PIANURA
scienze e storia
dell'ambiente padano
n. 16 / 2003
ISSN 1722 - 5493
^kjjiÀtUtlLnnJ^àhiU^iLmÉ^j/jjntJ .sM^i/M
ATTI
della Giornata di studi su
"Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia"
(Cremona, 18 maggio 2002)
PROVINCIA DI CREMONA
PIANURA
scienze e storia
dell'ambiente padano
n. 16/2003
PRESIDENTE
Gian Carlo Corada. presidente della Provincia di Cremona
DIRETTORE RESPONSABILE
Valerio Ferrari
REDAZIONE
Alessandra Facchini e Alessandra /.ametta
con la collaborazione di Giovanna Aquilino
COMITATO SCIENTIFICO
Giacomo Anlbssi. Giovanni Bassi, Paolo Biagi,
Giovanni D'Auria, Cinzia Galli, Riccardo Groppali,
Hnrico Ottolini. Rita Mahel Schiavo, Marina Volonté. Eugenio Zanotti
DIREZIONE REDAZIONE:
26100 Cremona - Corso V. Emanuele II, 17
Tel. 0372 406446 • Fax 0372 406461
E-mail: pianura.provincia@rccr.crcmona.it
FOTOCOMPOSIZIONE E FOTOLITO:
Fotolitografia Orchidea
Cremona -Via Dalmazia, 2/a -Tel. 0372 37856
STAMPA:
Monotipia Cremonese
Cremona -Via Costone di Mezzo. 19 -Tel. 0372 33771
Finito di stampare il
12 aprile 2003
Periodico della Provincia di Cremona, registrato presso
il tribunale di Cremona al n.J/3 in dafu 31/7/1996
Citazione bibliografica consigliata:
Volonté M., 2003 -Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana, in: 'Atti
della (nomata di studi su Siepi e filari ira storia, economia ed ecologia (Cremona, 2002)",
Pianura, 16: 13-21.
È sempre ammessa la citazione breve:
Volonté M., 2003 - Testimonianze della centuriazione romana nella campagna padana.
Pianura, 16: 13-21.
Presentazione
In un'epoca di profonde, repentine e inarrestabili modificazioni del nostro ambiente quo
tidiano, delle sue risorse e del suo paesaggio, l'occasione di poter parlare di "Siepi e filari
tra storia, economia ed ecologia"si è rivelata un modo per tracciare un percorso utile e
fecondo di risultati, sotto diversi aspetti, che ci si augura possa tornare di qualche aiuto
per la comprensione del ruolo e dell'importanza di qttesti ormai rarefatti quanto desueti
elementi strutturali del paesaggio agrario padano.
Attenuatasi, apparentemente, la singolare avversione nei loro confronti che in un arco
temporale relativamente breve era riuscita a spogliare le nostre campagne di ogni corre
do arboreo-arbustivo intercalare alle colture erbacee, sembrerebbe venuto il tempo della
riappacificazione con un'immagine del paesaggio rurale più tradizionale, ma capace,
anche, di riconoscere in queste consociazioni vegeta/i, organizzate in forma lineare, una
risorsa economica - come Io fu per molto tempo, in passetto - oltre che ambientale e pae
sistica. Il nonostante /'punti di vista dei naturalisti puri ancora non coincidano del tutto
con quelli degli agronomi o degli imprenditori agricoli, come appare apertamente dalla
lettura dei lavori che si pubblicano nel presente volume, risulta tuttavia evidente lo sfor
zo di avvicinamento tra i diversi modi di vedere: il che equivale a riconoscere tuia situa
zione concreta, fatta di necessità indeclinabili, ma anche di opportunità che bisogna
saper cogliere; situazione che conviene analizzare con obiettività, realismo e senso stori
co insieme.
Se nel tempo potrà prevalere l'idea della conservazione di un determinato assetto territo
riale inteso nella sua più articolata complessità - di etti siepi e filari, rispetto all'ambien
te rurale, rappresentano senza dubbio una componente precipua - quest'idea potrà forse
tradursi in un vero progetto di contro/lo delle risorse ambientali disponibili, che assume
tanto più significato quanto più si connota come una precisa e deliberata scelta. E questa
è, probabilmente, l'espressione più alta di ogni atto progettuale che si oppone, per sua stes
sa natura, a quel modo corrivo, sciatto e spesso non completamente cosciente di modifi
care le cose in maniera del tutto casuale ed estemporanea, che non ha radici poiché non
ha consapevolezza.
In tale ottica anche la siepe e il fi/are arboreo possono diventare un simbolo e uno stru
mento, insieme, della volontà di rendere biologicamente più complesso ed ospitale, ma
anche più gradevole e invitante, l'ambiente rurale, senza per questo rinunciare all'aspet
to reddituale; e chissà mai che a qualcuno non venga in mente, prima o poi, di applicare
le straordinarie qualità di questi formidabili elementi verdi per nascondere alla vista di
noi quotidiani viaggiatori quelle ininterrotte, banali, spiacevoli e spesso deturpanti corti
ne di capannoni industriali e commerciali che si assiepano (quelle sì!) lungo le strade di
gran parte della regione padana, nascondendone il composto e disteso paesaggio, frutto
di una millenaria storia di reciproche e misurate interazioni tra l'uomo e il suo ambien
te di vita.
È un gradito compito, dunque, quello che la rivista "Pianura"si è voluta assumere pub
blicando nel sedicesimo volume della serie gli atti della Cii oniatu di studi su "Siepi e piari tra storia, economia ed ecologia"svoltasi a Cremona il 18 maggio 2002, con lo specifi
co intento di renderne noti i risultati presso il mondo scientifico interessato, così come
presso tutti i cultori della materia, i tecnici, gli amministratori pubblici che se ne potran
no utilmente avvalere nell'ambito delle proprie specifiche attività.
Un sentito ringraziamento, pertanto, al quale intendo associare tutti i componenti del
Comitato scientifico nonché la Redazione della rivista, et coloro che hanno consentito la
ivalizzazio 11e dell 'il i iziatii 'a.
Cremona, 14 marzo 2003
Valerio Ferrari
INDICE
Riccardo Groi'pai.i. Cinzia Calli - Siepi e filari tra storia, economia ed eco
logia
pag.
7
pag.
13
pag.
23
pag.
35
pag.
45
Riccardo Gruppali - Evoluzione recente di ambienti extraurbani nella pianu
ra padana centrale. Aspetti faunistici: l'esempio di Cremona
pag.
53
RICCARDO Groppai.i - Siepi e filari nella Rete ecologica provinciale di Cremona
pag.
63
Roberto Ferrari, Luca BORIAMI, Marco Pozzati - Progetto "Aree di rifugio": stu
dio e ripristino delle siepi campestri nella pianura bolognese
pag.
77
Andrea Morisi. Paoia Bai.bo.ni, Stefano Fin - La rete ecologica come strategia
per la conservazione della biodiversità: il caso studio della pianura bolo
gnese
pag.
85
pag.
93
pag.
109
Marino Marinone - Lepidotteri notturni (/leterocera) e siepi
pag.
115
Elisa Riservato - Odonati e corpi idrici negli ambienti coltivati
pag.
121
Roberto Fabbri, Eddy Bisi 1.1.1 - Coleotteri Carabidi delle siepi del Forlivese e del
Bolognese (Coleoptera Carabidae)
pag.
129
pag-
133
Sessione storica
Marina VOLONTÉ - Testimonianze della centuriazione romana nella campagna
Padana
Valerio Ferrari - Filari e siepi nella campagna cremonese: dall'uso tradizionale
alle tracce toponomastiche
Luciano Roncai - Siepi e filari, elementi complessi nella storia del paesaggio
Palano
Sessione naturalistica
Andrea Ricci - l-voluzione delle aree verdi extraurbane del comune di
Pavia
Giuseppe Camerini. Riccardo Groppai.i -Avifauna e siepi negli ambienti coltivati
della pianura
GiAMPio D'Amico - Ipotesi di miglioramento dei popolamenti di farfalle diurne
(Lepidoptera: Rhopalocera) tramite la creazione di siepi inserite nel pae
saggio agricolo
Riccardo Groppai.i - Il ruolo delle siepi nei confronti del popolamento araneico
5
Sessione economico-gestionale
Maria Donata Feraboli - I contributi comunitari del Piano di Sviluppo Rurale
e le siepi
Gabriele Panena - Impianto di siepi campestri in provincia di Cremona
Pag- 145
pag. 151
Alberto Massa Saluzzo - Cassinazza di Baselica: azienda agroambientale per la
produzione di paesaggio e ambiente
pag. 161
Angelo Scaravonati - Sviluppo energetico delle siepi
pag. 169
Paola Faccini -Agricoltura biologica e ambiente
pag. 171
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 7-10
Siepi e filari tra storia, economia
ed ecologia
Riccardo Groppali *, Cinzia Galli **
Il 18 maggio del 2002 si è tenuta a Cremona la Giornata di
studi su "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia". Questa
iniziativa si è collocata ira le numerose manifestazioni scientifi
che interdisciplinari promosse dalle sezioni di Storia naturale e
della Civiltà contadina del Sistema museale della città in occa
sione della Giornata internazionale dedicata ai musei, promossa
dall'ICOM (International Council of Museums):è stata realizzata
in collaborazione con il Dipartimento di Ecologia del territorio
dell'Università di Pavia, grazie anche al contributo del Rotary
Club Cremona.
Il maggior contributo è stato fornito da alcuni gruppi di stu
diosi da tempo impegnati nel settore della conservazione e della
ricostruzione degli agroecosistemi, con l'appoggio del Museo
civico di Storia naturale di Cremona, attivo nell'ambito delle pro
blematiche ambientali della pianura padana centrale e della sal
vaguardia della sua biodiversità. In particolare sono stati presen
tati lavori di alcuni componenti del Dipartimento di Ecologia del
territorio dell'Università di Pavia, impegnato da anni sui temi
della corretta gestione ambientale dei coltivi padani e delle areeprotette della pianura, e di studiosi del Centro Agricoltura
Ambiente "Giorgio Nicoli "di Crevalcorc - coadiuvati dall'Istituto
di Entomologia dell'Università di Bologna e dalla Sezione di
Botanica del Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara
- con un approccio pratico e applicativo delle tematiche natura
listiche all'interno degli agroecosistemi. I.a giornata di studi, cui
ha partecipato un pubblico numeroso e interessato, ha permes
so inoltre a numerosi giovani ricercatori di presentare i risultati
" Università di Pavia. Dipartimento di Ecologia del territorio e degli ambienti terrestri,
via S. Epifanio 13 - 1-27100 Pavia. E-mail: j>roppali(«ct.unipv.it
" Conservatore del Museo civico di Storia naturale, via Gioconda 5 - 1-26IOO Cremona.
E-mail: miiseo.storianaiur.ileWecreniona.it
di dettagliati lavori di indagine naturalistica riguardanti la pianu
ra padana e a tecnici del settore di proporre al confronto tema
tiche di taglio più economico e agronomico. Si ringraziano quin
di tutte le istituzioni e gli studiosi delle diverse discipline che
hanno reso possibile questo momento di confronto sti temi di
così grande interesse per il nostro territorio e per l'intera pia
nura padana.
Gli interventi che si sono alternati nel corso della giornata,
dapprima nella Sala Puerari del Museo civico e poi presso il
Museo della Civiltà contadina del Cambonino, sono presentati
negli atti in tre sessioni: la prima storica, la seconda naturalistica
e la terza economico-gestionale. Di notevole interesse il saggio
di
Marina Volonté, Testimonianze
della
centuriazione
romana nella campagna padana, introduttivo alla prima ses
sione, che sottolinea l'indispensabile legame tra le discipline sto
riche e ciucile geografiche ed è focalizzato sulle testimonianze
della centuriazione romana nella campagna padana, in rapporto
con l'assetto geomorfologico del territorio e con la conserva
zione delle tracce dell'intervento romano fino ai nostri giorni.
Valerio Ferrari, in Filari e siepi nella campagna cre
monese: dall'uso tradizionale alle tracce toponomastiche,
presenta, attraverso l'analisi e l'interpretazione di fonti docu
mentali e di testimonianze letterarie, l'abbozzo di un quadro
relativo alla diffusione e all'uso di siepi e filari nella campagna
cremonese nei secoli passati.Tali strutture vegetali hanno avuto
infatti un ruolo di spicco nella composizione del paesaggio agra
rio locale e sono ancor oggi riconoscibili attraverso le abbon
danti tracce toponomastiche, più o meno dirette, rilevabili sul
territorio o rintracciabili nella terminologia agraria tradizionale
e in particolare in numerose definizioni dialettali.
A chiudere l'approccio storico al tema il contributo Siepi e
filari, elementi complessi nella storia del paesaggio pada
no, nel quale Luciano Roncai espone una sintesi cronologica
di ampio respiro sulla presenza di siepi e filari come elementi
complessi ma precari nella storia del paesaggio padano, destina
ti a forme di uso plurimo nei modelli economici del passato ed
elementi fondamentali della struttura dei coltivi.
Aprono la sessione naturalistica l'intervento di Andrea
Ricci (Evoluzione delle aree verdi extraurbane del
comune di Pavia), introdotto nell'ambito della Giornata di
studi da Francesco Sartori, che ha come base lo studio effet
tuato dallo stesso Sartori nel 1974 e quello di Riccardo
Groppali (Evoluzione recente di ambienti extraurbani
nella pianura padana centrale. Aspetti faunistici: l'esem
pio di Cremona) rispettivamente per la parte botanica e per
quella zoologica. Viene quindi presentato un quadro aggiornato
sull'evoluzione recente di ambienti extraurbani della pianura
padana centrale studiati in modo puntuale, dove siepi e filari
sono stati oggetto di degrado e di eliminazione diretta, che ha
superato negli ultimi decenni il i0% della dotazione precedente.
Riccardo Groppali, in Siepi e filari nella Rete ecologica
provinciale di Cremona, sottolinea inoltre l'indispensabilità
di questi elementi nelle reti ecologiche, in particolare per colle
garne tra loro altri di maggior rilievo quali fiumi, grandi aree
boscate, zone umide e scarpate alberate residue. Espone inoltre
alcune proposte per il recupero di ambienti, coltivati quasi per
intero, in differenti aree della provincia di Cremona, tramite la
definizione di corridoi ecologici e delle loro possibili aree di
potenziamento, destinate a forme d'uso compatibili con la con
servazione ambientale.
Di seguito Roberto Ferrari. Luca Boriani. Marco Pozzati
(Progetto "Aree di rifugio": studio e ripristino delle siepi
campestri nella pianura bolognese) e Andrea Morisi,
Paola Balboni. Stefano Lin (La rete ecologica come strate
gia per la conservazione della biodiversità: il caso studio
della pianura bolognese) riferiscono esempi relativi alla pia
nura bolognese. In particolare viene illustrato un interessante
progetto per la costituzione di aree di rifugio, evidenziando l'im
portanza delle siepi per numerose specie di insetti utili. Qui tali
ausiliari possono trovare nutrimento e riparo nei periodi critici
del loro ciclo biologico, rimanendo in questo modo nelle imme
diate vicinanze dei campi coltivati, per poi spostarsi verso le col
ture nel momento dell'attacco da parte dei fìtofagi.
Giuseppe Camerini e Riccardo Groppali, in Avifauna e
siepi negli ambienti coltivati della pianura, fanno il punto
in particolare sulla stagione riproduttiva, quando le siepi ospita
no un popolamento ornitico pili abbondante e vario rispetto ai
campi aperti, senza tuttavia trascurare di sottolineare che esse
costituiscono elementi fondamentali per la sopravvivenza anche
degli uccelli svernanti.
Tra i giovani studiosi Giampio D'Amico si occupa del rap
porto tra siepi e farfalle diurne in Ipotesi di miglioramento
dei popolamenti di farfalle diurne (Lepidoplera:
Rhopalocera) tramite la creazione di siepi inserite nel
paesaggio agricolo. Marino Marinone delle farfalle notturne
in Lepidotteri notturni (fleterocera) e siepi, Elisa
Riservato delle libellule in Odonati e corpi idrici negli
ambienti coltivati e Roberto Fabbri, insieme a Eddy Bisulli.
dei Coleotteri Carabidi in Coleotteri Carabidi delle siepi del
Forlivese e del Bolognese (Coleoplera Carabidae).
Riccardo Groppali chiude la sessione illustrando, nell'in
tervento Il ruolo delle siepi nei confronti del popolamen
to araneico. la funzione dei ragni delle siepi come bioindicato
ri, l'importanza delle differenze di struttura di tale dotazione dei
coltivi per le popolazioni araneiche e il loro valore ecologico in
diverse parti dell'Italia.
Per quanto riguarda l'aspetto economico-gestionale, Maria
Donata Feraboli traccia il quadro relativo ai contributi comu
nitari del Piano di Sviluppo Rurale (I contributi comunitari
del Piano di Sviluppo Rurale e le siepi), Gabriele Panena
descrive alcuni interessanti esempi pratici di realizzazione di
siepi in provincia di Cremona (Impianto di siepi campestri
in provincia di Cremona), Alberto Massa Saluzzo illustra
un'applicazione relativa a un'azienda agroambientale di grandi
dimensioni nella pianura pavese, ponendo in risalto l'aspetto
economico (Cassinazza di Baselica: azienda agroambienta
le per la produzione di paesaggio e ambiente). Con Angelo
Scaravonati si accenna all'utilizzo energetico delle siepi
(Sviluppo energetico delle siepi) e infine viene presentata
una breve sintesi sull'agricoltura biologica da parte di Paola
Paccini (Agricoltura biologica e ambiente).
10
Sessione storica
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 13-21
Testimonianze della centuriazione
romana nella campagna padana
Marina Volonté *
Lo studio della centuriazione romana nella pianura padana
Riassunto
ha una lunga tradizione dovuta da un lato all'assetto geomorfo
logico del territorio, che consentì più che altrove l'applicazio
ne dei principi di suddivisione regolare del terreno, dall'altro
alla conservazione delle tracce dell'intervento romano fino ai
nostri giorni. Questo contributo vuole fornire una breve pano
ramica dell'assetto della pianura in epoca repubblicana e impe
riale, comprendendo quindi gli aspetti della fondazione deliecolonie e della viabilità. Inoltre, alcuni esempi mostrano il pro
cesso metodologico attraverso il quale è possibile giungere alla
restituzione ipotetica della limita/io dei territori delle diverse
colonie.
Summary
The study ofthe Roman ceuluries in the Po country has a
long tradition due on the one band lo the geomorphologic
conslilulion of the territory, ivhich allowed better than
elseivhere the application of the principles of regalar subdìvi
sion of the soil, on the other hand to the good state of the traces of the Roman action tilt uoiv. This contribution gives a
brief description of the country in the republican and impe
riai age, including a/so thefoundation of the colonies and the
roads. Some exainpies. moreover. show the melhodological
proceedings through ivhich it is possib/e to come to the
hypothetic restititlion of the limitatio of the territories in the
different colonies.
' Conservatore ilei Museo civico Ala Ponzone, Sezione archeologica, via Ugolani
Dati i -1-26100 Cremona. E-mail:marina.volonte@comune.cremona.it
15
Questa comunicazione1 ha lo scopo di tracciare a grandi
linee il quadro storico dell'intervento romano nella pianura
padana, evidenziando quanto di questa trasformazione dell'as
setto territoriale si conserva ed è riconoscibile nel paesaggio
attuale. Siepi e filari, che volutamente non compaiono nel titolo
della relazione, hanno in questo tipo di analisi un ruolo signifi
cativo, come si dirà in seguito, ma certamente minore rispetto
ad altre persistenze, quali strade e canali.
Come ha più volte ricordato Pier Luigi Dall'Aglio nei suoi
studi di topografia antica,2 qualunque ricerca storica a carattere
territoriale non può prescindere dalla considerazione che il pae
saggio che ci circonda è il frutto di una continua evoluzione in
cui l'intervento umano è divenuto,col passare dei secoli, sempre
più incisivo e preponderante rispetto agli agenti naturali. Ne
consegue che, nell'accingerci a ricercare ed analizzare le testi
monianze degli interventi di età romana nel territorio della pia
nura padana, dobbiamo tenere nel massimo conto i dati relativi
alla geografia fisica di quell'area in quel periodo, senza dimenti
care che, a differenza di quanto avviene ai nostri giorni, la pur
notevole capacità dell'uomo di trasformare il territorio si svol
geva allora entro limiti ben precisi.
Questa consapevolezza, che, come si vedrà più oltre, ha por
tato di recente importanti novità, ad esempio nell'interpretazio
ne della centuriazione del territorio cremonese,-"* non è sempre
stata appannaggio degli studiosi di topografia antica.
Gli studi sulla centuriazione romana in area padana ebbero
inizio già nel XIX secolo, con studiosi come il Niebuhr, il Falbe, il
Kandler, il Legnazzi,senza dimenticare l'opera di Elia Lombardini,
un ingegnere idraulico che rilevò le "reticole" antiche per rico
struire il quadro idrogeologico dell'Italia settentrionale. ' Figura
fondamentale in questo campo è quella indimenticata di Plinio
Fraccaro.
1 Desidero qui ringraziare Riccardo
Grappali, per aver voluto inserire
questa relazione ili carattere topogra-
fico-archeologico negli atti ilei conve
gno. La mia gratitudine va inoltre a
Malico Dolci, che ha riletto il testo
fornendomi preziose indicazioni e
suggerimenti.
1 Marchetti & Dall'Aglio 19S2,1990;
Dall'Aglio 2000:51.
' Vi mi 1995.
1 Per una sintesi della storia delle
ricerche sulle divisioni agrarie roma
ne nell'Italia del nord, si veda TOZZI
professore
e
per
molti
anni
anche
rettore
dell'Università di Pavia, il quale, in occasione della Mostra angu
stia della Romanità del 1937, preparò la prima rappresentazione
complessiva della centuriazione in Italia, basandosi sulle carte
topografiche (in particolare le tavolette alla scala 1:25.000) che
l'Istituto geografico militare pubblicava in quegli anni.
Li pianura padana si rivelò sin dall'inizio un settore partico
larmente favorevole per l'analisi dell'intervento romano sul terri
torio, sia perché tale azione ebbe modo di dispiegarsi in queste
aree, grazie alla loro morfologia, in maniera più sistematica rispet
to all'Italia centromeridionale, ove, com'è stato osservato,5 si
erano potuti utilizzare "spazi vallivi e plessi pedecollinari di ristret
ta ampiezza ove la piana flegrea. le allungate fasce solcate da alvei
torrentizi nel I.atium vetus e
le vallate traverse delle attuali
19-2.
'Giorgetti 2000:64.
li
Marche costituivano i riferimenti di maggior evidenza areale ".sia
per la buona conservazione di alcuni dei tracciati cenluriali.
Il popolamento di età romana nella pianura padana si orga
nizzò, a partire dalla fondazione di Ariminum (Rimini) nel 268
a.C, attraverso la fondazione di colonie di diritto latino (che
godevano, cioè, di autonomia amministrativa rispetto a Roma) e
di diritto romano (i cui cittadini erano a tutti gli effetti cives
romani), attraverso il tracciamento di assi viari di collegamento
nonché attraverso la suddivisione e l'assegnazione del territorio
extraurbano tramite la pratica della centuriazione.
Quest'ultima, è bene ricordarlo sin d'ora, non ebbe solo la
l'unzione di suddividere il terreno disponibile in appezzamenti
regolari per i coloni, ma anche quella di bonificare aree a regi
me idraulico non ottimale o comunque di garantire un buon
deflusso delle acque: per questo, nell'orientamento degli assi, si
tenne conto costantemente delle linee di pendenza del terreno,
orientando la pertica centuriale, per usare le definizioni degli
antichi gromatici, non secundum coelum, cioè secondo i punti
cardinali, bensì secundum naturali! loci.
Tappe principali dell'intervento romane) nella pianura pada
na furono la fondazione di Cremona e di Placentia, colonie di
diritto latino rispettivamente sulla sponda sinistra e destra del
Po, nel 218 a.C,.; il tracciamento della via Aemilia, che dal 187
a.C. congiunse Ariminum a Placentia; la costruzione infine,
quasi quarantanni dopo, nel 1 i8, della via Postumia, che, par
tendo da Aquileia, attraversava quelli che allora erano i più
importanti centri della Cisalpina, raggiungendo a Genova la
costa ligure.
Le grandi vie consolari da una parte congiunsero, infatti, i
centri abitati già esistenti, sia di fondazione romana sia di tradi
zione indigena (è questo il caso, in particolare, della via
Postumia): dall'altra favorirono la nascita di nuovi agglomerati,
nella forma non solo di vere e proprie città di fondazione colo
niale (si pensi, lungo YAemilia, a Mulina e Parma, fondate nel
183), ma anche di vici (piccole città nel territorio delle colonie,
si pensi a Bedriacitm,nc\ territorio di Cremona, sorta nel punto
in cui la Postumia incrociava il corso dell'Oglio) e di fora (in ori
gine, luoghi di fiere e mercati).
I medesimi tracciati viari potevano costituire inoltre uno
degli assi degli agri centuriali delle colonie: così la Postumia a
Liburna; a Cremona e nella parte orientale del suo territorio, lino
a Ca' d'Andrea; a Verona e nel suo territorio nonché nell'area tra
Brenta e Piave6 pertinente ai nuiiiicipia di Padova e Asolo; allo
stesso modo e in maniera ben più coerente il fenomeno si ripe
&Bonetto 1998:252-253-
teva negli agri delle colonie attraversate dalla via Aemilia.
D'altra parte tutti i limiti degli appezzamenti centuriali (car
dini e decumani) avevano la funzione di strade pubbliche, come
testimonia il testo di Igino Gromatico: «oinnes enim linùtes
secundum legem colonicam itineri publico servire debenl-.
15
Vediamo a questo proposito l'esempio della centuriazione di
Faenza, nella quale ancor oggi strade di maggiore o minore impor
tanza, e persino la ferrovia, ricalcano i cardini e i decumani.
Le ulteriori suddivisioni all'interno di ciascuna centuria
(ricordiamo per inciso che in genere ogni centuria era costitui
ta da un appezzamento quadrato di 20x20 actus romani, quindi
con Iati di circa 710 m, o di ampiezza ancora maggiore corri
spondente a 20x21 actus), i cosiddetti limites intercisivi, pote
vano essere costituite anche da canali o fossati. In riferimento al
tema specifico di questa giornata di studi, non si esclude che
talora filari di alberi che ancora oggi risultano isoorientati con la
pertica centuriale ricalchino l'orientamento delle coltivazioni di
epoca romana,rivelatosi particolarmente propizio perla miglio
re esposizione ai raggi solari e ai venti favorevoli.7 In particola
re nella pianura padana è interessante osservare la coltivazione
della "vite maritata",che segue il reticolato romano.A proposito
di questa coltivazione, sono ben note le parole di Columella,che
spiega come l'albero preferito sia «iilmiis, quia et vitem commodissime patitur et iocuiidissimiim pabulum bnbus adfert
variisque generibtis soli provenite (l'olmo, perché sopporta
benissimo la vite, offre ai buoi il cibo migliore e cresce in terre
ni di varia natura).
Altrettanto famoso è il passo di Tacito che, descrivendo i luo
ghi delle battaglie del 69 d.C. intorno a Cremona, ricorda che «Et
per locos arboribtis et vineis impedìtos non una pugna
facies-^ (F attraverso i campi carichi di alberi e di vite la batta
glia assumeva diversi aspetti).10
Tra i diversi casi riconosciuti di colture e filari di alberi orien
tati secondo la centuriazione. citiamo il caso di Imola, dove le
maglie centuriali di 20x20 actus sono ancora perfettamente
riconoscibili sul terreno.
In alcuni casi nell'allineamento di fossati e filari sono stati
" Paoletti I983b: 265-266.
8 Columella, De re rustica. V, 6,5.
riconosciuti veri e propri limites centuriali: ad esempio il Tozzi
ha rilevato il XXIV cardine della centuriazione piacentina a
ovest del fiume Trebbia grazie a tale tipo di testimonianza.1 '
''Tacito. Ristorine, II, ii.
111 Sul paesaggio nei luoghi delle bat
taglie nella guerra civile, si veda
Massiìkoii 1998.
Veniamo ora ad illustrare alcuni casi,sempre naturalmente di
area padana, di ricostruzioni del reticolo centuriale antico sulla
base dell'esame dei resti tuttora conservati e rilevati dalla carto
grafia 0 dalla fotografia aerea.
11 TOZZI 1990: 333. Il territorio ad
ovest del fiume Trebbia si rivela peral
tro di difficile lettura, a causa della
cancellazione di gran parte dell'im
pianto antico.
La continuità della centuriazione romana si riscontra sia nella
già citata persistenza di strade, fossi e filari, sia nell'assetto demo
grafico, in quanto la sistematizzazione di strade, canali e coltiva
zioni favorì e rese stabile l'insediamento umano. Tra i tanti, è
'- Paoletti I983a: 255-258.
" Per uno studio sul paesaggio amico
della l.omellina orientale basato sul-
t'aereofotografìa, si veda
1999.
lo
Panzeri
stato analizzato12 il caso del territorio della romana licinum,
l'attuale Pavia, di cui venne centuriata la parte settentrionale e
non quella sudoccidentale (l'attuale Lomellina),1^ probabilmen
te perché caratterizzata da terreno sabbioso di difficile dissoda
mento. L'assetto demografico attuale delle due zone conserva
l'eredità di tale scelta: luna, il Pavese, presenta insediamenti di
medie dimensioni disposti lungo gli assi della limitalio romana:
la Lomellina, invece, è insediata secondo uno schema di grandi
nuclei abitativi sparsi, ciascuno dei quali circondato da una vasta
zona di campagna.
Analogamente, nel territorio appartenente alla limitalio di
Cremona abitati, cascine e fattorie mostrano una distribuzione
regolare, specie se confrontata con le zone adiacenti esterne al
reticolo romano. Tra le persistenze più significative, qui come
altrove, va ricordata la presenza, già piti volte sottolineata dagli
studiosi, di cappelle votive agli incroci viari, testimonianza del
culto delle divinità compitales, i cui altari erano collocati in età
romana presso i crocicchi.14
La limitatio del Cremonese, i cui confini erano costituiti dal
l'antico corso del Po, dal corso dell'Adda-Serio Morto e, a nord
ovest, da una linea ideale passante poco a nord di Eiesco.Trigolo.
Genivolta e Ticengo, era costruita con i decumani orientati da
O/NO a E/SE e i cardini da N/NE a S/SO; l'intersezione di kardo
e decumano massimi eri posta circa 3 km a nord del centro sto
rico cittadino. Com'è noto, sono stati riconosciuti due diversi
impianti,15 di cui uno con maglie di 20x20 actus, presumibil
mente da datarsi entro i primi decenni dalla fondazione della
colonia, e l'altro, col medesimo orientamento ma con modulo di
20x21 actus, che comprendeva anche il territorio più orientale
e quello del Viadanese,16 da ricollegarsi alle assegnazioni di
terre avvenute nell'anno -ilo 40 a.C. ai veterani di Ottaviano
dopo la battaglia di Filippi.
Questa vicenda, ben nota grazie alla testimonianza del poeta
Virgilio,1" coinvolse soprattutto il territorio mantovano che fu
confiscato, costringendo gli antichi coloni ad abbandonare le
loro proprietà. La centuriazione del Mantovano,18 nell'area
compresa tra i fiumi Mincio, Po e il tratto finale dell'Oglio, è
" Mirri Giusi 198 ia; DURANDO 199".
I* La prima analisi complessiva delle
persistenze centuriali ridi'ager
Cremonensis si deve a P.Tozzi (Tozzi
1972: 18-28).
"' Sulle diverse inlerpretazioni della
limitatlo ilei Viadanese, si veda la
bibliografia citata infra alle note 2() e
21.
'" Virgilio, Ectogae, I.3-Ì.70-72; IX. 3-4.
testimoniata sul terreno da una certa uniformità nell'orienta
mento del paesaggio attuale, da numerosi allineamenti di strade
di maggiore e minore importanza, da sentieri, fossati di scolo e
canali e dal loro incrociarsi ortogonalmente. In particolare, è
stato notato un fossato che. presso Gazoldo degli Ippoliti.compie un tracciato rettilineo completamente in mezzo alla cam
pagna per oltre dieci chilometri. L'inclinazione del decumano
massimo rispetto all'est geografico è di circa 33° gradi sud; in
questo modo i decumani seguivano la pendenza naturale del
terreno e non veniva utilizzato il rettifilo costituito dalla via
IK Studiata in particolare da Elena
Multi (illisi (Mi in Cinsi 1981. 198 ih).
Il territorio mantovano e oggetto
anche delle fondamentali ricerche di
M. Calzolari: si veda CALZOLARI 1996,
con ampia bibliografìa precedente
Postumia, che risulta tagliare diagonalmente le centurie nella
parte occidentale del territorio, da Redondesco a Coito, attra
versando Gazoldo degli Ippoliti.
Un interessante esempio di giustapposizione e parziale
1"
sovrapposizione di centuriazioni successive con diverso orien
tamento è dato dal territorio di Brixia (Brescia).19 Il primo
impianto si data ad un periodo posteriore all'89 a.C., data in cui
la città divenne colonia latina. Esso copre un'area di circa 100
kmq ad est-sud-est del centro urbano. La seconda centuriazione
ebbe luogo nell'ambito dell'intervento di età triumvirale che
interessò Mantova e Cremona; ha in effetti Io stesso orienta
mento della pertica cremonese e si estende per un'area di circa
50 kmq a nord dell'Oglio. Il terzo e più esteso intervento (oltre
500 kmq), infine, si colloca in età augustea, quando Brescia
divenne Colonia Civica Augusta; tale intervento seguì nell'o
rientamento quello del 40 a.C.
E interessante notare, a questo proposito, che l'analogia del
l'orientamento della centuriazione bresciana triumvirale con
ciucila cremonese costituisce di fatto un'eccezione: come atte
stato anche dalle fonti scritte,20 si raccomandava infatti che le
città confinanti avessero centuriazioni divergenti, onde evitare
controversie derivate da errate attribuzioni di terreni.
Come già si accennava all'inizio di questa comunicazione,
nello studio delle testimonianze dell'antica limitalio vanno con
siderate anche le possibili cause di una sua parziale obliterazio
ne, onde sfuggire al rischio di negare l'esistenza di cardini e
decumani in aree dove essi sono semplicemente stati cancellati
da eventi naturali e antropici.
Esemplare a questo proposito è il caso ben noto della cen
turiazione del Viadanese, di cui era stata ipotizzata l'articolazio
ne per soli cardines.11 In realtà, l'esame approfondito delle
tracce ancora esistenti sul terreno ha permesso di verificare
anche in questa zona la presenza di decumani, sulla base della
maglia della seconda centuriazione del territorio cremonese
(20x21 actus); solo che in quest'area la cancellazione del reti
colo centuriale seguita al suo abbandono alla fine dell'età
romana dovette essere più radicale e le successive bonifiche
medioevali ne riesumarono soltanto i cardines, che avevano in
questo caso una funzione anche di drenaggio e non solo di sud
divisione catastale.22
«Al contrario - e riporto qui le parole di Nicoletta Vullo che
così attentamente ha studiato l'assetto territoriale dell'ager
"CamaIORA 1983:95-96.
-'" Frontino,i?e limUlbus
21 I_a.mitc-.nani 1984.
-2 Viiijo 1995:212.
18
Cremonensis - nel settore centro-occidentale ócìlager
Cremoiiensis, coincidente con il livello fondamentale della pia
nura e, quindi, con un'area relativamente stabile e sopraelevata
rispetto al livello di esondazione dei fiumi principali, gli inter
venti di bonifica e di organizzazione territoriale di epoca postromana furono fortemente condizionati dal reticolo centuriale,
che venne mantenuto come elemento ordinatore del paesaggio
e ripreso pressoché integralmente dove si era ben conservato, e
abbandonato in quelle aree, relativamente localizzate e circo-
scritte, dove esso doveva essersi cancellato a causa dei fenome
ni di impaludamento, di cui ... la toponomastica rimanda il
ricordo: ad esempio nella zona di Acquanegra Cremonese o
«Vullo 1995:212.
Pescarolo ed Uniti».-^
BONETTO J., 1998 - La via Postumia e gli agri centuriati della A'
Bibliografia
regio : rapporti topografici e funzionali, in: "Tesori della Postumia
: archeologia e storia intorno a una grande strada romana alle
radici dell'Europa", Electa, Milano: 251-255.
BONORA G_. 2000 - La centuriazione nell'Emilia orientale, in:
"Aemilia : la cultura romana in Emilia Romagna dal III secolo
a.C. all'età costantiniana", Marsilio, Venezia: 57-63.
Bonora MAZZOLI G., 1998 - II rapporto tra la via e il disegno agra
rio : la centuriazione lungo la Postumia occidentale, in: "Tesori
della Postumia : archeologia e storia intorno a una grande strada
romana alle radici dell'Europa ", Electa. Milano: 230-234.
CALZOLARI M_, 1996 -Ville ed edifici rustici di età romana nella
Padania centrale : il contributo delle ricognizioni archeologiche
di superfìcie, Qitad. Gruppo archeol. ostigliese, 6: 97-135.
CALZOLARI M., 1998 - La via Postumia da Cremona a Verona, in:
"Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno a una gran
de strada romana alle radici dell'Europa ", Electa. Milano: 235-239.
CAMAIORA R., 1983 - Forme della centuriazione : centuriazioni
sovrapposte-adiacenti, in: "Misurare la terra : centuriazione e
coloni nel mondo romano (Modena, 1983-1984)", Panini.
Modena: 94-97.
Dall' Aglio P.L., 2000 - Geografìa fisica e popolamento di età
romana, in:"Aemilia ; la cultura romana in Emilia Romagna dal
III secolo a.C. all'età costantiniana", Marsilio,Venezia: 51-56.
Durando E, 1995 - La viabilità romana neWager Cremonensis e
i suoi rapporti con la centuriazione, Bollettino storico cremo
nese, n.s., 2:45-63DURANDO E, 1997 - Parole pietre confini : documenti letterari,
epigrafici, topografici per la storia di Cremona romana,
Turris, Cremona.
Durando E & MORETTI L_, 1992 - La via Postumia tra Cremona e
Bedriacum, Cremona, 22, 2-3: 18-25.
GioRGirni D.,2000 - La centuriazione nell'Emilia occidentale, in:
"Aemilia : la cultura romana in Emilia Romagna dal III secolo
a.C. all'età costantiniana", Marsilio. Venezia: 64-72.
Lampugnani R, 1984 - La limitatio del Viadanese, in:"Misurare la
terra : centuriazione e coloni nel mondo romano : il caso man
tovano (Mantova, 1984)", Panini, Modena: 106-116.
MARCHETTI G. & Dall'Aglio P.L., 1982 - Geomorfologia e vicende
storiche nel territorio piacentino : la battaglia della Trebbia (218
a.C), Atti Ist.geot. Univ. Pavia, 30:142-160.
19
Marchetti G. & Dall'Aglio PI... 1990 - Geomorfologia e popola
mento antico nel territorio piacentino, in:"Storia di Piacenza. Pt.
1: Dalle origini all'anno Mille. Voi. 2", Cassa di risparmio di
Piacenza e Vigevano, Piacenza: 543-685.
Marini Galvani M., 1998 - La via Postumia in territorio piacentino
(da Placentia a Clastidittm e da Placentia a Cremona), in:"'Tesori
della Postumia : archeologia e storia intorno a una grande strada
romana alle radici dell'Europa ". Electa. Milano: 227-228.
Massi.roli S., 1998 - Il paesaggio nelle testimonianze sulla guerra
civile, in: "Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno a
una grande strada romana alle radici dell'Europa", Electa, Milano:
240-241.
Mimi Giusi E., 1981 - la centuriazione triumvirale dell'agro
mantovano, Museo Archeologico, Cavriana.
Meni Giusi E., 1984a - Cappellette, strade e canali come ele
menti di continuità nella centuriazione. in: "Misurare la terra :
centuriazione e coloni nel mondo romano : il caso mantovano
(Mantova, 1984)", Panini, Modena: 138-140.
Mirri Giusi E., 1984b - Il complesso generale della centuriazione
e le sue testimonianze sul terreno, in: "Misurare la terra : centu
riazione e
coloni nel
mondo
romano
: il
caso mantovano
(Mantova, 1984)", Panini, Modena: 74-81.
Panzer] E, 1999 -Aereofotografia e paesaggio antico : il caso della
Lomellina orientale, in:"Multus per gentes et multa per aequora ; culture antiche in provincia di Pavia : Lomellina. Pavese,
Oltrepò", Edizioni Ennerre, Milano: 15-19.
PAOLETTI M.L., I983a - Continuità della centuriazione : assetto
demografico, in: "Misurare la terra : centuriazione e coloni nel
mondo romano (Modena, 1983-1984)", Panini, Modena: 255-261.
PAOLETTI M.L., I983b - Continuità della centuriazione : l'ossi filari
e strade, in:"Misurare la terra : centuriazione e coloni nel mondo
romano (Modena, 1983-1984)", Panini, Modena: 261-267.
Pasquinucci M., 1998 - La via Postumia da Genova a Liburna, in:
"Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno a una gran
de strada romana alle radici dell'Europa ",Electa, Milano: 213-215.
Rosada G., 1998a - La Postumia nella storia, in: "Tesori della
Postumia : archeologia e storia intorno a una grande strada roma
na alle radici dell'Europa ", Electa, Milano: 206-210.
Rosada G., 1998b - La via Postumia da Verona ad Aquileia : un per
corso in terre umide, in: "Tesori della Postumia : archeologia e
storia intorno a una grande strada romana alle radici
dell'Europa", Electa, Milano: 242-248.
Tozzi P, 1972 - Storia padana antica : il territorio fra Adda e
Mincio, Cesellimi, Milano.
Tozzi P, 1990 - Gli antichi caratteri topografici di Piacenza, in:
"Storia di Piacenza. Pt. 1: Dalle origini all'anno Mille. Voi. 1",
Cassa di risparmio di Piacenza e Vigevano, Piacenza: 319-392.
20
Tozzi P. 1998 -1 nuovi percorsi viari e il frazionamento della via
Postumia, in:"Tesori della Postumia :archeologia e storia intorno
a una grande strada romana alle radici dell'Europa", Electa,
Milano: 256-260.
Viili.o N., 1995 - Interventi di bonifica agraria neìVager
Cremoneusis in età romana, in: "Agricoltura e commerci
nell'Italia antica". L'Erma di Bretschneider, Roma: 199-219.
ZANDA E.. 1998 - Il tracciato della via Postumia tra Liburna e
Voghera, in:"Tesori della Postumia : archeologia e storia intorno
a una grande strada romana alle radici dell'Europa". Electa.
Milano: 218-220.
21
PIANURA - Scienze e storili dell'ambiente padano - N. 16/2005
p. 23-34
Filari e siepi nella campagna
cremonese: dall'uso tradizionale
alle tracce toponomastiche
Valerio Ferrari *
Riassunto
Attraverso l'analisi e l'interpretazione di fonti documentali e
di testimonianze letterarie, si tenta l'abbozzo di un quadro rela
tivo alla diffusione e all'uso di siepi e filari nella campagna cre
monese nei secoli passati, rilevando l'importanza, tanto pratica
quanto economica, attribuita in ogni tempo a tali strutture vege
tali che. di conseguenza, rivestirono un ruolo di spicco nella
composizione del paesaggio agrario locale e delle quali sono
ancora ben riconoscibili le abbondanti tracce toponomastiche,
più o meno dirette, rilevabili sul territorio o rintracciabili nella
terminologia agraria tradizionale.
Through the analysis and the interprelation of documen
Summary
tili sources and literary testimonies. un approximate pitture
ofthe diffusion and the usage ofhedges and rows in the coun
try of Cremona in the past centuries is given. These vegetatile
constructions bave always been both practically and econo-
mically important and bave therefore had a leading róle in
the composition of the locai agrarian landscape. A rich topoiiymy is stili ivell recognizable, more or less directlyfront the
lerritory or findable front the traditional agrarian terminolog)'.
Introduzione
Saliti i «quattrocentonovantotto scalini fino alla cima, sopra la
campana» del torrazzo di Cremona, Charles de Brosses, eclettico
studioso francese in viaggio attraverso l'Italia, nel luglio del 1739
ne trasse l'impressione che «la vista di lassìi e molto estesa, ma
"e/o Provincia di Cremona, Settore Ambiente, via Dante 134 - 1-26100 Cremona.
E-mail: pianura.provincia@fCcr.cfemona.il
23
non per questo più bella; il paesaggio che si scopre sembra solo
una foresta, perché è troppo alberato».1 Forse al presidente del
Parlamento di Borgogna sarebbe piaciuto vedere un paesaggio
più aperto e disteso (magari non proprio quanto quello attuale),
ma sta di fatto che la sua testimonianza non fa che corroborare
la convinzione che siepi e filari abbiano sempre costituito un
elemento preponderante nell'assetto delle nostre campagne e in
forma tanto più fitta quanto meno estese si mostrassero - a
seconda dei luoghi e dei tempi, naturalmente - le singole parcel
le agrarie, il perimetro di ciascuna delle quali veniva così densa
mente occupato da queste colture legnose, consociale a quelle
cerealicole, da materializzare, nella sostanza, una coltura intensi
va a tutti gli effetti.
