e le siepi), Gabriele Panena descrive alcuni interessanti esempi pratici di realizzazione di siepi in provincia di Cremona (Impianto di siepi campestri in provincia di Cremona), Alberto Massa Saluzzo illustra un'applicazione relativa a un'azienda agroambientale di grandi dimensioni nella pianura pavese, ponendo in risalto l'aspetto economico (Cassinazza di Baselica: azienda agroambienta le per la produzione di paesaggio e ambiente). Con Angelo Scaravonati si accenna all'utilizzo energetico delle siepi (Sviluppo energetico delle siepi) e infine viene presentata una breve sintesi sull'agricoltura biologica da parte di Paola Paccini (Agricoltura biologica e ambiente). 10 Sessione storica PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 13-21 Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana Marina Volonté * Lo studio della centuriazione romana nella pianura padana Riassunto ha una lunga tradizione dovuta da un lato all'assetto geomorfo logico del territorio, che consentì più che altrove l'applicazio ne dei principi di suddivisione regolare del terreno, dall'altro alla conservazione delle tracce dell'intervento romano fino ai nostri giorni. Questo contributo vuole fornire una breve pano ramica dell'assetto della pianura in epoca repubblicana e impe riale, comprendendo quindi gli aspetti della fondazione deliecolonie e della viabilità. Inoltre, alcuni esempi mostrano il pro cesso metodologico attraverso il quale è possibile giungere alla restituzione ipotetica della limita/io dei territori delle diverse colonie. Summary The study ofthe Roman ceuluries in the Po country has a long tradition due on the one band lo the geomorphologic conslilulion of the territory, ivhich allowed better than elseivhere the application of the principles of regalar subdìvi sion of the soil, on the other hand to the good state of the traces of the Roman action tilt uoiv. This contribution gives a brief description of the country in the republican and impe riai age, including a/so thefoundation of the colonies and the roads. Some exainpies. moreover. show the melhodological proceedings through ivhich it is possib/e to come to the hypothetic restititlion of the limitatio of the territories in the different colonies. ' Conservatore ilei Museo civico Ala Ponzone, Sezione archeologica, via Ugolani Dati i -1-26100 Cremona. E-mail:marina.volonte@comune.cremona.it 15 Questa comunicazione1 ha lo scopo di tracciare a grandi linee il quadro storico dell'intervento romano nella pianura padana, evidenziando quanto di questa trasformazione dell'as setto territoriale si conserva ed è riconoscibile nel paesaggio attuale. Siepi e filari, che volutamente non compaiono nel titolo della relazione, hanno in questo tipo di analisi un ruolo signifi cativo, come si dirà in seguito, ma certamente minore rispetto ad altre persistenze, quali strade e canali. Come ha più volte ricordato Pier Luigi Dall'Aglio nei suoi studi di topografia antica,2 qualunque ricerca storica a carattere territoriale non può prescindere dalla considerazione che il pae saggio che ci circonda è il frutto di una continua evoluzione in cui l'intervento umano è divenuto,col passare dei secoli, sempre più incisivo e preponderante rispetto agli agenti naturali. Ne consegue che, nell'accingerci a ricercare ed analizzare le testi monianze degli interventi di età romana nel territorio della pia nura padana, dobbiamo tenere nel massimo conto i dati relativi alla geografia fisica di quell'area in quel periodo, senza dimenti care che, a differenza di quanto avviene ai nostri giorni, la pur notevole capacità dell'uomo di trasformare il territorio si svol geva allora entro limiti ben precisi. Questa consapevolezza, che, come si vedrà più oltre, ha por tato di recente importanti novità, ad esempio nell'interpretazio ne della centuriazione del territorio cremonese,-"* non è sempre stata appannaggio degli studiosi di topografia antica. Gli studi sulla centuriazione romana in area padana ebbero inizio già nel XIX secolo, con studiosi come il Niebuhr, il Falbe, il Kandler, il Legnazzi,senza dimenticare l'opera di Elia Lombardini, un ingegnere idraulico che rilevò le "reticole" antiche per rico struire il quadro idrogeologico dell'Italia settentrionale. ' Figura fondamentale in questo campo è quella indimenticata di Plinio Fraccaro. 1 Desidero qui ringraziare Riccardo Grappali, per aver voluto inserire questa relazione ili carattere topogra- fico-archeologico negli atti ilei conve gno. La mia gratitudine va inoltre a Malico Dolci, che ha riletto il testo fornendomi preziose indicazioni e suggerimenti. 1 Marchetti & Dall'Aglio 19S2,1990; Dall'Aglio 2000:51. ' Vi mi 1995. 1 Per una sintesi della storia delle ricerche sulle divisioni agrarie roma ne nell'Italia del nord, si veda TOZZI professore e per molti anni anche rettore dell'Università di Pavia, il quale, in occasione della Mostra angu stia della Romanità del 1937, preparò la prima rappresentazione complessiva della centuriazione in Italia, basandosi sulle carte topografiche (in particolare le tavolette alla scala 1:25.000) che l'Istituto geografico militare pubblicava in quegli anni. Li pianura padana si rivelò sin dall'inizio un settore partico larmente favorevole per l'analisi dell'intervento romano sul terri torio, sia perché tale azione ebbe modo di dispiegarsi in queste aree, grazie alla loro morfologia, in maniera più sistematica rispet to all'Italia centromeridionale, ove, com'è stato osservato,5 si erano potuti utilizzare "spazi vallivi e plessi pedecollinari di ristret ta ampiezza ove la piana flegrea. le allungate fasce solcate da alvei torrentizi nel I.atium vetus e le vallate traverse delle attuali 19-2. 'Giorgetti 2000:64. li Marche costituivano i riferimenti di maggior evidenza areale ".sia per la buona conservazione di alcuni dei tracciati cenluriali. Il popolamento di età romana nella pianura padana si orga nizzò, a partire dalla fondazione di Ariminum (Rimini) nel 268 a.C, attraverso la fondazione di colonie di diritto latino (che godevano, cioè, di autonomia amministrativa rispetto a Roma) e di diritto romano (i cui cittadini erano a tutti gli effetti cives romani), attraverso il tracciamento di assi viari di collegamento nonché attraverso la suddivisione e l'assegnazione del territorio extraurbano tramite la pratica della centuriazione. Quest'ultima, è bene ricordarlo sin d'ora, non ebbe solo la l'unzione di suddividere il terreno disponibile in appezzamenti regolari per i coloni, ma anche quella di bonificare aree a regi me idraulico non ottimale o comunque di garantire un buon deflusso delle acque: per questo, nell'orientamento degli assi, si tenne conto costantemente delle linee di pendenza del terreno, orientando la pertica centuriale, per usare le definizioni degli antichi gromatici, non secundum coelum, cioè secondo i punti cardinali, bensì secundum naturali! loci. Tappe principali dell'intervento romane) nella pianura pada na furono la fondazione di Cremona e di Placentia, colonie di diritto latino rispettivamente sulla sponda sinistra e destra del Po, nel 218 a.C,.; il tracciamento della via Aemilia, che dal 187 a.C. congiunse Ariminum a Placentia; la costruzione infine, quasi quarantanni dopo, nel 1 i8, della via Postumia, che, par tendo da Aquileia, attraversava quelli che allora erano i più importanti centri della Cisalpina, raggiungendo a Genova la costa ligure. Le grandi vie consolari da una parte congiunsero, infatti, i centri abitati già esistenti, sia di fondazione romana sia di tradi zione indigena (è questo il caso, in particolare, della via Postumia): dall'altra favorirono la nascita di nuovi agglomerati, nella forma non solo di vere e proprie città di fondazione colo niale (si pensi, lungo YAemilia, a Mulina e Parma, fondate nel 183), ma anche di vici (piccole città nel territorio delle colonie, si pensi a Bedriacitm,nc\ territorio di Cremona, sorta nel punto in cui la Postumia incrociava il corso dell'Oglio) e di fora (in ori gine, luoghi di fiere e mercati). I medesimi tracciati viari potevano costituire inoltre uno degli assi degli agri centuriali delle colonie: così la Postumia a Liburna; a Cremona e nella parte orientale del suo territorio, lino a Ca' d'Andrea; a Verona e nel suo territorio nonché nell'area tra Brenta e Piave6 pertinente ai nuiiiicipia di Padova e Asolo; allo stesso modo e in maniera ben più coerente il fenomeno si ripe &Bonetto 1998:252-253- teva negli agri delle colonie attraversate dalla via Aemilia. D'altra parte tutti i limiti degli appezzamenti centuriali (car dini e decumani) avevano la funzione di strade pubbliche, come testimonia il testo di Igino Gromatico: «oinnes enim linùtes secundum legem colonicam itineri publico servire debenl-. 15 Vediamo a questo proposito l'esempio della centuriazione di Faenza, nella quale ancor oggi strade di maggiore o minore impor tanza, e persino la ferrovia, ricalcano i cardini e i decumani. Le ulteriori suddivisioni all'interno di ciascuna centuria (ricordiamo per inciso che in genere ogni centuria era costitui ta da un appezzamento quadrato di 20x20 actus romani, quindi con Iati di circa 710 m, o di ampiezza ancora maggiore corri spondente a 20x21 actus), i cosiddetti limites intercisivi, pote vano essere costituite anche da canali o fossati. In riferimento al tema specifico di questa giornata di studi, non si esclude che talora filari di alberi che ancora oggi risultano isoorientati con la pertica centuriale ricalchino l'orientamento delle coltivazioni di epoca romana,rivelatosi particolarmente propizio perla miglio re esposizione ai raggi solari e ai venti favorevoli.7 In particola re nella pianura padana è interessante osservare la coltivazione della "vite maritata",che segue il reticolato romano.A proposito di questa coltivazione, sono ben note le parole di Columella,che spiega come l'albero preferito sia «iilmiis, quia et vitem commodissime patitur et iocuiidissimiim pabulum bnbus adfert variisque generibtis soli provenite (l'olmo, perché sopporta benissimo la vite, offre ai buoi il cibo migliore e cresce in terre ni di varia natura). Altrettanto famoso è il passo di Tacito che, descrivendo i luo ghi delle battaglie del 69 d.C. intorno a Cremona, ricorda che «Et per locos arboribtis et vineis impedìtos non una pugna facies-^ (F attraverso i campi carichi di alberi e di vite la batta glia assumeva diversi aspetti).10 Tra i diversi casi riconosciuti di colture e filari di alberi orien tati secondo la centuriazione. citiamo il caso di Imola, dove le maglie centuriali di 20x20 actus sono ancora perfettamente riconoscibili sul terreno. In alcuni casi nell'allineamento di fossati e filari sono stati " Paoletti I983b: 265-266. 8 Columella, De re rustica. V, 6,5. riconosciuti veri e propri limites centuriali: ad esempio il Tozzi ha rilevato il XXIV cardine della centuriazione piacentina a ovest del fiume Trebbia grazie a tale tipo di testimonianza.1 ' ''Tacito. Ristorine, II, ii. 111 Sul paesaggio nei luoghi delle bat taglie nella guerra civile, si veda Massiìkoii 1998. Veniamo ora ad illustrare alcuni casi,sempre naturalmente di area padana, di ricostruzioni del reticolo centuriale antico sulla base dell'esame dei resti tuttora conservati e rilevati dalla carto grafia 0 dalla fotografia aerea. 11 TOZZI 1990: 333. Il territorio ad ovest del fiume Trebbia si rivela peral tro di difficile lettura, a causa della cancellazione di gran parte dell'im pianto antico. La continuità della centuriazione romana si riscontra sia nella già citata persistenza di strade, fossi e filari, sia nell'assetto demo grafico, in quanto la sistematizzazione di strade, canali e coltiva zioni favorì e rese stabile l'insediamento umano. Tra i tanti, è '- Paoletti I983a: 255-258. " Per uno studio sul paesaggio amico della l.omellina orientale basato sul- t'aereofotografìa, si veda 1999. lo Panzeri stato analizzato12 il caso del territorio della romana licinum, l'attuale Pavia, di cui venne centuriata la parte settentrionale e non quella sudoccidentale (l'attuale Lomellina),1^ probabilmen te perché caratterizzata da terreno sabbioso di difficile dissoda mento. L'assetto demografico attuale delle due zone conserva l'eredità di tale scelta: luna, il Pavese, presenta insediamenti di medie dimensioni disposti lungo gli assi della limitalio romana: la Lomellina, invece, è insediata secondo uno schema di grandi nuclei abitativi sparsi, ciascuno dei quali circondato da una vasta zona di campagna. Analogamente, nel territorio appartenente alla limitalio di Cremona abitati, cascine e fattorie mostrano una distribuzione regolare, specie se confrontata con le zone adiacenti esterne al reticolo romano. Tra le persistenze più significative, qui come altrove, va ricordata la presenza, già piti volte sottolineata dagli studiosi, di cappelle votive agli incroci viari, testimonianza del culto delle divinità compitales, i cui altari erano collocati in età romana presso i crocicchi.14 La limitatio del Cremonese, i cui confini erano costituiti dal l'antico corso del Po, dal corso dell'Adda-Serio Morto e, a nord ovest, da una linea ideale passante poco a nord di Eiesco.Trigolo. Genivolta e Ticengo, era costruita con i decumani orientati da O/NO a E/SE e i cardini da N/NE a S/SO; l'intersezione di kardo e decumano massimi eri posta circa 3 km a nord del centro sto rico cittadino. Com'è noto, sono stati riconosciuti due diversi impianti,15 di cui uno con maglie di 20x20 actus, presumibil mente da datarsi entro i primi decenni dalla fondazione della colonia, e l'altro, col medesimo orientamento ma con modulo di 20x21 actus, che comprendeva anche il territorio più orientale e quello del Viadanese,16 da ricollegarsi alle assegnazioni di terre avvenute nell'anno -ilo 40 a.C. ai veterani di Ottaviano dopo la battaglia di Filippi. Questa vicenda, ben nota grazie alla testimonianza del poeta Virgilio,1" coinvolse soprattutto il territorio mantovano che fu confiscato, costringendo gli antichi coloni ad abbandonare le loro proprietà. La centuriazione del Mantovano,18 nell'area compresa tra i fiumi Mincio, Po e il tratto finale dell'Oglio, è " Mirri Giusi 198 ia; DURANDO 199". I* La prima analisi complessiva delle persistenze centuriali ridi'ager Cremonensis si deve a P.Tozzi (Tozzi 1972: 18-28). "' Sulle diverse inlerpretazioni della limitatlo ilei Viadanese, si veda la bibliografia citata infra alle note 2() e 21. '" Virgilio, Ectogae, I.3-Ì.70-72; IX. 3-4. testimoniata sul terreno da una certa uniformità nell'orienta mento del paesaggio attuale, da numerosi allineamenti di strade di maggiore e minore importanza, da sentieri, fossati di scolo e canali e dal loro incrociarsi ortogonalmente. In particolare, è stato notato un fossato che. presso Gazoldo degli Ippoliti.compie un tracciato rettilineo completamente in mezzo alla cam pagna per oltre dieci chilometri. L'inclinazione del decumano massimo rispetto all'est geografico è di circa 33° gradi sud; in questo modo i decumani seguivano la pendenza naturale del terreno e non veniva utilizzato il rettifilo costituito dalla via IK Studiata in particolare da Elena Multi (illisi (Mi in Cinsi 1981. 198 ih). Il territorio mantovano e oggetto anche delle fondamentali ricerche di M. Calzolari: si veda CALZOLARI 1996, con ampia bibliografìa precedente Postumia, che risulta tagliare diagonalmente le centurie nella parte occidentale del territorio, da Redondesco a Coito, attra versando Gazoldo degli Ippoliti. Un interessante esempio di giustapposizione e parziale 1" sovrapposizione di centuriazioni successive con diverso orien tamento è dato dal territorio di Brixia (Brescia).19 Il primo impianto si data ad un periodo posteriore all'89 a.C., data in cui la città divenne colonia latina. Esso copre un'area di circa 100 kmq ad est-sud-est del centro urbano. La seconda centuriazione ebbe luogo nell'ambito dell'intervento di età triumvirale che interessò Mantova e Cremona; ha in effetti Io stesso orienta mento della pertica cremonese e si estende per un'area di circa 50 kmq a nord dell'Oglio. Il terzo e più esteso intervento (oltre 500 kmq), infine, si colloca in età augustea, quando Brescia divenne Colonia Civica Augusta; tale intervento seguì nell'o rientamento quello del 40 a.C. E interessante notare, a questo proposito, che l'analogia del l'orientamento della centuriazione bresciana triumvirale con ciucila cremonese costituisce di fatto un'eccezione: come atte stato anche dalle fonti scritte,20 si raccomandava infatti che le città confinanti avessero centuriazioni divergenti, onde evitare controversie derivate da errate attribuzioni di terreni. Come già si accennava all'inizio di questa comunicazione, nello studio delle testimonianze dell'antica limitalio vanno con siderate anche le possibili cause di una sua parziale obliterazio ne, onde sfuggire al rischio di negare l'esistenza di cardini e decumani in aree dove essi sono semplicemente stati cancellati da eventi naturali e antropici. Esemplare a questo proposito è il caso ben noto della cen turiazione del Viadanese, di cui era stata ipotizzata l'articolazio ne per soli cardines.11 In realtà, l'esame approfondito delle tracce ancora esistenti sul terreno ha permesso di verificare anche in questa zona la presenza di decumani, sulla base della maglia della seconda centuriazione del territorio cremonese (20x21 actus); solo che in quest'area la cancellazione del reti colo centuriale seguita al suo abbandono alla fine dell'età romana dovette essere più radicale e le successive bonifiche medioevali ne riesumarono soltanto i cardines, che avevano in questo caso una funzione anche di drenaggio e non solo di sud divisione catastale.22 «Al contrario - e riporto qui le parole di Nicoletta Vullo che così attentamente ha studiato l'assetto territoriale dell'ager "CamaIORA 1983:95-96. -'" Frontino,i?e limUlbus 21 I_a.mitc-.nani 1984. -2 Viiijo 1995:212. 18 Cremonensis - nel settore centro-occidentale ócìlager Cremoiiensis, coincidente con il livello fondamentale della pia nura e, quindi, con un'area relativamente stabile e sopraelevata rispetto al livello di esondazione dei fiumi principali, gli inter venti di bonifica e di organizzazione territoriale di epoca postromana furono fortemente condizionati dal reticolo centuriale, che venne mantenuto come elemento ordinatore del paesaggio e ripreso pressoché integralmente dove si era ben conservato, e abbandonato in quelle aree, relativamente localizzate e circo- scritte, dove esso doveva essersi cancellato a causa dei fenome ni di impaludamento, di cui ... la toponomastica rimanda il ricordo: ad esempio nella zona di Acquanegra Cremonese o «Vullo 1995:212. Pescarolo ed Uniti».-^ BONETTO J., 1998 - La via Postumia e gli agri centuriati della A' Bibliografia regio : rapporti topografici e funzionali, in: "Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno a una grande strada romana alle radici dell'Europa", Electa, Milano: 251-255. BONORA G_. 2000 - La centuriazione nell'Emilia orientale, in: "Aemilia : la cultura romana in Emilia Romagna dal III secolo a.C. all'età costantiniana", Marsilio, Venezia: 57-63. Bonora MAZZOLI G., 1998 - II rapporto tra la via e il disegno agra rio : la centuriazione lungo la Postumia occidentale, in: "Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno a una grande strada romana alle radici dell'Europa ", Electa. Milano: 230-234. CALZOLARI M_, 1996 -Ville ed edifici rustici di età romana nella Padania centrale : il contributo delle ricognizioni archeologiche di superfìcie, Qitad. Gruppo archeol. ostigliese, 6: 97-135. 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Through the analysis and the interprelation of documen Summary tili sources and literary testimonies. un approximate pitture ofthe diffusion and the usage ofhedges and rows in the coun try of Cremona in the past centuries is given. These vegetatile constructions bave always been both practically and econo- mically important and bave therefore had a leading róle in the composition of the locai agrarian landscape. A rich topoiiymy is stili ivell recognizable, more or less directlyfront the lerritory or findable front the traditional agrarian terminolog)'. Introduzione Saliti i «quattrocentonovantotto scalini fino alla cima, sopra la campana» del torrazzo di Cremona, Charles de Brosses, eclettico studioso francese in viaggio attraverso l'Italia, nel luglio del 1739 ne trasse l'impressione che «la vista di lassìi e molto estesa, ma "e/o Provincia di Cremona, Settore Ambiente, via Dante 134 - 1-26100 Cremona. E-mail: pianura.provincia@fCcr.cfemona.il 23 non per questo più bella; il paesaggio che si scopre sembra solo una foresta, perché è troppo alberato».1 Forse al presidente del Parlamento di Borgogna sarebbe piaciuto vedere un paesaggio più aperto e disteso (magari non proprio quanto quello attuale), ma sta di fatto che la sua testimonianza non fa che corroborare la convinzione che siepi e filari abbiano sempre costituito un elemento preponderante nell'assetto delle nostre campagne e in forma tanto più fitta quanto meno estese si mostrassero - a seconda dei luoghi e dei tempi, naturalmente - le singole parcel le agrarie, il perimetro di ciascuna delle quali veniva così densa mente occupato da queste colture legnose, consociale a quelle cerealicole, da materializzare, nella sostanza, una coltura intensi va a tutti gli effetti. Un esempio, preso a caso tra i molti rintracciabili tra le carte d'archivio, è quello riguardante un appezzamento di terreno denominato /'/ Campo grande, censito in quel di Bonemerse nel 1713 come esteso 160 pertiche (cioè poco meno di 13 ettari), sul quale insistevano ben 747 salici, 249 piantoni,608 oppi (vale a dire aceri campestri) e 432 viti novelle.2 Anche ammettendo come assai probabile una suddivisione di questa ampia superfì cie in diversi appezzamenti, ciascuno intercalato da alberi e viti, il rapporto di frequenza degli impianti arborei rimarrebbe in ogni caso tanto elevato da giustificare l'impressione riferita dal de Brosses qualche decennio più tardi. Siepi e filari, insomma, formavano una componente così usuale del paesaggio agrario cremonese dei secoli passati e, d'al tra parte, rivestivano un ruolo talmente abituale e difficilmente sostituibile nell'economia quotidiana, da risultare elementi per sino ovvi. Ora, tutto ciò che e ordinario, comune o ripetitivo nell'am biente percettibile che ci circonda ben diffìcilmente suscita l'in sorgenza di toponimi nel senso stretto del termine. Un toponi mo, di norma, scaturisce da una circostanza insolita, singolare, ben definibile e ben distinguibile rispetto al contesto piìi con sueto, le cui caratteristiche salienti sono riassunte dal nome di 1 Brosses C de, 1992 - Viaggio in Italia : lettere l'nmiliari. ti~.nl. italiana di B. Sehaeherl. Laterza, Bari: 86-87. luogo medesimo, che ne rispecchia l'essenza e l'individualità. Una manifestazione comune o anche solo frequente e ripeti tiva può, tutt'al più. ispirare la nascita di appellativi o di semplici termini di riferimento, funzionali a necessità di distinzione, per esempio, di un appezzamento di terreno da un altro. Che poi, nel tempo, diversi di questi appellativi possano trasformarsi in micro toponimi è un'eventualità non rara, promossa per lo più da una tradizione non solo orale, ma anche scritta, spesso fissata dall'u so, che abbia come caratteristica il fatto di oltrepassare la mera gemile segnala/ione della professo conoscenza circoscritta ad una piccola cerchia di utilizzatori. Alla luce di queste poche considerazioni non sembra, allora, ressa Liliana Ruggeri. strano rilevare l'assoluta rarità, tanto attuale quanto passata, di 2 Archivio ili stato di Cremona, Archivio MalTe/./oli, busta n. 2; per 24 veri e propri toponimi ispirati dall'esistenza di siepi e di filari nel territorio storico ora definito dalla provincia di Cremona. Al contrario, una ricognizione della microtoponomastica fon diaria spesso rivela appellativi o termini di riferimento diretta mente o - e ben più frequentemente - indirettamente riconduci bili all'esistenza di queste strutture vegetali che hanno segnato della loro presenza tanto la campagna aperta quanto, e ancor più, i dintorni di paesi e città.* Dalla storia dell'utilizzazione agli indizi toponomastici Siepi e filari vantano una tradizione antica, che affonda le sue radici nella preistoria e che non può essere disgiunta da quella dell'agricoltura, di cui ha seguito evoluzione e cronologia. Se la siepe trova i suoi presupposti nelle caratteristiche asso ciazioni vegetali che si affermano naturalmente al margine ester no del bosco di latifoglie decidue, dove, tra le altre, predomina no solitamente alcune Rosacee - prugnoli, biancospini, rovi, rose selvatiche - i filari arborei della nostra campagna vanno proba bilmente connessi con la nascita di una coltura tanto antica quanto diffusa nell'Italia cisalpina: quella della vite allevata secondo il sistema deW'arbitstum gallicum che prevedeva l'uti lizzo di bassi tutori vivi disposti a sostenere i tralci di questa spe cie sarmentosa. Sia che si trattasse, a proposito di siepi, di fasce arbustive rigeneratesi in modo spontaneo in aree incolte o al margine dei coltivi, seguendo a distanza l'immarginamento della selva della quale potevano rappresentare le reliquie rimaste isolate nella campagna; sia che venissero piantate intenzionalmente dall'agri coltore a difesa degli incerti raccolti dagli insulti del clima o dal morso degli animali, è comunque certo che, da noi, la siepe viva abbia goduto di una fortuna larghissima in ogni momento stori co, eccettuato solo quello attuale. Né fu minore la fortuna arrisa ai filari arborei che, al ruolo di tutori vivi della vite, videro affian carsi, a partire almeno dal basso medioevo, quello di sostituto arifìciale, quanto mai obbligato e urgente, della selva ormai lon tana e inaccessibile, da cui trarre materie prime indispensabili ad un'economia quotidiana di sussistenza. 5 Per l'esame di questo specifico aspetto mi avvalgo dei rilevamenti relativi alla microtoponomastica rura le effettuati, nel corso dell'ultimo ven tennio, dagli alunni ili diversi istituii scolastici o da singoli rilevatori in buona parie del territorio provinciale e promossi dalla Provincia di Cremona con il coordinamento di ehi scrive, via via studiati e pubblicati nella collana denominala "Atlante toponomastico della provincia di Cremona", attual mente giunta al suo ottavo volume. 1. La siepe: testimonianze, terminologia, riflessi topo nomastici - Nella prima egloga delle Bucoliche virgiliane - una delle più "mantovane" fra tutte - il pastore Melibeo augura all'a mico Titiro che, con lieve sussurro, lo inviti ad addormentarsi, come sempre «la siepe che qui vicino segna il confine e che offre come pascolo alle api iblee la fioritura del saliceto» (bine libi, qttae sempei; vicino ab limite saepes Ilyb/aeis apibus florem depasta salicli. saepe levi somniim suadebit inire susurro; Ed. I. 53-55). 25 ' Columella. De Re Rustica. XI, 3. 1.3- 45:«Gli autori più antichi preferirono la siepe viva ad una artificiale, perche non solo richiede una minore spesa, ma anche perché dura piti a lungo, per tempi illimitati: pertanto spiega rono questo sistema di creare fratte con cespugli spinosi piantati apposi tamente. Lo spazio che avrai deciso ili munire di siepe, verso l'equinozio d'autunno, appena la terra sani stata bagnata dalle piogge, va circondato con due solchi distanti tra loro tre piedi |= ca 9(1 cm): è abbastanza che la loro profondila sia di due piedi | = ca 60 cm|. ma lasceremo che essi pas sino l'inverno vuoti.dopo aver prepa rato i semi che vi andranno seminati. Questi siano |i semi] di specie densa mente spinose e in particolare il rovo, la marruca e quello che i greci chiamano "kiinòsliaton" e noi chia miamo spina di cane \scil. rosa canina|. li opportuno scegliere i semi più maturi di questi rovi e mescolarli alla farina eli ervo [probabilmente Vida ervilia] macinato che, bagnata con acqua, si spalma su vecchie funi di nave o su qualunque altra eorda: una volta seccate queste funicelle si ripongono su un tavolalo. Trascorsi quaranta giorni dal cuore dell'inver no e comunque dopo le idi di feb braio, press'a poco all'arrivo delle rondini quindo gii si levi il 1.avomo se nei solchi, durante l'inverno, si è fermala dell'acqua la si allontana e. frantumate le zolle che erano state scavate e ammucchiate in autunno,se ne ricolmano i solchi lino a mezza profondità. Quindi si svolgono le pre dette funi pronte sul tavolato e. una Il ruolo della siepe come elemento confinario emerge imme diato ed evidente, seppur coniugato con una funzione econo mica non secondaria, soprattutto per il nostro poeta, che dedi cherà l'intero libro IV delle Georgiche all'allevamento delle api: attività, del resto, già assai cara a suo padre che la praticava nella terra natale, sulle sponde del Mincio. E ancora della siepe l'auto re farà cenno, qua e là, nelle Georgiche, chiarendone alcune altre importanti funzioni come «disporre la siepe attorno al campo seminato a biade» (segeii praelendere saepem; Georg. I, 270) oppure circondarne le viti e tenere a bada il bestiame (Texendae saepes [vites] etiam etpecus omne tenendum; Georg. II, 371). Risalta, dunque, la finizione di riparo assolta dalla siepe nei confronti dei seminativi o delle viti, lasciando intuire un largo uso di tali strutture vegetali nelle campagne di quei tempi. La circostanza è, del resto, confermata da diversi altri autori classi ci, come Columella, che accenna all'uso di siepi spinose per recintare il terreno destinato all'orto, affinché non sia permea bile né al bestiame né al ladro (Talis humus ve/ parietibus vel saepibtis hirlis datuiatur, ne sit pecori neu pervia fitri; De Re Rasi. X, 27-28) o come Ovidio, seppure in senso metaforico (Cingenda est altis saepibus ista seges;Art. amai. Ili, 562); e poi Claudiano (campimi aurea saepes circuii; Nupl. llonor.et Mar. 56) ed altri ancora, mentre Plinio il Vecchio ci restituisce l'im magine del solerte contadino intento a cingere l'umile capanna con il riparo di una siepe (agricola sedulus casam saepis miinimenlo cingens; Nat. Hist. XVII, 101). Sennonché quest'ultima, secondo le parole dell'autore, doveva essere una siepe morta, fatta di pali (sttdes), dal che si deduce che anche quest'altro genere di siepe dovesse essere abbastanza diffuso, benché, forse, tenuto in minor considerazione. Secondo Varrone, infatti, dei volta stese lungo lungo entrambi i sol quattro tipi di recinzione al tempo distinti «Il primo, quello natu chi, si interrano, ma in modo che la rale,è la siepe, che si suole fare piantando polloni e cespugli spi non eccessiva terra gettata sopra con senta ai semi degli spini, elle aderi scono alle cordicelle, ili nascere. Le pianticelle, di norma, spuntano intor no al trentesimo giorno e appena abbiano preso un certo sviluppo devono essere educale a piegarsi verso lo spazio interposto ira i solchi. Sani anche opportuno interporre una steccata su cui le piante spinose di ambedue i solchi possano arrampi carsi e sia una sorta ili sostegno su cui intanto riposino prima che si siano irrobustite. E evidente che un prunaio del genere non si possa distruggere, a meno ili non volerlo scalzare dalle radici; ilei resto non c'è dubbio che anche dopo essere stato danneggiato dal fuoco rinascerebbe meglio ili prini:i. Questo è. in verità, il metodo ili chiudere gli orti racco mandato massimamente itagli anti chi... 26 nosi, che ha radici e che non teme la fiaccola ardente del pas sante dispettoso. II secondo tipo di recinzione è quello rustico (agreslis) fatto con legname, ma che non è vivo: si fa o con pali fittamente piantati dritti nel terreno e intrecciati di vermene o con (pali) grossi perforati e trapassati, attraverso tali fori, per lo più da due o tre pertiche o con tronchi d'albero calati a lerra e resi poi stabili» (De Re Rust. I, 14, 1-2). Dobbiamo, tuttavia, ancora a Columella la più vivida e sor prendente descrizione di come si potesse apprestare una siepeviva per recingere, in particolare, l'orto piantato nei pressi della fattoria.'l'ale azione partiva dalla semina, in doppia fila, di piante spinose, come il rovo, la marruca o la rosa canina, educale fin dalla nascita a piegarsi verso l'interfila dove, sorrette da uno steccato, avrebbero finito per intrecciarsi inestricabilmente. ' Se in questo passo Columella sembra usare indifferentemen- te i termini saepes e vepres (che definisce, più propriamente, Io spineto, la macchia di pruni) come se fossero sinonimi, proba bilmente spinto dal genere di arbusti spinosi impiegati per for mare il tipo di siepe che egli stesso raccomanda, al contrario Virgilio tiene distinte le due definizioni, intendendo parlare, con l'espressione incendere vepres "incendiare gli spini", di forma zioni arbustive selvatiche, riferendosi, io credo, alla pratica del debbio che doveva essere piuttosto diffusa nelle campagne del suo tempo. Come d'altra parte emerge dalla testimonianza di diversi altri autori, sembra possibile ritenere che con saepes si intendesse, di norma, la siepe (viva o morta) piantata intenzionalmente a cir condare i poderi o i singoli campi, la casa colonica o ogni altro spazio bisognoso di riparo: la siepe (se viva) governata sciente mente anche come elemento produttivo nell'economia agricola e costituita con specie legnose - arbustive, ma anche arboree adatte alle condizioni edafiche stazionali. Con vepres si indicava, invece, la siepe spontanea, per così dire, formata per lo più da arbusti spinosi - pruni, biancospini, rovi, rose selvatiche - vale a dire da quell'aggruppamento di Rosacee che prevale al margine della selva 0 che ne rappresen ta una fase regressiva, come più immediata risposta vegetativa al taglio o alla distruzione di quest'ultima, alta cui riaffermazione, del resto, non fa che preludere grazie alla sua spiccata capacità colonizzatrice. Cresciuto spontaneamente nelle aree marginali incolte, lungo i rii naturali che attraversano la campagna o in adiacenza ai canali irrigui (agrestes fossae). questo genere di siepe rappresenta la traccia di un paesaggio silvestre scompar so, via via immarginato e allontanato dal dilagare dei coltivi. s Cfr. Di Cam.i: C, 1883-188" - Glossarium mediao et infimae latiuitatis, Niort (rist. anast.: l'orni. Sala Bolognese, 1981), 10 v.;Sat* R, 1937 Glossario latino-emiliano. Biblioteca Apostolica Vaticana. Città del Vaticano: SELLA R, 194-i - diossano latinoitaliano : Stato ttella Chiesa. I eneto. Abruzzi. Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, s.n: '' Oltre alla voce scs. comune ai dia letti cremaseli e cremonese-casala- sco. direna discendenza del latino sae/is. forma sincopata di saepes già usata nella tarila romanità da amori come Valerio Fiacco, il dialetto ere- masco possiede anche la voce sés'a che nel dialetto rustico diviene seda, che pare corretto far risalire proprio al Ialino caesa (cfr. Dizionario del dialetto cremonese, 1976. Libreria del Convegno. Cremona: BOMBBLU A., 1940 - Dizionario etimologico del dialetto cremasco e delle località cremasebe. Crema, s.i'i:). È, insomma, quanto resta della stiva caesa, la selva tagliata, o della sUvafracta, il bosco distrutto, di cui si è provveduto anche a rompere il fondo. Ed è con questi specifici attributi e con queste precise defi nizioni che la siepe entra nel medioevo in un trionfo di citazio ni che ne rispecchiano l'enorme diffusione. Cesa, cexa, cessa, cesia, ceda,'' con numerose altre varianti grafiche e alterazioni, insieme a quella di incisa, è la definizione corrente della siepe di cui sono spesso dotati i campi, gli orti, le case o che viene lasciata crescere ai confini di proprietà. E se questo particolare utilizzo ci rimanda con sicurezza ad una delle originarie funzioni della selva, si può presumere come usuale, in occasione dell'abbattimento di quest'ultima, il rilascio di una consistente fascia arboreo-arbustiva marginale cui rimanesse assegnato il compito di mantenere il riferimento limitaneo. II che può forse spiegare l'evoluzione materiale, e concettuale insieme, che dalla Silva caesa porta alla semplice caesa in paral lelo con la trasformazione semantica.6 27 Terra aratoria citili incisa sua è un'espressione ricorrente nelle pergamene cremonesi dei secoli X e XI, da cui si deduce come la siepe, messa a riparo del fondo agricolo, fosse conside rata un elemento di normale complemento di ogni pezza di terra coltivata.7 Nelle aree perturbane erano invece più frequenti le cKaJitsnrae o terrae d(a)usorivae; aree produttive circondate da siepi, vive od anche morte, e non di rado moltiplicate a for mare un complesso sistema di terre chiuse entro cui venivano coltivati e prodotti i generi alimentari destinati, anche quotidia namente, ai mercati cittadini: frutta, verdura, prodotti animali, ma dove, soprattutto, si coltivava la vite e dove, di solito, si pigiava anche l'uva (in lorcularia sovente di uso collettivo) e si produ ceva il vino che la città richiedeva in ingenti quantità. È noto che tutf intorno a Cremona si stendevano le cosid dette"Chiosare"a costituire un'ampia fascia territoriale disposta a corona attorno alla città e a ciò espressamente destinata, dove, sin dal XII secolo, si trovano nominate parecchie terre vitate che si dicono ubicate, appunto, in clausis (ovvero in clausitris) demone? D'altra parte le carte cremonesi medievali sono dis seminate di toponimi che ricordano questo diffuso assetto ter ritoriale: Clausura Cazuli e Clausura Moroni (1176); Chiusimi Episcopi (1180); Chiusum de Pnteo e Chiusuili de Olivo (1195); a Closetiim de Capile Vile, a Clausura Butrii, a Chiuso ecclesie Manzani, a C/auso lìomoboni, in Prato Citiso (XII sec); Chiusirolum (1227) ne sono solo alcuni esempi.9 Il vivo ricordo di questo speciale assetto di molte parti della nostra campagna resiste ancora nella microtoponomastica loca le attraverso denominazioni come Ciós/Ciòs (rispettivamente nei dialetti cremasco e cremonese-casalasco) con tutte le alte razioni e varianti possibili, attribuite a molti appezzamenti di terreno, continuazioni delle voci latino-medievali chiusimi o 7 te carte cremonesi dei secoli VIII- XII, 197»-1988, a cura di E. Falconi, Biblioteca statale,Cremona, 4 v.(d'ora in poi CO.): voi. I e 2 passim. »CCi:i: 11.13. 148,292, ecc. '' CCr. 3:333,360; CCr. i: 347. -178-181 : Akty Kremony X-XIll .... 1937, |a cura di| S.A. Anninskij. Akailemija Nauk SSSK. Moskva-l.eningrad (d'ora in poi .1. Kr.y. 150-15.3. 157, 202, 297, 315, ecc. dositm/dossum/ditsitin con il medesimo significato e, in ulti ma analisi, esito attuale del latino chiusimi "chiudenda, podere chiuso".10 A proposito delle recinzioni di queste chiosure prendo a pre stilo, poiché particolarmente illuminante, un'espressione conte nuta negli statuti di Rovereto del 1425 che, parlando de cesis seti closiciis vel spinis,n sembra assorbire in un'unica immagine, proprio per l'identità concettuale raggiunta, siepi, terre chiuse e arbusti spinosi. D'altra parte già nei primissimi anni del Trecento il bologne 111 Cfr. Di Cam.i: C, 1883-188- - o/,. se Pietro de' Crescenzi, nella sua fondamentale opera di argo c/7.: Ski.u 1'.. 193" - "/'. c/7.: Siila R, mento agricolo "Libcr ruralium commodorum", descrivendo con dovizia di particolari i sistemi di chiusura e di difesa delle "corti" rurali, si diffonde sull'allestimento della siepe che, insie 1944 - <>l>. cit., s.i't>.\ Atlante topono mastico della provincia di Cremona. 1994-2002,8 v..Cremona, passim. 11 Si;i.l\ I'., 1944 -o/i.cit.: Ii8. 