Un esempio, preso a caso tra i molti rintracciabili tra le carte
d'archivio, è quello riguardante un appezzamento di terreno
denominato /'/ Campo grande, censito in quel di Bonemerse nel
1713 come esteso 160 pertiche (cioè poco meno di 13 ettari),
sul quale insistevano ben 747 salici, 249 piantoni,608 oppi (vale
a dire aceri campestri) e 432 viti novelle.2 Anche ammettendo
come assai probabile una suddivisione di questa ampia superfì
cie in diversi appezzamenti, ciascuno intercalato da alberi e viti,
il rapporto di frequenza degli impianti arborei rimarrebbe in
ogni caso tanto elevato da giustificare l'impressione riferita dal
de Brosses qualche decennio più tardi.
Siepi e filari, insomma, formavano una componente così
usuale del paesaggio agrario cremonese dei secoli passati e, d'al
tra parte, rivestivano un ruolo talmente abituale e difficilmente
sostituibile nell'economia quotidiana, da risultare elementi per
sino ovvi.
Ora, tutto ciò che e ordinario, comune o ripetitivo nell'am
biente percettibile che ci circonda ben diffìcilmente suscita l'in
sorgenza di toponimi nel senso stretto del termine. Un toponi
mo, di norma, scaturisce da una circostanza insolita, singolare,
ben definibile e ben distinguibile rispetto al contesto piìi con
sueto, le cui caratteristiche salienti sono riassunte dal nome di
1 Brosses C de, 1992 - Viaggio in
Italia : lettere l'nmiliari. ti~.nl. italiana
di B. Sehaeherl. Laterza, Bari: 86-87.
luogo medesimo, che ne rispecchia l'essenza e l'individualità.
Una manifestazione comune o anche solo frequente e ripeti
tiva può, tutt'al più. ispirare la nascita di appellativi o di semplici
termini di riferimento, funzionali a necessità di distinzione, per
esempio, di un appezzamento di terreno da un altro. Che poi, nel
tempo, diversi di questi appellativi possano trasformarsi in micro
toponimi è un'eventualità non rara, promossa per lo più da una
tradizione non solo orale, ma anche scritta, spesso fissata dall'u
so, che abbia come caratteristica il fatto di oltrepassare la mera
gemile segnala/ione della professo
conoscenza circoscritta ad una piccola cerchia di utilizzatori.
Alla luce di queste poche considerazioni non sembra, allora,
ressa Liliana Ruggeri.
strano rilevare l'assoluta rarità, tanto attuale quanto passata, di
2 Archivio ili stato di Cremona,
Archivio MalTe/./oli, busta n. 2; per
24
veri e propri toponimi ispirati dall'esistenza di siepi e di filari nel
territorio storico ora definito dalla provincia di Cremona.
Al contrario, una ricognizione della microtoponomastica fon
diaria spesso rivela appellativi o termini di riferimento diretta
mente o - e ben più frequentemente - indirettamente riconduci
bili all'esistenza di queste strutture vegetali che hanno segnato
della loro presenza tanto la campagna aperta quanto, e ancor
più, i dintorni di paesi e città.*
Dalla storia
dell'utilizzazione agli
indizi toponomastici
Siepi e filari vantano una tradizione antica, che affonda le sue
radici nella preistoria e che non può essere disgiunta da quella
dell'agricoltura, di cui ha seguito evoluzione e cronologia.
Se la siepe trova i suoi presupposti nelle caratteristiche asso
ciazioni vegetali che si affermano naturalmente al margine ester
no del bosco di latifoglie decidue, dove, tra le altre, predomina
no solitamente alcune Rosacee - prugnoli, biancospini, rovi, rose
selvatiche - i filari arborei della nostra campagna vanno proba
bilmente connessi con la nascita di una coltura tanto antica
quanto diffusa nell'Italia cisalpina: quella della vite allevata
secondo il sistema deW'arbitstum gallicum che prevedeva l'uti
lizzo di bassi tutori vivi disposti a sostenere i tralci di questa spe
cie sarmentosa.
Sia che si trattasse, a proposito di siepi, di fasce arbustive
rigeneratesi in modo spontaneo in aree incolte o al margine dei
coltivi, seguendo a distanza l'immarginamento della selva della
quale potevano rappresentare le reliquie rimaste isolate nella
campagna; sia che venissero piantate intenzionalmente dall'agri
coltore a difesa degli incerti raccolti dagli insulti del clima o dal
morso degli animali, è comunque certo che, da noi, la siepe viva
abbia goduto di una fortuna larghissima in ogni momento stori
co, eccettuato solo quello attuale. Né fu minore la fortuna arrisa
ai filari arborei che, al ruolo di tutori vivi della vite, videro affian
carsi, a partire almeno dal basso medioevo, quello di sostituto
arifìciale, quanto mai obbligato e urgente, della selva ormai lon
tana e inaccessibile, da cui trarre materie prime indispensabili
ad un'economia quotidiana di sussistenza.
5 Per l'esame di questo specifico
aspetto mi avvalgo dei rilevamenti
relativi alla microtoponomastica rura
le effettuati, nel corso dell'ultimo ven
tennio, dagli alunni ili diversi istituii
scolastici o da singoli rilevatori in
buona parie del territorio provinciale
e promossi dalla Provincia di Cremona
con il coordinamento di ehi scrive, via
via studiati e pubblicati nella collana
denominala "Atlante toponomastico
della provincia di Cremona", attual
mente giunta al suo ottavo volume.
1. La siepe: testimonianze, terminologia, riflessi topo
nomastici - Nella prima egloga delle Bucoliche virgiliane - una
delle più "mantovane" fra tutte - il pastore Melibeo augura all'a
mico Titiro che, con lieve sussurro, lo inviti ad addormentarsi,
come sempre «la siepe che qui vicino segna il confine e che
offre come pascolo alle api iblee la fioritura del saliceto» (bine
libi, qttae sempei; vicino ab limite saepes Ilyb/aeis apibus
florem depasta salicli. saepe levi somniim suadebit inire
susurro; Ed. I. 53-55).
25
' Columella. De Re Rustica. XI, 3. 1.3-
45:«Gli autori più antichi preferirono
la siepe viva ad una artificiale, perche
non solo richiede una minore spesa,
ma anche perché dura piti a lungo,
per tempi illimitati: pertanto spiega
rono questo sistema di creare fratte
con cespugli spinosi piantati apposi
tamente. Lo spazio che avrai deciso ili
munire di siepe, verso l'equinozio
d'autunno, appena la terra sani stata
bagnata dalle piogge, va circondato
con due solchi distanti tra loro tre
piedi |= ca 9(1 cm): è abbastanza che
la loro profondila sia di due piedi | =
ca 60 cm|. ma lasceremo che essi pas
sino l'inverno vuoti.dopo aver prepa
rato i semi che vi andranno seminati.
Questi siano |i semi] di specie densa
mente spinose e in particolare il
rovo, la marruca e quello che i greci
chiamano "kiinòsliaton" e
noi chia
miamo spina di cane \scil. rosa canina|. li opportuno scegliere i semi più
maturi di questi rovi e mescolarli alla
farina eli ervo [probabilmente Vida
ervilia] macinato che, bagnata con
acqua, si spalma su vecchie funi di
nave o su qualunque altra eorda: una
volta seccate queste funicelle si
ripongono su un tavolalo. Trascorsi
quaranta giorni dal cuore dell'inver
no e comunque dopo le idi di feb
braio, press'a poco all'arrivo delle
rondini quindo gii si levi il 1.avomo
se nei solchi, durante l'inverno, si è
fermala dell'acqua la si allontana e.
frantumate le zolle che erano state
scavate e ammucchiate in autunno,se
ne ricolmano i solchi lino a mezza
profondità. Quindi si svolgono le pre
dette funi pronte sul tavolato e. una
Il ruolo della siepe come elemento confinario emerge imme
diato ed evidente, seppur coniugato con una funzione econo
mica non secondaria, soprattutto per il nostro poeta, che dedi
cherà l'intero libro IV delle Georgiche all'allevamento delle api:
attività, del resto, già assai cara a suo padre che la praticava nella
terra natale, sulle sponde del Mincio. E ancora della siepe l'auto
re farà cenno, qua e là, nelle Georgiche, chiarendone alcune altre
importanti funzioni come «disporre la siepe attorno al campo
seminato a biade» (segeii praelendere saepem; Georg. I, 270)
oppure circondarne le viti e tenere a bada il bestiame (Texendae
saepes [vites] etiam etpecus omne tenendum; Georg. II, 371).
Risalta, dunque, la finizione di riparo assolta dalla siepe nei
confronti dei seminativi o delle viti, lasciando intuire un largo
uso di tali strutture vegetali nelle campagne di quei tempi. La
circostanza è, del resto, confermata da diversi altri autori classi
ci, come Columella, che accenna all'uso di siepi spinose per
recintare il terreno destinato all'orto, affinché non sia permea
bile né al bestiame né al ladro (Talis humus ve/ parietibus vel
saepibtis hirlis datuiatur, ne sit pecori neu pervia fitri; De Re
Rasi. X, 27-28) o come Ovidio, seppure in senso metaforico
(Cingenda est altis saepibus ista seges;Art. amai. Ili, 562); e poi
Claudiano (campimi aurea saepes circuii; Nupl. llonor.et Mar.
56) ed altri ancora, mentre Plinio il Vecchio ci restituisce l'im
magine del solerte contadino intento a cingere l'umile capanna
con il riparo di una siepe (agricola sedulus casam saepis miinimenlo cingens; Nat. Hist. XVII, 101). Sennonché quest'ultima,
secondo le parole dell'autore, doveva essere una siepe morta,
fatta di pali (sttdes), dal che si deduce che anche quest'altro
genere di siepe dovesse essere abbastanza diffuso, benché, forse,
tenuto in minor considerazione. Secondo Varrone, infatti, dei
volta stese lungo lungo entrambi i sol
quattro tipi di recinzione al tempo distinti «Il primo, quello natu
chi, si interrano, ma in modo che la
rale,è la siepe, che si suole fare piantando polloni e cespugli spi
non eccessiva terra gettata sopra con
senta ai semi degli spini, elle aderi
scono alle cordicelle, ili nascere. Le
pianticelle, di norma, spuntano intor
no al trentesimo giorno e appena
abbiano preso un certo sviluppo
devono essere educale a piegarsi
verso lo spazio interposto ira i solchi.
Sani anche opportuno interporre una
steccata su cui le piante spinose di
ambedue i solchi possano arrampi
carsi e sia una sorta ili sostegno su
cui intanto riposino prima che si
siano irrobustite. E evidente che un
prunaio del genere non si possa
distruggere, a meno ili non volerlo
scalzare dalle radici; ilei resto non c'è
dubbio che anche dopo essere stato
danneggiato dal fuoco rinascerebbe
meglio ili prini:i. Questo è. in verità, il
metodo ili chiudere gli orti racco
mandato massimamente itagli anti
chi...
26
nosi, che ha radici e che non teme la fiaccola ardente del pas
sante dispettoso. II secondo tipo di recinzione è quello rustico
(agreslis) fatto con legname, ma che non è vivo: si fa o con pali
fittamente piantati dritti nel terreno e intrecciati di vermene o
con (pali) grossi perforati e trapassati, attraverso tali fori, per lo
più da due o tre pertiche o con tronchi d'albero calati a lerra e
resi poi stabili» (De Re Rust. I, 14, 1-2).
Dobbiamo, tuttavia, ancora a Columella la più vivida e sor
prendente descrizione di come si potesse apprestare una siepeviva per recingere, in particolare, l'orto piantato nei pressi della
fattoria.'l'ale azione partiva dalla semina, in doppia fila, di piante
spinose, come il rovo, la marruca o la rosa canina, educale fin
dalla nascita a piegarsi verso l'interfila dove, sorrette da uno
steccato, avrebbero finito per intrecciarsi inestricabilmente. '
Se in questo passo Columella sembra usare indifferentemen-
te i termini saepes e vepres (che definisce, più propriamente, Io
spineto, la macchia di pruni) come se fossero sinonimi, proba
bilmente spinto dal genere di arbusti spinosi impiegati per for
mare il tipo di siepe che egli stesso raccomanda, al contrario
Virgilio tiene distinte le due definizioni, intendendo parlare, con
l'espressione incendere vepres "incendiare gli spini", di forma
zioni arbustive selvatiche, riferendosi, io credo, alla pratica del
debbio che doveva essere piuttosto diffusa nelle campagne del
suo tempo.
Come d'altra parte emerge dalla testimonianza di diversi altri
autori, sembra possibile ritenere che con saepes si intendesse, di
norma, la siepe (viva o morta) piantata intenzionalmente a cir
condare i poderi o i singoli campi, la casa colonica o ogni altro
spazio bisognoso di riparo: la siepe (se viva) governata sciente
mente anche come elemento produttivo nell'economia agricola
e costituita con specie legnose - arbustive, ma anche arboree adatte alle condizioni edafiche stazionali.
Con vepres si indicava, invece, la siepe spontanea, per così
dire, formata per lo più da arbusti spinosi - pruni, biancospini,
rovi, rose selvatiche - vale a dire da quell'aggruppamento di
Rosacee che prevale al margine della selva 0 che ne rappresen
ta una fase regressiva, come più immediata risposta vegetativa al
taglio o alla distruzione di quest'ultima, alta cui riaffermazione,
del resto, non fa che preludere grazie alla sua spiccata capacità
colonizzatrice. Cresciuto spontaneamente nelle aree marginali
incolte, lungo i rii naturali che attraversano la campagna o in
adiacenza ai canali irrigui (agrestes fossae). questo genere di
siepe rappresenta la traccia di un paesaggio silvestre scompar
so, via via immarginato e allontanato dal dilagare dei coltivi.
s Cfr. Di
Cam.i: C, 1883-188" -
Glossarium mediao et infimae latiuitatis, Niort (rist. anast.: l'orni. Sala
Bolognese, 1981), 10 v.;Sat* R, 1937 Glossario latino-emiliano. Biblioteca
Apostolica Vaticana. Città del Vaticano:
SELLA R, 194-i - diossano latinoitaliano : Stato ttella Chiesa. I eneto.
Abruzzi. Biblioteca Apostolica Vaticana,
Città del Vaticano, s.n:
'' Oltre alla voce scs. comune ai dia
letti cremaseli e
cremonese-casala-
sco. direna discendenza del latino
sae/is. forma sincopata di saepes già
usata nella tarila romanità da amori
come Valerio Fiacco, il dialetto ere-
masco possiede anche la voce sés'a
che nel dialetto rustico diviene seda,
che pare corretto far risalire proprio
al Ialino caesa (cfr. Dizionario del
dialetto cremonese,
1976. Libreria
del Convegno. Cremona: BOMBBLU A.,
1940 - Dizionario etimologico del
dialetto
cremasco e
delle località
cremasebe. Crema, s.i'i:).
È, insomma, quanto resta della stiva caesa, la selva tagliata, o
della sUvafracta, il bosco distrutto, di cui si è provveduto anche
a rompere il fondo.
Ed è con questi specifici attributi e con queste precise defi
nizioni che la siepe entra nel medioevo in un trionfo di citazio
ni che ne rispecchiano l'enorme diffusione.
Cesa, cexa, cessa, cesia, ceda,'' con numerose altre varianti
grafiche e alterazioni, insieme a quella di incisa, è la definizione
corrente della siepe di cui sono spesso dotati i campi, gli orti, le
case o che viene lasciata crescere ai confini di proprietà. E se
questo particolare utilizzo ci rimanda con sicurezza ad una delle
originarie funzioni della selva, si può presumere come usuale, in
occasione dell'abbattimento di quest'ultima, il rilascio di una
consistente fascia arboreo-arbustiva marginale cui rimanesse
assegnato il compito di mantenere il riferimento limitaneo. II
che può forse spiegare l'evoluzione materiale, e concettuale
insieme, che dalla Silva caesa porta alla semplice caesa in paral
lelo con la trasformazione semantica.6
27
Terra aratoria citili incisa sua è un'espressione ricorrente
nelle pergamene cremonesi dei secoli X e XI, da cui si deduce
come la siepe, messa a riparo del fondo agricolo, fosse conside
rata un elemento di normale complemento di ogni pezza di
terra coltivata.7
Nelle aree perturbane erano invece più frequenti le
cKaJitsnrae o terrae d(a)usorivae; aree produttive circondate
da siepi, vive od anche morte, e non di rado moltiplicate a for
mare un complesso sistema di terre chiuse entro cui venivano
coltivati e prodotti i generi alimentari destinati, anche quotidia
namente, ai mercati cittadini: frutta, verdura, prodotti animali, ma
dove, soprattutto, si coltivava la vite e dove, di solito, si pigiava
anche l'uva (in lorcularia sovente di uso collettivo) e si produ
ceva il vino che la città richiedeva in ingenti quantità.
È noto che tutf intorno a Cremona si stendevano le cosid
dette"Chiosare"a costituire un'ampia fascia territoriale disposta
a corona attorno alla città e a ciò espressamente destinata, dove,
sin dal XII secolo, si trovano nominate parecchie terre vitate che
si dicono ubicate, appunto, in clausis (ovvero in clausitris)
demone? D'altra parte le carte cremonesi medievali sono dis
seminate di toponimi che ricordano questo diffuso assetto ter
ritoriale: Clausura Cazuli e Clausura Moroni (1176); Chiusimi
Episcopi (1180); Chiusum de Pnteo e Chiusuili de Olivo
(1195); a Closetiim de Capile Vile, a Clausura Butrii, a Chiuso
ecclesie Manzani, a C/auso lìomoboni, in Prato Citiso (XII
sec); Chiusirolum (1227) ne sono solo alcuni esempi.9
Il vivo ricordo di questo speciale assetto di molte parti della
nostra campagna resiste ancora nella microtoponomastica loca
le attraverso denominazioni come Ciós/Ciòs (rispettivamente
nei dialetti cremasco e cremonese-casalasco) con tutte le alte
razioni e varianti possibili, attribuite a molti appezzamenti di
terreno, continuazioni delle voci latino-medievali chiusimi o
7 te carte cremonesi dei secoli VIII-
XII, 197»-1988, a cura di E. Falconi,
Biblioteca statale,Cremona, 4 v.(d'ora
in poi CO.): voi. I e 2 passim.
»CCi:i: 11.13. 148,292, ecc.
'' CCr. 3:333,360; CCr. i: 347. -178-181 :
Akty Kremony X-XIll .... 1937, |a
cura di| S.A. Anninskij. Akailemija
Nauk SSSK. Moskva-l.eningrad (d'ora
in poi .1. Kr.y. 150-15.3. 157, 202, 297,
315, ecc.
dositm/dossum/ditsitin con il medesimo significato e, in ulti
ma analisi, esito attuale del latino chiusimi "chiudenda, podere
chiuso".10
A proposito delle recinzioni di queste chiosure prendo a pre
stilo, poiché particolarmente illuminante, un'espressione conte
nuta negli statuti di Rovereto del 1425 che, parlando de cesis seti
closiciis vel spinis,n sembra assorbire in un'unica immagine,
proprio per l'identità concettuale raggiunta, siepi, terre chiuse e
arbusti spinosi.
D'altra parte già nei primissimi anni del Trecento il bologne
111 Cfr. Di Cam.i: C, 1883-188- - o/,.
se Pietro de' Crescenzi, nella sua fondamentale opera di argo
c/7.: Ski.u 1'.. 193" - "/'. c/7.: Siila R,
mento agricolo "Libcr ruralium commodorum", descrivendo
con dovizia di particolari i sistemi di chiusura e di difesa delle
"corti" rurali, si diffonde sull'allestimento della siepe che, insie
1944 - <>l>. cit., s.i't>.\ Atlante topono
mastico della provincia di Cremona.
1994-2002,8 v..Cremona, passim.
11 Si;i.l\ I'., 1944 -o/i.cit.: Ii8.
28
me al fossato, deve circondare l'area insediativa: «E deono essere
le piante de' pruni tali, quali sono le piante de' pruni, ovvero
spine judaiche, se aver si possono: perciocché mirabilmente
pungono: ovvero che sieno pruni albi, o salvatiche prugne, o
piante di rose salvatiche. o di domestiche bianche. Ma il rovo,
avvegnaché faccia assai forte siepe, tuttavolta consuma e affoga
l'altre piante, quando non son grandi, ed imperciò non molto
m'aggrada, se delle predette altre piante aver si possono. Ancora
é molto da prender cura che intra l'ordine de' predetti pruni non
si pongano alcune piante fruttifere, perocché per l'appetito de'
frutti gli uomini guastano le siepi e i fossati in tal maniera, che la
corte mai non si può tener chiusa. Ancora si dee procurare che
le piante infruttuose nate quivi, non vi crescano, perocché cre
scendovi, farebbero per l'uggia loro o delle loro radici, al postut
to le piante de' pruni consumare e tornare a niente. Ancora nel
primo e nel secondo anno si deono le predette piante de' pruni
in ciascun mese della state, mondilìcare dall'erbe che tra esse
nascono, acciocché le predette piante non sien costrette di sec
carsi per difetto di nutrimento, il quale le dette erbe a sé trar-
rebbono».1- Lo stesso sistema di recinzione viene consigliato
anche per gli orti, i giardini e i campi coltivati, dal che si deduce
quanto la siepe dovesse incidere nella formazione del paesaggio
agrario medievale.
Alla stessa categoria dei terreni chiusi si possono assimilare,
come piuttosto diffusi nella microloponomastica locale:
a) gli appellativi derivati dal latino medievale broilus/brolittm, continuazione del tardo latino brogilus a sua volta disce
so dal celtici) "brogilos, con specifico significato di "terreno
recintato coltivato ad alberi da frutta e
viti" sostanzialmente
rimasto invariato nell'accezione dell'ancor diffusa voce dialetta
le bról/bról.1* Via dal Brolo (1152), al Brolo (1173), in brolio
in qua arbor eroi (1181) sono solo alcune delle citazioni di
microtoponimi ispirati a questa tipologia colturale rintracciati
nelle fonti d'archivio.1 '
b) gli appellativi, non rari nella microloponomastica locale,
riconducibili al termine "giardino", disceso, tramite il francese
IJ Mi avvalgo dell'edizione ottocente
sca dell'opera: Crescenz) v.ile', 1805 Trattato della agricoltura di l'iero
de'Civscenzi (tastatalo nella fai ella
fiorentina, riristo dallo Xferiguo
accademico della Crusca,dalla Società
tipografici de CIISSICI Italiani Milano
voi. 1:31-32.
'•» Cfr. Bossiiaiii) IL. 1938 - Saggio di
un glossario dell'antico lombardo
compilato su statuti e altre carte
medievali della Lombardia e della
Svizzera italiana. Olschki. l'iren/.e:
\()l-l<)i:Dizionario .... V976.op.dt.;
BOMBELU A.. 19 il) - of). cit..s.rr.
"A.Kr.: 116; CO. 3: 174,324.
/'ardili, dal franco *gard"terreno recintato, orto", forse attraver
so un originario aggettivo 'fhortttm) gardiitum "giardino chiu
so" che, nel basso medioevo e nei secoli successivi, indicò terre
ni chiusi (per lo più da siepi) e normalmente coltivati ad alberi
da frutta, tanto da entrare quasi in sinonimia, forse solo locale,
con "brolo". Pressoché contemporanea al catasto spagnolo
( 1551-1561), che registra numerosi simili "giardini" nel territorio
cremonese, é la descrizione che di questo genere di colture dà
Agostino Gallo nelle sue "Vinti giornate dell'agricoltura": in pra
tica un terreno, per lo più prativo, coltivato ad alberi da frutta
(«pomi,peri,Ciregie et altri frutti simili») circondato da una fossa
larga e fonda abbastanza da essere sempre ricca d'acqua, da
29
costituire una valida difesa verso ladri e animali e da fungere
anche da peschiera «Allaqualc sia allevala una folta siepi di spini
bianchi di tre, ò quattro fila: che usandoci diligenlia, diverrà di
maggior vaghezza, che se fusse muro».1"'
e) probabilmente una buona percentuale delle derivazioni
riconducibili al termine agrario "breda", che pare predominare,
da noi, nei secoli centrali del medioevo, nel significato di "grup
po di diversi appezzamenti di terreno, tutti coltivati a vite e cir
condati, ciascuno, da siepi, facenti capo ad un medesimo pro
prietario che le affilia a soggetti diversi secondo patti e condi
zioni, però, sostanzialmente uguali".16 Esempi storici, apparte
nenti
ad
un
piìi
vasto
arco
temporale, sono: Braida
Coerenciasca, Braida de Castenedello (963-973);Braida Longa
(1021): /';/ Braida Bezonis, in Bredelhi (1176); in Braida
Botarla (1 181): braida Tempestata (119-1); braida Airoldi, brai
da Archipresbiteri (1195); Breida de a vai de Covo, Braida de
Preposito. in Braida (sec. XII); in la Breda (1205) e molti altri
ancora.17
d) forse qualcuno degli appellativi dipendenti dalla voce
medievale sapellitm/zapellum, il cui esito dialettale attuale, ben
vivo nella parlata quotidiana, é sapèl/sapél (nei dialetti rispetti
vamente cremasco e cremonese-casalasco), dal significato gene
rico di "accesso ad un campo", ma con sfumature semantiche
assai interessanti e variabili da località a località, tra cui anche
quella di 'apertura praticata in una siepe per accedere ad un ter
reno recintato",18 che é, esattamente, l'accezione più che espli
cita contenuta nelle disposizioni degli statuti della valle Seriana
superiore, del 1461, che così recitano: «si aliqua persona fecerit aliquod zapelltim in aliqua sepe seti cesa aliaiius alteritis.
lacerando ipsam sepem seti cesam vel partem vel particulam
eitis, sii sibi pena sol. IO imper. ...».19 Tuttavia, poiché, come si
" GALLO A., 1569 - Le vinti giornate
dell'agricoltura et de' piaceri della
villa, appresso (iratioso l'ercaccino.
ripete, la relativamente ampia valenza semantica mostrata, nel
tempo, da questo curioso termine comporta anche altri specifi
ci significati (che, per la verità, sembrano prevalere da noi), pare
sufficiente, in questa sede, il semplice accenno fatto, rimandan
do ad uno studio piti particolareggiato l'analisi approfondita del
in Veneti»: 98.
vocabolo.
16Cfr.CiiinoiiM C, 1965 - / beni ter
rieri del Capitolo della cattedrale di
una specifica rubrica contenuta negli statuti di Crema del 1536
Cremona fra il XIII e il XIV secolo.
Alighieri. Milano-Konia-.Napoli-Ciità ili
Castello: 9-10.
l".l.A'r.:71-72,83,153. 158,228; CCr.
•i:332,3i7-3i8,476.
18 Peri A., 18-17 - Vocabolario cremo
nese italiano. Tipografia Feraboli,
Cremona: 675.
19 Cfr. BossilAKi) IL. 19.38- op. c/7.:.32-l.
30
Di particolare interesse mi pare, poi, il dato che si ricava da
circa il diverso assetto e il differente valore assegnato alle siepi
o ai filari maini fati posti a protezione di aie, sedimi, broli e orti
- il cui danneggiamento prevedeva come pena il pagamento di
venti soldi imperiali,.se causato di giorno,da raddoppiarsi se per
petrato nottetempo - e quello assegnato a tutte le altre siepi
campestri (che si devono, presumibilmente, intendere sponta
nee o semitali) per il cui danneggiamento era previsto il paga
mento di soli otto soldi imperiali, sempre duplicabili in caso di
azione notturna.20 Dal che, oltre alla disparità di considerazione
e di importanza assegnata ai diversi tipi di siepe, si deduce, con
tutta evidenza e ancora una volta, la consuetudine di questi ele
menti vegetali rispetto al paesaggio locale e alla vita quotidiana
dei nostri antenati che difficilmente ne avrebbero potuto fare a
meno.
Ancora alla tipologia dei ripari ottenuti tramite siepi sono
ascrivibili gli appellativi o i microtoponimi dipendenti dalla
voccfracta - termine, peraltro, assai poliedrico dal punto di vista
semantico - che nella nostra microtoponomastica rurale appaio
no di quando in quando.
(ìià nel 1387 gli statuti di Cremona, pur mantenendo la
distinzione terminologica tra le due voci fiata e cesa poi, nella
realtà, usando il sintagma fratae seti cesae "fratte ossia siepi",
sembrano volerne assimilare la natura, quantomeno ai fini del
loro governo e del loro controllo - specialmente in altezza.se più
alte di tre braccia (= ca 1,8 m) - quando fossero cresciute ai con
fini di proprietà, lungo le strade o sulle ripe dei fossati.21
Analogamente, in un'altra rubrica,22 vengono nominate fratae
vel sepes impiegate ad faciendam c/aiideiidam. e anche qui
non pare ravvisabile qualche carattere particolarmente distinti
-" Municipalia Cremae. 1536,
Aurelius Pincius Venetus, Venetiis:
Kuhn De poena danlis damnum in
cesis. I li v. Si quts intiderit dam
num in aliquibus cesis si ve postiliis
maini fatis. areurum sedimiiium
brolorum et hortoriini conidemne-
tur in soldis vigiliti imperialiiim si
de die. et si Jiieril ile nocte poena
iliiplicelur.si vero in aliis cesis cani-
pestribns condemnetur in soldis
odo imperitdiiim. et si fuetti de
nocte dnplicetiir poemi, et in quotibel praediclorum casuum ad resti-
tiitionem damili dati in duplum
damnum passo.-.
21 Cfr. Statata Civitatis Cremonae.
I578,apud Cristophorum Draconiani
& l'etruni Bozolam, Cremonae: Uuhr.
n.498,161.
22 Statata .... 1578. op. cit.: Kubr. n.
5ii. 177-178.
» Cfr.BossHARD IL. I9i8-op.ctt.: 163-
16 i; Sella R, 19 i-i - op. cit.: 528.
-' CCr.4:63.
» Cfr. Sella I'.. 1944 - op cit.: 544; Di
Canoe C. 188.3-1887 - op. cit..s.v.
-'• .1. Kr.: 202.
-'" Cfr.OiiMim I).. 1961 - Dizionario di
toponomastica lombarda. Cesehina.
Milano: 518.
vo tra i due termini.
Dall'esame della casistica documentaria medievale disponi
bile sembra, tuttavia, di capire che alle fractae fosse riconosciu
ta una natura più aspra e selvatica, traducibile in caratteri di
maggiore intricatezza e invalicabilità, poiché è con questa ter
minologia che si individuano particolari strutture poste a difesa
esterna di certe fortificazioni, spesso combinate a fosse o a disli
velli atti a trattenere il nemico o. quantomeno, a rallentarne l'a
vanzata.Tali fratte, spesso formate da un intrico di pali e di rami
che le facevano assomigliare a siepi secche o morte, potevano
fungere anche da cancelli atti a chiudere strade o altri accessi.2-^
A Calvatone, nel 1187, viene nominata una porta Brute che par
rebbe alludere, nella denominazione, proprio ad una situazione
del genere.2 '
Analoghe a queste dovevano essere le spinatae. utilizzate sia
a difesa di opere fortificate (spinatae castri; spinatae factae
prò fori iliciis)2*' sia per realizzare chiudende.
Alla prima funzione sarà, probabilmente, da associare il nomedelia "porta Spinata" di Ostiano. aperta in epoca medievale nella
sua cinta muraria e ancor oggi esistente sebbene modificata nel
l'aspetto esteriore; alla seconda si dovranno riferire alcuni altri
microtoponimi rurali, tra cui ciucilo de li spiuùdi: nome di
campi in quel di Pescarolo, già documentato nel 1195 tramite
una via de Spinata,26 nonché, seppur in modo più dubitativo,
ciucilo del paese di Spineda. come etimologia alternativa a quel
la piti accreditata di "luogo popolato da arbusti spinosi"27 fon31
dando la supposizione su espressioni quali spinetae vel cesae
contenute in alcuni documenti medievali, che parrebbero avva
lorare anche questa ipotesi.28
2. I filari arborei - Anche la diffusione del filare arboreo
parrebbe piuttosto antica ed é forse possibile intravederne una
prima rappresentazione nell'immagine <\c\Yarbusti! ni nomina
to da diversi autori classici, intendendo il termine nel significa
to di "luogo piantato ad alberi adatti a sostenere la vite".29 Per
quanto ci riguarda sarebbe più esattamente quella déll'arbusttim gallicani la figura a noi più vicina, traducibile come "pian
tata o alberata gallica" diffusa, per l'appunto, nella Gallia tran
spadana. Secondo Columella questo genere di alberata, local
mente detta ruiiipotimis, desidera alberi bassi e scarsamente
frondosi. «A tale scopo sembra l'oppio (opulus) il più adatto
che è un albero simile all'acero. Ma anche il corniolo (coriius)
il carpino (carpinus) e talvolta l'orniello (ornus) e il salice
(sa/ix) vengono disposti da molti in questo tipo di alberata» (De
ReRust.y,l,\5\
l'ali alberi, sistemati a formare il riimpotinetum, erano gene
ralmente governati in modo che formassero un palco di tre rami
principali non più alto di otto piedi (= m 2,364) da terra, nei luo
ghi asciutti e declivi, e non più di dodici (= m 3,546) in quelli
piani e umidi. In caso di piantate fitte la distanza tra due orbores rumpotiiiae successive poteva essere di circa sei metri, sia
sulla fila sia nell'interfila;se, invece, all'arboreto si inframmezza
va la coltura di biade la distanza dell'interina doveva almeno rad
doppiare. I tralci delle viti maritate a questi tutori vivi venivano
poi distesi tra un albero e l'altro e sostenuti con vari mezzi,
come ci spiega anche Plinio il Vecchio (Nat. llisl., XVII, 211),
secondo un sistema rimasto pressoché invariato fino al secolo
scorso in gran parte della nostra provincia.™
Ancora Plinio il Vecchio ci informa che «L'Italia Transpadana,
oltre agli alberi sopra indicati, pianta nei campi come sostegni
per le viti il corniolo, l'oppio, il tiglio, l'acero, l'orno, il carpino,
la quercia; la Venezia il salice a causa dell'umidità del suolo»
(Nat.LIist., XVII, 201).
28 Cfr. DO GANGE C, 1883-1887 - Op.
CÌI..S.V.
-> Porcellini E., 1940 - Lexicon totitis
latiuitatis - Onomasticonjì v„ Padova
(risi, anast.: l'orni. Bologna, I965).\./'.
•*" Cfr. Atti della Giunta per hi
Inchiesta Agraria e sulle condizioni
della classe agricola. 1882. voi. 6,
tomo 2. For/ani e C. tipografi ilei
Senato. Roma: 389-390,895.
32
Che questo genere di coltura dovesse essere particolarmen
te diffuso nelle campagne cremonesi in epoca romana lo dice
apertamente Tacito il quale, descrivendo le cruente azioni mili
tari che videro opporsi i vitelliani agli otoniani nel 69 d.C. e che
ebbero come scenario la campagna cremonese e le adiacenze
della città, nomina i densi arbusti, vale a dire esattamente il
genere di piantata che abbiamo appena analizzato, che nascon
devano i soldati alla vista del nemico (Misi. ,11,41,3; III, 21,2). In
un caso specifico la battaglia tra gli avversi schieramenti si svol
se per locos arboribus ac vineis impedìtos "attraverso luoghi
ingombri di alberi e vigne" (Ilìst.. II, 42, 2) che, insieme agli
accenni precedenti, sembrerebbe suggerire l'idea che questo
tipo di piantata presentasse normalmente un assetto piuttosto
fitto.
Una tradizione lineare e continua portò questa pratica coltu
rale a superare i millenni ed a giungere \"m quasi ai giorni nostri,
lasciando non poche tracce nella microloponomastica rurale.
Molti dei campi ancor oggi designati con il termine "piana ",
insieme a tutte le sue possibili varianti e alterazioni.denunciano,
in questo appellativo, la loro destinazione viticola, abbandonata
solo in tempi relativamente recenti.
Il più diffuso sistema di coltivazione della vite, soprattutto
nell'area cremonese ed ancor più in quella casalasca e mantova
na, consisteva nel piantare le viti, maritate all'acero campestre
od anche all'olmo, in filari disposti in senso nord-sud, distanti tra
loro tra i 20 e i 30 metri, a seconda delle zone, cosicché suddi
videssero il campo interessato in "piane". appunto, coltivate ad
erba od anche a grano.Tali spazi servivano, poi, anche ad acco
gliere i tralci delle viti, che vi venivano distesi orizzontalmente,
sostenendoli con pali a circa un metro e mezzo da terra. Ai mar
gini dei campi destinati ad altro genere di coltura anche i filari
arborei ivi costituiti erano normalmente maritati alla vite che,
però, veniva "lasciata in frasca ".libera, cioè, di arrampicarsi all'al
bero tutore, curandola e potandola soltanto ogni tre anni.-"*1
L'albero per antonomasia tutore della vite fu e rimase sempre
l'acero campestre o oppio: nel catasto spagnolo degli anni 1551-
1561 ricorrono con frequenza definizioni come «vigne con
oppi; vigne adacquatone a oppi; vigne con oppi su prato; vigne
novelle a oppi» se non addirittura «vigne a filari ossia con
oppi».-^2 Non erano disdegnate, tuttavia, altre specie arboree,
quali l'olmo od anche il pioppo, mentre é tutf altro che rara la
citazione di viti maritate ad alberi da frutta.33
»' Cfr.Atti .... 1882,op. c/7.:759.895.
l- JACOPETTI I.N.. 198 l - // territorio
agrario-forestale di Cremona nel
catasto di Carlo V (1551-1561),
Ma con la progressiva affermazione della coltura del gelso,
legata alla bachicoltura e all'industria della seta, fu a quest'albe
ro che venne sempre più frequentemente associata la vite: già il
catasto spagnolo accenna a prime sistemazioni di questo tipo
nelle definizioni di «vigne a pergola con moroni; vigne con
moroni», ma ancor più spesso si incontrano indicazioni relative
alla coltura di quest'albero attuata a filari al margine dei campi:
•campi con moroni: prati con moroni» ovvero «moronati», «terra
"Annali della Biblioteca Statale e
moronata; costa zerbata con moroni» eccetera.
Libreria civiea ili Cremona" n. 31-32.
D'altra parte ancor oggi il vocabolo dialettale iiitirunàdu
"l'ilare di gelsi", oltre a non essere del tutto spento nella parla
Biblioteca statale e Libreria civica.
Camera
ili
commercio industria e
agricoltura. Cremona: passim e p. 61.
ta locale,^' riaffiora nella stessa forma come appellativo di
<•* Cfr.jAc.oi-i iti I.N.. l98i-o/>i'/'/.:58.
campi nella microloponomastica rurale, insieme a qualche
60.66.-l.-S.ccc.
variante come Murunèr o Camp dei nitir, più o meno con Io
(I Dizionario .... 1976, op.cit.: 201.
Stesso significato.
33
Ma sono soprattutto le denominazioni di campi tratte dal
nome comune di alberi,con aggiunto il suffisso -ada,\\ dichiara
re che la loro origine fu ispirata dalla presenza di filari arborei.
per Io più monospecifici, quali Unisàda/Ugnisàda "filare di
ontani", dalla voce dialettale tinés/unìs/iignìs "ontano";
A/baràda/Alberàda "filare di pioppi", da àlbara/àlberu "piop
po"; Salesàda "filare di salici", da sàles "salice" ed anche
Platanàda/Plateiiàda &a plùten "platano". Analogamente alcu
ni particolari tipi di governo degli alberi coltivati in filare ai mar
gini dei campi possono originare talvolta specifici appellativi,
quali Gabàda"fihux- di alberi governati a capitozza",dal termine
dialettale gàba "capitozza", oppure Sucàda "filare di alberi
governati a ceppaia", da sùcci "ceppo, ceppaia', che rappresen
tano le due tipologie più comuni, da noi, di governo a ceduo dei
filari interpoderali.35
Si trovano, ancora, campi con denominazioni del tipo Da fu',
Tri pi che alludono alla presenza di (due, tre) filari di vite al loro
interno, od anche Dò tére. Tre lére, con il medesimo significato,
pur facendo ricorso ad una voce, téra "fila di cose, sequela di
oggetti disposti in fila "e, comunemente, nella terminologia agri
cola "filare di viti", già in uso sin dal medioevo e diffusa in buona
parte dell'Italia nordoccidentale, risalente al francone */eri "fila
ordinata di cose".3^
Lo stesso significato denunciano i campi in vocabolo Vilàgn
che trovano precedenti microtoponomastici medievali
(Tilagnum nel 1202 presso Levata)-"*" sufficienti a rassicurare
circa la solidità di questo genere di tradizione onomaturgica.
(S Dizionario .... 1976, op. cit.: 118,
321; Bombelli A., 19 io - Op. cit.: 82,
20-1.
i(' Cfr. BRtGNANI M. & FERRARI V, 2001 -
Toponomastica di Tornata e Rom-
prezzagno. "Atlante toponomastico
della provincia ili Cremona'' 7. Cre
mona: 86.
,_ .1. Kr.: Ili: cfr. anche BasSHAKD IL.
1938 - op, cit.: 159.
W Cfr. per unti Brignani M. .X Ferrari
V.,2002 - Toponomastica di Ostiano,
"Aliami' toponomastico della provin
cia ili Cremona"8, Cremona, passim.
54
Per finire non ci si può esimere dal menzionare, almeno, l'uso
di siepi e di filari arborei attuato sin dai tempi più antichi nel
l'esercizio di diverse forme di caccia, con particolare riguardo
per l'aucupio con l'ausilio delle reti.
A quest'ultima tipologia di caccia si riferiscono, nella micro
loponomastica rurale, tutti quegli appellativi che ricordano l'e
sistenza di apprestamenti atti ad attrarre e catturare gli uccelli,
specialmente durante il passo,come Ròcol/Ròcttl, Redisì/Ridisì,
Pasàda, Uselànda,^ indicanti diversi tipi di inganni che preve
devano normalmente l'uso di elementi vegetali piantali, allevali
ed educati secondo forme prestabilite entro cui mascherare le
reti, oppure consistenti in sistemi di aucupio, sempre attuati con
reti, da praticare in forma più o meno temporanea nei pressi di
folte siepi o di filari arborei ben strutturati, come se ne vedeva
no in abbondanza nelle nostre campagne, dove trovava rifugio
una vastissima gamma di uccelli silvani, oggetto delle brame di
un'altrettanto folta schiera di cacciatori più o meno occasionali
o improvvisati.
PIANTILA - Scienze e Moria dell ambiente padano - N. 16/200.5
p. .55-11
Siepi e filari, elementi complessi
nella storia del paesaggio padano
Luciano Roncai *
Il contributo propone alcune considerazioni sulle più evi
denti caratteristiche delle siepi e dei filari colti come elementi
complessi del paesaggio padano dall'antichità romana ad oggi.
In particolare viene sottolineata la circostanza che siepi e filari
siano parte fondamentale dei confini, non solo rurali, in simbio
si mutualistica con le strade e i fossi, a formare un'area - e non
soltanto una linea - con valenze ecologiche, paesistiche, giuridi
Riassunto
che, economiche, alimentari, ecc.
This issile shows some considerations on the most evident
Summary
feutures of the hedges and of the roivs, seen as comp/ex elenients of the Po landscape from the Roman ancient times UH
noia. Il emphasizes in parliciilar that hedges and rotvs are a
fiindamental pari of the borders. not only the ritrai ones, and
together ivith the roads and the ditches they muke un area and not only a line - ivith ecologie, legai, economie, alt'mentary and hindscape-meaning.
Prima di proporre qualunque interpretazione e considera
zione sul tema, secondo l'ottica di un ricercatore della storia del
territorio, si segnala, in prima istanza, che la conoscenza delle
siepi e dei filari di alberi in consistenza e funzionalità agraria è
pervenuta, anche in ambito locale, ad uno stadio di puntuale
approfondimento e di apprezzabile divulgazione.1
1 Cfr. ad cs. in generale: Lombardia :
il territorio, l'ambiente, il paesag
gio,
1981-1985,
Electa,
Milano:
Secondariamente va segnalato che la loro sempre più ridotta
presenza nell'ambiente e la loro attuale precarietà esistenziale
• Via Vittorio Veneto i -1-26041 Casalmaggiore (CR).
35
non sono realtà recenti, poiché assai ben percepibili da almeno
un secolo.A questo proposito si è quasi indotti ad affermare, pur
con estrema cautela, che la loro presenza e visibilità siano da
almeno un secolo appannatele non, in molti casi, negate in base
a considerazioni di tipo economico. Questo fenomeno si deve
alla bonifica integrale, pensata ed elaborata nei suoi principi già
a partire dalla fine del XIX secolo, dopo essere stata dibattuta a
lungo, per essere, poi, approvata nel 1928 e concretamente
attuata dal Serpieri nel corso degli anni Trenta.2
Con la riappoderazione dei terreni "redenti" si attuò questa
Poni C. 1982 - Possi e cavedagne
benedicati le campagne. Il mulino.
Bologna: 15-96;Bertoguo R.,Ferrari V
& Ciitoi'i'.M.i R„
ambiente
1988 - Natura e
nella
provincia
di
Cremona dalTViu al XIX secolo.
Provincia
di
Cremona,
Cremona:
Fumagalli v„ 1989 - Uomini e pae
saggi medievali. Il mulino, Bologna;
RapettiA.M., I99i - Campagne mila
nesi : aspetti e metamorfosi di ini
paesaggio rurale fra X e XII secolo.
(iribaudo. Cavallcrmaggiorc; Tornilo
R, 1995 - Dalla terra ai castelli .pae
saggio,
agricoltura
e
poteri
nell'Italia medievale. Einaudi, Torino;
CaZZOLA E, 1996 - Diboscamento e
riforestazione "ordinata" nella pianura
pratica che sembrava avere sancito la riduzione dell'importanza
del filare nonché la marginalizzazione, se non addirittura la
scomparsa, della siepe, di cui in molti casi veniva ignorata la fun
zionalità.
Anche se alla dottrina della "bonifica integrale" vanno ascrit
ti molti meriti, tra cui lo sforzo coerente di interpretazione e di
uso degli "ambienti" italiani (vari per forma, consistenza, orogra
fia, latitudine, assetti istituzionali, tradizioni culturali ed agrarie
sopravvissute per un arco temporale esteso oltre mille anni), pur
tuttavia la scomparsa di questi due aggruppamenti vegetali ne
rappresenta uno degli effetti più vistosi.
Se poi, all'epoca dell'elaborazione ed attuazione di questa
no : idee, contributi, immagini.
dottrina, quei comportamenti trovavano una seria giustificazio
ne nel conseguimento di un'impellente autonomia alimentare
della nazione, evidenziata nelle indagini sulla denutrizione della
popolazione e nel drammatico fenomeno dell'emigrazione
anche in terre lontane, oggi, venute meno ciucile motivazioni,
non pare piti essere funzionale una così settoriale gestione del
2000. Touring club italiano. Milano.
territorio rurale.
Per il Cremonese: Pandakovic
Siepi, 1995, Provincia ili Cremona.
Ma quali sono state nel passato le esigenze soddisfatte da
siepi e filari? L'elenco è assai lungo anche perché l'organizza
zione del territorio improntato da queste due associazioni di
vegetali è durata troppo a lungo per non aver corrisposto, sotto
molti profili, alle esigenze primarie del popolamento della peni
Cremona; La vegetazione in provin
sola.
ilei Po : la piantata ili alberi nell'eco
nomia agraria padana, sec. XV-X1X.
Storia urbana. 76-77 (lug.-ilic): 3564;// paesaggio lombardo : identità,
conservazione e sviluppo. 1998. a
cura
di
I).
Benetti
e
S. Langc.
Cooperativa editoriale quaderni valtellinesi, Sondrio; Il paesaggio italia
D. &
DAI SASSO A.. [1989] - Campagne civmascbe e cremonesi : le possibilità
del paesaggio, Centro ricerca cremasco. Crema; Ambienti naturali in
provincia
Provincia
di
di
Cremona.
Cremona.
1991.
Cremona:
cia di Cremona. 1995. Provincia ili
Cremona. Cremona; Paesaggi e suoli
della provìncia di Cremona. 1997.
"Monografie
ili
Provincia
Cremona. Cremona:
ili
Pianura"
n.
2.
Ferrari V & Ghezzi D., 1999 - le siepi
in campagna, Edagricole, Bologna.
-' Cfr. ail es. Si iti'iriii A.. 19.51 - La legge
sulla bonifica integrale nel primo
anno di applicazione. Istillilo poli
grafico dello stato. Roma;Tassinari c;..
19.58 - La bonifica integrale nel
decennale della legge Mussolini.
Roma; Petrocchi c. 1961 - La legisla
zione
italiana
sulle
bonifiche.
Roma; Le bonifiche in Italia dal "00
a oggi. 1981. a cura di P. Bevilacqua e
36
L'importanza del fabbisogno energetico è ben evidenziata,ad
esempio, nelle consegne e riconsegne dei fondi rustici e nelle
norme che hanno regolato sino a tempi assai recenti le affittan
ze agrarie.Tra le prescrizioni più comuni si ricordano, ad esem
pio, quella che attribuiva al proprietario il fusto dell'albero, men
tre i rami, dal capitello in su, e la ceppaia o "Zocca" restavano al
conduttore.
La minuziosa elencazione del numero, della qualità e delle
dimensioni di ogni singolo individuo arboreo costituisce, poi,
attestazione probante dell'importanza, non solo economica,
assegnata a questo patrimonio: importanza resa ancora più espli
cita nell'entità delle rendite catastali assegnate al giardino dal
fìsco, il che è conferma inequivocabile del valore della risorsa
"legno'' nell'economia rurale.
Per quanto attiene alle siepi se il loro apparente valore attua
le in termini di legname da opera e di risorsa energetica può
sembrare palesemente modesto, bisogna tuttavia considerare
che quando esse erano costituite anche da alberi gabbati, bassi
o medi, la loro utilità aumentava sensibilmente; non solo, infatti,
realizzavano schermi vegetali pluriuso (ad esempio per conte
nere alcuni tipi di bestiame), ma soprattutto soddisfacevano ad
una necessità agricola primaria nel passato, come lo era la pro
duzione di pali di varia dimensione o di ramaglie di più modesta
sezione, atte a soddisfare i più disparati usi (stuoie, cesti, ripari,
recinzioni ecc.. nel caso dei salici, legacci per reggere i tralci
della vite ecc.)
Gli alberi d'alto fusto fornivano combustibile e rappresenta
vano la fonte principale di legname da opera sia per i condutto
ri sia per i proprietari del fondo, ad esempio per l'esecuzione
delle coperture degli immobili, per le tettoie, per i ponti ecc.,
insostituibili inoltre per la confezione di attrezzi agricoli (rastrel
li, forconi, pale per raccogliere le granaglie o per spalare la neve,
zoccoli e'sabot").
È ben noto che gli alberi e le siepi posti lungo i fossi assol
vevano ad ulteriori funzioni, come la protezione dei corpi d'ac
qua, di cui attenuavano con la loro ombra l'insolazione e l'eva
porazione, riducendo, nel contempo, l'eccessivo sviluppo della
vegetazione acquatica. Inoltre evidenziavano i confini di pro
prietà e. cosa non sempre apprezzata nella giusta misura anche
dai ricercatori, definivano le porzioni di territorio aventi carat
teristiche omogenee, marcando sovente, in simbiosi con il fosso,
i confini dei toponimi.
A livello più generale, e soprattutto laddove si trattasse di
gabbe alte o di individui arborei di pregio, singoli od organizza
ì Cfr. ad es. Wihkmii.i.ik 1).. 1990 - Gli
alberi come segno ili confine e luogo
di giudizio nel diritto germanico
medievale, in: "L'ambiente vegetale
nell'alto medioevo (Spoleto. 1989).
Voi. I", presso la sede del Centro [ita
liano ili studi sull'alto medioevo],
Spoleto: 461-476; Lagazzi I... 1991 Segni sulla terra : determinazione
dei confini e percezione dello spazio
nell'alto medioevo. CLUEB, Bologna:
Ghiadi E., 198" - Li pratica dei contini
fra comunità e Stali : il contesto politi
co della cartografia, In; "Cartografia e
istituzioni in eia moderna : atti ilei
convegno tenutosi a Genova, Imperia,
Albenga. Savona. Li Spezia, 3-8 novem
bre 1986*, Atti della Società ligure di
storia patria, n.s., I"7. 1: 135- In.
ti in filari, gli alberi costituivano dei veri capisaldi per la geogra
fia del territorio. La loro lenta crescita e lunga durata (il pioppo
poteva arrivare a cinquanta o più anni, la quercia e l'olmo supe
ravano normalmente i cento) costituivano nella piatta pianura
un elemento di continuità tra le generazioni umane, il cui ritmo
di norma si modulava sul ciclo dei trent'anni.^
L'introdurre il confine tra le peculiarità della vegetazione, in
particolare di quella d'aito fusto, fornisce l'occasione per ricor
dare che nell'antichità esso presentava caratteristiche molto
diverse dal presente.
Solo occasionalmente un confine coincideva con una sem
plice linea poiché, in genere, esso era rappresentato da "un'area
complessa" per funzionalità e composizione: oltre a materializ
zare un elemento limitaneo, inteso come termine di proprietà e
luogo di produzione del legname da opera, costituiva la sede di
37
una risorsa idrica e poi.ancora.il luogo della raccolta dello stra
me, ben oltre la data della privativa concessa dal senato veneto
al lonatese Tarello nel XVI secolo, ' nonché la strada di transito
1 Cfr.ad es. Tareu.o C, 1975 - Ricordo
d'agricoltura, a cura ili M. Berengo.
1-iiiaiidi.Torino.
s Come prima informativa generale
cfr. ad es. II.u.in V'.VV. von, 1978 - Le
grandi stratte di Roma nel mollilo.
Newton
Compton,
Roma;
Pisani
SARTORIO Ci.. 1988 - Mezzi dì traspor
to e traffico. Quasar, Roma. Per la via
bilità padana sembra sufficiente la
citazione: Optima
via : atti del
Convegno internazionale di studi
per la pulizia del fosso o per l'accesso carraio e pedonale al
fondo rurale, in particolare a quello intercluso.
A proposito di quest'ultimo aspello, si evidenzia la riduttività
della convinzione, largamente diffusa, che la viabilità, dopo il dis
solvimento dell'impero romano, fosse ampiamente, se non total
mente, scomparsa; la realtà è assai diversa: è certo che la parti
colare gerarchizzazione per funzioni, dimensioni e caratteristi
che delle strade romane si semplificasse, venendo interrotti e
parzializzati i grandi assi viari; ma è indubbio che la ricchezza
Postumia : storia e archeologia di
degli itinerari, soprattutto locali, l'osse largamente sopravvissuta
una grande strada romana alle
agli sconvolgimenti dei secoli successivi.'1
radici dell'Europa, Cremona, /.Ì-/5
giugno I'996, 1998. a cura ili Ci.Sena
Il territorio risulta essere stato tramato da una fitta rete di
Chiesa e l-.A. Arslan.APIC. Cremona.
percorsi sovente alberati, ove la continuità con i fossi rendeva
possibile in contemporanea l'abbeveramento degli animali e
degli uomini, come pure in generale consentiva l'accesso e l'u
Per il medioevo cfr. ad es.. Romanico
mediopadano : strada, città, eccle
sia. 1983. Università degli studi di
Parma. Istituto di
storia dell'arte.
Centro di stilili medioevali, Panna;
tilizzo dell'acqua, intesa come risorsa fondamentale per l'incre
Vie
mento delle rese agrarie.
Mancando adeguati riferimenti, non appare con immediatez
del
commercio
in
Umilili
Romagna Marche. 199(1. Silvana.
Milano; Zi MTIIOR H, 1993 - La misura
ilei mondo : la rappresentazione
dello spazio nel medio evo, Il muli
no. Bologna; Stoi'ani R.. 1991 - Le vie
ili pellegrinaggio del medioevo. Le
lettere. Firenze; Stopani R.. 1988 - La
vìa T'rancigena : una strada euro
pea nell'Italia del medioevo. Le let
tere, Firenze; SzabòT., 1992 - Comuni
e politica stradale in Toscana e in
Italia
nel
medioevo.
CLUEB,
Bologna; Lestrade storiche :un patri
monio da salvare. 1995. a cura ili M.
l'ori ini e A. C izzam (ninni Milano.
" Cfr. ad es. MONTANARI M.. 1979 L'alimentazione contadina nell'alti}
medioevo.
I.ignori.
Napoli:
N'aiu
PATRONE A.M., 1989 - // cibo del ricco
ed il cibo del povero : contributo
alla storia qualitativa dell'alimen
tazione : l'area pedemontana negli
ultimi secoli del medio evo. Centro
Stilili Piemontesi.'l'orino; PASQUALI Ci..
1981 - I problemi dell'approvvigiona
mento alimentare
nell'ambito del
sistema curtense,Archeologia medie
vale. 8: 95-116: Montanari M., 1990 -
Vegetazione e alimentazione, in: "L'am
biente vegetale nell'alto medioevo
za la reale importanza e funzionalità di questa infrastruttura; ma
se si riflette sulla consistenza e sulla tipologia dei mezzi di tra
sporto (asini, muli o la schiena degli agricoltori), i percorsi cam
pestri, ombreggiati, morbidi per essere inerbiti, consentivano un
trasporto ed un collegamento sinergico rispetto alle "grandi"
strade, tendendo a trasformarsi in un insieme di percorsi alter
nativi tra di loro.
Assolutamente prioritaria per l'efficienza di questo sistema
di collegamenti, e pertanto degna di un'attenzione particolare,
diveniva l'accessibilità alle risorse alimentari per gli animali e gli
uomini: tale sistema era. tutto sommato, complesso perché costi
tuito da una sede stradale verde,da uno o più fossi, da siepi e fila
ri in più combinazioni fra di loro, che garantivano la presenza di
erbe, di bacche (gelsi, more, biancospino ecc.), di ghiande, ma
anche di foglie ed erbaggi eduli.
A questo proposito è opportuno segnalare, perché le cono
scenze si sono affievolite nel tempo. l'importanza che nel pas
sato ebbero le erbe eduli, sia per l'alimentazione umana, sia
per la cura di numerose affezioni morbose/' La presenza del
(Spoleto, 1989).Voi. 1 ".presso la sede
l'acqua poi rendeva le rive dei fossi alberate o fiancheggiate da
ilei Centro [italiano di stilili sull'alto
cespugli il luogo ideale per la produzione di una varietà gran
dissima di erbaggi fondamentali per la sopravvivenza, un vero
e proprio giardino, quasi un succedaneo del ben noto hortus
coiidusus, non solo per il "povero" del medioevo che vi pote
va con facilità accedere per soddisfare le più elementari neces
sità di sopravvivenza.
medioevo],Spoleto: 281-327; Lepian
te coltivate e la loro storia. 2001, a
cura di O. Fai Ila e C Forni, l-'ran-
eoAngeli. Milano; Amiiiiosoii ,VL. 1992Scienziati. contadini e proprietari :
botanica e agricoltura nell'Europa
occidentale. 1350-1850, Einaudi,
l'orino.
38
Una speciale attenzione deve essere poi riservata al proces
so di centuriazione, in quanto considerato l'atto iniziale, la base
per il funzionamento e la parcellizzazione programmata e scien
temente realizzata del territorio, come pure una qualche atten
dibilità può essere concessa all'ipotesi che anche la piantata
abbia tratto spunto da questa pratica.
Lo schema base della centuriazione, assai diffuso nella pia
nura padana, cioè "strada con i due l'ossi laterali", si diversifica a
seconda dei casi e delle necessità in "capezzagna, fosso, capez
zagna" oppure "capezzagna, fosso, fosso, capezzagna ". ed ancora
"l'osso contornante l'appezzamento di terreno su quattro lati e
due capezzagne su due o più Iati", ecc.
A ben vedere il tracciato della centuriazione è, nella realtà, un
aggregato di funzioni e significati che comprende: il segno di
confine, lo spazio percorribile liberamente da tutti o da soggetti
privilegiati, la sede e l'espressione di diritti collettivi e privati, il
deflusso delle acque, l'originale incontro tra esigenze pubbliche
e private, lo strumento più efficace per la bonifica del territorio
e quindi per il controllo e la gestione delle acque, l'elemento
determinante per la fertilità dei terreni nonché l'espressione
palese di un nuovo assetto giuridico del territorio stesso, che
non cancellava comunque il complesso significato religioso del
l'ambiente, ma lo arricchiva della presenza attiva e colta del
l'uomo.
Questo approdo, maturato all'interno della cultura romana,
potrebbe essere interpretato come l'intelligente evoluzione del
concetto e della pratica delle operazioni di fondazione della città
e, più in generale, degli insediamenti umani sul territorio, ma
anche, con tutta probabilità, come il segno della progressiva esten
sione dell'idea e della sostanza di città all'intero territorio dell'im
pero, anche per il tramite delle operazioni di centuriazione.8
Se l'ipotesi è già stata ventilata, non pare che si sia ancora
' Cfr. ad es. Paoletti m.I... 1985 <--.ultimili i della centuriazione
lussi,
filari e strade, in:'Misurare la terra :
centuriazione
romano
e
coloni
(Modena.
nel
mollilo
198.5-198 if.
Panini. Modena: 261-267.
L'idea di citta nel monito romano :
l'evoluzione del pensiero politico di
Roma. Le lettere. Firenze: 10.
» Cfr. ad es. Duri O.A.W.. 1979 - Gli
di
Roma
antica.
Edagricole, Bologna,
"' Cfr. ad es. Misurare la terra : cen
turiazione
romano
e
coloni
(Modena.
1985. Panini, Modena.
nel
malizzato, da chi sia stato codificato ed infine giuridicamente
definito.9
Tra gli aspetti conseguenti alla centuriazione ed importanti
H Cfr. Stohoni Mazzolami I... 1994 -
agrimensori
pervenuti a chiarire tutte le modalità pratiche della maturazione
dell'idea e dell'efficienza di questo assetto territoriale: in quan
to tempo ed attraverso quali passaggi e tentativi esso si sia for
inondo
1983-1984),
per la storia del nostro ambiente, si potrebbe ricordare come la
centuriazione, pur oscillante come dimensione dei lati (all'incir-
ca 710x710 m),l() sia grossolanamente raffrontabile con i 50 ha
(e con il suo doppio di 100 ha) che ancora in un passato non poi
così lontano hanno costituito per la provincia cremonese una
soglia di efficienza agraria significativa.
A questo proposito si propone come curiosità la notizia che
Achille Voghera - figlio dell'architetto cremonese Luigi Voghera podestà a Pieve San Giacomo, medico, chirurgo e ben noto per
39
la vocazione di architetto, nella seconda metà del XIX secolo si
fece apprezzare, anche in concorsi di idee, per alcuni progetti di
edifici rurali per poderi con queste stesse dimensioni.1 '
Non va poi dimenticato l'aspetto estetico rivestito da siepi e
filari nella percezione del territorio, anche sotto il profilo rurale:
aspetto questo che nella tradizione lombarda si estende sia alla
forma sia alla resa delle culture.
Che il territorio della pianura sia paragonabile ad un giardi
no non è solo un'immagine letteraria, se anche docenti univer
sitari di agronomia, come il Burger,'- nella prima metà del XIX
secolo lo percepirono allo stesso modo dei letterati, come ad
esempio Goethe.
Sebbene l'idea di giardino sia mutata di epoca in epoca e non
restino lutf oggi costanti né la sua conformazione né la sua com
posizione di vegetali, tanto in relazione alla cultura dei singoli
conduttori quanto a ciucila complessiva del territorio, non si
può tuttavia negare che il concetto di giardino conservi una sua
specificità.
Nella determinazione del nostro atteggiamento nei confron
ti dell'estetica del territorio, assumono poi un significato parti
colare sia la siepe sia il filare, anche se tale percezione, a partire
dal XVIII secolo, mutò di consistenza.
11 Cfr. RONCAI L, I990 - Le ligure pro
fessionali dei familiari ed i loro rap
porti con l'opera dell'architetto Luigi
Voghera, in; "L'architetto Luigi
Vbghera e il suo tempo", a cura di L.
Roncai, Angeli, Milano: 75-91; RONCAI
I... 1993 - Per uno studio della cascina
cremonese
nell'Ottocento,
in:
"Ottocento cremonese. 3". Turris.
Cremona: 105-131.
'-' Cfr. BURGER C... 1843 - Agricoltura
del Regno l.omlmrdo-Veneto. dalla
tipografia Motta ora ili M. Carrara.
Milano. Trattasi della prima edizione
italiana della relazione che l'agrono
mo carinziano pubblicò in patria
11 riscontro di questa affermazione è ben ravvisabile, ad
esempio, nella politica agraria pensata ed auspicata dal gruppo
di intellettuali milanesi più noti con la denominazione di "rifor
matori del Caffè". Secondo la loro visione il parametro di rife
rimento relativo sia alla produttività agricola pensata ai massi
mi livelli per le conoscenze dell'epoca,sia all'idea di arte este
ticamente positiva, trovava riscontro nei valori connessi al
"giardino ".'-^
Questa impostazione, realizzata in una prospettiva che per
molti aspetti prolunga i suoi ultimi effetti nell'oggi, si invera
nella trama dei filari di alberi e di siepi, rete di percorsi suffi
cienti ad alimentare e proteggere la fauna che può muoversi,
con relativa sicurezza, tra punti privilegiati, come nel passato Io
erano i boschi e al presente i giardini.
viaggio
Se è opportuno ribadire che la base di questo sistema ha
nell'Italia superiore, avvenuto nel
1828, con l'intento di raccogliere
costituito la trama su cui si sono orditi gli infittimenti successivi
tutti gli elementi statistici inerenti
e che la consistenza delle essenze arboree ha rappresentato l'a
spetto più percepibile del suo disegno, è ancora vero che ciue
all'indomani
ilei
suo
t'argomento:dell'imponente massa di
dati raccolti, la traduzione italiana è
relativa solo all'agricoltura.
'•* Li letteratura sul tenia è cospicua;
si
propone
la
consultazione
di
Assunto R., 1982 - L'esteticità del pae
saggio teresiano in Lombardia e la
dialettica del giardino illuminista, in:
"Economia, istituzioni, cultura in
Lombardia nell'eia ili Maria Teresa.
Voi.2", Il mulino, Bologna: 578-630.
IO
sto sistema si è evoluto nel tempo in qualità e forma.
Anche ora questa struttura continua ad evolvere e ad affasci
nare; la nostra presenza in questa circostanza ne è palese testi
monianza, sebbene si accompagni alla sensazione profonda (se
non addirittura all'angoscia per la sensibilità di qualcuno) cheessa abbia imboccato la via che porla alla cessazione della sua
funzionalità, decretandone la definitiva scomparsa.
Con questo spirito si intende formulare qualche considera
zione finale. Occorrerà: a) esaminare con attenzione le motiva
zioni dell'attuale situazione di progressivo decadimento dell'im
portanza di queste associazioni arboree, le loro caratteristiche, le
condizioni tanto negative quanto positive, che ne possano favo
rire la sopravvivenza: b) ritenere che la complessità del sistema
non consentirà a breve di individuare una soluzione definitiva,
in quanto,come sempre, la validità degli interventi sul territorio
dovrà essere verificata su un arco temporale esteso ben oltre la
cadenza generazionale: e) considerare che questo sistema, pur
così importante, anche per essere una delle espressioni più ori
ginali e longeve della cultura romana ed europea, non è l'unico
valido tra quelli elaborati nel tempo all'interno delle molteplici
realtà culturali ed ambientali del pianeta; pertanto potrebbe
essere accettabile una sua evoluzione ed adeguamento a mutate
esigenze; d) valutare con attenzione i risvolti pratici, tra i quali
"AI termine desidero esprimere i pili
sinceri ringraziamenti alle professo
resse Graziella Cotmuto Zanella e
Mari i Cri/n C-.i\ ili i pir i preziosi
suggerimenti.
anche quelli relativi alla qualità degli operatori e al soddisfaci
mento dell'esigenza diffusa che ritiene utile e decisiva, per la sal
vaguardia di questo specifico ambiente, la sua museifìcazione. In
ultima analisi pare di percepire che la trasformazione, quando e
come avverrà, sarà certamente costata molto e soprattutto sarà
costata una faticosa e complessa mutazione nella nostra perce
zione dell'ambiente.1 '
41
Sessione naturalistica
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/200.5
p. Ì5-52
Evoluzione delle aree verdi
extraurbane del comune di Pavia
Andrea Ricci *
Riassunto
L'indagine evidenzia le variazioni quantitative degli elementi
verdi extraurbani del comune di Pavia, intervenute negli ultimi
25 anni. In generale la riduzione del verde è del 40%.
The sttidy shoivs the quantitative chunges of the extraurSummary
ban green elements in the town of Pavia in the lasl 25 years.
Generali)' the reduciioti of the green elements is of 40%.
Introduzione
aree verdi del comune di Pavia nel 1974 e finalizzati alla stesura
Nel 1976 vennero pubblicati i risultati di studi svolti nelle
del nuovo Piano Regolatore Comunale (Bai.duzzi et al. 1976). Per
l'occasione venne anche pubblicata una carta riassuntiva (Tav. 1)
della dotazione di verde "spontaneo "(filari, siepi, boschetti) pre
sente sul territorio comunale al di fuori del perimetro urbano.
Nel 2000, prendendo come base la carta a suo tempo redat
ta e gli studi fatti negli anni '70. venne realizzata un'indagine
sullo stesso tema per evidenziare i cambiamenti avvenuti.
L'indagine ha portato:
- alla valutazione della consistenza e delle caratteristiche degli
attuali elementi di vegetazione presenti nel territorio;
- alla comparazione georeferenziata delle variazioni intervenute
negli ultimi 25 anni.
L'area di studio coincide con il comune di Pavia, fatta esclu
Area di studio
sione per l'area del Parco della Vcrnavola ove in forza della pro
tezione esistente non erano prevedibili variazioni significative.
"Via Piemonte 5 - 1-27028 San Martino Siccomario (l'V). E-mail: rcc_anilrea@hotmail.com
45
II comune di Pavia copre un'area di circa 63.450 km2 ed è
attraversato da due corsi d'acqua naturali, il fiume Ticino e la
Vernavola, dal Naviglio Grande tangente al nucleo storico del
comune, da un buon numero di rogge con acqua costante tutto
l'anno e da una fitta rete di canali irrigui con acqua nei periodi
estivi.
Il comune di Pavia è posto nella bassa pianura padana e pre
senta un clima di tipo ipomesaxerico caratterizzato da una falda
freatica superficiale che modifica l'umidità atmosferica e com
pensa soprattutto d'estate la relativa scarsità di precipitazioni
(ToviASia.i.i et al. 1973).
L'area comunale si estende in parte sul piano generale ter
razzato della pianura e in parte lungo la scarpata e il fondovalle
della valle a cassetta del fiume Ticino. 1 terreni sono tutti di ori
gine alluvionale e presentano tracce evidenti di alvei più o meno
recenti lungo i quali talora sono presenti rogge o canali o
comunque terreni agricoli caratterizzati da un'umidità elevata.
Nelle immediate vicinanze del perimetro comunale è anche
presente un'area forestale, relitto delle pianure del passato.
inquadrabile nei tipi dei querco-ulmeti di proprietà del Comune
di Pavia. Quest'area, chiamata Riserva naturale Giuseppe Negri,
costituisce un riferimento importante dal punto di vista scienti
fico ma anche un caposaldo prezioso per l'individuazione delle
espressioni finali del dinamismo naturale della vegetazione.
Comunque, sul piano generale terrazzato la vegetazione
potenziale dovrebbe essere ascrivibile ai tipi dei querco-carpineti mentre sul fondo della valle delTicino a quelli dei quercoulmeti.
Ovviamente in correlazione con una presenza più o meno
abbondante di acqua nel suolo - che trova la massima espres
sione nelle rogge, nei canali e nei fiumi - si riscontrano le zona
zioni classiche proprie di questi ambienti (Pirola 1968).
Attualmente il suolo comunale è occupato da aree urbanizzate
o da coltivazioni. Le espressioni di vegetazione, oggetto del pre
sente studio, sono concentrate in aree più o meno marginali,
ovvero lungo elementi ad andamento più o meno lineare quali
strade secondarie, confini di proprietà, canali, rogge, fossi e pic
cole scarpale.
Per lo studio sono state utilizzate la Carta del verde del
Materiali e metodi
comune di Pavia pubblicata nel 1976 (Baldiizzi et al. 1976) e la
Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 redatta sulla base del
volo 1994. Per razionalizzare la distribuzione geografica degli
elementi riscontrati il territorio è slato suddiviso in quadrati di
1 km- cadauno all'interno del quale sono stati riportati i dati
quantitativi ricavati dalla carta storica di riferimento.All'interno
46
lav. 1: Carta del verde del comune di Pavia (da Baldi zzi et al. 1976).
->4
Legenda: 1) coltiva/ioni agricole erbacee (campi, marcile, prati, risaie); 2) boschi (anche degradati); 3a) pioppi cinoamcricani a pieno campo; 3h) idem, in filari;
•i) formazioni riparlali con prevalenza di arbusti; t) alberi in filari (esclusi fruttiferi e pioppi); 6) orti e frutteti;
7) parchi e giardini; 8) altre aree aniropizzatc (cave, incolli, ecc.).
Colcazine terioale
di ogni riquadro sono stati confrontati il dato storico e quello
recente relativamente alle dimensioni lineari (medie) o per
superficie di ogni singolo elemento. Per il rilievo è stata utilizza
ta la scheda riprodotta nella figura 1.
codice identificativo
sottobosco/sottochioma
siepe
tu
e
siepe alberata
N
-^
filare regolare
filare irregolare
CU
cortina
o
• l-<
t
'•m
ti
<U
s
<u
m
u
'•t->
75
•—
U
o
albero isolato
macchia
altezza media dell'elemento di vegetazione [m|
diametro medio dell'elemento di vegetazione |m|
distanza media tra i singoli alberi, nell'elemento di vegetazione [m|
distanza massima tra i singoli alberi, nell'elemento di vegetazione [m|
lunghezza dell'elemento di vegetazione lineare |m ]
area dell'elemento di vegetazione macchia [m2]
specie dominante
n. alberi specie dominantealtezza massima della specie dominante [m]
diametro massimo della specie dominante [m]
specie compagna
• •»«
•M
0
n. alberi della specie compagna
altezza massima della specie compagna |m|
diametro massimo della specie compagna [m|
roggia
fosso
pioppeto
coltivo in rotazione
sentiero
strada con pavimentazione
elementi architettonici
prato
note
Fig. I: scheda di rilevamento.
48
Alcune voci della scheda hanno un significato evidente, men
tre altre sono di seguito illustrate:
codice identificativo: è l'elemento che permette di collegare i
dati descrittivi presenti nella scheda con la localizzazione geo
grafica del punto, in quanto questo stesso codice è riportato
sulle carte utilizzate;
sottobosco o sottochioma: indica la presenza, al di sotto della
vegetazione arborea ed arbustiva.di vegetazione erbacea;
siepe: si intende una disposizione lungo una direzione prefe
renziale di clementi vegetali che presentano un'altezza inferiore
a cinque metri ed una larghezza pari a circa due metri; gli ele
menti sono posti gli uni accanto agli altri,in modo da creare un
insieme quasi invalicabile;
siepe alberata: rappresenta un termine di passaggio tra la siepe
e la cortina essendo essenzialmente costituito da elementi vege
tali che presentano un'altezza inferiore ai cinque metri, ma
anche da alcune forme più propriamente arboree;
filare: si intende una disposizione regolare di elementi vegetali,
separati fra loro da una distanza che può essere costante oppu
re no.In base a questa distinzione i filari vengono classificati in:
- l'ilari regolari caratterizzati da una distanza costante tra gli ele
menti vegetali;
- filari irregolari caratterizzati da distanze fra gli elementi vege
tali che variano di volta in volta;
cortina: è simile ad una siepe, presenta tuttavia una larghezza
maggiore ed un'altezza superiore ai cinque metri;
macchia: è un'area occupata da elementi vegetali che si esten
de sia in larghezza che in lunghezza;
collocazione territoriale: è stato segnalato a quale elemento
del territorio si appoggiano gli elementi di vegetazione conside
rati; ovviamente ci possono essere più combinazioni di quelle
proposte;
note: sono state riportate, quando individuabili, le cause dei cam
biamenti verificatisi rispetto alla cartografia storica di riferimento.
Conclusioni
Sono sinteticamente esposti ivalori relativi ai principali para
metri rilevali. Per quanto riguarda le dimensioni degli elementi
di vegetazione (siepe, siepe alberata, filare regolare, filare irrego
lare, cortina) in tutto il territorio comunale (Fig. 2). si nota chia
ramente quanto l'elemento cortina sia maggiormente presente
rispetto agli altri; segue l'elemento filare regolare.
Per quanto riguarda i dati floristici sulle specie dominanti, la
piti diffiisa nell'intero territorio del comune di Pavia è Robinia
pseudoacacia, seguita da Quercus robur; l'altezza massima, 16
metri, e raggiunta da un esemplare di Salix alba; il diametro
massimo è di 1metro raggiunto da almeno 15 esemplari appar
ii
siepe
14 811 me'.n
Fig. 2: estensione degli elementi di vegetazione relativi all'anno 2000.
tenenti per lo più al genere Populus.
Per quanto riguarda le specie compagne, sono per lo più rap
presentate da Robinia pseudoacacia, seguita da Morus alba;
l'altezza massima, 14 metri, è raggiunta da un esemplare di
Robiniapseudoacacia, mentre il diametro massimo, 1,20 metri,
si riscontra in un esemplare di Aesctiltts hippocastanum.
Per quanto attiene la collocazione territoriale (Fig. 3), si nota
come gli elementi di vegetazione attuali siano spesso associati in
primo luogo a coltivi in rotazione (28%) e in secondo luogo a
fossi (20%).
strada con pavimentazione
elementi architettonici
coltivo in rotazione
28%
Fig. 3: collocazione territoriale.
50
Infine, per quanto riguarda il confronto tra la situazione del
2000 e quella relativa al 1974 (Fig.4), si osserva chiaramente che
nel territorio del comune di Pavia vi è stata un'estesa distruzio
ne a carico degli elementi verdi, tale da portare ad una riduzio
ne di circa il 40% del patrimonio vegetale.
estensione totale degli elementi di
vegetazione nel 2000
121.712 metri
estensione totale degli elementi di
206.935 metri
vegetazione nel 1974
differenza tra attuali e passate
83.233 metri
percentuale di verde conservatosi
59%
Fig. 4: confronto tra la situazione del 2000 e quella del 1974.
Le variazioni intervenute hanno avuto una distribuzione spa
ziale diffusa, facendo riferimento alla mappa del comune di
Pavia (Tav. 2) è possibile ipotizzarne le cause che sono sostan
zialmente di due tipi:
y^\~
S^—^^—^
M
m
L
——
1
H
é
,
?
7
G
!
AR EAURB-* >>NA
^
F
E
Percentuale di soprawiv enza
| >100%
D
•i
76-100%
0-15°/
1
*^\
16-75 «K>
C
1
'? Tirino. _
:
BCDEFGHI
&-"
-v^-A
\ '•
1
1
1
LMNO
Tav. 2: percentuale di sopravvivenza degli elementi riscontrati nel 1974.
51
- espansione dell'area urbana (quadranti EH, (ìli, GL);
- estensione dell'area coltivata (quadranti CU, DH, DI., HE,
LiVfNII).
Èda sottolineare tuttavia l'aumento, in alcuni quadranti, degli
elementi di vegetazione; tali incrementi sono sostanzialmente
riconducibili a due fattori:
- abbandono dell'agricoltura legata ad un impoverimento dei
campi (quadranti CG. CI, DM, EE, EM, FI), LE, LF, NE);
- incentivi comunitari per la realizzazione di siepi e filari (qua
dranti LI.LL).
Bibliografìa
Bai.duzzi A., FlUPELLO S., Sartori E & Tomashlli R., 1976 - Le aree
verdi extraurbane del comune di Pavia, Atti Isl. boi. Univ. lab.
crittogani. Pavia, 6 (11): 3-20.
Brimmiit R.K. &. Powhi.i. CE., 1992 - Authors of plani iiaiues.
Royal Botanic Gardens, Kevv.
Flora europaea, 1964-1980, editeci by T.G. Tulin ... \et al.],
Cambridge University Press, Cambridge.
Picnaiti S., 1982 - Plora d'Italia, Edagricole. Bologna.
Pirola A., 1968 - Appunti sulla vegetazione dei meandri del
Ticino, Not Soc. Hai. Pitosocio/., 5: 1-23.
Tomasbuj R., Bai.duzzi A. & Fiupello S., 1973 - Carta bioclimati
ca d'Italia, Ministero Agricoltura e Foreste. Roma.
52
PIANURA - Scienze*e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 53-61
Evoluzione recente di ambienti
extraurbani nella pianura padana
centrale. Aspetti faunistici:
l'esempio di Cremona
Riccardo Groppali *
Riassunto
È stata quantificata nel corso di 22 anni la presenza di siepi
e filari in un territorio ampio 2.430 ettari a sud della città di
Cremona. Iniziati nel 1980, gli studi sono stati poi ripetuti nel
1989, nel 1997 e infine nel 2002 permettendo di valutare la per
dita del 44,9% dei filari e del 44,1% delle siepi e dei filari radi.
Nell'area di studio tale alterazione paesaggistica non ha ancora
avuto rallentamenti nella velocità di distruzione degli elementi
più importanti per la fauna degli agroecosistemi.
/;/ a period of 22 yeurs the presence of hedges and tree
Summary
roivs, in a 2.430 hedares area sotith of Cremona (northern
Italy), ivas cpiantified. Iìeginning from 1980. and Ihen repeated in 1989, in 1997 and again in 2002, the studies allowed
to evaluate the remova/ of 44,9%' of tree rotvs and 44,1%, of
hedges and thin tree roivs. In the studied area the quickness of
sttch landscape alteration has noi yet sloived, destroying the
most imporlant elements for the fauna in agroecosystems.
Introduzione
Allo scopo di approfondire l'aspetto della velocità di trasfor
mazione ambientale dei territori della Valpadana centrale è stato
effettuato nel 2002 un terzo riscontro nell'area del Parco cre
monese del Po, ampio 2.430 ettari nella sua prima definizione
territoriale e già studiato in precedenza (Groppai.i 1990, 1999a)
nella sua dotazione naturalistica soprattutto arboreo-arbustiva,
esistente al margine dei coltivi. I dati di base risalgono al 1980.
mentre i rilievi di confronto sono stati effettuati a distanza di 9,
17 e 22 anni, rispettivamente nel 1989, nel 1997 e nel 2002.
* Università di Pavia, Dipartimenti) di teologia del territorio. Laboratorio di
Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio 1 i - 127100 Pavia. E-mail: groppali'"et.unipv.it
53
In questo modo è stato possibile rilevare il progressivo (e a
tulf oggi inarrestabile) impoverimento di siepi-filari, contrastato
- seppure in termini completamente differenti dal punto di vista
ambientale - dall'impianto di ampie aree verdi (in parte destina
te anche alla fruizione), di alcuni boschi produttivi di essenze
pregiate e. infine, di fasce arboreo-arbustivc poste al margine di
insediamenti industriali. Di conseguenza si sono potute ipotiz
zare le ricadute sulla componente faunistica dell'ambiente col
tivato, che costituisce la quasi totalità dell'area studiala.
Ambito di studio: il
Parco cremonese del Po
Non sono probabilmente molti gli ambili territoriali di ampie
dimensioni propri della Valpadana centrale in condizione di
offrire la possibilità di effettuare confronti successivi relativi alle
trasformazioni subile lungo un arco temporale sufficientemente
lungo. Un buon esempio a questo proposito è costituito, invece,
dal Parco cremonese del Po, studiato in modo dettagliato a par
tire dal 1980 e poi in anni successivi (con l'ultima indagine ese
guita nel 2002, ben 22 anni dopo il primo rilievo completo),
ampio 2.430 ettari, che includono alcuni degli ambienti più rappresentativi della Valpadana interna.
L'area definita da una proposta di tutela nel Piano Regolatore
Generale del Comune di Cremona è stata studiata nelle sue com
ponenti ambientali per la prima volta nel 1980 (Groppali 1985)
quando mostrava l'articolazione seguente:
- aree di pregio naturalistico (10% del territorio): corsi d'acqua
minori (Morbasco e Morta), piccole zone umide e tratti boscati
e cespugliati, con fauna sufficientemente ricca e varia, come
dimostra la check-list ornitologica del Morbasco, forte di ben
1 19 specie (Groppai.i 1989, 1995);
- golena del Po (25% del territorio): tra sponda del fiume e argi
ne maestro, coltivata in parte a pioppeto razionale e con alcune
aree di pregio naturalistico, arricchite a livello faunistico dalla
vicinanza al corso del Po;
- periferia urbana (17% del territorio): coltivi di estensione ridot
ta al margine della città e in aree interstiziali della periferia ester
na, con ricchezza faunistica determinata dalla compresenza di
specie "urbane" e di fauna tipica dei coltivi;
- coltivi (48% del territorio): campi di dimensioni da medie a
grandi a coltivazione intensiva, con predominanza della
maiscoltura, con presenza di latina interessante soltanto nei trat
ti meglio conservati.
Il confronto della dotazione ambientale (aree boscate, zone
umide, siepi-filari) in anni di studio successivi (tra 1980 e 1989.
1997 e 2002) è stato perciò effettuato in differenti tipologie ter
ritoriali e paesaggistiche, che possono essere considerate suffi
cientemente rappresentative della porzione della pianura pada
na centrale non occupata da insediamenti.
54
Eliminazione di siepi
e filari nel Parco
cremonese del Po
Essendo poco diffusa la siepe vera e propria nell'area studia
ta, è sembrato più opportuno suddividere le tipologie relative
alla dotazione arboreo-arbustiva dei margini dei coltivi in filari
arborei fìtti e filari radi e siepi.
Nel corso dei primi 9 anni di indagine (1980-1989) sono stati
eliminati, nelle differenti aree che costituiscono il
Parco
(Groppali 1990):
- aree di pregio naturalistico: 14% dei filari e 11,2% dei filari radi
e siepi;
- golena del Po: 11,2% dei filari e 28,2%) dei filari radi e siepi;
- periferia urbana: 5,4%. dei filari e 23.6% dei filari radi e siepi;
- coltivi: 33% dei filari e 36% dei filari radi e siepi.
Complessivamente tra il 1980 e il 1989 i filari sono passati da
27.975 a 23-175 metri di estensione, con una perdita pari al
17,2%, mentre filari radi e siepi sono passati da 22.389 a 15.589
metri, con una perdita pari al 30.4%.
Nel corso dei successivi 8 anni (1989-1997) è stato possibile
effettuare il seguente computo quantitativo, nelle differenti aree
che costituiscono il Parco (Groppai.i I999a):
- aree di pregio naturalistico: eliminazione di 545 m di filari e di
60 m di filari radi e siepi:
- golena del Po: eliminazione di 435 m di filari e di 1.340 m di
filari radi e siepi;
- periferia urbana: eliminazione di 515 m di filari e di 215 m di
filari radi e siepi;
- coltivi: eliminazione di 1.945 m di filari e di 1.420 m di filari
radi e siepi.
Complessivamente tra il 1989 e il 1997 i filari sono passati da
23.175 a 19.735 metri di estensione, con una perdita pari al
14,8%, mentre filari radi e siepi sono passati da 15.589 a 12.555
metri, con una perdita pari al 19,5%.
Nel corso dei successivi 5 anni (1997-2002) è stato possibile
effettuare il seguente computo quantitativo, nelle differenti aree
che costituiscono il Parco:
- aree di pregio naturalistico: eliminazione di 110 m di filari e di
40 m di filari radi e siepi:
- golena del Po: eliminazione di 975 m di filari e di 825 m di fila
ri radi e siepi;
- periferia urbana: eliminazione di 550 m di filari e di 525 m di
filari radi e siepi;
- coltivi: eliminazione di 515 m di filari e di 1.290 m di filari radi
e siepi.
Complessivamente tra il 1997 e il 2002 i filari sono passati da
19-735 a 17.585 metri di estensione, con una perdita pari al
10,9%, mentre filari radi e siepi sono passati da 12.555 a 9.875
metri, con una perdita pari al 21,3%.
Ogni periodo preso in considerazione ha dunque visto l'eli-
55
minazione di lunghezze elevate della dotazione arboreo-arbusti-
va dei margini dei coltivi, anche considerando le poche nuove
realizzazioni che hanno, in minima parte, ridotto le perdite
nette: in particolare tra il 1980 e il 1989 sono stati eliminati
4.800 metri di filari e 6.800 metri di filari radi e siepi, tra il 1989
e il 1997 rispettivamente 3.440 e 3-034 metri, e infine tra il 1997
e il 2002 rispettivamente 2.150 e 2.680 metri (Fig. 1). Nei 22
anni compresi tra il 1980 e il 2002 sono andati perduti in totale
15.420 metri di filari e 12.514 metri di filari radi e siepi.
01980 •
1989 •
1997 •
2002
30000 -,
filari
filari radi e siepi
Fig. I: andamento delle lunghezze complessive (in metri) dei l'ilari e dei
(ìlari radi e siepi nei 2.430 ettari del Parco cremonese del Po tra il 1980
e il 2002.
Volendo valutare le percentuali di eliminazione del patrimo
nio costituito dalla vegetazione legnosa dei margini dei coltivi,si
possono notare un decremento del tasso di eliminazione per
quanto riguarda i filari (eliminati per il 17,2% della dotazione
precedente tra il 1980 e il 1989, per il 14,2% tra il 1989 e il 1997
e per il 10,9%tra il 1997 e il 2002) e valori difformi per filari radi
e siepi (eliminati rispettivamente per il 30,4%, per il 19,5% e per
il 21,3%; fig. 2).