28 me al fossato, deve circondare l'area insediativa: «E deono essere le piante de' pruni tali, quali sono le piante de' pruni, ovvero spine judaiche, se aver si possono: perciocché mirabilmente pungono: ovvero che sieno pruni albi, o salvatiche prugne, o piante di rose salvatiche. o di domestiche bianche. Ma il rovo, avvegnaché faccia assai forte siepe, tuttavolta consuma e affoga l'altre piante, quando non son grandi, ed imperciò non molto m'aggrada, se delle predette altre piante aver si possono. Ancora é molto da prender cura che intra l'ordine de' predetti pruni non si pongano alcune piante fruttifere, perocché per l'appetito de' frutti gli uomini guastano le siepi e i fossati in tal maniera, che la corte mai non si può tener chiusa. Ancora si dee procurare che le piante infruttuose nate quivi, non vi crescano, perocché cre scendovi, farebbero per l'uggia loro o delle loro radici, al postut to le piante de' pruni consumare e tornare a niente. Ancora nel primo e nel secondo anno si deono le predette piante de' pruni in ciascun mese della state, mondilìcare dall'erbe che tra esse nascono, acciocché le predette piante non sien costrette di sec carsi per difetto di nutrimento, il quale le dette erbe a sé trar- rebbono».1- Lo stesso sistema di recinzione viene consigliato anche per gli orti, i giardini e i campi coltivati, dal che si deduce quanto la siepe dovesse incidere nella formazione del paesaggio agrario medievale. Alla stessa categoria dei terreni chiusi si possono assimilare, come piuttosto diffusi nella microloponomastica locale: a) gli appellativi derivati dal latino medievale broilus/brolittm, continuazione del tardo latino brogilus a sua volta disce so dal celtici) "brogilos, con specifico significato di "terreno recintato coltivato ad alberi da frutta e viti" sostanzialmente rimasto invariato nell'accezione dell'ancor diffusa voce dialetta le bról/bról.1* Via dal Brolo (1152), al Brolo (1173), in brolio in qua arbor eroi (1181) sono solo alcune delle citazioni di microtoponimi ispirati a questa tipologia colturale rintracciati nelle fonti d'archivio.1 ' b) gli appellativi, non rari nella microloponomastica locale, riconducibili al termine "giardino", disceso, tramite il francese IJ Mi avvalgo dell'edizione ottocente sca dell'opera: Crescenz) v.ile', 1805 Trattato della agricoltura di l'iero de'Civscenzi (tastatalo nella fai ella fiorentina, riristo dallo Xferiguo accademico della Crusca,dalla Società tipografici de CIISSICI Italiani Milano voi. 1:31-32. '•» Cfr. Bossiiaiii) IL. 1938 - Saggio di un glossario dell'antico lombardo compilato su statuti e altre carte medievali della Lombardia e della Svizzera italiana. Olschki. l'iren/.e: \()l-l<)i:Dizionario .... V976.op.dt.; BOMBELU A.. 19 il) - of). cit..s.rr. "A.Kr.: 116; CO. 3: 174,324. /'ardili, dal franco *gard"terreno recintato, orto", forse attraver so un originario aggettivo 'fhortttm) gardiitum "giardino chiu so" che, nel basso medioevo e nei secoli successivi, indicò terre ni chiusi (per lo più da siepi) e normalmente coltivati ad alberi da frutta, tanto da entrare quasi in sinonimia, forse solo locale, con "brolo". Pressoché contemporanea al catasto spagnolo ( 1551-1561), che registra numerosi simili "giardini" nel territorio cremonese, é la descrizione che di questo genere di colture dà Agostino Gallo nelle sue "Vinti giornate dell'agricoltura": in pra tica un terreno, per lo più prativo, coltivato ad alberi da frutta («pomi,peri,Ciregie et altri frutti simili») circondato da una fossa larga e fonda abbastanza da essere sempre ricca d'acqua, da 29 costituire una valida difesa verso ladri e animali e da fungere anche da peschiera «Allaqualc sia allevala una folta siepi di spini bianchi di tre, ò quattro fila: che usandoci diligenlia, diverrà di maggior vaghezza, che se fusse muro».1"' e) probabilmente una buona percentuale delle derivazioni riconducibili al termine agrario "breda", che pare predominare, da noi, nei secoli centrali del medioevo, nel significato di "grup po di diversi appezzamenti di terreno, tutti coltivati a vite e cir condati, ciascuno, da siepi, facenti capo ad un medesimo pro prietario che le affilia a soggetti diversi secondo patti e condi zioni, però, sostanzialmente uguali".16 Esempi storici, apparte nenti ad un piìi vasto arco temporale, sono: Braida Coerenciasca, Braida de Castenedello (963-973);Braida Longa (1021): /';/ Braida Bezonis, in Bredelhi (1176); in Braida Botarla (1 181): braida Tempestata (119-1); braida Airoldi, brai da Archipresbiteri (1195); Breida de a vai de Covo, Braida de Preposito. in Braida (sec. XII); in la Breda (1205) e molti altri ancora.17 d) forse qualcuno degli appellativi dipendenti dalla voce medievale sapellitm/zapellum, il cui esito dialettale attuale, ben vivo nella parlata quotidiana, é sapèl/sapél (nei dialetti rispetti vamente cremasco e cremonese-casalasco), dal significato gene rico di "accesso ad un campo", ma con sfumature semantiche assai interessanti e variabili da località a località, tra cui anche quella di 'apertura praticata in una siepe per accedere ad un ter reno recintato",18 che é, esattamente, l'accezione più che espli cita contenuta nelle disposizioni degli statuti della valle Seriana superiore, del 1461, che così recitano: «si aliqua persona fecerit aliquod zapelltim in aliqua sepe seti cesa aliaiius alteritis. lacerando ipsam sepem seti cesam vel partem vel particulam eitis, sii sibi pena sol. IO imper. ...».19 Tuttavia, poiché, come si " GALLO A., 1569 - Le vinti giornate dell'agricoltura et de' piaceri della villa, appresso (iratioso l'ercaccino. ripete, la relativamente ampia valenza semantica mostrata, nel tempo, da questo curioso termine comporta anche altri specifi ci significati (che, per la verità, sembrano prevalere da noi), pare sufficiente, in questa sede, il semplice accenno fatto, rimandan do ad uno studio piti particolareggiato l'analisi approfondita del in Veneti»: 98. vocabolo. 16Cfr.CiiinoiiM C, 1965 - / beni ter rieri del Capitolo della cattedrale di una specifica rubrica contenuta negli statuti di Crema del 1536 Cremona fra il XIII e il XIV secolo. Alighieri. Milano-Konia-.Napoli-Ciità ili Castello: 9-10. l".l.A'r.:71-72,83,153. 158,228; CCr. •i:332,3i7-3i8,476. 18 Peri A., 18-17 - Vocabolario cremo nese italiano. Tipografia Feraboli, Cremona: 675. 19 Cfr. BossilAKi) IL. 19.38- op. c/7.:.32-l. 30 Di particolare interesse mi pare, poi, il dato che si ricava da circa il diverso assetto e il differente valore assegnato alle siepi o ai filari maini fati posti a protezione di aie, sedimi, broli e orti - il cui danneggiamento prevedeva come pena il pagamento di venti soldi imperiali,.se causato di giorno,da raddoppiarsi se per petrato nottetempo - e quello assegnato a tutte le altre siepi campestri (che si devono, presumibilmente, intendere sponta nee o semitali) per il cui danneggiamento era previsto il paga mento di soli otto soldi imperiali, sempre duplicabili in caso di azione notturna.20 Dal che, oltre alla disparità di considerazione e di importanza assegnata ai diversi tipi di siepe, si deduce, con tutta evidenza e ancora una volta, la consuetudine di questi ele menti vegetali rispetto al paesaggio locale e alla vita quotidiana dei nostri antenati che difficilmente ne avrebbero potuto fare a meno. Ancora alla tipologia dei ripari ottenuti tramite siepi sono ascrivibili gli appellativi o i microtoponimi dipendenti dalla voccfracta - termine, peraltro, assai poliedrico dal punto di vista semantico - che nella nostra microtoponomastica rurale appaio no di quando in quando. (ìià nel 1387 gli statuti di Cremona, pur mantenendo la distinzione terminologica tra le due voci fiata e cesa poi, nella realtà, usando il sintagma fratae seti cesae "fratte ossia siepi", sembrano volerne assimilare la natura, quantomeno ai fini del loro governo e del loro controllo - specialmente in altezza.se più alte di tre braccia (= ca 1,8 m) - quando fossero cresciute ai con fini di proprietà, lungo le strade o sulle ripe dei fossati.21 Analogamente, in un'altra rubrica,22 vengono nominate fratae vel sepes impiegate ad faciendam c/aiideiidam. e anche qui non pare ravvisabile qualche carattere particolarmente distinti -" Municipalia Cremae. 1536, Aurelius Pincius Venetus, Venetiis: Kuhn De poena danlis damnum in cesis. I li v. Si quts intiderit dam num in aliquibus cesis si ve postiliis maini fatis. areurum sedimiiium brolorum et hortoriini conidemne- tur in soldis vigiliti imperialiiim si de die. et si Jiieril ile nocte poena iliiplicelur.si vero in aliis cesis cani- pestribns condemnetur in soldis odo imperitdiiim. et si fuetti de nocte dnplicetiir poemi, et in quotibel praediclorum casuum ad resti- tiitionem damili dati in duplum damnum passo.-. 21 Cfr. Statata Civitatis Cremonae. I578,apud Cristophorum Draconiani & l'etruni Bozolam, Cremonae: Uuhr. n.498,161. 22 Statata .... 1578. op. cit.: Kubr. n. 5ii. 177-178. » Cfr.BossHARD IL. I9i8-op.ctt.: 163- 16 i; Sella R, 19 i-i - op. cit.: 528. -' CCr.4:63. » Cfr. Sella I'.. 1944 - op cit.: 544; Di Canoe C. 188.3-1887 - op. cit..s.v. -'• .1. Kr.: 202. -'" Cfr.OiiMim I).. 1961 - Dizionario di toponomastica lombarda. Cesehina. Milano: 518. vo tra i due termini. Dall'esame della casistica documentaria medievale disponi bile sembra, tuttavia, di capire che alle fractae fosse riconosciu ta una natura più aspra e selvatica, traducibile in caratteri di maggiore intricatezza e invalicabilità, poiché è con questa ter minologia che si individuano particolari strutture poste a difesa esterna di certe fortificazioni, spesso combinate a fosse o a disli velli atti a trattenere il nemico o. quantomeno, a rallentarne l'a vanzata.Tali fratte, spesso formate da un intrico di pali e di rami che le facevano assomigliare a siepi secche o morte, potevano fungere anche da cancelli atti a chiudere strade o altri accessi.2-^ A Calvatone, nel 1187, viene nominata una porta Brute che par rebbe alludere, nella denominazione, proprio ad una situazione del genere.2 ' Analoghe a queste dovevano essere le spinatae. utilizzate sia a difesa di opere fortificate (spinatae castri; spinatae factae prò fori iliciis)2*' sia per realizzare chiudende. Alla prima funzione sarà, probabilmente, da associare il nomedelia "porta Spinata" di Ostiano. aperta in epoca medievale nella sua cinta muraria e ancor oggi esistente sebbene modificata nel l'aspetto esteriore; alla seconda si dovranno riferire alcuni altri microtoponimi rurali, tra cui ciucilo de li spiuùdi: nome di campi in quel di Pescarolo, già documentato nel 1195 tramite una via de Spinata,26 nonché, seppur in modo più dubitativo, ciucilo del paese di Spineda. come etimologia alternativa a quel la piti accreditata di "luogo popolato da arbusti spinosi"27 fon31 dando la supposizione su espressioni quali spinetae vel cesae contenute in alcuni documenti medievali, che parrebbero avva lorare anche questa ipotesi.28 2. I filari arborei - Anche la diffusione del filare arboreo parrebbe piuttosto antica ed é forse possibile intravederne una prima rappresentazione nell'immagine <\c\Yarbusti! ni nomina to da diversi autori classici, intendendo il termine nel significa to di "luogo piantato ad alberi adatti a sostenere la vite".29 Per quanto ci riguarda sarebbe più esattamente quella déll'arbusttim gallicani la figura a noi più vicina, traducibile come "pian tata o alberata gallica" diffusa, per l'appunto, nella Gallia tran spadana. Secondo Columella questo genere di alberata, local mente detta ruiiipotimis, desidera alberi bassi e scarsamente frondosi. «A tale scopo sembra l'oppio (opulus) il più adatto che è un albero simile all'acero. Ma anche il corniolo (coriius) il carpino (carpinus) e talvolta l'orniello (ornus) e il salice (sa/ix) vengono disposti da molti in questo tipo di alberata» (De ReRust.y,l,\5\ l'ali alberi, sistemati a formare il riimpotinetum, erano gene ralmente governati in modo che formassero un palco di tre rami principali non più alto di otto piedi (= m 2,364) da terra, nei luo ghi asciutti e declivi, e non più di dodici (= m 3,546) in quelli piani e umidi. In caso di piantate fitte la distanza tra due orbores rumpotiiiae successive poteva essere di circa sei metri, sia sulla fila sia nell'interfila;se, invece, all'arboreto si inframmezza va la coltura di biade la distanza dell'interina doveva almeno rad doppiare. I tralci delle viti maritate a questi tutori vivi venivano poi distesi tra un albero e l'altro e sostenuti con vari mezzi, come ci spiega anche Plinio il Vecchio (Nat. llisl., XVII, 211), secondo un sistema rimasto pressoché invariato fino al secolo scorso in gran parte della nostra provincia.™ Ancora Plinio il Vecchio ci informa che «L'Italia Transpadana, oltre agli alberi sopra indicati, pianta nei campi come sostegni per le viti il corniolo, l'oppio, il tiglio, l'acero, l'orno, il carpino, la quercia; la Venezia il salice a causa dell'umidità del suolo» (Nat.LIist., XVII, 201). 28 Cfr. DO GANGE C, 1883-1887 - Op. CÌI..S.V. -> Porcellini E., 1940 - Lexicon totitis latiuitatis - Onomasticonjì v„ Padova (risi, anast.: l'orni. Bologna, I965).\./'. •*" Cfr. Atti della Giunta per hi Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola. 1882. voi. 6, tomo 2. For/ani e C. tipografi ilei Senato. Roma: 389-390,895. 32 Che questo genere di coltura dovesse essere particolarmen te diffuso nelle campagne cremonesi in epoca romana lo dice apertamente Tacito il quale, descrivendo le cruente azioni mili tari che videro opporsi i vitelliani agli otoniani nel 69 d.C. e che ebbero come scenario la campagna cremonese e le adiacenze della città, nomina i densi arbusti, vale a dire esattamente il genere di piantata che abbiamo appena analizzato, che nascon devano i soldati alla vista del nemico (Misi. ,11,41,3; III, 21,2). In un caso specifico la battaglia tra gli avversi schieramenti si svol se per locos arboribus ac vineis impedìtos "attraverso luoghi ingombri di alberi e vigne" (Ilìst.. II, 42, 2) che, insieme agli accenni precedenti, sembrerebbe suggerire l'idea che questo tipo di piantata presentasse normalmente un assetto piuttosto fitto. Una tradizione lineare e continua portò questa pratica coltu rale a superare i millenni ed a giungere \"m quasi ai giorni nostri, lasciando non poche tracce nella microloponomastica rurale. Molti dei campi ancor oggi designati con il termine "piana ", insieme a tutte le sue possibili varianti e alterazioni.denunciano, in questo appellativo, la loro destinazione viticola, abbandonata solo in tempi relativamente recenti. Il più diffuso sistema di coltivazione della vite, soprattutto nell'area cremonese ed ancor più in quella casalasca e mantova na, consisteva nel piantare le viti, maritate all'acero campestre od anche all'olmo, in filari disposti in senso nord-sud, distanti tra loro tra i 20 e i 30 metri, a seconda delle zone, cosicché suddi videssero il campo interessato in "piane". appunto, coltivate ad erba od anche a grano.Tali spazi servivano, poi, anche ad acco gliere i tralci delle viti, che vi venivano distesi orizzontalmente, sostenendoli con pali a circa un metro e mezzo da terra. Ai mar gini dei campi destinati ad altro genere di coltura anche i filari arborei ivi costituiti erano normalmente maritati alla vite che, però, veniva "lasciata in frasca ".libera, cioè, di arrampicarsi all'al bero tutore, curandola e potandola soltanto ogni tre anni.-"*1 L'albero per antonomasia tutore della vite fu e rimase sempre l'acero campestre o oppio: nel catasto spagnolo degli anni 1551- 1561 ricorrono con frequenza definizioni come «vigne con oppi; vigne adacquatone a oppi; vigne con oppi su prato; vigne novelle a oppi» se non addirittura «vigne a filari ossia con oppi».-^2 Non erano disdegnate, tuttavia, altre specie arboree, quali l'olmo od anche il pioppo, mentre é tutf altro che rara la citazione di viti maritate ad alberi da frutta.33 »' Cfr.Atti .... 1882,op. c/7.:759.895. l- JACOPETTI I.N.. 198 l - // territorio agrario-forestale di Cremona nel catasto di Carlo V (1551-1561), Ma con la progressiva affermazione della coltura del gelso, legata alla bachicoltura e all'industria della seta, fu a quest'albe ro che venne sempre più frequentemente associata la vite: già il catasto spagnolo accenna a prime sistemazioni di questo tipo nelle definizioni di «vigne a pergola con moroni; vigne con moroni», ma ancor più spesso si incontrano indicazioni relative alla coltura di quest'albero attuata a filari al margine dei campi: •campi con moroni: prati con moroni» ovvero «moronati», «terra "Annali della Biblioteca Statale e moronata; costa zerbata con moroni» eccetera. Libreria civiea ili Cremona" n. 31-32. D'altra parte ancor oggi il vocabolo dialettale iiitirunàdu "l'ilare di gelsi", oltre a non essere del tutto spento nella parla Biblioteca statale e Libreria civica. Camera ili commercio industria e agricoltura. Cremona: passim e p. 61. ta locale,^' riaffiora nella stessa forma come appellativo di <•* Cfr.jAc.oi-i iti I.N.. l98i-o/>i'/'/.:58. campi nella microloponomastica rurale, insieme a qualche 60.66.-l.-S.ccc. variante come Murunèr o Camp dei nitir, più o meno con Io (I Dizionario .... 1976, op.cit.: 201. Stesso significato. 33 Ma sono soprattutto le denominazioni di campi tratte dal nome comune di alberi,con aggiunto il suffisso -ada,\\ dichiara re che la loro origine fu ispirata dalla presenza di filari arborei. per Io più monospecifici, quali Unisàda/Ugnisàda "filare di ontani", dalla voce dialettale tinés/unìs/iignìs "ontano"; A/baràda/Alberàda "filare di pioppi", da àlbara/àlberu "piop po"; Salesàda "filare di salici", da sàles "salice" ed anche Platanàda/Plateiiàda &a plùten "platano". Analogamente alcu ni particolari tipi di governo degli alberi coltivati in filare ai mar gini dei campi possono originare talvolta specifici appellativi, quali Gabàda"fihux- di alberi governati a capitozza",dal termine dialettale gàba "capitozza", oppure Sucàda "filare di alberi governati a ceppaia", da sùcci "ceppo, ceppaia', che rappresen tano le due tipologie più comuni, da noi, di governo a ceduo dei filari interpoderali.35 Si trovano, ancora, campi con denominazioni del tipo Da fu', Tri pi che alludono alla presenza di (due, tre) filari di vite al loro interno, od anche Dò tére. Tre lére, con il medesimo significato, pur facendo ricorso ad una voce, téra "fila di cose, sequela di oggetti disposti in fila "e, comunemente, nella terminologia agri cola "filare di viti", già in uso sin dal medioevo e diffusa in buona parte dell'Italia nordoccidentale, risalente al francone */eri "fila ordinata di cose".3^ Lo stesso significato denunciano i campi in vocabolo Vilàgn che trovano precedenti microtoponomastici medievali (Tilagnum nel 1202 presso Levata)-"*" sufficienti a rassicurare circa la solidità di questo genere di tradizione onomaturgica. (S Dizionario .... 1976, op. cit.: 118, 321; Bombelli A., 19 io - Op. cit.: 82, 20-1. i(' Cfr. BRtGNANI M. & FERRARI V, 2001 - Toponomastica di Tornata e Rom- prezzagno. "Atlante toponomastico della provincia ili Cremona'' 7. Cre mona: 86. ,_ .1. Kr.: Ili: cfr. anche BasSHAKD IL. 1938 - op, cit.: 159. W Cfr. per unti Brignani M. .X Ferrari V.,2002 - Toponomastica di Ostiano, "Aliami' toponomastico della provin cia ili Cremona"8, Cremona, passim. 54 Per finire non ci si può esimere dal menzionare, almeno, l'uso di siepi e di filari arborei attuato sin dai tempi più antichi nel l'esercizio di diverse forme di caccia, con particolare riguardo per l'aucupio con l'ausilio delle reti. A quest'ultima tipologia di caccia si riferiscono, nella micro loponomastica rurale, tutti quegli appellativi che ricordano l'e sistenza di apprestamenti atti ad attrarre e catturare gli uccelli, specialmente durante il passo,come Ròcol/Ròcttl, Redisì/Ridisì, Pasàda, Uselànda,^ indicanti diversi tipi di inganni che preve devano normalmente l'uso di elementi vegetali piantali, allevali ed educati secondo forme prestabilite entro cui mascherare le reti, oppure consistenti in sistemi di aucupio, sempre attuati con reti, da praticare in forma più o meno temporanea nei pressi di folte siepi o di filari arborei ben strutturati, come se ne vedeva no in abbondanza nelle nostre campagne, dove trovava rifugio una vastissima gamma di uccelli silvani, oggetto delle brame di un'altrettanto folta schiera di cacciatori più o meno occasionali o improvvisati. PIANTILA - Scienze e Moria dell ambiente padano - N. 16/200.5 p. .55-11 Siepi e filari, elementi complessi nella storia del paesaggio padano Luciano Roncai * Il contributo propone alcune considerazioni sulle più evi denti caratteristiche delle siepi e dei filari colti come elementi complessi del paesaggio padano dall'antichità romana ad oggi. In particolare viene sottolineata la circostanza che siepi e filari siano parte fondamentale dei confini, non solo rurali, in simbio si mutualistica con le strade e i fossi, a formare un'area - e non soltanto una linea - con valenze ecologiche, paesistiche, giuridi Riassunto che, economiche, alimentari, ecc. This issile shows some considerations on the most evident Summary feutures of the hedges and of the roivs, seen as comp/ex elenients of the Po landscape from the Roman ancient times UH noia. Il emphasizes in parliciilar that hedges and rotvs are a fiindamental pari of the borders. not only the ritrai ones, and together ivith the roads and the ditches they muke un area and not only a line - ivith ecologie, legai, economie, alt'mentary and hindscape-meaning. Prima di proporre qualunque interpretazione e considera zione sul tema, secondo l'ottica di un ricercatore della storia del territorio, si segnala, in prima istanza, che la conoscenza delle siepi e dei filari di alberi in consistenza e funzionalità agraria è pervenuta, anche in ambito locale, ad uno stadio di puntuale approfondimento e di apprezzabile divulgazione.1 1 Cfr. ad cs. in generale: Lombardia : il territorio, l'ambiente, il paesag gio, 1981-1985, Electa, Milano: Secondariamente va segnalato che la loro sempre più ridotta presenza nell'ambiente e la loro attuale precarietà esistenziale • Via Vittorio Veneto i -1-26041 Casalmaggiore (CR). 35 non sono realtà recenti, poiché assai ben percepibili da almeno un secolo.A questo proposito si è quasi indotti ad affermare, pur con estrema cautela, che la loro presenza e visibilità siano da almeno un secolo appannatele non, in molti casi, negate in base a considerazioni di tipo economico. Questo fenomeno si deve alla bonifica integrale, pensata ed elaborata nei suoi principi già a partire dalla fine del XIX secolo, dopo essere stata dibattuta a lungo, per essere, poi, approvata nel 1928 e concretamente attuata dal Serpieri nel corso degli anni Trenta.2 Con la riappoderazione dei terreni "redenti" si attuò questa Poni C. 1982 - Possi e cavedagne benedicati le campagne. Il mulino. Bologna: 15-96;Bertoguo R.,Ferrari V & Ciitoi'i'.M.i R„ ambiente 1988 - Natura e nella provincia di Cremona dalTViu al XIX secolo. Provincia di Cremona, Cremona: Fumagalli v„ 1989 - Uomini e pae saggi medievali. Il mulino, Bologna; RapettiA.M., I99i - Campagne mila nesi : aspetti e metamorfosi di ini paesaggio rurale fra X e XII secolo. (iribaudo. Cavallcrmaggiorc; Tornilo R, 1995 - Dalla terra ai castelli .pae saggio, agricoltura e poteri nell'Italia medievale. Einaudi, Torino; CaZZOLA E, 1996 - Diboscamento e riforestazione "ordinata" nella pianura pratica che sembrava avere sancito la riduzione dell'importanza del filare nonché la marginalizzazione, se non addirittura la scomparsa, della siepe, di cui in molti casi veniva ignorata la fun zionalità. Anche se alla dottrina della "bonifica integrale" vanno ascrit ti molti meriti, tra cui lo sforzo coerente di interpretazione e di uso degli "ambienti" italiani (vari per forma, consistenza, orogra fia, latitudine, assetti istituzionali, tradizioni culturali ed agrarie sopravvissute per un arco temporale esteso oltre mille anni), pur tuttavia la scomparsa di questi due aggruppamenti vegetali ne rappresenta uno degli effetti più vistosi. Se poi, all'epoca dell'elaborazione ed attuazione di questa no : idee, contributi, immagini. dottrina, quei comportamenti trovavano una seria giustificazio ne nel conseguimento di un'impellente autonomia alimentare della nazione, evidenziata nelle indagini sulla denutrizione della popolazione e nel drammatico fenomeno dell'emigrazione anche in terre lontane, oggi, venute meno ciucile motivazioni, non pare piti essere funzionale una così settoriale gestione del 2000. Touring club italiano. Milano. territorio rurale. Per il Cremonese: Pandakovic Siepi, 1995, Provincia ili Cremona. Ma quali sono state nel passato le esigenze soddisfatte da siepi e filari? L'elenco è assai lungo anche perché l'organizza zione del territorio improntato da queste due associazioni di vegetali è durata troppo a lungo per non aver corrisposto, sotto molti profili, alle esigenze primarie del popolamento della peni Cremona; La vegetazione in provin sola. ilei Po : la piantata ili alberi nell'eco nomia agraria padana, sec. XV-X1X. Storia urbana. 76-77 (lug.-ilic): 3564;// paesaggio lombardo : identità, conservazione e sviluppo. 1998. a cura di I). Benetti e S. Langc. Cooperativa editoriale quaderni valtellinesi, Sondrio; Il paesaggio italia D. & DAI SASSO A.. [1989] - Campagne civmascbe e cremonesi : le possibilità del paesaggio, Centro ricerca cremasco. Crema; Ambienti naturali in provincia Provincia di di Cremona. Cremona. 1991. Cremona: cia di Cremona. 1995. Provincia ili Cremona. Cremona; Paesaggi e suoli della provìncia di Cremona. 1997. "Monografie ili Provincia Cremona. Cremona: ili Pianura" n. 2. Ferrari V & Ghezzi D., 1999 - le siepi in campagna, Edagricole, Bologna. -' Cfr. ail es. Si iti'iriii A.. 19.51 - La legge sulla bonifica integrale nel primo anno di applicazione. Istillilo poli grafico dello stato. Roma;Tassinari c;.. 19.58 - La bonifica integrale nel decennale della legge Mussolini. Roma; Petrocchi c. 1961 - La legisla zione italiana sulle bonifiche. Roma; Le bonifiche in Italia dal "00 a oggi. 1981. a cura di P. Bevilacqua e 36 L'importanza del fabbisogno energetico è ben evidenziata,ad esempio, nelle consegne e riconsegne dei fondi rustici e nelle norme che hanno regolato sino a tempi assai recenti le affittan ze agrarie.Tra le prescrizioni più comuni si ricordano, ad esem pio, quella che attribuiva al proprietario il fusto dell'albero, men tre i rami, dal capitello in su, e la ceppaia o "Zocca" restavano al conduttore. La minuziosa elencazione del numero, della qualità e delle dimensioni di ogni singolo individuo arboreo costituisce, poi, attestazione probante dell'importanza, non solo economica, assegnata a questo patrimonio: importanza resa ancora più espli cita nell'entità delle rendite catastali assegnate al giardino dal fìsco, il che è conferma inequivocabile del valore della risorsa "legno'' nell'economia rurale. Per quanto attiene alle siepi se il loro apparente valore attua le in termini di legname da opera e di risorsa energetica può sembrare palesemente modesto, bisogna tuttavia considerare che quando esse erano costituite anche da alberi gabbati, bassi o medi, la loro utilità aumentava sensibilmente; non solo, infatti, realizzavano schermi vegetali pluriuso (ad esempio per conte nere alcuni tipi di bestiame), ma soprattutto soddisfacevano ad una necessità agricola primaria nel passato, come lo era la pro duzione di pali di varia dimensione o di ramaglie di più modesta sezione, atte a soddisfare i più disparati usi (stuoie, cesti, ripari, recinzioni ecc.. nel caso dei salici, legacci per reggere i tralci della vite ecc.) Gli alberi d'alto fusto fornivano combustibile e rappresenta vano la fonte principale di legname da opera sia per i condutto ri sia per i proprietari del fondo, ad esempio per l'esecuzione delle coperture degli immobili, per le tettoie, per i ponti ecc., insostituibili inoltre per la confezione di attrezzi agricoli (rastrel li, forconi, pale per raccogliere le granaglie o per spalare la neve, zoccoli e'sabot"). È ben noto che gli alberi e le siepi posti lungo i fossi assol vevano ad ulteriori funzioni, come la protezione dei corpi d'ac qua, di cui attenuavano con la loro ombra l'insolazione e l'eva porazione, riducendo, nel contempo, l'eccessivo sviluppo della vegetazione acquatica. Inoltre evidenziavano i confini di pro prietà e. cosa non sempre apprezzata nella giusta misura anche dai ricercatori, definivano le porzioni di territorio aventi carat teristiche omogenee, marcando sovente, in simbiosi con il fosso, i confini dei toponimi. A livello più generale, e soprattutto laddove si trattasse di gabbe alte o di individui arborei di pregio, singoli od organizza ì Cfr. ad es. Wihkmii.i.ik 1).. 1990 - Gli alberi come segno ili confine e luogo di giudizio nel diritto germanico medievale, in: "L'ambiente vegetale nell'alto medioevo (Spoleto. 1989). Voi. I", presso la sede del Centro [ita liano ili studi sull'alto medioevo], Spoleto: 461-476; Lagazzi I... 1991 Segni sulla terra : determinazione dei confini e percezione dello spazio nell'alto medioevo. CLUEB, Bologna: Ghiadi E., 198" - Li pratica dei contini fra comunità e Stali : il contesto politi co della cartografia, In; "Cartografia e istituzioni in eia moderna : atti ilei convegno tenutosi a Genova, Imperia, Albenga. Savona. Li Spezia, 3-8 novem bre 1986*, Atti della Società ligure di storia patria, n.s., I"7. 1: 135- In. ti in filari, gli alberi costituivano dei veri capisaldi per la geogra fia del territorio. La loro lenta crescita e lunga durata (il pioppo poteva arrivare a cinquanta o più anni, la quercia e l'olmo supe ravano normalmente i cento) costituivano nella piatta pianura un elemento di continuità tra le generazioni umane, il cui ritmo di norma si modulava sul ciclo dei trent'anni.^ L'introdurre il confine tra le peculiarità della vegetazione, in particolare di quella d'aito fusto, fornisce l'occasione per ricor dare che nell'antichità esso presentava caratteristiche molto diverse dal presente. Solo occasionalmente un confine coincideva con una sem plice linea poiché, in genere, esso era rappresentato da "un'area complessa" per funzionalità e composizione: oltre a materializ zare un elemento limitaneo, inteso come termine di proprietà e luogo di produzione del legname da opera, costituiva la sede di 37 una risorsa idrica e poi.ancora.il luogo della raccolta dello stra me, ben oltre la data della privativa concessa dal senato veneto al lonatese Tarello nel XVI secolo, ' nonché la strada di transito 1 Cfr.ad es. Tareu.o C, 1975 - Ricordo d'agricoltura, a cura ili M. Berengo. 1-iiiaiidi.Torino. s Come prima informativa generale cfr. ad es. II.u.in V'.VV. von, 1978 - Le grandi stratte di Roma nel mollilo. Newton Compton, Roma; Pisani SARTORIO Ci.. 1988 - Mezzi dì traspor to e traffico. Quasar, Roma. Per la via bilità padana sembra sufficiente la citazione: Optima via : atti del Convegno internazionale di studi per la pulizia del fosso o per l'accesso carraio e pedonale al fondo rurale, in particolare a quello intercluso. A proposito di quest'ultimo aspello, si evidenzia la riduttività della convinzione, largamente diffusa, che la viabilità, dopo il dis solvimento dell'impero romano, fosse ampiamente, se non total mente, scomparsa; la realtà è assai diversa: è certo che la parti colare gerarchizzazione per funzioni, dimensioni e caratteristi che delle strade romane si semplificasse, venendo interrotti e parzializzati i grandi assi viari; ma è indubbio che la ricchezza Postumia : storia e archeologia di degli itinerari, soprattutto locali, l'osse largamente sopravvissuta una grande strada romana alle agli sconvolgimenti dei secoli successivi.'1 radici dell'Europa, Cremona, /.Ì-/5 giugno I'996, 1998. a cura ili Ci.Sena Il territorio risulta essere stato tramato da una fitta rete di Chiesa e l-.A. Arslan.APIC. Cremona. percorsi sovente alberati, ove la continuità con i fossi rendeva possibile in contemporanea l'abbeveramento degli animali e degli uomini, come pure in generale consentiva l'accesso e l'u Per il medioevo cfr. ad es.. Romanico mediopadano : strada, città, eccle sia. 1983. Università degli studi di Parma. Istituto di storia dell'arte. Centro di stilili medioevali, Panna; tilizzo dell'acqua, intesa come risorsa fondamentale per l'incre Vie mento delle rese agrarie. Mancando adeguati riferimenti, non appare con immediatez del commercio in Umilili Romagna Marche. 199(1. Silvana. Milano; Zi MTIIOR H, 1993 - La misura ilei mondo : la rappresentazione dello spazio nel medio evo, Il muli no. Bologna; Stoi'ani R.. 1991 - Le vie ili pellegrinaggio del medioevo. Le lettere. Firenze; Stopani R.. 1988 - La vìa T'rancigena : una strada euro pea nell'Italia del medioevo. Le let tere, Firenze; SzabòT., 1992 - Comuni e politica stradale in Toscana e in Italia nel medioevo. CLUEB, Bologna; Lestrade storiche :un patri monio da salvare. 1995. a cura ili M. l'ori ini e A. C izzam (ninni Milano. " Cfr. ad es. MONTANARI M.. 1979 L'alimentazione contadina nell'alti} medioevo. I.ignori. Napoli: N'aiu PATRONE A.M., 1989 - // cibo del ricco ed il cibo del povero : contributo alla storia qualitativa dell'alimen tazione : l'area pedemontana negli ultimi secoli del medio evo. Centro Stilili Piemontesi.'l'orino; PASQUALI Ci.. 1981 - I problemi dell'approvvigiona mento alimentare nell'ambito del sistema curtense,Archeologia medie vale. 8: 95-116: Montanari M., 1990 - Vegetazione e alimentazione, in: "L'am biente vegetale nell'alto medioevo za la reale importanza e funzionalità di questa infrastruttura; ma se si riflette sulla consistenza e sulla tipologia dei mezzi di tra sporto (asini, muli o la schiena degli agricoltori), i percorsi cam pestri, ombreggiati, morbidi per essere inerbiti, consentivano un trasporto ed un collegamento sinergico rispetto alle "grandi" strade, tendendo a trasformarsi in un insieme di percorsi alter nativi tra di loro. Assolutamente prioritaria per l'efficienza di questo sistema di collegamenti, e pertanto degna di un'attenzione particolare, diveniva l'accessibilità alle risorse alimentari per gli animali e gli uomini: tale sistema era. tutto sommato, complesso perché costi tuito da una sede stradale verde,da uno o più fossi, da siepi e fila ri in più combinazioni fra di loro, che garantivano la presenza di erbe, di bacche (gelsi, more, biancospino ecc.), di ghiande, ma anche di foglie ed erbaggi eduli. A questo proposito è opportuno segnalare, perché le cono scenze si sono affievolite nel tempo. l'importanza che nel pas sato ebbero le erbe eduli, sia per l'alimentazione umana, sia per la cura di numerose affezioni morbose/' La presenza del (Spoleto, 1989).Voi. 1 ".presso la sede l'acqua poi rendeva le rive dei fossi alberate o fiancheggiate da ilei Centro [italiano di stilili sull'alto cespugli il luogo ideale per la produzione di una varietà gran dissima di erbaggi fondamentali per la sopravvivenza, un vero e proprio giardino, quasi un succedaneo del ben noto hortus coiidusus, non solo per il "povero" del medioevo che vi pote va con facilità accedere per soddisfare le più elementari neces sità di sopravvivenza. medioevo],Spoleto: 281-327; Lepian te coltivate e la loro storia. 2001, a cura di O. Fai Ila e C Forni, l-'ran- eoAngeli. Milano; Amiiiiosoii ,VL. 1992Scienziati. contadini e proprietari : botanica e agricoltura nell'Europa occidentale. 1350-1850, Einaudi, l'orino. 38 Una speciale attenzione deve essere poi riservata al proces so di centuriazione, in quanto considerato l'atto iniziale, la base per il funzionamento e la parcellizzazione programmata e scien temente realizzata del territorio, come pure una qualche atten dibilità può essere concessa all'ipotesi che anche la piantata abbia tratto spunto da questa pratica. Lo schema base della centuriazione, assai diffuso nella pia nura padana, cioè "strada con i due l'ossi laterali", si diversifica a seconda dei casi e delle necessità in "capezzagna, fosso, capez zagna" oppure "capezzagna, fosso, fosso, capezzagna ". ed ancora "l'osso contornante l'appezzamento di terreno su quattro lati e due capezzagne su due o più Iati", ecc. A ben vedere il tracciato della centuriazione è, nella realtà, un aggregato di funzioni e significati che comprende: il segno di confine, lo spazio percorribile liberamente da tutti o da soggetti privilegiati, la sede e l'espressione di diritti collettivi e privati, il deflusso delle acque, l'originale incontro tra esigenze pubbliche e private, lo strumento più efficace per la bonifica del territorio e quindi per il controllo e la gestione delle acque, l'elemento determinante per la fertilità dei terreni nonché l'espressione palese di un nuovo assetto giuridico del territorio stesso, che non cancellava comunque il complesso significato religioso del l'ambiente, ma lo arricchiva della presenza attiva e colta del l'uomo. Questo approdo, maturato all'interno della cultura romana, potrebbe essere interpretato come l'intelligente evoluzione del concetto e della pratica delle operazioni di fondazione della città e, più in generale, degli insediamenti umani sul territorio, ma anche, con tutta probabilità, come il segno della progressiva esten sione dell'idea e della sostanza di città all'intero territorio dell'im pero, anche per il tramite delle operazioni di centuriazione.8 Se l'ipotesi è già stata ventilata, non pare che si sia ancora ' Cfr. ad es. Paoletti m.I... 1985 <--.ultimili i della centuriazione lussi, filari e strade, in:'Misurare la terra : centuriazione romano e coloni (Modena. nel mollilo 198.5-198 if. Panini. Modena: 261-267. L'idea di citta nel monito romano : l'evoluzione del pensiero politico di Roma. Le lettere. Firenze: 10. » Cfr. ad es. Duri O.A.W.. 1979 - Gli di Roma antica. Edagricole, Bologna, "' Cfr. ad es. Misurare la terra : cen turiazione romano e coloni (Modena. 1985. Panini, Modena. nel malizzato, da chi sia stato codificato ed infine giuridicamente definito.9 Tra gli aspetti conseguenti alla centuriazione ed importanti H Cfr. Stohoni Mazzolami I... 1994 - agrimensori pervenuti a chiarire tutte le modalità pratiche della maturazione dell'idea e dell'efficienza di questo assetto territoriale: in quan to tempo ed attraverso quali passaggi e tentativi esso si sia for inondo 1983-1984), per la storia del nostro ambiente, si potrebbe ricordare come la centuriazione, pur oscillante come dimensione dei lati (all'incir- ca 710x710 m),l() sia grossolanamente raffrontabile con i 50 ha (e con il suo doppio di 100 ha) che ancora in un passato non poi così lontano hanno costituito per la provincia cremonese una soglia di efficienza agraria significativa. A questo proposito si propone come curiosità la notizia che Achille Voghera - figlio dell'architetto cremonese Luigi Voghera podestà a Pieve San Giacomo, medico, chirurgo e ben noto per 39 la vocazione di architetto, nella seconda metà del XIX secolo si fece apprezzare, anche in concorsi di idee, per alcuni progetti di edifici rurali per poderi con queste stesse dimensioni.1 ' Non va poi dimenticato l'aspetto estetico rivestito da siepi e filari nella percezione del territorio, anche sotto il profilo rurale: aspetto questo che nella tradizione lombarda si estende sia alla forma sia alla resa delle culture. Che il territorio della pianura sia paragonabile ad un giardi no non è solo un'immagine letteraria, se anche docenti univer sitari di agronomia, come il Burger,'- nella prima metà del XIX secolo lo percepirono allo stesso modo dei letterati, come ad esempio Goethe. Sebbene l'idea di giardino sia mutata di epoca in epoca e non restino lutf oggi costanti né la sua conformazione né la sua com posizione di vegetali, tanto in relazione alla cultura dei singoli conduttori quanto a ciucila complessiva del territorio, non si può tuttavia negare che il concetto di giardino conservi una sua specificità. Nella determinazione del nostro atteggiamento nei confron ti dell'estetica del territorio, assumono poi un significato parti colare sia la siepe sia il filare, anche se tale percezione, a partire dal XVIII secolo, mutò di consistenza. 