In complesso comunque, negli ultimi 22 anni di gestione
ambientale del Parco cremonese del Po, è stato eliminalo il
44,9% dei filari e il 44,1% delle siepi e filari radi.
velocità di eliminazione
di siepi e filari
Può essere interessante valutare la velocità di eliminazione
della dotazione arboreo-arbustiva dei margini dei coltivi nel Parco
cremonese del Po. ricorrendo al calcolo di un tasso teorico di ridu
zione annua di filari e siepi, con i seguenti risultati per i filari:
- riduzione annua tra il 1980 e il 1989: 1,9%;
- riduzione annua tra il 1989 e il 1997: 1,8%;
- riduzione annua tra il 1997 e il 2002: 2,2%.
56
Per filari radi e siepi invece la quantificazione è la seguente:
- riduzione annua tra il 1980 e il 1989: 3,4%;
- riduzione annua tra il 1989 e il 1997: 2,6%;
- riduzione annua tra il 1997 e il 2002:4,2%.
m 1980-1989 • 1989-1997 • 1997-2002
35-]
30-
s
y
/
25- /
20-
y
15- /
/•
/
S\
y
y
,
?
_
~A
10.
5/
0
filari
filari radi e siepi
Fig. 2: tasso di eliminazione (in percentuale rispetto alla dotazione pre
cedente) dei filari e dei lìlari radi e siepi nei 2.430 ettari del Parco cre
monese del Po tra il 1980 e il 2002.
Oltre a un'evidente accelerazione del fenomeno nel corso
degli ultimi anni, più marcata per filari radi e siepi, tali dati - sep
pure calcolati a livello teorico - dimostrano che l'eliminazione di
alberi e arbusti tra campi è tutfaltro che terminata e che (dopo
un'apparente stasi negli anni tra il 1989 e il 1997) la cancella
zione di tale dotazione è ripresa con grande efficacia nell'intero
territorio del Parco cremonese del Po (Fig. 3)-
1980-1989 •
1989-1997 •
1997-2002
/
7T
s.
filari
y
filari radi e siepi
Fig. 3: tasso annuo teorico di eliminazione (in percentuale rispetto alla
dotazione precedente) dei filari e dei filari radi e siepi nei 2.430 ettari
del Parco cremonese del Po tra il 1980 e il 2002.
57
Deve essere quindi corretta un'ipotesi fatta in precedenza
(Groppai.i 1999a), secondo la quale la riduzione di velocità di eli
minazione della dotazione legnosa dei coltivi - allora individuata avrebbe segnalato il raggiungimento di una sorta di limite fisiolo
gico del processo, a causa degli oneri sempre maggiori richiesti
per il completamento dell'opera, che ne avrebbero determinato il
rallentamento. Infatti, come peraltro suggerito nel medesimo lavo
ro, in altre situazioni italiane (ed europee) esistono numerosi
ampi territori coltivati del tutto privi di siepi e filari, perfettamen
te produttivi (quanto meno secondo i criteri correnti).
Secondo i dati presentati in differenti indagini ornitologiche
Ricadute faunistiche
eseguite in Europa (O'Con.nor ci Suri ms 1986; Pfistlr et al.
1986; PimoNEN et al 1985; Pons 1980; Schiàpfer 1988; Tucker
1989), la dotazione ottimale di siepi-filari, in grado di garantire le
massime densità e varietà ornitichc negli ambienti coltivati, è
stata valutata in non meno di 60-80 metri per ettaro.
Tale dotazione complessiva (accorpando filari con lìlari radi
e siepi) per il Parco cremonese del Po è stata stimata in:
- 1980:50.364
- 1989:38.764
- 1997:32.290
- 2002: 27.460
m,pari
m.pari
m,pari
m, pari
a
a
a
a
20,7
15,9
13,3
11,3
m/ha;
m/ha:
m/ha;
m/ha.
Partendo quindi da una situazione valutabile già nel primo
studio (1980) come di forte povertà ambientale riguardo a tale
aspetto (con circa 1/3 della dotazione definita come minima per
valori ottimali di avifauna), le eliminazioni hanno proceduto a
ritmo serrato, portando all'attuale presenza di solo 11,3 metri di
vegetazione legnosa organizzata linearmente per ogni ettaro
(10.000 mq) di campi coltivati (Fig. 4).
1980 •
1989 •
1997 •
2002
zt
2
y_y
siepi e filari
Fig. 4: quantità complessiva di siepi e filari (in metri) per ettaro nel
Parco cremonese del Po (2.430 ha) tra il 1980 e il 2002.
58
Risulta pertanto evidente come ogni ulteriore impoverimen
to di un patrimonio già in origine ridotto (o meglio insufficien
te dal punto di vista faunistico) sia in grado di provocare pesan
ti ricadute. Tali effetti sono difficilmente valutabili esaminando
nel loro complesso vasti territori, in quanto non tutte le specie
presenti hanno la medesima sensibilità riguardo al fenomeno in
oggetto e soprattutto resistono per lungo tempo aree meno
degradate, nelle quali possono sopravvivere - seppure con con
tingenti ridotti - alcune specie con accettabili potenzialità bioindicatrici.
Una parziale idea delle ricadute ornitologiche della scarsità
di siepi-filari nell'ambiente agricolo centropadano può derivarc
ela! confronto tra i dati ottenuti in precedenti indagini, eseguite
ciascuna in 0.25 kmq con sopralluoghi mensili nel corso di un
anno, menzionate in un recente lavoro (Groppai.i 2000; tab. 1).
m/ha di siepe-filare
n. specie
n. esemplari
72.9
52
2.456
2".4
?2
666
12.8
41
498
0,2
26
517
0
13
182
Tab. 1: presenze ornitiche (con numeri di specie e di esemplari rilevati
posati o in sorvolo basso nel corso di sopralluoghi mensili per un anno)
in differenti territori ampi 0,25 kmq della Valpadana nelle province di
Cremona e Piacenza, rapportate alla lunghezza complessiva in metri di
siepi-filari presenti per ettaro di ambiente coltivalo.
E quindi immediatamente evidente che alla scarsità di ele
menti arboreo-arbustivi tra i coltivi corrisponde in modo diretto
un'altrettanto forte povertà di fauna, passando da 52 a 13 specie
differenti dall'ambiente meglio dotato a quello privo di tale
componente e rispettivamente da 2.456 a 182 esemplari osser
vati (con sopralluoghi mensili per un anno).
Inoltre deve essere fatta una valutazione qualitativa,conside
rando che in una parte non indifferente della dotazione residua
di siepi e filari nel Parco cremonese del Po è stata eliminata la
componente arbustiva. con numerosi casi di filari completa
mente privati dei cespugli al piede degli alberi, 'l'ale modello
gestionale non sembrerebbe giustificato dalla presunta facilita
zione rispetto all'impiego di macchine per la pulizia dei fossi, in
quanto si tratta quasi sempre di filari posti su un solo lato dei
corpi idrici agrari, ma semplicemente in preparazione di un pro
babile taglio successivo degli alberi. Sembrerebbe quindi ripe
tersi la trasformazione, già osservata in precedenza, della vege
tazione legnosa collocata tra i coltivi (Groppai.i 1999a), con il
mantenimento, dapprima, dei soli alberi isolati appartenenti in
59
precedenza a filari fìtti con ricca dotazione di arbusti, seguito
dalla loro eliminazione in anni successivi.A parte questo rischio,
va comunque tenuta in considerazione la maggior povertà fau
nistica di lìlari radi arborei rispetto a siepi miste con alberi, rile
vata anche in territori coltivali della Valpadana centrale
(Groppali 1993.1994).
Considerazioni
conclusive
Il quadro complessivo che emerge dall'indagine eseguita nel
2002 nell'area del Parco cremonese del Po, che può essere presa
come un esempio della situazione territoriale della Valpadana
centrale, è quindi tutf altro che confortante, soprattutto consi
derando che proprio nell'ambiente agricolo si trova il maggior
numero di specie ornitiche minacciate in Europa, rilevando,
oltretutto, che la minaccia cui queste sono attualmente sottopo
ste consiste nell'ulteriore intensificazione delle pratiche gestio
nali (IIi-atii 1995) e che siepi e lìlari sono in grado di determi
nare in modo diretto il numero di uccelli presenti negli agroe
cosistemi (Lack 1992).
Tra l'altro nei 2.430 ettari oggetto di studio si è verificata tra
il 1997 e il 2002 una situazione curiosa, poiché mentre prose
guiva l'eliminazione della dotazione arboreo-arbustiva di siepi e
filari da parte degli imprenditori agricoli dell'area, per contro
avveniva l'impianto di alcuni di questi elementi al margine di
insediamenti pubblici o privali, unito all'attuazione di numerosi pro
getti di riqualificazione ambientale operati dall'Amministrazione
comunale.
Per ricordare soltanto i maggiori interventi nell'area del
Parco, vanno menzionati il cosiddetto "Bosco-filtro Tamoil"
(64.000 mq circa) tra il corso del Morbasco e la tangenziale, il
rimboschimento dell'area tra le Colonie Padane e
la lanca
"Livrini'del Po (92.000 mq circa), il "Parco del Lugo" (30.000 mq
circa, con aree palustri), il "Bosco della Badia" di Cavatigozzi
(1 1.000 mq circa), il "Bosco del Morbasco" al Costone (7.000 mq
circa), le quattro piccole paludi lungo il Morbasco (Groppai.i
1999b) e l'inizio della realizzazione del "Bosco Arvedi" presso
Cavatigozzi (per circa 15.000 mq) e del "Bosco-filtro "del termo
combustore.
Tale modello - se confermato anche nel futuro - potrà por
tare ad alcuni interessanti nuclei di vegetazione ricostruiti o
ben conservati (anche se in parte sottoposti a forte frequenta
zione o prossimi a elementi disturbanti a livello ambientale)
che, tuttavia, rimarranno separati tra loro a causa dell'interru
zione della trama dei l'ilari e delle siepi, che dovrebbero invece
costituire gli elementi connettivi minori, ma indispensabili,
delle reti ecologiche di pianura.
60
GROPPALI R., 1985 - Indagine ecologico-naturalistica,in: "Parco del
ìDiiogratia
l>() . sluc|j e proposte", Comune di Cremona, Assessorato
all'Urbanistica di piano. Cremona: 63-202.
Groppali R.. 1989 - Check-list degli uccelli del Morbasco (pro
vincia di Cremona), Pianura, 2 ( 1988): 65-67.
Groppali R., 1990 - Distruzione di elementi naturalistici e pae
saggistici nella Valpadana interna : l'esempio di Cremona negli
anni dal 1980 al 1989,Monti e boschi, 6: 14-16.
Groppai.i R., 1993 - Breeding birds in traditional tree rows and
hedges in the centrai Po Valley. in: "Ecology and agroecosystems", Lewis. Boca Raton (Florida): 153-158.
Groppai.i R., 1994 - Uccelli svernanti in filari e siepi di tipo tradi
zionale nella Valpadana centrale, in: "Atti del VI Convegno italia
no di ornitologia (l'orino. 1991)". Museo regionale di Scienze
naturali.'Forino: 473-474.
Groppali R., 1995 - // Morbasco .guida storico-naturalistica,
Turris, Cremona: 83-112.
Groppali R.. 1999a - Siepi, filari e biodiversità nella Valpadana
interna : l'esempio di Cremona tra 1980 e 1997, Monti e boschi,
2: 19-23-
Groppali R., 1999b - // verde a Cremona : un modello in pro
gresso. Comune di Oc-mona, Cremona.
Groppali R., 2000 -Avifauna in tre arce con differente dotazione
arborea (filare, arboricoltura e lembo boscato) presso Cremona
nel corso di un -anno. Pianura. 12:89-1 16.
Il patii M.F. 1995 - Identification of threatened species in
Europe, Boll. Mas. Stor. nat. Lunigiana, 9: 55-58.
Lack P, 1992 - Birds on lowlandfariris, HMSO, London: 12-36.
O'CoNNOR R.J. & Suri bb M.. 1986 - Parmiiig and birds,
Cambridge University Press, Cambridge (UK).
Pi'isn-R H.P.,Naef B. & Bi.um H., 1986 - Qualitative uncl quantitative
bezichungen zvvischcn heckenvorkommen im Kanton Thurgau
uncl ausgevvàhlten heckenbrùtern : Neunlòter, Goldammer,
Dorngrasmùcke, Mònchgrasmùcke und Gartengrasmùcke,
Ornithol. Beob.. 83: 7-34.
PiIRONEN J.jTtainen J.,PakkalaT. & Ylimai'M'J., 1985 - Suomen pel-
tolinnut 1984, Lintumies, 20: 126-138.
PoiTS G.R., 1980 -The effects of modem agriculture, nest preci alion and game management on the population ecology of
Partridges (Perdix perdix and A/ectoris rttfa),Adv. P.col. Res., 1:
1-82.
SchlApfer A.. 1988 - Populationsokologic dcr Feldlerche Alauda
arvensis in dcr intensiv gcnutzen agrarlanschaft. Ornithol.
Beob., 85:309-371.
Tt'CKi-R (ì.M., 1989 -The winter farmland hedgerow survey : a
preliminary report, BTO News, 164: 14-15.
61
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 63-75
Siepi e filari nella Rete ecologica
provinciale di Cremona
Riccardo Groppali *
Riassunto
Sumniary
Viene presentata la Rete ecologica provinciale di Cremona,
per valutare l'importanza di siepi e filari nel collegamento tra
elementi di maggior importanza (fiumi e loro sponde, grandi
aree boscate, scarpate alberate). I corridoi ecologici di progetto
sono accompagnati da aree di potenziamento, costituite da
agroecosistemi ben conservati: al proposito viene dimostrato
che le aree migliori per la fauna sono costituite da coltivi ricchi
di siepi, filari e corsi d'acqua. Vengono anche presentate propo
ste per il recupero di elementi artificiali e di periferie urbane, e
casi di studio rappresentativi dell'intero territorio provinciale.
Ecologica! network of the province of Cremona is presented, in order to evaluate the importance of hedges and tree
rows in connecting elements ofhigher importance (rivers and
their banks. wood/ands, woodeci slopes). The projecled ecolo-
gicul corridors are accompanied by "strengtheniiig areas".
coitsisling of well preserved agroecosystems: on this subject is
demoiistraled thal the bestfaiinai places arefie/ds rich in hed
ges, tree rows and water cotirses. Proposals about recovery of
arlificial elements and urban peripheries, and case studies
representing the tvho/e territory of the province are a/so presented.
Introduzione
Fino a un passato piuttosto recente non esisteva di fatto il
problema dell'isolamento tra loro di ambienti in buone condi
zioni di conservazione, in quanto ogni territorio ospitava una
* Università di Pavia. Dipartimento di neologia del territorio. Laboratorio di
Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio li - I2" 100 Pavia. li-mail: groppaIi«"et.unipv.it
63
fitta rete di elementi minori che li collegavano con sufficiente
continuità spaziale; inoltre quasi tutte le soluzioni di continuità
erano facilmente valicabili da gran parte delle specie viventi. Dal
più recente ulteriore progresso deli'antropizzazionc del paesag
gio è invece derivata - in territori sempre più vasti - la difficoltà
di scambio tra gli esseri viventi nei residui clementi naturaliformi,ormai circondati da distese sempre più vaste - e quindi quasi
invalicabili - di ambienti inospitali (Reti ecologiche ... 1999;
Mader 1984; Scoccianti & Ferri 2000).
Per questo motivo è diventato necessario e urgente ipotizza
re la conservazione e/o la creazione di una serie di corridoi eco
logici, collegali tra loro a formare reti ecologiche, che mettano e
mantengano in comunicazione le aree meglio conservate e gli
altri ambienti, seppur di minor pregio, presenti in vasti territori
(Malcev seni et al. 1996). La frammentazione degli habitat costi
tuisce, infatti, una minaccia diretta per la sopravvivenza di nume
rose specie e ne provoca spesso l'estinzione locale, preliminare
a quella totale.
E però ovvio che nessun corridoio ecologico può essere
adatto in ugual misura al transito e alla sosta di tutte le specie
presenti e cit) comporta precise scelte progettuali iniziali
(Recupero ... 2001): l'attenzione deve quindi essere focalizzala
sulle specie più importanti dal punto di vista conservazionisiico, ivi inclusa la fauna invertebrata (New 1995). Nel tentativo
però di ottimizzarne la progettazione e la successiva realizzazio
ne i corridoi ecologici dovrebbero poggiare quanto meno sui
due elementi più importanti normalmente presenti in aree for
temente antropizzate, cioè i corpi idrici a basso grado di conta
minazione e le fasce o i nuclei arboreo-arbustivi incolti.
Intervenendo infatti di preferenza - nelle aree maggiormente
antropizzate - su corpi idrici e sulle loro sponde è possibile con
tenere in modo sensibile i costi di realizzazione della Rete eco
logica; inoltre la mancanza di interruzioni da parte di eventuali
manufatti, da cui sono in genere scavalcali, lascia libero transito
almeno alle specie legate all'ambiente idrico.Addirittura in molti
casi non si rendono necessari interventi di alcun tipo, mentre in
altri possono bastare modifiche di poco conto. Inoltre corpi idri
ci con sponde sufficienicmente ben conservate, non alterate in
modo significativo dal manufatto che Je sovrappassa, possono
rispondere contemporaneamente alle esigenze - altrimenti
inconciliabili - di numerose specie terrestri e acquatiche di inte
resse naturalistico.
Classificazione
dei corridoi ecologici
È necessario, anche allo scopo di programmare le priorità
operative nella realizzazione delle reti ecologiche, classificarne
in modo funzionale gli clementi costituenti. Un esempio può
64
essere tratto dal progetto di Rete ecologica redatto per la pro
vincia di Cremona, i cui corridoi ecologici sono stati classificati
nel modo seguente, allo scopo di costituire un'efficace trama
estesa su tutto il territorio provinciale:
- corridoi primari: costituiti dai fiumi, dai corpi idrici maggio
ri e dalle loro sponde, oppure in un numero ridotto di casi (limi
tati alle scarpate dei terrazzi morfologici delle valli fluviali e ai
lembi boscati nelle golene aperte dei fiumi) da aree buscate
prive di clementi idrici;
- corridoi di collegamento: costituiti da corpi idrici di dimen
sioni medie o piccole (in questo caso comunicanti però diretta
mente con corridoi primari) insieme alle loro sponde, nonché
dalle scarpate di terrazzi morfologici minori;
- corridoi di completamento: costituiti da corpi idrici di picco
le dimensioni (preferibilmente con percorso non modificato nel
corso degli ultimi decenni, come rilevabile dal confronto tra car
tografie con differente datazione) e dalle loro sponde, con anda
mento atto al collegamento tra corridoi di categoria più elevata.
Non sono invece stati inclusi - se non eccezionalmente e solo
allo scopo di •chiudere'' alcuni punti della Rete - i tratti alberati
e cespugliati limitrofi a strade di grande comunicazione oppure
a linee ferroviarie, in quanto elementi di rischio per la fauna
transitante (Malcevsciii et al. 1996), oltre che poco ospitali per
numerose specie animali poco confidenti nei confronti dell'uo
mo (Dinetti 2000; Groppali 2001; Reijnen & Foppen 1995). Altri
elementi che di norma sono stati esclusi sono i canali irrigui con
alveo impermeabilizzato, sponde inospitali per la fauna e assog
gettamento ad asciutte frequenti e prolungate in grado di elimi
nare tutte le specie acquatiche.
La trama dei corridoi ecologici nel territorio provinciale cre
monese non è ovviamente uniforme. Infimi, in aree limitrofe a
grandi strade oppure prossime ai centri abitati maggiori, le inter
ruzioni derivanti dai manufatti sono molto concentrate e in ter
ritori ad agricoltura intensiva, con campi di grande superficie,gli
elementi di pregio ambientale sono estremamente scarsi e dilui
ti. Negli ambienti prossimi alle aree meglio conservate, invece,
(in genere aree protette come parchi regionali) e in zone con
grande ricchezza di acque superficiali, la trama dei collegamen
ti è molto fitta: la definizione dei corridoi ecologici è stata quin
di determinata direttamente dalla residua presenza di elementi
di pregio paesaggistico-ambicntale.
Ai corridoi sono state poi aggiunte le aree di potenzia
mento - nelle quali andranno attuate di preferenza operazioni di
salvaguardia e ricostruzione ambientale, magari anche sempli
cemente limitate a siepi/filari perimetrali oppure a rimboschi
menti per set-aside - allo scopo di ampliare gli spazi disponibili
per le specie in transito lungo i corridoi.
65
Serbatoi biologici
e corridoi primari
Elementi fondamentali nella definizione di ogni rete, i serba
toi biologici costituiscono la riserva principale e il punto di irra
diamento della fauna che, attraverso i corridoi ecologici, potrà
arricchire gli ambienti isolati o ricostruiti.
Nella provincia di Cremona i maggiori serbatoi biologici
sono costituiti dagli ambiti circostanti i fiumi e dalle sponde dei
corpi idrici meglio conservati, purché collegati ai fiumi più
importanti e alle aree limitrofe - spesso ospitanti zone umide e
boscate di differente tipologia - tutti inclusi nella categoria dei
corridoi primari e per lo più protetti come parchi regionali.
Gli interventi necessari sono quindi costituiti dal ricollega
mento - principalmente lungo le sponde o a breve distanza da
queste - degli elementi residui tra loro, per garantire una suffi
ciente continuità spaziale tra gli ambienti ben conservati.
Aree boscate
di primario interesse
In alcuni casi tratti boscati o zone umide e boscate di pregio
elevato sono risultati privi di collegamenti diretti (che andreb
bero comunque rapidamente costituiti) con altre aree ben con
servate: per questo motivo - mancando oggi una continuità spa
ziale tra i serbatoi biologici e i corridoi primari - è sembrato
opportuno creare una categoria apposita per tali ambienti, che
sono distribuiti in tutto il territorio provinciale cremonese, sep
pure con maggior frequenza in prossimità dei fiumi maggiori.
La gestione di tali aree, principalmente protezionistica,
dovrebbe includere, ove necessario, forme di ricostituzione-
ambientale basate sull'imitazione dei popolamenti vegetali rima
sti nelle zone limitrofe e operata tramite tecniche di rimboschi
mento naturalistico. Alcune di queste realizzazioni, che potreb
bero essere prese a modello per lavori futuri, sono state recen
temente concluse e altre sono in fase di progettazione in svaria
ti territori acquisiti dai Comuni nella golena del Po.
Corridoi ecologici
di collegamento e
di completamento
Suddivisi, in base alla loro importanza (attuale e progettuale),
in corridoi di collegamento e in corridoi di completamento, una
volta realizzati con parziali ricostituzioni permetterebbero di
infittire in modo sufficiente la trama della Rete ecologica pro
vinciale, mettendo in contatto tra loro tutti gli ambienti ben con
servati e permettendo ai serbatoi biologici di svolgere piena
mente le loro funzioni.
I corridoi di collegamento individuati nell'ambito della pro
vincia di Cremona sono nella quasi totalità dei casi elementi
compositi, costituiti da corpi idrici con la loro vegetazione spen
dale ed eventualmente emergente.
I corridoi di completamento sono, invece, molto piti spesso
costituiti semplicemente da elementi lineari con dotazione d'ac-
66
qua solo temporanea, trattandosi nella gran parte dei casi di
rogge o coli minori, utilizzati durante il periodo irriguo e poi
lasciati asciutti per il resto dell'anno. Il primo intervento perciò
- nonostante l'effettiva complessità pratica - dovrebbe consiste
re nel contenimento dei periodi di asciutta, per limitarne gli
effetti nefasti sui popolamenti floro-faunistici. Inoltre, e in parti
colare per quanto riguarda gli elementi di dimensioni minori,
andrebbe rapidamente ricostituita la continuità della vegetazio
ne arboreo-arbustiva spondale (almeno su una delle due rive,
per consentire le operazioni di pulizia meccanica).Tale scelta è
stata fatta recentemente, per esempio, lungo il colatore
Morbasco, nel territorio comunale di Cremona, dove le necessa
rie operazioni di risagomatura del fondo (attuate dal Genio civi
le) sono state eseguite con macchine operanti da una sola delle
rive, evitando alterazioni su ciucila opposta.
In particolare per le nuove piantagioni può essere suggerita
una composizione arborea mista che contempli sia specie a rapi
da crescita (come pioppo bianco, pioppo nero e salice bianco)
sia specie a crescita più lenta (come l'arnia, carpino bianco nella
fascia dei fontanili e acero campestre). Ciò permetterebbe di
ottenere celermente un buon risultato: consentirebbe, infatti, un
rapido taglio produttivo delle prime, mentre le seconde rag
giungono la maturazione; i cespugli, inizialmente piantati ricor
rendo a specie differenti, si arricchiranno poi spontaneamente tramite disseminazione naturale - con le essenze presenti nelle
aree circostanti (Groppali 1992). Nel caso invece di filari arborei
monospecifici andrà effettuato un progressivo arricchimento,
soprattutto con arbusti, ricorrendo eventualmente a tagli non
contemporanei e a opportune piantagioni (Groppali 1992). Nel
caso infine di sieponi costituiti da essenze arboree ceduate, è
possibile - nel corso di tale operazione periodica - effettuare il
taglio a sterzo su alcuni esemplari per favorirne la crescita ad
alto fusto - ottenendo così rapidamente una siepe con struttura
mista arboreo-arbustiva - e inserire, anche in questo caso, nuove
essenze per incrementare la varietà specifica (Groppali 1992).
Conservazione e
valorizzazione di
elementi artificiali:
fontanili e cave allagate
Di grande importanza paesaggistica e naturalistica (anche
come rifugi per varie specie minacciate e particolarmente esi
genti in fatto di qualità dell'acqua), i primi tratti dei fontanili teste e porzioni iniziali delle aste - dovrebbero essere gestiti in
modo da conservare le loro caratteristiche, attuando spurghi
periodici e conservando la vegetazione spondale.
Ormai abbondantemente diffuse in varie zone del territorio
provinciale, le cave a lago offrono interessanti possibilità di
recupero naturalistico-ambientale, che risulta tanto più facile
citiamo più ridotta è la granulometria del materiale estratto. Uno
6-
dei fattori limitanti la presenza di una fascia riparia di vegetazio
ne acquatica emergente è costituito da escursioni troppo forti
del livello idrico - cioè prossime o superiori ai due metri - comespesso accade con substrati di pezzatura grossolana.
Gli interventi necessari al recupero ambientale consistono
principalmente nell'addolcimento e nella sagomatura delle
sponde e del tratto sommerso più prossimo alla riva oltre che
alla loro piantagione. Se è poi possibile ottenere un andamento
irregolare delle rive, mantenere setti parziali o totali e uno o più
affioramenti (isole) all'interno dei laghi la naturalizzazione riu
scirà sicuramente migliore.
La scelta delle essenze arboree e arbustive va. anche in que
sto caso, effettuala basandosi sulle essenze presenti nelle zone
umide (naturali o naturalizzate) dei dintorni; gli alberi vanno col
locati prevalentemente presso gli specchi d'acqua di grande
estensione mentre gli arbusti, allo scopo di facilitare arrivo e
involo di avifauna acquatica, presso quelli piccoli.
Aree di potenziamento
Un'importante novità presente nel progetto di Rete eco-
1()gica ddla provincia di Cremona è costituita dalla definizio
ne e localizzazione cartografica di una serie di aree di poten
ziamento (circa 1.100) destinate a subire - pur mantenendo
le loro caratteristiche di ambienti coltivati - alcune contenu
te modificazioni migliorative allo scopo di incrementare il
numero delle aree adatte a ospitare una sufficiente varietà
biologica, costituendo così - insieme ai corridoi ecologici e ai
serbatoi biologici - un ecomosaico ben strutturato e con ele
vata biodiversità.
In questa prima definizione generale non è stato, ovviamen
te, possibile giungere a una localizzazione perfetta, che com
prendesse cioè una valutazione sul territorio di ogni singolo
caso: si è trattato, infatti, semplicemente di operare una prima
individuazione, necessaria al completamento dell'ecomosaico
costituito dalla rete di corridoi ecologici di differente tipologia.
Un'indicazione sulle modificazioni strutturali proponibili
per le zone definite come aree di potenziamento può essere for
nita dalla valutazione ornitologica - riguardante il numero di
specie e di esemplari - di territori della Valpadana interna che
hanno la medesima ampiezza ma differenti caratteristiche
ambientali (Groppali 199la, 199Ih. 1993, 1994a, 1994b, 1995,
1996, in corso di stampa).
Le indagini sopra citate - costituite da escursioni con cadenza
mensile per l'intero corso di un anno - prevedono la classificazio
ne e il conteggio completo delle presenze ornitiche in aree ampie
al massimo 0.25 km2 e dotate delle seguenti caratteristiche:
68
1) Cadellora, presso Stagno Lombardo (CR): 0,25 km2 di coltivi
vari con 1.822 m di filari e siepi distribuiti in modo uniforme e
13 alberi isolati;
2) Gambara, presso Cremona: 0,25 km2 di coltivi vari con 200 m
di filari arborei. 120 di siepe fìtta e 240 molto rada e con corpi
idrici per 800 m complessivi;
3) combustore, presso Cremona: 0.25 km2 di coltivi vari con
lembo boscato di 500 m2. incolto di 100 m2 e filare di 400 m:
4) laghetto artificiale alla Cassinazza di Baselica (Giussago, PV):
circa 7 ha di superfìcie per una profondità massima di 180 cm,
con isolotti a differente copertura vegetale e in area esclusa dal
l'attività venatoria;
5) risaia permanente in set-aside alla Cassinazza di Baselica:
circa 5 ha di superfìcie per una profondità massima di 30 cm,
con asciutta estiva quasi completa e presenza costante di affio
ramenti fangosi e inerbati, in area esclusa dall'attività venatoria;
6) presso S. Pietro in Cerro (PC): 0,25 km2 di coltivi vari con 685
m di siepi e filari ben distribuiti;
7) prato umido in set-aside alla Cassinazza di Baselica: circa 7 ha
di superficie con ampio corso idrico artificiale interno meandreggiante profondo al massimo 30 cm, in area esclusa dall'atti
vità venatoria;
8) Farfengo, presso Cremona: 0.25 km2 di recente impianto
come set-uside con arboricoltura mista da legno;
9) Brancere. presso Slagno Lombardo: 0,25 km2 di coltivi vari
con 56 m di siepe e 7 cespugli isolati;
10) presso S.Pietro in Cerro: 0.25 km2 di coltivi vari con 685 m
di siepe parzialmente alberata in unica formazione;
11) risaia permanente in set-aside alla Cassinazza di Baselica:
circa 3 ha di superficie per una profondila massima di 30 cm,
con livello idrico costante per tutto l'anno e ricchezza di lentic
chia d'acqua (I.einna minor), in area esclusa dall'attività vena
toria;
12) marcila classica ad ali presso Zagonara di Belgioioso (PV):
circa 10 ha di superficie e presenza d'acqua, in superficie e nei
coli di alimentazione e ripiglio, tra ottobre e febbraio;
13) prato stabile presso Zagonara di Belgioioso: circa 4 ha di
superficie;
14) presso S. Pietro in Cerro: 0,25 km2 di coltivi vari con com
pleta assenza di vegetazione legnosa.
I dati - numero di specie e di esemplari osservali posati o
in sorvolo basso - sono riportati nella seguente tabella rias
suntiva, che può dare interessanti indicazioni, più chiaramen
te interpretabili osservando la ricchezza specifica, cioè il dato
fondamentale per quanto riguarda la biodiversità nelle aree
poste a confronto:
69
aree di studio
numero di specie
numero di esemplari
1
52
2.456
2
41
498
3
39
394
4
35
956
5
1.446
6
33
32
7
31
335
8
28
31"
9
26
517
10
25
431
11
19
1.525
12
19
437
13
17
285
li
13
182
666
Risulta dunque evidente come - a parte fattori che rendono
la valutazione più complessa, come l'incidenza del disturbo
venatorio, sopratiutto sulla quantità di esemplari potenzialmen
te presenti, in particolare, negli ambienti umidi - gli elementi in
grado di fornire una maggior varietà e ricchezza ornitica siano
costituiti da filari-siepi abbondanti e ben distribuiti e corpi idri
ci superficiali, anche artificiali (Lack 1992). Le aree di potenzia
mento dovrebbero quindi essere dotate della maggior quantità
possibile di tali presenze, poste ai loro margini, mentre le aree
interne potrebbero essere coltivale secondo i normali modelli
gestionali.
Le ipotesi di ricostituzione e/o conservazione di marcite e
zone umide artificiali andrebbero invece viste soprattutto nel
l'ottica di miglioramento e variazione dell'ecomosaico in aree
più vaste, meglio se escluse dalla normale attività venatoria,
quindi potrebbero localizzarsi, di preferenza, nelle aree di poten
ziamento dei corridoi primari e di collegamento.
A proposito dell'attività venatoria, infine, sarebbe necessa
rio che la pianificazione provinciale delle aree interdette alla
caccia includesse il maggior numero possibile di serbatoi bio
logici e di corridoi ecologici, utilizzando almeno parte delle
risorse destinate per legge alla ricostruzione ambientale ai fini
di un miglioramento.
Standard urbanistici
e naturalizzazione
delle aree interstiziali
70
Ulteriore miglioramento della Rete ecologica della provincia
di Cremona potrebbe derivare, nelle aree incluse nelle porzioni
esterne delle periferie urbane, dalla destinazione naturalistica
degli standard urbanistici non utilizzali dai Comuni. Infatti in
ogni insediamento, al confine tra ambito edificato e periferia
esterna, sono presenti numerose aree abbandonate dall'agricol
tura produttiva (e magari utilizzate da agricoltori part-time o per
orli abusivi) e non edilìcabili in base ai vigenti strumenti piani
ficatori: anzi nella maggior parte dei casi si tratta di territori dive
nuti di proprietà pubblica in seguito alla cessione di standard
urbanistici derivanti dalla costruzione di nuovi insediamenti. Si
tratta sempre di zone soggette a rischio elevato di occupazione
- che solo apparentemente può sembrare provvisoria - da partedi attività che necessitano di ampi spazi a costo ridotto, pur
troppo quasi sempre problematiche e disturbanti.
Per molle di queste aree è stata ipotizzata la trasformazione
in parchi pubblici oppure in parcheggi che. data la loro ubica
zione, non risultano essere necessari alla collettività; inoltre
sovente le Amministrazioni proprietarie non dispongono dei
fondi necessari per la realizzazione di questi progetti e, soprat
tutto, per la successiva gestione e manutenzione. Invece è pro
prio in queste zone, se ben utilizzate per finalità collettive, che
si gioca una parte non indifferente della qualità urbana dei quar
tieri periferici.
Interventi di impianto naturalistico, utilizzando direttamente
o indirettamente - ad esempio tramite concessione temporanea
a Consorzi - fondi comunitari per il set-aside, possono contri
buire a migliorare in modo significativo oltre che l'ambiente
urbano anche la rete provinciale, tra l'altro proprio in territori
nei quali compromissione ambientale e interruzioni dei corridoi
ecologici sono massime.
Casi di studio
Per completare le indagini, finalizzate a proporre ipotesi pra
tiche e operative, sono stati scelti (anche sulla scorta di indica
zioni fornite dall'Amministrazione provinciale) 8 casi di studio,
ciascuno dei quali costituito da un territorio di 4 km2, collocati
in arce dalle differenti caratteristiche del territorio della provin
cia di Cremona.
Le aree scelte in quanto rappresentative della complessa
realtà territoriale provinciale sono le seguenti:
1) fontanili presso Farinate (comuni di Capralba, Pieranica,
Quintane)), territorio coltivato in prevalenza a prato ricco di
teste e aste di fontanile;
2) Serio presso i Salenti di Crema (comuni di Crema,
Pianengo, Ricengo), arca attraversata dal fiume con tracce di
scarpate del terrazzo morfologico e grandi cave a lago attive:
3) Adda e coste boscate presso Persia (comuni di Casaletto
Cereciano. Crederà Rubbiano), area attraversala dal fiume con val-
lecole boscate collegate alla scarpata del terrazzo morfologico;
4) Serio Morto al Cantoncello (comuni di (/appella Cantone,
S. Bassano. Pizzigheltonc). area attraversata dal fiume rettificato
71
con residui impaludati del precedente tracciato e lembi boscati
e tratti di scarpata del terrazzo morfologico e cave in asciutta
attive;
5) Tredici Ponti presso Genivolta (comuni di Gcnivolta.
Soresina), territorio attraversato da un fascio di corpi idrici di
differenti dimensioni con sponde alberate:
6) Oglio e Mella presso Gabbioncta (comuni di GabbionctaBinanuova, Ostiano), area attraversata da due fiumi e con inte
ressanti residui di zone umide di origine sia naturale sia artifi
ciale e tratti di scarpata del terrazzo morfologico:
7) Po e golena al Bosco di Neva (comuni di Torricella del
Pizzo. Gussola). territorio di golena aperta e chiusa in riva al
fiume, occupato in massima parte da pioppeti razionali, con
alcuni bodri e residui di escavazioni;
8) campagna presso Breda Azzolini (comune di Rivarolo del
Re e Uniti), area agricola priva di elementi naturaliformi e con
scarsa presenza di corpi idrici e alberature.
Per ogni area scelta sono state eseguite le seguenti elabora
zioni cartografiche, una delle quali è costituita semplicemente
dal particolare della cartografia di progetto della Rete ecologica
della provincia di Cremona, tutte in scala 1:10.000:
- stato di fatto della Rete ecologica;
- proposta conservativa per la Rete ecologica provinciale:
- proposta migliorativa per la Rete ecologica provinciale.
Lo stato di fatto deriva dal sopralluogo di ciascuna delle
aree-campione, che ha permesso di rilevare la presenza di albe
ri-arbusti organizzati in siepi-filari e degli ambienti in condizioni
di conservazione almeno discrete. Sono quindi stati individuati i
serbatoi-corridoi portanti, ciucili di supporto e gli elementi di
completamento che hanno permesso di delimitare a livello car
tografico le fasce di transito della fauna (divise in primaria e
secondaria). L'individuazione delle l'asce di maggior pregio si è
basata sul fatto che - sicuramente per l'avifauna e con ogni pro
babilità anche per la maggior parte della fauna non acquatica
della pianura - la dotazione minima di siepi-filari all'interno di
coltivazioni intensive non può essere inferiore a 60-80 m/ha per
garantire una sufficiente biodiversità (Lack 1992) e valide possi
bilità di transito: i tratti con tale dotazione minima, distribuita
con sufficiente continuità lungo i corpi idrici e di qualità alme
no discreta, sono stati classificati come fasce primarie e nella
medesima categoria sono stati inclusi tratti boscati di terrazzo
morfologico caratterizzati da lunghezza e continuità sufficienti.
Dove invece le siepi-filari sono presenti, con distribuzione spa
ziale anche parzialmente frammentata lungo i corpi idrici e con
densità territoriale e qualità inferiore, sono state individuate le
fasce secondarie. Nella definizione cartografica delle fasce sono
stati seguiti ove possibile i confini tra i campi per includere
"2
anche alcuni coli-fossi la cui presenza può contribuire ad arric
chire l'ecomosaico; ciò ha comportato, in alcuni casi, contenuti
ampliamenti delle fasce.
La proposta conservativa deriva invece dall'assemblaggio
e dal confronto operativo tra la prima definizione della Rete eco
logica provinciale e quanto rilevato nel corso dei sopralluoghi:
in questo modo si può ipotizzare di ottenere la salvaguardia
degli elementi residui meglio conservati e il loro collegamento
con ambienti limitrofi caratterizzati anch'essi da un buono stato
di conservazione. In alcuni casi - per ambienti ben conservati e
ospitanti un buon numero di siepi-filari lungo i corpi idrici - si è
verificato che la quantità di corridoi proposti fosse inferiore a
quanto attualmente presente: i corridoi proposti vanno quindi
valutati come di l'atto irrinunciabili, mentre quanto non indicato
può sicuramente essere considerato importante elemento di
supporto di grande utilità. Gli elementi cartografati sono divisi
(in ordine decrescente di importanza) in serbatoi-corridoi por
tanti, corridoi-serbatoi di supporto ed elementi di completa
mento. Oltre ai serbatoi e corridoi proposti vengono anche ipo
tizzate arce che sarebbe opportuno dedicare ad agricoltura
estensiva (prati o imboschimenti) oppure a normali coltivi - cir
condati però interamente da siepi-filari - oppure ancora al setaside di qualsiasi tipologia.
'l'ale situazione può verificarsi anche nella cartografìa riferita
alla proposta migliorativa così definita in quanto prende in
considerazione soluzioni in grado di implementare la biodiversità di aree anche estese; sono proposti, a tale scopo, tratti nei
quali si ipotizza di localizzare modelli di set-aside naturalistico con creazione di aree boscate - oppure ridotte escavazioni fina
lizzate alla creazione di zone umide con sponde boscate. Per
quanto riguarda invece le altre proposte, oltre ai serbatoi biolo
gici e ai corridoi ecologici, si tratta di aree ad agricoltura esten
siva circondate da siepi-filari.
Oltre alle proposte qui presentate, ma sempre allo scopo di
contribuire alla realizzazione della Rete ecologica provinciale,
nelle zone a cerealicoltura andrebbero inoltre individuati - prin
cipalmente sulla base delle caratteristiche pedologiche - coltivi
nei quali mantenere le stoppie per l'intera durata dell'inverno,
rimandando l'aratura alla primavera successiva al raccolto, even
tualmente anche a rotazione, in modo da garantire un adeguato
rifornimento alimentare a numerose specie stanziali o svernanti
nel nostro territorio.
73
Bibliografia
Dinetti M., 2000 - Infrastrutture ecologiche, Il verde editoria
le, Milano: 43-66.
Groppali R., 199la -Avifauna di una marcita e di una risaia
limitrofe presso Belgioioso (Pavia) nel corso di un anno.
Ficus, 17 (3): 141-148.
Groppali R., 199Ih -Avifauna nidificante in due aree padane
ad agricoltura intensiva : confronto tra un ambiente con filari
e siepi e uno privo di tale dotazione in provincia di Cremona.
in: "Atti del V Convegno italiano di ornitologia (Bracciano,
1989)": 173-179.
Groppali R., 1992 - La risorsa paesaggistica, la sua conserva
zione e il suo miglioramento, in:"Vescovato e la pianura inter
na cremonese",Turris, Cremona: 131-142.
Groppai.i R., 1993 - Brecding birds In traditional tree rows and
hedges in the centrai Po Valley, in: "Ecology and agroecosystems", Lewis, Boca Raton (Florida): 153-158.
Groppali R., 1994a -Avifauna di una marcita e di un prato sta
bile presso Belgioioso (Pavia) nel corso di un anno, Picus, 20
(1): 15-18.
Groppali R., 1994b - Uccelli svernanti in filari e siepi di tipo
tradizionale nella Valpadana centrale, in:"Atti del VI Convegno
italiano di ornitologia (Torino, 1991)", Museo regionale di
Scienze naturali, Torino: 473-474.
Groppali R., 1995 -Avifauna svernante e presenza di alberi e
arbusti negli agroecosistemi della Padania centrale,Quad.Stn.
Eco/. Civ. Mas. Stor. nat. Ferrara, 9: 305-312.
Groppali R., 1996 -Avifauna di agroecosistemi con differente
dotazione arboreo-arbustiva nella pianura emiliana nel corso
di un anno,Pianura, 8:117-122.
Groppali R., 2001 -Autostrade e avifauna,Avocetta, 25: 116.
Groppali R., in corso di stampa - Avifauna, biodiversità e setaside con ambienti umidi nella Valle Padana interna : l'esem
pio dell'Azienda Cassinazza di Baselica (Giussago - Pavia).
Lack P, 1992 - Birds on lowland farms, HMSO, London.
Mader FI.-J., 1984 -Animai habitat isolation by roads and agricultural fìelds, Biol. Cons., 29: 81-96.
Mai.cevschi S., Bisogni LG. &. Gariboi.di A., 1996 - Reti ecologi
che ed interventi di miglioramento ambientale, Il verde edi
toriale, Milano.
New T.R., 1995 - An inlroduction to invertebrate conserva-
tion biology, Oxford University Press, New York.
Recupero e gestione ambientale della pianura : la rete eco
logica del Persicetano, 2001, a cura di A. Molisi, Centro
Agricoltura Ambiente, Crevalcore (BO).
Rei.inen R.& Foppen R., 1995 -The effeets of car traffic on bree-
74
cling bird populations in woodland. 4: Influence of population size on the reduction of density dose to a highway,/.
Appi. Eco/., 32: 481-491.
Reti ecologiche in aree urbanizzate, 1999, a cura di C.
Dimaggio e R. Ghiringhelli, FrancoAngeli, Milano.
Scoccianti C. & Ferri V, 2000 - Fauna selvatica e infrastruttu
re viarie, in: "Alti I Congresso nazionale della Societas
Ilerpetologica Italica (Forino, 1996)",Torino: 815-821.