11 Cfr. RONCAI L, I990 - Le ligure pro fessionali dei familiari ed i loro rap porti con l'opera dell'architetto Luigi Voghera, in; "L'architetto Luigi Vbghera e il suo tempo", a cura di L. Roncai, Angeli, Milano: 75-91; RONCAI I... 1993 - Per uno studio della cascina cremonese nell'Ottocento, in: "Ottocento cremonese. 3". Turris. Cremona: 105-131. '-' Cfr. BURGER C... 1843 - Agricoltura del Regno l.omlmrdo-Veneto. dalla tipografia Motta ora ili M. Carrara. Milano. Trattasi della prima edizione italiana della relazione che l'agrono mo carinziano pubblicò in patria 11 riscontro di questa affermazione è ben ravvisabile, ad esempio, nella politica agraria pensata ed auspicata dal gruppo di intellettuali milanesi più noti con la denominazione di "rifor matori del Caffè". Secondo la loro visione il parametro di rife rimento relativo sia alla produttività agricola pensata ai massi mi livelli per le conoscenze dell'epoca,sia all'idea di arte este ticamente positiva, trovava riscontro nei valori connessi al "giardino ".'-^ Questa impostazione, realizzata in una prospettiva che per molti aspetti prolunga i suoi ultimi effetti nell'oggi, si invera nella trama dei filari di alberi e di siepi, rete di percorsi suffi cienti ad alimentare e proteggere la fauna che può muoversi, con relativa sicurezza, tra punti privilegiati, come nel passato Io erano i boschi e al presente i giardini. viaggio Se è opportuno ribadire che la base di questo sistema ha nell'Italia superiore, avvenuto nel 1828, con l'intento di raccogliere costituito la trama su cui si sono orditi gli infittimenti successivi tutti gli elementi statistici inerenti e che la consistenza delle essenze arboree ha rappresentato l'a spetto più percepibile del suo disegno, è ancora vero che ciue all'indomani ilei suo t'argomento:dell'imponente massa di dati raccolti, la traduzione italiana è relativa solo all'agricoltura. '•* Li letteratura sul tenia è cospicua; si propone la consultazione di Assunto R., 1982 - L'esteticità del pae saggio teresiano in Lombardia e la dialettica del giardino illuminista, in: "Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell'eia ili Maria Teresa. Voi.2", Il mulino, Bologna: 578-630. IO sto sistema si è evoluto nel tempo in qualità e forma. Anche ora questa struttura continua ad evolvere e ad affasci nare; la nostra presenza in questa circostanza ne è palese testi monianza, sebbene si accompagni alla sensazione profonda (se non addirittura all'angoscia per la sensibilità di qualcuno) cheessa abbia imboccato la via che porla alla cessazione della sua funzionalità, decretandone la definitiva scomparsa. Con questo spirito si intende formulare qualche considera zione finale. Occorrerà: a) esaminare con attenzione le motiva zioni dell'attuale situazione di progressivo decadimento dell'im portanza di queste associazioni arboree, le loro caratteristiche, le condizioni tanto negative quanto positive, che ne possano favo rire la sopravvivenza: b) ritenere che la complessità del sistema non consentirà a breve di individuare una soluzione definitiva, in quanto,come sempre, la validità degli interventi sul territorio dovrà essere verificata su un arco temporale esteso ben oltre la cadenza generazionale: e) considerare che questo sistema, pur così importante, anche per essere una delle espressioni più ori ginali e longeve della cultura romana ed europea, non è l'unico valido tra quelli elaborati nel tempo all'interno delle molteplici realtà culturali ed ambientali del pianeta; pertanto potrebbe essere accettabile una sua evoluzione ed adeguamento a mutate esigenze; d) valutare con attenzione i risvolti pratici, tra i quali "AI termine desidero esprimere i pili sinceri ringraziamenti alle professo resse Graziella Cotmuto Zanella e Mari i Cri/n C-.i\ ili i pir i preziosi suggerimenti. anche quelli relativi alla qualità degli operatori e al soddisfaci mento dell'esigenza diffusa che ritiene utile e decisiva, per la sal vaguardia di questo specifico ambiente, la sua museifìcazione. In ultima analisi pare di percepire che la trasformazione, quando e come avverrà, sarà certamente costata molto e soprattutto sarà costata una faticosa e complessa mutazione nella nostra perce zione dell'ambiente.1 ' 41 Sessione naturalistica PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/200.5 p. Ì5-52 Evoluzione delle aree verdi extraurbane del comune di Pavia Andrea Ricci * Riassunto L'indagine evidenzia le variazioni quantitative degli elementi verdi extraurbani del comune di Pavia, intervenute negli ultimi 25 anni. In generale la riduzione del verde è del 40%. The sttidy shoivs the quantitative chunges of the extraurSummary ban green elements in the town of Pavia in the lasl 25 years. Generali)' the reduciioti of the green elements is of 40%. Introduzione aree verdi del comune di Pavia nel 1974 e finalizzati alla stesura Nel 1976 vennero pubblicati i risultati di studi svolti nelle del nuovo Piano Regolatore Comunale (Bai.duzzi et al. 1976). Per l'occasione venne anche pubblicata una carta riassuntiva (Tav. 1) della dotazione di verde "spontaneo "(filari, siepi, boschetti) pre sente sul territorio comunale al di fuori del perimetro urbano. Nel 2000, prendendo come base la carta a suo tempo redat ta e gli studi fatti negli anni '70. venne realizzata un'indagine sullo stesso tema per evidenziare i cambiamenti avvenuti. L'indagine ha portato: - alla valutazione della consistenza e delle caratteristiche degli attuali elementi di vegetazione presenti nel territorio; - alla comparazione georeferenziata delle variazioni intervenute negli ultimi 25 anni. L'area di studio coincide con il comune di Pavia, fatta esclu Area di studio sione per l'area del Parco della Vcrnavola ove in forza della pro tezione esistente non erano prevedibili variazioni significative. "Via Piemonte 5 - 1-27028 San Martino Siccomario (l'V). E-mail: rcc_anilrea@hotmail.com 45 II comune di Pavia copre un'area di circa 63.450 km2 ed è attraversato da due corsi d'acqua naturali, il fiume Ticino e la Vernavola, dal Naviglio Grande tangente al nucleo storico del comune, da un buon numero di rogge con acqua costante tutto l'anno e da una fitta rete di canali irrigui con acqua nei periodi estivi. Il comune di Pavia è posto nella bassa pianura padana e pre senta un clima di tipo ipomesaxerico caratterizzato da una falda freatica superficiale che modifica l'umidità atmosferica e com pensa soprattutto d'estate la relativa scarsità di precipitazioni (ToviASia.i.i et al. 1973). L'area comunale si estende in parte sul piano generale ter razzato della pianura e in parte lungo la scarpata e il fondovalle della valle a cassetta del fiume Ticino. 1 terreni sono tutti di ori gine alluvionale e presentano tracce evidenti di alvei più o meno recenti lungo i quali talora sono presenti rogge o canali o comunque terreni agricoli caratterizzati da un'umidità elevata. Nelle immediate vicinanze del perimetro comunale è anche presente un'area forestale, relitto delle pianure del passato. inquadrabile nei tipi dei querco-ulmeti di proprietà del Comune di Pavia. Quest'area, chiamata Riserva naturale Giuseppe Negri, costituisce un riferimento importante dal punto di vista scienti fico ma anche un caposaldo prezioso per l'individuazione delle espressioni finali del dinamismo naturale della vegetazione. Comunque, sul piano generale terrazzato la vegetazione potenziale dovrebbe essere ascrivibile ai tipi dei querco-carpineti mentre sul fondo della valle delTicino a quelli dei quercoulmeti. Ovviamente in correlazione con una presenza più o meno abbondante di acqua nel suolo - che trova la massima espres sione nelle rogge, nei canali e nei fiumi - si riscontrano le zona zioni classiche proprie di questi ambienti (Pirola 1968). Attualmente il suolo comunale è occupato da aree urbanizzate o da coltivazioni. Le espressioni di vegetazione, oggetto del pre sente studio, sono concentrate in aree più o meno marginali, ovvero lungo elementi ad andamento più o meno lineare quali strade secondarie, confini di proprietà, canali, rogge, fossi e pic cole scarpale. Per lo studio sono state utilizzate la Carta del verde del Materiali e metodi comune di Pavia pubblicata nel 1976 (Baldiizzi et al. 1976) e la Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 redatta sulla base del volo 1994. Per razionalizzare la distribuzione geografica degli elementi riscontrati il territorio è slato suddiviso in quadrati di 1 km- cadauno all'interno del quale sono stati riportati i dati quantitativi ricavati dalla carta storica di riferimento.All'interno 46 lav. 1: Carta del verde del comune di Pavia (da Baldi zzi et al. 1976). ->4 Legenda: 1) coltiva/ioni agricole erbacee (campi, marcile, prati, risaie); 2) boschi (anche degradati); 3a) pioppi cinoamcricani a pieno campo; 3h) idem, in filari; •i) formazioni riparlali con prevalenza di arbusti; t) alberi in filari (esclusi fruttiferi e pioppi); 6) orti e frutteti; 7) parchi e giardini; 8) altre aree aniropizzatc (cave, incolli, ecc.). Colcazine terioale di ogni riquadro sono stati confrontati il dato storico e quello recente relativamente alle dimensioni lineari (medie) o per superficie di ogni singolo elemento. Per il rilievo è stata utilizza ta la scheda riprodotta nella figura 1. codice identificativo sottobosco/sottochioma siepe tu e siepe alberata N -^ filare regolare filare irregolare CU cortina o • l-< t '•m ti <U s <u m u '•t-> 75 •— U o albero isolato macchia altezza media dell'elemento di vegetazione [m| diametro medio dell'elemento di vegetazione |m| distanza media tra i singoli alberi, nell'elemento di vegetazione [m| distanza massima tra i singoli alberi, nell'elemento di vegetazione [m| lunghezza dell'elemento di vegetazione lineare |m ] area dell'elemento di vegetazione macchia [m2] specie dominante n. alberi specie dominantealtezza massima della specie dominante [m] diametro massimo della specie dominante [m] specie compagna • •»« •M 0 n. alberi della specie compagna altezza massima della specie compagna |m| diametro massimo della specie compagna [m| roggia fosso pioppeto coltivo in rotazione sentiero strada con pavimentazione elementi architettonici prato note Fig. I: scheda di rilevamento. 48 Alcune voci della scheda hanno un significato evidente, men tre altre sono di seguito illustrate: codice identificativo: è l'elemento che permette di collegare i dati descrittivi presenti nella scheda con la localizzazione geo grafica del punto, in quanto questo stesso codice è riportato sulle carte utilizzate; sottobosco o sottochioma: indica la presenza, al di sotto della vegetazione arborea ed arbustiva.di vegetazione erbacea; siepe: si intende una disposizione lungo una direzione prefe renziale di clementi vegetali che presentano un'altezza inferiore a cinque metri ed una larghezza pari a circa due metri; gli ele menti sono posti gli uni accanto agli altri,in modo da creare un insieme quasi invalicabile; siepe alberata: rappresenta un termine di passaggio tra la siepe e la cortina essendo essenzialmente costituito da elementi vege tali che presentano un'altezza inferiore ai cinque metri, ma anche da alcune forme più propriamente arboree; filare: si intende una disposizione regolare di elementi vegetali, separati fra loro da una distanza che può essere costante oppu re no.In base a questa distinzione i filari vengono classificati in: - l'ilari regolari caratterizzati da una distanza costante tra gli ele menti vegetali; - filari irregolari caratterizzati da distanze fra gli elementi vege tali che variano di volta in volta; cortina: è simile ad una siepe, presenta tuttavia una larghezza maggiore ed un'altezza superiore ai cinque metri; macchia: è un'area occupata da elementi vegetali che si esten de sia in larghezza che in lunghezza; collocazione territoriale: è stato segnalato a quale elemento del territorio si appoggiano gli elementi di vegetazione conside rati; ovviamente ci possono essere più combinazioni di quelle proposte; note: sono state riportate, quando individuabili, le cause dei cam biamenti verificatisi rispetto alla cartografia storica di riferimento. Conclusioni Sono sinteticamente esposti ivalori relativi ai principali para metri rilevali. Per quanto riguarda le dimensioni degli elementi di vegetazione (siepe, siepe alberata, filare regolare, filare irrego lare, cortina) in tutto il territorio comunale (Fig. 2). si nota chia ramente quanto l'elemento cortina sia maggiormente presente rispetto agli altri; segue l'elemento filare regolare. Per quanto riguarda i dati floristici sulle specie dominanti, la piti diffiisa nell'intero territorio del comune di Pavia è Robinia pseudoacacia, seguita da Quercus robur; l'altezza massima, 16 metri, e raggiunta da un esemplare di Salix alba; il diametro massimo è di 1metro raggiunto da almeno 15 esemplari appar ii siepe 14 811 me'.n Fig. 2: estensione degli elementi di vegetazione relativi all'anno 2000. tenenti per lo più al genere Populus. Per quanto riguarda le specie compagne, sono per lo più rap presentate da Robinia pseudoacacia, seguita da Morus alba; l'altezza massima, 14 metri, è raggiunta da un esemplare di Robiniapseudoacacia, mentre il diametro massimo, 1,20 metri, si riscontra in un esemplare di Aesctiltts hippocastanum. Per quanto attiene la collocazione territoriale (Fig. 3), si nota come gli elementi di vegetazione attuali siano spesso associati in primo luogo a coltivi in rotazione (28%) e in secondo luogo a fossi (20%). strada con pavimentazione elementi architettonici coltivo in rotazione 28% Fig. 3: collocazione territoriale. 50 Infine, per quanto riguarda il confronto tra la situazione del 2000 e quella relativa al 1974 (Fig.4), si osserva chiaramente che nel territorio del comune di Pavia vi è stata un'estesa distruzio ne a carico degli elementi verdi, tale da portare ad una riduzio ne di circa il 40% del patrimonio vegetale. estensione totale degli elementi di vegetazione nel 2000 121.712 metri estensione totale degli elementi di 206.935 metri vegetazione nel 1974 differenza tra attuali e passate 83.233 metri percentuale di verde conservatosi 59% Fig. 4: confronto tra la situazione del 2000 e quella del 1974. Le variazioni intervenute hanno avuto una distribuzione spa ziale diffusa, facendo riferimento alla mappa del comune di Pavia (Tav. 2) è possibile ipotizzarne le cause che sono sostan zialmente di due tipi: y^\~ S^—^^—^ M m L —— 1 H é , ? 7 G ! AR EAURB-* >>NA ^ F E Percentuale di soprawiv enza | >100% D •i 76-100% 0-15°/ 1 *^\ 16-75 «K> C 1 '? Tirino. _ : BCDEFGHI &-" -v^-A \ '• 1 1 1 LMNO Tav. 2: percentuale di sopravvivenza degli elementi riscontrati nel 1974. 51 - espansione dell'area urbana (quadranti EH, (ìli, GL); - estensione dell'area coltivata (quadranti CU, DH, DI., HE, LiVfNII). Èda sottolineare tuttavia l'aumento, in alcuni quadranti, degli elementi di vegetazione; tali incrementi sono sostanzialmente riconducibili a due fattori: - abbandono dell'agricoltura legata ad un impoverimento dei campi (quadranti CG. CI, DM, EE, EM, FI), LE, LF, NE); - incentivi comunitari per la realizzazione di siepi e filari (qua dranti LI.LL). Bibliografìa Bai.duzzi A., FlUPELLO S., Sartori E & Tomashlli R., 1976 - Le aree verdi extraurbane del comune di Pavia, Atti Isl. boi. Univ. lab. crittogani. Pavia, 6 (11): 3-20. Brimmiit R.K. &. Powhi.i. CE., 1992 - Authors of plani iiaiues. Royal Botanic Gardens, Kevv. Flora europaea, 1964-1980, editeci by T.G. Tulin ... \et al.], Cambridge University Press, Cambridge. Picnaiti S., 1982 - Plora d'Italia, Edagricole. Bologna. Pirola A., 1968 - Appunti sulla vegetazione dei meandri del Ticino, Not Soc. Hai. Pitosocio/., 5: 1-23. Tomasbuj R., Bai.duzzi A. & Fiupello S., 1973 - Carta bioclimati ca d'Italia, Ministero Agricoltura e Foreste. Roma. 52 PIANURA - Scienze*e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 53-61 Evoluzione recente di ambienti extraurbani nella pianura padana centrale. Aspetti faunistici: l'esempio di Cremona Riccardo Groppali * Riassunto È stata quantificata nel corso di 22 anni la presenza di siepi e filari in un territorio ampio 2.430 ettari a sud della città di Cremona. Iniziati nel 1980, gli studi sono stati poi ripetuti nel 1989, nel 1997 e infine nel 2002 permettendo di valutare la per dita del 44,9% dei filari e del 44,1% delle siepi e dei filari radi. Nell'area di studio tale alterazione paesaggistica non ha ancora avuto rallentamenti nella velocità di distruzione degli elementi più importanti per la fauna degli agroecosistemi. /;/ a period of 22 yeurs the presence of hedges and tree Summary roivs, in a 2.430 hedares area sotith of Cremona (northern Italy), ivas cpiantified. Iìeginning from 1980. and Ihen repeated in 1989, in 1997 and again in 2002, the studies allowed to evaluate the remova/ of 44,9%' of tree rotvs and 44,1%, of hedges and thin tree roivs. In the studied area the quickness of sttch landscape alteration has noi yet sloived, destroying the most imporlant elements for the fauna in agroecosystems. Introduzione Allo scopo di approfondire l'aspetto della velocità di trasfor mazione ambientale dei territori della Valpadana centrale è stato effettuato nel 2002 un terzo riscontro nell'area del Parco cre monese del Po, ampio 2.430 ettari nella sua prima definizione territoriale e già studiato in precedenza (Groppai.i 1990, 1999a) nella sua dotazione naturalistica soprattutto arboreo-arbustiva, esistente al margine dei coltivi. I dati di base risalgono al 1980. mentre i rilievi di confronto sono stati effettuati a distanza di 9, 17 e 22 anni, rispettivamente nel 1989, nel 1997 e nel 2002. * Università di Pavia, Dipartimenti) di teologia del territorio. Laboratorio di Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio 1 i - 127100 Pavia. E-mail: groppali'"et.unipv.it 53 In questo modo è stato possibile rilevare il progressivo (e a tulf oggi inarrestabile) impoverimento di siepi-filari, contrastato - seppure in termini completamente differenti dal punto di vista ambientale - dall'impianto di ampie aree verdi (in parte destina te anche alla fruizione), di alcuni boschi produttivi di essenze pregiate e. infine, di fasce arboreo-arbustivc poste al margine di insediamenti industriali. Di conseguenza si sono potute ipotiz zare le ricadute sulla componente faunistica dell'ambiente col tivato, che costituisce la quasi totalità dell'area studiala. Ambito di studio: il Parco cremonese del Po Non sono probabilmente molti gli ambili territoriali di ampie dimensioni propri della Valpadana centrale in condizione di offrire la possibilità di effettuare confronti successivi relativi alle trasformazioni subile lungo un arco temporale sufficientemente lungo. Un buon esempio a questo proposito è costituito, invece, dal Parco cremonese del Po, studiato in modo dettagliato a par tire dal 1980 e poi in anni successivi (con l'ultima indagine ese guita nel 2002, ben 22 anni dopo il primo rilievo completo), ampio 2.430 ettari, che includono alcuni degli ambienti più rappresentativi della Valpadana interna. L'area definita da una proposta di tutela nel Piano Regolatore Generale del Comune di Cremona è stata studiata nelle sue com ponenti ambientali per la prima volta nel 1980 (Groppali 1985) quando mostrava l'articolazione seguente: - aree di pregio naturalistico (10% del territorio): corsi d'acqua minori (Morbasco e Morta), piccole zone umide e tratti boscati e cespugliati, con fauna sufficientemente ricca e varia, come dimostra la check-list ornitologica del Morbasco, forte di ben 1 19 specie (Groppai.i 1989, 1995); - golena del Po (25% del territorio): tra sponda del fiume e argi ne maestro, coltivata in parte a pioppeto razionale e con alcune aree di pregio naturalistico, arricchite a livello faunistico dalla vicinanza al corso del Po; - periferia urbana (17% del territorio): coltivi di estensione ridot ta al margine della città e in aree interstiziali della periferia ester na, con ricchezza faunistica determinata dalla compresenza di specie "urbane" e di fauna tipica dei coltivi; - coltivi (48% del territorio): campi di dimensioni da medie a grandi a coltivazione intensiva, con predominanza della maiscoltura, con presenza di latina interessante soltanto nei trat ti meglio conservati. Il confronto della dotazione ambientale (aree boscate, zone umide, siepi-filari) in anni di studio successivi (tra 1980 e 1989. 1997 e 2002) è stato perciò effettuato in differenti tipologie ter ritoriali e paesaggistiche, che possono essere considerate suffi cientemente rappresentative della porzione della pianura pada na centrale non occupata da insediamenti. 54 Eliminazione di siepi e filari nel Parco cremonese del Po Essendo poco diffusa la siepe vera e propria nell'area studia ta, è sembrato più opportuno suddividere le tipologie relative alla dotazione arboreo-arbustiva dei margini dei coltivi in filari arborei fìtti e filari radi e siepi. Nel corso dei primi 9 anni di indagine (1980-1989) sono stati eliminati, nelle differenti aree che costituiscono il Parco (Groppali 1990): - aree di pregio naturalistico: 14% dei filari e 11,2% dei filari radi e siepi; - golena del Po: 11,2% dei filari e 28,2%) dei filari radi e siepi; - periferia urbana: 5,4%. dei filari e 23.6% dei filari radi e siepi; - coltivi: 33% dei filari e 36% dei filari radi e siepi. Complessivamente tra il 1980 e il 1989 i filari sono passati da 27.975 a 23-175 metri di estensione, con una perdita pari al 17,2%, mentre filari radi e siepi sono passati da 22.389 a 15.589 metri, con una perdita pari al 30.4%. Nel corso dei successivi 8 anni (1989-1997) è stato possibile effettuare il seguente computo quantitativo, nelle differenti aree che costituiscono il Parco (Groppai.i I999a): - aree di pregio naturalistico: eliminazione di 545 m di filari e di 60 m di filari radi e siepi: - golena del Po: eliminazione di 435 m di filari e di 1.340 m di filari radi e siepi; - periferia urbana: eliminazione di 515 m di filari e di 215 m di filari radi e siepi; - coltivi: eliminazione di 1.945 m di filari e di 1.420 m di filari radi e siepi. Complessivamente tra il 1989 e il 1997 i filari sono passati da 23.175 a 19.735 metri di estensione, con una perdita pari al 14,8%, mentre filari radi e siepi sono passati da 15.589 a 12.555 metri, con una perdita pari al 19,5%. Nel corso dei successivi 5 anni (1997-2002) è stato possibile effettuare il seguente computo quantitativo, nelle differenti aree che costituiscono il Parco: - aree di pregio naturalistico: eliminazione di 110 m di filari e di 40 m di filari radi e siepi: - golena del Po: eliminazione di 975 m di filari e di 825 m di fila ri radi e siepi; - periferia urbana: eliminazione di 550 m di filari e di 525 m di filari radi e siepi; - coltivi: eliminazione di 515 m di filari e di 1.290 m di filari radi e siepi. Complessivamente tra il 1997 e il 2002 i filari sono passati da 19-735 a 17.585 metri di estensione, con una perdita pari al 10,9%, mentre filari radi e siepi sono passati da 12.555 a 9.875 metri, con una perdita pari al 21,3%. Ogni periodo preso in considerazione ha dunque visto l'eli- 55 minazione di lunghezze elevate della dotazione arboreo-arbusti- va dei margini dei coltivi, anche considerando le poche nuove realizzazioni che hanno, in minima parte, ridotto le perdite nette: in particolare tra il 1980 e il 1989 sono stati eliminati 4.800 metri di filari e 6.800 metri di filari radi e siepi, tra il 1989 e il 1997 rispettivamente 3.440 e 3-034 metri, e infine tra il 1997 e il 2002 rispettivamente 2.150 e 2.680 metri (Fig. 1). Nei 22 anni compresi tra il 1980 e il 2002 sono andati perduti in totale 15.420 metri di filari e 12.514 metri di filari radi e siepi. 01980 • 1989 • 1997 • 2002 30000 -, filari filari radi e siepi Fig. I: andamento delle lunghezze complessive (in metri) dei l'ilari e dei (ìlari radi e siepi nei 2.430 ettari del Parco cremonese del Po tra il 1980 e il 2002. Volendo valutare le percentuali di eliminazione del patrimo nio costituito dalla vegetazione legnosa dei margini dei coltivi,si possono notare un decremento del tasso di eliminazione per quanto riguarda i filari (eliminati per il 17,2% della dotazione precedente tra il 1980 e il 1989, per il 14,2% tra il 1989 e il 1997 e per il 10,9%tra il 1997 e il 2002) e valori difformi per filari radi e siepi (eliminati rispettivamente per il 30,4%, per il 19,5% e per il 21,3%; fig. 2). In complesso comunque, negli ultimi 22 anni di gestione ambientale del Parco cremonese del Po, è stato eliminalo il 44,9% dei filari e il 44,1% delle siepi e filari radi. velocità di eliminazione di siepi e filari Può essere interessante valutare la velocità di eliminazione della dotazione arboreo-arbustiva dei margini dei coltivi nel Parco cremonese del Po. ricorrendo al calcolo di un tasso teorico di ridu zione annua di filari e siepi, con i seguenti risultati per i filari: - riduzione annua tra il 1980 e il 1989: 1,9%; - riduzione annua tra il 1989 e il 1997: 1,8%; - riduzione annua tra il 1997 e il 2002: 2,2%. 56 Per filari radi e siepi invece la quantificazione è la seguente: - riduzione annua tra il 1980 e il 1989: 3,4%; - riduzione annua tra il 1989 e il 1997: 2,6%; - riduzione annua tra il 1997 e il 2002:4,2%. m 1980-1989 • 1989-1997 • 1997-2002 35-] 30- s y / 25- / 20- y 15- / /• / S\ y y , ? _ ~A 10. 5/ 0 filari filari radi e siepi Fig. 2: tasso di eliminazione (in percentuale rispetto alla dotazione pre cedente) dei filari e dei lìlari radi e siepi nei 2.430 ettari del Parco cre monese del Po tra il 1980 e il 2002. Oltre a un'evidente accelerazione del fenomeno nel corso degli ultimi anni, più marcata per filari radi e siepi, tali dati - sep pure calcolati a livello teorico - dimostrano che l'eliminazione di alberi e arbusti tra campi è tutfaltro che terminata e che (dopo un'apparente stasi negli anni tra il 1989 e il 1997) la cancella zione di tale dotazione è ripresa con grande efficacia nell'intero territorio del Parco cremonese del Po (Fig. 3)- 1980-1989 • 1989-1997 • 1997-2002 / 7T s. filari y filari radi e siepi Fig. 3: tasso annuo teorico di eliminazione (in percentuale rispetto alla dotazione precedente) dei filari e dei filari radi e siepi nei 2.430 ettari del Parco cremonese del Po tra il 1980 e il 2002. 57 Deve essere quindi corretta un'ipotesi fatta in precedenza (Groppai.i 1999a), secondo la quale la riduzione di velocità di eli minazione della dotazione legnosa dei coltivi - allora individuata avrebbe segnalato il raggiungimento di una sorta di limite fisiolo gico del processo, a causa degli oneri sempre maggiori richiesti per il completamento dell'opera, che ne avrebbero determinato il rallentamento. Infatti, come peraltro suggerito nel medesimo lavo ro, in altre situazioni italiane (ed europee) esistono numerosi ampi territori coltivati del tutto privi di siepi e filari, perfettamen te produttivi (quanto meno secondo i criteri correnti). Secondo i dati presentati in differenti indagini ornitologiche Ricadute faunistiche eseguite in Europa (O'Con.nor ci Suri ms 1986; Pfistlr et al. 1986; PimoNEN et al 1985; Pons 1980; Schiàpfer 1988; Tucker 1989), la dotazione ottimale di siepi-filari, in grado di garantire le massime densità e varietà ornitichc negli ambienti coltivati, è stata valutata in non meno di 60-80 metri per ettaro. Tale dotazione complessiva (accorpando filari con lìlari radi e siepi) per il Parco cremonese del Po è stata stimata in: - 1980:50.364 - 1989:38.764 - 1997:32.290 - 2002: 27.460 m,pari m.pari m,pari m, pari a a a a 20,7 15,9 13,3 11,3 m/ha; m/ha: m/ha; m/ha. Partendo quindi da una situazione valutabile già nel primo studio (1980) come di forte povertà ambientale riguardo a tale aspetto (con circa 1/3 della dotazione definita come minima per valori ottimali di avifauna), le eliminazioni hanno proceduto a ritmo serrato, portando all'attuale presenza di solo 11,3 metri di vegetazione legnosa organizzata linearmente per ogni ettaro (10.000 mq) di campi coltivati (Fig. 4). 1980 • 1989 • 1997 • 2002 zt 2 y_y siepi e filari Fig. 4: quantità complessiva di siepi e filari (in metri) per ettaro nel Parco cremonese del Po (2.430 ha) tra il 1980 e il 2002. 58 Risulta pertanto evidente come ogni ulteriore impoverimen to di un patrimonio già in origine ridotto (o meglio insufficien te dal punto di vista faunistico) sia in grado di provocare pesan ti ricadute. Tali effetti sono difficilmente valutabili esaminando nel loro complesso vasti territori, in quanto non tutte le specie presenti hanno la medesima sensibilità riguardo al fenomeno in oggetto e soprattutto resistono per lungo tempo aree meno degradate, nelle quali possono sopravvivere - seppure con con tingenti ridotti - alcune specie con accettabili potenzialità bioindicatrici. Una parziale idea delle ricadute ornitologiche della scarsità di siepi-filari nell'ambiente agricolo centropadano può derivarc ela! confronto tra i dati ottenuti in precedenti indagini, eseguite ciascuna in 0.25 kmq con sopralluoghi mensili nel corso di un anno, menzionate in un recente lavoro (Groppai.i 2000; tab. 1). m/ha di siepe-filare n. specie n. esemplari 72.9 52 2.456 2".4 ?2 666 12.8 41 498 0,2 26 517 0 13 182 Tab. 1: presenze ornitiche (con numeri di specie e di esemplari rilevati posati o in sorvolo basso nel corso di sopralluoghi mensili per un anno) in differenti territori ampi 0,25 kmq della Valpadana nelle province di Cremona e Piacenza, rapportate alla lunghezza complessiva in metri di siepi-filari presenti per ettaro di ambiente coltivalo. E quindi immediatamente evidente che alla scarsità di ele menti arboreo-arbustivi tra i coltivi corrisponde in modo diretto un'altrettanto forte povertà di fauna, passando da 52 a 13 specie differenti dall'ambiente meglio dotato a quello privo di tale componente e rispettivamente da 2.456 a 182 esemplari osser vati (con sopralluoghi mensili per un anno). Inoltre deve essere fatta una valutazione qualitativa,conside rando che in una parte non indifferente della dotazione residua di siepi e filari nel Parco cremonese del Po è stata eliminata la componente arbustiva. con numerosi casi di filari completa mente privati dei cespugli al piede degli alberi, 'l'ale modello gestionale non sembrerebbe giustificato dalla presunta facilita zione rispetto all'impiego di macchine per la pulizia dei fossi, in quanto si tratta quasi sempre di filari posti su un solo lato dei corpi idrici agrari, ma semplicemente in preparazione di un pro babile taglio successivo degli alberi. Sembrerebbe quindi ripe tersi la trasformazione, già osservata in precedenza, della vege tazione legnosa collocata tra i coltivi (Groppai.i 1999a), con il mantenimento, dapprima, dei soli alberi isolati appartenenti in 59 precedenza a filari fìtti con ricca dotazione di arbusti, seguito dalla loro eliminazione in anni successivi.A parte questo rischio, va comunque tenuta in considerazione la maggior povertà fau nistica di lìlari radi arborei rispetto a siepi miste con alberi, rile vata anche in territori coltivali della Valpadana centrale (Groppali 1993.1994). Considerazioni conclusive Il quadro complessivo che emerge dall'indagine eseguita nel 2002 nell'area del Parco cremonese del Po, che può essere presa come un esempio della situazione territoriale della Valpadana centrale, è quindi tutf altro che confortante, soprattutto consi derando che proprio nell'ambiente agricolo si trova il maggior numero di specie ornitiche minacciate in Europa, rilevando, oltretutto, che la minaccia cui queste sono attualmente sottopo ste consiste nell'ulteriore intensificazione delle pratiche gestio nali (IIi-atii 1995) e che siepi e lìlari sono in grado di determi nare in modo diretto il numero di uccelli presenti negli agroe cosistemi (Lack 1992). Tra l'altro nei 2.430 ettari oggetto di studio si è verificata tra il 1997 e il 2002 una situazione curiosa, poiché mentre prose guiva l'eliminazione della dotazione arboreo-arbustiva di siepi e filari da parte degli imprenditori agricoli dell'area, per contro avveniva l'impianto di alcuni di questi elementi al margine di insediamenti pubblici o privali, unito all'attuazione di numerosi pro getti di riqualificazione ambientale operati dall'Amministrazione comunale. Per ricordare soltanto i maggiori interventi nell'area del Parco, vanno menzionati il cosiddetto "Bosco-filtro Tamoil" (64.000 mq circa) tra il corso del Morbasco e la tangenziale, il rimboschimento dell'area tra le Colonie Padane e la lanca "Livrini'del Po (92.000 mq circa), il "Parco del Lugo" (30.000 mq circa, con aree palustri), il "Bosco della Badia" di Cavatigozzi (1 1.000 mq circa), il "Bosco del Morbasco" al Costone (7.000 mq circa), le quattro piccole paludi lungo il Morbasco (Groppai.i 1999b) e l'inizio della realizzazione del "Bosco Arvedi" presso Cavatigozzi (per circa 15.000 mq) e del "Bosco-filtro "del termo combustore. Tale modello - se confermato anche nel futuro - potrà por tare ad alcuni interessanti nuclei di vegetazione ricostruiti o ben conservati (anche se in parte sottoposti a forte frequenta zione o prossimi a elementi disturbanti a livello ambientale) che, tuttavia, rimarranno separati tra loro a causa dell'interru zione della trama dei l'ilari e delle siepi, che dovrebbero invece costituire gli elementi connettivi minori, ma indispensabili, delle reti ecologiche di pianura. 60 GROPPALI R., 1985 - Indagine ecologico-naturalistica,in: "Parco del ìDiiogratia l>() . sluc|j e proposte", Comune di Cremona, Assessorato all'Urbanistica di piano. Cremona: 63-202. Groppali R.. 1989 - Check-list degli uccelli del Morbasco (pro vincia di Cremona), Pianura, 2 ( 1988): 65-67. Groppali R., 1990 - Distruzione di elementi naturalistici e pae saggistici nella Valpadana interna : l'esempio di Cremona negli anni dal 1980 al 1989,Monti e boschi, 6: 14-16. 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Tt'CKi-R (ì.M., 1989 -The winter farmland hedgerow survey : a preliminary report, BTO News, 164: 14-15. 61 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 63-75 Siepi e filari nella Rete ecologica provinciale di Cremona Riccardo Groppali * Riassunto Sumniary Viene presentata la Rete ecologica provinciale di Cremona, per valutare l'importanza di siepi e filari nel collegamento tra elementi di maggior importanza (fiumi e loro sponde, grandi aree boscate, scarpate alberate). I corridoi ecologici di progetto sono accompagnati da aree di potenziamento, costituite da agroecosistemi ben conservati: al proposito viene dimostrato che le aree migliori per la fauna sono costituite da coltivi ricchi di siepi, filari e corsi d'acqua. Vengono anche presentate propo ste per il recupero di elementi artificiali e di periferie urbane, e casi di studio rappresentativi dell'intero territorio provinciale. Ecologica! network of the province of Cremona is presented, in order to evaluate the importance of hedges and tree rows in connecting elements ofhigher importance (rivers and their banks. wood/ands, woodeci slopes). The projecled ecolo- gicul corridors are accompanied by "strengtheniiig areas". coitsisling of well preserved agroecosystems: on this subject is demoiistraled thal the bestfaiinai places arefie/ds rich in hed ges, tree rows and water cotirses. Proposals about recovery of arlificial elements and urban peripheries, and case studies representing the tvho/e territory of the province are a/so presented. Introduzione Fino a un passato piuttosto recente non esisteva di fatto il problema dell'isolamento tra loro di ambienti in buone condi zioni di conservazione, in quanto ogni territorio ospitava una * Università di Pavia. Dipartimento di neologia del territorio. Laboratorio di Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio li - I2" 100 Pavia. li-mail: groppaIi«"et.unipv.it 63 fitta rete di elementi minori che li collegavano con sufficiente continuità spaziale; inoltre quasi tutte le soluzioni di continuità erano facilmente valicabili da gran parte delle specie viventi. Dal più recente ulteriore progresso deli'antropizzazionc del paesag gio è invece derivata - in territori sempre più vasti - la difficoltà di scambio tra gli esseri viventi nei residui clementi naturaliformi,ormai circondati da distese sempre più vaste - e quindi quasi invalicabili - di ambienti inospitali (Reti ecologiche ... 1999; Mader 1984; Scoccianti & Ferri 2000). Per questo motivo è diventato necessario e urgente ipotizza re la conservazione e/o la creazione di una serie di corridoi eco logici, collegali tra loro a formare reti ecologiche, che mettano e mantengano in comunicazione le aree meglio conservate e gli altri ambienti, seppur di minor pregio, presenti in vasti territori (Malcev seni et al. 1996). La frammentazione degli habitat costi tuisce, infatti, una minaccia diretta per la sopravvivenza di nume rose specie e ne provoca spesso l'estinzione locale, preliminare a quella totale. E però ovvio che nessun corridoio ecologico può essere adatto in ugual misura al transito e alla sosta di tutte le specie presenti e cit) comporta precise scelte progettuali iniziali (Recupero ... 2001): l'attenzione deve quindi essere focalizzala sulle specie più importanti dal punto di vista conservazionisiico, ivi inclusa la fauna invertebrata (New 1995). Nel tentativo però di ottimizzarne la progettazione e la successiva realizzazio ne i corridoi ecologici dovrebbero poggiare quanto meno sui due elementi più importanti normalmente presenti in aree for temente antropizzate, cioè i corpi idrici a basso grado di conta minazione e le fasce o i nuclei arboreo-arbustivi incolti. Intervenendo infatti di preferenza - nelle aree maggiormente antropizzate - su corpi idrici e sulle loro sponde è possibile con tenere in modo sensibile i costi di realizzazione della Rete eco logica; inoltre la mancanza di interruzioni da parte di eventuali manufatti, da cui sono in genere scavalcali, lascia libero transito almeno alle specie legate all'ambiente idrico.Addirittura in molti casi non si rendono necessari interventi di alcun tipo, mentre in altri possono bastare modifiche di poco conto. Inoltre corpi idri ci con sponde sufficienicmente ben conservate, non alterate in modo significativo dal manufatto che Je sovrappassa, possono rispondere contemporaneamente alle esigenze - altrimenti inconciliabili - di numerose specie terrestri e acquatiche di inte resse naturalistico. Classificazione dei corridoi ecologici È necessario, anche allo scopo di programmare le priorità operative nella realizzazione delle reti ecologiche, classificarne in modo funzionale gli clementi costituenti. Un esempio può 64 essere tratto dal progetto di Rete ecologica redatto per la pro vincia di Cremona, i cui corridoi ecologici sono stati classificati nel modo seguente, allo scopo di costituire un'efficace trama estesa su tutto il territorio provinciale: - corridoi primari: costituiti dai fiumi, dai corpi idrici maggio ri e dalle loro sponde, oppure in un numero ridotto di casi (limi tati alle scarpate dei terrazzi morfologici delle valli fluviali e ai lembi boscati nelle golene aperte dei fiumi) da aree buscate prive di clementi idrici; - corridoi di collegamento: costituiti da corpi idrici di dimen sioni medie o piccole (in questo caso comunicanti però diretta mente con corridoi primari) insieme alle loro sponde, nonché dalle scarpate di terrazzi morfologici minori; - corridoi di completamento: costituiti da corpi idrici di picco le dimensioni (preferibilmente con percorso non modificato nel corso degli ultimi decenni, come rilevabile dal confronto tra car tografie con differente datazione) e dalle loro sponde, con anda mento atto al collegamento tra corridoi di categoria più elevata. Non sono invece stati inclusi - se non eccezionalmente e solo allo scopo di •chiudere'' alcuni punti della Rete - i tratti alberati e cespugliati limitrofi a strade di grande comunicazione oppure a linee ferroviarie, in quanto elementi di rischio per la fauna transitante (Malcevsciii et al. 1996), oltre che poco ospitali per numerose specie animali poco confidenti nei confronti dell'uo mo (Dinetti 2000; Groppali 2001; Reijnen & Foppen 1995). Altri elementi che di norma sono stati esclusi sono i canali irrigui con alveo impermeabilizzato, sponde inospitali per la fauna e assog gettamento ad asciutte frequenti e prolungate in grado di elimi nare tutte le specie acquatiche. La trama dei corridoi ecologici nel territorio provinciale cre monese non è ovviamente uniforme. Infimi, in aree limitrofe a grandi strade oppure prossime ai centri abitati maggiori, le inter ruzioni derivanti dai manufatti sono molto concentrate e in ter ritori ad agricoltura intensiva, con campi di grande superficie,gli elementi di pregio ambientale sono estremamente scarsi e dilui ti. Negli ambienti prossimi alle aree meglio conservate, invece, (in genere aree protette come parchi regionali) e in zone con grande ricchezza di acque superficiali, la trama dei collegamen ti è molto fitta: la definizione dei corridoi ecologici è stata quin di determinata direttamente dalla residua presenza di elementi di pregio paesaggistico-ambicntale. Ai corridoi sono state poi aggiunte le aree di potenzia mento - nelle quali andranno attuate di preferenza operazioni di salvaguardia e ricostruzione ambientale, magari anche sempli cemente limitate a siepi/filari perimetrali oppure a rimboschi menti per set-aside - allo scopo di ampliare gli spazi disponibili per le specie in transito lungo i corridoi. 65 Serbatoi biologici e corridoi primari Elementi fondamentali nella definizione di ogni rete, i serba toi biologici costituiscono la riserva principale e il punto di irra diamento della fauna che, attraverso i corridoi ecologici, potrà arricchire gli ambienti isolati o ricostruiti. Nella provincia di Cremona i maggiori serbatoi biologici sono costituiti dagli ambiti circostanti i fiumi e dalle sponde dei corpi idrici meglio conservati, purché collegati ai fiumi più importanti e alle aree limitrofe - spesso ospitanti zone umide e boscate di differente tipologia - tutti inclusi nella categoria dei corridoi primari e per lo più protetti come parchi regionali. Gli interventi necessari sono quindi costituiti dal ricollega mento - principalmente lungo le sponde o a breve distanza da queste - degli elementi residui tra loro, per garantire una suffi ciente continuità spaziale tra gli ambienti ben conservati. Aree boscate di primario interesse In alcuni casi tratti boscati o zone umide e boscate di pregio elevato sono risultati privi di collegamenti diretti (che andreb bero comunque rapidamente costituiti) con altre aree ben con servate: per questo motivo - mancando oggi una continuità spa ziale tra i serbatoi biologici e i corridoi primari - è sembrato opportuno creare una categoria apposita per tali ambienti, che sono distribuiti in tutto il territorio provinciale cremonese, sep pure con maggior frequenza in prossimità dei fiumi maggiori. La gestione di tali aree, principalmente protezionistica, dovrebbe includere, ove necessario, forme di ricostituzione- ambientale basate sull'imitazione dei popolamenti vegetali rima sti nelle zone limitrofe e operata tramite tecniche di rimboschi mento naturalistico. Alcune di queste realizzazioni, che potreb bero essere prese a modello per lavori futuri, sono state recen temente concluse e altre sono in fase di progettazione in svaria ti territori acquisiti dai Comuni nella golena del Po. Corridoi ecologici di collegamento e di completamento Suddivisi, in base alla loro importanza (attuale e progettuale), in corridoi di collegamento e in corridoi di completamento, una volta realizzati con parziali ricostituzioni permetterebbero di infittire in modo sufficiente la trama della Rete ecologica pro vinciale, mettendo in contatto tra loro tutti gli ambienti ben con servati e permettendo ai serbatoi biologici di svolgere piena mente le loro funzioni. I corridoi di collegamento individuati nell'ambito della pro vincia di Cremona sono nella quasi totalità dei casi elementi compositi, costituiti da corpi idrici con la loro vegetazione spen dale ed eventualmente emergente. I corridoi di completamento sono, invece, molto piti spesso costituiti semplicemente da elementi lineari con dotazione d'ac- 66 qua solo temporanea, trattandosi nella gran parte dei casi di rogge o coli minori, utilizzati durante il periodo irriguo e poi lasciati asciutti per il resto dell'anno. Il primo intervento perciò - nonostante l'effettiva complessità pratica - dovrebbe consiste re nel contenimento dei periodi di asciutta, per limitarne gli effetti nefasti sui popolamenti floro-faunistici. Inoltre, e in parti colare per quanto riguarda gli elementi di dimensioni minori, andrebbe rapidamente ricostituita la continuità della vegetazio ne arboreo-arbustiva spondale (almeno su una delle due rive, per consentire le operazioni di pulizia meccanica).Tale scelta è stata fatta recentemente, per esempio, lungo il colatore Morbasco, nel territorio comunale di Cremona, dove le necessa rie operazioni di risagomatura del fondo (attuate dal Genio civi le) sono state eseguite con macchine operanti da una sola delle rive, evitando alterazioni su ciucila opposta. In particolare per le nuove piantagioni può essere suggerita una composizione arborea mista che contempli sia specie a rapi da crescita (come pioppo bianco, pioppo nero e salice bianco) sia specie a crescita più lenta (come l'arnia, carpino bianco nella fascia dei fontanili e acero campestre). Ciò permetterebbe di ottenere celermente un buon risultato: consentirebbe, infatti, un rapido taglio produttivo delle prime, mentre le seconde rag giungono la maturazione; i cespugli, inizialmente piantati ricor rendo a specie differenti, si arricchiranno poi spontaneamente tramite disseminazione naturale - con le essenze presenti nelle aree circostanti (Groppali 1992). Nel caso invece di filari arborei monospecifici andrà effettuato un progressivo arricchimento, soprattutto con arbusti, ricorrendo eventualmente a tagli non contemporanei e a opportune piantagioni (Groppali 1992). Nel caso infine di sieponi costituiti da essenze arboree ceduate, è possibile - nel corso di tale operazione periodica - effettuare il taglio a sterzo su alcuni esemplari per favorirne la crescita ad alto fusto - ottenendo così rapidamente una siepe con struttura mista arboreo-arbustiva - e inserire, anche in questo caso, nuove essenze per incrementare la varietà specifica (Groppali 1992). Conservazione e valorizzazione di elementi artificiali: fontanili e cave allagate Di grande importanza paesaggistica e naturalistica (anche come rifugi per varie specie minacciate e particolarmente esi genti in fatto di qualità dell'acqua), i primi tratti dei fontanili teste e porzioni iniziali delle aste - dovrebbero essere gestiti in modo da conservare le loro caratteristiche, attuando spurghi periodici e conservando la vegetazione spondale. Ormai abbondantemente diffuse in varie zone del territorio provinciale, le cave a lago offrono interessanti possibilità di recupero naturalistico-ambientale, che risulta tanto più facile citiamo più ridotta è la granulometria del materiale estratto. Uno 6- dei fattori limitanti la presenza di una fascia riparia di vegetazio ne acquatica emergente è costituito da escursioni troppo forti del livello idrico - cioè prossime o superiori ai due metri - comespesso accade con substrati di pezzatura grossolana. Gli interventi necessari al recupero ambientale consistono principalmente nell'addolcimento e nella sagomatura delle sponde e del tratto sommerso più prossimo alla riva oltre che alla loro piantagione. Se è poi possibile ottenere un andamento irregolare delle rive, mantenere setti parziali o totali e uno o più affioramenti (isole) all'interno dei laghi la naturalizzazione riu scirà sicuramente migliore. La scelta delle essenze arboree e arbustive va. anche in que sto caso, effettuala basandosi sulle essenze presenti nelle zone umide (naturali o naturalizzate) dei dintorni; gli alberi vanno col locati prevalentemente presso gli specchi d'acqua di grande estensione mentre gli arbusti, allo scopo di facilitare arrivo e involo di avifauna acquatica, presso quelli piccoli. Aree di potenziamento Un'importante novità presente nel progetto di Rete eco- 1()gica ddla provincia di Cremona è costituita dalla definizio ne e localizzazione cartografica di una serie di aree di poten ziamento (circa 1.100) destinate a subire - pur mantenendo le loro caratteristiche di ambienti coltivati - alcune contenu te modificazioni migliorative allo scopo di incrementare il numero delle aree adatte a ospitare una sufficiente varietà biologica, costituendo così - insieme ai corridoi ecologici e ai serbatoi biologici - un ecomosaico ben strutturato e con ele vata biodiversità. In questa prima definizione generale non è stato, ovviamen te, possibile giungere a una localizzazione perfetta, che com prendesse cioè una valutazione sul territorio di ogni singolo caso: si è trattato, infatti, semplicemente di operare una prima individuazione, necessaria al completamento dell'ecomosaico costituito dalla rete di corridoi ecologici di differente tipologia. Un'indicazione sulle modificazioni strutturali proponibili per le zone definite come aree di potenziamento può essere for nita dalla valutazione ornitologica - riguardante il numero di specie e di esemplari - di territori della Valpadana interna che hanno la medesima ampiezza ma differenti caratteristiche ambientali (Groppali 199la, 199Ih. 1993, 1994a, 1994b, 1995, 1996, in corso di stampa). Le indagini sopra citate - costituite da escursioni con cadenza mensile per l'intero corso di un anno - prevedono la classificazio ne e il conteggio completo delle presenze ornitiche in aree ampie al massimo 0.25 km2 e dotate delle seguenti caratteristiche: 68 1) Cadellora, presso Stagno Lombardo (CR): 0,25 km2 di coltivi vari con 1.822 m di filari e siepi distribuiti in modo uniforme e 13 alberi isolati; 2) Gambara, presso Cremona: 0,25 km2 di coltivi vari con 200 m di filari arborei. 120 di siepe fìtta e 240 molto rada e con corpi idrici per 800 m complessivi; 3) combustore, presso Cremona: 0.25 km2 di coltivi vari con lembo boscato di 500 m2. incolto di 100 m2 e filare di 400 m: 4) laghetto artificiale alla Cassinazza di Baselica (Giussago, PV): circa 7 ha di superfìcie per una profondità massima di 180 cm, con isolotti a differente copertura vegetale e in area esclusa dal l'attività venatoria; 5) risaia permanente in set-aside alla Cassinazza di Baselica: circa 5 ha di superfìcie per una profondità massima di 30 cm, con asciutta estiva quasi completa e presenza costante di affio ramenti fangosi e inerbati, in area esclusa dall'attività venatoria; 6) presso S. Pietro in Cerro (PC): 0,25 km2 di coltivi vari con 685 m di siepi e filari ben distribuiti; 7) prato umido in set-aside alla Cassinazza di Baselica: circa 7 ha di superficie con ampio corso idrico artificiale interno meandreggiante profondo al massimo 30 cm, in area esclusa dall'atti vità venatoria; 8) Farfengo, presso Cremona: 0.25 km2 di recente impianto come set-uside con arboricoltura mista da legno; 9) Brancere. presso Slagno Lombardo: 0,25 km2 di coltivi vari con 56 m di siepe e 7 cespugli isolati; 10) presso S.Pietro in Cerro: 0.25 km2 di coltivi vari con 685 m di siepe parzialmente alberata in unica formazione; 11) risaia permanente in set-aside alla Cassinazza di Baselica: circa 3 ha di superficie per una profondila massima di 30 cm, con livello idrico costante per tutto l'anno e ricchezza di lentic chia d'acqua (I.einna minor), in area esclusa dall'attività vena toria; 12) marcila classica ad ali presso Zagonara di Belgioioso (PV): circa 10 ha di superficie e presenza d'acqua, in superficie e nei coli di alimentazione e ripiglio, tra ottobre e febbraio; 13) prato stabile presso Zagonara di Belgioioso: circa 4 ha di superficie; 14) presso S. Pietro in Cerro: 0,25 km2 di coltivi vari con com pleta assenza di vegetazione legnosa. I dati - numero di specie e di esemplari osservali posati o in sorvolo basso - sono riportati nella seguente tabella rias suntiva, che può dare interessanti indicazioni, più chiaramen te interpretabili osservando la ricchezza specifica, cioè il dato fondamentale per quanto riguarda la biodiversità nelle aree poste a confronto: 69 aree di studio numero di specie numero di esemplari 1 52 2.456 2 41 498 3 39 394 4 35 956 5 1.446 6 33 32 7 31 335 8 28 31" 9 26 517 10 25 431 11 19 1.525 12 19 437 13 17 285 li 13 182 666 Risulta dunque evidente come - a parte fattori che rendono la valutazione più complessa, come l'incidenza del disturbo venatorio, sopratiutto sulla quantità di esemplari potenzialmen te presenti, in particolare, negli ambienti umidi - gli elementi in grado di fornire una maggior varietà e ricchezza ornitica siano costituiti da filari-siepi abbondanti e ben distribuiti e corpi idri ci superficiali, anche artificiali (Lack 1992). Le aree di potenzia mento dovrebbero quindi essere dotate della maggior quantità possibile di tali presenze, poste ai loro margini, mentre le aree interne potrebbero essere coltivale secondo i normali modelli gestionali. Le ipotesi di ricostituzione e/o conservazione di marcite e zone umide artificiali andrebbero invece viste soprattutto nel l'ottica di miglioramento e variazione dell'ecomosaico in aree più vaste, meglio se escluse dalla normale attività venatoria, quindi potrebbero localizzarsi, di preferenza, nelle aree di poten ziamento dei corridoi primari e di collegamento. A proposito dell'attività venatoria, infine, sarebbe necessa rio che la pianificazione provinciale delle aree interdette alla caccia includesse il maggior numero possibile di serbatoi bio logici e di corridoi ecologici, utilizzando almeno parte delle risorse destinate per legge alla ricostruzione ambientale ai fini di un miglioramento. Standard urbanistici e naturalizzazione delle aree interstiziali 70 Ulteriore miglioramento della Rete ecologica della provincia di Cremona potrebbe derivare, nelle aree incluse nelle porzioni esterne delle periferie urbane, dalla destinazione naturalistica degli standard urbanistici non utilizzali dai Comuni. Infatti in ogni insediamento, al confine tra ambito edificato e periferia esterna, sono presenti numerose aree abbandonate dall'agricol tura produttiva (e magari utilizzate da agricoltori part-time o per orli abusivi) e non edilìcabili in base ai vigenti strumenti piani ficatori: anzi nella maggior parte dei casi si tratta di territori dive nuti di proprietà pubblica in seguito alla cessione di standard urbanistici derivanti dalla costruzione di nuovi insediamenti. Si tratta sempre di zone soggette a rischio elevato di occupazione - che solo apparentemente può sembrare provvisoria - da partedi attività che necessitano di ampi spazi a costo ridotto, pur troppo quasi sempre problematiche e disturbanti. Per molle di queste aree è stata ipotizzata la trasformazione in parchi pubblici oppure in parcheggi che. data la loro ubica zione, non risultano essere necessari alla collettività; inoltre sovente le Amministrazioni proprietarie non dispongono dei fondi necessari per la realizzazione di questi progetti e, soprat tutto, per la successiva gestione e manutenzione. Invece è pro prio in queste zone, se ben utilizzate per finalità collettive, che si gioca una parte non indifferente della qualità urbana dei quar tieri periferici. Interventi di impianto naturalistico, utilizzando direttamente o indirettamente - ad esempio tramite concessione temporanea a Consorzi - fondi comunitari per il set-aside, possono contri buire a migliorare in modo significativo oltre che l'ambiente urbano anche la rete provinciale, tra l'altro proprio in territori nei quali compromissione ambientale e interruzioni dei corridoi ecologici sono massime. Casi di studio Per completare le indagini, finalizzate a proporre ipotesi pra tiche e operative, sono stati scelti (anche sulla scorta di indica zioni fornite dall'Amministrazione provinciale) 8 casi di studio, ciascuno dei quali costituito da un territorio di 4 km2, collocati in arce dalle differenti caratteristiche del territorio della provin cia di Cremona. Le aree scelte in quanto rappresentative della complessa realtà territoriale provinciale sono le seguenti: 1) fontanili presso Farinate (comuni di Capralba, Pieranica, Quintane)), territorio coltivato in prevalenza a prato ricco di teste e aste di fontanile; 2) Serio presso i Salenti di Crema (comuni di Crema, Pianengo, Ricengo), arca attraversata dal fiume con tracce di scarpate del terrazzo morfologico e grandi cave a lago attive: 3) Adda e coste boscate presso Persia (comuni di Casaletto Cereciano. Crederà Rubbiano), area attraversala dal fiume con val- lecole boscate collegate alla scarpata del terrazzo morfologico; 4) Serio Morto al Cantoncello (comuni di (/appella Cantone, S. Bassano. Pizzigheltonc). area attraversata dal fiume rettificato 71 con residui impaludati del precedente tracciato e lembi boscati e tratti di scarpata del terrazzo morfologico e cave in asciutta attive; 5) Tredici Ponti presso Genivolta (comuni di Gcnivolta. Soresina), territorio attraversato da un fascio di corpi idrici di differenti dimensioni con sponde alberate: 6) Oglio e Mella presso Gabbioncta (comuni di GabbionctaBinanuova, Ostiano), area attraversata da due fiumi e con inte ressanti residui di zone umide di origine sia naturale sia artifi ciale e tratti di scarpata del terrazzo morfologico: 7) Po e golena al Bosco di Neva (comuni di Torricella del Pizzo. Gussola). territorio di golena aperta e chiusa in riva al fiume, occupato in massima parte da pioppeti razionali, con alcuni bodri e residui di escavazioni; 8) campagna presso Breda Azzolini (comune di Rivarolo del Re e Uniti), area agricola priva di elementi naturaliformi e con scarsa presenza di corpi idrici e alberature. Per ogni area scelta sono state eseguite le seguenti elabora zioni cartografiche, una delle quali è costituita semplicemente dal particolare della cartografia di progetto della Rete ecologica della provincia di Cremona, tutte in scala 1:10.000: - stato di fatto della Rete ecologica; - proposta conservativa per la Rete ecologica provinciale: - proposta migliorativa per la Rete ecologica provinciale. Lo stato di fatto deriva dal sopralluogo di ciascuna delle aree-campione, che ha permesso di rilevare la presenza di albe ri-arbusti organizzati in siepi-filari e degli ambienti in condizioni di conservazione almeno discrete. Sono quindi stati individuati i serbatoi-corridoi portanti, ciucili di supporto e gli elementi di completamento che hanno permesso di delimitare a livello car tografico le fasce di transito della fauna (divise in primaria e secondaria). L'individuazione delle l'asce di maggior pregio si è basata sul fatto che - sicuramente per l'avifauna e con ogni pro babilità anche per la maggior parte della fauna non acquatica della pianura - la dotazione minima di siepi-filari all'interno di coltivazioni intensive non può essere inferiore a 60-80 m/ha per garantire una sufficiente biodiversità (Lack 1992) e valide possi bilità di transito: i tratti con tale dotazione minima, distribuita con sufficiente continuità lungo i corpi idrici e di qualità alme no discreta, sono stati classificati come fasce primarie e nella medesima categoria sono stati inclusi tratti boscati di terrazzo morfologico caratterizzati da lunghezza e continuità sufficienti. Dove invece le siepi-filari sono presenti, con distribuzione spa ziale anche parzialmente frammentata lungo i corpi idrici e con densità territoriale e qualità inferiore, sono state individuate le fasce secondarie. Nella definizione cartografica delle fasce sono stati seguiti ove possibile i confini tra i campi per includere "2 anche alcuni coli-fossi la cui presenza può contribuire ad arric chire l'ecomosaico; ciò ha comportato, in alcuni casi, contenuti ampliamenti delle fasce. La proposta conservativa deriva invece dall'assemblaggio e dal confronto operativo tra la prima definizione della Rete eco logica provinciale e quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi: in questo modo si può ipotizzare di ottenere la salvaguardia degli elementi residui meglio conservati e il loro collegamento con ambienti limitrofi caratterizzati anch'essi da un buono stato di conservazione. In alcuni casi - per ambienti ben conservati e ospitanti un buon numero di siepi-filari lungo i corpi idrici - si è verificato che la quantità di corridoi proposti fosse inferiore a quanto attualmente presente: i corridoi proposti vanno quindi valutati come di l'atto irrinunciabili, mentre quanto non indicato può sicuramente essere considerato importante elemento di supporto di grande utilità. Gli elementi cartografati sono divisi (in ordine decrescente di importanza) in serbatoi-corridoi por tanti, corridoi-serbatoi di supporto ed elementi di completa mento. Oltre ai serbatoi e corridoi proposti vengono anche ipo tizzate arce che sarebbe opportuno dedicare ad agricoltura estensiva (prati o imboschimenti) oppure a normali coltivi - cir condati però interamente da siepi-filari - oppure ancora al setaside di qualsiasi tipologia. 'l'ale situazione può verificarsi anche nella cartografìa riferita alla proposta migliorativa così definita in quanto prende in considerazione soluzioni in grado di implementare la biodiversità di aree anche estese; sono proposti, a tale scopo, tratti nei quali si ipotizza di localizzare modelli di set-aside naturalistico con creazione di aree boscate - oppure ridotte escavazioni fina lizzate alla creazione di zone umide con sponde boscate. Per quanto riguarda invece le altre proposte, oltre ai serbatoi biolo gici e ai corridoi ecologici, si tratta di aree ad agricoltura esten siva circondate da siepi-filari. Oltre alle proposte qui presentate, ma sempre allo scopo di contribuire alla realizzazione della Rete ecologica provinciale, nelle zone a cerealicoltura andrebbero inoltre individuati - prin cipalmente sulla base delle caratteristiche pedologiche - coltivi nei quali mantenere le stoppie per l'intera durata dell'inverno, rimandando l'aratura alla primavera successiva al raccolto, even tualmente anche a rotazione, in modo da garantire un adeguato rifornimento alimentare a numerose specie stanziali o svernanti nel nostro territorio. 73 Bibliografia Dinetti M., 2000 - Infrastrutture ecologiche, Il verde editoria le, Milano: 43-66. Groppali R., 199la -Avifauna di una marcita e di una risaia limitrofe presso Belgioioso (Pavia) nel corso di un anno. Ficus, 17 (3): 141-148. 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Recupero e gestione ambientale della pianura : la rete eco logica del Persicetano, 2001, a cura di A. Molisi, Centro Agricoltura Ambiente, Crevalcore (BO). Rei.inen R.& Foppen R., 1995 -The effeets of car traffic on bree- 74 cling bird populations in woodland. 4: Influence of population size on the reduction of density dose to a highway,/. Appi. Eco/., 32: 481-491. Reti ecologiche in aree urbanizzate, 1999, a cura di C. Dimaggio e R. Ghiringhelli, FrancoAngeli, Milano. Scoccianti C. & Ferri V, 2000 - Fauna selvatica e infrastruttu re viarie, in: "Alti I Congresso nazionale della Societas Ilerpetologica Italica (Forino, 1996)",Torino: 815-821. 75 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 77-84 Progetto "Aree di rifugio": studio e ripristino delle siepi campestri nella pianura bolognese Roberto Ferrari *, Luca Boriani *, Marco Pozzati Viene illustrato il progetto "Aree di rifugio ". attivo dal 1994 Riassunto nei comuni della pianura bolognese. È stato evidenziato che le siepi rappresentano un importante rifugio per molti insetti utili, nel quale essi possono sostare e trovare nutrimento e riparo nei periodi critici del loro ciclo biologico. In questo modo gli inset ti utili possono rimanere nelle immediate vicinanze dei campi coltivati, per poi spostarsi verso le colture nel momento in cui queste saranno attaccate dai litofagi. Nell'ambito del progetto, sono stati ripristinali, in quasi 500 aziende agricole, più di 80 km di siepi, mettendo a dimora circa 134.000 piante. Summary A pian on the "Refitgè zones". which is in force in the com min tes of the Bolognese più in silice 1994, is here ilItisirated. The hedges are un importaliI refitgè for u lot of iiseful inseets; they cun stop there finding nourishment and refuge during the criticai moments of their biologie cycle. In this way the itseful inseets con stay dose lo the fields under cultivation and move then when the fichi are attacked by the Philophagous. In the ambii of the pian, more Ihan 80 km of hedges have been restored in about 500 famis. transplanting about 134.000 trees. Introduzione Il paesaggio agrario della pianura bolognese è stato caratte rizzato, fino a cinquantanni fa. dalla presenza di siepi, boschetti e filari alberati che delimitavano i campi coltivati e assumevano un ruolo non trascurabile nell'economia contadina. * Centro Agricoltura Ambiente "Giorgio Nicoli', via di Mezzo Levante 2233 - I40014 Crevalcore (IH)). E-mail: iTcrrari" caa.it. www.caa.it 77 Tuttavia, negli ultimi decenni, l'avvento dell'agricoltura intensiva ha determinato la graduale scomparsa degli spazi natu rali dalle campagne e, di conseguenza, un'eccessiva semplifica zione dell'agroecosistcma di pianura. Soltanto in tempi recenti è stata evidenziata l'importanza degli spazi naturali nell'incrementare la diversità biologica del territo rio e mantenere la stabilità dell'ambiente agrario, migliorandolo dal punto di vista ecologico ed economico. Da qui l'idea di favo rire la creazione di "aree di rifugio" nelle campagne, ovvero di spazi naturali (ad esempio siepi, boschetti e filari alberati) in grado di consentire la sopravvivenza di una fauna e una flora sel vatiche più ricche rispetto al territorio in cui si trovano inserite. Il progetto "Aree di rifugio" Il progetto "Aree di rifugio", attivo dal 1994, è stato promos so dall'Amministrazione provinciale di Bologna, con il sostegno della locale Camera di commercio, industria, artigianato e agri coltura ed è stato proposto a tutti i Comuni della pianura bolo gnese. Il ruolo di referente scientifico del progetto è stato garantito dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroambientali (Entomologia) dell'Università di Bologna, mentre le attività ope rative e di coordinamento tecnico sono state svolte dal Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore (BO). Gli obiettivi proposti erano essenzialmente i seguenti: - ricerca di dati, a livello locale, sui benefìci ottenibili per l'agri coltura in seguito alla creazione, o al mantenimento, di spazi naturali tra i campi coltivati; - miglioramento dell'agroecosistema di pianura mediante il ripristino di siepi e boschetti; - sensibilizzazione e coinvolgimento di imprenditori agricoli e amministrazioni pubbliche sui problemi della gestione territo riale con finalità ambientali; - promozione dei programmi agroambientali dell'Unione Europea. L'intero programma di lavoro è stato suddiviso in due parti, portate avanti contemporaneamente nei diversi anni: la prima ha riguardato lo studio dei benefìci ecologici ed agricoli connessi alle aree di rifugio, la seconda, a carattere più operativo, ha riguardato il ripristino di aree di rifugio all'interno delle aziende agricole. Siepi e insetti utili Gli studi condotti nell'ambito del progetto hanno evidenzia to che le aziende provviste di siepi ben sviluppate e dall'elevata complessità botanica risultano più ricche di enlomofauna utile rispetto a quelle prive di siepi o con formazioni monofilari di modeste dimensioni. 78 Siepi e boschetti si sono dimostrati non tanto siti di moltipli cazione di insetti utili quanto, piuttosto, fondamentali "rifugi", intendendo con questo termine ciuci particolari siti verso i quali gli ausiliari convergono nei momenti più critici del loro ciclo biologico, trovando cibo e riparo. Tra le specie vegetali pioppo bianco, prugnolo, biancospino, ortica e stoppione si sono rivela te particolarmente attrattive per gli insetti utili (Tab. 1). Specie Nome scientifico Frequenza Insetti utili Piante arboree Pioppo bianco Ciliegio selvatico Olmo campest re- l'opltlllS (lll)CI • • Prilli its a cilini • • t Iiiitts minor • • Salice bianco Sali.x alba • • Acero campestre Acer campestri' /•'raxiims oxycarpa • Morus uigra Popitlits nigru var. italica Robinia pseudoacacia • Crataegus monogyna Priiiiiis spinosa Uuonynuis enropaeits Corylus a reticiuà Coniits sanguinea Pyrns pyrasler Sambnctis nigra • • • • • • • • frassino meridionale (iclso nero Pioppo cipressino Robinia • • • • Piante arbustive Biancospino Prugnolo Fusaggine Nocciolo Sam>iiincllo Pero selvatico Sambuco nero • • • • • • Piante erbacee Bardana Ari tiuni .spp. Cardo elei lanaioli Dipsacus fttlloiiiini • • • • • • • • Carota selvatica Daucus carota • Ortica Urlila dioica • • • Romice Rumex spp. • • • Stoppione Cirsi ti m a ri ense • • • Amaranto • • RadicchicIIa A maraiilbns retro/lexits Crepis spp. • • Fnula Inulti viscosa • • Aspraggine volgare- Pii i-is ed.)it>ides • Piantaggine minore Plantago lanceolata • Saeppola canadese Conyza canadensis • Tab. 1:frequenza di insetti utili osservata su alcune specie vegetali,erba cee arbustive ed arboree, presenti nelle siepi della pianura bolognese. . . . . . . - frequenza di insetti utili in senso decrescente. Per i Coleotteri Coccinellidi.ad esempio, le siepi rappresentano un rifugio importante specialmente nel periodo autunno-inverno. L'autunno, infatti, costituisce un momento particolarmente diffi cile per questi insetti costretti, in seguito alla raccolta delle col ture erbacee, ad abbandonare i campi coltivati per spostarsi verso siti adatti allo svernamento, rappresentati da siepi e boschetti eventualmente presenti, dove gli adulti trovano riparo 79 sotto la corteccia degli alberi, nella lettiera di foglie, nel terreno e, più in generale, nei luoghi asciutti. In mancanza di siti idonei, le coccinelle tenderebbero a migrare verso ambienti più natura lizzati, spostandosi anche di diversi chilometri e finendo per allontanarsi dai campi. All'inizio della primavera gli adulti, in caccia di prede, sono in grado di spostarsi dagli spazi naturali a quelle colture agrarie, come il frumento, che si infestano precocemente di alidi. Qui si alimentano e si riproducono, dando vita alla prima generazione. In seguito gli adulti neosfarfallati. all'avvicinarsi della mietitura, si spostano sulle colture estive nel frattempo infestatesi di alidi, come mais, cocomero e melone, con notevole vantaggio per la difesa e un notevole risparmio di trattamenti insetticidi. La "lotta naturale" contro gli alidi, su diverse colture quali cocomero e frumento, è una strategia di difesa recepita da alcu ni anni dai Disciplinari di Produzione Integrata della Regione Emilia-Romagna e deve la sua efficacia a un delicato equilibrio naturale che può essere mantenuto solo con la salvaguardia di adeguate aree di rifugio per gli ausiliari. Inoltre, nel periodo primaverile-cstivo, i litofagi che vivono sulle piante spontanee, in genere appartenenti a specie diverse da quelle che infestano le piante coltivate, permettono la soprav vivenza delle coccinelle che, in mancanza di nutrimento sulle colture, sono in grado di trovare prede alternative nella siepe, sfuggendo anche ai trattamenti insetticidi. Siepi e boschetti sono in grado di favorire anche i pronubi selvatici presenti sul territorio, quali Imenotteri Apoidei (bombi e api solitarie) e Ditteri Silfidi.Anche in questo caso aziende ric che di spazi naturali hanno sempre evidenziato popolazioni di pronubi più numerose e diversificate (come numero sia di spe cie sia di individui) rispetto ad aziende che ne sono prive. Inoltre, siepi ben sviluppate e provviste di un consistente strato erbaceo hanno evidenziato popolazioni più ricche rispetto a siepi più giovani e meno complesse. Lo strato erbaceo, in parti colare, riveste un ruolo assai importante per i pronubi, special mente nelle siepi di recente impianto, dove le piante arbustive ed arboree sono ancora poco sviluppate. In una zona sottoposta ad agricoltura intensiva gli spazi natu rali residui possono ospitare lino al 90% delle piante nettarifere superstiti. Questa elevata complessità botanica garantisce una costante presenza di fioriture diversificate, in grado di assicurare ai pronubi una continua fornitura di nettare e polline per tutta la stagione di attività e, specialmente, nei periodi in cui le piantecoltivate non sono in fiore. Osservazioni effettuate in siepi di pia nura hanno permesso di identificare una trentina di specie arbustivo-arboree e più di 100 specie erbacee frequentate regolar mente dai pronubi tra l'inizio di marzo e la fine di ottobre. 80 ìì stato inoltre studiato il ruolo degli spazi naturali nel conte Siepi e metcalfa nimento naturale di Metcalfa pruinosa, insetto litofago di origi ne americana dannoso alle colture frutticole e ornamentali. Innanzitutto è stato osservato che l'abbondante melata pro dotta dall'insetto (causa dei principali problemi per le colture infestate) rappresenta, comunque, un'importante fonte di cibo per gli insetti pronubi, specialmente nei periodi di scarsa presen za di fiori nettariferi. e per i numerosi entomofagi (predatori e parassitoidi) che da adulti si nutrono di sostanze zuccherine (ad es.: Neurolteri Crisopidi, Ditteri Sirfìdi e Imenotteri Braconidi). Nei nostri ambienti non sono presenti nemici naturali speci fici di M. pruinosa, anche se svariate specie d'insetti presenti nella siepe (ad es.: larve e adulti di Coleotteri Coccinellidi) pos sono preclare le forme giovanili del litofago, senza tuttavia osta colarne efficacemente la diffusione. Pertanto è stata studiata la possibilità di effettuare interventi di lotta biologica mediante lanci inoculativi dell'Imenottero Driinide parassitoide Neodryinus typhlocybae, anch'esso di origine americana, attual mente oggetto di allevamento presso il Bioplanet di Cesena. Nell'ambito del progetto "Aree di rifugio', il parassitoide è stato introdotto in siepi situate nei comuni di S. Giovanni in Persiceto e Crevalcore, al fine di verificarne l'efficacia e la capa cità di diffusione in un territorio agricolo rinaturalizzato. Gli studi successivi hanno posto in risalto la capacità, da parte di N. typhlocybae, di moltiplicarsi nel nuovo ambiente e di sopravvi vere ai rigori invernali, evidenziando inoltre una buona tenden za alla dispersione nel territorio. Attualmente la presenza del parassitoide è stata rilevata in svariaticomuni della pianura bolo gnese, anche a notevoli distanze dai siti di lancio. L'insediamento di N.typhlocybae dipende anche dall'assenza di residui di pesticidi, verso i quali l'insetto è particolarmente sensibile, nelle zone di lancio. Da qui l'ulteriore importanza di siepi ed aree naturali, o rinaturalizzate, in genere non sottoposte a trattamenti insetticidi, che vengono utilizzate dal parassitoide sia come siti di moltiplicazione sia come vie preferenziali di dif fusione nel territorio dalle aree nelle quali è stato introdotto. La progressiva diffusione del parassitoide, e la conseguente diminuzione delle infestazioni di M.pruinosa, dovrebbero por tare a una riduzione degli attacchi anche sulle colture circo stanti, a partire da ciucile normalmente non sottoposte a tratta menti insetticidi perché difese secondo criteri di lotta biologica oppure perché scarsamente danneggiate da altri litofagi. Il ripristino delle aree di rifugio I comuni interessati hanno messo gratuitamente a disposi zione dei richiedenti (proprietari o conduttori di terreno agri colo) piante arboree ed arbustive appartenenti alla flora autoc- 81 tona. Il Centro Agricoltura Ambiente ha fornito la progettazione dell'intervento e l'assistenza tecnica e iìtosanitaria per la buona riuscita dell'operazione. Al richiedente spettavano la messa a dimora delle piante, le successive cure colturali e il manteni mento nel tempo dell'intervento realizzato. Il progetto - compatibile con i programmi agro-ambientali 2078/92/CK e 2080/92/CE - oltre a tradursi in un vantaggio eco nomico per l'imprenditore agricolo, offre una possibilità di intervento anche dove non si registrino i requisiti necessari per l'applicazione dei citati regolamenti comunitari oppure dove si vogliano rinaturalizzare superfici di ridotte dimensioni. A partire dal 1995 nella realizzazione delle nuove aree di rifu gio non sono più state impiegate Rosacee sensibili al colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovorà), in particolare il bianco spino, al fine di limitare i rischi di diffusione della pericolosa malattia nelle aree di coltivazione del pero (specie anch'essa molto suscettibile alla batteriosi), anticipando in questo modo i successivi decreti di lotta obbligatoria. Dal 1994 ad oggi 23 comuni hanno aderito al progetto "Aree di rifugio" per almeno un anno (Tab. 2). Nell'attività di ripristino sono stati coinvolti oltre 600 agricoltori, realizzando aree di rifu gio per una superfìcie complessiva di circa 72 ettari. In totale sono state messe a dimora, fino ad oggi, quasi 134.000 piante, tra alberi ad alto fusto ed arbusti. La superfìcie totale rinaturalizzata potrebbe sembrare di ridotta entità, ma occorre considerare anche la grande polveriz zazione degli interventi e la loro diffusione nel territorio: le sin gole aree di rifugio sono distribuite a mosaico nell'agroecosistema, con il conseguente forte aumento dei punti di contatto con i campi coltivati. Comuni aderenti (n.) Richieste di adesione (n.) 611 Realizzazioni (n.) 478 Superfìcie complessiva Aree di rifugio (mq) 725.742 Superfìcie boschetti (mq) 286.414 Lunghezza siepi campestri (m) Lunghezza viali alberati (m) Lunghezza filari alberati (m) Piante messe a dimora (n.) lab. 2: progetto "Aree di rifugio": risultati 1994-2001. 82 23 81.322 3-928 19.463 133-908 Parallelamente all'attività di ripristino, sono state effettuate diverse iniziative a carattere divulgativo, volte alla promozione del progetto e alla valorizzazione dei risultati ottenuti: - pubblicazione di articoli e lavori scientifici su riviste specializ zate a carattere locale e nazionale; - partecipazione a incontri con il pubblico, convegni, fiere, ecc. - predisposizione di pannelli informativi collocati nel territorio presso le principali nuove aree rinaturalizzate oppure in corri spondenza di siti preesistenti di particolare pregio ambientale o paesaggistico; - realizzazione di opuscoli informativi, da distribuire ai cittadini, contenenti la presentazione dell'iniziativa ed il quadro comples sivo degli interventi realizzati; - individuazione di percorsi tematici, arricchiti da proposte di fruizione, a livello provinciale e locale, al fine di valorizzare le realtà più interessanti dal punto di vista ambientale. Infine, a seguito dei risultati positivi ottenuti nell'ambito del progetto "Aree di rifugio", anche nelle province di Forlì e di Modena sono state promosse, da alcuni anni, analoghe iniziativevolte al ripristino degli spazi naturali ncll'agroecosistema. Agricoltura e recupero ambientale, 1999,// Divulgatore, 8. Bibliografia Boriani L.. Ferrari R., BURGIO G.,Nicoli G.,Pozzati M. & Cavazzuti C, 1998 - Il ruolo delle siepi nell'ecologia del campo coltivato. 