75
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 77-84
Progetto "Aree di rifugio": studio
e ripristino delle siepi campestri
nella pianura bolognese
Roberto Ferrari *, Luca Boriani *, Marco Pozzati
Viene illustrato il progetto "Aree di rifugio ". attivo dal 1994
Riassunto
nei comuni della pianura bolognese. È stato evidenziato che le
siepi rappresentano un importante rifugio per molti insetti utili,
nel quale essi possono sostare e trovare nutrimento e riparo nei
periodi critici del loro ciclo biologico. In questo modo gli inset
ti utili possono rimanere nelle immediate vicinanze dei campi
coltivati, per poi spostarsi verso le colture nel momento in cui
queste saranno attaccate dai litofagi. Nell'ambito del progetto,
sono stati ripristinali, in quasi 500 aziende agricole, più di 80 km
di siepi, mettendo a dimora circa 134.000 piante.
Summary
A pian on the "Refitgè zones". which is in force in the com
min tes of the Bolognese più in silice 1994, is here ilItisirated.
The hedges are un importaliI refitgè for u lot of iiseful inseets;
they cun stop there finding nourishment and refuge during
the criticai moments of their biologie cycle. In this way the
itseful inseets con stay dose lo the fields under cultivation
and move then when the fichi are attacked by the
Philophagous. In the ambii of the pian, more Ihan 80 km of
hedges have been restored in about 500 famis. transplanting
about 134.000 trees.
Introduzione
Il paesaggio agrario della pianura bolognese è stato caratte
rizzato, fino a cinquantanni fa. dalla presenza di siepi, boschetti
e filari alberati che delimitavano i campi coltivati e assumevano
un ruolo non trascurabile nell'economia contadina.
* Centro Agricoltura Ambiente "Giorgio Nicoli', via di Mezzo Levante 2233 - I40014 Crevalcore (IH)). E-mail: iTcrrari" caa.it. www.caa.it
77
Tuttavia, negli ultimi decenni, l'avvento dell'agricoltura
intensiva ha determinato la graduale scomparsa degli spazi natu
rali dalle campagne e, di conseguenza, un'eccessiva semplifica
zione dell'agroecosistcma di pianura.
Soltanto in tempi recenti è stata evidenziata l'importanza degli
spazi naturali nell'incrementare la diversità biologica del territo
rio e mantenere la stabilità dell'ambiente agrario, migliorandolo
dal punto di vista ecologico ed economico. Da qui l'idea di favo
rire la creazione di "aree di rifugio" nelle campagne, ovvero di
spazi naturali (ad esempio siepi, boschetti e filari alberati) in
grado di consentire la sopravvivenza di una fauna e una flora sel
vatiche più ricche rispetto al territorio in cui si trovano inserite.
Il progetto
"Aree di rifugio"
Il progetto "Aree di rifugio", attivo dal 1994, è stato promos
so dall'Amministrazione provinciale di Bologna, con il sostegno
della locale Camera di commercio, industria, artigianato e agri
coltura ed è stato proposto a tutti i Comuni della pianura bolo
gnese.
Il ruolo di referente scientifico del progetto è stato garantito
dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie agroambientali
(Entomologia) dell'Università di Bologna, mentre le attività ope
rative e di coordinamento tecnico sono state svolte dal Centro
Agricoltura Ambiente di Crevalcore (BO).
Gli obiettivi proposti erano essenzialmente i seguenti:
- ricerca di dati, a livello locale, sui benefìci ottenibili per l'agri
coltura in seguito alla creazione, o al mantenimento, di spazi
naturali tra i campi coltivati;
- miglioramento dell'agroecosistema di pianura mediante il
ripristino di siepi e boschetti;
- sensibilizzazione e coinvolgimento di imprenditori agricoli e
amministrazioni pubbliche sui problemi della gestione territo
riale con finalità ambientali;
- promozione dei programmi agroambientali dell'Unione
Europea.
L'intero programma di lavoro è stato suddiviso in due parti,
portate avanti contemporaneamente nei diversi anni: la prima ha
riguardato lo studio dei benefìci ecologici ed agricoli connessi alle
aree di rifugio, la seconda, a carattere più operativo, ha riguardato
il ripristino di aree di rifugio all'interno delle aziende agricole.
Siepi e insetti utili
Gli studi condotti nell'ambito del progetto hanno evidenzia
to che le aziende provviste di siepi ben sviluppate e dall'elevata
complessità botanica risultano più ricche di enlomofauna utile
rispetto a quelle prive di siepi o con formazioni monofilari di
modeste dimensioni.
78
Siepi e boschetti si sono dimostrati non tanto siti di moltipli
cazione di insetti utili quanto, piuttosto, fondamentali "rifugi",
intendendo con questo termine ciuci particolari siti verso i quali
gli ausiliari convergono nei momenti più critici del loro ciclo
biologico, trovando cibo e riparo. Tra le specie vegetali pioppo
bianco, prugnolo, biancospino, ortica e stoppione si sono rivela
te particolarmente attrattive per gli insetti utili (Tab. 1).
Specie
Nome scientifico
Frequenza
Insetti utili
Piante arboree
Pioppo bianco
Ciliegio selvatico
Olmo campest re-
l'opltlllS (lll)CI
•
•
Prilli its a cilini
•
•
t Iiiitts minor
•
•
Salice bianco
Sali.x alba
•
•
Acero campestre
Acer campestri'
/•'raxiims oxycarpa
•
Morus uigra
Popitlits nigru var. italica
Robinia pseudoacacia
•
Crataegus monogyna
Priiiiiis spinosa
Uuonynuis enropaeits
Corylus a reticiuà
Coniits sanguinea
Pyrns pyrasler
Sambnctis nigra
•
•
•
•
•
•
•
•
frassino meridionale
(iclso nero
Pioppo cipressino
Robinia
•
•
•
•
Piante arbustive
Biancospino
Prugnolo
Fusaggine
Nocciolo
Sam>iiincllo
Pero selvatico
Sambuco nero
•
•
•
•
•
•
Piante erbacee
Bardana
Ari tiuni .spp.
Cardo elei lanaioli
Dipsacus fttlloiiiini
•
•
•
•
•
•
•
•
Carota selvatica
Daucus carota
•
Ortica
Urlila dioica
•
•
•
Romice
Rumex spp.
•
•
•
Stoppione
Cirsi ti m a ri ense
•
•
•
Amaranto
•
•
RadicchicIIa
A maraiilbns retro/lexits
Crepis spp.
•
•
Fnula
Inulti viscosa
•
•
Aspraggine volgare-
Pii i-is ed.)it>ides
•
Piantaggine minore
Plantago lanceolata
•
Saeppola canadese
Conyza canadensis
•
Tab. 1:frequenza di insetti utili osservata su alcune specie vegetali,erba
cee arbustive ed arboree, presenti nelle siepi della pianura bolognese.
. . . . . . - frequenza di insetti utili in senso decrescente.
Per i Coleotteri Coccinellidi.ad esempio, le siepi rappresentano
un rifugio importante specialmente nel periodo autunno-inverno.
L'autunno, infatti, costituisce un momento particolarmente diffi
cile per questi insetti costretti, in seguito alla raccolta delle col
ture erbacee, ad abbandonare i campi coltivati per spostarsi
verso siti adatti allo svernamento, rappresentati da siepi e
boschetti eventualmente presenti, dove gli adulti trovano riparo
79
sotto la corteccia degli alberi, nella lettiera di foglie, nel terreno
e, più in generale, nei luoghi asciutti. In mancanza di siti idonei,
le coccinelle tenderebbero a migrare verso ambienti più natura
lizzati, spostandosi anche di diversi chilometri e finendo per
allontanarsi dai campi.
All'inizio della primavera gli adulti, in caccia di prede, sono in
grado di spostarsi dagli spazi naturali a quelle colture agrarie,
come il frumento, che si infestano precocemente di alidi. Qui si
alimentano e si riproducono, dando vita alla prima generazione.
In seguito gli adulti neosfarfallati. all'avvicinarsi della mietitura, si
spostano sulle colture estive nel frattempo infestatesi di alidi,
come mais, cocomero e melone, con notevole vantaggio per la
difesa e un notevole risparmio di trattamenti insetticidi.
La "lotta naturale" contro gli alidi, su diverse colture quali
cocomero e frumento, è una strategia di difesa recepita da alcu
ni anni dai Disciplinari di Produzione Integrata della Regione
Emilia-Romagna e deve la sua efficacia a un delicato equilibrio
naturale che può essere mantenuto solo con la salvaguardia di
adeguate aree di rifugio per gli ausiliari.
Inoltre, nel periodo primaverile-cstivo, i litofagi che vivono
sulle piante spontanee, in genere appartenenti a specie diverse
da quelle che infestano le piante coltivate, permettono la soprav
vivenza delle coccinelle che, in mancanza di nutrimento sulle
colture, sono in grado di trovare prede alternative nella siepe,
sfuggendo anche ai trattamenti insetticidi.
Siepi e boschetti sono in grado di favorire anche i pronubi
selvatici presenti sul territorio, quali Imenotteri Apoidei (bombi
e api solitarie) e Ditteri Silfidi.Anche in questo caso aziende ric
che di spazi naturali hanno sempre evidenziato popolazioni di
pronubi più numerose e diversificate (come numero sia di spe
cie sia di individui) rispetto ad aziende che ne sono prive.
Inoltre, siepi ben sviluppate e provviste di un consistente strato
erbaceo hanno evidenziato popolazioni più ricche rispetto a
siepi più giovani e meno complesse. Lo strato erbaceo, in parti
colare, riveste un ruolo assai importante per i pronubi, special
mente nelle siepi di recente impianto, dove le piante arbustive
ed arboree sono ancora poco sviluppate.
In una zona sottoposta ad agricoltura intensiva gli spazi natu
rali residui possono ospitare lino al 90% delle piante nettarifere
superstiti. Questa elevata complessità botanica garantisce una
costante presenza di fioriture diversificate, in grado di assicurare
ai pronubi una continua fornitura di nettare e polline per tutta la
stagione di attività e, specialmente, nei periodi in cui le piantecoltivate non sono in fiore. Osservazioni effettuate in siepi di pia
nura hanno permesso di identificare una trentina di specie arbustivo-arboree e più di 100 specie erbacee frequentate regolar
mente dai pronubi tra l'inizio di marzo e la fine di ottobre.
80
ìì stato inoltre studiato il ruolo degli spazi naturali nel conte
Siepi e metcalfa
nimento naturale di Metcalfa pruinosa, insetto litofago di origi
ne americana dannoso alle colture frutticole e ornamentali.
Innanzitutto è stato osservato che l'abbondante melata pro
dotta dall'insetto (causa dei principali problemi per le colture
infestate) rappresenta, comunque, un'importante fonte di cibo
per gli insetti pronubi, specialmente nei periodi di scarsa presen
za di fiori nettariferi. e per i numerosi entomofagi (predatori e
parassitoidi) che da adulti si nutrono di sostanze zuccherine (ad
es.: Neurolteri Crisopidi, Ditteri Sirfìdi e Imenotteri Braconidi).
Nei nostri ambienti non sono presenti nemici naturali speci
fici di M. pruinosa, anche se svariate specie d'insetti presenti
nella siepe (ad es.: larve e adulti di Coleotteri Coccinellidi) pos
sono preclare le forme giovanili del litofago, senza tuttavia osta
colarne efficacemente la diffusione. Pertanto è stata studiata la
possibilità di effettuare interventi di lotta biologica mediante
lanci
inoculativi
dell'Imenottero
Driinide
parassitoide
Neodryinus typhlocybae, anch'esso di origine americana, attual
mente oggetto di allevamento presso il Bioplanet di Cesena.
Nell'ambito del progetto "Aree di rifugio', il parassitoide è
stato introdotto in siepi situate nei comuni di S. Giovanni in
Persiceto e Crevalcore, al fine di verificarne l'efficacia e la capa
cità di diffusione in un territorio agricolo rinaturalizzato. Gli
studi successivi hanno posto in risalto la capacità, da parte di N.
typhlocybae, di moltiplicarsi nel nuovo ambiente e di sopravvi
vere ai rigori invernali, evidenziando inoltre una buona tenden
za alla dispersione nel territorio. Attualmente la presenza del
parassitoide è stata rilevata in svariaticomuni della pianura bolo
gnese, anche a notevoli distanze dai siti di lancio.
L'insediamento di N.typhlocybae dipende anche dall'assenza
di residui di pesticidi, verso i quali l'insetto è particolarmente
sensibile, nelle zone di lancio. Da qui l'ulteriore importanza di
siepi ed aree naturali, o rinaturalizzate, in genere non sottoposte
a trattamenti insetticidi, che vengono utilizzate dal parassitoide
sia come siti di moltiplicazione sia come vie preferenziali di dif
fusione nel territorio dalle aree nelle quali è stato introdotto.
La progressiva diffusione del parassitoide, e la conseguente
diminuzione delle infestazioni di M.pruinosa, dovrebbero por
tare a una riduzione degli attacchi anche sulle colture circo
stanti, a partire da ciucile normalmente non sottoposte a tratta
menti insetticidi perché difese secondo criteri di lotta biologica
oppure perché scarsamente danneggiate da altri litofagi.
Il ripristino
delle aree di rifugio
I comuni interessati hanno messo gratuitamente a disposi
zione dei richiedenti (proprietari o conduttori di terreno agri
colo) piante arboree ed arbustive appartenenti alla flora autoc-
81
tona. Il Centro Agricoltura Ambiente ha fornito la progettazione
dell'intervento e l'assistenza tecnica e iìtosanitaria per la buona
riuscita dell'operazione. Al richiedente spettavano la messa a
dimora delle piante, le successive cure colturali e il manteni
mento nel tempo dell'intervento realizzato.
Il progetto - compatibile con i programmi agro-ambientali
2078/92/CK e 2080/92/CE - oltre a tradursi in un vantaggio eco
nomico per l'imprenditore agricolo, offre una possibilità di
intervento anche dove non si registrino i requisiti necessari per
l'applicazione dei citati regolamenti comunitari oppure dove si
vogliano rinaturalizzare superfici di ridotte dimensioni.
A partire dal 1995 nella realizzazione delle nuove aree di rifu
gio non sono più state impiegate Rosacee sensibili al colpo di
fuoco batterico (Erwinia amylovorà), in particolare il bianco
spino, al fine di limitare i rischi di diffusione della pericolosa
malattia nelle aree di coltivazione del pero (specie anch'essa
molto suscettibile alla batteriosi), anticipando in questo modo i
successivi decreti di lotta obbligatoria.
Dal 1994 ad oggi 23 comuni hanno aderito al progetto "Aree
di rifugio" per almeno un anno (Tab. 2). Nell'attività di ripristino
sono stati coinvolti oltre 600 agricoltori, realizzando aree di rifu
gio per una superfìcie complessiva di circa 72 ettari. In totale
sono state messe a dimora, fino ad oggi, quasi 134.000 piante, tra
alberi ad alto fusto ed arbusti.
La superfìcie totale rinaturalizzata potrebbe sembrare di
ridotta entità, ma occorre considerare anche la grande polveriz
zazione degli interventi e la loro diffusione nel territorio: le sin
gole aree di rifugio sono distribuite a mosaico nell'agroecosistema, con il conseguente forte aumento dei punti di contatto con
i campi coltivati.
Comuni aderenti (n.)
Richieste di adesione (n.)
611
Realizzazioni (n.)
478
Superfìcie complessiva Aree di rifugio (mq)
725.742
Superfìcie boschetti (mq)
286.414
Lunghezza siepi campestri (m)
Lunghezza viali alberati (m)
Lunghezza filari alberati (m)
Piante messe a dimora (n.)
lab. 2: progetto "Aree di rifugio": risultati 1994-2001.
82
23
81.322
3-928
19.463
133-908
Parallelamente all'attività di ripristino, sono state effettuate
diverse iniziative a carattere divulgativo, volte alla promozione
del progetto e alla valorizzazione dei risultati ottenuti:
- pubblicazione di articoli e lavori scientifici su riviste specializ
zate a carattere locale e nazionale;
- partecipazione a incontri con il pubblico, convegni, fiere, ecc.
- predisposizione di pannelli informativi collocati nel territorio
presso le principali nuove aree rinaturalizzate oppure in corri
spondenza di siti preesistenti di particolare pregio ambientale o
paesaggistico;
- realizzazione di opuscoli informativi, da distribuire ai cittadini,
contenenti la presentazione dell'iniziativa ed il quadro comples
sivo degli interventi realizzati;
- individuazione di percorsi tematici, arricchiti da proposte di
fruizione, a livello provinciale e locale, al fine di valorizzare le
realtà più interessanti dal punto di vista ambientale.
Infine, a seguito dei risultati positivi ottenuti nell'ambito del
progetto "Aree di rifugio", anche nelle province di Forlì e di
Modena sono state promosse, da alcuni anni, analoghe iniziativevolte al ripristino degli spazi naturali ncll'agroecosistema.
Agricoltura e recupero ambientale, 1999,// Divulgatore, 8.
Bibliografia
Boriani L.. Ferrari R., BURGIO G.,Nicoli G.,Pozzati M. & Cavazzuti
C, 1998 - Il ruolo delle siepi nell'ecologia del campo coltivato.
2: Ulteriori indagini sui Coccinellidi predatori di afidi. Inffitopato/., 5: 51-58.
BuRGio G.. Fhrrari R. &. Boriani L., 1997 - Il ruolo delle siepi nel
l'ecologia del campo coltivato : analisi di comunità dei Ditteri
Silfidi in aziende della provincia di Bologna, Boll. Ist.Entomol. G
Grandi Univ. Bologna, 51: 69-77.
Celli G., Chiodini R., Morisi A., Gavazziti C, Ferrari R., Pozzati M.
& Sassoli A., 1995 - "Aree di rifugio" per l'agroecosistema, //
Divulgatore, 4:4-46.
Celli G., Maini S., Corazza L. & Campanini L., 1996 - Siepi e spazi
naturali : colonizzazione, dinamica delle popolazioni di litofagi e
insetti utili e interazione con le aree coltivate,Arinati C.E.R.A.S.,
6: 327-337.
Ferrari R.. 1998 - Il ruolo delle aree di rifugio naturali per la lotta
biologica e integrata in agricoltura, in: "Qualificazione ecologica
degli spazi rurali : tutela e gestione degli spazi naturali nei terri
tori di pianura e pedecolIina,atti del convegno, Forlì, 1998": 28-33.
Ferrari R., Burgio G. & Boriami L., 1997 - Siepi e spazi naturali :
colonizzazione, dinamica delle popolazioni dei litofagi e intera
zione con le aree coltivate,Annali C.E.R.A.S., 7: 278-287.
Ferrari R., Burgio G., Boriani L., Cavazzuti C. & Pozzati M., 1998 La biodiversità e il ripristino delle siepi, in:"Lince guida per l'a-
83
gricollura biologica :fruttiferi e fragola", Caidcrini, Bologna: 9-41.
Ferrari r., Morbi a., Pozzati m., Cavazzuti C. & Boriani l., 1997 -
Aree di rifugio, un bene per l'agricoltura. Agricoltura, 5: 25-26.
Nicoli G., Limonta L., Cavazzuti C. & Pozzati m.. 1995 - il ruolo
delle siepi nell'ecologia del campo coltivato. 1: Prime indagini
sui Coccinellidi predatori di afidi,Inf.fìtopatol., 7-8: 58-64.
84
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 85-91
La rete ecologica come strategia per
la conservazione della biodiversità:
il caso studio della pianura bolognese
Andrea Morisi *, Paola Balboni *, Stefano Lin *
Riassunto
In cinque Comuni della bassa pianura bolognese, affiancati
dagli Assessorati all'Ambiente della Provincia di Bologna e della
Regione Emilia-Romagna, si è individuato lo strumento offerto
dal concetto di rete ecologica per programmare interventi di
riqualificazione paesaggistica e ambientale e operare una
moderna pianificazione territoriale. Partendo dalle situazioni già
esistenti, si è ricercata nel dettaglio la disponibilità di punti d'ap
poggio per la rete ecologica. Nei siti riscontrati sul territorio si
è provveduto a monitorare la presenza di organismi bioindica
tori capaci di fornire informazioni utili per la gerarchizzazione
dei punti d'appoggio stessi e individuandone anche il ruolo e le
specifiche necessità gestionali. Sulla base di quanto emerso si
è. infine, provveduto alla progettazione degli interventi di
completamento della maglia reticolare individuata, all'anima
zione di accordi e sinergie per l'incentivazione ed il finanzia
mento degli interventi e all'informazione di settore e della
pubblica opinione.
Summary
Throttgh a project, started in 1997 and pròmoted byfive
Towns and by the Environmental Department of Province of
Bologna and of Regimi Emilia-Romagna, a sizable quantity
ofdata was colleded regttrdiug protected areas in the lowland
and niimeroits other existing elements lied lo the landscape
and eiwironment. Moreovet; the project provided a basis for
forinulating guidelines for the development of un ecological
network based on rea/, concrete naturai elements of a certain
importance ut a locai level. So the ecological network becomes
• CentroAgricoltura Ambiente "Giorgio Nicoli", via di Mezzo Levante 2233 - I40014 Crevalcore (HO). E-mail:amorisK"caa.it, www.caa.it
85
a stralegy lo protect biodiversity, to reslore habitats and to
pian the developmenl in a sitstainable way To use single and
narrow areas, connecled by corridors, to create an ecologica/
network require a smaller nuniber of conpids ivith the
slakeholdersJ'or the agriciillare, itrban, prodttctive and niobility spaces. The slrategy has involved a/so the physical rebuil
ding of environmental spaces (core areas, blue ways and
green ways) to complete the network und the research of
financings and people Information.
L'area di studio e
la rete ecologica
In cinque comuni della pianura bolognese nord-occidentale
(Caidcmra di Reno. Crevalcore, Sala Bolognese, San Giovanni in
Persicelo e Sant'Agata Bolognese) lo studio e la realizzazione di
una rete ecologica sono stati adottati come strategia prioritaria
per il recupero ambientale e la gestione sostenibile in termini di
pianificazione territoriale.
Il progetto ha avuto inizio nel 1997 ed è stato promosso,
oltre che dai Comuni coinvolti, anche dagli Assessorati
all'Ambiente della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di
Bologna.
Il gruppo di lavoro, costituito da dodici persone, ha coinvol
to anche l'Istituto di Entomologia dell'Università degli studi di
Bologna (professor Giorgio Celli) per la supervisione scientifica
e il Dipartimento di Biologia, Sezione di Botanica dell'Università
di Ferrara (professor Filippo Piccoli) per la supervisione botani
ca e per il rilievo di campo di diversi siti campione.
L'ambito territoriale interessato riguarda una superfìcie di
circa 350 kmq caratterizzati da un utilizzo agricolo intensivo e
da un elevato consumo del territorio, a causa dell'espansione
urbana, delle infrastrutture viarie nonché degli insediamenti arti
gianali ed industriali.
In questo contesto il perseguimento della conservazione
della biodiversità non poteva essere affrontato solamente con la
"classica "istituzione di aree protette, sia per l'oggettiva carenza
di situazioni ambientali di pregio, sia per l'elevata conflittualità
nei confronti delle esigenze produttive, particolarmente pres
santi in pianura.
Alcune aree protette (ai sensi della specifica legge regionale
emiliano-romagnola e denominate "Aree di Riequilibrio
Ecologico "), ricadenti in quattro dei cinque comuni interessati,
sono state comunque tenute come iniziali capisaldi dell'ipotesi
di rete da individuare sul territorio. Alla luce delle considerazio
ni sopra riportate, l'apparato tecnico dei Comuni, gli ammini
stratori locali e il Centro Agricoltura Ambiente (in virtù delia sua
natura di struttura tecnica di supporto per i Comuni suoi pro
prietari) hanno assunto come strategia di base per la conserva
zione della biodiversità ed il recupero ambientale l'individua-
86
zione progettuale di una rete ecologica a scala intercomunale. In
tal senso è stato censito il maggior numero possibile di spazi
naturali e seminaturali esistenti, anche di ridotte dimensioni, da
destinare a nodi della rete e rendere efficienti sotto il profilo
ecologico assicurando loro il maggior numero di collegamenti
possibili mediante l'individuazione di corridoi biologici.
| Interventi di conservazione
Interventi di miglioramene
]Interventi dicreazione
Cenno Agnco'tura Ambiente Sri
Fig. 1: la rete ecologica progettata per il territorio analizzato, con individua
zione degli interventi di conservazione, di miglioramento e di completa
mento.
87
Sviluppando opportune sinergie con la pianificazione territo
riale locale (Piani Regolatori Generali) e sovraordinata (Piano pro
grammatico per la conservazione e il miglioramento degli spazi
naturali in Provincia di Bologna; Piano Territoriale Paesistico
Regionale) e con le organizzazioni professionali agricole, l'indivi
duazione di aree funzionali alla rete che l'ossero di piccole dimen
sioni ha, ovviamente, ridotto i conflitti, sviluppando a volte, per
converso, interessanti collaborazioni facilitate dall'applicazione
dei finanziamenti agro-ambientali del Piano Regionale di Sviluppo
Rurale e di altri incentivi economici. Questa attività ha comporta
to un significativo investimento di tempo e risorse per garantire le
necessarie fasi di confronto e condivisionc di interessi e finalità,
ma si può ben dire che qtiesta parte sia servita a rendere possibi
le la concretizzazione di ipotesi che altrimenti avrebbero rischialo
di cadere in conflittualità oppure di rimanere "nel cassetto".
L'individuazione degli elementi portanti della rete ecologica
prospettata è avvenuta a seguito di un approfondilo censimento
degli elementi paesaggistico-ambientali (siepi, boschetti, filari
alberati, raccolte d'acqua, parchi di ville, allevamenti ittici, ecc.)
per un totale di 30 tipologie descrittive.
Successivamente si è provveduto ad individuare siti campione
vocati ad un ruolo definito nell'ambito della rete ecologica e assog
gettati a monitoraggio biologico triennale condotto utilizzando
gruppi di organismi bioindicatori (comunità ornitica, Lepidotteri
Ropaloceri, Odonati, erpetofauna, cormofite).AnaIogamcnte a quan
to messo in atto per i nodi, si è proceduto all'individuazione dei cor
ridoi ecologici mediante censimento a terra e successivo monito
raggio triennale dei gruppi bioindicatori. Complessivamente gli
ambiti considerati e studiati sono stati 132. Il rilievo degli clementi
territoriali è stato anche cartografato e correlato ai dati floro-fauni
stici a costituire uno specifico G.I.S.
Dai risultati dei monitoraggi si sono potute trarre informazio
ni utili per calibrare il ruolo a cui destinare gli elementi esistenti
(conservazione oppure miglioramento). La cosa è avvenuta
mediante l'assegnamento ad ogni ambito di un punteggio stan
dardizzato ricavato mediante valutazione di caratteristiche preci
se derivanti dal monitoraggio: la rarità delle specie presenti, la
loro numerosità. la capacità riproduttiva, ecc.
Le elaborazioni dei dati sulle presenze floro-faunistiche sono
state condotte anche per esplicitare le modalità gestionali delle
tipologie territoriali riscontrate e. in generale, perseguire un
potenziamento o un recupero della biodiversità.
Sulla scorta di tutte le informazioni raccolte si è poi prodotta
un'ipotesi progettuale di rete ecologica che, oltre ai punti di appog
gio rinvenuti tra gli elementi già esistenti nel territorio, ha previsto
anche la progettazione delle parli mancanti. In questo senso sono
stati predisposti, ad oggi, 51 progetti,di cui 32 esecutivi.
88
Scala: 1:10000
Scala: 1:2000
•5 +*J*'J*Ì*2*2*2lt'j
Neo-tcotltitma
ho*culo coti
radimi
Fig. 2: esemplificazione della
predisposizione di progetti
esecutivi per il completa
N
mento della rete ecologica
(elaborazione grafica arch.
M. Negri ni).
89
Tutti i progetti, grazie ad un Accordo di programma tra la
Provincia e i Comuni interessati, sono stati finanziati - per un
importo complessivo di oltre 300.000 curo per il 2002 - e sono
in corso di realizzazione. La fase, piuttosto complessa e delicata,
di contrattazione con le proprietà per la realizzazione di siepi,
boschetti e zone umide è in parte ancora in svolgimento, ma in
molti casi si è già concretizzata l'operazione e gli interventi pre
visti sono stati
effettuati
o
sono
in
corso di
attuazione.
Contemporaneamente sono state prodotte attività di informa
zione pubblica e di promozione della fruizione del territorio
seguendo la rete ecologica e valorizzando le aziende agricole
coinvolte mediante specifici itinerari, manifestazioni e materiali
divulgativi.
Nello specifico è disponibile - con invio gratuito, previa
richiesta presso gli enti coinvolti nel progetto - una pubblicazio
ne (cfr. in bibliografìa Recupero ... 2001) in cui vengono rac
colte ed illustrate, con dovizia di schemi grafici ed illustrazioni,
le fasi di individuazione della rete ecologica.
RILIEVO ELEMENTI TERRITORIALI
U
I
<
Valutazione della configurazione spaziale
Z
<
INDIVIDUAZIONE ELEMENTI TERRITORIALI
FUNZIONALI ALLA CREAZIONE DELLA
co
RETE ECOLOGICA
<
Uh
Monitoraggio biologico
ATTRIBUZIONE DEL VALORE DI
OGNI ELEMENTO TERRITORIALE
Attribuzione del ruolo
DEFINIZIONE DELLA RETE ECOLOGICA
O
>
'—
Coinvolgimento dei soggetti interessati
e individua/ione cicali incentivi
<
PROG ETTAZION E ES ECOTI VA,
REALIZZAZIONE E MANUTENZIONE
Fig. 3: schema metodologico seguito per la predisposizione della
ecologica.
90
rete
Piano programmaiico per la conservazione e il migliora-
Bibliografìa
mento degli spazi naturali nella Provincia di Bologna :deliberazione Consiglio Provinciale n. 103/2000, Provincia di
Bologna, Assessorato Ambiente. Servizio Pianificazione paesisti
ca, Bologna.
Recupero e gestione ambientale della pianura : la rete ecolo
gica del Persicetano, 2001,a cura di A.Morisi, Centro Agricoltura
Ambiente. Crevalcore (BO).
91
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 93-108
Avifauna e siepi negli ambienti
coltivati della pianura
Giuseppe Camerini *, Riccardo Groppali **
Riassunto
Al contrario di quanto accade oggi, in passato l'abbondanza di
siepi era un elemento caratterizzante il paesaggio agrario delle
pianure. Nella stagione riproduttiva le siepi ospitano un'avifauna
più abbondante e varia rispetto ai campi aperti, ma anche per gli
uccelli svernanti la siepe ha grande importanza. La densità otti
male di siepi per l'avifauna è compresa fra 60 e 110 m/ha. La den
sità tuttavia non è il solo fattore che influenza il ruolo delle siepi
come elemento di arricchimento faunistico.Altri l'attori quali l'al
tezza, la larghezza, la varietà di specie arbustive e arboree vanno
tenuti in debita considerazione. Nell'articolo vengono discussi gli
effetti della rarefazione delle siepi sull'avifauna e viene tracciato
un quadro delle conoscenze attuali relative all'avifauna delle siepi
nelle pianure italiane.
Stimma ry
Introduzione
Hedges were common in the past. bui nowadays are
strongly reduced in the landscape of the loivlands. Durt'ug
the breeding seasou there are more birds and more species
in hedges than in open J'ields, bui hedges are used by birds
even in winter.An optimal amount of hedges for birds is 60110 m/ha. The amount per unii area is not the only faclor
ajj'ec/iug birds in the hedges. Other factors are importaliI:
height. iridili, rid.mess of shrubs and trees. The knowledge
about birds living in the Italian loivlands and the ejfects of
hedges loss are discusseti.
La siepe viene utilizzata dall'avifauna come sito di nidifica
zione, come rifugio, come posatoio o come fonte di nutrimento.
* Strada ilei Porlo 9 - !-2~OSO Hastida I'ancar.ma (PV). E-mail: giuseppe_camerini@Iibero.it
** Università ili Pavia, Dipartimento di Ecologia del territorio e degli ambienti ter
restri, via S. Epifanio 13 -1-27100 Pavia. E-mail: groppali@et.unipv.it
93
La conservazione e il ripristino delle fasce di vegetazione spon
tanea che separano i coltivi rappresentano pertanto strumenti di
intervento obbligati per il ripopolamento faunistico, come rico
nosciuto dall'Unione Europea nei suoi provvedimenti legislativi
(direttive e regolamenti) finalizzati a migliorare la qualità ambien
tale dei territori coltivati.
I deleteri effetti causati dalla generalizzata applicazione di un
modello intensivo di produzione agricola si sono manifestati in
Italia soprattutto a partire dagli anni '60. Confrontando l'avifau
na nidificante in un'area agricola collinare dell'Appennino pave
se nel 1963 e nel 1977, Cova (1980) segnala, fra gli effetti indot
ti dal riordino dei fondi agricoli, la spinta rarefazione dell'averla
piccola (I.unius co/lttr/o) e l'estinzione locale dell'averla cene
rina (lum'tts minor), specie che possono essere considerate a
pieno titolo indicatrici del grado di diversificazione degli agroccosistemi (Groppali 1999). Nei territori di pianura la banalizza
zione dell'ambiente si è manifestata in maniera ancora più
distruttiva. Un esempio è rappresentato dal Parco cremonese del
Po dove la rimozione del 35% della dotazione di siepi e filari
registrata fra il 1980 ed il 1997 (Groppali 1999) ha determinato
la scomparsa dell'averla cenerina e dell'averla capirossa (I.aniiis
senator), che fino alla fine degli anni '70 erano presenti come
nidificanti.
Il ruolo delle siepi
neU'ecosistema agrario
Qual è la reale importanza delle siepi per l'avifauna? Intorno
a questo quesito si è acceso un appassionato dibattito, in Europa
e in Italia, fra chi sostiene che la siepe rappresenti soprattutto un
elemento di arricchimento del paesaggio e chi invece la ritiene
indispensabile per garantire un accettabile grado di diversità
faunistica. L'insieme dei dati ricavabili dalla letteratura specializ
zata sembra convergere nel dimostrare che un'equilibrata dota
zione di siepi favorisca l'abbondanza e la varietà dei popola
menti ornitici.A tale proposito si può citare la ricerca di Fi.orit
et al. (1999) che hanno esaminato gli effetti del riordino fon
diario nella pianura del medio Friuli, avviato a partire dagli anni
'70, mettendo a confronto un'area caratterizzata dal paesaggio
rurale tradizionale - campi chiusi bordali da siepi e scoline - con
un'area costituita da campi aperti (Tab. 1). Le figure che seguo
no (Fig. 1 e 2) illustrano le conseguenze delle operazioni di rior
dino sull'avifauna nidificante: diminuzione della ricchezza e
della densità del popolamento ornitico. Va segnalato, pere), che
nell'area di studio priva di siepi è slata rilevata la presenza di
specie non comuni nella pianura friulana, come la pavoncella
(Vaitelins vanellits) o la cappellaccia (Galerida distata). Ciò
dimostra che il riordino fondiario non rappresenta di per sé - e
in ogni caso - un evento negativo, a patto però che la creazione
94
di "campi aperti" non sia generalizzata ma si vada a inserire in un
equilibrato mosaico colturale caratterizzato da una sufficientepresenza di siepi (Fi.orit et al. 1999). In gran parte della
Valpadana purtroppo tale equilibrio è stato spezzato negli ultimi
decenni dalla dilagante espansione delle opere di ricomposizio
ne fondiaria, che hanno impoverito il mosaico degli agroecosistemi, estendendo a dismisura il paesaggio dei campi aperti a
danno degli incolti, delle siepi e delle arce boscate.
Tradizionale
Tradizionale
Tradizionale
Riordino
Riordino
Riordino
1991
1992
1993
1991
1992
1993
20
22
20
6
«S
Parametri
Ricchezza (n. specie)
Densità (territori/10 ha)
Diversità (II)
15.06
?
I-quiriparti/.ione ()')
?
0,73
T
1S.i2
I7.~l
1.05
6.1
5.26
2.16
2.15
l.3i
I.5S
1.5
0.7
0,72
0,75
0,76
0.77
lab. 1: confronto fra comunità ornitiche nidificanti in due aree di studio (con paesaggio agrario tradi
zionale e oggetto di riordino fondiario) del medio Friuli (Fiorii et al. 1999).
25
20
• Tradizionale
•
5
Riordino
io
e
-
1991
1992
1993
Anno
Fig. 1: ricchezza (numero di specie) delle comunità ornitiche nidificanti in due aree agricole a differen
te gestione del medio Friuli (da Fi.orit et al. 1999).
La presenza di siepi non condiziona la ricchezza della comu
nità ornitica soltanto nel periodo riproduttivo, ma anche nel
corso delle altre stagioni dell'anno. Lo dimostrano i dati ottenu
ti da Groppai.i (1996) che ha censito nell'arco di un anno l'avi
fauna in aree della Valpadana centrale di eguale ampiezza (0,25
kmq) ma caratterizzate da una diversa dotazione di siepi. Le siepi
presenti nelle aree di studio A e fi avevano eguale densità (28
95
20
16
14
12
•
Tradizionale
IO
• Riordino
1991
1992
1993
Anno
Fig. 2: densità (n. territori/10 ha) delle comunità ornitiche nidificanti in due aree agricole a differente
gestione del medio Friuli (da Fiorii et al. 1999).
m/ha) ma differente struttura e distribuzione. In un caso (areaA)
si trattava di filari di l'arnie mature e ben sviluppate in altezza,
distribuiti in modo omogeneo lungo gli appezzamenti coltivati e
frammisti a siepi arbustive. Nel caso dell'area B la siepe, più
bassa e compatta, era disposta in un'unica formazione. L'area di
studio C era invece del tutto priva di siepi. I risultati dei censi
menti sono visualizzati nella figura 3-
Fig. 5: numero di specie ornitiche censite nell'arco di un anno in 3 aree di studio (0.25 kmq) con diver
sa dotazione di siepi e filari arborei (da (iuoi'i'M.i 1996).
96
La densità per ettaro non è l'unico parametro che permette
di stimare il "valore" ambientale e faunistico delle siepi. Lo dimo
stra la differente ricchezza della comunità ornitica rilevata nelle
aree A e B, che pure possedevano un'eguale dotazione di siepi.
Occorre prendere in considerazione anche altri fattori, come la
composizione floristica, l'altezza, la larghezza o la frammenta
zione di una siepe.
Densità di siepi per
unità di superficie
Per quanto riguarda la densità ottimale, ciascuna specie orni
tica mostra esigenze particolari in l'unzione della propria nicchia
ecologica. Per le specie silvane o del sottobosco, come il merlo
(Turdiis merlila), l'usignolo (lasciliia megarhyncos), il petti
rosso (Erilhacus rubecula). esiste una correlazione positiva fra
la densità delle siepi e la densità di coppie nidificanti. In Svizzera
uno studio che ha preso in esame alcune specie presenti negli
ecosistemi agrari, tra cui zigolo giallo (Emberiza citrinella), ster
pazzola (Sylvia commuiiis) e capinera (Sylvia atricapilfa), ha
evidenziato come per queste specie la dotazione ideale corri
sponda a 60-80 metri di siepe/ha (Lack 1992).
In linea generale, la densità della comunità di uccelli che nidi
fica in un'area agricola tende ad aumentare, in modo approssi
mativamente lineare, con l'aumentare della dotazione di siepi. La
ricchezza del popolamento, vale a dire il numero di specie nidi
ficanti, aumenta parallelamente alla dotazione di siepi fino a rag
giungere un picco massimo, oltre il quale si registra invece una
tendenza alla riduzione della varietà della comunità ornitica
(Lack 1992). Quale è il valore della densità di siepi che corri
sponde a questo picco? Secondo Lack (1992) è pari a 60-80 m di
siepe/ha. mentre a parere di O'Connor & Shrubb (1986) è nel
l'ordine di 70-110 m/ha. Oltre questi valori l'abbondanza di siepi
pregiudica la presenza degli uccelli tipici degli spazi aperti, come
ad esempio l'allodola (Alauda arvensis). In definitiva, la dotazio
ne ottimale di siepe è quella che garantisce l'esistenza di quel
l'equilibrato mosaico di habitat di cui si è già detto commentan
do i risultati delle ricerche svolte in Friuli (Fi.orit et al. 1999).
Struttura e composi
zione delle siepi
Analogamente a quanto accade per la struttura verticale di
un ambiente forestale, anche all'interno della siepe si possono
distinguere differenti strati di vegetazione: il primo è quello
erbaceo. Seguono, procedendo dal basso verso l'alto. Io strato
arbustivo e quello arboreo. L'avifauna del bosco, in special modo
quella nidificante, è significativamente influenzata dalla struttu
ra e dalla composizione degli strali di vegetazione; altrettanto si
può dire dell'avifauna delle siepi (O'Connor òt Shrubb 1986).
Generalmente si tende a sottovalutare il ruolo della vegeta-
9-
zione erbacea insediata ai piedi di un filare arboreo-arbustivo. In
realtà anch'essa è importante per alcune specie - come il fagia
no o la starna - che, nelle campagne povere di incolti o boschet
ti, possono utilizzare a fini riproduttivi la banchina erbosa deliesiepi (Glngiiini et al. 1992). Non va poi sottovalutato il fatto che
la vegetazione erbacea è fonte di nutrimento per varie specie gra
nivore, come ad esempio il cardellino (Carduelis carduelis). Nelle
strisce di vegetazione adiacenti alle siepi che non siano soggette
a tagli ripetuti possono inoltre svilupparsi insetti che rappresen
tano una valida fonte alimentare per gli uccelli (Lack 1992).
Gli arbusti e le piante rampicanti sono una componente
essenziale della siepe, con particolare riguardo per le specie che
sviluppano un fogliame molto fìtto in grado di sottrarre i nidi
degli uccelli alla vista dei predatori (Lack 1992).
Fig. i: densità dei territori (coppie nidificanti/km siepe) in relazione al numero di specie arbustive (da
o'Connor & Shrubb 19<s6, moti.).
Ciascuna essenza vegetale contribuisce ad aumentare la dispo
nibilità di fonti alimentari utilizzabili da parte dell'avifauna. La figu
ra 4 evidenzia gli effetti benefìci della varietà di arbusti sulla ric
chezza di specie ornitiche nidificanti (O'Connor & Shrubb 1986).
Numerosi uccelli delle siepi hanno abitudini frugivore, spe
cialmente in autunno e inverno, e dunque possono nutrirsi dei
frutti prodotti dai più comuni arbusti della campagna
(Sambucus nigra, Euonymus europaeus, Rtibtis spp., Pruiitts
spinosa ...) in periodi dell'anno in cui la scarsità di cibo rap
presenta, specialmente per i piccoli Passcriformi, un fattore di
mortalità assai critico. Una ricerca condotta in un'area periurbana dell'hinterland milanese (Fontani-to et al. 2002) dimostra
98
che nel periodo invernale le popolazioni di merlo tendono a
concentrarsi nelle zone più ricche di siepi, come i giardini delle
abitazioni residenziali, per nutrirsi prevalentemente di frutti di
origine arbustiva (es.: bacche di agrifoglio).
La disponibilità di frutti non è tuttavia importante solo
durante le stagioni fredde: lo storno (Slurnus vulgaris), ad
esempio, in estate si ciba delle more di gelso. Neppure le speciepiù strettamente insettivore in alcune fasi della loro vita posso
no fare a meno di alimentarsi di bacche: Allegro (1996) ha
osservato ripetutamente l'utilizzo di frutti come alimento per i
nidiace! da parte del picchio rosso maggiore (Picoides major),
che presumibilmente integra in tal modo la dieta dei piccoli con
una preziosa fonte di vitamine.
Le figure 5 e 6 mostrano le preferenze alimentari - rilevate nel
Regno Unito - della capinera e del merlo nei confronti dei frutti
che si sviluppano sugli arbusti da siepe (Snow & Snow 1988). Nei
grafici sono riportate in percentuale le osservazioni di individui
intenti ad alimentarsi dei vari frutti; sono escluse le osservazioni
che hanno fatto registrare percentuali inferiori al 5%.
Lo sviluppo dello strato arboreo determina l'altezza della
siepe. Le specie silvane - la cinciallegra (Parus major). la cincia
rella (Parus coeriileus) o il fringuello (Priiigi/la coelebs) - nelle
campagne mostrano una netta preferenza per le siepi alberate. Le
specie tipiche dei cespugli o dei boschi radi - la sterpazzola, lo
zigolo giallo o le averle - possono insediarsi anche nelle siepi
basse, come per altro possono fare l'usignolo e il merlo
(Groppali 1996).
5
10
15
20
25
Percentuale di osservazioni (%)
Fig. 5: Capinera: utilizzo trofico degli arbusti nel Regno linito (da Sxovv & Snow 1988).
99
5
10
15
20
25
Percentuale di osservazioni (%)
Fig. 6: Merlo: utilizzo trofico degli arbusti nel Regno finito (da Snow & Snow 1988).
La struttura ottimale della siepe è tuttavia ciucila che compren
de anche lo strato arboreo. Per gli uccelli che popolano i bordi dei
coltivi gli alberi rappresentano un elemento di attrazione special
mente nella stagione riproduttiva. Studi condotti nel Regno Unito
dimostrano che all'interno di una siepe la frequenza di contatti in
prossimità degli alberi (distanza < 25 ni) è significativamente supc
riore a quella registrata a distanze superiori (Lack 1992).