2: Ulteriori indagini sui Coccinellidi predatori di afidi. Inffitopato/., 5: 51-58. BuRGio G.. Fhrrari R. &. Boriani L., 1997 - Il ruolo delle siepi nel l'ecologia del campo coltivato : analisi di comunità dei Ditteri Silfidi in aziende della provincia di Bologna, Boll. Ist.Entomol. G Grandi Univ. Bologna, 51: 69-77. Celli G., Chiodini R., Morisi A., Gavazziti C, Ferrari R., Pozzati M. & Sassoli A., 1995 - "Aree di rifugio" per l'agroecosistema, // Divulgatore, 4:4-46. Celli G., Maini S., Corazza L. & Campanini L., 1996 - Siepi e spazi naturali : colonizzazione, dinamica delle popolazioni di litofagi e insetti utili e interazione con le aree coltivate,Arinati C.E.R.A.S., 6: 327-337. Ferrari R.. 1998 - Il ruolo delle aree di rifugio naturali per la lotta biologica e integrata in agricoltura, in: "Qualificazione ecologica degli spazi rurali : tutela e gestione degli spazi naturali nei terri tori di pianura e pedecolIina,atti del convegno, Forlì, 1998": 28-33. Ferrari R., Burgio G. & Boriami L., 1997 - Siepi e spazi naturali : colonizzazione, dinamica delle popolazioni dei litofagi e intera zione con le aree coltivate,Annali C.E.R.A.S., 7: 278-287. Ferrari R., Burgio G., Boriani L., Cavazzuti C. & Pozzati M., 1998 La biodiversità e il ripristino delle siepi, in:"Lince guida per l'a- 83 gricollura biologica :fruttiferi e fragola", Caidcrini, Bologna: 9-41. Ferrari r., Morbi a., Pozzati m., Cavazzuti C. & Boriani l., 1997 - Aree di rifugio, un bene per l'agricoltura. Agricoltura, 5: 25-26. Nicoli G., Limonta L., Cavazzuti C. & Pozzati m.. 1995 - il ruolo delle siepi nell'ecologia del campo coltivato. 1: Prime indagini sui Coccinellidi predatori di afidi,Inf.fìtopatol., 7-8: 58-64. 84 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 85-91 La rete ecologica come strategia per la conservazione della biodiversità: il caso studio della pianura bolognese Andrea Morisi *, Paola Balboni *, Stefano Lin * Riassunto In cinque Comuni della bassa pianura bolognese, affiancati dagli Assessorati all'Ambiente della Provincia di Bologna e della Regione Emilia-Romagna, si è individuato lo strumento offerto dal concetto di rete ecologica per programmare interventi di riqualificazione paesaggistica e ambientale e operare una moderna pianificazione territoriale. Partendo dalle situazioni già esistenti, si è ricercata nel dettaglio la disponibilità di punti d'ap poggio per la rete ecologica. Nei siti riscontrati sul territorio si è provveduto a monitorare la presenza di organismi bioindica tori capaci di fornire informazioni utili per la gerarchizzazione dei punti d'appoggio stessi e individuandone anche il ruolo e le specifiche necessità gestionali. Sulla base di quanto emerso si è. infine, provveduto alla progettazione degli interventi di completamento della maglia reticolare individuata, all'anima zione di accordi e sinergie per l'incentivazione ed il finanzia mento degli interventi e all'informazione di settore e della pubblica opinione. Summary Throttgh a project, started in 1997 and pròmoted byfive Towns and by the Environmental Department of Province of Bologna and of Regimi Emilia-Romagna, a sizable quantity ofdata was colleded regttrdiug protected areas in the lowland and niimeroits other existing elements lied lo the landscape and eiwironment. Moreovet; the project provided a basis for forinulating guidelines for the development of un ecological network based on rea/, concrete naturai elements of a certain importance ut a locai level. So the ecological network becomes • CentroAgricoltura Ambiente "Giorgio Nicoli", via di Mezzo Levante 2233 - I40014 Crevalcore (HO). E-mail:amorisK"caa.it, www.caa.it 85 a stralegy lo protect biodiversity, to reslore habitats and to pian the developmenl in a sitstainable way To use single and narrow areas, connecled by corridors, to create an ecologica/ network require a smaller nuniber of conpids ivith the slakeholdersJ'or the agriciillare, itrban, prodttctive and niobility spaces. The slrategy has involved a/so the physical rebuil ding of environmental spaces (core areas, blue ways and green ways) to complete the network und the research of financings and people Information. L'area di studio e la rete ecologica In cinque comuni della pianura bolognese nord-occidentale (Caidcmra di Reno. Crevalcore, Sala Bolognese, San Giovanni in Persicelo e Sant'Agata Bolognese) lo studio e la realizzazione di una rete ecologica sono stati adottati come strategia prioritaria per il recupero ambientale e la gestione sostenibile in termini di pianificazione territoriale. Il progetto ha avuto inizio nel 1997 ed è stato promosso, oltre che dai Comuni coinvolti, anche dagli Assessorati all'Ambiente della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Bologna. Il gruppo di lavoro, costituito da dodici persone, ha coinvol to anche l'Istituto di Entomologia dell'Università degli studi di Bologna (professor Giorgio Celli) per la supervisione scientifica e il Dipartimento di Biologia, Sezione di Botanica dell'Università di Ferrara (professor Filippo Piccoli) per la supervisione botani ca e per il rilievo di campo di diversi siti campione. L'ambito territoriale interessato riguarda una superfìcie di circa 350 kmq caratterizzati da un utilizzo agricolo intensivo e da un elevato consumo del territorio, a causa dell'espansione urbana, delle infrastrutture viarie nonché degli insediamenti arti gianali ed industriali. In questo contesto il perseguimento della conservazione della biodiversità non poteva essere affrontato solamente con la "classica "istituzione di aree protette, sia per l'oggettiva carenza di situazioni ambientali di pregio, sia per l'elevata conflittualità nei confronti delle esigenze produttive, particolarmente pres santi in pianura. Alcune aree protette (ai sensi della specifica legge regionale emiliano-romagnola e denominate "Aree di Riequilibrio Ecologico "), ricadenti in quattro dei cinque comuni interessati, sono state comunque tenute come iniziali capisaldi dell'ipotesi di rete da individuare sul territorio. Alla luce delle considerazio ni sopra riportate, l'apparato tecnico dei Comuni, gli ammini stratori locali e il Centro Agricoltura Ambiente (in virtù delia sua natura di struttura tecnica di supporto per i Comuni suoi pro prietari) hanno assunto come strategia di base per la conserva zione della biodiversità ed il recupero ambientale l'individua- 86 zione progettuale di una rete ecologica a scala intercomunale. In tal senso è stato censito il maggior numero possibile di spazi naturali e seminaturali esistenti, anche di ridotte dimensioni, da destinare a nodi della rete e rendere efficienti sotto il profilo ecologico assicurando loro il maggior numero di collegamenti possibili mediante l'individuazione di corridoi biologici. | Interventi di conservazione Interventi di miglioramene ]Interventi dicreazione Cenno Agnco'tura Ambiente Sri Fig. 1: la rete ecologica progettata per il territorio analizzato, con individua zione degli interventi di conservazione, di miglioramento e di completa mento. 87 Sviluppando opportune sinergie con la pianificazione territo riale locale (Piani Regolatori Generali) e sovraordinata (Piano pro grammatico per la conservazione e il miglioramento degli spazi naturali in Provincia di Bologna; Piano Territoriale Paesistico Regionale) e con le organizzazioni professionali agricole, l'indivi duazione di aree funzionali alla rete che l'ossero di piccole dimen sioni ha, ovviamente, ridotto i conflitti, sviluppando a volte, per converso, interessanti collaborazioni facilitate dall'applicazione dei finanziamenti agro-ambientali del Piano Regionale di Sviluppo Rurale e di altri incentivi economici. Questa attività ha comporta to un significativo investimento di tempo e risorse per garantire le necessarie fasi di confronto e condivisionc di interessi e finalità, ma si può ben dire che qtiesta parte sia servita a rendere possibi le la concretizzazione di ipotesi che altrimenti avrebbero rischialo di cadere in conflittualità oppure di rimanere "nel cassetto". L'individuazione degli elementi portanti della rete ecologica prospettata è avvenuta a seguito di un approfondilo censimento degli elementi paesaggistico-ambientali (siepi, boschetti, filari alberati, raccolte d'acqua, parchi di ville, allevamenti ittici, ecc.) per un totale di 30 tipologie descrittive. Successivamente si è provveduto ad individuare siti campione vocati ad un ruolo definito nell'ambito della rete ecologica e assog gettati a monitoraggio biologico triennale condotto utilizzando gruppi di organismi bioindicatori (comunità ornitica, Lepidotteri Ropaloceri, Odonati, erpetofauna, cormofite).AnaIogamcnte a quan to messo in atto per i nodi, si è proceduto all'individuazione dei cor ridoi ecologici mediante censimento a terra e successivo monito raggio triennale dei gruppi bioindicatori. Complessivamente gli ambiti considerati e studiati sono stati 132. Il rilievo degli clementi territoriali è stato anche cartografato e correlato ai dati floro-fauni stici a costituire uno specifico G.I.S. Dai risultati dei monitoraggi si sono potute trarre informazio ni utili per calibrare il ruolo a cui destinare gli elementi esistenti (conservazione oppure miglioramento). La cosa è avvenuta mediante l'assegnamento ad ogni ambito di un punteggio stan dardizzato ricavato mediante valutazione di caratteristiche preci se derivanti dal monitoraggio: la rarità delle specie presenti, la loro numerosità. la capacità riproduttiva, ecc. Le elaborazioni dei dati sulle presenze floro-faunistiche sono state condotte anche per esplicitare le modalità gestionali delle tipologie territoriali riscontrate e. in generale, perseguire un potenziamento o un recupero della biodiversità. Sulla scorta di tutte le informazioni raccolte si è poi prodotta un'ipotesi progettuale di rete ecologica che, oltre ai punti di appog gio rinvenuti tra gli elementi già esistenti nel territorio, ha previsto anche la progettazione delle parli mancanti. In questo senso sono stati predisposti, ad oggi, 51 progetti,di cui 32 esecutivi. 88 Scala: 1:10000 Scala: 1:2000 •5 +*J*'J*Ì*2*2*2lt'j Neo-tcotltitma ho*culo coti radimi Fig. 2: esemplificazione della predisposizione di progetti esecutivi per il completa N mento della rete ecologica (elaborazione grafica arch. M. Negri ni). 89 Tutti i progetti, grazie ad un Accordo di programma tra la Provincia e i Comuni interessati, sono stati finanziati - per un importo complessivo di oltre 300.000 curo per il 2002 - e sono in corso di realizzazione. La fase, piuttosto complessa e delicata, di contrattazione con le proprietà per la realizzazione di siepi, boschetti e zone umide è in parte ancora in svolgimento, ma in molti casi si è già concretizzata l'operazione e gli interventi pre visti sono stati effettuati o sono in corso di attuazione. Contemporaneamente sono state prodotte attività di informa zione pubblica e di promozione della fruizione del territorio seguendo la rete ecologica e valorizzando le aziende agricole coinvolte mediante specifici itinerari, manifestazioni e materiali divulgativi. Nello specifico è disponibile - con invio gratuito, previa richiesta presso gli enti coinvolti nel progetto - una pubblicazio ne (cfr. in bibliografìa Recupero ... 2001) in cui vengono rac colte ed illustrate, con dovizia di schemi grafici ed illustrazioni, le fasi di individuazione della rete ecologica. RILIEVO ELEMENTI TERRITORIALI U I < Valutazione della configurazione spaziale Z < INDIVIDUAZIONE ELEMENTI TERRITORIALI FUNZIONALI ALLA CREAZIONE DELLA co RETE ECOLOGICA < Uh Monitoraggio biologico ATTRIBUZIONE DEL VALORE DI OGNI ELEMENTO TERRITORIALE Attribuzione del ruolo DEFINIZIONE DELLA RETE ECOLOGICA O > '— Coinvolgimento dei soggetti interessati e individua/ione cicali incentivi < PROG ETTAZION E ES ECOTI VA, REALIZZAZIONE E MANUTENZIONE Fig. 3: schema metodologico seguito per la predisposizione della ecologica. 90 rete Piano programmaiico per la conservazione e il migliora- Bibliografìa mento degli spazi naturali nella Provincia di Bologna :deliberazione Consiglio Provinciale n. 103/2000, Provincia di Bologna, Assessorato Ambiente. Servizio Pianificazione paesisti ca, Bologna. Recupero e gestione ambientale della pianura : la rete ecolo gica del Persicetano, 2001,a cura di A.Morisi, Centro Agricoltura Ambiente. Crevalcore (BO). 91 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 93-108 Avifauna e siepi negli ambienti coltivati della pianura Giuseppe Camerini *, Riccardo Groppali ** Riassunto Al contrario di quanto accade oggi, in passato l'abbondanza di siepi era un elemento caratterizzante il paesaggio agrario delle pianure. Nella stagione riproduttiva le siepi ospitano un'avifauna più abbondante e varia rispetto ai campi aperti, ma anche per gli uccelli svernanti la siepe ha grande importanza. La densità otti male di siepi per l'avifauna è compresa fra 60 e 110 m/ha. La den sità tuttavia non è il solo fattore che influenza il ruolo delle siepi come elemento di arricchimento faunistico.Altri l'attori quali l'al tezza, la larghezza, la varietà di specie arbustive e arboree vanno tenuti in debita considerazione. Nell'articolo vengono discussi gli effetti della rarefazione delle siepi sull'avifauna e viene tracciato un quadro delle conoscenze attuali relative all'avifauna delle siepi nelle pianure italiane. Stimma ry Introduzione Hedges were common in the past. bui nowadays are strongly reduced in the landscape of the loivlands. Durt'ug the breeding seasou there are more birds and more species in hedges than in open J'ields, bui hedges are used by birds even in winter.An optimal amount of hedges for birds is 60110 m/ha. The amount per unii area is not the only faclor ajj'ec/iug birds in the hedges. Other factors are importaliI: height. iridili, rid.mess of shrubs and trees. The knowledge about birds living in the Italian loivlands and the ejfects of hedges loss are discusseti. La siepe viene utilizzata dall'avifauna come sito di nidifica zione, come rifugio, come posatoio o come fonte di nutrimento. * Strada ilei Porlo 9 - !-2~OSO Hastida I'ancar.ma (PV). E-mail: giuseppe_camerini@Iibero.it ** Università ili Pavia, Dipartimento di Ecologia del territorio e degli ambienti ter restri, via S. Epifanio 13 -1-27100 Pavia. E-mail: groppali@et.unipv.it 93 La conservazione e il ripristino delle fasce di vegetazione spon tanea che separano i coltivi rappresentano pertanto strumenti di intervento obbligati per il ripopolamento faunistico, come rico nosciuto dall'Unione Europea nei suoi provvedimenti legislativi (direttive e regolamenti) finalizzati a migliorare la qualità ambien tale dei territori coltivati. I deleteri effetti causati dalla generalizzata applicazione di un modello intensivo di produzione agricola si sono manifestati in Italia soprattutto a partire dagli anni '60. Confrontando l'avifau na nidificante in un'area agricola collinare dell'Appennino pave se nel 1963 e nel 1977, Cova (1980) segnala, fra gli effetti indot ti dal riordino dei fondi agricoli, la spinta rarefazione dell'averla piccola (I.unius co/lttr/o) e l'estinzione locale dell'averla cene rina (lum'tts minor), specie che possono essere considerate a pieno titolo indicatrici del grado di diversificazione degli agroccosistemi (Groppali 1999). Nei territori di pianura la banalizza zione dell'ambiente si è manifestata in maniera ancora più distruttiva. Un esempio è rappresentato dal Parco cremonese del Po dove la rimozione del 35% della dotazione di siepi e filari registrata fra il 1980 ed il 1997 (Groppali 1999) ha determinato la scomparsa dell'averla cenerina e dell'averla capirossa (I.aniiis senator), che fino alla fine degli anni '70 erano presenti come nidificanti. Il ruolo delle siepi neU'ecosistema agrario Qual è la reale importanza delle siepi per l'avifauna? Intorno a questo quesito si è acceso un appassionato dibattito, in Europa e in Italia, fra chi sostiene che la siepe rappresenti soprattutto un elemento di arricchimento del paesaggio e chi invece la ritiene indispensabile per garantire un accettabile grado di diversità faunistica. L'insieme dei dati ricavabili dalla letteratura specializ zata sembra convergere nel dimostrare che un'equilibrata dota zione di siepi favorisca l'abbondanza e la varietà dei popola menti ornitici.A tale proposito si può citare la ricerca di Fi.orit et al. (1999) che hanno esaminato gli effetti del riordino fon diario nella pianura del medio Friuli, avviato a partire dagli anni '70, mettendo a confronto un'area caratterizzata dal paesaggio rurale tradizionale - campi chiusi bordali da siepi e scoline - con un'area costituita da campi aperti (Tab. 1). Le figure che seguo no (Fig. 1 e 2) illustrano le conseguenze delle operazioni di rior dino sull'avifauna nidificante: diminuzione della ricchezza e della densità del popolamento ornitico. Va segnalato, pere), che nell'area di studio priva di siepi è slata rilevata la presenza di specie non comuni nella pianura friulana, come la pavoncella (Vaitelins vanellits) o la cappellaccia (Galerida distata). Ciò dimostra che il riordino fondiario non rappresenta di per sé - e in ogni caso - un evento negativo, a patto però che la creazione 94 di "campi aperti" non sia generalizzata ma si vada a inserire in un equilibrato mosaico colturale caratterizzato da una sufficientepresenza di siepi (Fi.orit et al. 1999). In gran parte della Valpadana purtroppo tale equilibrio è stato spezzato negli ultimi decenni dalla dilagante espansione delle opere di ricomposizio ne fondiaria, che hanno impoverito il mosaico degli agroecosistemi, estendendo a dismisura il paesaggio dei campi aperti a danno degli incolti, delle siepi e delle arce boscate. Tradizionale Tradizionale Tradizionale Riordino Riordino Riordino 1991 1992 1993 1991 1992 1993 20 22 20 6 «S Parametri Ricchezza (n. specie) Densità (territori/10 ha) Diversità (II) 15.06 ? I-quiriparti/.ione ()') ? 0,73 T 1S.i2 I7.~l 1.05 6.1 5.26 2.16 2.15 l.3i I.5S 1.5 0.7 0,72 0,75 0,76 0.77 lab. 1: confronto fra comunità ornitiche nidificanti in due aree di studio (con paesaggio agrario tradi zionale e oggetto di riordino fondiario) del medio Friuli (Fiorii et al. 1999). 25 20 • Tradizionale • 5 Riordino io e - 1991 1992 1993 Anno Fig. 1: ricchezza (numero di specie) delle comunità ornitiche nidificanti in due aree agricole a differen te gestione del medio Friuli (da Fi.orit et al. 1999). La presenza di siepi non condiziona la ricchezza della comu nità ornitica soltanto nel periodo riproduttivo, ma anche nel corso delle altre stagioni dell'anno. Lo dimostrano i dati ottenu ti da Groppai.i (1996) che ha censito nell'arco di un anno l'avi fauna in aree della Valpadana centrale di eguale ampiezza (0,25 kmq) ma caratterizzate da una diversa dotazione di siepi. Le siepi presenti nelle aree di studio A e fi avevano eguale densità (28 95 20 16 14 12 • Tradizionale IO • Riordino 1991 1992 1993 Anno Fig. 2: densità (n. territori/10 ha) delle comunità ornitiche nidificanti in due aree agricole a differente gestione del medio Friuli (da Fiorii et al. 1999). m/ha) ma differente struttura e distribuzione. In un caso (areaA) si trattava di filari di l'arnie mature e ben sviluppate in altezza, distribuiti in modo omogeneo lungo gli appezzamenti coltivati e frammisti a siepi arbustive. Nel caso dell'area B la siepe, più bassa e compatta, era disposta in un'unica formazione. L'area di studio C era invece del tutto priva di siepi. I risultati dei censi menti sono visualizzati nella figura 3- Fig. 5: numero di specie ornitiche censite nell'arco di un anno in 3 aree di studio (0.25 kmq) con diver sa dotazione di siepi e filari arborei (da (iuoi'i'M.i 1996). 96 La densità per ettaro non è l'unico parametro che permette di stimare il "valore" ambientale e faunistico delle siepi. Lo dimo stra la differente ricchezza della comunità ornitica rilevata nelle aree A e B, che pure possedevano un'eguale dotazione di siepi. Occorre prendere in considerazione anche altri fattori, come la composizione floristica, l'altezza, la larghezza o la frammenta zione di una siepe. Densità di siepi per unità di superficie Per quanto riguarda la densità ottimale, ciascuna specie orni tica mostra esigenze particolari in l'unzione della propria nicchia ecologica. Per le specie silvane o del sottobosco, come il merlo (Turdiis merlila), l'usignolo (lasciliia megarhyncos), il petti rosso (Erilhacus rubecula). esiste una correlazione positiva fra la densità delle siepi e la densità di coppie nidificanti. In Svizzera uno studio che ha preso in esame alcune specie presenti negli ecosistemi agrari, tra cui zigolo giallo (Emberiza citrinella), ster pazzola (Sylvia commuiiis) e capinera (Sylvia atricapilfa), ha evidenziato come per queste specie la dotazione ideale corri sponda a 60-80 metri di siepe/ha (Lack 1992). In linea generale, la densità della comunità di uccelli che nidi fica in un'area agricola tende ad aumentare, in modo approssi mativamente lineare, con l'aumentare della dotazione di siepi. La ricchezza del popolamento, vale a dire il numero di specie nidi ficanti, aumenta parallelamente alla dotazione di siepi fino a rag giungere un picco massimo, oltre il quale si registra invece una tendenza alla riduzione della varietà della comunità ornitica (Lack 1992). Quale è il valore della densità di siepi che corri sponde a questo picco? Secondo Lack (1992) è pari a 60-80 m di siepe/ha. mentre a parere di O'Connor & Shrubb (1986) è nel l'ordine di 70-110 m/ha. Oltre questi valori l'abbondanza di siepi pregiudica la presenza degli uccelli tipici degli spazi aperti, come ad esempio l'allodola (Alauda arvensis). In definitiva, la dotazio ne ottimale di siepe è quella che garantisce l'esistenza di quel l'equilibrato mosaico di habitat di cui si è già detto commentan do i risultati delle ricerche svolte in Friuli (Fi.orit et al. 1999). Struttura e composi zione delle siepi Analogamente a quanto accade per la struttura verticale di un ambiente forestale, anche all'interno della siepe si possono distinguere differenti strati di vegetazione: il primo è quello erbaceo. Seguono, procedendo dal basso verso l'alto. Io strato arbustivo e quello arboreo. L'avifauna del bosco, in special modo quella nidificante, è significativamente influenzata dalla struttu ra e dalla composizione degli strali di vegetazione; altrettanto si può dire dell'avifauna delle siepi (O'Connor òt Shrubb 1986). Generalmente si tende a sottovalutare il ruolo della vegeta- 9- zione erbacea insediata ai piedi di un filare arboreo-arbustivo. In realtà anch'essa è importante per alcune specie - come il fagia no o la starna - che, nelle campagne povere di incolti o boschet ti, possono utilizzare a fini riproduttivi la banchina erbosa deliesiepi (Glngiiini et al. 1992). Non va poi sottovalutato il fatto che la vegetazione erbacea è fonte di nutrimento per varie specie gra nivore, come ad esempio il cardellino (Carduelis carduelis). Nelle strisce di vegetazione adiacenti alle siepi che non siano soggette a tagli ripetuti possono inoltre svilupparsi insetti che rappresen tano una valida fonte alimentare per gli uccelli (Lack 1992). Gli arbusti e le piante rampicanti sono una componente essenziale della siepe, con particolare riguardo per le specie che sviluppano un fogliame molto fìtto in grado di sottrarre i nidi degli uccelli alla vista dei predatori (Lack 1992). Fig. i: densità dei territori (coppie nidificanti/km siepe) in relazione al numero di specie arbustive (da o'Connor & Shrubb 19<s6, moti.). Ciascuna essenza vegetale contribuisce ad aumentare la dispo nibilità di fonti alimentari utilizzabili da parte dell'avifauna. La figu ra 4 evidenzia gli effetti benefìci della varietà di arbusti sulla ric chezza di specie ornitiche nidificanti (O'Connor & Shrubb 1986). Numerosi uccelli delle siepi hanno abitudini frugivore, spe cialmente in autunno e inverno, e dunque possono nutrirsi dei frutti prodotti dai più comuni arbusti della campagna (Sambucus nigra, Euonymus europaeus, Rtibtis spp., Pruiitts spinosa ...) in periodi dell'anno in cui la scarsità di cibo rap presenta, specialmente per i piccoli Passcriformi, un fattore di mortalità assai critico. Una ricerca condotta in un'area periurbana dell'hinterland milanese (Fontani-to et al. 2002) dimostra 98 che nel periodo invernale le popolazioni di merlo tendono a concentrarsi nelle zone più ricche di siepi, come i giardini delle abitazioni residenziali, per nutrirsi prevalentemente di frutti di origine arbustiva (es.: bacche di agrifoglio). La disponibilità di frutti non è tuttavia importante solo durante le stagioni fredde: lo storno (Slurnus vulgaris), ad esempio, in estate si ciba delle more di gelso. Neppure le speciepiù strettamente insettivore in alcune fasi della loro vita posso no fare a meno di alimentarsi di bacche: Allegro (1996) ha osservato ripetutamente l'utilizzo di frutti come alimento per i nidiace! da parte del picchio rosso maggiore (Picoides major), che presumibilmente integra in tal modo la dieta dei piccoli con una preziosa fonte di vitamine. Le figure 5 e 6 mostrano le preferenze alimentari - rilevate nel Regno Unito - della capinera e del merlo nei confronti dei frutti che si sviluppano sugli arbusti da siepe (Snow & Snow 1988). Nei grafici sono riportate in percentuale le osservazioni di individui intenti ad alimentarsi dei vari frutti; sono escluse le osservazioni che hanno fatto registrare percentuali inferiori al 5%. Lo sviluppo dello strato arboreo determina l'altezza della siepe. Le specie silvane - la cinciallegra (Parus major). la cincia rella (Parus coeriileus) o il fringuello (Priiigi/la coelebs) - nelle campagne mostrano una netta preferenza per le siepi alberate. Le specie tipiche dei cespugli o dei boschi radi - la sterpazzola, lo zigolo giallo o le averle - possono insediarsi anche nelle siepi basse, come per altro possono fare l'usignolo e il merlo (Groppali 1996). 5 10 15 20 25 Percentuale di osservazioni (%) Fig. 5: Capinera: utilizzo trofico degli arbusti nel Regno linito (da Sxovv & Snow 1988). 99 5 10 15 20 25 Percentuale di osservazioni (%) Fig. 6: Merlo: utilizzo trofico degli arbusti nel Regno finito (da Snow & Snow 1988). La struttura ottimale della siepe è tuttavia ciucila che compren de anche lo strato arboreo. Per gli uccelli che popolano i bordi dei coltivi gli alberi rappresentano un elemento di attrazione special mente nella stagione riproduttiva. Studi condotti nel Regno Unito dimostrano che all'interno di una siepe la frequenza di contatti in prossimità degli alberi (distanza < 25 ni) è significativamente supc riore a quella registrata a distanze superiori (Lack 1992). L'importanza della componente arborea è stata inoltre dimo strata, in modo drammatico, dalle osservazioni svolle nelle cam pagne inglesi durante la moria di olmi causata dal fungo pato geno Ceralocystis itimi. Nel Regno Unito l'olmo è uno degli alberi più comuni nelle siepi; tra il 1969 e il 1980 10 dei 17 milioni di olmi presenti sul territorio inglese morirono per effet to dell'epidemia. La conscguente rarefazione della componente arborea determinò effetti negativi su numerose specie nidifi canti (OSBORNE 1982). Una delle specie più danneggiate fu il codibugnolo (Aegithalos cuiidatus) la cui nidificazione fu com promessa, presumibilmente a causa dell'aumento di penetrazio ne della luce all'interno della siepe provocato dallo sfoltimento dello strato arboreo. Anche l'altezza media delle siepi subì una riduzione con conseguenze negative a carico di specie come il corvo (Corvus frugilegus) che tendono a posizionare in alto i nidi (O'Connor & Shrubb 1986). Anche la civetta (Alhene iioctua), il barbagianni (Tyto alba) e l'allocco (Slrix aluco) furono privati di buona parte dei siti di nidificazione. Nelle campagne inglesi infatti le cavità presenti nei tronchi cariati degli olmi maturi rappresentano per queste specie la principale possibilità di nidificazione. 100 I filari di vegetazione arborea matura sono di fondamentaleimportanza per altri rapaci notturni che nidificano nelle cavità, come l'assiolo (Otus scops). Uno dei fattori che ha causato il declino di questa specie nei territori di pianura e media collina della provincia di Gorizia è proprio la progressiva eliminazione dei filari di salici e gelsi capitozzati (Corbatto & Paradisi 1999). In linea generale, l'utilizzo trofico dello strato arbustivo è maggiore rispetto a quello dello strato arboreo, ma gli alberi pro ducono comunque una notevole biomassa fogliare che è ali mento per gli insetti litofagi, a loro volta predati dagli uccelli insettivori e, nel periodo della nidificazione, anche dagli uccelli granivori impegnati a nutrire la prole. Inoltre nel periodo ripro duttivo solo la componente arborea può offrire posatoi rilevati per il canto, esigenza questa che è irrinunciabile per numerose specie. Nel Regno Unito è stato anche osservato che le siepi alberate delle campagne sono quelle più frequentate dagli uccelli svernanti (Lack 1992). In definitiva si può affermare che la maturazione di una siepe, ovvero la sua strutturazione in un filare compatto com posto da un fìtto strato arbustivo sormontato da alberi ben svi luppati verso l'alto, è destinata ad aumentare sia la ricchezza che l'abbondanza del popolamento ornitico,come dimostrano i dati raccolti da Groppali (1993) in Valpadana. Il numero di coppienidificanti (Fig. 7 e Tab. 2) censite in tratti di siepe lunghi 250 m è massimo nelle siepi mature, ricche di arbusti e dominate da Tipo di siepe Specie nidificanti Coppie nidificanti/250 m Platanus hybrida Populits canadensis Morus alba 18 6 8 3 49 26 9 7 Otierciis robtir 'lab. 2: varietà e densità degli uccelli nidificanti in quattro diverse tipologie di siepi della Valpadana cen trale (da Groppali 1993). 60 50 40 30 20 • 10 A Quercus Populits Morus Platanus Fig. 7: numero di coppie nidificanti/250 ni in differenti tipi di siepe (da Groppai.i 1990). 101 l'arnie alte 20-30 metri. Nei filari monospecifìci di pioppo (altez za 18-25 m) il numero di coppie nidificanti è inferiore e si ridu ce ulteriormente nel caso di lìlari puri di gelsi capitozzati (altez za 5-6 m) e di filari puri di platano (altezza 6-10 m). Un filare arboreo monospecifico generalmente è meno attrattivo per gli uccelli rispetto a una siepe arborco/arbustiva ben strutturata, ma se la vegetazione arborea è abbastanza matu ra da garantire la presenza di legno morto 0 deperiente, anche nei filari monospecifìci possono insediarsi specie interessanti come l'upupa (Upupa epops), il picchio rosso maggiore o il pic chio verde (ficus viridis). In virtù della loro capacità di ricava re cavità nel legno morto i picchi creano opportunità di nidifi cazione per altre specie, come lo storno, la passera mattugia (Pusser moiilaims). il torcicollo (fynx torqui/hi) o le cince (Groppai.i 1993, 2000). Osservazioni svolte nei pioppeti dimo strano che lo scavo del nido da parte del picchio rosso maggio re può avvenire in tronchi o rami morti che abbiano una cir conferenza di almeno 50 cm (Camerini 1998). Per ovviare alla mancanza di esemplari arborei maturi in siepi di impianto recente è possibile installare covatoi artificiali ampiamente col laudati per specie come la cinciallegra e la cinciarella. Gli ornitologi sono concordi nel considerare anche la lar ghezza di una siepe come un fattore che favorisce l'avifauna e soprattutto le specie più tipicamente silvane (Lack 1992). Studi condotti nelle pianure scozzesi indicano infine che la densità dell'avifauna aumenta nei tratti di siepe che ne intersecano altri, come documenta la figura 8 (Lack 1992). Questo dato ribadisce quanto sia importante conservare o ripristinare quella rete di connessione fra i coltivi che è assicurata dalla presenza di un equilibrato mosaico di siepi e filari. • Tratto lineare • Intersezione Scricciolo Merlo Cincialleara Fig. 8: numero medio di esemplari osservali in tratti lineari di siepi e in tratti prossimi ad intersezioni (lunghezza tratti di rilevamento: 75 m;da LACK 1992). 102 La localizzazione delle siepi Le siepi possono delimitare il confine fra i coltivi ed altri ele menti dell'ambiente agrario: l'ossati, canali, torrenti, boschi o strade. Nel Regno Unito è stato accertato (Lack 1992) che le siepi prossime a boschi generalmente ospitano un numero di speciemaggiore rispetto alle siepi di simile struttura e composizione, collocale a maggiore distanza dagli ambienti forestali. Uccelli che hanno dimostrato di preferire le siepi prossime ai boschi sono specie silvane come il luì piccolo (Phylloscopus collybita) e il codibugnolo. Nel caso del codibugnolo la preferenza per le siepi periforestali sembra motivata dalle favorevoli opportunità trofiche offerte dall'ambiente boschivo che dalle siepi confinan ti può essere raggiunto senza grande dispendio di energia. Va segnalato tuttavia che studi condotti nel Regno Unito (OsBORNE 1982) hanno dimostrato una maggior vulnerabilità agli attacchi dei predatori dei nidi realizzati in siepi prossime ai boschi. In linea generale le siepi adiacenti ad altre componenti del l'ecosistema agrario - corsi d'acqua, pozze o strade - ospitano un'avifauna più varia rispetto a quella che popola le siepi dispo ste a separare i coltivi (Lack 1992: Groppai.i 2000). Le siepi come corridoi ecologici Le siepi rappresentano un naturale corridoio di collegamen to e la loro importanza nel facilitare la dispersione dei mammi feri è stata dimostrata in numerosi casi. Potendo contare su di una maggiore capacità di movimento garantita dal volo, gli uccelli non sembrano invece così legati alle siepi per indirizza re i loro movimenti. In alcuni casi tuttavia è stato dimostrato che anche le siepi possono costituire un riferimento preciso nel "pilotare"gli spostamenti degli uccelli da un ambiente all'altro. F il caso ad esempio della cinciarella e della cinciallegra, che ten dono a spostarsi preferenzialmente lungo le siepi insieme alla prole una volta conclusa la nidificazione (Lack 1992). In Olanda è stato inoltre evidenziato come la presenza di una rete di siepi che collega piccole aree forestali isolate all'interno della campa gna favorisca l'abbondanza e la varietà del popolamento ornitico presente in questi boschi (Lack 1992). L'avifauna delle siepi in Valpadana Secondo Sartori (1998) quella della pianura padana è una vegetazione « ... di rari boschi ma di molte specie»: specie non sempre autoctone, introdotte dall'uomo nel corso dei secoli, in virtù di un processo di domesticazione della vegetazione spon tanea che ha accompagnato la messa a coltura dei suoli e ha segnato la virtuale cancellazione della foresta mesofìla primaria, dominala dalla presenza di l'arnia, olmo e carpino bianco. Che cosa è rimasto di queste associazioni vegetali nelle siepi? Ben poco, per la verità, mentre in compenso si sono ampiamente clif- 103 fuse essenze arboree esotiche come la robinia (Robinia pseu doacacia), i gelsi (Morus alba e M. nigra) oppure specie frutto di ibridazioni, come il platano (Platanus hybrida) e il pioppo euroamcricano (Popultis canadensis). Queste essenze sono talora i componenti principali, se non addirittura esclusivi, dei filari arborei interpoderali. Un'indagine botanica condotta nelle province di Lodi, Pavia e Milano (Sartori 1998) segnala proprio la robinia e il pioppo euroamcricano come le specie arboree in assoluto più diffuse. Ai fini di una classificazione dell'avifauna delle siepi padane, i criteri utilizzabili potrebbero essere due. Con il primo si può fare riferimento alla specie arborea dominante all'interno della siepe, alternativamente si possono classificare le siepi in relazio ne alla struttura verticale della vegetazione: siepe alberata fìtta, siepe bassa ad alberi radi, filare puro. In questa sede si è scelto di privilegiare il primo criterio, dal momento che in taluni casi le siepi - si pensi ai filari di gelsi - pos seggono una struttura talmente peculiare, per effetto degli interventi colturali, che risulta assai problematica una classifica zione basata sulla distribuzione verticale della vegetazione. Fra le siepi più tipiche presenti nella Valpadana centrale si possono ricordare: la siepe dominata dalla farnia, la siepe a fila re alto con prevalenza di pioppo ibrido, il filare puro di gelso Specie Pia tun us Morus Populits Quercus Lodolaio Tortora * Upupa * Picchio verde- * Picchio rosso maggioreUsignolo * * Merlo * Capinera * * • * Luì piccolo * Pigliamosche Cinciallegra •: Rigogolo Averla piccola Cornacchia grigia * * * Storno * Passera mattugia Fringuello * Verdone * • * Cardellino Tab. 3: uccelli nidificanti in siepi e filari di differente tipologia della Valpadana interna (da Groppai.i 1990,1996, 2000). 104 bianco capitozzato e il filare puro di platano cccluato. Per queste tipologie di siepi sono disponibili dati relativi agli uccelli nidifi canti (Groppali 1990. 1996, 2000). Nella tabella 3 si elencano le specie censite per ciascuna delle quattro tipologie di siepe. Gli effetti della distruzione e della degradazione delle siepi L'impatto delle opere di intensificazione dell'attività agricola a carico dell'avifauna delle siepi può essere di duplice natura. Il primo è di carattere quantitativo e riguarda la distruzione della siepe, il secondo è invece di tipo qualitativo ed è il risultato di interventi che modificano la struttura della vegetazione, come per esempio il taglio di esemplari arborei, il diradamento della componente arbustiva o la riduzione della larghezza di una siepe. Dati molto precisi che possono documentare gli elìcili deri vanti dalla distruzione delle siepi a danno dell'avifauna sono ciucili rilevati nel Regno Unito (Evans 1972) in un'area di studio del Cambridgeshire tra il 1966 e il 1971. In questo lasso di tempo si determinò una riduzione della dotazione di siepi pari al 90%, da 50 m/ha di siepe a 3 m/ha. Gli effetti furono valutati utilizzando come indicatori 8 spe cie nidificanti, tra cui pettirosso, merlo, scricciolo e fringuello. II numero di territori delle specie indicatrici si ridusse in media del 50%. Due anni più tardi suscitarono scalpore dati (Murton & WjESTWOOD 1974) che documentavano gli eliciti di un'intensa opera di rimozione delle siepi attuata in un'altra area agricola del Cambridgeshire coltivata in modo estensivo fino al I960 e ricchissima di lìlari arboreo-arbustivi. Qui le siepi furono rimos se per i 2/3 della loro estensione. Come risultato tra il I960 e il 1971 si registrò un decremento della densità complessiva degli uccelli nidificanti, ma un parallelo aumento del numero di spe cie nidificanti. L'apparente paradosso trova tuttavia una spiega zione logica. Mentre nel caso dell'area studiata da Evans (1972) il valore di partenza della dotazione di siepi era già da conside rare al limite dell'accettabilità (50 m/ha), nell'area agricola stu diata da Murton & Wkstwood (1974) l'originaria dotazione di lìlari era molto elevata e dunque la pur spinta opera di sfolti mento aveva riportato la densità delle siepi nell'ambito di quel l'intervallo ottimale di valori cui corrisponde la massima varietà della comunità ornitica. L'entità del danno indotto dalla distruzione delle siepi è dun que strettamente correlata alla loro iniziale dotazione. Ridurre la densità di siepi in un'area fittamente bordata da filari di vegeta zione fino a valori compresi fra 60 e 100 m/ha non è operazio ne destinata a creare scompensi gravi. Al di sotto di una soglia critica, invece, la rimozione delle siepi produce effetti deleteri. 