L'importanza della componente arborea è stata inoltre dimo
strata, in modo drammatico, dalle osservazioni svolle nelle cam
pagne inglesi durante la moria di olmi causata dal fungo pato
geno Ceralocystis itimi. Nel Regno Unito l'olmo è uno degli
alberi più comuni nelle siepi; tra il 1969 e il 1980 10 dei 17
milioni di olmi presenti sul territorio inglese morirono per effet
to dell'epidemia. La conscguente rarefazione della componente
arborea determinò effetti negativi su numerose specie nidifi
canti (OSBORNE 1982). Una delle specie più danneggiate fu il
codibugnolo (Aegithalos cuiidatus) la cui nidificazione fu com
promessa, presumibilmente a causa dell'aumento di penetrazio
ne della luce all'interno della siepe provocato dallo sfoltimento
dello strato arboreo. Anche l'altezza media delle siepi subì una
riduzione con conseguenze negative a carico di specie come il
corvo (Corvus frugilegus) che tendono a posizionare in alto i
nidi (O'Connor & Shrubb 1986).
Anche la civetta (Alhene iioctua), il barbagianni (Tyto alba)
e l'allocco (Slrix aluco) furono privati di buona parte dei siti di
nidificazione. Nelle campagne inglesi infatti le cavità presenti
nei tronchi cariati degli olmi maturi rappresentano per queste
specie la principale possibilità di nidificazione.
100
I filari di vegetazione arborea matura sono di fondamentaleimportanza per altri rapaci notturni che nidificano nelle cavità,
come l'assiolo (Otus scops). Uno dei fattori che ha causato il
declino di questa specie nei territori di pianura e media collina
della provincia di Gorizia è proprio la progressiva eliminazione
dei filari di salici e gelsi capitozzati (Corbatto & Paradisi 1999).
In linea generale, l'utilizzo trofico dello strato arbustivo è
maggiore rispetto a quello dello strato arboreo, ma gli alberi pro
ducono comunque una notevole biomassa fogliare che è ali
mento per gli insetti litofagi, a loro volta predati dagli uccelli
insettivori e, nel periodo della nidificazione, anche dagli uccelli
granivori impegnati a nutrire la prole. Inoltre nel periodo ripro
duttivo solo la componente arborea può offrire posatoi rilevati
per il canto, esigenza questa che è irrinunciabile per numerose
specie. Nel Regno Unito è stato anche osservato che le siepi
alberate delle campagne sono quelle più frequentate dagli
uccelli svernanti (Lack 1992).
In definitiva si può affermare che la maturazione di una
siepe, ovvero la sua strutturazione in un filare compatto com
posto da un fìtto strato arbustivo sormontato da alberi ben svi
luppati verso l'alto, è destinata ad aumentare sia la ricchezza che
l'abbondanza del popolamento ornitico,come dimostrano i dati
raccolti da Groppali (1993) in Valpadana. Il numero di coppienidificanti (Fig. 7 e Tab. 2) censite in tratti di siepe lunghi 250 m
è massimo nelle siepi mature, ricche di arbusti e dominate da
Tipo di siepe
Specie nidificanti
Coppie nidificanti/250 m
Platanus hybrida
Populits canadensis
Morus alba
18
6
8
3
49
26
9
7
Otierciis robtir
'lab. 2: varietà e densità degli uccelli nidificanti in quattro diverse tipologie di siepi della Valpadana cen
trale (da Groppali 1993).
60
50
40
30
20
•
10
A
Quercus
Populits
Morus
Platanus
Fig. 7: numero di coppie nidificanti/250 ni in differenti tipi di siepe (da Groppai.i 1990).
101
l'arnie alte 20-30 metri. Nei filari monospecifìci di pioppo (altez
za 18-25 m) il numero di coppie nidificanti è inferiore e si ridu
ce ulteriormente nel caso di lìlari puri di gelsi capitozzati (altez
za 5-6 m) e di filari puri di platano (altezza 6-10 m).
Un filare arboreo monospecifico generalmente è meno
attrattivo per gli uccelli rispetto a una siepe arborco/arbustiva
ben strutturata, ma se la vegetazione arborea è abbastanza matu
ra da garantire la presenza di legno morto 0 deperiente, anche
nei filari monospecifìci possono insediarsi specie interessanti
come l'upupa (Upupa epops), il picchio rosso maggiore o il pic
chio verde (ficus viridis). In virtù della loro capacità di ricava
re cavità nel legno morto i picchi creano opportunità di nidifi
cazione per altre specie, come lo storno, la passera mattugia
(Pusser moiilaims). il torcicollo (fynx torqui/hi) o le cince
(Groppai.i 1993, 2000). Osservazioni svolte nei pioppeti dimo
strano che lo scavo del nido da parte del picchio rosso maggio
re può avvenire in tronchi o rami morti che abbiano una cir
conferenza di almeno 50 cm (Camerini 1998). Per ovviare alla
mancanza di esemplari arborei maturi in siepi di impianto
recente è possibile installare covatoi artificiali ampiamente col
laudati per specie come la cinciallegra e la cinciarella.
Gli ornitologi sono concordi nel considerare anche la lar
ghezza di una siepe come un fattore che favorisce l'avifauna e
soprattutto le specie più tipicamente silvane (Lack 1992). Studi
condotti nelle pianure scozzesi indicano infine che la densità
dell'avifauna aumenta nei tratti di siepe che ne intersecano altri,
come documenta la figura 8 (Lack 1992). Questo dato ribadisce
quanto sia importante conservare o ripristinare quella rete di
connessione fra i coltivi che è assicurata dalla presenza di un
equilibrato mosaico di siepi e filari.
• Tratto lineare
• Intersezione
Scricciolo
Merlo
Cincialleara
Fig. 8: numero medio di esemplari osservali in tratti lineari di siepi e in tratti prossimi ad intersezioni
(lunghezza tratti di rilevamento: 75 m;da LACK 1992).
102
La localizzazione
delle siepi
Le siepi possono delimitare il confine fra i coltivi ed altri ele
menti dell'ambiente agrario: l'ossati, canali, torrenti, boschi o strade.
Nel Regno Unito è stato accertato (Lack 1992) che le siepi
prossime a boschi generalmente ospitano un numero di speciemaggiore rispetto alle siepi di simile struttura e composizione,
collocale a maggiore distanza dagli ambienti forestali. Uccelli
che hanno dimostrato di preferire le siepi prossime ai boschi
sono specie silvane come il luì piccolo (Phylloscopus collybita)
e il codibugnolo. Nel caso del codibugnolo la preferenza per le
siepi periforestali sembra motivata dalle favorevoli opportunità
trofiche offerte dall'ambiente boschivo che dalle siepi confinan
ti può essere raggiunto senza grande dispendio di energia. Va
segnalato tuttavia che studi condotti nel Regno Unito (OsBORNE
1982) hanno dimostrato una maggior vulnerabilità agli attacchi
dei predatori dei nidi realizzati in siepi prossime ai boschi.
In linea generale le siepi adiacenti ad altre componenti del
l'ecosistema agrario - corsi d'acqua, pozze o strade - ospitano
un'avifauna più varia rispetto a quella che popola le siepi dispo
ste a separare i coltivi (Lack 1992: Groppai.i 2000).
Le siepi come corridoi
ecologici
Le siepi rappresentano un naturale corridoio di collegamen
to e la loro importanza nel facilitare la dispersione dei mammi
feri è stata dimostrata in numerosi casi. Potendo contare su di
una maggiore capacità di movimento garantita dal volo, gli
uccelli non sembrano invece così legati alle siepi per indirizza
re i loro movimenti. In alcuni casi tuttavia è stato dimostrato che
anche le siepi possono costituire un riferimento preciso nel
"pilotare"gli spostamenti degli uccelli da un ambiente all'altro.
F il caso ad esempio della cinciarella e della cinciallegra, che ten
dono a spostarsi preferenzialmente lungo le siepi insieme alla
prole una volta conclusa la nidificazione (Lack 1992). In Olanda
è stato inoltre evidenziato come la presenza di una rete di siepi
che collega piccole aree forestali isolate all'interno della campa
gna favorisca l'abbondanza e la varietà del popolamento ornitico presente in questi boschi (Lack 1992).
L'avifauna delle siepi
in Valpadana
Secondo Sartori (1998) quella della pianura padana è una
vegetazione « ... di rari boschi ma di molte specie»: specie non
sempre autoctone, introdotte dall'uomo nel corso dei secoli, in
virtù di un processo di domesticazione della vegetazione spon
tanea che ha accompagnato la messa a coltura dei suoli e ha
segnato la virtuale cancellazione della foresta mesofìla primaria,
dominala dalla presenza di l'arnia, olmo e carpino bianco. Che
cosa è rimasto di queste associazioni vegetali nelle siepi? Ben
poco, per la verità, mentre in compenso si sono ampiamente clif-
103
fuse essenze arboree esotiche come la robinia (Robinia pseu
doacacia), i gelsi (Morus alba e M. nigra) oppure specie frutto
di ibridazioni, come il platano (Platanus hybrida) e il pioppo
euroamcricano (Popultis canadensis). Queste essenze sono
talora i componenti principali, se non addirittura esclusivi, dei
filari arborei interpoderali. Un'indagine botanica condotta nelle
province di Lodi, Pavia e Milano (Sartori 1998) segnala proprio
la robinia e il pioppo euroamcricano come le specie arboree in
assoluto più diffuse.
Ai fini di una classificazione dell'avifauna delle siepi padane,
i criteri utilizzabili potrebbero essere due. Con il primo si può
fare riferimento alla specie arborea dominante all'interno della
siepe, alternativamente si possono classificare le siepi in relazio
ne alla struttura verticale della vegetazione: siepe alberata fìtta,
siepe bassa ad alberi radi, filare puro.
In questa sede si è scelto di privilegiare il primo criterio, dal
momento che in taluni casi le siepi - si pensi ai filari di gelsi - pos
seggono una struttura talmente peculiare, per effetto degli
interventi colturali, che risulta assai problematica una classifica
zione basata sulla distribuzione verticale della vegetazione.
Fra le siepi più tipiche presenti nella Valpadana centrale si
possono ricordare: la siepe dominata dalla farnia, la siepe a fila
re alto con prevalenza di pioppo ibrido, il filare puro di gelso
Specie
Pia tun us
Morus
Populits
Quercus
Lodolaio
Tortora
*
Upupa
*
Picchio verde-
*
Picchio rosso maggioreUsignolo
*
*
Merlo
*
Capinera
*
*
•
*
Luì piccolo
*
Pigliamosche
Cinciallegra
•:
Rigogolo
Averla piccola
Cornacchia grigia
*
*
*
Storno
*
Passera mattugia
Fringuello
*
Verdone
*
•
*
Cardellino
Tab. 3: uccelli nidificanti in siepi e filari di differente tipologia della Valpadana interna (da Groppai.i
1990,1996, 2000).
104
bianco capitozzato e il filare puro di platano cccluato. Per queste
tipologie di siepi sono disponibili dati relativi agli uccelli nidifi
canti (Groppali 1990. 1996, 2000). Nella tabella 3 si elencano le
specie censite per ciascuna delle quattro tipologie di siepe.
Gli effetti della
distruzione e della
degradazione delle siepi
L'impatto delle opere di intensificazione dell'attività agricola
a carico dell'avifauna delle siepi può essere di duplice natura. Il
primo è di carattere quantitativo e riguarda la distruzione della
siepe, il secondo è invece di tipo qualitativo ed è il risultato di
interventi che modificano la struttura della vegetazione, come
per esempio il taglio di esemplari arborei, il diradamento della
componente arbustiva o la riduzione della larghezza di una
siepe.
Dati molto precisi che possono documentare gli elìcili deri
vanti dalla distruzione delle siepi a danno dell'avifauna sono
ciucili rilevati nel Regno Unito (Evans 1972) in un'area di studio
del Cambridgeshire tra il 1966 e il 1971. In questo lasso di
tempo si determinò una riduzione della dotazione di siepi pari
al 90%, da 50 m/ha di siepe a 3 m/ha.
Gli effetti furono valutati utilizzando come indicatori 8 spe
cie nidificanti, tra cui pettirosso, merlo, scricciolo e fringuello. II
numero di territori delle specie indicatrici si ridusse in media
del 50%.
Due anni più tardi suscitarono scalpore dati (Murton &
WjESTWOOD 1974) che documentavano gli eliciti di un'intensa
opera di rimozione delle siepi attuata in un'altra area agricola
del Cambridgeshire coltivata in modo estensivo fino al I960 e
ricchissima di lìlari arboreo-arbustivi. Qui le siepi furono rimos
se per i 2/3 della loro estensione. Come risultato tra il I960 e il
1971 si registrò un decremento della densità complessiva degli
uccelli nidificanti, ma un parallelo aumento del numero di spe
cie nidificanti. L'apparente paradosso trova tuttavia una spiega
zione logica. Mentre nel caso dell'area studiata da Evans (1972)
il valore di partenza della dotazione di siepi era già da conside
rare al limite dell'accettabilità (50 m/ha), nell'area agricola stu
diata da Murton & Wkstwood (1974) l'originaria dotazione di
lìlari era molto elevata e dunque la pur spinta opera di sfolti
mento aveva riportato la densità delle siepi nell'ambito di quel
l'intervallo ottimale di valori cui corrisponde la massima varietà
della comunità ornitica.
L'entità del danno indotto dalla distruzione delle siepi è dun
que strettamente correlata alla loro iniziale dotazione. Ridurre la
densità di siepi in un'area fittamente bordata da filari di vegeta
zione fino a valori compresi fra 60 e 100 m/ha non è operazio
ne destinata a creare scompensi gravi. Al di sotto di una soglia
critica, invece, la rimozione delle siepi produce effetti deleteri.
105
Ammettendo dunque che la densità di 6() m/ha possa essereproposta come valore minimale di riferimento, sorge spontanea
la domanda: quanta parte della pianura padana conserva una
dotazione di siepi pari a questo valore - soglia? Non è possibile
rispondere con precisione alla domanda, tuttavia si può ragio
nevolmente ipotizzare che tale dotazione non sia più rintraccia
bile in gran parte delle pianure italiane. A tale proposito si può
ricordare la variazione della densità media di filari e siepi rileva
ta da Groppali (1990) in un'area a sud di Cremona compresa nel
Parco cremonese del Po. In tale area, ampia 2.430 ha, la densità
di siepi e filari che nel 1980 era pari a 20,7 m/ha nel 1997 si era
ridotta a 13,3 m/ha.
Vi è poi da chiedersi quale sia la "qualità'' delle siepi che
sopravvivono alle operazioni di riordino fondiario. In molti casi
esse hanno subito interventi che ne hanno ridotto la larghezza
e ne hanno compromesso la struttura, per effetto della introdu
zione di specie alloctone e della degradazione dello strato arbu
stivo. Tra gli effetti più frequenti di questi interventi occorre
ricordare il diradamento della siepe, con la creazione di "vuoti":
aperture che compromettono la continuità del filare di vegeta
zione. L'insieme di questi interventi (riduzione della larghezza,
creazione dei vuoti) è destinato a influire negativamente sull'a
vifauna. La creazione di "vuoti", per esempio, secondo Lack
(1992) ha effetti trascurabili soltanto se gli spazi di discontinuità
non superano il 10% della lunghezza della siepe.
Anche i metodi di gestione della siepe possono essere dele
teri se esercitati in maniera impropria. Anzitutto va evitato nel
modo più assoluto qualsiasi intervento di pulizia della vegeta
zione nel periodo della riproduzione. Questa raccomandazione
non appaia scontata: per anni le operazioni di taglio dei filari di
vegetazione arbustiva spontanea, che crescono ai margini degli
argini maestri del fiume Po, per fare un esempio, sono stati con
dotti senza alcun rispetto per questa regola elementare.
Anche l'utilizzo di erbicidi sulle strisce di vegetazione spon
tanea che contornano le siepi è sconsigliabile. In linea generale,
le operazioni di sfrondatura dei rami degli arbusti che tendono
a espandersi lateralmente andrebbero eseguite nel mese di gen
naio, dopo che i frutti degli arbusti sono stati consumati dagli
uccelli. Altra raccomandazione obbligata è quella di non rimuo
vere la vegetazione arborea deperiente, a meno che non costi
tuisca un pericolo per la sicurezza delle persone.
L'impianto
di una nuova siepe
he basilari regole che possono essere suggerite per Firn-
pianto di una siepe sono utili per conseguire simultaneamente
più obiettivi, come l'incremento dell'avifauna, la tutela degli
insetti utili (impollinatori, predatori, parassitodi) e il migliora-
106
mento della varietà floristica degli ecosistemi agrari:
- progettare la nuova siepe in modo che funzioni da corridoio di
connessione con altre siepi o unità ecosistemiche eventualmen
te già esistenti, come boschetti, canali, parchi, giardini, orti;
- utilizzare una sufficiente varietà di essenze arbustive e arboree
autoctone, scegliendo quelle che crescono spontaneamente in
zona;
- garantire una sufficiente larghezza della siepe, piantando gli
arbusti in due file parallele e alternando esemplari arborei;
- proteggere le pianticelle dal possibile danneggiamento dovuto
all'azione di animali erbivori;
- disporre la siepe a debita distanza dal bordo dei coltivi, allo
scopo di evitare possibili danni derivanti dalle lavorazioni mec
caniche;
- garantire una sufficiente continuità alla siepe, ovvero evitare di
lasciare eccessivi spazi di vuoto nella struttura del filare.
Allegro G., 1996 - Osservazioni sul comportamento del Picchio
Bibliografia
casso maggiore (Picoides major L.) in pioppeto durante il perio
do riproduttivo,/?/'/', ita! Ornitot.,66 (1): 17-27.
Brighi:ri i P & Gariboi.di A., 1999 - Manuale pratico di ornitolo
gia, Edagricole, Bologna.
Camerini Ci. , 1998 - Note sulla biologia del Picchio Rosso
Maggiore (Picoides major) nei pioppeti dell'Oltrepò Pavese,
Quad. Sez. Sci. ned. Voghera. 17-18: 11-25.
Corbatto G. & Paradisi S., 1999 - L'assiolo (Pus scops, in: "Gli
uccelli della provincia di Gorizia ", a cura di R. Parodi, Museo friu
lano di storia naturale, Udine: 165-166.
Cova C, 1980 -Variazioni nella popolazione nidificante in un ter
ritorio lombardo fortemente coltivato, Uccelli Iteti., 5(1): 31-37.
Evans P, 1972 -The Common Birci Census : cigni years at Ely,
Cambridge Bini Club Report, 45: 36-39Fiorii F, De Franceschi RE & Parodi R.. 1999 - Effetti del riordi
no fondiario sull'avifauna nidificante in un ambiente rurale del
medio Friuli,Avocetta, 23 (1): 173.
Fontanetc) D., Fontani-to C, Di Lorenzo M., Boesi R. & Favini G.,
2002 - L'alimentazione del Merlo. Turdus merlila, nel periodo
non riproduttivo,Riv. dal. Ornilo!., 71: 133-137.
Gargioni A. &. Groppali R., 1993 - L'avifauna di un territorio agri
colo privo di elementi naturalistici di rilievo nella Valpadana cen
trale : l'esempio dell'arca compresa tra Volongo ed il fiume Oglio
(province di Cremona e Mantova - Lombardia), Pianura, 4
(1992): 33-50.
Genghini M., Spagnesi M.&Toso S., 1992 - Ricomposizione fon
diaria e fauna selvatica, Istituto nazionale di Biologia della sel
vaggina. Ozzano dell'Emilia.
107
Groppali R.. 1990 - Distruzione di elementi naturalistici e pae
saggistici nella Valpadana interna : l'esempio di Cremona negli
anni dal 1980 al 1989, Monti e boschi, 6: 14-16.
Groppai.i R., 1992 -Avifauna svernante nel territorio dell'azienda
agricola Torrazzetta (Borgo Priolo, Pavia) e in arce limitrofe e
considerazioni sulla conservazione della natura nel territorio al
limite tra Appennini eVal Padana,Quad.Sez.Sci.nat.Voghera, 1415: 19-23.
Groppai.i R., 1993 - Breeding birds in traditional tree rows and
hedges in the centrai Po Valley, in: 'Ecology and agroecosystems", Lewis, Boca Raton (Florida): 153-158.
Groppai.i R., 1996 - Avifauna di agroecosistemi con differente
dotazione arboreo-arbustiva nella pianura emiliana nel corso di
un anno, Pianura, 8: 117-122.
Groppali R., 1999 -Avifauna e conservazione di siepi e filari : le
Averle capirossa e cenerina nel Parco del Po, in: "La biodiversità
nel comune di Cremona ".Cremona: 86-89.
Groppali R., 2000 -Avifauna in tre aree con differente dotazione-
arborea (filare,arboricoltura e lembo boscato) presso Cremona
nel corso di un anno. Pianura. 12:89-1 16.
Lack P. 1992 - Birds on lowland farms, IIMSO, London.
Murton R.K. &Westwood NJ., 1974 - Some effeets of agricultural change on the Fnglish avifauna, Br.Birds, 67: 41-69.
O'Connor R.J. & Shrubb M., 1986 - Parming and birds,
Cambridge University Press, Cambridge (UK).
Osborni: RE., 1982 - Some effeets of Dutch dm disease on
nesting farmland birds, Bird Study,30: 27-38.
Paoletti MG. & Pimentel D., 1992 - Biotte diversìty in ugroecosystems. Fisevier,Amsterdam.
Sartori E,1998- Una vegetazione di rari boschi ma di molte spe
cie, in: "Comprendere il paesaggio .studi sulla pianura lombar
da", Electa, Milano: 105-117.
Snow B. &. Snow D., 1988 - Birds and berrics ,T & AD Poyser,
Calton.
Williamson K., 1967 - The birci community of farmland, Bird
Study, 14:210-226.
108
PIANURA - Seien/.e e storia dell'ambiente padano - N. 16/20(13
p. 109-114
Ipotesi di miglioramento dei popolamenti di
farfalle diurne (Lepidoptera: Rhopalocera)
tramite la creazione di siepi
inserite nel paesaggio agricolo
Supposition ofimprovement ofthe population
of butterflies (Lepidoptera: Rhopalocera)
through the creation of hedges
in the agricultural landscape
Giampio D'Amico *
Le siepi inserite in un paesaggio agricolo tra un coltivo e l'al
Introduzione
tro hanno diverse funzioni che possono essere suddivise in cin
que grandi categorie:
- una funzione produttiva (produzione di legna da ardere, paleria e legname; miele e prodotti per le api; selvaggina e chioccio
le; piccoli frutti, piante alimentari e officinali, funghi);
- una funzione protettiva (consolidamento delle rive e dei corsi
d'acqua; regimatone idraulica nei terreni collinari e montani e
difesa delle proprietà);
- una funzione igienica (difesa dal rumore e dalle sostanze inqui
nanti prodotte dal traffico);
- un'importante l'unzione ecologica (creazione di habitat per
pronubi, ausiliari e per la fauna selvatica; modificazione del
clima a livello locale attraverso 1'"effetto frangivento" e l'assor
bimento dell'anidride carbonica atmosferica);
- una funzione estetica e ricreativa (abbellimento del paesaggio;
creazione di occasioni di svago: raccolta di frutti, attività venato
rie e possibilità di osservazioni naturalistiche come il birdwatching e il buttcrlìywatching).
Naturalmente tali funzioni variano da luogo a luogo in rela
zione a fattori ambientali, sociali, economici e culturali.
Farfalle diurne e siepi
La capacità di una siepe campestre di attrarre le farfalle diur
ne (Lepidoptera: Rhopalocera) rientra perciò pienamente in
almeno due delle funzioni precedentemente citate: quella eco
logica e quella estetica e ricreativa.
I Ropaloccrfa seconda della loro capacità di dispersione, for* Università di Pavia, Dipartimento tli Ecologia del territorio, via S. Epifanio I-i 1-27100 Pavia. E-mail: giampio@email.it
109
mano popolazioni aperte o popolazioni chiuse: nel primo caso
si tratta di specie (quali ad esempio molti Ninfalidi, Pieridi e
Pipinomeli) migratrici o comunque che, all'interno del loro area
le, possono essere osservate quasi ovunque poiché attraversano
le campagne fermandosi qua e là per alimentarsi,accoppiarsi o
deporre le loro uova e successivamente si spostano alla ricerca
di un altro ambiente idoneo; nel secondo invece si tratta di spe
cie (come Pararge aegeria, satiride legato alle aree boschive
ben strutturate con sottobosco parzialmente illuminato) che
l'ormano colonie separale e, essendo piti sedentarie, sono tipi
che degli ambienti permanenti che però hanno di solito una
distribuzione puntiforme nel nostro paesaggio agricolo e sono
mollo distanti tra di loro (ad esempio i boschi, le zone umide, le
baragge- e altri habitat, dove il cibo per le larve e gli adulti è
disponibile nella stessa area).
Perciò le siepi campestri, in grado di attrarre le farfalle diur
ne, se inserite in un'efficiente rete ecologica di connessione tra
lembi di paesaggio naturale favorirebbero in primo luogo le spe
cie più sedentarie che riuscirebbero a disperdersi con più faci
lità e a raggiungere habitat idonei fino ad allora isolati. Anche le
specie con una più elevata capacità di dispersione sarebbero
comunque avvantaggiate, poiché potrebbero utilizzare le siepi
come aree di sosta durante i loro spostamenti.
Pertanto se si persegue la naturalizzazione di uno spazio agri
colo, si deve sempre evitare che questo rimanga isolato: in tal
caso potrà essere raggiunto e popolato solo da alcune delle spe
cie con elevata capacità dispersiva; molte fra queste, infatti,
anche se possono percorrere distanze elevate, sono molto sen
sibili all'inquinamento, alla meccanizzazione dell'agricoltura e
ad altri fattori.
Ipotesi di realizzazione
di siepi per farfalle
diurne
Per creare una siepe che attragga le farfalle diurne è necessano innanzitutto svolgere un'indagine accurata, supportata da
fonti bibliografiche, sulla ropalocerofauna del territorio di inter
vento. L'indagine però non si deve soffermare soltanto sul pae
saggio agricolo in cui si va ad operare ma anche sulle specie che
si possono osservare in vicine arce di interesse naturalistico.
Svolta tale indagine si possono creare tipologie di siepi campe
stri "su misura ", a seconda delle esigenze ecologiche delle spe
cie che in quell'area sono presenti. In generale una siepe cam
pestre, per attrarre le farfalle diurne, deve adempiere alle fun
zioni di seguito proposte:
- permettere l'ovideposizione, l'alimentazione, l'accrescimento e
l'incrisalidamento delle larve (soprattutto per le specie meno
mobili):
- offrire alimento agli adulti;
1 10
- offrire possibilità di riparo dalle alte temperature ovvero possi
bilità di termoregolazione;
- offrire rifugio per l'ibernazione dell'adulto.
Siepi e sviluppo larvale
Per quanto riguarda la prima funzione, salvo qualche accor
gimento, non ci sono grandi problemi, poiché per ogni singola
specie sono note le piante nutrici delle larve che. una volta
introdotte, siano esse erbacee, arbustive o arboree, permettono
sia l'ovideposizione che l'alimentazione dei bruchi, i quali il più
delle volte fanno la crisalide sulla stessa pianta pabulare larvale.
Bisogna però tenere presenti i due fattori seguenti:
- per ogni singola specie è possibile che siano più d'una le pian
te nutrici delle larve (ad esempio Gonepteryx rhamni ovidepo-
sita su Rhumniis catharlicus e Praiigula alnits) e perciò risul
ta importante un'indagine, supportata sempre da fonti biblio
grafiche, per sapere quale specie venga preferita per l'ovidepo
sizione in quel territorio;
- le femmine, oltre a selezionare la specie di nutrice per le pro
prie larve, selezionano anche gli esemplari più idonei in base a
diversi fattori ancora non completamente conosciuti. Uno dei
fattori principali consiste nel fatto che ogni pianta reagisce alla
brucatura delle larve producendo sostanze difensive. Si potreb
be erroneamente pensare che gli esemplari preferiti per l'ovi
deposizione siano quelli in condizioni migliori e più vicini
all'acqua; in tal modo, invece, si sfavorirebbe la specie. In
Inghilterra infatti la rara Lycaena dispai-, la cui pianta nutrice è
Riimex hydrolapathiini (tabacco d'acqua), pianta erbacea che
cresce lungo gli argini di fossi e canali, preferisce ovideporrc
sulle foglie degli individui più lontani dall'acqua e perciò meno
robusti; inoltre tale scelta evita che le larve periscano a causa di
un innalzamento dell'acqua (New 1977).
Siepe e alimentazione
degli adulti
Per quanto riguarda la seconda funzione, visto che i coltivi
sono di norma poveri di fioriture, bisognerebbe inserire ai loro
margini, all'interno di siepi, essenze fiorite capaci di attrarre e
quindi di alimentare gli adulti. (ìli studi su tale argomento sono
scarsi e
andrebbero sicuramente incrementati. Sono tuttavia
disponibili due studi recenti: il primo è stato eseguito durante la
stagione di volo dei Ropaloceri nel 1999 e nel 2000 in un'area
protetta del Novarese, l'Oasi di Agognate; il secondo nella sta
gione di volo del 2000 all'interno dell'Azienda Cassinazza di
Baselica nel Pavese, dove dal 1994 sono in corso interventi di
naturalizzazione ambientale tramite conversione del paesaggio
agricolo in zone umide di valore naturalistico. Dalla prima inda
gine è emersa la grande importanza di Ritbus frulicostis. essen-
111
za a portamento arbustivo che all'interno dell'Oasi è maggior
mente frequentata rispetto a tutte le altre osservate. Infatti, tra le
essenze rilevate nell'Oasi, il rovo comune è ciucila i cui fiori
hanno attratto il numero più elevato di specie (Pieris brassicae,
Artogeia rapae, Inachis io, Ochlodes venattts). Inoltre su 24
specie di Lepidotteri Ropaloceri rilevati, circa il 70% (Iphic/ides
podaliritts, Pieris brassicae.Artogeia rapae. Anthocaris cardamines,C.olias crocea, Polyommatus icarus, Inachis io. Vanessa
atalanta, Aglais urticele, Polygonia c-album, Pararge aegeria,
Pyrgits mulvoides e Ochlodes venattts) è stato segnalato alme
no una volta sulle foglie del rovo comune. Questa essenza, che
nell'Oasi cresce preferibilmente all'interno degli ecotoni, essen
do un'importante fonte di alimentazione ma anche di riparo o
comunque di sosta per i Ropaloceri, meriterebbe quindi di esse
re considerata efficace per il buttcrlìywatching e di conse
guenza ideale da inserire nelle siepi campestri, anche se non ha
un valore estetico elevato. Anche i fiori di Saponaria officinalis
(su cui chi scrive ha osservato Lycaena phlaeas. Vanessa ata
lanta, Artogeia rapae) e Tilia cordata (su cui chi scrive ha
osservato Artogeia rapae, Inachis io e Polygonia c-album)
sono stati utilizzati come l'onte di alimentazione da un discreto
numero di specie di Ropaloceri adulti. Inoltre alcune altre
essenze fiorite su cui farfalle diurne si sono posate almeno una
volta per suggere il nettare sono le seguenti: Tamarix parviflora visitata da Rapilo machaon; Phylo/acca americana da
/phic/ides podaliritts; Alliaria peliolata da Artogeia rapae e
Pieris napi napi; Anemone nemorosa da Artogeia rapae;
lythrum sa/icaria da Artogeia rapae; Stellarla holostea da
Anthocaris cardamines;Solidago gigantea da Colias crocea e
Artogeia rapae; Saiix alba da Aglais urlicae e Artogeia rapae;
Helhmthiis tuberostts da Issarla lathonia e Artogeia rapae;
Populits nigra, Prunus spinosa, Prunuspersica, Sa/ix purpu
rea da Inachis io; Prunus serotina da Vanessa atalanta. Nella
stessa indagine sono stati rilevati anche fiori del tutto ignorati
dai Ropaloceri nell'Oasi, come ad esempio quelli di Sambitcus
nigra, Robinia pseudoacacia, Quercus robur e molte altre
essenze (D'Amico 2002).
Dalla seconda ricerca, attraverso rilevamenti della ropaloccrofauna in tre aree campione (prato magro, prato umido e siepeprovvista di strato erbaceo, arbustivo e arboreo), è emerso in
primo luogo che le specie di maggior interesse naturalistico
sono state rilevate all'interno dell'arca campione con la maggior
complessità strutturale e vcgetazionale (D'Amico 2000). Inoltre,
eseguendo osservazioni su Lycaena dispai; specie rara osserva
ta all'interno dell'azienda, l'Autore ha registrato, oltre ad una
delle piante nutrici delle sue larve (Riiniex obtits/fo/ius), diver
se essenze fiorite maggiormente utilizzate per alimentarsi
112
(Lythrum sa/icarht.Alisma p/aiitago-aqualica. Crepis biennis.
Cirsiiim urvense e Bidens tripartita). Introducendo quindi in
siepi campestri, lungo lo strato erbaceo di canali o fossi, la pian
ta nutrice delle larve di questo licenide e le essenze fiorite elen
cate in precedenza, quantomeno si favorirebbe la sua dispersio
ne, considerando che la specie è sempre più rara a causa della
degradazione del suo habitat. Un'altra essenza fiorita adatta per
il buttcrlìywatching è Sambitcus ebultts, erbacea perenne il cui
nettare viene prediletto da molte farfalle diurne, almeno in
Sicilia, secondo i rilievi eseguiti da Coricano & Falci (1993)
nella zona di Piano Battaglia (quota 1.650 m s.I.m.) situata nel
cuore del Parco delle Madonie. Durante tali indagini, su un tota
le di 68 specie presenti, 42 sono state rilevate sui fiori della sam
buchella. Quest'ultimo esempio permette di sottolineare l'im
portanza di questo tipo di studi, fondamentali per conoscere
quali piante, nel territorio in cui si opera, vengono visitate oppu
re ignorate dai Ropaloceri.
Altre funzioni delle
La terza l'unzione cui una siepe campestre dovrebbe sicura-
siepi per le farfalle
mente adempiere è quella di includere siti idonei allo svolgi-
diurne
mento di alcuni comportamenti dei Ropaloceri, fondamentali
per la loro sopravvivenza, come la termoregolazione oppure la
possibilità di rinfrescarsi e riposare. A tale proposito si potreb
bero inserire posatoi di diverso tipo, come pietre o sassi appiat
titi ben esposti al sole oppure piccole cataste di rami secchi, chetalvolta vengono utilizzate da alcune specie per ibernarsi da
adulti. Sarebbe anche importante creare piccole pozze d'acqua,
possibilmente circondate da ciottoli, o altri siti su cui le farfalle
possano posarsi e quindi rinfrescarsi e abbeverarsi. Infine una
siepe campestre dovrebbe comprendere I/edera he/ix, essenza
rampicante perenne, utilizzata da alcune specie - come
Gonepleryx rhanuii - per superare la stagione sfavorevole sotto
forma di adulto.
Altre proposte per aumentare la presenza di Ropaloceri nelle
siepi potrebbero essere le seguenti:
- creazione di alcuni nuclei di ortiche (pianta nutrice delle larve di
molti Ninfalidi) di discrete dimensioni in porzioni ombreggiate;
- inserimento di alberi o arbusti produttori di melata o altre
sostanze zuccherine (appetite da molte specie di Ropaloceri),
come ad esempio gli appartenenti ai generi '/'ilici o Acer;
- smagrimento di alcune porzioni di strato erbaceo ben illumi
nate tramite la deposizione di ghiaia sul terreno e la sua even
tuale inclusione nelle porzioni superficiali del suolo, per incre
mentare la diversificazione ambientale e per favorire la crescita
di essenze fiorite appetite da molti Ropaloceri, come i generi
Cardaus e Lavandaia;
113
- messa a dimora di alberi o arbusti da frutto coltivati o sponta
nei (soprattutto Rosacee) i cui fiori e frutti in fase eli marcescenza attirano molle specie di Ninfalidi;
- infine non andrebbero inserite conifere che in generale inibi
scono i Ropaloceri e inoltre acidificano il terreno sottostante.
Bibliografìa
Concerno G. & Falci A., 1993 - Butterfly watching intorno al
Sambucits ebultts, Dispai; 7:12-16.
D'Amico G., 2000 - Indagini sui Lepidotteri Ropaloceri, in:
"Indagini sulla fauna invertebrata nel territorio dell'Azienda
Cassinazza di Baselica (Pavia)", a cura di R. Groppali.
Dattiloscritto.
D'Amico G., 2002 - I Ropaloceri dell'Oasi di Agognate (Novara)
con osservazioni fenologiche, ecologiche ed etologiche
(Lepidoptera: Rhopalocera), Università di Pavia.Tesi di laurea.
New T.R., 1977 - Btitterf/y conservation. Oxford University
Press, Oxford.
114
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 115-119
Lepidotteri notturni
(Heterocera) e siepi
Moths ^Heterocera) and hedges
Marino Marinone *
Il continuo aumento delle aree a coltivazione intensiva ha
Introduzione
portato diverse forme di vita a considerare le siepi come vere e
proprie oasi di rifugio, unica difesa contro gli enormi spazi aper
ti che si sono venuti a creare rendendo animali e vegetali facile-
bersaglio per i loro predatori. La presenza di siepi rappresenta
anche l'ultimo baluardo per ciucile specie le cui esigenze trofi
che non si sono ancora adattate alle modifiche cui è andato
incontro l'ambiente agricolo.
Uno dei gruppi animali che più evidenzia questa funzione
delle siepi è quello degli Eteroceri (Heterocera), comunemente
ma erroneamente definiti farfalle notturne o falene; in realtà
diversi gruppi di Heterocera svolgono le loro attività vitali pre
feribilmente o esclusivamente di giorno (ad esempio lo sfìngide
Macroglossum stellatarum e gli appartenenti alla famiglia
Zygaenidae). Con il termine Heterocera vengono considerati
tutti quei lepidotteri con l'orma delle antenne diversa (antenne
pettinate, segmentate, bipettinate. ecc.) da quella clavata tipica
dei Ropaloceri o farfalle diurne in senso stretto.
Spesso gli Eteroceri sono conosciuti più per i danni che pro
vocano a livello agricolo e/o forestale che per la loro importan
za dal punto di vista ecologico e pertanto tale aspetto potrebbe
addirittura influire negativamente sulla comprensione della
valenza ecologica delle siepi. Senz'altro molti Eteroceri, soprat
tutto nello stadio di larva, possono risultare vere e proprie pia
ghe per essenze vegetali importanti dal punto di vista agricolo o
forestale. Diverse specie (ad esempio Lymantrici dispar e
Yponomeula sp.) possono arrivare a defogliare anche comple
tamente le essenze vegetali di cui si nutrono, causandone la
• e/o SISTF.CO s.r.L. via Canevari 1 -1-27100 Pavia. E-mail: marinomar» tisealinet.it
115
morte per compromissione della l'unzione clorofilliana; essendo
inoltre tali specie soggette a vere e proprie esplosioni demogra
fiche, possono costituire gravi problemi nelle zone in cui sono
presenti. Altri tipi di infestazioni possono riguardare larve xilofaglie (ad esempio Cossus cossus e Zeuzeru pyrinu) in grado di
provocare danni ingenti a essenze legnose anche di elevato valo
re economico e non va dimenticato il pericolo per la salute che
possono rappresentare alcune larve (ad esempio Thatimelopoeu
processionea e Traumatocampa pilyocampa) provviste di peli
urticanti in grado di provocare, in soggetti particolarmente pre
disposti, anche pericolose reazioni allergiche.
Dal punto di vista ecologico, tuttavia, l'importanza degli
Eteroceri è notevole in citiamo nelle aree sottoposte a coltiva
zione intensiva costituiscono la maggior parte della massa dei
consumatori primari. Larve ed adulti degli Eteroceri costituisco
no quindi una delle maggiori fonti di proteine per diversi con
sumatori secondari: micromammiferi, lucertole e ramarri, artro
podi carnivori come i ragni, uccelli insettivori e uccelli granivo
ri (nel periodo dell'imbeccata). Le larve di questi lepidotteri pos
sono inoltre costituire fonte di nutrimento per le larve di ditteri
e imenotteri parassiti che depongono le loro uova sul tegumen
to o all'interno delle larve di altri insetti. Non va neppure tra
scurata l'importanza che gli Eteroceri hanno nell'ambito del
l'impollinazione di diverse essenze vegetali sino a sfociare in
veri e propri esempi di coevoluzione pianta/animale (Filimi &
Camporesi 1989).
Indagine nel Parco
del Ticino
L'importanza delle siepi per il gruppo degli Eteroceri è confermata dai risultati di una ricerca svolta per conto del Parco del
Ticino nell'ambito della realizzazione delPAtlante della biodi-
versità". Le aree campione oggetto dell'indagine sono due, scel
te perché considerate particolarmente rappresentative:
- un'area a Gambolò (PV), ad elevata interferenza antropica,
costituita quasi esclusivamente da campi coltivati a granoturco
e riso. Le uniche altre essenze presenti nell'area sono limitate a
un lontano filare di pioppi e a pochi meli presenti in una vicina
cascina;
- un'area a Zerbolò (PV) posta nei pressi di una zona protetta e
che quindi mantiene pressoché inalterata la composizione vege
tale tipica del Parco, con ricca presenza di siepi e filari.
La cattura degli esemplari è avvenuta con l'ausilio di trappoleluminose e più precisamente con lo sheet-method (metodo del
lenzuolo) in cui la trappola luminosa viene posta al di sopra di
un lenzuolo appeso perpendicolarmente al terreno.
La presenza delle siepi nell'area di Zerbolò rappresenta
senz'altro un arricchimento per la monotonia di un habitat altri-
116
menti limitato ai coltivi, è quindi facilmente comprensibile
come le catture in quest'area abbiano mostrato una maggiorericchezza sia nel numero di esemplari che di specie trovate (Fig.
1 e 2).
Gambolò
(144
^esemplari)
r^
Zerbolò (198
esemplari)
i 42%
[V—-—_^_:
^^
v"-—•—
58%
Fig. 1: percentuale n. esemplari catturati nelle due aree.
/""""'
Zerbolò (50 ^^-^
specie)
v^_
^^^
|^
Gambolò (44
specie)
^^
47%
53%
Fig. 2: percentuale n. specie catturate nelle due arce.
Sia a livello di famiglia che a livello di specie appare evidente
l'importanza del micro-habitat siepe con l'esclusiva presenza a
Zerbolò di rappresentanti della famiglia I.imacodidae e
Thaumetopoedidae. I fastidi correlati alla presenza di queste
famiglie, i cui esemplari possono essere causa di gravi problemi
dal punto di vista sanitario e forestale, sono molteplici e possono
indurre a considerare in modo negativo la presenza delle siepi a
discapito della loro reale importanza ai lini dell'incremento della
biodiversità. Proprio la presenza delle siepi ha permesso di effet
tuare la cattura più interessante dell'intero studio: un esemplarc
eli Phragmataecia castanae.'\\\\c specie - caratteristica di paludi,
stagni, litorali e rive di corsi d'acqua - è in Italia particolarmente
localizzata e in Lombardia risultava Onora segnalata solo a
Invcrigo. in provincia di Como (Bertac.cini .et al. 1994. 1997).
117
Nell'area priva di siepi, situata nel territorio di Gambolò, si è
notata invece l'esclusiva presenza di rappresentanti della fami
glia Saturuihhie; questi Eteroceri per le loro dimensioni, di soli
to ragguardevoli, in genere prediligono ambienti di questo tipo,
che garantiscono loro una sufficiente libertà eli movimento.
Infine, se si analizza più attentamente la distribuzione delle
specie nelle due aree, si può notare come, insieme a quelle
comuni ad entrambe, siano presenti specie caratteristiche per
ognuna di esse (ad esempio, per citiamo riguarda le catture dei
rappresentanti delle famiglie Sphingidae e Notodontidae, con
segnalazioni di discreto interesse zoogeografico, nessuno degli
esemplari rilevati a Gambolò è stato rilevato anche a Zerbolò).
Ciò dimostra l'importanza di conservare intatti entrambi i tipi di
area piuttosto che agire in maniera tale da privilegiarne uno a
discapito dell'altro (Fig. 3).
Entrambe
Gambolò
le aree
28%
36%
Zerbolò
36%
Fig.3: ripartizione delle specie nelle due aree.
Bibliografia
Bai.kstuazzi E., 1988 - Farfalle,"Biblioteca del Parco ddTicino"9,
Fabbri, Milano.
Baroni- M., 1989 - Metodi di monitoraggio di lepidotteri litofagi
nel Parco del Ticino, Università di Milano.Tesi di laurea.
Bertaccini E.. Fumi G. & Proverà P. 1994 - Bombici e Sfingi
d'Italia (Lepidoptera Heterocera).Voi. /.Natura-Giuliano Russo,
Monterenzio (BO).