105 Ammettendo dunque che la densità di 6() m/ha possa essereproposta come valore minimale di riferimento, sorge spontanea la domanda: quanta parte della pianura padana conserva una dotazione di siepi pari a questo valore - soglia? Non è possibile rispondere con precisione alla domanda, tuttavia si può ragio nevolmente ipotizzare che tale dotazione non sia più rintraccia bile in gran parte delle pianure italiane. A tale proposito si può ricordare la variazione della densità media di filari e siepi rileva ta da Groppali (1990) in un'area a sud di Cremona compresa nel Parco cremonese del Po. In tale area, ampia 2.430 ha, la densità di siepi e filari che nel 1980 era pari a 20,7 m/ha nel 1997 si era ridotta a 13,3 m/ha. Vi è poi da chiedersi quale sia la "qualità'' delle siepi che sopravvivono alle operazioni di riordino fondiario. In molti casi esse hanno subito interventi che ne hanno ridotto la larghezza e ne hanno compromesso la struttura, per effetto della introdu zione di specie alloctone e della degradazione dello strato arbu stivo. Tra gli effetti più frequenti di questi interventi occorre ricordare il diradamento della siepe, con la creazione di "vuoti": aperture che compromettono la continuità del filare di vegeta zione. L'insieme di questi interventi (riduzione della larghezza, creazione dei vuoti) è destinato a influire negativamente sull'a vifauna. La creazione di "vuoti", per esempio, secondo Lack (1992) ha effetti trascurabili soltanto se gli spazi di discontinuità non superano il 10% della lunghezza della siepe. Anche i metodi di gestione della siepe possono essere dele teri se esercitati in maniera impropria. Anzitutto va evitato nel modo più assoluto qualsiasi intervento di pulizia della vegeta zione nel periodo della riproduzione. Questa raccomandazione non appaia scontata: per anni le operazioni di taglio dei filari di vegetazione arbustiva spontanea, che crescono ai margini degli argini maestri del fiume Po, per fare un esempio, sono stati con dotti senza alcun rispetto per questa regola elementare. Anche l'utilizzo di erbicidi sulle strisce di vegetazione spon tanea che contornano le siepi è sconsigliabile. In linea generale, le operazioni di sfrondatura dei rami degli arbusti che tendono a espandersi lateralmente andrebbero eseguite nel mese di gen naio, dopo che i frutti degli arbusti sono stati consumati dagli uccelli. Altra raccomandazione obbligata è quella di non rimuo vere la vegetazione arborea deperiente, a meno che non costi tuisca un pericolo per la sicurezza delle persone. L'impianto di una nuova siepe he basilari regole che possono essere suggerite per Firn- pianto di una siepe sono utili per conseguire simultaneamente più obiettivi, come l'incremento dell'avifauna, la tutela degli insetti utili (impollinatori, predatori, parassitodi) e il migliora- 106 mento della varietà floristica degli ecosistemi agrari: - progettare la nuova siepe in modo che funzioni da corridoio di connessione con altre siepi o unità ecosistemiche eventualmen te già esistenti, come boschetti, canali, parchi, giardini, orti; - utilizzare una sufficiente varietà di essenze arbustive e arboree autoctone, scegliendo quelle che crescono spontaneamente in zona; - garantire una sufficiente larghezza della siepe, piantando gli arbusti in due file parallele e alternando esemplari arborei; - proteggere le pianticelle dal possibile danneggiamento dovuto all'azione di animali erbivori; - disporre la siepe a debita distanza dal bordo dei coltivi, allo scopo di evitare possibili danni derivanti dalle lavorazioni mec caniche; - garantire una sufficiente continuità alla siepe, ovvero evitare di lasciare eccessivi spazi di vuoto nella struttura del filare. 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Naturalmente tali funzioni variano da luogo a luogo in rela zione a fattori ambientali, sociali, economici e culturali. Farfalle diurne e siepi La capacità di una siepe campestre di attrarre le farfalle diur ne (Lepidoptera: Rhopalocera) rientra perciò pienamente in almeno due delle funzioni precedentemente citate: quella eco logica e quella estetica e ricreativa. I Ropaloccrfa seconda della loro capacità di dispersione, for* Università di Pavia, Dipartimento tli Ecologia del territorio, via S. Epifanio I-i 1-27100 Pavia. E-mail: giampio@email.it 109 mano popolazioni aperte o popolazioni chiuse: nel primo caso si tratta di specie (quali ad esempio molti Ninfalidi, Pieridi e Pipinomeli) migratrici o comunque che, all'interno del loro area le, possono essere osservate quasi ovunque poiché attraversano le campagne fermandosi qua e là per alimentarsi,accoppiarsi o deporre le loro uova e successivamente si spostano alla ricerca di un altro ambiente idoneo; nel secondo invece si tratta di spe cie (come Pararge aegeria, satiride legato alle aree boschive ben strutturate con sottobosco parzialmente illuminato) che l'ormano colonie separale e, essendo piti sedentarie, sono tipi che degli ambienti permanenti che però hanno di solito una distribuzione puntiforme nel nostro paesaggio agricolo e sono mollo distanti tra di loro (ad esempio i boschi, le zone umide, le baragge- e altri habitat, dove il cibo per le larve e gli adulti è disponibile nella stessa area). Perciò le siepi campestri, in grado di attrarre le farfalle diur ne, se inserite in un'efficiente rete ecologica di connessione tra lembi di paesaggio naturale favorirebbero in primo luogo le spe cie più sedentarie che riuscirebbero a disperdersi con più faci lità e a raggiungere habitat idonei fino ad allora isolati. Anche le specie con una più elevata capacità di dispersione sarebbero comunque avvantaggiate, poiché potrebbero utilizzare le siepi come aree di sosta durante i loro spostamenti. Pertanto se si persegue la naturalizzazione di uno spazio agri colo, si deve sempre evitare che questo rimanga isolato: in tal caso potrà essere raggiunto e popolato solo da alcune delle spe cie con elevata capacità dispersiva; molte fra queste, infatti, anche se possono percorrere distanze elevate, sono molto sen sibili all'inquinamento, alla meccanizzazione dell'agricoltura e ad altri fattori. Ipotesi di realizzazione di siepi per farfalle diurne Per creare una siepe che attragga le farfalle diurne è necessano innanzitutto svolgere un'indagine accurata, supportata da fonti bibliografiche, sulla ropalocerofauna del territorio di inter vento. L'indagine però non si deve soffermare soltanto sul pae saggio agricolo in cui si va ad operare ma anche sulle specie che si possono osservare in vicine arce di interesse naturalistico. Svolta tale indagine si possono creare tipologie di siepi campe stri "su misura ", a seconda delle esigenze ecologiche delle spe cie che in quell'area sono presenti. In generale una siepe cam pestre, per attrarre le farfalle diurne, deve adempiere alle fun zioni di seguito proposte: - permettere l'ovideposizione, l'alimentazione, l'accrescimento e l'incrisalidamento delle larve (soprattutto per le specie meno mobili): - offrire alimento agli adulti; 1 10 - offrire possibilità di riparo dalle alte temperature ovvero possi bilità di termoregolazione; - offrire rifugio per l'ibernazione dell'adulto. Siepi e sviluppo larvale Per quanto riguarda la prima funzione, salvo qualche accor gimento, non ci sono grandi problemi, poiché per ogni singola specie sono note le piante nutrici delle larve che. una volta introdotte, siano esse erbacee, arbustive o arboree, permettono sia l'ovideposizione che l'alimentazione dei bruchi, i quali il più delle volte fanno la crisalide sulla stessa pianta pabulare larvale. Bisogna però tenere presenti i due fattori seguenti: - per ogni singola specie è possibile che siano più d'una le pian te nutrici delle larve (ad esempio Gonepteryx rhamni ovidepo- sita su Rhumniis catharlicus e Praiigula alnits) e perciò risul ta importante un'indagine, supportata sempre da fonti biblio grafiche, per sapere quale specie venga preferita per l'ovidepo sizione in quel territorio; - le femmine, oltre a selezionare la specie di nutrice per le pro prie larve, selezionano anche gli esemplari più idonei in base a diversi fattori ancora non completamente conosciuti. Uno dei fattori principali consiste nel fatto che ogni pianta reagisce alla brucatura delle larve producendo sostanze difensive. Si potreb be erroneamente pensare che gli esemplari preferiti per l'ovi deposizione siano quelli in condizioni migliori e più vicini all'acqua; in tal modo, invece, si sfavorirebbe la specie. In Inghilterra infatti la rara Lycaena dispai-, la cui pianta nutrice è Riimex hydrolapathiini (tabacco d'acqua), pianta erbacea che cresce lungo gli argini di fossi e canali, preferisce ovideporrc sulle foglie degli individui più lontani dall'acqua e perciò meno robusti; inoltre tale scelta evita che le larve periscano a causa di un innalzamento dell'acqua (New 1977). Siepe e alimentazione degli adulti Per quanto riguarda la seconda funzione, visto che i coltivi sono di norma poveri di fioriture, bisognerebbe inserire ai loro margini, all'interno di siepi, essenze fiorite capaci di attrarre e quindi di alimentare gli adulti. (ìli studi su tale argomento sono scarsi e andrebbero sicuramente incrementati. Sono tuttavia disponibili due studi recenti: il primo è stato eseguito durante la stagione di volo dei Ropaloceri nel 1999 e nel 2000 in un'area protetta del Novarese, l'Oasi di Agognate; il secondo nella sta gione di volo del 2000 all'interno dell'Azienda Cassinazza di Baselica nel Pavese, dove dal 1994 sono in corso interventi di naturalizzazione ambientale tramite conversione del paesaggio agricolo in zone umide di valore naturalistico. Dalla prima inda gine è emersa la grande importanza di Ritbus frulicostis. essen- 111 za a portamento arbustivo che all'interno dell'Oasi è maggior mente frequentata rispetto a tutte le altre osservate. Infatti, tra le essenze rilevate nell'Oasi, il rovo comune è ciucila i cui fiori hanno attratto il numero più elevato di specie (Pieris brassicae, Artogeia rapae, Inachis io, Ochlodes venattts). Inoltre su 24 specie di Lepidotteri Ropaloceri rilevati, circa il 70% (Iphic/ides podaliritts, Pieris brassicae.Artogeia rapae. Anthocaris cardamines,C.olias crocea, Polyommatus icarus, Inachis io. Vanessa atalanta, Aglais urticele, Polygonia c-album, Pararge aegeria, Pyrgits mulvoides e Ochlodes venattts) è stato segnalato alme no una volta sulle foglie del rovo comune. Questa essenza, che nell'Oasi cresce preferibilmente all'interno degli ecotoni, essen do un'importante fonte di alimentazione ma anche di riparo o comunque di sosta per i Ropaloceri, meriterebbe quindi di esse re considerata efficace per il buttcrlìywatching e di conse guenza ideale da inserire nelle siepi campestri, anche se non ha un valore estetico elevato. Anche i fiori di Saponaria officinalis (su cui chi scrive ha osservato Lycaena phlaeas. Vanessa ata lanta, Artogeia rapae) e Tilia cordata (su cui chi scrive ha osservato Artogeia rapae, Inachis io e Polygonia c-album) sono stati utilizzati come l'onte di alimentazione da un discreto numero di specie di Ropaloceri adulti. Inoltre alcune altre essenze fiorite su cui farfalle diurne si sono posate almeno una volta per suggere il nettare sono le seguenti: Tamarix parviflora visitata da Rapilo machaon; Phylo/acca americana da /phic/ides podaliritts; Alliaria peliolata da Artogeia rapae e Pieris napi napi; Anemone nemorosa da Artogeia rapae; lythrum sa/icaria da Artogeia rapae; Stellarla holostea da Anthocaris cardamines;Solidago gigantea da Colias crocea e Artogeia rapae; Saiix alba da Aglais urlicae e Artogeia rapae; Helhmthiis tuberostts da Issarla lathonia e Artogeia rapae; Populits nigra, Prunus spinosa, Prunuspersica, Sa/ix purpu rea da Inachis io; Prunus serotina da Vanessa atalanta. Nella stessa indagine sono stati rilevati anche fiori del tutto ignorati dai Ropaloceri nell'Oasi, come ad esempio quelli di Sambitcus nigra, Robinia pseudoacacia, Quercus robur e molte altre essenze (D'Amico 2002). Dalla seconda ricerca, attraverso rilevamenti della ropaloccrofauna in tre aree campione (prato magro, prato umido e siepeprovvista di strato erbaceo, arbustivo e arboreo), è emerso in primo luogo che le specie di maggior interesse naturalistico sono state rilevate all'interno dell'arca campione con la maggior complessità strutturale e vcgetazionale (D'Amico 2000). Inoltre, eseguendo osservazioni su Lycaena dispai; specie rara osserva ta all'interno dell'azienda, l'Autore ha registrato, oltre ad una delle piante nutrici delle sue larve (Riiniex obtits/fo/ius), diver se essenze fiorite maggiormente utilizzate per alimentarsi 112 (Lythrum sa/icarht.Alisma p/aiitago-aqualica. Crepis biennis. Cirsiiim urvense e Bidens tripartita). Introducendo quindi in siepi campestri, lungo lo strato erbaceo di canali o fossi, la pian ta nutrice delle larve di questo licenide e le essenze fiorite elen cate in precedenza, quantomeno si favorirebbe la sua dispersio ne, considerando che la specie è sempre più rara a causa della degradazione del suo habitat. Un'altra essenza fiorita adatta per il buttcrlìywatching è Sambitcus ebultts, erbacea perenne il cui nettare viene prediletto da molte farfalle diurne, almeno in Sicilia, secondo i rilievi eseguiti da Coricano & Falci (1993) nella zona di Piano Battaglia (quota 1.650 m s.I.m.) situata nel cuore del Parco delle Madonie. Durante tali indagini, su un tota le di 68 specie presenti, 42 sono state rilevate sui fiori della sam buchella. Quest'ultimo esempio permette di sottolineare l'im portanza di questo tipo di studi, fondamentali per conoscere quali piante, nel territorio in cui si opera, vengono visitate oppu re ignorate dai Ropaloceri. Altre funzioni delle La terza l'unzione cui una siepe campestre dovrebbe sicura- siepi per le farfalle mente adempiere è quella di includere siti idonei allo svolgi- diurne mento di alcuni comportamenti dei Ropaloceri, fondamentali per la loro sopravvivenza, come la termoregolazione oppure la possibilità di rinfrescarsi e riposare. A tale proposito si potreb bero inserire posatoi di diverso tipo, come pietre o sassi appiat titi ben esposti al sole oppure piccole cataste di rami secchi, chetalvolta vengono utilizzate da alcune specie per ibernarsi da adulti. Sarebbe anche importante creare piccole pozze d'acqua, possibilmente circondate da ciottoli, o altri siti su cui le farfalle possano posarsi e quindi rinfrescarsi e abbeverarsi. Infine una siepe campestre dovrebbe comprendere I/edera he/ix, essenza rampicante perenne, utilizzata da alcune specie - come Gonepleryx rhanuii - per superare la stagione sfavorevole sotto forma di adulto. Altre proposte per aumentare la presenza di Ropaloceri nelle siepi potrebbero essere le seguenti: - creazione di alcuni nuclei di ortiche (pianta nutrice delle larve di molti Ninfalidi) di discrete dimensioni in porzioni ombreggiate; - inserimento di alberi o arbusti produttori di melata o altre sostanze zuccherine (appetite da molte specie di Ropaloceri), come ad esempio gli appartenenti ai generi '/'ilici o Acer; - smagrimento di alcune porzioni di strato erbaceo ben illumi nate tramite la deposizione di ghiaia sul terreno e la sua even tuale inclusione nelle porzioni superficiali del suolo, per incre mentare la diversificazione ambientale e per favorire la crescita di essenze fiorite appetite da molti Ropaloceri, come i generi Cardaus e Lavandaia; 113 - messa a dimora di alberi o arbusti da frutto coltivati o sponta nei (soprattutto Rosacee) i cui fiori e frutti in fase eli marcescenza attirano molle specie di Ninfalidi; - infine non andrebbero inserite conifere che in generale inibi scono i Ropaloceri e inoltre acidificano il terreno sottostante. 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Oxford University Press, Oxford. 114 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 115-119 Lepidotteri notturni (Heterocera) e siepi Moths ^Heterocera) and hedges Marino Marinone * Il continuo aumento delle aree a coltivazione intensiva ha Introduzione portato diverse forme di vita a considerare le siepi come vere e proprie oasi di rifugio, unica difesa contro gli enormi spazi aper ti che si sono venuti a creare rendendo animali e vegetali facile- bersaglio per i loro predatori. La presenza di siepi rappresenta anche l'ultimo baluardo per ciucile specie le cui esigenze trofi che non si sono ancora adattate alle modifiche cui è andato incontro l'ambiente agricolo. Uno dei gruppi animali che più evidenzia questa funzione delle siepi è quello degli Eteroceri (Heterocera), comunemente ma erroneamente definiti farfalle notturne o falene; in realtà diversi gruppi di Heterocera svolgono le loro attività vitali pre feribilmente o esclusivamente di giorno (ad esempio lo sfìngide Macroglossum stellatarum e gli appartenenti alla famiglia Zygaenidae). Con il termine Heterocera vengono considerati tutti quei lepidotteri con l'orma delle antenne diversa (antenne pettinate, segmentate, bipettinate. ecc.) da quella clavata tipica dei Ropaloceri o farfalle diurne in senso stretto. Spesso gli Eteroceri sono conosciuti più per i danni che pro vocano a livello agricolo e/o forestale che per la loro importan za dal punto di vista ecologico e pertanto tale aspetto potrebbe addirittura influire negativamente sulla comprensione della valenza ecologica delle siepi. Senz'altro molti Eteroceri, soprat tutto nello stadio di larva, possono risultare vere e proprie pia ghe per essenze vegetali importanti dal punto di vista agricolo o forestale. Diverse specie (ad esempio Lymantrici dispar e Yponomeula sp.) possono arrivare a defogliare anche comple tamente le essenze vegetali di cui si nutrono, causandone la • e/o SISTF.CO s.r.L. via Canevari 1 -1-27100 Pavia. E-mail: marinomar» tisealinet.it 115 morte per compromissione della l'unzione clorofilliana; essendo inoltre tali specie soggette a vere e proprie esplosioni demogra fiche, possono costituire gravi problemi nelle zone in cui sono presenti. Altri tipi di infestazioni possono riguardare larve xilofaglie (ad esempio Cossus cossus e Zeuzeru pyrinu) in grado di provocare danni ingenti a essenze legnose anche di elevato valo re economico e non va dimenticato il pericolo per la salute che possono rappresentare alcune larve (ad esempio Thatimelopoeu processionea e Traumatocampa pilyocampa) provviste di peli urticanti in grado di provocare, in soggetti particolarmente pre disposti, anche pericolose reazioni allergiche. Dal punto di vista ecologico, tuttavia, l'importanza degli Eteroceri è notevole in citiamo nelle aree sottoposte a coltiva zione intensiva costituiscono la maggior parte della massa dei consumatori primari. Larve ed adulti degli Eteroceri costituisco no quindi una delle maggiori fonti di proteine per diversi con sumatori secondari: micromammiferi, lucertole e ramarri, artro podi carnivori come i ragni, uccelli insettivori e uccelli granivo ri (nel periodo dell'imbeccata). Le larve di questi lepidotteri pos sono inoltre costituire fonte di nutrimento per le larve di ditteri e imenotteri parassiti che depongono le loro uova sul tegumen to o all'interno delle larve di altri insetti. Non va neppure tra scurata l'importanza che gli Eteroceri hanno nell'ambito del l'impollinazione di diverse essenze vegetali sino a sfociare in veri e propri esempi di coevoluzione pianta/animale (Filimi & Camporesi 1989). Indagine nel Parco del Ticino L'importanza delle siepi per il gruppo degli Eteroceri è confermata dai risultati di una ricerca svolta per conto del Parco del Ticino nell'ambito della realizzazione delPAtlante della biodi- versità". Le aree campione oggetto dell'indagine sono due, scel te perché considerate particolarmente rappresentative: - un'area a Gambolò (PV), ad elevata interferenza antropica, costituita quasi esclusivamente da campi coltivati a granoturco e riso. Le uniche altre essenze presenti nell'area sono limitate a un lontano filare di pioppi e a pochi meli presenti in una vicina cascina; - un'area a Zerbolò (PV) posta nei pressi di una zona protetta e che quindi mantiene pressoché inalterata la composizione vege tale tipica del Parco, con ricca presenza di siepi e filari. La cattura degli esemplari è avvenuta con l'ausilio di trappoleluminose e più precisamente con lo sheet-method (metodo del lenzuolo) in cui la trappola luminosa viene posta al di sopra di un lenzuolo appeso perpendicolarmente al terreno. La presenza delle siepi nell'area di Zerbolò rappresenta senz'altro un arricchimento per la monotonia di un habitat altri- 116 menti limitato ai coltivi, è quindi facilmente comprensibile come le catture in quest'area abbiano mostrato una maggiorericchezza sia nel numero di esemplari che di specie trovate (Fig. 1 e 2). Gambolò (144 ^esemplari) r^ Zerbolò (198 esemplari) i 42% [V—-—_^_: ^^ v"-—•— 58% Fig. 1: percentuale n. esemplari catturati nelle due aree. /""""' Zerbolò (50 ^^-^ specie) v^_ ^^^ |^ Gambolò (44 specie) ^^ 47% 53% Fig. 2: percentuale n. specie catturate nelle due arce. Sia a livello di famiglia che a livello di specie appare evidente l'importanza del micro-habitat siepe con l'esclusiva presenza a Zerbolò di rappresentanti della famiglia I.imacodidae e Thaumetopoedidae. I fastidi correlati alla presenza di queste famiglie, i cui esemplari possono essere causa di gravi problemi dal punto di vista sanitario e forestale, sono molteplici e possono indurre a considerare in modo negativo la presenza delle siepi a discapito della loro reale importanza ai lini dell'incremento della biodiversità. Proprio la presenza delle siepi ha permesso di effet tuare la cattura più interessante dell'intero studio: un esemplarc eli Phragmataecia castanae.'\\\\c specie - caratteristica di paludi, stagni, litorali e rive di corsi d'acqua - è in Italia particolarmente localizzata e in Lombardia risultava Onora segnalata solo a Invcrigo. in provincia di Como (Bertac.cini .et al. 1994. 1997). 117 Nell'area priva di siepi, situata nel territorio di Gambolò, si è notata invece l'esclusiva presenza di rappresentanti della fami glia Saturuihhie; questi Eteroceri per le loro dimensioni, di soli to ragguardevoli, in genere prediligono ambienti di questo tipo, che garantiscono loro una sufficiente libertà eli movimento. Infine, se si analizza più attentamente la distribuzione delle specie nelle due aree, si può notare come, insieme a quelle comuni ad entrambe, siano presenti specie caratteristiche per ognuna di esse (ad esempio, per citiamo riguarda le catture dei rappresentanti delle famiglie Sphingidae e Notodontidae, con segnalazioni di discreto interesse zoogeografico, nessuno degli esemplari rilevati a Gambolò è stato rilevato anche a Zerbolò). Ciò dimostra l'importanza di conservare intatti entrambi i tipi di area piuttosto che agire in maniera tale da privilegiarne uno a discapito dell'altro (Fig. 3). Entrambe Gambolò le aree 28% 36% Zerbolò 36% Fig.3: ripartizione delle specie nelle due aree. Bibliografia Bai.kstuazzi E., 1988 - Farfalle,"Biblioteca del Parco ddTicino"9, Fabbri, Milano. Baroni- M., 1989 - Metodi di monitoraggio di lepidotteri litofagi nel Parco del Ticino, Università di Milano.Tesi di laurea. Bertaccini E.. 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Per questo risulta fondamentale tutelare loro e gli ambienti che frequentano. Attualmente una delle principali minacce che incombe su questo ordine entomologico è costituita dall'inten sificazione delle pratiche agricole. Infatti l'inquinamento idrico, la grande quantità di acqua richiesta per la produzione agricola, il prosciugamento degli ambienti umidi e la loro frequente con versione in campi coltivati sono le maggiori cause della diminu zione dei popolamenti odonatologici. Gli ambienti che devono essere maggiormente tutelati sono quelli acquatici con le rispettive sponde: infatti la presenza di un corpo idrico è di fondamentale importanza nel determinare ric che popolazioni di questi insetti. Ciò non basta, tuttavia, a garan tire la presenza di Odonati, che necessitano anche di sponde e zone limitrofe sufficientemente vegetate. Il numero di Odonati presenti presso un corpo idrico dipen de da vari fattori che includono il numero di uova deposte in quel luogo,la percentuale di cibo disponibile per la crescita lar vale, il grado di predazione subilo e le dimensioni del territorio occupato (Moori: 1986, 1991). Secondo Chelmick et al. (1980) numerose modificazioni ambientali provocate dall'uomo hanno causato la riduzione e, a volte, la scomparsa di popolazioni di Odonati, tra queste vengo no menzionate - oltre, ovviamente, alla contaminazione idrica e alle bonifiche (Van Toi. & Vbrdonk 1988) - l'alterazione degli immediati dintorni dei corpi idrici e la perdita di vegetazione acquatica, emergente e riparia. • Università di Pavia. Dipartimento di neologia del territorio. Laboratorio di Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio li - I2" 100 Pavia. E-mail: mavslova<§ hotmail.com 121 Per questo risulta fondamentale studiare, collaudare e appli care adeguate linee di interventi ambientali atti alla conserva zione di questi insetti. Importanza della vegetazione per gli Odonati La presenza di vegetazione, come detto, è condizione neces saria per lo svolgimento dell'intero ciclo vitale degli Odonati. La vegetazione emergente e sommersa è. infatti, un importante fat tore che regola la selezione dell'habitat e l'ovicleposizione di molte specie di Odonati adulti (Paintkr 1998). Oltre che fornire supporti adatti per la deposizione delle uova, lo sviluppo larva le e lo sfarfallamento, nonché per la sosta e la difesa del territo rio, la vegetazione infatti è utilizzata da questi insetti anche per funzioni di valutazione più diffìcile, che includono la possibilità di riparo per gli adulti in periodi con situazione meteorica avver sa e durante l'attività diurna e/o il riposo notturno, la delimita zione visiva del territorio, l'individuazione dell'habitat ottimale (determinato dalla presenza di alcune essenze indispensabili oppure dall'assetto ambientale del territorio circostante il corpo idrico; BUCHWALD 1992). Per lo svolgimento di tutte le funzioni vitali degli Odonati presso il medesimo corpo idrico è necessario quindi che esso sia sufficientemente vario a livello ambientale e. in particolare. fr-Tv*, || *àfmM Cespugli ii |>ral0' Sentiero 1 Prato Sviluppo larvale Sfarfallamento -] Foraggiamenti) CZJ cp • ! cp CZ1 [ ' | Ricerca delpartner | j ed Jt I—I ! Accoppiamento Ovideposizione • I i —I Riposo notturno Fig. 1: uso dell'habitat durante il ciclo vitale di Platycneinis pennipes (da Martcns 1996 in CORBET 1999. mocl.). 122 che possa includere: un'area esterna con alberi e arbusti relati vamente distante dalla sponda, una zona di transizione com prendente erbe alte e infine una fascia riparia di vegetazione acquatica ed emergente. La zona più distante dal corpo idrico, con vegetazione fìtta di alberi e arbusti, rappresenta un ottimo riparo notturno utilizza bile anche in occasione di condizioni meteoriche avverse; la zona di transizione, con erbe alte, serve per lo stazionamento e il riposo nel periodo dei conflitti territoriali e soprattutto per la caccia. Infine la vegetazione riparia offre i supporti necessari alla maggior parte delle altre attività svolte dagli adulti. Caratteristica di rilevante interesse degli Odonati adulti è cheessi danno risposte ben definite ai mutamenti ambientali, allon tanandosi rapidamente da acciue che subiscono modificazioni derivanti anche soltanto dall'eliminazione della vegetazioneriparia. Ad esempio nel corso del 2000, presso Cassinazza di Baselica (Pavia), gli Odonati, privati di posatoi e punti di rifugio, in seguito al taglio di parte della vegetazione spondale (domina ta da Phragmites australis) di una palude, si sono rapidamente rarefatti nell'intera area (Riservato 2001). li quindi essenziale, per la conservazione di popolazioni odonatologiche sufficientemente ricche e varie, la presenza di tipo logie dì vegetazione che possano sopperire a tutte le necessità nel corso della loro esistenza (Fig. 2) sia nei corpi idrici coloniz zati sia nei loro immediati dintorni. A Zona mai sommersa con presenza di pietre e restivegetali B Zona ncquitrinosa soggetta ad allagamenti c Zona sommersa a volte soggetta ad asciutte D Zona di acque profonde E F G Macrolite mai soggetta acquatiche con foglie ad asciutte e galleggianti Canneto Isola H B Zone con acque Zona acquitrinosa di varie profondità soggetta ad allagamenti congelamento Fig.2:sezione di biotopo creato per la conservazione della massima biodiversità degli Odonati (da Knap et al. 1993 in Corbet 1999. mod.). 123 Ricostruzione ambientale e conservazione degli ambienti amidi Gli ambienti a coltivazione intensiva offrono, in genere, come luoghi adatti alla presenza di Odonati, le rogge e i canali. Fanno ovviamente eccezione le risaie, nelle quali possono com pletare il loro sviluppo larvale alcune specie, tenendo conto dei l'attori limitanti costituiti dalle asciutte periodiche e soprattutto dall'impiego massiccio di biocidi. Questa è stata probabilmente, in tempi recenti, la causa del forte declino di Sympetritm depressiitsciilum nel Parco del Ticino (Baliìstrazzi 1999). Variabili importanti per costituire ambienti ottimali per gli Odonati sono (Painter 1998): - una copertura di macrofìte sommerse e galleggianti alternata a canneto e acqua libera; - una porzione acquatica in ombra; - una sponda occupata da vegetazione fitta (come il canneto); - la temperatura e la velocità dell'acqua. La percentuale di area coperta da parte delle macrofìte, la temperatura dell'acqua e la presenza dell'ombra sono le variabi li ambientali piti importanti sia per gli Anisotteri che per gli Zigotteri (Samvvavs & STEYTLER 1996). Infatti molle specie di Anisotteri vivono in biotopi soleggiati con un'alta percentuale di macrofìte e Clark & Samways (1996) stimano che esista una correlazione negativa tra la ricchezza delle specie di Anisotteri e la copertura ombreggiarne: ciò potrebbe essere attribuito all'im portanza della temperatura nella termoregolazione e nel com portamento di foraggiamento degli adulti. I corpi idrici degli ambienti agrari vengono utilizzati dagli Odonati in modo differente a seconda della loro tipologia: quel li escavati di recente con poca ombreggiatura da parte della vegetazione spondale vengono preferiti da maschi territoriali e femmine che ovidepongono, mentre quelli con canneto vengo no poco usati dagli adulti. Comunque i corpi idrici agrari con macrofìte abbondanti, sommerse o galleggianti, sono più favore voli alla crescita delle larve che non i canali scavati di recente o quelli con forte ombreggiatura e scarso sviluppo di vegetazione acquatica. D'altra parte non tutte le specie hanno successo nell'ovideposizione in canali di nuova creazione e, nel caso che le uova vengano deposte, non è scontato che la popolazione larvale rie sca a sopravvivere. Infatti alcune specie, in particolare Zigotteri. possono completare il loro ciclo vitale soltanto in presenza di macrofìte sommerse (Samvvavs & STEYTLER 1996). Quando un canale inizia a essere invaso da Phrugmites la sua attrattiva per gli Odonati si modifica e mentre un canneto rado può costituire un habitat migliore per alcune specie rispetto ad aree interamente scoperte, un canneto troppo fitto viene gene ralmente evitato sia dagli adulti sia dalle larve. Dove ci siano densi canneti si può perciò raccomandare di aprire spazi di 124 acqua libera, per permettere la colonizzazione di macrofìte gal leggianti e. conscguentemente, di Odonati. Avendo come obiettivo la salvaguardia e l'incremento degli Odonati in ambienti coltivati sarebbe consigliabile e necessario Conclusioni studiare un quadro di provvedimenti mirato a effettuare gli inter venti di pulizia delle rive e dei canali in periodi non riproduttivi e comunque a rotazione. Si limiterebbero di molto, in tal modo, i danni nei confronti degli Odonati attuando gli interventi neces sari lungo una sola riva e lasciando l'altra come rifugio.Autunno e inverno sono i periodi migliori per la pulizia del fondo del cana le, che sarebbe opportuno venisse effettuata ogni due o tre anni, in modo da permettere una naturale ricolonizzazione da parte delle specie presenti. Anche il dragaggio dei canali finisce per causare sicuri danni all'ambiente subacqueo e a quello margina le, ma le ricadute dell'operazione sarebbero più contenute se si potessero programmare i lavori di manutenzione di più canali vicini tra loro secondo un'adeguata rotazione. Sarebbe comun que opportuno che i tratti che vengono puliti contemporanea mente avessero le dimensioni più ridotte possibili. Un modello gestionale finalizzato all'incremento della biodiversila degli insetti acquatici dovrebbe quindi comprendere - in futuro - una maggior cautela nella periodica e necessaria climinazione della vegetazione emergente: in particolare gli interven ti dovrebbero essere fatti nei periodi di inattività degli Odonati (come l'autunno) oppure eseguiti a settori, evitando sempre di privare le sponde dei corpi idrici, contemporaneamente e in piena stagione di volo, di tutta la vegetazione riparia ed emer gente (BDS 1988. 1993: si veda fig. 3). i s ^v f\ Sponda non soggetta a taglio lag.3: esempio di intervento di taglio della vegetazione spondale a rotazione ogni 3 anni. 125 Allo scopo di incrementare le popolazioni odonatologichc potrebbe essere interessante operare alcune ridotte modifica zioni strutturali delle sponde dei corpi idrici, rendendoli più adatti alla sosta dei maschi di varie specie, e quindi valutare le ricadute faunistiche di tale intervento. 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A total of 45 species were sampied and 26 taxa were foiind in both the provinces. Le siepi hanno un ruolo molto rilevante nella conservazione e nel recupero della biodiversità negli agroecosistemi di pianu ra e sono indispensabili per il mantenimento di popolazioni sta bili degli insetti impollinatori nonché dei predatori e parassiti dei litofagi di molte colture. Al fine di valutare la risposta ambientale conseguente all'im pianto di siepi in aziende agricole di pianura in provincia di Eorlì-Cesena e Bologna, si è scelto di monitorare, nell'arco di un anno solare, i Coleotteri Carabidi: un gruppo di insetti partico larmente importanti quali bioindicatori (Brandmayr 1975,1983). La presenza dei Carabidi nell'ambiente agrario padano è influenzata soprattutto dal tipo e dalla distribuzione delle coltu' Museo Civico di Storia naturale, via De Pi.sis 24 - I-i i 100 Ferrara. E-mail: r-fabbri@Iibero.it " ViaA.Meticci 2-i -1-47039 Savignano sul Rubicone (FC). 129 re, dalla differente conduzione agricola e dalla quantità di input esterni, nonché dalla quantità e qualità della vegetazione spon tanea esistente nel cui novero rientrano anche le siepi (LoVERDE et al. 1997). La metodologia seguita è stata quella standard e si sono uti lizzale, per la cattura dei Carabidi, le trappole a caduta, innesca te con una soluzione di aceto e sale, in numero di 6 o 8 per siepe. La ricerca nella provincia di Forlì-Cesena si è svolta nel 1999 in quattro aziende agricole a conduzione biologica in cui sono stati impiantati durante gli anni 1994 e 1995 semplici cordoni siepivi composti da essenze arboree e arbustive (Fabbri & Scaravei.i.i 2002; FABBRI in corso di stampa). Tre delle aziende monitorate sono collocate nei dintorni di Forlì - a Villa Rovere, Villanov a di Forlì e S. Martino in Villairanca - e una a Diegaro di Cesena. In pro vincia di Bologna l'indagine è stata realizzata nel corso del 1998 in due aziende: la prima, situata a Castel S. Pietro Terme località Cà il Rio, a conduzione integrata dotata di siepe e macchia boscata giovani, la seconda, situata a S.Giovanni in Pcrsiceto, a conduzio ne biologica e con siepe matura (Bist i.i.i 2001). Risultati e commento In totale sono state censite 45 specie di Carabidi: 32 entità lungo le siepi del Forlivese e del Cesenate e 39 lungo i cordoni siepivi del Bolognese. Ben 26 specie sono risultate in comune tra le due aree geografiche. Utilizzando il quoziente di similarità (QS) è emersa una somi glianza molto elevata, circa il 73%, tra la carabidoiàuna delle siepi delle due aree.A riprova della grande somiglianza tra i due popolamenti vi è anche in comune l'alta percentuale di specie macrottere (oltre il 70%), a dieta zoofaga e mista (oltre il 95%), con riproduzione primaverile (oltre il 65%) e con vasta distribu zione geografica (oltre il 72%). Le specie con i valori di dominanza più elevati sono state riscontrate nel Forlivese-Cesenate: Pseudophonus riifipes (Degeer), Carabus violaceus picenus Villa, Calathus fuscipes hitus Serville, Trechus qttadristiiatiis (Schrank) e SteropuS melas itu/icus (Dejean).Analogamente nel Bolognese le entità dominan ti si sono rivelale: Steropits melas italicus, Calathus fuscipes lutus, llurpalus distinguendus (Duftschmid). Pseudophonus rufipes. Tra le specie raccolte alcune mostrano una diffusione nella pianura emiliano-romagnola molto limitata come Carabus violaceus picenus, Carterus dama (Rossi) e Haipalus albaiiicus (Reitter). Nel complesso la diversità tassonomica è risultata più eleva ta lungo le siepi contraddistinte da un maggiore livello di matu rità e collocate in aziende biologiche, come a Diegaro di Cesena, 130 Villa Rovere e S. Giovanni in Persicelo. La minore diversità spe cifica si è riscontrata, al contrario, lungo i cordoni siepivi più gio vani e in aziende a conduzione integrata o comunque biologica ma con attigue aziende convenzionali, come a Villanova di Forlì, S. Martino in Villafranca e Castel S. Pietro Terme. Ringraziamenti Gli Autori ringraziano il dottor Dino Scaravelli di Forlì, la dot toressa Tiziana Nasolini dell'Osservatorio Agroambientale di Cesena e il Settore Agricoltura dell'Amministrazione provincialedi Forlì-Cesena per la promozione della ricerca nel Forlivese; il CRPV, la Regione Emilia-Romagna, il DiSTA (dott. Giovanni Burgio) e il Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore per la realizzazione dell'indagine nel Bolognese ed infine i proprietari delle aziende agricole coinvolte per la disponibilità dimostrata. Bisi i.li E.. 2001 - Indagine faunistica sui Coleotteri Carabidi Bibliografia presenti in alcune siepi del Bolognese, Università di Bologna. Facoltà di Scienze matematiche, fìsiche e naturali. 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Vengono perciò presentati alcuni lavori riguardanti: l'utilizzo dei ragni delle siepi come bioindicatori; l'importanza delle differenze di struttura delle siepi per le popo lazioni araneiche; la fenologia; l'età delle siepi in rapporto al potenziamento dell'araneofauna negli agroecosistemi; le siepi come serbatoi biologici: il valore ecologico delle popolazioni araneiche di siepi in differenti parti dell'Italia.Anche se il ruolo dei ragni come agenti del controllo biologico di insetti litofagi è controverso, siepi e margini di coltivi sono essenziali per garan tire un'elevata biodiversità in questi ambienti antropizzati. The spiders which popa la te the hedges are stili not well known. in purticulur in Ita/y Some WOfks concerning this subject are therefore presented: use of spiders of hedges as bioindicalors: importance of strutturai differences of hedges for spider populations;phenology;age ofhedges and slrengtheiit'ng of the presente of spiders in agroecosystems; hedges as biologica/ sources; ecological vaine of spider popttlations of hedges in different purls of Ilaly. (falso the rote oj'spiders in biologica! control of phytophagOUS inseets is controversial, hedges and fichi margins are essential in assuring a high bio diversity in such anthropized environment. Introduzione Sebbene il loro ruolo nel controllo biologico di insetti litofa gi sia tuffora oggetto di discussione (Brignoli 1983; Dean et al. ' Università di Pavia, Dipartimento di Ecologia del territorio. Laboratorio di Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio I-i - I2~100 Pavia. E-mail: groppali1"et.tinipv.it 133 1987; Nvffeler & Benz 1987; Rieciiert & Lockley 1984; Sunderland et al. 1987), si può comunque affermare che in alcu ni casi i ragni sono in grado di attaccare specie dannose di recente introduzione, come è stato rilevato nella Valpadana cen trale nei confronti dell'ifantria (Groppali & Priano 1994). L'importanza dei ragni come bioindicatori (Groppai.i 1998; Marc et al. 1999) e come elementi fondamentali della biodiver sità ambientale (Groppai.i I999a. 1999b) appare indiscutibile, in particolare negli agroecosistemi e soprattutto ai margini dei col tivi, che, se ben strutturati, possono anche fungere da serbatoi biologici nei confronti delle aree coltivate limitrofe, arricchendo la loro fauna di predatori polifagi (Dennis & Frv 1992). Inoltre può essere valutato come vantaggioso l'effetto-barricra costituito da siepi e filari ai margini dei campi (Mader et al. 1990). in quan to i ragni tessitori collocano di preferenza i loro apparati di cat tura nei varchi che si trovano all'interno della vegetazione legno sa (Groppali et al. 1994): così possono essere intercettati nume rosi insetti che volano da un campo all'altro e che spesso appro fittano di tali pertugi. La concentrazione di ragni in questi punti non sembrerebbe peri) determinata da una maggior quantità di prede potenziali, ma principalmente dalla possibilità di disporre di validi punti di attacco per la costruzione delle tele,come dimo strato da uno studio effettuato su due specie di araneidi in bru ghiera (CherretT 1964).Altri studi evidenziano, invece,che i ragni tessitori tendono a mantenere i loro apparati di cattura più a lungo in punti dotali di una maggior quantità di prede (Vollrath 1985), con addirittura una specie (Agelenopsis aperta) in grado di scegliere il sito più produttivo per la costruzione dell'appara to di cattura in base alle vibrazioni impresse all'aria dal volo di insetti-preda (Riechert & Gii.i.espie 1986). Ragni delle siepi come bioindicatori In linea di massima siepi strutturalmente simili, presenti nelle medesime condizioni ambientali, dovrebbero tendere ad avere popolamenti araneici simili: per questo motivo si ritiene possi bile che indagini sui ragni di siepi dominate dalle medesime essenze, sottoposte a modelli gestionali uguali e situate nello stesso territorio, siano in grado di definire l'eventuale incidenza di fattori esterni. Una prima applicazione di tale ipotesi, considerando i ragni presenti nelle siepi come bioindicatori, è stata fatta nell'area interessata dalla fuoriuscita di petrolio greggio da un pozzo lesionato presso Trecate (Groppali et al. 1997a). Le conseguenze suH'araneofauna della conlaminazione, protrattasi per circa 36 ore, tra febbraio e marzo 1994,e comportante la ricaduta di circa 15.000 metri cubi di petrolio nell'area circostante, sono state studiate sette mesi dopo l'evento.Utilizzando i popolamenti ara- 13i neici di aree-campione di 9 mq di siepi di struttura simile, collo cate a distanze crescenti dal punto di fuoriuscita del greggio, è stato possibile rilevare che l'area più vicina (500 metri in linea d'aria), e sottoposta alla massima ricaduta per la direzione del vento, ospitava soltanto 3 esemplari appartenenti alla medesima specie e che la varietà araneica, rilevabile dal numero di famigliepresenti, era più ridotta nelle aree più prossime alla fonte inqui nante: 1 famiglia a 500 metri, 3 a 650 e 750 metri. Popolamento araneico in rapporto alla strutmra delle siepi Fenologia dei ragni nelle siepi Nell'ambito di siepi strutturalmente differenti, presenti nel medesimo territorio, le diversità araneiche possono essere anche molto profonde, come dimostrato da un'analisi eseguita al margine di colture di mais presso Stagno Lombardo, CR (Groppali et al. 1994), confrontando tra loro i popolamenti di quattro tipologie di aree-campione vicine tra loro: margine a erba, pioppi isolali con alcuni cespugli al piede, siepe fitta di aceri e platani ceduati, filare misto con ricca componente arbustiva. Nessuna delle 16 specie rilevate è stata ritrovata in tutte quattro le tipologie di margine di coltivo considerate e i valori più elevati degli indici di Shannon-Wiener e di Evenncss sono stati riscontrati nel filare arboreo-arbustivo rado (rispettivamen te 3.45 e 0.90). per la presenza contemporanea di ragni costrut tori di tele (favoriti dall'abbondanza di punti di attacco per gli apparati di cattura) e di specie che esplorano liberamente il ter reno (favorite dalla vegetazione erbacea non troppo futa). Nel Parco del Ticino, presso Vigevano (PV),sono state studia te altre quattro differenti tipologie di margini di coltivi (filarefitto di robinia con rovi, siepe racla di robinia, filare rado di sali ce bianco, erbe alte), con campionamenti mensili da maggio a ottobre (Groppali et al. 2000). I dati ottenuti hanno permesso di rilevare i valori maggiori, relativi alla ricchezza biologica (valu tata tramite l'indice di Shannon-Wiener), nell'area-campione costituita dalla siepe di robinia e quelli inferiori nel margine a erbe alte. L'ambiente meno strutturato e più povero di possibi lità di attacco per apparati di cattura complessi è risultato quin di quello con popolamenti araneici meno ricchi e vari. Indagini eseguite nelle siepi durante differenti periodi del l'anno consentono di studiare la fenologia dei ragni, ancor oggi nota in modo insufficiente. Uno studio eseguito presso Stagno Lombardo con raccolte mensili, nello spazio di un anno, in areecampione di 9 meic" siepe fìtta arboreo-arbustiva (Groppali et al. 1995a). ha permesso di rilevare, oltre a una presenza quasi costante di ragni nell'arco dell'anno (con assenze limitate sol tanto al mese di dicembre e un massimo di 52 esemplari in mag- 135 gio), la notevole ricchezza e varietà dei popolamenti araneici di questo tipo di ambiente (Fig. 1). Fig. I: indici mensili di ricchezza specifica (R),Shannon-Wiener (II) ed F.venness (|) dei ragni catturali in 9 mei c,i siepe mista presso Stagno Lombardo nel corso di un anno (da Groppali et al. 1995a). Un'indagine svolta presso Vigevano, in quattro tipologie dif ferenti di margini di coltivi tra metà maggio e ottobre (Groppali et al. 2000), ha permesso di rilevare profonde differenze tra gli ambienti confrontati, evidenziando forti variazioni quantitative per ogni campionamento mensile, in particolare nel numero di esemplari immaturi. A questo proposito è stato addirittura ipo tizzato che il margine a erbe alte, nei coltivi in questione, costi tuisse una sorta di nursery per diversi ragni, poiché le percen tuali di esemplari immaturi catturati tra luglio e inizio ottobre sono risultate pari o prossime al 100%. Potenziamento delle popolazioni araneiche in agroecosistemi Si può ipotizzare che il modo più ovvio di conseguire un incremento delle popolazioni araneiche negli agroecosistemi consista nella piantagione di vegetazione legnosa lungo i margi ni dei campi o almeno nel mantenimento di spazi erbosi ai mar gini delle colture (Maei.fait ik De Keer 1990). Bisogna però tener conto che i risultati di simili operazioni non possono essere in alcun caso immediati, soprattutto nel caso di siepi o di filari, che richiedono un certo tempo per poter ospitare popolamenti ara neici sufficientemente ricchi e vari. Allo scopo di valutare i tempi di occupazione di nuovi ele menti vegetali al margine dei coltivi è stata condotta tra giugno e agosto un'indagine in arce-campione di 9 mq nell'Azienda Cassinazza di Baselica (Giussago, PV), in tratti differenti di siepi con composizione vegetale simile, piantate sei anni prima ovve ro l'anno precedente lo studio (Groppali in corso di stampa). 136 L'esame antiteologico ha messo in evidenza una profonda dif ferenza tra le due siepi (indice di Sorensen = 0.56) e nella com posizione delle principali famiglie dei ragni presenti. Inoltre è stato rilevato che nella siepe matura il 61% dei ragni costruisce tele e il restante 39% cattura le prede in altro modo, mentre nella siepe recente la situazione è opposta, con valori, rispettivamen te, del 32% e del 78%. L'importanza dei punti di attacco per la costruzione di apparati di cattura complessi, più abbondanti e meglio distribuiti nella siepe vecchia rispetto a quella nuova, è stata dimostrata anche dallo studio sui ragni tessitori presenti. Infatti nella siepe matura sono state conteggiate, nei tre sopral luoghi mensili, 30 tele in media, mentre in quella più recente è stata calcolata una media di 8,4 tele. Gli indici ecologici (ric chezza R. Shannon-Wiener FI ed Evenncss J) sono risultati esse re più elevati per la siepe matura (R = 17, II = 371 e J = 0.55) che per la siepe recente (R = 14, H = 3-09 ej = 0.54). L'indagine ha evidenziato perciò il valore delle siepi - anche recenti - negli agroecosistemi, in quanto in grado di ospitare popolamenti arancici ricchi, con elevati livelli di biodiversità ed equilibrata distribuzione di esemplari per specie. Per i costrut tori di tele più esigenti è invece necessario che la siepe abbia raggiunto una maturità sufficiente a fornire punti di attacco numerosi e ben distribuiti. Anche i margini inerbati dei coltivi possono contribuire comunque all'arricchimento della biodiversità negli agroecosi stemi, come è stato dimostrato dal confronto tra popolazioni ara neiche presenti in tale tipo di ambiente e quelle abitanti i colti vi di frumento invernale nella Riserva di Obere Lobau, presso Vienna (Kromp &. Steinberger 1992). L'indagine ha permesso di rilevare l'importanza di tali elementi ambientali, in grado di ospi tare specie con limitate possibilità di dispersione e più sensibili alle periodiche alterazioni ambientali determinate dalle attività agricole. Siepi come serbatoi biologici dei ragni per i coltivi Siepi e margini dei coltivi possono fungere, con le loro ric che popolazioni araneiche. da serbatoi biologici per questi pre datori (Dennis & Frv 1992; Hassall et al. 1992), che partendo da tali ambienti possono penetrare all'interno delle colture e svol gervi la loro azione, vantaggiosa anche a livello economico, di controllo di alcuni litofagi dannosi. Uno studio effettuato in coltivi di mais della pianura padana interna ha dimostrato infatti la maggior ricchezza e varietà di ragni nelle aree limitrofe a una siepe rispetto al centro dei campi oggetto di indagine (Groppali et al. 1997b). Di minor interesse araneologico si sono invece rivelate le porzioni di coltivo situa te in prossimità di margini inerbati, anche per la probabile azio- 137 ne di disturbo provocata dai tagli periodici della vegetazione erbacea presente. I margini inerbali possono comunque costituire elementi eli arricchimento delle popolazioni araneiche dei coltivi limitrofi, come è stato dimostrato da un'indagine effettuata per un anno in campi di mais e eli segale presso Ghent, in Belgio (Ai.derweirei.dt 1989). Infatti in entrambe queste coltivazioni la ricchezza specifica diminuiva al crescere della disianza dal mar gine, in particolare nella maiscoltura. Valore ecologico delle popolazioni araneiche delle siepi Prima eli esaminare il valore ecologico delle siepi e dei loro ragni, può essere utile ricordare uno studio effettuato in Friuli, in campi di soia circondati oppure privi eli siepi (Nazzi et al. 1989), che permette eli fare valutazioni più complesse. Infatti le comunità araneiche rinvenute in coltivi aperti sono risultate meno equilibrate rispetto a quelle del centro eli campi contor nati da siepi, le quali avrebbero quindi un ruolo importante nel mantenimento dell'equilibrio biocenotico: infatti tale dotazione permette la sopravvivenza eli specie colle-gate ad ambienti dive nuti ormai scarsi nelle pianure (come le aree boscate) o vulne rabili alle operazioni agronomiche condotte nei campi, garan tendo quindi la presenza di predatori polifagi - connessi con tali ambienti - che possono risultare utili contro litofagi dannosi. Utilizzando lavori pubblicati recentemente (Groppali et al. 1994, Groppali et al. 1995a, Groppali et al. 1995b, Groppali et al. 1999; Groppai.i & Pesarini 2002) è possibile rilevare la buona valenza ecologica eli siepi, filari e fasce inerbate in differenti aree italiane, anche se con valori difformi degli indici ecologici piti comunemente utilizzati ('lab. 1). Aree-campione italiane eli 9 mq Stagno Lombardo (giugno) - alberi-arbusti radi misti Stagno Lombardo (maggio) - arbusti-alberi fitti misti Palinuro (luglio) - arbusti misti fitti con alberi II J R 3.45 0.90 11 3-2 i 0.83 15 3.10 0.72 1I Stagno Lombardo (giugno) - arbusti misti fitti 2.92 0.69 9 Palinuro (luglio) - arbusti misti fìtti 2.90 0.68 10 Stagno Lombardo (giugno) - arbusti-alberi misti fìtti 2.86 0.58 9 Elba (luglio) - arbusti misti fìtti 2.36 0.60 7 Stagno Lombardo (giugno) - erbe miste fitte 2.06 0.46 5 Cusano (ottobre) - arbusti misti fitti con alberi 1.89 0.38 6 Castdrotto (agosto) - arbusti misti fìtti 0.83 0.17 Tab. 1: indici di Shannon-Wiener- H (in ordine decrescente), di Fvenness -J e di ricchezza specifica - R calcolati per differenti tipologie di siepi, filari e fasce inerbate in alcune aree-campione italiane di 9 mq, indicate a livello geografico, con indicazione dei mesi di studio e delle caratteristiche fondamen tali della vegetazione. 138 Hpossibile eseguire un confronto tra i valori ottenuti e quel li dei medesimi indici calcolati da Nentwig (1993) per 68 aree forestali centroeuropee, con Shannon-Wiener (H) compreso tra 1.24 e 4.2 ed Evenness (J) tra 0.37 e 0.9 i. In questo modo risul ta evidente che, a parte l'arca-campione eli Castelrotto (BZ). posta a quota più elevata di tutte le altre, i valori degli indici sono compresi entro quelli proposti per ambienti forestali dell'Europa centrale. Il dato conferma quindi l'elevata valenza ecologica di tali elementi lineari, anche se isolati all'interno eli ambienti profondamente diversi e antropizzati con differenti livelli eli intensità. Considerazioni conclusive I ragni rappresentano una buona parte dei predatori di inver tebrati degli ecosistemi terrestri, in grado eli catturare una fra zione non indifferente di insetti posti a livelli trofici inferiori al loro (Wise 1995), anche se la loro importanza nel contenimento di specie entomologiche potenzialmente dannose può essere modesta in ambienti coltivati (Kajak 1971 in Wise 1995). Gli studi qui proposti dimostrano che siepi, filari e margini incolti di agroecosistemi, pur occupando superlìci molto ridot te, sono dotati eli un'elevata biodiversità, quanto meno dal punto eli vista araneologico: la loro presenza all'interno di coltivazioni intensive può determinare la sopravvivenza eli numerose specie eli questi artropodi predatori, contribuendo inoltre a favorire un forte arricchimento della biodiversità (Zanaboni & Lorenzom 1989). Purtroppo il modello eli conduzione agricola attualmente più diffuso comporta la progressiva eliminazione di tali elemen ti, con conseguenze faunistiche sicuramente molto gravi, mentre con un approccio più corretto dal punto eli vista ambientale i margini dei coltivi andrebbero visti come elementi da tutelare e se possibile anche da migliorare a livello strutturale, per render li più adatti a ospitare utili organismi ausiliari (Boatman et al. 1989; Mansour et al. 1983). 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In effetti, in passato, il sostegno ai prezzi delle derrate alimentari, in ottemperanza a quanto previsto dal Patto di Roma, ha creato negli anni eccedenze di produzione che hanno convinto i parlamentari europei ad una riforma deliePolitica Agricola Comunitaria (PAC). Si è passati, infatti, da una logica derivante dalle necessità eli autoapprovvigionamento ali mentare, tipica del dopoguerra, alla volontà di riportare il mer cato comune agricolo agli stessi prezzi di quello internazionale e di puntare, quindi, a promuovere nelle aziende agricole un management e una crescita di imprenditorialità in grado di sostenere la sfida internazionale. Negli anni, sia la prima riforma della PAC, che ha introdotto l'aiuto a superfìcie (anni '90), sia l'attuale (la cosiddetta "dopo Maastricht ") hanno proposto misu re e contributi che favorissero il diffondersi di metodi di gestio ne delle aziende agricole a basso impatto e maggiormente qua lificanti per l'ecosistema ed il paesaggio. Nasce nel 1992 con le tre "Misure di accompagnamento" (regolamenti CE 2078/92, 2079/92 e 2080/92) la stagione della "multifunzionalità" dell'a gricoltura e della maggiore attenzione allo spreco eli risorse (e riduzione elei costi) al fine di ridurre derrate eccedentarie. In particolare, il primo regolamento, applicato in Lombardia dal 1995. ha proposto azioni agroambientali premiate da contributi rivolti alla costituzione e/o al mantenimento di prati permanen ti, siepi, filari, fasce e macchie alberate, alla manutenzione boschiva e di aree umide in aree ricadenti nei parchi regionali e alla promozione e al sostegno di forme di agricoltura a basso *c/o Provincia di Cremona,Settore Agricoltura Caccia e Pesca,Servizio produzio ni vegetali, via Dante 136 -1-26100 Cremona. E-mail:vegetali.provincia@rccr.cremona.it 145 impatto (agricoltura integrata e agricoltura biologica). In pro vincia eli Cremona l'adesione a tali contributi ha portato media mente, nei 5 anni di apertura, alla liciuidazione di circa 1.850 domande per circa 4.000.000 eli euro l'anno. Fra le azioni mag giormente richieste vi erano il mantenimento dei prati perma nenti (i prati stabili del Cremasco), si stima di aver finanziato circa 10.800 ettari di prato sui 12.500 presenti in quegli anni, ed il mantenimento di siepi e filari, che ha interessato in modo importante la zona a sud eli Crema, il Cremonese e il Casalasco. La nuova PAC ha dovuto fare i conti con la minor disponibi lità di spesa che l'Unione Europea ha destinato al mondo agri colo: la volontà di riallineare nel tempo i prezzi dei prodotti agri coli comunitari a quelli internazionali si è tradotta nella scelta eli favorire investimenti solo nelle aziende che dimostrassero capa cità professionale, redditività e attitudine a l'orme eli gestione aziendale maggiormente rispettose dell'ambiente. Pertanto accanto al sostegno diretto del reddito agricolo aziendale (PAC e OCM seminativi, carne, latte, ortofrutta, ecc.) si è aperto il capi tolo dello sviluppo rurale. l'ali contributi non sono più un "accompagnamento" che compensa i mancati redditi eli chi sce glie un'agricoltura ecosostcnibile, ma rappresentano una sorta di premio di avviamento che può anche non compensare le riduzioni di resa. In tal modo si invita l'agricoltore ad entrare in questa nuova "filosofìa" di gestione aziendale con maggiore com petenza e responsabilità, per sopperire con le proprie capacità manageriali alle incognite e alle difficoltà poste da queste azioni agroambientali. In particolare, il Piano di Sviluppo Rurale della Lombardia propone per gli anni 2000-2006 ancora molte elenc azioni previste dal regolamento 2078/92/CE, ma con una mino re attenzione al mantenimento dell'esistente ed una promozio ne eli nuove costituzioni. Per questo, se per l'annata agraria 20012002 sono stati pagati ancora il mantenimento di siepi e filari già esistenti, dall'annata agraria 2002-2003 si daranno contributi solo per siepi e filari di nuova costituzione che dovranno avereserie motivazioni e solidi standard progettuali, basati su quelli proposti dal Manuale naturalistico, disponibile quale allegato alle Disposizioni attuative della Misura f "Agroambientale" (2.6) sul sito della Regione Lombardia (www.agricoltura.regione, Iom- bardia.it - Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006). Al l'ine di chiarire e uniformare il lessico tecnico, la RegioneLombardia definisce così filari e siepi: Filare: si considera filare una formazione vegetale ad anda mento lineare e regolare, generalmente a fila semplice o doppia. composta da specie arboree governate ad alto fusto e/o a ceduo semplice, comprendente almeno 15 individui ogni 100 m. Siepe: si considera siepe una struttura vegetale plurispecilìca ad andamento lineare, con distanze eli impianto irregolari. 146 preferibilmente disposta su più file, con uno sviluppo verticale pluristratilìcato legato alla compresenza di specie erbacee, arbu stive ed arboree appartenenti al contesto floristico e vegetazionale della zona. Per le siepi è necessaria infatti la compresenza di almeno 4 specie diverse, i lìlari possono invece essere anche monospecifìci. La larghezza della siepe, considerata la proiezio ne ortogonale della chioma a maturità, deve essere superiore a 2.5 m ed inferiore a 10/15 m. La lunghezza minima di un inter vento considerato è di 100 ni, derivanti anche dalla somma di più elementi, ciascuno lungo almeno 25 ni; la larghezza minima del l'impianto alla base è eli 0,60 ni. La fascia da destinare alla siepe (intesa come mantenuta libera dalle coltivazioni agrarie) dovrà essere larga almeno 2.5 m. II Manuale naturalistico dà consigli pratici sia per la realizza zione di siepi sia per la loro gestione e cura. Le siepi consigliate sono composte normalmente da più stra ti di vegetazione: in questi schemi gli alberi ad alto fusto costi tuiscono il piano più alto, gli arbusti alti e gli alberi ceduati for mano il livello intermedio ed i piccoli arbusti e le erbacee com pongono il livello inferiore. Siepe bassa Siepe di media Siepe alta statura ALTEZZA MASSIMA Siepe plurifilare 1.5/3 3/6 6/15 15/30 0.5 1,5 3 3 1 1,5 2 2,5 15/30 30/60 60/150 150/300 discreta buona ottima eccellente (METRI) DISIANZA MINIMA DAL CONFINE (METRI) DENSITÀ LUNGO IL FILARE AZIONE FRANGIVENTO (ESTENSIONE METRI COPERTI) AUMENTO DELLA VARIABILITÀ ECOLOGICA Tab. 1: tabella riassuntiva delle caratteristiche dei vari tipi di siepe. La scelta del tipo di siepe da impiantare può essere guidata anche dalla prevalente l'unzione che si vuole ottenere. SIEPI DA LEGNA Sezione: alternanza albero a ceppaia/arbusto; 147 Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla fila; Turno eli ceduazione: 5/10 anni; Specie arboree indicate: acero campestre, carpino bianco, frassi no maggiore, robinia, ontano nero. SIEPI DI VALORE APISTICO Sezione: alternanza di arbusti bassi e arbusti alti disposti in ordi ne casuale: Distanze eli impianto: 1/1,5 m sulla fila; Specie indicate: nocciolo, salici, biancospino, frangola, sangui nella, pallon eli maggio, robinia, tiglio. SIEPI DI VALORE ALIMENTARE Sezione: alternanza di arbusti bassi e alberi da frutto disposti in ordine casuale; Distanze di impianto: 1.5 m sulla fila: Specie indicate: nocciolo, azzeruolo, nespolo, gelso, noce. SIEPI DI CONSOLIDAMENTO RIPARIALE Sezione: alternanza di albero a ceppala/arbusto; Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla l'ila; Specie indicate: ontano nero, salice grigio, pallon di maggio. SIEPI FRANGIVENTO Sezione: alternanza ccppaia/arbiisto; eli albero ad alto fusto/albero a Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla fila; Distanza minima tra due alberi ad alto fusto: 6 ni; Disianza minima tra due alberi a ceppaia: 4 m; Presenza dell'arbusto intercalare agli alberi ad alto fusto e agli alberi a ceppaia; Ordine delle specie: casuale; Distanza ottimale fra due frangivento successivi: 200/300 m; Turno eli ceduazione per gli alberi ad alto fusto: 40/50 anni; 'fumo eli ceduazione per gli alberi a ceppaia: 12/15 anni; Specie indicate: làmia, carpino bianco, acero campestre, ontano nero, pioppo bianco, pioppo nero, olmo campestre. SIEPI DI RECINZIONE Sezione: sequenza fitta di arbusti; Distanze di impianto: 1 m sulla fila; Ordine delle specie: casuale; Specie indicate: biancospino, prugnolo, rosa canina, spinccrvino. SIEPI DI VALORE NATURALISTICO Siepe monofilare o plurifilare; 148 Sezione: alternanza albero ad alto fusto/arbusto: Distanze eli impianto: 1,5/2 ni sulla fila e 2 m tra le file: Disposizione delle piante: sfalsata tra le due file; Presenza dell'arbusto intercalare agli alberi ad alto fusto e agli alberi a ceppaia: Ordine delle specie: casuale; Specie indicate: tutte le specie autoctone (si veda elenco alle gato al Manuale). Il Manuale fornisce utili indicazioni ai progettisti (vedi esem pio sotto riportato) pur auspicando una capacità autonoma locale di proporre schemi e moduli maggiormente adeguati alla peculiarità dell'azienda agricola, sia rispetto alle caratteristiche pedologiche che a quelle paesistiche e alle necessità gestionali. Un esempio di modulo Situazioni di margine ai fossi eli irrigazioneSiepe arbustiva igrofite di pianura Larghezza minima d'impianto alla base: 0,6 m; Fascia di rispetto circostante: 1,5 m per lato; Numero minimo di specie: 4; Dimensione minima dell'elemento: 25 m lineari; Schema d'impianto: fila singola lineare a bordo fosso; Distanza di impianto: 1,5 m medio. Specie arbustiva Salf.x cinerea salice grigio Salve trhmdru salice da ceste Su/i.x purpurea C.ornus sanguinea Viburniim opulus Corylus avellana Crataegus moiiogyiia salice rosso sanguine-Ilo viburno nocciolo biancospino Frangula alnas frangola Una parola conclusiva sui contributi: è prevista l'assegnazio ne eli w\\ maggior punteggio alle aziende che presentino un mag gior numero di azioni (agricoltura integrata + siepi, prati stabili + siepi) rispetto a ciucile che prevedono una sola azione (per es.:solo siepi). Inoltre va eletto che non tutte le domande ammis sibili sono sicuramente finanziabili: il PSR dispone di risorse limitate che destina a chi abbia maggior punteggio e disponga già di prerequisiti o di capacità importanti per lo sviluppo soste nibile. In campo agroambientale, ad esempio, l'azienda che richiede i contributi si deve impegnare a rispettare la buona pra tica agricola in tutta la superfìcie aziendale, deve rispettare la 149 normativa inerente il Piano eli utilizzazione agronomica dei liquami e deve disporre di contratti di affìtto eli durata almeno quinquennale. Come detto, i contributi dal 2002-2003 interesseranno solo la costituzione eli nuove siepi o filari e sono i seguenti: 0,7 euro/mi per i filari; 1,7 euro/mi per le siepi; per entrambe le azioni il premio massimo è quindi 450 euro/ettaro eli superfìcie agricola aziendale utilizzata. 150 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 151-160 Impianto di siepi campestri in provincia di Cremona Gabriele Panena * In questo articolo viene presentata l'esperienza effettuata Riassunto negli anni 1997 e 1998 in provincia di Cremona che ha visto la realizzazione di 3 impianti dimostrativo/sperimentali eli siepi campestri. Partendo da un'opportuna e attenta progettazione del l'impianto si arriva alla descrizione delle concrete modalità di piantagione e gestione della siepe stessa. Progettare è la parola chiave: se si elimina questa fase si realizza un impianto quasi sicu ramente destinato al fallimento. Progettare significa: valutare attentamente le condizioni pedologiche, climatiche e eli giacitura nonché le caratteristiche delle specie in funzione della produzio ne attesa. In questo modo si può ottenere una siepe capace di mantenere le promesse. É un grave errore costituire una siepe solo per accedere ai finanziamenti comunitari, la siepe dovrà por tare in dote all'agricoltore un reddito proprio che integri il con tributo europeo finalizzato a remunerare la "funzione sociale" del l'impianto. Summary This issue shotvs the experience macie in the province of Cremona in 1997 and 1998, that is the rectiization of Ihree demonslralive/experimental installations of hedges. First there is a cu refi ti project of the system, then the description of the adned ways ofpiantaiion and care of the hedge. Project is the key-word: to avoid this stage means to reedize a system ivht'ch is des tined to be a fatture. Toproject means to e vainate carefully the pedologica! and dimatic conditions, the posture and the fecitu res of the hedges in relation to the e.xpected pro duction. Only in this way the suitable hedge can be obtained. Ispettore lìtosanitario della Regione Lombardia. Sede territoriale di Cremona, via Dante 156 -1-26100 Cremona. E-mail: gabriele_panena@regione.lombardia.it 151 It shou/d be a big error to create a hedge only lo obtain the fa/ids from the Community For thefarmer the hedge has to be bis own incoine, which inlegrales the Europeaii coiitribulions tbat bave the a ini lo remunerate the "social fu net ion" of the system. Le siepi campestri sono state per secoli un elemento costi- Introduzione tutivo fondamentale del nostro paesaggio agrario. L'agricoltore le considerava essenziali per la vita dell'azienda e teneva in gran de considerazione i prodotti che da esse poteva trarre. In tempi più recenti molti eli questi prodotti sono stati sostituiti da altri più facilmente reperibili e anche più economici (per esempio: combustibili fossili, mangimi, cemento), di conseguenza le siepi sono state progressivamente eliminate dai nostri terreni. Negli ultimi anni, tuttavia, si è sentita la mancanza eli numerosi "pro dotti secondari" che esse erano in grado di garantire: consolida mento delle sponde, difesa dall'erosione, rifugio per alcuni orga nismi utili. Attualmente una più oculata idea di gestione del ter ritorio unita ad una nuova modalità eli progettazione di questi impianti hanno portato ad una loro rinascita - in alcuni territori più significativa rispetto ad altri - ma che sta forse progredendo anche in province tradizionalmente dedite ad un'agricoltura intensiva, come ciucila di Cremona. Dal 1992 anche la Comunità Europea ha iniziato a promuovere queste strutture vegetali con un finanziamento specifico destinato a nuovi impianti o al man tenimento di quelli ancora esistenti. Ma come può intendersi un impianto eli siepe nel terzo mil lennio? Innanzitutto, dal punto di vista agroforestale, deve esse re considerato come una coltura specializzata lineare plurienna le. Coltura specializzata in quanto va assimilata ad un frutteto o ad un pioppeto, ad una coltivazione, cioè, che richiede attenzio ne e cura per un lungo periodo, se si vuole che il raccolto (pro dotto) arrivi e si mantenga per tutta la durata del suo ciclo. Per non compromettere il proprio investimento sono citim eli necessarie una preparazione ed uno studio preliminari. Così come non si realizza un frutteto senza prendere preventiva mente in considerazione quali siano gli eventuali sbocchi di mercato, le varietà maggiormente richieste, il tipo di terreno a disposizione, la sua giacitura e la sua posizione, le modalità eli potatura, le concimazioni, la gestione fitosanitaria e il control lo delle erbe infestanti allo stesso modo la siepe - che è una coltura specializzata, pur se su una fila unica - va realizzata con la medesima attenzione e minuziosa cura elei elettagli. La con tropartita è la buona riuscita della coltura; in alternativa si ottiene una siepe che causa solo intralcio, inselvatichisce e non produce come potrebbe. 152 Le funzioni di una siepe campestre Molteplici sono le funzioni che una siepe può svolgere, ma bisogna valutare attentamente ognuna di esse, controllare le modalità operative e decidere come impostare l'impianto. Il primo e fondamentale passo è la progettazione. La siepe deve essere finalizzata dal punto di vista produttivo: non è opportuno realizzare una siepe solo per ottenere il contributo comunitario - che è la retribuzione per un impegno che l'im prenditore si assume anche sotto forma di azione sociale - o per aumentare la dotazione verde dell'azienda; queste possono esse re motivazioni importanti ma eli corollario rispetto alla scelta eli fondo. L'imprenditore agricolo deve decidere di mettere a dimora una siepe basandosi sulle funzioni che essa può svolgere (Tab. 1) e sul reddito che può produrre; è opportuno che valuti cimili finizioni possano tornare maggiormente utili alla sua azienda. Di seguito vengono illustrate le principali fonti di reddito e funzioni che una siepe può garantire. Essa può interessare per la produzione eli legname (da opera o da ardere) o per i suoi prodotti "secondari" (piccoli frutti, fun ghi, chiocciole, miele, piante officinali). Importante è anche la sua funzione depurativa o filtrante: depurativa dell'aria in quanto assorbe l'anidride carbonica in essa contenuta e filtrante dell'acqua di scolo. Attraverso la con cimazione vengono distribuite sul suolo grandi quantità eli de menti nutritivi che, generalmente, vengono dilavate dalle piogge o dall'acqua di irrigazione, la presenza dell'apparato radicale della siepe garantisce l'assorbimento di una buona percentualeeli chiesti elementi. Aumentare la quantità eli legna sul bordo del campo ha, quindi, una valenza non solo dal punto di vista eco nomico (vendita della legna) ma anche da quello ambientale (decremento dell'eutrofizzazione delle acciue). Una siepe diventa anche elemento di stabilità quando è posta lungo la riva di un corso d'acqua: con il proprio apparato radicale conferisce alla sponda maggiore solidità e resistenza. Può inoltre contribuire, indirettamente, al controllo delle infe stanti lungo i l'ossi: l'ombreggiamento che alberi e arbusti effet tuano sulle sponde del canale impedisce la crescita delle maler be, riducendo, di conseguenza, le spese eli manutenzione delle aree marginali ai corsi d'acqua. Contemporaneamente una siepe produce anche un'azione fìsica di frangivento; in zone particolarmente ventose un buon frangivento può ridurre l'incidenza delle correnti del 30-50% per una fascia contigua estesa da 10 a 15 volte la sua altezza. Si parlerà eli frangivento basso, medio o alto in funzione dell'altez za delle specie vegetali presenti. Questo contribuisce a creare un microclima più favorevole alla coltivazione; non provoca solo ombreggiamento, ma riduce le perdite per evapotraspirazione e 153 per erosione nei periodi in cui il terreno rimane umido. La siepe inoltre dà rifugio a moltissime specie animali: pic coli mammiferi (insettivori, roditori, chirotteri), uccelli, insetti, ragni, anfibi, rettili con un contributo straordinario alla biocliversità. La progettazione deve valutare anche la continuità di questi impianti, fratti ben progettati e realizzati eli siepe, ma isolati, vedono ridotto drasticamente il loro impatto a livello territoria le. Riuscire a progettare a livello comprensoriale, o almeno aziendale, prevedendo elei collegamenti o almeno delle conti guità tra le siepi presenti amplifica gli effetti registrati. Anziché rilasciare ad ogni stagione selvaggina per il ripopolamento risul ta, ovviamente, più opportuno aumentare i siti di riproduzione, in modo tale che il ripopolamento possa avvenire anche natu ralmente. Va rilevato, inoltre, che benché tra la microfauna eli queste specie vegetali vivano molte specie di insetti potenzial mente dannosi per l'agricoltura, vi si trovano, tuttavia, altrettan ti organismi utili, in grado eli contenere le pullulazioni elei pato geni. Questo determina un positivo contributo all'equilibrio delle coltivazioni. Gli organismi utili trovano cjni un'arca di riproduzione e eli rifugio quando la coltura venisse trattata chi micamente o raccolta. 1. Depurativa riduce la quantità di polveri e gas nell'aria 6. Prodotti minori more, funghi, nocciole, piante officinali, miele, chiocciole con bruciatori a fiamma inversa si posso 7. Ripopolamento la siepe è punto di rifugio, sosta, alimen no ottenere rendimenti molto elevati tazione e nidificazione per la selvaggina 2. Biomassa 8. Frangivento 3. Legname di pregio gli alberi da legno pregiato sono un inve riduce del 30-50% la forza del vento in stimento a lunga scadenza sua altezza una fascia contigua estesa 10-15 volte la 9. Ambiente 4. Filtrante effetto filtrante da parte degli apparati riduce la quantità di C()2 nell'aria e quin di l'effetto serra radicali nei confronti di nutrienti dilavati e lisciviati dalle acque 10. Rifugio gli amici dell'agricoltura vivono e si ripro ducono qui 5- Pulizia fossi le erbe sulle rive elei fossi vengono con trollate dall'ombreggiamento esercitato da alberi ed arbusti lab. 1: funzioni di una siepe campestre. 