Bi-rtaccini E., Fiumi G. & PROVERA P. 1997 - Bombici e Sfingi
d'Italia (Lepidoptera Heterocera). Voi. 2, Natura-Giuliano Russo,
Monterenzio (BO).
Carter D.. 1982 - Butterflies & Moths in Brila in and Europe,
British Museum (Naturai Ilistory) Special Eclition, London.
Fiumi G. & Camporesi S., 1989 - Le farfalle delle siepi padane
(Bisechi: Lepidoptera), in: "Ecologia delle siepi : atti del conve
gno (Bagnacavallo. 1989)".Comune di Bagnacavallo,Centro cul
turale polivalente, Bagnacavallo: 23-32.
Galli R.. 1990 - Ricerche sui lepidotteri defoglia tori e xilofagi
118
del Parco del Ticino, Università di Milano.Tcsi di laurea.
Gomez Bt stillo M.R. & Fernandez Rubio F., 1976 - Mariposas de
la Peninsiila Ibèrica. Heteroceros 1, Ministerio de Agricultura.
Madrid.
{Lepidoptera]. 1995."Checklist delle specie della fauna italiana''
voi. 81-91. Caidcrini. Bologna.
Lepidoptera. Wocluidae I: Generalità Hadeninae Citcullinae.
1985."Fauna d'Italia" voi. 22, Calderini, Bologna.
LEVERTON R.. 2001 - Enjoying Moths. Poyser Naturai History.
London.
Novak I. &. Severa F., 1983 - Impariamo a conoscere le farfalle,
Istituto geografico De Agostini. Novara.
Roughot P.C.&VlETTE P.. 1978 - Guide des papillons nocturnes
d'Europe et d'Afriqiie du Nord, Delachaux & Niestlé. Paris.
Skinner B.. 1998 - The colour identification guide to Moths of
the British Isles, Penguin, London.
ZANGHER] S.. Briolini G., Cravedi P, Duso C, Molinari E &
Pasqualini E.. 1992 - Lepidotteri dei fruttiferi e della vite.
L'informatore agrario.Verona.
119
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2005
p. 121-127
Odonati e corpi idrici
negli ambienti coltivati
Odonata and water hodies
in cultivated areas
Elisa Riservato *
Introduzione
Gli Odonati sono insetti particolarmente importanti anchecome indicatori di buona qualità ambientale (Groppali 1999).
Per questo risulta fondamentale tutelare loro e gli ambienti che
frequentano. Attualmente una delle principali minacce che
incombe su questo ordine entomologico è costituita dall'inten
sificazione delle pratiche agricole. Infatti l'inquinamento idrico,
la grande quantità di acqua richiesta per la produzione agricola,
il prosciugamento degli ambienti umidi e la loro frequente con
versione in campi coltivati sono le maggiori cause della diminu
zione dei popolamenti odonatologici.
Gli ambienti che devono essere maggiormente tutelati sono
quelli acquatici con le rispettive sponde: infatti la presenza di un
corpo idrico è di fondamentale importanza nel determinare ric
che popolazioni di questi insetti. Ciò non basta, tuttavia, a garan
tire la presenza di Odonati, che necessitano anche di sponde e
zone limitrofe sufficientemente vegetate.
Il numero di Odonati presenti presso un corpo idrico dipen
de da vari fattori che includono il numero di uova deposte in
quel luogo,la percentuale di cibo disponibile per la crescita lar
vale, il grado di predazione subilo e le dimensioni del territorio
occupato (Moori: 1986, 1991).
Secondo Chelmick et al. (1980) numerose modificazioni
ambientali provocate dall'uomo hanno causato la riduzione e, a
volte, la scomparsa di popolazioni di Odonati, tra queste vengo
no menzionate - oltre, ovviamente, alla contaminazione idrica e
alle bonifiche (Van Toi. & Vbrdonk 1988) - l'alterazione degli
immediati dintorni dei corpi idrici e la perdita di vegetazione
acquatica, emergente e riparia.
• Università di Pavia. Dipartimento di neologia del territorio. Laboratorio di
Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio li - I2" 100 Pavia. E-mail: mavslova<§ hotmail.com
121
Per questo risulta fondamentale studiare, collaudare e appli
care adeguate linee di interventi ambientali atti alla conserva
zione di questi insetti.
Importanza della
vegetazione per gli
Odonati
La presenza di vegetazione, come detto, è condizione neces
saria per lo svolgimento dell'intero ciclo vitale degli Odonati. La
vegetazione emergente e sommersa è. infatti, un importante fat
tore che regola la selezione dell'habitat e l'ovicleposizione di
molte specie di Odonati adulti (Paintkr 1998). Oltre che fornire
supporti adatti per la deposizione delle uova, lo sviluppo larva
le e lo sfarfallamento, nonché per la sosta e la difesa del territo
rio, la vegetazione infatti è utilizzata da questi insetti anche per
funzioni di valutazione più diffìcile, che includono la possibilità
di riparo per gli adulti in periodi con situazione meteorica avver
sa e durante l'attività diurna e/o il riposo notturno, la delimita
zione visiva del territorio, l'individuazione dell'habitat ottimale
(determinato dalla presenza di alcune essenze indispensabili
oppure dall'assetto ambientale del territorio circostante il corpo
idrico; BUCHWALD 1992).
Per lo svolgimento di tutte le funzioni vitali degli Odonati
presso il medesimo corpo idrico è necessario quindi che esso
sia sufficientemente vario a livello ambientale e. in particolare.
fr-Tv*,
|| *àfmM
Cespugli ii |>ral0'
Sentiero 1 Prato
Sviluppo larvale
Sfarfallamento
-] Foraggiamenti)
CZJ
cp
•
!
cp CZ1
[ ' |
Ricerca delpartner
|
j
ed
Jt I—I
!
Accoppiamento
Ovideposizione
•
I
i
—I
Riposo notturno
Fig. 1: uso dell'habitat durante il ciclo vitale di Platycneinis pennipes (da Martcns 1996 in CORBET
1999. mocl.).
122
che possa includere: un'area esterna con alberi e arbusti relati
vamente distante dalla sponda, una zona di transizione com
prendente erbe alte e infine una fascia riparia di vegetazione
acquatica ed emergente.
La zona più distante dal corpo idrico, con vegetazione fìtta di
alberi e arbusti, rappresenta un ottimo riparo notturno utilizza
bile anche in occasione di condizioni meteoriche avverse; la
zona di transizione, con erbe alte, serve per lo stazionamento e
il riposo nel periodo dei conflitti territoriali e soprattutto per la
caccia. Infine la vegetazione riparia offre i supporti necessari alla
maggior parte delle altre attività svolte dagli adulti.
Caratteristica di rilevante interesse degli Odonati adulti è cheessi danno risposte ben definite ai mutamenti ambientali, allon
tanandosi rapidamente da acciue che subiscono modificazioni
derivanti anche soltanto dall'eliminazione della vegetazioneriparia. Ad esempio nel corso del 2000, presso Cassinazza di
Baselica (Pavia), gli Odonati, privati di posatoi e punti di rifugio,
in seguito al taglio di parte della vegetazione spondale (domina
ta da Phragmites australis) di una palude, si sono rapidamente
rarefatti nell'intera area (Riservato 2001).
li quindi essenziale, per la conservazione di popolazioni odonatologiche sufficientemente ricche e varie, la presenza di tipo
logie dì vegetazione che possano sopperire a tutte le necessità
nel corso della loro esistenza (Fig. 2) sia nei corpi idrici coloniz
zati sia nei loro immediati dintorni.
A
Zona mai sommersa
con presenza di pietre
e restivegetali
B
Zona ncquitrinosa
soggetta ad
allagamenti
c
Zona sommersa
a volte soggetta
ad asciutte
D
Zona di acque
profonde
E
F
G
Macrolite
mai soggetta
acquatiche
con foglie
ad asciutte e
galleggianti
Canneto
Isola
H
B
Zone con acque
Zona acquitrinosa
di varie profondità
soggetta ad
allagamenti
congelamento
Fig.2:sezione di biotopo creato per la conservazione della massima biodiversità degli Odonati (da Knap
et al. 1993 in Corbet 1999. mod.).
123
Ricostruzione ambientale
e conservazione degli
ambienti amidi
Gli ambienti a coltivazione intensiva offrono, in genere,
come luoghi adatti alla presenza di Odonati, le rogge e i canali.
Fanno ovviamente eccezione le risaie, nelle quali possono com
pletare il loro sviluppo larvale alcune specie, tenendo conto dei
l'attori limitanti costituiti dalle asciutte periodiche e soprattutto
dall'impiego massiccio di biocidi. Questa è stata probabilmente,
in tempi recenti, la causa del forte declino di Sympetritm
depressiitsciilum nel Parco del Ticino (Baliìstrazzi 1999).
Variabili importanti per costituire ambienti ottimali per gli
Odonati sono (Painter 1998):
- una copertura di macrofìte sommerse e galleggianti alternata a
canneto e acqua libera;
- una porzione acquatica in ombra;
- una sponda occupata da vegetazione fitta (come il canneto);
- la temperatura e la velocità dell'acqua.
La percentuale di area coperta da parte delle macrofìte, la
temperatura dell'acqua e la presenza dell'ombra sono le variabi
li ambientali piti importanti sia per gli Anisotteri che per gli
Zigotteri (Samvvavs & STEYTLER 1996). Infatti molle specie di
Anisotteri vivono in biotopi soleggiati con un'alta percentuale
di macrofìte e Clark & Samways (1996) stimano che esista una
correlazione negativa tra la ricchezza delle specie di Anisotteri e
la copertura ombreggiarne: ciò potrebbe essere attribuito all'im
portanza della temperatura nella termoregolazione e nel com
portamento di foraggiamento degli adulti.
I corpi idrici degli ambienti agrari vengono utilizzati dagli
Odonati in modo differente a seconda della loro tipologia: quel
li escavati di recente con poca ombreggiatura da parte della
vegetazione spondale vengono preferiti da maschi territoriali e
femmine che ovidepongono, mentre quelli con canneto vengo
no poco usati dagli adulti. Comunque i corpi idrici agrari con
macrofìte abbondanti, sommerse o galleggianti, sono più favore
voli alla crescita delle larve che non i canali scavati di recente o
quelli con forte ombreggiatura e scarso sviluppo di vegetazione
acquatica.
D'altra parte non tutte le specie hanno successo nell'ovideposizione in canali di nuova creazione e, nel caso che le uova
vengano deposte, non è scontato che la popolazione larvale rie
sca a sopravvivere. Infatti alcune specie, in particolare Zigotteri.
possono completare il loro ciclo vitale soltanto in presenza di
macrofìte sommerse (Samvvavs & STEYTLER 1996).
Quando un canale inizia a essere invaso da Phrugmites la sua
attrattiva per gli Odonati si modifica e mentre un canneto rado
può costituire un habitat migliore per alcune specie rispetto ad
aree interamente scoperte, un canneto troppo fitto viene gene
ralmente evitato sia dagli adulti sia dalle larve. Dove ci siano
densi canneti si può perciò raccomandare di aprire spazi di
124
acqua libera, per permettere la colonizzazione di macrofìte gal
leggianti e. conscguentemente, di Odonati.
Avendo come obiettivo la salvaguardia e l'incremento degli
Odonati in ambienti coltivati sarebbe consigliabile e necessario
Conclusioni
studiare un quadro di provvedimenti mirato a effettuare gli inter
venti di pulizia delle rive e dei canali in periodi non riproduttivi
e comunque a rotazione. Si limiterebbero di molto, in tal modo, i
danni nei confronti degli Odonati attuando gli interventi neces
sari lungo una sola riva e lasciando l'altra come rifugio.Autunno
e inverno sono i periodi migliori per la pulizia del fondo del cana
le, che sarebbe opportuno venisse effettuata ogni due o tre anni,
in modo da permettere una naturale ricolonizzazione da parte
delle specie presenti. Anche il dragaggio dei canali finisce per
causare sicuri danni all'ambiente subacqueo e a quello margina
le, ma le ricadute dell'operazione sarebbero più contenute se si
potessero programmare i lavori di manutenzione di più canali
vicini tra loro secondo un'adeguata rotazione. Sarebbe comun
que opportuno che i tratti che vengono puliti contemporanea
mente avessero le dimensioni più ridotte possibili.
Un modello gestionale finalizzato all'incremento della biodiversila degli insetti acquatici dovrebbe quindi comprendere - in
futuro - una maggior cautela nella periodica e necessaria climinazione della vegetazione emergente: in particolare gli interven
ti dovrebbero essere fatti nei periodi di inattività degli Odonati
(come l'autunno) oppure eseguiti a settori, evitando sempre di
privare le sponde dei corpi idrici, contemporaneamente e in
piena stagione di volo, di tutta la vegetazione riparia ed emer
gente (BDS 1988. 1993: si veda fig. 3).
i
s
^v
f\
Sponda non soggetta a taglio
lag.3: esempio di intervento di taglio della vegetazione spondale a rotazione ogni 3 anni.
125
Allo scopo di incrementare le popolazioni odonatologichc
potrebbe essere interessante operare alcune ridotte modifica
zioni strutturali delle sponde dei corpi idrici, rendendoli più
adatti alla sosta dei maschi di varie specie, e quindi valutare le
ricadute faunistiche di tale intervento.
Bibliografìa
Bai.estrazzi E., 1999 - Odonati, in: "Atlante della biodiversità nel
Parco Ticino", EcliNoclo, Como: 197-206.
BDS (British Dragonlìies Society), 1988 - Pond construdion for
dragonj/ies, BDS, Purley, OdA 6581.
BDS (British Dragonflics Society), 1993 -Managing habitatsfor
drugonflies, BDS, Purley, OdA 9101.
Bi'CHWALD R.. 1992 - Vegetatimi and dragonfly fauna : characteri-
stics and cxamples of biocenological lìeld studies, Vegeta/io,
101:99-107.
Ciiei.mick D., Mammoni) C,Moore N. & Stubbs A., 1980 - The conservation of drugonflies. Nature Conservane}' Council, London.
Clark T.E. &. Samways M.J., 1996 - Dragonflics (Odonata) as indicators of biotope quality in the Kruger National Park, South
MtìOLjoumal ofapplied Ecology, 33: 1001-1012.
Coi.l.INSON N.H., BlCÌCiS J., CORFIELD A., IIodson M.J., Wai.ker D..
Wiiitiield M. & Williams RJ., 1995 -Tcmporary and permancnt
ponds : an assessment of the effeets of drying oul on the conservation value of aquatic macroinvertebrate communities,
Biologica/ conservatimi, 74: 125-133.
CORBET PS., 1999 - Drugonflies : behaviottr and ecology of
Odonata, Marley books, London.
Danii-lson I'., 1998 - Monitoring wetlands :deciding vvhat to measure. Volitateci- monitor, 10 (1): 17-19.
GROPPAU R., 1999 - Odonati e qualità ambientale, in: "La biodi
versità nel comune di Cremona", Cremona: 109-111.
GROPPAU R. & RISERVATO E., 2002 - Considerazioni sull'impiego degli
Odonati adulti come bioindicatori della qualità degli ambienti lentici, Stttd. treni. Sci. nat. Ada biol., 78,1 (2001): 247-249.
HAWKING J.H. & NewT.R., 1999 -The distribution patterns of dra
gonflics (Insecta: Odonata) along the Kievva River,Australia, and
their relevance in conservation assessment, Ilydrobiologica.
392: 249-260.
Moore N.W., 1986 -Acid water dragonlìies in Eastern England :
their decline, isolation and conservation, Odonatologica. 15:
377-385.
Moore N.W., 1991 -The development of dragonflics communi
ties and the consequences of territorial behaviour : a 27 year
Study on small ponds at Woodvvalton Ecn, Cambridgeshire, UK,
Odonatologica, 20: 203-231.
Palmer D., 1998 - Effeets of ditch management patterns on
126
Odonata at Wicken Een, Cambridgeshire, LiK, Biologica! conser
vation. 84: 189-195.
RISERVATO E., 2001 - Gli Odonati. in: "Indagini sulla fauna inverte
brata nel territorio dell'Azienda Cassinazza di Baselica (Pavia) ".
a cura di R. (iroppali. Dattiloscritto.
Samvvavs M.J. & STEYTLER N.S.. 1996 - Dragonlìy (Odonata) distri
bution patterns in urban and forest landscapcs, and recommen-
dations for riparian management. Biologicaf conservation, 78:
279-288.
VanTolJ. &Vi:rdonk M.J., 1988- The proteclion of dragonflics
(Odonata) and their biolopes. Council of Europe, Strasbourg.
Worrai.l P, Peberdv K.J. & Mii.lett M.C., 1997 - Constructed
wetlands and nature conservation, Wat. Sci. Tech.. 35 (5):
205-213-
127
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 129-131
Coleotteri Carabidi delle siepi
del Forlivese e del Bolognese
(Coleoptera Carabidae)
Roberto Fabbri *, Eddy Bisulli **
Durante il 1998 e il 1999 è stata condotta una ricerca sui
Riassunto
Coleotteri Carabidi lungo le siepi di quattro aziende agricole
nella provincia di Eorlì-Cesena e di due aziende nella provincia di
Bologna. L'indagine è stata svolta mediante l'utilizzo di trappole
a caduta. Complessivamente sono state censite 45 specie e 26
entità risultano in comune tra l'area forlivese e quella bolognese.
Summary
Introduzione
A survey on ground beetles was carried otti ditring 1998
and 1999 in fottrftirms in the province ofForlì-Cesena and in
two farms in the province of Bologna (Emilia-Romagna,
north-east Italy). The ground beetles were sampied by meuns
of usuai pitfall traps. A total of 45 species were sampied and
26 taxa were foiind in both the provinces.
Le siepi hanno un ruolo molto rilevante nella conservazione
e nel recupero della biodiversità negli agroecosistemi di pianu
ra e sono indispensabili per il mantenimento di popolazioni sta
bili degli insetti impollinatori nonché dei predatori e parassiti
dei litofagi di molte colture.
Al fine di valutare la risposta ambientale conseguente all'im
pianto di siepi in aziende agricole di pianura in provincia di
Eorlì-Cesena e Bologna, si è scelto di monitorare, nell'arco di un
anno solare, i Coleotteri Carabidi: un gruppo di insetti partico
larmente importanti quali bioindicatori (Brandmayr 1975,1983).
La presenza dei Carabidi nell'ambiente agrario padano è
influenzata soprattutto dal tipo e dalla distribuzione delle coltu' Museo Civico di Storia naturale, via De Pi.sis 24 - I-i i 100 Ferrara. E-mail: r-fabbri@Iibero.it
" ViaA.Meticci 2-i -1-47039 Savignano sul Rubicone (FC).
129
re, dalla differente conduzione agricola e dalla quantità di input
esterni, nonché dalla quantità e qualità della vegetazione spon
tanea esistente nel cui novero rientrano anche le siepi (LoVERDE
et al. 1997).
La metodologia seguita è stata quella standard e si sono uti
lizzale, per la cattura dei Carabidi, le trappole a caduta, innesca
te con una soluzione di aceto e sale, in numero di 6 o 8 per
siepe.
La ricerca nella provincia di Forlì-Cesena si è svolta nel 1999
in quattro aziende agricole a conduzione biologica in cui sono
stati impiantati durante gli anni 1994 e 1995 semplici cordoni siepivi composti da essenze arboree e arbustive (Fabbri & Scaravei.i.i
2002; FABBRI in corso di stampa). Tre delle aziende monitorate
sono collocate nei dintorni di Forlì - a Villa Rovere, Villanov a di
Forlì e S. Martino in Villairanca - e una a Diegaro di Cesena. In pro
vincia di Bologna l'indagine è stata realizzata nel corso del 1998
in due aziende: la prima, situata a Castel S. Pietro Terme località Cà
il Rio, a conduzione integrata dotata di siepe e macchia boscata
giovani, la seconda, situata a S.Giovanni in Pcrsiceto, a conduzio
ne biologica e con siepe matura (Bist i.i.i 2001).
Risultati e commento
In totale sono state censite 45 specie di Carabidi: 32 entità
lungo le siepi del Forlivese e del Cesenate e 39 lungo i cordoni
siepivi del Bolognese. Ben 26 specie sono risultate in comune
tra le due aree geografiche.
Utilizzando il quoziente di similarità (QS) è emersa una somi
glianza molto elevata, circa il 73%, tra la carabidoiàuna delle
siepi delle due aree.A riprova della grande somiglianza tra i due
popolamenti vi è anche in comune l'alta percentuale di specie
macrottere (oltre il 70%), a dieta zoofaga e mista (oltre il 95%),
con riproduzione primaverile (oltre il 65%) e con vasta distribu
zione geografica (oltre il 72%).
Le specie con i valori di dominanza più elevati sono state
riscontrate nel
Forlivese-Cesenate: Pseudophonus riifipes
(Degeer), Carabus violaceus picenus Villa, Calathus fuscipes
hitus Serville, Trechus qttadristiiatiis (Schrank) e SteropuS melas
itu/icus (Dejean).Analogamente nel Bolognese le entità dominan
ti si sono rivelale: Steropits melas italicus, Calathus fuscipes
lutus, llurpalus distinguendus (Duftschmid). Pseudophonus
rufipes. Tra le specie raccolte alcune mostrano una diffusione
nella pianura emiliano-romagnola molto limitata come Carabus
violaceus picenus, Carterus dama (Rossi) e Haipalus albaiiicus
(Reitter).
Nel complesso la diversità tassonomica è risultata più eleva
ta lungo le siepi contraddistinte da un maggiore livello di matu
rità e collocate in aziende biologiche, come a Diegaro di Cesena,
130
Villa Rovere e S. Giovanni in Persicelo. La minore diversità spe
cifica si è riscontrata, al contrario, lungo i cordoni siepivi più gio
vani e in aziende a conduzione integrata o comunque biologica
ma con attigue aziende convenzionali, come a Villanova di Forlì,
S. Martino in Villafranca e Castel S. Pietro Terme.
Ringraziamenti
Gli Autori ringraziano il dottor Dino Scaravelli di Forlì, la dot
toressa Tiziana Nasolini dell'Osservatorio Agroambientale di
Cesena e il Settore Agricoltura dell'Amministrazione provincialedi Forlì-Cesena per la promozione della ricerca nel Forlivese; il
CRPV, la Regione Emilia-Romagna, il DiSTA (dott. Giovanni
Burgio) e il Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore per la
realizzazione dell'indagine nel Bolognese ed infine i proprietari
delle aziende agricole coinvolte per la disponibilità dimostrata.
Bisi i.li E.. 2001 - Indagine faunistica sui Coleotteri Carabidi
Bibliografia
presenti in alcune siepi del Bolognese, Università di Bologna.
Facoltà di Scienze matematiche, fìsiche e naturali. Corso di lau
rea in Scienze naturali.Tesi di laurea.
Brandmayr P, 1975 - Un gruppo di invertebrati del suolo,
Coleotteri Carabidi. in relazione al grado di trasformazione di
biotopi agrari e forestali del basso Friuli : sua importanza per la
ricostruzione ambientale, Inf.bot. Hai., 7: 1-97.
Brandmayr R, 1983 - Entomocenosi come indicatori delle modifi
cazioni antropiche del paesaggio e pianificazione del territorio :
esempi basati sullo studio dei popolamenti a Coleotteri
Carabidi. in: Atti del XII Congresso nazionale italiano di
Entomologia (Roma, 1980)", Roma: 263-283.
FABBRI R.. in corso di stampa - Indagine sui Coleotteri Carabidi
(Coleoptera, Carabidae) di aziende agricole a coltivazione bio
logica nella provincia di Forlì-Cesena, Quad. Sin. Ecol. Civ. Mus.
Stornai. Ferrara, 14.
FABBRI R. & SCARAVELLI D, 2002 - Indagine preliminare sui
Lepidotteri diurni lungo siepi in aziende agricole biologiche del
Forlivese e Cesellate (Insecta Lepidoptera Hesperioidea,
Papilionoidea), Quad. Studi Nat. Romagna, 16:81-94.
Lo Verde G., Massa B. & Caleca V, 1997 - Siepi, bordure e margi
ni di vegetazione spontanea negli agroecosistemi : effetti sulla
diversità delle comunità di Artropodi, Nat. sicil, s. 4, 21, stippl.:
123-157.
131
PIANI IRA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 133-142
Il ruolo delle siepi nei confronti
del popolamento araneico
Riccardo Groppali ;
Riassunto
Summary
11 popolamento araneico delle siepi è ancor oggi poco noto,
soprattutto in Italia. Vengono perciò presentati alcuni lavori
riguardanti: l'utilizzo dei ragni delle siepi come bioindicatori;
l'importanza delle differenze di struttura delle siepi per le popo
lazioni araneiche; la fenologia; l'età delle siepi in rapporto al
potenziamento dell'araneofauna negli agroecosistemi; le siepi
come serbatoi biologici: il valore ecologico delle popolazioni
araneiche di siepi in differenti parti dell'Italia.Anche se il ruolo
dei ragni come agenti del controllo biologico di insetti litofagi è
controverso, siepi e margini di coltivi sono essenziali per garan
tire un'elevata biodiversità in questi ambienti antropizzati.
The spiders which popa la te the hedges are stili not well
known. in purticulur in Ita/y Some WOfks concerning this
subject are therefore presented: use of spiders of hedges as
bioindicalors: importance of strutturai differences of hedges
for spider populations;phenology;age ofhedges and slrengtheiit'ng of the presente of spiders in agroecosystems; hedges as
biologica/ sources; ecological vaine of spider popttlations of
hedges in different purls of Ilaly. (falso the rote oj'spiders in
biologica! control of phytophagOUS inseets is controversial,
hedges and fichi margins are essential in assuring a high bio
diversity in such anthropized environment.
Introduzione
Sebbene il loro ruolo nel controllo biologico di insetti litofa
gi sia tuffora oggetto di discussione (Brignoli 1983; Dean et al.
' Università di Pavia, Dipartimento di Ecologia del territorio. Laboratorio di
Conservazione della natura ed Ecologia degli invertebrati, via S. Epifanio I-i - I2~100 Pavia. E-mail: groppali1"et.tinipv.it
133
1987; Nvffeler & Benz 1987; Rieciiert &
Lockley
1984;
Sunderland et al. 1987), si può comunque affermare che in alcu
ni casi i ragni sono in grado di attaccare specie dannose di
recente introduzione, come è stato rilevato nella Valpadana cen
trale nei confronti dell'ifantria (Groppali & Priano 1994).
L'importanza dei ragni come bioindicatori (Groppai.i 1998;
Marc et al. 1999) e come elementi fondamentali della biodiver
sità ambientale (Groppai.i I999a. 1999b) appare indiscutibile, in
particolare negli agroecosistemi e soprattutto ai margini dei col
tivi, che, se ben strutturati, possono anche fungere da serbatoi
biologici nei confronti delle aree coltivate limitrofe, arricchendo
la loro fauna di predatori polifagi (Dennis & Frv 1992). Inoltre
può essere valutato come vantaggioso l'effetto-barricra costituito
da siepi e filari ai margini dei campi (Mader et al. 1990). in quan
to i ragni tessitori collocano di preferenza i loro apparati di cat
tura nei varchi che si trovano all'interno della vegetazione legno
sa (Groppali et al. 1994): così possono essere intercettati nume
rosi insetti che volano da un campo all'altro e che spesso appro
fittano di tali pertugi. La concentrazione di ragni in questi punti
non sembrerebbe peri) determinata da una maggior quantità di
prede potenziali, ma principalmente dalla possibilità di disporre
di validi punti di attacco per la costruzione delle tele,come dimo
strato da uno studio effettuato su due specie di araneidi in bru
ghiera (CherretT 1964).Altri studi evidenziano, invece,che i ragni
tessitori tendono a mantenere i loro apparati di cattura più a
lungo in punti dotali di una maggior quantità di prede (Vollrath
1985), con addirittura una specie (Agelenopsis aperta) in grado
di scegliere il sito più produttivo per la costruzione dell'appara
to di cattura in base alle vibrazioni impresse all'aria dal volo di
insetti-preda (Riechert & Gii.i.espie 1986).
Ragni delle siepi
come bioindicatori
In linea di massima siepi strutturalmente simili, presenti nelle
medesime condizioni ambientali, dovrebbero tendere ad avere
popolamenti araneici simili: per questo motivo si ritiene possi
bile che indagini sui ragni di siepi dominate dalle medesime
essenze, sottoposte a modelli gestionali uguali e situate nello
stesso territorio, siano in grado di definire l'eventuale incidenza
di fattori esterni.
Una prima applicazione di tale ipotesi, considerando i ragni
presenti nelle siepi come bioindicatori, è stata fatta nell'area
interessata dalla fuoriuscita di petrolio greggio da un pozzo
lesionato presso Trecate (Groppali et al. 1997a). Le conseguenze
suH'araneofauna della conlaminazione, protrattasi per circa 36
ore, tra febbraio e marzo 1994,e comportante la ricaduta di circa
15.000 metri cubi di petrolio nell'area circostante, sono state
studiate sette mesi dopo l'evento.Utilizzando i popolamenti ara-
13i
neici di aree-campione di 9 mq di siepi di struttura simile, collo
cate a distanze crescenti dal punto di fuoriuscita del greggio, è
stato possibile rilevare che l'area più vicina (500 metri in linea
d'aria), e sottoposta alla massima ricaduta per la direzione del
vento, ospitava soltanto 3 esemplari appartenenti alla medesima
specie e che la varietà araneica, rilevabile dal numero di famigliepresenti, era più ridotta nelle aree più prossime alla fonte inqui
nante: 1 famiglia a 500 metri, 3 a 650 e 750 metri.
Popolamento araneico
in rapporto alla strutmra
delle siepi
Fenologia dei ragni
nelle siepi
Nell'ambito di siepi strutturalmente differenti, presenti nel
medesimo territorio, le diversità araneiche possono essere
anche molto profonde, come dimostrato da un'analisi eseguita al
margine di colture di mais presso Stagno Lombardo, CR
(Groppali et al. 1994), confrontando tra loro i popolamenti di
quattro tipologie di aree-campione vicine tra loro: margine a
erba, pioppi isolali con alcuni cespugli al piede, siepe fitta di
aceri e platani ceduati, filare misto con ricca componente arbustiva. Nessuna delle 16 specie rilevate è stata ritrovata in tutte
quattro le tipologie di margine di coltivo considerate e i valori
più elevati degli indici di Shannon-Wiener e di Evenncss sono
stati riscontrati nel filare arboreo-arbustivo rado (rispettivamen
te 3.45 e 0.90). per la presenza contemporanea di ragni costrut
tori di tele (favoriti dall'abbondanza di punti di attacco per gli
apparati di cattura) e di specie che esplorano liberamente il ter
reno (favorite dalla vegetazione erbacea non troppo futa).
Nel Parco del Ticino, presso Vigevano (PV),sono state studia
te altre quattro differenti tipologie di margini di coltivi (filarefitto di robinia con rovi, siepe racla di robinia, filare rado di sali
ce bianco, erbe alte), con campionamenti mensili da maggio a
ottobre (Groppali et al. 2000). I dati ottenuti hanno permesso di
rilevare i valori maggiori, relativi alla ricchezza biologica (valu
tata tramite l'indice di Shannon-Wiener), nell'area-campione
costituita dalla siepe di robinia e quelli inferiori nel margine a
erbe alte. L'ambiente meno strutturato e più povero di possibi
lità di attacco per apparati di cattura complessi è risultato quin
di quello con popolamenti araneici meno ricchi e vari.
Indagini eseguite nelle siepi durante differenti periodi del
l'anno consentono di studiare la fenologia dei ragni, ancor oggi
nota in modo insufficiente. Uno studio eseguito presso Stagno
Lombardo con raccolte mensili, nello spazio di un anno, in areecampione di 9 meic" siepe fìtta arboreo-arbustiva (Groppali et al.
1995a). ha permesso di rilevare, oltre a una presenza quasi
costante di ragni nell'arco dell'anno (con assenze limitate sol
tanto al mese di dicembre e un massimo di 52 esemplari in mag-
135
gio), la notevole ricchezza e varietà dei popolamenti araneici di
questo tipo di ambiente (Fig. 1).
Fig. I: indici mensili di ricchezza specifica (R),Shannon-Wiener (II) ed F.venness (|) dei ragni catturali in
9 mei c,i siepe mista presso Stagno Lombardo nel corso di un anno (da Groppali et al. 1995a).
Un'indagine svolta presso Vigevano, in quattro tipologie dif
ferenti di margini di coltivi tra metà maggio e ottobre (Groppali
et al. 2000), ha permesso di rilevare profonde differenze tra gli
ambienti confrontati, evidenziando forti variazioni quantitative
per ogni campionamento mensile, in particolare nel numero di
esemplari immaturi. A questo proposito è stato addirittura ipo
tizzato che il margine a erbe alte, nei coltivi in questione, costi
tuisse una sorta di nursery per diversi ragni, poiché le percen
tuali di esemplari immaturi catturati tra luglio e inizio ottobre
sono risultate pari o prossime al 100%.
Potenziamento delle
popolazioni araneiche
in agroecosistemi
Si può ipotizzare che il modo più ovvio di conseguire un
incremento delle popolazioni araneiche negli agroecosistemi
consista nella piantagione di vegetazione legnosa lungo i margi
ni dei campi o almeno nel mantenimento di spazi erbosi ai mar
gini delle colture (Maei.fait ik De Keer 1990). Bisogna però tener
conto che i risultati di simili operazioni non possono essere in
alcun caso immediati, soprattutto nel caso di siepi o di filari, che
richiedono un certo tempo per poter ospitare popolamenti ara
neici sufficientemente ricchi e vari.
Allo scopo di valutare i tempi di occupazione di nuovi ele
menti vegetali al margine dei coltivi è stata condotta tra giugno
e agosto un'indagine in arce-campione di 9 mq nell'Azienda
Cassinazza di Baselica (Giussago, PV), in tratti differenti di siepi
con composizione vegetale simile, piantate sei anni prima ovve
ro l'anno precedente lo studio (Groppali in corso di stampa).
136
L'esame antiteologico ha messo in evidenza una profonda dif
ferenza tra le due siepi (indice di Sorensen = 0.56) e nella com
posizione delle principali famiglie dei ragni presenti. Inoltre è
stato rilevato che nella siepe matura il 61% dei ragni costruisce
tele e il restante 39% cattura le prede in altro modo, mentre nella
siepe recente la situazione è opposta, con valori, rispettivamen
te, del 32% e del 78%. L'importanza dei punti di attacco per la
costruzione di apparati di cattura complessi, più abbondanti e
meglio distribuiti nella siepe vecchia rispetto a quella nuova, è
stata dimostrata anche dallo studio sui ragni tessitori presenti.
Infatti nella siepe matura sono state conteggiate, nei tre sopral
luoghi mensili, 30 tele in media, mentre in quella più recente è
stata calcolata una media di 8,4 tele. Gli indici ecologici (ric
chezza R. Shannon-Wiener FI ed Evenncss J) sono risultati esse
re più elevati per la siepe matura (R = 17, II = 371 e J = 0.55)
che per la siepe recente (R = 14, H = 3-09 ej = 0.54).
L'indagine ha evidenziato perciò il valore delle siepi - anche
recenti - negli agroecosistemi, in quanto in grado di ospitare
popolamenti arancici ricchi, con elevati livelli di biodiversità ed
equilibrata distribuzione di esemplari per specie. Per i costrut
tori di tele più esigenti è invece necessario che la siepe abbia
raggiunto una maturità sufficiente a fornire punti di attacco
numerosi e ben distribuiti.
Anche i margini inerbati dei coltivi possono contribuire
comunque all'arricchimento della biodiversità negli agroecosi
stemi, come è stato dimostrato dal confronto tra popolazioni ara
neiche presenti in tale tipo di ambiente e quelle abitanti i colti
vi di frumento invernale nella Riserva di Obere Lobau, presso
Vienna (Kromp &. Steinberger 1992). L'indagine ha permesso di
rilevare l'importanza di tali elementi ambientali, in grado di ospi
tare specie con limitate possibilità di dispersione e più sensibili
alle periodiche alterazioni ambientali determinate dalle attività
agricole.
Siepi come serbatoi
biologici dei ragni
per i coltivi
Siepi e margini dei coltivi possono fungere, con le loro ric
che popolazioni araneiche. da serbatoi biologici per questi pre
datori (Dennis & Frv 1992; Hassall et al. 1992), che partendo da
tali ambienti possono penetrare all'interno delle colture e svol
gervi la loro azione, vantaggiosa anche a livello economico, di
controllo di alcuni litofagi dannosi.
Uno studio effettuato in coltivi di mais della pianura padana
interna ha dimostrato infatti la maggior ricchezza e varietà di
ragni nelle aree limitrofe a una siepe rispetto al centro dei campi
oggetto di indagine (Groppali et al. 1997b). Di minor interesse
araneologico si sono invece rivelate le porzioni di coltivo situa
te in prossimità di margini inerbati, anche per la probabile azio-
137
ne di disturbo provocata dai tagli periodici della vegetazione
erbacea presente.
I margini inerbali possono comunque costituire elementi eli
arricchimento delle popolazioni araneiche dei coltivi limitrofi,
come è stato dimostrato da un'indagine effettuata per un anno
in campi di mais e eli segale presso Ghent, in Belgio
(Ai.derweirei.dt 1989). Infatti in entrambe queste coltivazioni la
ricchezza specifica diminuiva al crescere della disianza dal mar
gine, in particolare nella maiscoltura.
Valore ecologico delle
popolazioni araneiche
delle siepi
Prima eli esaminare il valore ecologico delle siepi e dei loro
ragni, può essere utile ricordare uno studio effettuato in Friuli,
in campi di soia circondati oppure privi eli siepi (Nazzi et al.
1989), che permette eli fare valutazioni più complesse. Infatti le
comunità araneiche rinvenute in coltivi aperti sono risultate
meno equilibrate rispetto a quelle del centro eli campi contor
nati da siepi, le quali avrebbero quindi un ruolo importante nel
mantenimento dell'equilibrio biocenotico: infatti tale dotazione
permette la sopravvivenza eli specie colle-gate ad ambienti dive
nuti ormai scarsi nelle pianure (come le aree boscate) o vulne
rabili alle operazioni agronomiche condotte nei campi, garan
tendo quindi la presenza di predatori polifagi - connessi con tali
ambienti - che possono risultare utili contro litofagi dannosi.
Utilizzando lavori pubblicati recentemente (Groppali et al.
1994, Groppali et al. 1995a, Groppali et al. 1995b, Groppali et al.
1999; Groppai.i & Pesarini 2002) è possibile rilevare la buona
valenza ecologica eli siepi, filari e fasce inerbate in differenti aree
italiane, anche se con valori difformi degli indici ecologici piti
comunemente utilizzati ('lab. 1).
Aree-campione italiane eli 9 mq
Stagno Lombardo (giugno) - alberi-arbusti radi misti
Stagno Lombardo (maggio) - arbusti-alberi fitti misti
Palinuro (luglio) - arbusti misti fitti con alberi
II
J
R
3.45
0.90
11
3-2 i
0.83
15
3.10
0.72
1I
Stagno Lombardo (giugno) - arbusti misti fitti
2.92
0.69
9
Palinuro (luglio) - arbusti misti fìtti
2.90
0.68
10
Stagno Lombardo (giugno) - arbusti-alberi misti fìtti
2.86
0.58
9
Elba (luglio) - arbusti misti fìtti
2.36
0.60
7
Stagno Lombardo (giugno) - erbe miste fitte
2.06
0.46
5
Cusano (ottobre) - arbusti misti fitti con alberi
1.89
0.38
6
Castdrotto (agosto) - arbusti misti fìtti
0.83
0.17
Tab. 1: indici di Shannon-Wiener- H (in ordine decrescente), di Fvenness -J e di ricchezza specifica -
R calcolati per differenti tipologie di siepi, filari e fasce inerbate in alcune aree-campione italiane di 9
mq, indicate a livello geografico, con indicazione dei mesi di studio e delle caratteristiche fondamen
tali della vegetazione.
138
Hpossibile eseguire un confronto tra i valori ottenuti e quel
li dei medesimi indici calcolati da Nentwig (1993) per 68 aree
forestali centroeuropee, con Shannon-Wiener (H) compreso tra
1.24 e 4.2 ed Evenness (J) tra 0.37 e 0.9 i. In questo modo risul
ta evidente che, a parte l'arca-campione eli Castelrotto (BZ).
posta a quota più elevata di tutte le altre, i valori degli indici
sono compresi entro quelli proposti per ambienti forestali
dell'Europa centrale. Il dato conferma quindi l'elevata valenza
ecologica di tali elementi lineari, anche se isolati all'interno eli
ambienti profondamente diversi e antropizzati con differenti
livelli eli intensità.
Considerazioni
conclusive
I ragni rappresentano una buona parte dei predatori di inver
tebrati degli ecosistemi terrestri, in grado eli catturare una fra
zione non indifferente di insetti posti a livelli trofici inferiori al
loro (Wise 1995), anche se la loro importanza nel contenimento
di specie entomologiche potenzialmente dannose può essere
modesta in ambienti coltivati (Kajak 1971 in Wise 1995).
Gli studi qui proposti dimostrano che siepi, filari e margini
incolti di agroecosistemi, pur occupando superlìci molto ridot
te, sono dotati eli un'elevata biodiversità, quanto meno dal punto
eli vista araneologico: la loro presenza all'interno di coltivazioni
intensive può determinare la sopravvivenza eli numerose specie
eli questi artropodi predatori, contribuendo inoltre a favorire un
forte arricchimento della biodiversità (Zanaboni & Lorenzom
1989). Purtroppo il modello eli conduzione agricola attualmente
più diffuso comporta la progressiva eliminazione di tali elemen
ti, con conseguenze faunistiche sicuramente molto gravi, mentre
con un approccio più corretto dal punto eli vista ambientale i
margini dei coltivi andrebbero visti come elementi da tutelare e
se possibile anche da migliorare a livello strutturale, per render
li più adatti a ospitare utili organismi ausiliari (Boatman et al.
1989; Mansour et al. 1983).
Bibliografìa
Ai.DFKvvEiKEi.DT M., 1989 - An ecological analysis of the Spider fauna
(Araneae) occurring in maize lìclels. italian rycgrass fìeids and their
edge zoncs. by means of different multivariate lechniques (Ghent.
Belgium), in:"Agricultural ecology and cnvironment (Padova. 1988)".
Elsevier. Amsterdam: 293-306.
Boat.man N.D.. Dover J.W., Wilson PJ.. Thomas M.B. & Covvgill S.E.,
1989 - Moditìcation of farming practice at fìclcl-margins to encourage
anel to promote pest biocontrol, in :"Biological habitat reconstruction ", Belhaven Press. London: 299-311 •
BRIGNOLI P.M., 1983 -1 Ragni quali predatori di Insetti e il loro poten
ziale ruolo negli agroecosistemi (Araneae), in: "Atti XII Congresso
139
nazionale italiano di Entomologia (Roma. 1980)". Roma: 591-597.
Gir.uuiTi J.M., 196-i -The distribution of Spiders on the Moor House
national nature reserve,Westmorland.//4«. Ecol, 33:27-48.
DEAN I).A..Steui.i.\(i\V.L.,Nyffeler M.& Bree.ne R.G., 1987 - Foraging by
selected Spider predators on the cotton Fleahopperand other preys,
Southwest. Eiitonio/., 12:263-270.
Dennis P & Fry G, 1992 - Field margins : can ihey enhancc naturai
encniy population densities and general arthropod diversity on farm
land?,in: Tìiotic diversity in agroecosystems (Padova, 1990)", Elsevier,
Amsterdam: 95-1 IS.
Groppali R., 1998 - Ragni (Araneae), in: "Bioindicatori ambientali",
Lombardia per l'Ambiente, Milano: 190-201.
GROPPALI R., I999a- Aracnidi, in:"Atlante della biodiversità nel Parco
Ticino". FdiNodo, Como: 271-291.
GROPPA" R., 1999b - Ragni dei dintorni di Cremona su fiori e in una
spiaggia fluviale, in: "Li biodiversità nel comune eli Cremona",
Cremona: 126-127.
Groppai.i R., in corso di stampa - Siepi eli età differente e Ragni nella
Valpadana interna (Arachnida: Araneae), in: "Atti XIX Congresso
nazionale italiano di Entomologia (Catania, 2002)".
Groppali R., Canova I. & Pesarini C, 2000 - Ragni (Arachnida
Araneae) in margini di coltivi della pianura padana centrale, Boll. Ist.
Eiitomol. G. Grandi Univ.Bologna, 54: 59-76.
Groppai.i R.,Guerci P& Pesarini C, 1999 -1 Ragni dell'Appennino set
tentrionale : appunti sulle specie di (insano di Gropparello
(Piacenza),.Doriano, 1 (318); 1-16.
Groppali R. &. Pesarini C, 2002 - Appunti sui Ragni della costa del
(aleuto meridionale (Marina di Camerata - Salerno) e prima segnala
zione italiana di Micaiia sepleinpimctata (Guaphosidae).Atti Soc.ita!
Sci. nat. Mus. tiv. Stai:nat. Milano, 142 (2): 207-225.