154 11. Barriera protezione rispetto all'esterno (rumore. polveri, riservatezza, ecc.) A questo punto è forse più facile intendere quanto vasto sia il concetto di "produzione" applicato ad una siepe campestre, non solo legna o prodotti secondari quindi, ma anche produzio ne di "ambiente" in senso esteso, ivi compresa la sua gestione e la sua preservazione. Le produzioni primarie danno direttamente reddito, altre, secondarie e indirette, non producono apparente reddito imme diato ma fanno parte di quelle "rendite sociali" per le quali l'Unione Europea ha deciso di intervenire finanziando nuovi impianti nelle campagne. A quali di ciueste produzioni finalizza re in modo prioritario gli impianti, già dalla fase di progettazio ne, è una scelta che spetta all'imprenditore. È assolutamente necessario che una scelta venga fatta affinché la valutazione delle opportunità porti ad un progetto che possa inserirsi nel paesaggio e nell'ambiente garantendo, nel contempo, le produ zioni attese. Infine devono essere considerate altre due caratteristiche della stazione di impianto: la giacitura e la posizione; la stazione di impianto può trovarsi, infatti, in piano, in leggera pendenza o sul bordo di scarpate, nelle sue vicinanze vi può essere presen za o assenza di acqua, di manufatti o altri impianti che possono interagire almeno a livello paesistico. Metodologia d'impianto Negli anni 1997 e 1998, cioè gli anni immediatamente suc cessivi all'applicazione del regolamento 2078/92/CE che tra gli altri interventi prevedeva un incentivo per la manutenzione di impianti esistenti o per la creazione di nuovi, sono state realiz zate alcune siepi nel Cremonese. Dopo un anno eli applicazione della normativa molti erano i quesiti che le sedi territoriali della Regione Lombardia avevano ricevuto relativamente alla costituzione di nuove siepi o filari. Questi quesiti riguardavano principalmente le essenze da utiliz zare, le tecniche o i sesti di impianto, ecc. Per rispondere a ciue ste domande lo STAP (Servizio Tecnico Amministrativo Provinciale) realizzò tre impianti in provincia di Cremona, per un totale eli circa 5 km di siepi, nei comuni di Grumello Cremonese, Pizzighettone e Capergnanica - con finalità soprat tutto didattico/dimostrative - quali dimostrazioni vive nella realtà della provincia di Cremona. Fu svolta una preliminare attività di ricerca per valutare chi avesse operato nel settore e dopo una serie di incontri fu scelta la metodologia messa a punto dall'Ufficio Vivaistica e attività fuori foresta dell'ARF (Azienda Regionale delle Foreste) del Veneto. Questa tecnica prevede l'utilizzo di pacciamatura e di pian tine eli un anno con pane di terra. La lavorazione preliminare del 155 terreno va eseguita con un ripuntatore, quindi vanno effettuate un'aratura, un'abbondante distribuzione di letame maturo e un'erpicatura per sminuzzare il terreno, lasciandolo soffice per accogliere nel miglior modo l'apparato radicale delle giovani piante. Dopo aver adeguatamente preparalo il terreno si proce de alla stesura del film plastico per la pacciamatura. Questo è indispensabile per il controllo delle infestanti: le giovani piante rischierebbero, nei primi anni, di essere soffocate dalle erbacce. Il film plastico nero, invece, garantisce il controllo delle infe stanti, inoltre mantiene il terreno umido, soffice e caldo agevo lando perciò la crescita di alberi e arbusti. II materiale scelto per il film pacciamante è l'EVA (etil-vinil-acetato) che presenta alcu ne caratteristiche molto importanti: non è fotosensibile, non viene degradato dai raggi solari e quindi rimane intatto nel ter reno dove è steso; quando si vorrà rimuoverlo dal terreno - nor malmente al 4°-5° anno - basterà tagliarlo in posizione mediana e strappare, il telo verrà via senza difficoltà e soprattutto senza disfarsi (a questo punto dovrà essere accantonato e accurata mente smaltito secondo le norme vigenti). Dopo aver steso il film, si procede al trapianto che va effettuato con un palo tra piantatore che fora la plastica e, essendo cavo, permette all'ope ratore di lasciar cadere nel buco la giovane pianta. In questo modo si può passare da 2-300 piante/uomo/giorno a 8-900 pian te/uomo/giorno. Infine va eseguita un'irrigazione di soccorso che, salvo periodi particolarmente siccitosi, non sarà più ripetu ta in seguito, l'impianto deve affrancarsi il più presto possibile, riducenclo al minimo i costi di manutenzione. È fondamentale lasciare un'adeguata fascia di rispetto tra la coltivazione in atto e la siepe posizionata in fregio all'appezza mento. Questa fascia e indispensabile ai fini della manutenzione che va fatta periodicamente con mezzi meccanici nei primi due anni di vita delle piante. Non è una porzione di terreno persa, ma il necessario completamento all'impianto realizzato. Come già detto, dunque, la siepe va vista e trattata come una coltura specializzata lineare pluriennale e come tale eleve trova re tutte quelle attenzioni indispensabili ad ottimizzare la sua produttività, qualunque essa sia. Quali piante 156 Le piante devono avere 1-2 anni di età, in questa fase, infatti, è garantita una pronta ripresa vegetativa subito dopo l'impianto. Abbinando alla giovane pianta con pane eli terra un'opportuna pacciamatura si riduce lo shock da trapianto. La scelta delle specie è molto importante ed è influenzata da diversi parametri che vanno incrociati tra loro: la giacitura dell'impianto, la presenza o meno di acqua, l'esposizione, la finalizzazione della siepe. Deve essere verificata, per ogni pianta, la conformazione del l'apparato radicale: è necessario che sia equilibrato,con un buon capillizio, privo di attorcigliamenti e malformazioni, in partico lare nel caso di coltivazioni in contenitore. L'altezza della pianta è, invece, un parametro di per sé non significativo; è importante invece che ci sia equilibrio fra il diametro al collctto della pian ta e l'altezza della stessa (rapporto ipsodiametrico). II valore otti male è 80. Infine, nel caso eli specie destinate a produrre legname di pregio, vanno valutati attentamente la gemma e il getto apicale. La prima eleve essere sana e vigorosa, senza malformazioni, il secondo diritto e ben lignificato, così da non risultare esposto a gelate precoci. Un'ultima considerazione va l'atta in merito alla scelta delle piante, è opportuno, infatti, privilegiare, per quanto possibile, ecotipi locali. Utilizzare piante originate da semi raccolti in loco o in stazioni geografiche ed ecologiche note ed affini alla loca lità eli messa a dimora rimane la scelta più appropriata. La manutenzione Il problema principale riscontrato nella nostra provincia, ma non solo, dove i terreni sono profondi, ricchi di sostanza organi ca e di elementi nutritivi, è la presenza nel terreno di enormi quantità eli semi di infestanti anche molto competitive (cheno podio, sorghetta e giavone, amaranto, Abutilon. Sycios). Queste specie devono essere controllate. Il controllo deve partire dal foro di trapianto che può essere coperto con dei cartoni collocati a chiusura dello stesso oppure seminando una specie erbacea, nana, tappezzante che inibisce lo sviluppo di altre specie molto più invasive e competitive. Questa specie è il gincstrino (Lotus coriiicu/attts in varietà da sovescio). Lungo i bordi del film e sulla fascia di rispetto le erbe vanno controllate meccanicamente con un trinciasarmenti. mantenendo l'attrezzo ad una certa distanza dal film pacciamante in modo da scongiurare il rischio che il telo venga taglia to o danneggiato. Lungo il bordo del film può essere distribuito un diserbante chimico, con trattamento localizzato. Prima dell'inizio della seconda stagione vegetativa si proce de alla riceppatura degli arbusti e degli alberi destinati ad esse re governati a ceduo. Nel caso degli arbusti la riceppatura è fina lizzata a produrre un'abbondante ramificazione fin dalla base dell'arbusto stesso, così da garantire la saturazione dello spazio inferiore della siepe. Per gli alberi è una vera e propria cedua zione. Questa operazione in alcuni casi va rinviata, ad esempio per una ridotta vigoria dei soggetti oppure per alcune speciebotaniche come il carpino bianco e la robinia. 157 Quali impianti Come già riferito in precedenza, gli impianti realizzati in pro vincia eli Cremona sono stati progettati con finalità principal mente didattico/dimostrative, pertanto sono stati previsti note voli assortimenti vegetali, moduli complessi e finalizzazioni molto diverse; il tutto per rispondere alle esigenze eli carattere divulgativo senza, tuttavia, accantonare gli aspetti produttivi che devono restare in primissimo piano se si vuole che le siepi si diffondano nelle aziende agricole. Di seguito vengono riportati alcuni esempi di siepi realizzate. Nel 1997, nell'Azienda Borromeo di Grumello Cremonese, sono stati posti a dimora alberi e arbusti secondo varie tipolo gie. Un primo impianto da biomassa è stato realizzato in deroga ai dettami del regolamento 2078/92/CE, in quanto utilizza come specie arborea il platano alternato a pallon eli maggio (Viburnum opulus), cespuglio che ha un apparato radicale molto fìtto che cresce in direzione dell'acqua. Questa caratteri stica può evitare il contatto diretto tra le spore del fungo agen te del cancro colorato del platano, che si diffondono anche attra verso i corsi d'acqua, e le radici del platano riducendo, quindi,le possibilità di contagio. La circolare applicativa del regolamento 2078/92/CE proibiva la costituzione eli nuove siepi utilizzando platano proprio per questa ragione: la malattia è ormai endemi ca in Italia, si può diffondere anche attraverso l'acqua dei fossi e da circa una quindicina di anni esiste nel nostro Paese un decre to di lotta obbligatoria che, in caso eli presenza del fungo, impo ne ai proprietari degli alberi l'applicazione di misure tassative e stringenti per l'abbattimento degli esemplari malati. Il modulo platano-pallon di maggio utilizzato a Grumello è interrotto, ogni 16 soggetti, da tre salici grigi (Salix cinerea) alternati a due onta ni (Alntts glutinosa) in modo da interrompere la continuità tra gli apparati radicali (anastomosi) e quindi, nel caso il fungo riu scisse ad attaccare uno degli individui della siepe, impedire il diffondersi della malattia lungo il filare. La scelta eli questo modulo, già sperimentato con successo in Veneto, mantiene forte l'attenzione nei confronti della preven zione dalle infezioni, pur confermando l'utilizzo di un'essenza tipica della nostra pianura che è, inoltre, in grado di elare produ zioni legnose molto interessanti. Altre siepi da biomassa sono state realizzate in fregio ad un'a rea che per certi periodi dell'anno risulta allagata, utilizzando ontano nero (Alntts glutinosa) alternato a frangola (Frangula aliiits), o olmo (Ulmtis minor) alternato a ligustrello (Ligiistrum valgare): specie che sopportano benissimo la som mersione, anzi ne traggono vantaggio. Di fianco alla cascina è stato poi realizzato un impianto a carattere ornamentale, la cui "produzione" consiste proprio nella valorizzazione della cascina stessa. Sono state poste a dimora 158 varie specie botaniche con fioriture successive per un lungo periodo dell'anno e con variazioni cromatiche anche autunnali rappresentate sia da alberi d'alto fusto, sia da cedui e arbusti in modo da creare una struttura vegetale variegata su diversi piani. Altri impianti sono stati eseguiti a Capcrgnanica presso un'a zienda agrituristica con finalità didattica. Accanto alle siepi da biomassa, progettate per garantire all'azienda l'autosufficienza energetica, sono stati creati anche moduli più spiccatamente didattici (siepe delle querce, siepe elei salici e elei pioppi), siepi arborate con essenze di pregio (perastro) alternate a cespugli di rosa canina e di acero campestre (governato a ceduo); tutte spe cie tipiche della vegetazione planiziale. In azienda c'è anche un allevamento di api, nei pressi del quale è stata posta una siepe finalizzata proprio a creare un habi tat adatto per questi laboriosi insetti, con alberi e arbusti a fiori tura continua a partire dal mese eli febbraio. Si inizia con il cor niolo e si prosegue per il resto della stagione vegetativa con noc ciolo, perastro, frangola, acero campestre e magaieppo; le api hanno in questo modo la possibilità di bottinare in continuazio ne. In questo caso oltre ai prodotti dell'alveare, dal micie alla pappa reale, sarà garantita la produzione di legna da ardere (magaieppo, nocciolo e acero campestre) e legname da opera (perastro). L'ultimo impianto dimostrativo è stato realizzato a Pizzighettone, nell'Azienda Cippelletti, creando una siepe lunga 1 chilometro, sulla riva del fiume Adda, atta a produrre legname da opera (Cerro, l'arnia, roverella) e da biomassa, con specie governate a ceduo come nocciolo e acero campestre. Nella parte bassa della siepe si trovano i cespugli (frangola, spincervino, rosa canina) che devono completare la "parete vegetale" e controllare la crescita delle erbe. Trattandosi di una riva con una profonda scarpata in cui i livelli di falda risultano piuttosto bassi, nonostante l'attiguità del fiume, le specie individuate devono essere capaci di sopportare tanto brevi periodi di sommersione (invernali per lo più con pianta ferma) quanto prolungati periodi in cui la falda si abbas sa molto al di sotto del piano di campagna, durante la stagione vegetativa. Conclusioni Rimandando chi fosse interessato ad un'illustrazione più det tagliata delle realizzazioni eseguite, elei moduli, delle consocia zioni e delle finalizzazioni produttive ad un altro scritto dell'Autore [PANENA Ci., 1998-Gli impianti realizzati in provincia di Cremona,/.<7 sentinella agricola, 7-8 (Iug.-ago.): 10-15] vale la pena eli concludere notando che gli impianti descritti hanno ormai 5 o 6 stagioni vegetative alle spalle, sono cresciuti in 159 modo regolare, rendendo necessarie pochissime sostituzioni. La percentuale eli attecchimento con questo tipo di piantine è stata decisamente buona, aggirandosi attorno al 90%. Correggendo alcuni inevitabili errori si potrebbe arrivare anche ben oltre questo valore, approssimandosi al 100%. eli successo. In questo modo si ridurrebbero al minimo i costi delle sostitu zioni e nel contempo si garantirebbe un'omogeneità di crescila alle diverse specie. 160 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 P- 161-10" Cassinazza di Baselica: azienda agroambientale per la produzione di paesaggio e ambiente Alberto Massa Saluzzo * Riassunto Sono sempre meno in Italia i terreni che vengono utilizzati a fini agricoli e questa sembra essere la tendenza anche per gli anni a venire. Il declino dell'attività agricola all'interno della Comunità Europea è dovuto, in primo luogo, al calo dei profitti. In futuro le tradizionali pratiche agricole, non più sostenute da contributi elevali, non costituiranno più per l'agricoltore una fonte di reddito sufficiente. Risulta quindi evidente la necessità di adattare la propria attività a quanto realmente richiesto dalla collettività, cioè al miglioramento della qualità e dell'ambiente rurale. Le aziende agricole assumono perciò un chiaro ruolo nel l'ambito della tutela ambientale. Le politiche agricole dell'Unione Europea e degli Stati membri riconoscono questa necessità di cambiamento. Le misure agroambientali, che sono state messe a punto in tali ambiti, l'ungono perciò da remunera zione per gli agricoltori che implementano sistemi di conduzio ne di elevala qualità ambientale.Viene presentata in questo lavo ro l'esperienza in corso nell'Azienda Cassinazza eli Baselica (PV). Summary The soils tbat are used in Ihdy for furming are fewer and fewer and il seems tbat this will be the tendency ulsofor the future. The reusou of the agriculttiral business decline in the European Community is the decreuse of the profits. The tradi tional agricullttral business is no mori' supported by high contributiims unti Iherejbre will be no more a sufficient source of incoine for the fumiei: Il is therefoie necessary to adapl one's business lo whut is ready reeptested by the community tbat is the improvement of the qualily and of the ritrai envi• Via del Caravaggio I -1-201 ii Milano. E-mail: albcrto.raassasaluzzo@tin.it 161 ronmeli t.Thefuni is play thereforean Importaut pari in the envi rai tinculai proteclion. The agricu/ltirai poliiics of the Europeau Community - and of the States which are members of - understand the iiecesslty of a change. The agroenviroiimental meastires which bave been started are therefore a renuineration fol lile fanners who use high quality environmental management systems. This docimienl shows the experience of the furili Cassinazza in Baselica. in the province of Pavia. Esempio pilota in Lombardia, dal 1994 viene condotto a Premessa Cassinazza di baselica in comune di Giussago (PV) un program ma agroambientale basato sull'idea di ripristinare una gestioneaziendale in cui vengano massimizzati l'uso produttivo.agricolo, naturalistico e paesaggistico della zona; rendendo compatibile la pratica agricola con la presenza del maggior numero possibile eli specie vegetali e animali, originarie o comunque facenti parte della cultura locale. Su una estensione attuale di circa 400 ettari sono stati gra dualmente realizzati numerosi interventi di rinaturalizzazione, con la formazione eli siepi e di filari campestri e la realizzazioneeli macchie boscate e eli arce umide. Perché La riforma eli Agenda 2000 definisce con chiarezza come il sostegno alla produzione rivolto alla categoria degli agricoltori non sia più sostenibile e sia quindi destinalo ad un calo pro gressivo e irreversibile; la stabilizzazione dei redditi agricoli resterà progressivamente contenuta in modo esclusivo nelle politiche di incentivo alla modernizzazione delle aziende e ai capitoli dedicati alla qualità e alla multifunzionalità. Questo importante capitolo è stato riconosciuto a livello comunitario elevando le politiche per lo Sviluppo Rurale al ruolo eli"Pilastro". Nel contesto agroeconomico generale si con ferma l'intenzione di non sostenere più la produzione di mate riale spesso eccedentario e che potrebbe essere acquistalo a costi inferiori e eli sostenere, invece, la fornitura eli prodotti e ser vizi diversi, egualmente necessari alla collettività, affidando alle aziende agricole l'effettivo ruolo di presidio ambientale. Il settore agricolo è pertanto chiamato a riconvertirsi, tenen do conto della necessità di rivestire una duplice funzione: da un lato la produzione eli beni materiali, dall'altro la produzione di servizi a beneficio collettivo in virtù degli aspetti ambientali, paesaggistici, culturali, storici all'interno elei quali è in grado di intervenire. È un'opportunità importante per le aziende agricole che applicano una gestione in cui un'elevata qualità ambientale si 162 combina in modo efficiente con attività capaci di produrre nuovo reddito. Il sistema può rivelarsi tanto più efficiente quanto più sia concentrato in zone agricole ad elevata potenzialità produttiva, dove l'espandersi delle coltivazioni intensive ha maggiormente inciso sull'impoverimento complessivo delle arce nonché nelle zone ad elevata densità abitativa, dove la domanda eli fruizioneeli ambiente e di natura è molto forte. Il sistema dell'agricoltura di interesse economico primario CRITICITÀ produzioni eccedentarie esasperazione ciclo produttivo intensivo forte antropizzazione del territorio VALENZE aziende competitive dimensioni aziendali medio-grandi disponibilità di irrigazione operatori agricoli preparati ed aggiornati OPPORTUNITÀ Ione caratterizzazione del paesaggio agrario forte potenzialità agrituristica elevata possibilità di svolgere servizio territoriale Le condizioni iniziali Il territorio agricolo nel quale si trova Cassinazza, che può certamente essere definito ad elevata attitudine produttiva e a basso grado di naturalità, è in linea generale caratterizzato dalla presenza di ampi appezzamenti, quasi esclusivamente concloni a seminativo, privi di componenti naturali significative e gene ralmente poveri eli valori ambientali. La qualità paesaggistica è limitata a causa, in particolare, della meccanizzazione legata alle pratiche agricole: grandi estensioni aperte occupano gli spazi che un tempo ospitavano fìtti reticoli di filari, siepi, rogge e strade poderali. L'impoverimento della fauna ha seguito quello della vegeta zione: il territorio offre sempre meno possibilità eli ricovero, di alimentazione e di nidificazione, quindi molte specie animali sono attualmente rare o assenti. Gli obiettivi I principi ispiratori di questa esperienza di gestione azienda le sono i seguenti: - introduzione del concetto eli "coltivazione di ambiente" e con vinzione che essa possa essere considerata al pari di una attività agricola produttiva; 163 - diversificazione delle coltivazioni mirata al massimo grado di complessità ecologica, con tutela e valorizzazione degli elemen ti naturali sporadicamente presenti; - determinazione di un modello gestionale l'ondato su basi eco nomiche concrete e per questo ad alta potenzialità di riprodu zione, utile a guidare l'atteggiamento delle imprese agricole verso il riassetto delle campagne. Tutti gli interventi eli rinaturalizzazione del territorio agricolo sono stali condotti applicando i seguenti principi: - adozione di tecniche colturali che consentano la conservazio ne e il miglioramento qualitativo e quantitativo degli elementi vegetali di equipaggiamento della campagna; - gestione dei lavori condotta con criteri e tecniche agricoloforestali, con l'obiettivo di trasferirne le esperienze nel campo agroambientale; - conversione della professionalità del personale impegnato nelle opere eli riqualificazione in senso agroambientale; - utilizzo eli attrezzature e eli macchinari tipici dell'attività agri cola, cui si aggiunge episodicamente l'escavatore; - utilizzo eli infrastrutture (chiuse, ponti, strade, ecc.) mutuate da ciucile agricole; - utilizzo per i rimboschimenti di materiale vegetale provenien te da seme appositamente raccolto nei boschi naturali del Parco del Ticino e successivamente coltivalo in vivaio sino alla misura forestale; - distribuzione della vegetazione basala sull'elaborazione eli modelli propri di ambienti naturali specifici, individuando all'in terno eli questi le specie che possono più correttamente fon dersi nel paesaggio circostante. La redditività La tabella riportata nella pagina successiva illustra la redditi vità riscontrata presso l'Azienda agricola Cassinazza di baselica nell'anno 2002; benché indicativi per una comparazione econo mica sulle scelte aziendali, i dati sono da ritenersi una fotografia di quell'anno e nella sola pianura pavese in quanto riferiti a para metri produttivi, di mercato e di sostegno al reddito presenti in ciuci momento. I modelli di intervento finalizzati alla valorizzazione del paesaggio rurale Sono stati realizzati, tra le campagne coltivate, filari campe stri e ampie fasce di siepe, cespugliate o arborato-arbustive, distribuite lungo i percorsi dell'intera azienda agricola con l'in tenzione di creare corridoi ecologici eli collegamento fra nuclei di rinaturalizzazione estesa. (ìli interventi condotti coprono attualmente circa 70 km lineari, spesso in doppia o in tripla fila, per un totale eli 70.000 164 Redditività Euro/ha 817.37 666'6 644.06 I Redditività • / ^ * />' / <^' / ^ / ^ / ^ «J rS» ^g \& <F piantine: tali piantine sono state disposte realizzando una strut tura portante costituita dalle specie dominanti con inserti isola ti eli specie accompagnatrici. Siepi: le fasce eli siepe Cini realizzate sono plurispecifìche. cespugliate o arborato-arbustive. distribuite in andamenti lineari applicando i seguenti criteri: - utilizzo esclusivo eli specie autoctone di ecologia individuata per singola stazione; - distanze fra le piante variabili da 1 a 2 metri e tra le file di 2 metri; - disposizione delle specie arboree o arbustive a seconda dell'o rientamento e degli spazi disponibili attorno alle campagne; - garanzia di accessibilità ai canali di irrigazione e eli colo per l'ef fettuazione delie opere di manutenzione; - minimizzazione dell'intralcio alla circolazione elei mezzi agri coli; - rispetto dei coltivi adiacenti e del confine di proprietà; - opportunità eli offrire scorci visuali sulle estensioni agricole della tenuta. Filari campestri: i filari realizzati presentano una disposi zione in file semplici oppure doppie. L'interasse tra una pianta e la successiva non è mai superiore a circa 8 m. Le specie più comunemente utilizzate sono quelle riferibili al paesaggio agra- 165 rio basso-padano: Populits alba. Populits nigra. Popidus nigra var. italica, Salix ulba,fitglans regia. Morus spp. I modelli di intervento finalizzati alla conservazione della biodiversità Macchie boscate: l'inserimento di macchie boscate è eli cor nice ad aree prative o eli sfondo alle aree umide; i rimboschi menti sono slati realizzati con specie arboree e arbustive distri buite secondo i seguenti criteri, la cui applicazione è necessaria per giungere in tempi brevi alla costituzione eli un ambiente più vicino a quello reale del bosco: - utilizzo esclusivo eli specie autoctone eli ecologia individuata per singola stazione; - impiego eli specie pioniere a rapido accrescimento; - utilizzo di uno schema a file curvilinee parallele distanti tra loro 2-2.5 m. in cui le piantine risultino tra loro distanti 2,5 m e in posizione sfalsata rispetto alla fila attigua: - scelta di un sesto di impianto relativamente fìtto tale da con sentire un'efficace copertura del suolo ma che renda possibile nello stesso tempo la meccanizzazione delle operazioni di manutenzione; - opportunità di offrire scorci visuali alle aree rinaturalizzate. Zone umide ad acque basse: gli interventi sono attual mente condotti su circa 25 ettari eli superficie ritirata dalla pro duzione a seminativo. I terreni sono stati riqualificati con Io scopo di ricostituire delle aree umide a l'ondale basso per l'ali mentazione e la riproduzione di uccelli di passo; la riqualifica zione naturalistica è stata condotta mediante la formazione di bacini perennemente allagati da uno strato d'acqua eli 30-35 cm. (di argini perimetrali sono stati ampliati (fino ad un massimo eli 3 m) e vi sono state piantate siepi campestri eli natura igrofila. Zone umide ad acque profonde: gli interventi sono attual mente condotti su circa 18 ettari di superficie ritirata dalla pro duzione. Nella formazione eli queste zone umide sono stati pre visti settori di acqua bassa, con profondità variabile da 20 a 70 cm, alternati a settori con accula relativamente alta, 1,5-1,8 m con 1,3 m di media, a formare una ripetuta successione di acque libere e eli acque stagnanti che riprendono la strutturazione di un ambiente umido diversificato. Praterie umide: gli interventi sono attualmente condotti su circa 13 ettari di superfìcie ritirati dalla produzione. Sono state l'ormate, con l'eliminazione del drenaggio, aree umide tempora nee, ad acque basse, in cui la conformazione morfologica dei terreni è stata modificata spezzando il livellamento per formare lievi dossi e depressioni invase dall'acqua. Nelle fasce depresse l'acqua si ferma in maniera quasi permanente, formando lame temporanee talvolta sfalciate e ripulite durante i brevi periodi estivi di asciutta. Lo spazio dominante degli appezzamenti 166 viene tenuto a prato accompagnato sui margini da fasce bosca te che rappresentano quantitativamente circa il 10% dell'intera superfìcie. Dal pioppeto al bosco naturaliformc: nei programmi colturali di un pioppeto a fine ciclo si prevede naturalmente l'abbattimento di tutte le piante giunte a maturazione e succes sivamente l'impegno elei terreni con nuove coltivazioni; al con trario di quanto avviene tradizionalmente, nel caso in argomen to si pensa eli poter passare dal pioppeto al bosco naturaliformc senza attraversare la fase di terreno completamente nudo. È pos sibile pensare eli risparmiare dal taglio un determinato numero di piante mature eli pioppo, potenzialmente oggetto di contri buto, procedendo all'inserimento delle nuove piantine forestali. In questo modo si sfruttano le capacità eli preparazione al bosco espresse da una specie tipicamente pioniera come è il pioppo, evitando di sprecare quanto la natura ricostruirebbe da sé in numerosi anni e accelerando quindi notevolmente l'affermazio ne del bosco naturaliforme introdotto. In questo senso si pensa sia corretto sfruttare una sorta di tappa evolutiva della vegeta zione rappresentata dal pioppeto: le piante adulte garantiscono un forte arricchimento in humus e per l'effetto parzialmente ombreggiarne procurato dalle chiome agiscono con immediati effetti positivi sull'accrescimento delle giovani piantine foresta li, che restano prolette dalle forti condizioni di calura estiva e si trovano a vegetare in condizioni di suolo fresco e libero dalieerbe infestanti di elevatissima aggressività presenti generalmen te sui terreni lavorati. La conservazione di alcuni pioppi adulti consente inoltre di avere un'immagine paesaggistica meno drammatica, potendo mantenere una stratificazione verticale che fin da subito comprende una componente arborea eli statu ra elevata, senza passare attraverso quella fase di immagine "eli vuoto" che dura diversi anni. 167 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 P- 169 Sviluppo energetico delle siepi Energetic development of the hedges Angelo Scaravonati* Nella prospettiva di procurare benefìci all'ambiente nonché di produrre energia rinnovabile, vengono erogali fondi regionali e comunitari per la realizzazione di siepi campestri. La conservazione dell'ambiente diviene, quindi, anche uno strumento per produrre risorse. Molti sono dunque i motivi che spingono ad impiantare o a mantenere una siepe campestre, non ultimo il potenziale energe tico, dal punto eli vista della biomassa, da essa ricavabile. A seconda della bontà agronomica della stazione è possibile con 700/800 mi eli siepe (utilizzando le specie adatte) avere il quantitativo di legna o di minuzzoli (chips) sufficienti per scalda re per un anno una normale abitazione di 4/500 m-"\ Le essenze più frequentemente utilizzate nelle nostre campa gne sono: platano, ontano, salice, pioppo e robinia (essenze a rapi do accrescimento) accompagnate da altre a crescita più lenta: acero campestre, carpino bianco e alcune essenze arbustive. Èinteressante notare che il potere calorifico del legno, a parità di umidità relativa, si differenzia di poco al variare delle specie impiegate nella combustione. Quindi, ciò che incide sulla resa energetica non è tanto collegato al potere calorifico quanto piut tosto alla densità del legno, cioè al peso per unità eli volume. L'interesse nei confronti della legna come fonte di energia ter mica deriva dal fallo che oggi la tecnologia mette a disposizione delle caldaie a fiamma inversa ad alta resa (lino al 90%) che ne rendono indubbiamente economico l'utilizzo, senza trascurare il benefìcio ambientale che ne deriva. Utilizzare la siepe in termini economici potrebbe incentivare la costituzione eli nuovi impianti nelle nostre campagne. Via Rottaiole 5 -1-26040 - Scandolara Kuvara (CR). H-mail: a.>earavonati" unh.net 169 PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003 p. 1T1-172 Agricoltura biologica e ambiente Biological agriculture and environment Paola Paccini * L'agricoltura biologica è un metodo di produzione agricola che utilizza tecniche rispettose della fertilità intrinseca del suolo, della natura delle piante coltivate, degli animali allevati e dell'equilibrio ambientale/filli tecniche ottimizzano tra loro que sti fattori di produzione interdipendenti ed escludono l'impiego di concimi, fitofarmaci e medicinali veterinari chimici di sintesi e organismi geneticamente modificati (OGM). L'agricoltura biologica è oggi disciplinata dai regolamenti CEE 2092/1991 per le produzioni vegetali, 1804/1999 per le produzioni animali e 331/2000 per il logo comunitario.Tali rego lamenti indicano, con precise norme, le tecniche di produzione alle quali devono obbligatoriamente attenersi gli operatori del settore - agricoltori, allevatori e preparatori - che intendono commercializzare la loro produzione con la denominazione di "prodotto da agricoltura biologica". Il settore agro-industriale nazionale, e in particolare la com ponente agricola, sembrano cominciare a recepire i cambiamen ti imposti dai nuovi modelli di consumo degli alimenti e questa circostanza si riflette in un accresciuto interesse per il comparto delle produzioni biologiche. Il mercato alimentare in generale, e quello elei freschi deperibili in particolare, è stato infatti segmen tato grazie all'immissione in commercio di prodotti ottenuti secondo le metodologie dell'agricoltura biologica. In un contesto concorrenziale di questo tipo le produzioni biologiche costitui scono oggi una risposta in linea con le attese della domanda nazionale e internazionale e in molti casi si sono rivelate una scommessa vincente dal punto di vista commerciale. Allo stato attuale i dati nazionali, aggiornati all'I gennaio * e/o La Natura Viva, galleria Ferri 6 - 1-46100 Mantova. K-mail: paola@naturaviva.it. www.naturaviva.il 171 2000, registrano un'ulteriore crescita degli operatori rispetto al passato. Le aziende sono infatti salite a 49.188 unità, una cifra che rappresenta una crescita del 12,5% rispetto al 1999. Il nume ro delle aziende agricole non è tuttavia il solo parametro che deve essere utilizzato per valutare l'effettiva importanza econo mica assunta dal comparto nei confronti dell'agricoltura nazio nale. II salto eli qualità è rappresentato dall'opportunità per l'o peratore agro-alimentare di valorizzare commercialmente la pro pria attività/produzione grazie al collocamento del prodotto sul mercato biologico nazionale ed estero. Con un giro d'affari di circa 2.000 miliardi di lire e la costante crescita delle aziende produttrici nonché delle superfìci interessate, l'agricoltura bio logica rappresenta uno elei settori più promettenti del panorama agro-alimentare italiano. La domanda elei prodotti ottenuti con le metodologie dell'agricoltura biologica è cresciuta del 25% ogni anno. Nel giro di pochi anni abbiamo assistito nel nostro Paese a un vero e proprio boom di tali produzioni e a una rapida cre scita delle superfìci ad esse destinate: siamo passali da circa 4.000 aziende nel 1993 a circa 43.000 nel 1998,con una super fìcie che da 70.000 ettari nel 1993 è aumentata a "88.000 nel 1998. arrivando oggi a circa 1.000.000 di ettari. Tali numeri testimoniano l'evoluzione del comparto, che da semplice nic chia di mercato si sta trasformando in uno elei più promettenti segmenti del settore agro-alimentare. In Italia è concentrato ben un terzo delle aziende agricole biologiche d'Europa; nel gennaio del 2001 il loro numero è cre sciuto del 41,5% e le loro superfìci hanno avuto un incremento pari al 39,5%. Dalle ultime notizie del BMofach 2002 eli Norimberga si è evi denziata una "maturazione" ulteriore del settore, che deve esse re attribuita al miglioramento generale del tipo di servizio/pro dotti offerto dagli operatori stessi, riconducibile a un amplia mento della gamma eli prodotti, della struttura operativa e a una distribuzione capillare. L'interesse verso l'agricoltura biologica cresce continuamen te e l'applicazione elei regolamenti comunitari 2092/1991 e 1804/1999, nonché i parametri sempre più restrittivi della certi ficazione e del controllo qualità/tracciabilità delle produzioni, hanno funzionato da volano per la diffusione dei sistemi di col tivazione biologica in Italia e in Europa incontrando sempre più le esigenze del consumatore. 172 NORME PER GLI AUTORI 1. Pianura pubblica lavori riguardanti i vari campi d'interesse delle scienze natu rali, relativi alla regione padana, nonché studi attinenti alla storia del suo ambientenaturale, privilegiando i saggi pertinenti la provincia eli Cremona o i territori limi trofi. 2. I lavori inviati, che si intendono originali ed esclusivi, non devono eccedere, eli norma, le 30 cartelle, inclusi tabelle, grafici e illustrazioni. Contributi eli maggior ampiezza saranno tenuti in considerazione a giudizio del Comitato scientifico ed eventualmente proposti alla pubblicazione come monografìe. Pianura pubblica anche brevi Segnalazioni, contenute entro le tre cartelle, tabelle e illustrazioni inclu se. 3. I testi completi eli illustrazioni e tabelle devono nitidamente essere stampati su fogli bianchi l'ormato Uni A/4, a doppia spaziatura, con ampi margini e su un solo lato del foglio. Ogni cartella si intende composta eli circa .30 righe per 60 battute cia scuna. E ammesso l'uso elei caratteri tondo e corsivo (quest'ultimo limitato ai nomi scientifici, a parole in lingua diversa da quella del testo o come indicato eli seguilo per la bibliografia) mentre si prega eli evitare il tutto maiuscolo e le sottolineature. 4. I testi in triplice copia, completi di illustrazioni, tabelle e didascalie, vanno inviati al seguente indirizzo: Redazione di Pianura, c/o Provincia eli Cremona, Corso Vittorio Emanuele II n. 17,26100 Cremona.Occorre trasmettere alla redazione anche- copia del dischetto contenente il testo (preferibilmente in formato Word 97 o suc cessivi). 5.1 lavori devono essere preceduti da un riassunto in italiano e in inglese. Per le Segnalazioni si ritiene sufficiente la traduzione in inglese del titolo. La stesura del lavoro deve rispettare la seguente impostazione: Titolo, Riassunto, Summary, testo suddiviso in capitoli (cs. Introduzione, Materiali e metodi, Risultati, Discussione, Conclusioni, Ringraziamenti, Bibliografìa). 6. (ili articoli devono contenere - su un foglio allegato - il nome, l'indirizzo, i numeri telefonici, l'eventuale indirizzo e-mail dell'autore (o autori). Le figure, i gra fici, le tabelle e le fotografie che accompagnano gli articoli devono essere predi sposti con particolare cura. Nel testo deve essere segnalato chiaramente il punto dove si desidera che vengano inseriti. Ogni illustrazione deve essere accompagnata da una dicitura eli presentazione costituita da un numero progressivo, un titolo e una didascalia. Nel caso di immagini coperte da copyright è necessario trasmettere alla redazione l'autorizzazione alla riproduzione, (indici e disegni vanno consegnati su carta con dimensioni possibilmente maggiori rispetto a ciucile che si desiderano in stampa. Si raccomanda cura particolare nell'indicazione: a) dei termini da riprodurre in corsivo b) elei titoli, dei capotiteli e elei paragrafi e) delle parti dell'articolo che si vogliono stampate con corpo ridotto. 7. Note e riferimenti bibliografici. Il ricorso alle note eli contenuto deve essere il più limitato possibile. Per le note eli riferimento bibliografico all'interno del testo si adotta il sistema cognome dell autore-data della pubblicazione tra parentesi tonde (Rossi 1987). Se all'interno dello stesso anno esiste la possibilità eli confondere più autori con Io stesso cognome, si ricorre all'iniziale del nome puntata (Rossi A. 1987; Rossi V. 1987). Nel caso che lo stesso autore abbia pubblicato più opere nello stes so anno, occorre aggiungere alla data la lettera dell'alfabeto che la identifica anche nell'indice bibliografico (Rossi 1987a; Rossi 1987b). Nel caso ci si voglia riferire ad una parte specifica dell'opera, Si possono anche segnalare le pagine (Rossi 1987,p. 173 80-87). Per le opere aventi più eli due autori va citato il primo seguilo dalla locuzio ne latina in l'orma abbreviata et al. (Rossi et al. 1987). 8. Bibliografia. Deve essere organizzata, alla fine dell'articolo, In stretto ordine alfabetico per autore o titolo. Le voci relative ad opere di più autori devono ripor tarne tutti i nomi, a differenza delle citazioni nel testo, e vanno ordinate con il pri mo che compare sul frontespizio della pubblicazione. L'ordine eli citazione biblio grafica è il seguente: cognome e iniziale puntala del nome dell'autore (o autori), vir gola, l'anno della pubblicazione, trattino, titolo della pubblicazione (in corsivo), casa editrice e luogo dell'edizione separali da virgole. Esempi: BOLZON P, 1920 - Plora della provincia di Parma e del confinali le Appennino tosco-ligure-piacentino, Stab.Tip. Ricci. Savona. BMCHETTl P. & Garihoi.di A., 1997 - Manuale pratico di ornitologia. Edagricolc, Bologna. Eorgiarini M.N., Casali C. &. RAGGI S., 1996 - Botanica oggi, Eclagricole, Bologna. Paesaggi e suoli della provincia di Cremona, 1997. "Monografìe eli Pianura" n. 2. Provincia di Cremona, Cremona. Nella segnalazione eli lavori pubblicali in periodici il titolo del contributo va ripor tato in tondo, seguito dal titolo della rivista in corsivo e per esteso (o in forma abbre viata se accreditata) e dalla numerazione separati da virgole; ultimo elemento da riportare l'estensione dell'articolo stesso preceduta dai due punti (:). Esempi: Boxali E, 1997 - Interessanti segnalazioni floristiche nel Cremonese : primo contri buto, Pianura, 9: 5-26. biffile,nella segnalazione di lavori pubblicati in monografìe (quali ad esempio gli atti di congressi etc.) il titolo del contributo va riportato in tondo, come pure il titolo della monografìa che va indicato tra virgolette e preceduto da in: Esempi: Scazzosi L., 1997-Alle radici elei musei naturalistici all'aperto, in: "Stanze della mera viglia", CLLIEB, Bologna: 91-134. 9. La Redazione si riserva il diritto di uniformare le citazioni bibliografiche, la pun teggiatura e l'uso delle iniziali maiuscole. Nel caso i signori Collaboratori provve dano eli persona alla correzione delle bozze, queste debbono essere restituite entro i termini concordati con la Redazione (eli norma 15 giorni); trascorso detto terminesi procederà alla correzione redazionale. Le modifiche devono limitarsi alla corre zione di refusi tipografici. Le eventuali spese per correzioni rese necessarie da aggiunte e modifiche al testo originario saranno interamente a carico dell'Autore. Per ogni articolo pubblicato saranno fornite gratuitamente all'Autore (o Autori) del lo stesso 30 copie complessive elei relativi estratti. 174 SOMMARIO Atti della Giornata di studi su "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia" (Cremona, 2002) Sessione storica pag. 11 Sessione naturalistica pag. 43 Sessione economteo-gestionale pag- 143 o Comune Qemona DET Sistema Dipartimento <li Kciilopn del lerritorio dell'Unlvenita di Paria Museale ROTARY CLUB CREMONA Spedizione in Abb. postale 70% Cremona