Groppali R.& Priano M., 1994 - Ragni e altri predatori, in:"L'ifantria in
Italia". Edagricole. Bologna: 125-138.
Groppali R., Priano m.& Pesar©*) c, 1991 -Appunti sulla biologia e l'e
cologia dei Ragni (Arachnida, Araneae) in ambienti cespugliati e
alberati dell'Elba orientale (provincia eli Livorno), Quad. Mas. Stoi:
nat. Livorno, 12: 25-36.
GROPPALI R., Priano M. & Pesarini C, 1994 - Osservazioni sui Ragni
(Araneae) dei margini eli coltivi a mais,in:"Atti XVII Congresso nazio
nale italiano di Entomologia (Udine, 1994)": 473-476.
Groppali R., Priano M. & Pesarini C, 1995a - Fenologia arance-logica
(ArachnidaAraneae) in una siepe mista della pianura padana,Boll
Ist. Entoino! G. Grandi Univ. Bologna, 50: 113-125.
Groppali R., Priano M. & Pesarini C, 1995b - I Ragni (Arachnida,
Araneae) dell'Altopiano dello Sciliar (Comune di Castelrotto,
Provincia di Bolzano),Stttd. treni.Sci. nat.Atta Biol.,70: 157-175.
Groppali R.,Priano M.& Pesarini C. 1997a - Conseguenze suH'araneolàuna della ricaduta di petrolio greggio : indagine presso Trecate
140
(Novara),Boll.Mus. reg.Sci. nat.. 15(1): 147-156.
Groppali R.. Priano M. &. Pesarini C, 1997b - Ragni (Arachnida
Araneae) su piante di mais in due località della pianura padana cen
trale. Boll. Mas. civ. Slor. nat. Verona. 21:327-339.
Hassali. M.. Hawtiiorne A., Mai dsi.lt M.,Wiiiie P.& Cardvvei.i. C. 1992
- Effeets of headland management on invertebrate communities in
cercai fìeids, in:"Biotic diversity in agroecosystems (Padova. 1990)".
Elsevier, Amsterdam: 155-178.
Kromp B.&. Steinbeiuìer K.-IL. 1992 - Grassy lìelcl margins and arthro-
pod diversity :a case study on ground beetles and Spiders in castern
Austria (Coleoptera:Carabldae; Arachnida: Araneae, Opi/iones), in:
"Biotic diversity in agroecosystems (Padova. 1990)". Elsevier.
Amsterdam: 71-93.
Mader H.J., Shell C. & Kornacker P. 1990 - Linear barriers to arthropod movements in the landscape. Biol. Conserv., 54:209-222.
Maelfait J.-P. & De Keer R., 1990 -The border zone of an intensively
grazecl pasture as a corridoi- of Spiders (Araneae), Biol. Conserv., 54:
223-238.
Mansour ED., Riciiman fi. & Whitcomb W.IL, 1983 - Spider manage
mentin agroecosystems :habitat marupuIation,£w'.Afcmtfg.,7:43-49.
Marc: P, Canard A.&YsNEL E, 1999 - Spiders (Araneae) useful for pest
limitation and bioindication, in: "Invertebrate biodiversity as bioindicators of sustainahlc landscapcs", Elsevier,Amsterdam: 229-273.
NAZZI E,Paoletti M.G.&Lorenzoni G.G., 1989 - Soil invertebrate dyna
mics of soybean agroecosystems encircled by hedgerows or not in
Friuli, Italy, in:"Agricultural ecology and environment (Padova, 1988)",
Elsevier, Amsterdam: 163-181.
Nentvvig W.. 1993 - Spiders of Panama. Sandhill Grane Press,
(iainesville (Florida): -15-47.
Nvffei.erM.& BenzG, 1987 - Spiders in naturai pest control :a revievv.
ZAng.Ent, 104:190-197.
Rieciiert S.E. & Gili.espie R.G., 1986 - Habitat choicc and utilization in
web-building Spiders, in: "Spiders - web, behavior and evolution'.
Stanford University Press,Stanford (California): 23-48.
Rieciiert S.E.& LockleyT.. 1984 - Spiders as biologica! control agents,
,1//;/. Rev. Entomol..2l): 299-320.
SUNDERLAND K.D.. CROOK N.E.. SlÀCEY. D.L.& FULLER B.J., 1987 -A study
of feeding by polyphagous predators on cercai aphids using ELISA
and gut dissection../.^/;/;/. Eco!. 24:907-933.
Volerai li E, 1985 -Web spiders dilemma :a risky move or site clependent growth. Òecol.. 68:69-72.
Wise D.H., 1995 - Spiders in ecological webs, Cambridge University
Press. Cambridge: 141-220.
ZanaisoniA.& LORENZONI G.G., 1989 -The importance of hedges and
reliet vegetation in agroecosystems and environment. in:
"Agricultural ecology and environment (Padova, 1988)", Elsevier,
Amsterdam: 155-161.
I .1
Sessione economico-gestionale
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 1 i5-150
I contributi comunitari del Piano
di Sviluppo Rurale e le siepi
The contrihntions of the Enropean community
ofthe Rural Devetopment Pian and the hedges
Maria Donata Feraboli *
Lo sviluppo sostenibile è da circa due decenni al centro del
l'azione politica della Unione Europea quale approccio integra
to ai problemi agricoli. In effetti, in passato, il sostegno ai prezzi
delle derrate alimentari, in ottemperanza a quanto previsto dal
Patto di Roma, ha creato negli anni eccedenze di produzione
che hanno convinto i parlamentari europei ad una riforma deliePolitica Agricola Comunitaria (PAC). Si è passati, infatti, da una
logica derivante dalle necessità eli autoapprovvigionamento ali
mentare, tipica del dopoguerra, alla volontà di riportare il mer
cato comune agricolo agli stessi prezzi di quello internazionale
e di puntare, quindi, a promuovere nelle aziende agricole un
management e una crescita di imprenditorialità in grado di
sostenere la sfida internazionale. Negli anni, sia la prima riforma
della PAC, che ha introdotto l'aiuto a superfìcie (anni '90), sia
l'attuale (la cosiddetta "dopo Maastricht ") hanno proposto misu
re e contributi che favorissero il diffondersi di metodi di gestio
ne delle aziende agricole a basso impatto e maggiormente qua
lificanti per l'ecosistema ed il paesaggio. Nasce nel 1992 con le
tre "Misure di accompagnamento" (regolamenti CE 2078/92,
2079/92 e 2080/92) la stagione della "multifunzionalità" dell'a
gricoltura e della maggiore attenzione allo spreco eli risorse (e
riduzione elei costi) al fine di ridurre derrate eccedentarie. In
particolare, il primo regolamento, applicato in Lombardia dal
1995. ha proposto azioni agroambientali premiate da contributi
rivolti alla costituzione e/o al mantenimento di prati permanen
ti, siepi, filari, fasce e macchie alberate, alla manutenzione
boschiva e di aree umide in aree ricadenti nei parchi regionali e
alla promozione e al sostegno di forme di agricoltura a basso
*c/o Provincia di Cremona,Settore Agricoltura Caccia e Pesca,Servizio produzio
ni vegetali, via Dante 136 -1-26100 Cremona. E-mail:vegetali.provincia@rccr.cremona.it
145
impatto (agricoltura integrata e agricoltura biologica). In pro
vincia eli Cremona l'adesione a tali contributi ha portato media
mente, nei 5 anni di apertura, alla liciuidazione di circa 1.850
domande per circa 4.000.000 eli euro l'anno. Fra le azioni mag
giormente richieste vi erano il mantenimento dei prati perma
nenti (i prati stabili del Cremasco), si stima di aver finanziato
circa 10.800 ettari di prato sui 12.500 presenti in quegli anni, ed
il mantenimento di siepi e filari, che ha interessato in modo
importante la zona a sud eli Crema, il Cremonese e il Casalasco.
La nuova PAC ha dovuto fare i conti con la minor disponibi
lità di spesa che l'Unione Europea ha destinato al mondo agri
colo: la volontà di riallineare nel tempo i prezzi dei prodotti agri
coli comunitari a quelli internazionali si è tradotta nella scelta eli
favorire investimenti solo nelle aziende che dimostrassero capa
cità professionale, redditività e attitudine a l'orme eli gestione
aziendale maggiormente rispettose dell'ambiente. Pertanto
accanto al sostegno diretto del reddito agricolo aziendale (PAC
e OCM seminativi, carne, latte, ortofrutta, ecc.) si è aperto il capi
tolo dello sviluppo rurale. l'ali contributi non sono più un
"accompagnamento" che compensa i mancati redditi eli chi sce
glie un'agricoltura ecosostcnibile, ma rappresentano una sorta
di premio di avviamento che può anche non compensare le
riduzioni di resa. In tal modo si invita l'agricoltore ad entrare in
questa nuova "filosofìa" di gestione aziendale con maggiore com
petenza e responsabilità, per sopperire con le proprie capacità
manageriali alle incognite e alle difficoltà poste da queste azioni
agroambientali. In particolare, il Piano di Sviluppo Rurale della
Lombardia propone per gli anni 2000-2006 ancora molte elenc
azioni previste dal regolamento 2078/92/CE, ma con una mino
re attenzione al mantenimento dell'esistente ed una promozio
ne eli nuove costituzioni. Per questo, se per l'annata agraria 20012002 sono stati pagati ancora il mantenimento di siepi e filari già
esistenti, dall'annata agraria 2002-2003 si daranno contributi
solo per siepi e filari di nuova costituzione che dovranno avereserie motivazioni e solidi standard progettuali, basati su quelli
proposti dal Manuale naturalistico, disponibile quale allegato
alle Disposizioni attuative della Misura f "Agroambientale" (2.6)
sul sito della Regione Lombardia (www.agricoltura.regione, Iom-
bardia.it - Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006).
Al l'ine di chiarire e uniformare il lessico tecnico, la RegioneLombardia definisce così filari e siepi:
Filare: si considera filare una formazione vegetale ad anda
mento lineare e regolare, generalmente a fila semplice o doppia.
composta da specie arboree governate ad alto fusto e/o a ceduo
semplice, comprendente almeno 15 individui ogni 100 m.
Siepe: si considera siepe una struttura vegetale plurispecilìca ad andamento lineare, con distanze eli impianto irregolari.
146
preferibilmente disposta su più file, con uno sviluppo verticale
pluristratilìcato legato alla compresenza di specie erbacee, arbu
stive ed arboree appartenenti al contesto floristico e vegetazionale della zona. Per le siepi è necessaria infatti la compresenza
di almeno 4 specie diverse, i lìlari possono invece essere anche
monospecifìci. La larghezza della siepe, considerata la proiezio
ne ortogonale della chioma a maturità, deve essere superiore a
2.5 m ed inferiore a 10/15 m. La lunghezza minima di un inter
vento considerato è di 100 ni, derivanti anche dalla somma di più
elementi, ciascuno lungo almeno 25 ni; la larghezza minima del
l'impianto alla base è eli 0,60 ni. La fascia da destinare alla siepe
(intesa come mantenuta libera dalle coltivazioni agrarie) dovrà
essere larga almeno 2.5 m.
II Manuale naturalistico dà consigli pratici sia per la realizza
zione di siepi sia per la loro gestione e cura.
Le siepi consigliate sono composte normalmente da più stra
ti di vegetazione: in questi schemi gli alberi ad alto fusto costi
tuiscono il piano più alto, gli arbusti alti e gli alberi ceduati for
mano il livello intermedio ed i piccoli arbusti e le erbacee com
pongono il livello inferiore.
Siepe bassa
Siepe di media
Siepe alta
statura
ALTEZZA MASSIMA
Siepe
plurifilare
1.5/3
3/6
6/15
15/30
0.5
1,5
3
3
1
1,5
2
2,5
15/30
30/60
60/150
150/300
discreta
buona
ottima
eccellente
(METRI)
DISIANZA MINIMA
DAL CONFINE (METRI)
DENSITÀ LUNGO IL
FILARE
AZIONE
FRANGIVENTO
(ESTENSIONE METRI
COPERTI)
AUMENTO DELLA
VARIABILITÀ
ECOLOGICA
Tab. 1: tabella riassuntiva delle caratteristiche dei vari tipi di siepe.
La scelta del tipo di siepe da impiantare può essere guidata
anche dalla prevalente l'unzione che si vuole ottenere.
SIEPI DA LEGNA
Sezione: alternanza albero a ceppaia/arbusto;
147
Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla fila;
Turno eli ceduazione: 5/10 anni;
Specie arboree indicate: acero campestre, carpino bianco, frassi
no maggiore, robinia, ontano nero.
SIEPI DI VALORE APISTICO
Sezione: alternanza di arbusti bassi e arbusti alti disposti in ordi
ne casuale:
Distanze eli impianto: 1/1,5 m sulla fila;
Specie indicate: nocciolo, salici, biancospino, frangola, sangui
nella, pallon eli maggio, robinia, tiglio.
SIEPI DI VALORE ALIMENTARE
Sezione: alternanza di arbusti bassi e alberi da frutto disposti in
ordine casuale;
Distanze di impianto: 1.5 m sulla fila:
Specie indicate: nocciolo, azzeruolo, nespolo, gelso, noce.
SIEPI DI CONSOLIDAMENTO RIPARIALE
Sezione: alternanza di albero a ceppala/arbusto;
Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla l'ila;
Specie indicate: ontano nero, salice grigio, pallon di maggio.
SIEPI FRANGIVENTO
Sezione: alternanza
ccppaia/arbiisto;
eli
albero
ad
alto
fusto/albero
a
Distanze di impianto: 1/1,5 m sulla fila;
Distanza minima tra due alberi ad alto fusto: 6 ni;
Disianza minima tra due alberi a ceppaia: 4 m;
Presenza dell'arbusto intercalare agli alberi ad alto fusto e agli
alberi a ceppaia;
Ordine delle specie: casuale;
Distanza ottimale fra due frangivento successivi: 200/300 m;
Turno eli ceduazione per gli alberi ad alto fusto: 40/50 anni;
'fumo eli ceduazione per gli alberi a ceppaia: 12/15 anni;
Specie indicate: làmia, carpino bianco, acero campestre, ontano
nero, pioppo bianco, pioppo nero, olmo campestre.
SIEPI DI RECINZIONE
Sezione: sequenza fitta di arbusti;
Distanze di impianto: 1 m sulla fila;
Ordine delle specie: casuale;
Specie indicate: biancospino, prugnolo, rosa canina, spinccrvino.
SIEPI DI VALORE NATURALISTICO
Siepe monofilare o plurifilare;
148
Sezione: alternanza albero ad alto fusto/arbusto:
Distanze eli impianto: 1,5/2 ni sulla fila e 2 m tra le file:
Disposizione delle piante: sfalsata tra le due file;
Presenza dell'arbusto intercalare agli alberi ad alto fusto e agli
alberi a ceppaia:
Ordine delle specie: casuale;
Specie indicate: tutte le specie autoctone (si veda elenco alle
gato al Manuale).
Il Manuale fornisce utili indicazioni ai progettisti (vedi esem
pio sotto riportato) pur auspicando una capacità autonoma
locale di proporre schemi e moduli maggiormente adeguati alla
peculiarità dell'azienda agricola, sia rispetto alle caratteristiche
pedologiche che a quelle paesistiche e alle necessità gestionali.
Un esempio di modulo
Situazioni di margine ai fossi eli irrigazioneSiepe arbustiva igrofite di pianura
Larghezza minima d'impianto alla base: 0,6 m;
Fascia di rispetto circostante: 1,5 m per lato;
Numero minimo di specie: 4;
Dimensione minima dell'elemento: 25 m lineari;
Schema d'impianto: fila singola lineare a bordo fosso;
Distanza di impianto: 1,5 m medio.
Specie arbustiva
Salf.x cinerea
salice grigio
Salve trhmdru
salice da ceste
Su/i.x purpurea
C.ornus sanguinea
Viburniim opulus
Corylus avellana
Crataegus moiiogyiia
salice rosso
sanguine-Ilo
viburno
nocciolo
biancospino
Frangula alnas
frangola
Una parola conclusiva sui contributi: è prevista l'assegnazio
ne eli w\\ maggior punteggio alle aziende che presentino un mag
gior numero di azioni (agricoltura integrata + siepi, prati stabili
+ siepi) rispetto a ciucile che prevedono una sola azione (per
es.:solo siepi). Inoltre va eletto che non tutte le domande ammis
sibili sono sicuramente finanziabili: il PSR dispone di risorse
limitate che destina a chi abbia maggior punteggio e disponga
già di prerequisiti o di capacità importanti per lo sviluppo soste
nibile. In campo agroambientale, ad esempio, l'azienda che
richiede i contributi si deve impegnare a rispettare la buona pra
tica agricola in tutta la superfìcie aziendale, deve rispettare la
149
normativa inerente il Piano eli utilizzazione agronomica dei
liquami e deve disporre di contratti di affìtto eli durata almeno
quinquennale.
Come detto, i contributi dal 2002-2003 interesseranno solo la
costituzione eli nuove siepi o filari e sono i seguenti:
0,7 euro/mi per i filari;
1,7 euro/mi per le siepi;
per entrambe le azioni il premio massimo è quindi 450
euro/ettaro eli superfìcie agricola aziendale utilizzata.
150
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 151-160
Impianto di siepi campestri
in provincia di Cremona
Gabriele Panena *
In questo articolo viene presentata l'esperienza effettuata
Riassunto
negli anni 1997 e 1998 in provincia di Cremona che ha visto la
realizzazione di 3 impianti dimostrativo/sperimentali eli siepi
campestri. Partendo da un'opportuna e attenta progettazione del
l'impianto si arriva alla descrizione delle concrete modalità di
piantagione e gestione della siepe stessa. Progettare è la parola
chiave: se si elimina questa fase si realizza un impianto quasi sicu
ramente destinato al fallimento. Progettare significa: valutare
attentamente le condizioni pedologiche, climatiche e eli giacitura
nonché le caratteristiche delle specie in funzione della produzio
ne attesa. In questo modo si può ottenere una siepe capace di
mantenere le promesse. É un grave errore costituire una siepe
solo per accedere ai finanziamenti comunitari, la siepe dovrà por
tare in dote all'agricoltore un reddito proprio che integri il con
tributo europeo finalizzato a remunerare la "funzione sociale" del
l'impianto.
Summary
This issue shotvs the experience macie in the province of
Cremona in 1997 and 1998, that is the rectiization of Ihree
demonslralive/experimental installations of hedges. First
there is a cu refi ti project of the system, then the description of
the adned ways ofpiantaiion and care of the hedge. Project is
the key-word: to avoid this stage means to reedize a system
ivht'ch is des tined to be a fatture. Toproject means to e vainate
carefully the pedologica! and dimatic conditions, the posture
and the fecitu res of the hedges in relation to the e.xpected pro
duction. Only in this way the suitable hedge can be obtained.
Ispettore lìtosanitario della Regione Lombardia. Sede territoriale di Cremona,
via Dante 156 -1-26100 Cremona. E-mail: gabriele_panena@regione.lombardia.it
151
It shou/d be a big error to create a hedge only lo obtain the
fa/ids from the Community For thefarmer the hedge has to be
bis own incoine, which inlegrales the Europeaii coiitribulions
tbat bave the a ini lo remunerate the "social fu net ion" of the
system.
Le siepi campestri sono state per secoli un elemento costi-
Introduzione
tutivo fondamentale del nostro paesaggio agrario. L'agricoltore
le considerava essenziali per la vita dell'azienda e teneva in gran
de considerazione i prodotti che da esse poteva trarre. In tempi
più recenti molti eli questi prodotti sono stati sostituiti da altri
più facilmente reperibili e anche più economici (per esempio:
combustibili fossili, mangimi, cemento), di conseguenza le siepi
sono state progressivamente eliminate dai nostri terreni. Negli
ultimi anni, tuttavia, si è sentita la mancanza eli numerosi "pro
dotti secondari" che esse erano in grado di garantire: consolida
mento delle sponde, difesa dall'erosione, rifugio per alcuni orga
nismi utili. Attualmente una più oculata idea di gestione del ter
ritorio unita ad una nuova modalità eli progettazione di questi
impianti hanno portato ad una loro rinascita - in alcuni territori
più significativa rispetto ad altri - ma che sta forse progredendo
anche in province tradizionalmente dedite ad un'agricoltura
intensiva, come ciucila di Cremona. Dal 1992 anche la Comunità
Europea ha iniziato a promuovere queste strutture vegetali con
un finanziamento specifico destinato a nuovi impianti o al man
tenimento di quelli ancora esistenti.
Ma come può intendersi un impianto eli siepe nel terzo mil
lennio? Innanzitutto, dal punto di vista agroforestale, deve esse
re considerato come una coltura specializzata lineare plurienna
le. Coltura specializzata in quanto va assimilata ad un frutteto o
ad un pioppeto, ad una coltivazione, cioè, che richiede attenzio
ne e cura per un lungo periodo, se si vuole che il raccolto (pro
dotto) arrivi e si mantenga per tutta la durata del suo ciclo.
Per non compromettere il proprio investimento sono citim
eli necessarie una preparazione ed uno studio preliminari. Così
come non si realizza un frutteto senza prendere preventiva
mente in considerazione quali siano gli eventuali sbocchi di
mercato, le varietà maggiormente richieste, il tipo di terreno a
disposizione, la sua giacitura e la sua posizione, le modalità eli
potatura, le concimazioni, la gestione fitosanitaria e il control
lo delle erbe infestanti allo stesso modo la siepe - che è una
coltura specializzata, pur se su una fila unica - va realizzata con
la medesima attenzione e minuziosa cura elei elettagli. La con
tropartita è la buona riuscita della coltura; in alternativa si
ottiene una siepe che causa solo intralcio, inselvatichisce e
non produce come potrebbe.
152
Le funzioni di una
siepe campestre
Molteplici sono le funzioni che una siepe può svolgere, ma
bisogna valutare attentamente ognuna di esse, controllare le
modalità operative e decidere come impostare l'impianto.
Il primo e fondamentale passo è la progettazione. La siepe
deve essere finalizzata dal punto di vista produttivo: non è
opportuno realizzare una siepe solo per ottenere il contributo
comunitario - che è la retribuzione per un impegno che l'im
prenditore si assume anche sotto forma di azione sociale - o per
aumentare la dotazione verde dell'azienda; queste possono esse
re motivazioni importanti ma eli corollario rispetto alla scelta eli
fondo.
L'imprenditore agricolo deve decidere di mettere a dimora
una siepe basandosi sulle funzioni che essa può svolgere (Tab.
1) e sul reddito che può produrre; è opportuno che valuti cimili
finizioni possano tornare maggiormente utili alla sua azienda.
Di seguito vengono illustrate le principali fonti di reddito e
funzioni che una siepe può garantire.
Essa può interessare per la produzione eli legname (da opera
o da ardere) o per i suoi prodotti "secondari" (piccoli frutti, fun
ghi, chiocciole, miele, piante officinali).
Importante è anche la sua funzione depurativa o filtrante:
depurativa dell'aria in quanto assorbe l'anidride carbonica in
essa contenuta e filtrante dell'acqua di scolo. Attraverso la con
cimazione vengono distribuite sul suolo grandi quantità eli de
menti nutritivi che, generalmente, vengono dilavate dalle piogge
o dall'acqua di irrigazione, la presenza dell'apparato radicale
della siepe garantisce l'assorbimento di una buona percentualeeli chiesti elementi. Aumentare la quantità eli legna sul bordo del
campo ha, quindi, una valenza non solo dal punto di vista eco
nomico (vendita della legna) ma anche da quello ambientale
(decremento dell'eutrofizzazione delle acciue).
Una siepe diventa anche elemento di stabilità quando è
posta lungo la riva di un corso d'acqua: con il proprio apparato
radicale conferisce alla sponda maggiore solidità e resistenza.
Può inoltre contribuire, indirettamente, al controllo delle infe
stanti lungo i l'ossi: l'ombreggiamento che alberi e arbusti effet
tuano sulle sponde del canale impedisce la crescita delle maler
be, riducendo, di conseguenza, le spese eli manutenzione delle
aree marginali ai corsi d'acqua.
Contemporaneamente una siepe produce anche un'azione
fìsica di frangivento; in zone particolarmente ventose un buon
frangivento può ridurre l'incidenza delle correnti del 30-50%
per una fascia contigua estesa da 10 a 15 volte la sua altezza. Si
parlerà eli frangivento basso, medio o alto in funzione dell'altez
za delle specie vegetali presenti. Questo contribuisce a creare
un microclima più favorevole alla coltivazione; non provoca solo
ombreggiamento, ma riduce le perdite per evapotraspirazione e
153
per erosione nei periodi in cui il terreno rimane umido.
La siepe inoltre dà rifugio a moltissime specie animali: pic
coli mammiferi (insettivori, roditori, chirotteri), uccelli, insetti,
ragni, anfibi, rettili con un contributo straordinario alla biocliversità.
La progettazione deve valutare anche la continuità di questi
impianti, fratti ben progettati e realizzati eli siepe, ma isolati,
vedono ridotto drasticamente il loro impatto a livello territoria
le. Riuscire a progettare a livello comprensoriale, o almeno
aziendale, prevedendo elei collegamenti o almeno delle conti
guità tra le siepi presenti amplifica gli effetti registrati. Anziché
rilasciare ad ogni stagione selvaggina per il ripopolamento risul
ta, ovviamente, più opportuno aumentare i siti di riproduzione,
in modo tale che il ripopolamento possa avvenire anche natu
ralmente. Va rilevato, inoltre, che benché tra la microfauna eli
queste specie vegetali vivano molte specie di insetti potenzial
mente dannosi per l'agricoltura, vi si trovano, tuttavia, altrettan
ti organismi utili, in grado eli contenere le pullulazioni elei pato
geni. Questo determina un positivo contributo all'equilibrio
delle coltivazioni. Gli organismi utili trovano cjni un'arca di
riproduzione e eli rifugio quando la coltura venisse trattata chi
micamente o raccolta.
1. Depurativa
riduce la quantità di polveri e gas nell'aria
6. Prodotti minori
more, funghi, nocciole, piante officinali,
miele, chiocciole
con bruciatori a fiamma inversa si posso
7. Ripopolamento
la siepe è punto di rifugio, sosta, alimen
no ottenere rendimenti molto elevati
tazione e nidificazione per la selvaggina
2. Biomassa
8. Frangivento
3. Legname di pregio
gli alberi da legno pregiato sono un inve
riduce del 30-50% la forza del vento in
stimento a lunga scadenza
sua altezza
una fascia contigua estesa 10-15 volte la
9. Ambiente
4. Filtrante
effetto filtrante da parte degli apparati
riduce la quantità di C()2 nell'aria e quin
di l'effetto serra
radicali nei confronti di nutrienti dilavati
e lisciviati dalle acque
10. Rifugio
gli amici dell'agricoltura vivono e si ripro
ducono qui
5- Pulizia fossi
le erbe sulle rive elei fossi vengono con
trollate dall'ombreggiamento esercitato
da alberi ed arbusti
lab. 1: funzioni di una siepe campestre.
154
11. Barriera
protezione rispetto all'esterno (rumore.
polveri, riservatezza, ecc.)
A questo punto è forse più facile intendere quanto vasto sia
il concetto di "produzione" applicato ad una siepe campestre,
non solo legna o prodotti secondari quindi, ma anche produzio
ne di "ambiente" in senso esteso, ivi compresa la sua gestione e
la sua preservazione.
Le produzioni primarie danno direttamente reddito, altre,
secondarie e indirette, non producono apparente reddito imme
diato ma fanno parte di quelle "rendite sociali" per le quali
l'Unione Europea ha deciso di intervenire finanziando nuovi
impianti nelle campagne. A quali di ciueste produzioni finalizza
re in modo prioritario gli impianti, già dalla fase di progettazio
ne, è una scelta che spetta all'imprenditore. È assolutamente
necessario che una scelta venga fatta affinché la valutazione
delle opportunità porti ad un progetto che possa inserirsi nel
paesaggio e nell'ambiente garantendo, nel contempo, le produ
zioni attese.
Infine devono essere considerate altre due caratteristiche
della stazione di impianto: la giacitura e la posizione; la stazione
di impianto può trovarsi, infatti, in piano, in leggera pendenza o
sul bordo di scarpate, nelle sue vicinanze vi può essere presen
za o assenza di acqua, di manufatti o altri impianti che possono
interagire almeno a livello paesistico.
Metodologia
d'impianto
Negli anni 1997 e 1998, cioè gli anni immediatamente suc
cessivi all'applicazione del regolamento 2078/92/CE che tra gli
altri interventi prevedeva un incentivo per la manutenzione di
impianti esistenti o per la creazione di nuovi, sono state realiz
zate alcune siepi nel Cremonese.
Dopo un anno eli applicazione della normativa molti erano i
quesiti che le sedi territoriali della Regione Lombardia avevano
ricevuto relativamente alla costituzione di nuove siepi o filari.
Questi quesiti riguardavano principalmente le essenze da utiliz
zare, le tecniche o i sesti di impianto, ecc. Per rispondere a ciue
ste
domande
lo STAP (Servizio Tecnico Amministrativo
Provinciale) realizzò tre impianti in provincia di Cremona, per
un totale eli circa 5 km di siepi, nei comuni di Grumello
Cremonese, Pizzighettone e Capergnanica - con finalità soprat
tutto didattico/dimostrative - quali dimostrazioni vive nella
realtà della provincia di Cremona.
Fu svolta una preliminare attività di ricerca per valutare chi
avesse operato nel settore e dopo una serie di incontri fu scelta
la metodologia messa a punto dall'Ufficio Vivaistica e attività
fuori foresta dell'ARF (Azienda Regionale delle Foreste) del
Veneto.
Questa tecnica prevede l'utilizzo di pacciamatura e di pian
tine eli un anno con pane di terra. La lavorazione preliminare del
155
terreno va eseguita con un ripuntatore, quindi vanno effettuate
un'aratura, un'abbondante distribuzione di letame maturo e
un'erpicatura per sminuzzare il terreno, lasciandolo soffice per
accogliere nel miglior modo l'apparato radicale delle giovani
piante. Dopo aver adeguatamente preparalo il terreno si proce
de alla stesura del film plastico per la pacciamatura. Questo è
indispensabile per il controllo delle infestanti: le giovani piante
rischierebbero, nei primi anni, di essere soffocate dalle erbacce.
Il film plastico nero, invece, garantisce il controllo delle infe
stanti, inoltre mantiene il terreno umido, soffice e caldo agevo
lando perciò la crescita di alberi e arbusti. II materiale scelto per
il film pacciamante è l'EVA (etil-vinil-acetato) che presenta alcu
ne caratteristiche molto importanti: non è fotosensibile, non
viene degradato dai raggi solari e quindi rimane intatto nel ter
reno dove è steso; quando si vorrà rimuoverlo dal terreno - nor
malmente al 4°-5° anno - basterà tagliarlo in posizione mediana
e strappare, il telo verrà via senza difficoltà e soprattutto senza
disfarsi (a questo punto dovrà essere accantonato e accurata
mente smaltito secondo le norme vigenti). Dopo aver steso il
film, si procede al trapianto che va effettuato con un palo tra
piantatore che fora la plastica e, essendo cavo, permette all'ope
ratore di lasciar cadere nel buco la giovane pianta. In questo
modo si può passare da 2-300 piante/uomo/giorno a 8-900 pian
te/uomo/giorno. Infine va eseguita un'irrigazione di soccorso
che, salvo periodi particolarmente siccitosi, non sarà più ripetu
ta in seguito, l'impianto deve affrancarsi il più presto possibile,
riducenclo al minimo i costi di manutenzione.
È fondamentale lasciare un'adeguata fascia di rispetto tra la
coltivazione in atto e la siepe posizionata in fregio all'appezza
mento. Questa fascia e indispensabile ai fini della manutenzione
che va fatta periodicamente con mezzi meccanici nei primi due
anni di vita delle piante. Non è una porzione di terreno persa,
ma il necessario completamento all'impianto realizzato.
Come già detto, dunque, la siepe va vista e trattata come una
coltura specializzata lineare pluriennale e come tale eleve trova
re tutte quelle attenzioni indispensabili ad ottimizzare la sua
produttività, qualunque essa sia.
Quali piante
156
Le piante devono avere 1-2 anni di età, in questa fase, infatti,
è garantita una pronta ripresa vegetativa subito dopo l'impianto.
Abbinando alla giovane pianta con pane eli terra un'opportuna
pacciamatura si riduce lo shock da trapianto.
La scelta delle specie è molto importante ed è influenzata
da diversi parametri che vanno incrociati tra loro: la giacitura
dell'impianto, la presenza o meno di acqua, l'esposizione, la
finalizzazione della siepe.
Deve essere verificata, per ogni pianta, la conformazione del
l'apparato radicale: è necessario che sia equilibrato,con un buon
capillizio, privo di attorcigliamenti e malformazioni, in partico
lare nel caso di coltivazioni in contenitore. L'altezza della pianta
è, invece, un parametro di per sé non significativo; è importante
invece che ci sia equilibrio fra il diametro al collctto della pian
ta e l'altezza della stessa (rapporto ipsodiametrico). II valore otti
male è 80.
Infine, nel caso eli specie destinate a produrre legname di
pregio, vanno valutati attentamente la gemma e il getto apicale.
La prima eleve essere sana e vigorosa, senza malformazioni, il
secondo diritto e ben lignificato, così da non risultare esposto a
gelate precoci.
Un'ultima considerazione va l'atta in merito alla scelta delle
piante, è opportuno, infatti, privilegiare, per quanto possibile,
ecotipi locali. Utilizzare piante originate da semi raccolti in loco
o in stazioni geografiche ed ecologiche note ed affini alla loca
lità eli messa a dimora rimane la scelta più appropriata.
La manutenzione
Il problema principale riscontrato nella nostra provincia, ma
non solo, dove i terreni sono profondi, ricchi di sostanza organi
ca e di elementi nutritivi, è la presenza nel terreno di enormi
quantità eli semi di infestanti anche molto competitive (cheno
podio, sorghetta e giavone, amaranto, Abutilon. Sycios). Queste
specie devono essere controllate.
Il controllo deve partire dal foro di trapianto che può essere
coperto con dei cartoni collocati a chiusura dello stesso oppure
seminando una specie erbacea, nana, tappezzante che inibisce
lo sviluppo di altre specie molto più invasive e competitive.
Questa specie è il gincstrino (Lotus coriiicu/attts in varietà da
sovescio). Lungo i bordi del film e sulla fascia di rispetto le erbe
vanno
controllate
meccanicamente
con
un
trinciasarmenti.
mantenendo l'attrezzo ad una certa distanza dal film pacciamante in modo da scongiurare il rischio che il telo venga taglia
to o danneggiato. Lungo il bordo del film può essere distribuito
un diserbante chimico, con trattamento localizzato.
Prima dell'inizio della seconda stagione vegetativa si proce
de alla riceppatura degli arbusti e degli alberi destinati ad esse
re governati a ceduo. Nel caso degli arbusti la riceppatura è fina
lizzata a produrre un'abbondante ramificazione fin dalla base
dell'arbusto stesso, così da garantire la saturazione dello spazio
inferiore della siepe. Per gli alberi è una vera e propria cedua
zione. Questa operazione in alcuni casi va rinviata, ad esempio
per una ridotta vigoria dei soggetti oppure per alcune speciebotaniche come il carpino bianco e la robinia.
157
Quali impianti
Come già riferito in precedenza, gli impianti realizzati in pro
vincia eli Cremona sono stati progettati con finalità principal
mente didattico/dimostrative, pertanto sono stati previsti note
voli assortimenti vegetali, moduli complessi e finalizzazioni
molto diverse; il tutto per rispondere alle esigenze eli carattere
divulgativo senza, tuttavia, accantonare gli aspetti produttivi che
devono restare in primissimo piano se si vuole che le siepi si
diffondano nelle aziende agricole. Di seguito vengono riportati
alcuni esempi di siepi realizzate.
Nel 1997, nell'Azienda Borromeo di Grumello Cremonese,
sono stati posti a dimora alberi e arbusti secondo varie tipolo
gie. Un primo impianto da biomassa è stato realizzato in deroga
ai dettami del regolamento 2078/92/CE, in quanto utilizza come
specie arborea il platano alternato a pallon eli maggio
(Viburnum opulus), cespuglio che ha un apparato radicale
molto fìtto che cresce in direzione dell'acqua. Questa caratteri
stica può evitare il contatto diretto tra le spore del fungo agen
te del cancro colorato del platano, che si diffondono anche attra
verso i corsi d'acqua, e le radici del platano riducendo, quindi,le
possibilità di contagio. La circolare applicativa del regolamento
2078/92/CE proibiva la costituzione eli nuove siepi utilizzando
platano proprio per questa ragione: la malattia è ormai endemi
ca in Italia, si può diffondere anche attraverso l'acqua dei fossi e
da circa una quindicina di anni esiste nel nostro Paese un decre
to di lotta obbligatoria che, in caso eli presenza del fungo, impo
ne ai proprietari degli alberi l'applicazione di misure tassative e
stringenti per l'abbattimento degli esemplari malati. Il modulo
platano-pallon di maggio utilizzato a Grumello è interrotto, ogni
16 soggetti, da tre salici grigi (Salix cinerea) alternati a due onta
ni (Alntts glutinosa) in modo da interrompere la continuità tra
gli apparati radicali (anastomosi) e quindi, nel caso il fungo riu
scisse ad attaccare uno degli individui della siepe, impedire il
diffondersi della malattia lungo il filare.
La scelta eli questo modulo, già sperimentato con successo in
Veneto, mantiene forte l'attenzione nei confronti della preven
zione dalle infezioni, pur confermando l'utilizzo di un'essenza
tipica della nostra pianura che è, inoltre, in grado di elare produ
zioni legnose molto interessanti.
Altre siepi da biomassa sono state realizzate in fregio ad un'a
rea che per certi periodi dell'anno risulta allagata, utilizzando
ontano nero (Alntts glutinosa) alternato a frangola (Frangula
aliiits), o olmo (Ulmtis minor) alternato a ligustrello
(Ligiistrum valgare): specie che sopportano benissimo la som
mersione, anzi ne traggono vantaggio.
Di fianco alla cascina è stato poi realizzato un impianto a
carattere ornamentale, la cui "produzione" consiste proprio nella
valorizzazione della cascina stessa. Sono state poste a dimora
158
varie specie botaniche con fioriture successive per un lungo
periodo dell'anno e con variazioni cromatiche anche autunnali
rappresentate sia da alberi d'alto fusto, sia da cedui e arbusti in
modo da creare una struttura vegetale variegata su diversi piani.
Altri impianti sono stati eseguiti a Capcrgnanica presso un'a
zienda agrituristica con finalità didattica. Accanto alle siepi da
biomassa, progettate per garantire all'azienda l'autosufficienza
energetica, sono stati creati anche moduli più spiccatamente
didattici (siepe delle querce, siepe elei salici e elei pioppi), siepi
arborate con essenze di pregio (perastro) alternate a cespugli di
rosa canina e di acero campestre (governato a ceduo); tutte spe
cie tipiche della vegetazione planiziale.
In azienda c'è anche un allevamento di api, nei pressi del
quale è stata posta una siepe finalizzata proprio a creare un habi
tat adatto per questi laboriosi insetti, con alberi e arbusti a fiori
tura continua a partire dal mese eli febbraio. Si inizia con il cor
niolo e si prosegue per il resto della stagione vegetativa con noc
ciolo, perastro, frangola, acero campestre e magaieppo; le api
hanno in questo modo la possibilità di bottinare in continuazio
ne. In questo caso oltre ai prodotti dell'alveare, dal micie alla
pappa reale, sarà garantita la produzione di legna da ardere
(magaieppo, nocciolo e acero campestre) e legname da opera
(perastro).
L'ultimo impianto dimostrativo è stato realizzato a
Pizzighettone, nell'Azienda Cippelletti, creando una siepe lunga
1 chilometro, sulla riva del fiume Adda, atta a produrre legname
da opera (Cerro, l'arnia, roverella) e da biomassa, con specie
governate a ceduo come nocciolo e acero campestre. Nella
parte bassa della siepe si trovano i cespugli (frangola, spincervino, rosa canina) che devono completare la "parete vegetale" e
controllare la crescita delle erbe.
Trattandosi di una riva con una profonda scarpata in cui i
livelli di falda risultano piuttosto bassi, nonostante l'attiguità del
fiume, le specie individuate devono essere capaci di sopportare
tanto brevi periodi di sommersione (invernali per lo più con
pianta ferma) quanto prolungati periodi in cui la falda si abbas
sa molto al di sotto del piano di campagna, durante la stagione
vegetativa.
Conclusioni
Rimandando chi fosse interessato ad un'illustrazione più det
tagliata delle realizzazioni eseguite, elei moduli, delle consocia
zioni e delle finalizzazioni produttive ad un altro scritto
dell'Autore [PANENA Ci., 1998-Gli impianti realizzati in provincia
di Cremona,/.<7 sentinella agricola, 7-8 (Iug.-ago.): 10-15] vale la
pena eli concludere notando che gli impianti descritti hanno
ormai 5 o 6 stagioni vegetative alle spalle, sono cresciuti in
159
modo regolare, rendendo necessarie pochissime sostituzioni. La
percentuale eli attecchimento con questo tipo di piantine è
stata decisamente buona, aggirandosi attorno al 90%.
Correggendo alcuni inevitabili errori si potrebbe arrivare anche
ben oltre questo valore, approssimandosi al 100%. eli successo.
In questo modo si ridurrebbero al minimo i costi delle sostitu
zioni e nel contempo si garantirebbe un'omogeneità di crescila
alle diverse specie.
160
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
P- 161-10"
Cassinazza di Baselica:
azienda agroambientale
per la produzione di paesaggio
e ambiente
Alberto Massa Saluzzo *
Riassunto
Sono sempre meno in Italia i terreni che vengono utilizzati a
fini agricoli e questa sembra essere la tendenza anche per gli
anni a venire. Il declino dell'attività agricola all'interno della
Comunità Europea è dovuto, in primo luogo, al calo dei profitti.
In futuro le tradizionali pratiche agricole, non più sostenute da
contributi elevali, non costituiranno più per l'agricoltore una
fonte di reddito sufficiente. Risulta quindi evidente la necessità
di adattare la propria attività a quanto realmente richiesto dalla
collettività, cioè al miglioramento della qualità e dell'ambiente
rurale. Le aziende agricole assumono perciò un chiaro ruolo nel
l'ambito della tutela ambientale. Le politiche agricole
dell'Unione Europea e degli Stati membri riconoscono questa
necessità di cambiamento. Le misure agroambientali, che sono
state messe a punto in tali ambiti, l'ungono perciò da remunera
zione per gli agricoltori che implementano sistemi di conduzio
ne di elevala qualità ambientale.Viene presentata in questo lavo
ro l'esperienza in corso nell'Azienda Cassinazza eli Baselica (PV).
Summary
The soils tbat are used in Ihdy for furming are fewer and
fewer and il seems tbat this will be the tendency ulsofor the
future. The reusou of the agriculttiral business decline in the
European Community is the decreuse of the profits. The tradi
tional agricullttral business is no mori' supported by high
contributiims unti Iherejbre will be no more a sufficient source of incoine for the fumiei: Il is therefoie necessary to adapl
one's business lo whut is ready reeptested by the community
tbat is the improvement of the qualily and of the ritrai envi• Via del Caravaggio I -1-201 ii Milano. E-mail: albcrto.raassasaluzzo@tin.it
161
ronmeli t.Thefuni is play thereforean Importaut pari in the envi
rai tinculai proteclion. The agricu/ltirai poliiics of the Europeau
Community - and of the States which are members of - understand the iiecesslty of a change. The agroenviroiimental meastires which bave been started are therefore a renuineration fol
lile fanners who use high quality environmental management
systems. This docimienl shows the experience of the furili
Cassinazza in Baselica. in the province of Pavia.
Esempio pilota in Lombardia, dal 1994 viene condotto a
Premessa
Cassinazza di baselica in comune di Giussago (PV) un program
ma agroambientale basato sull'idea di ripristinare una gestioneaziendale in cui vengano massimizzati l'uso produttivo.agricolo,
naturalistico e paesaggistico della zona; rendendo compatibile la
pratica agricola con la presenza del maggior numero possibile eli
specie vegetali e animali, originarie o comunque facenti parte
della cultura locale.
Su una estensione attuale di circa 400 ettari sono stati gra
dualmente realizzati numerosi interventi di rinaturalizzazione,
con la formazione eli siepi e di filari campestri e la realizzazioneeli macchie boscate e eli arce umide.
Perché
La riforma eli Agenda 2000 definisce con chiarezza come il
sostegno alla produzione rivolto alla categoria degli agricoltori
non sia più sostenibile e sia quindi destinalo ad un calo pro
gressivo e irreversibile; la stabilizzazione dei redditi agricoli
resterà progressivamente contenuta in modo esclusivo nelle
politiche di incentivo alla modernizzazione delle aziende e ai
capitoli dedicati alla qualità e alla multifunzionalità.
Questo importante capitolo è stato riconosciuto a livello
comunitario elevando le politiche per lo Sviluppo Rurale al
ruolo eli"Pilastro". Nel contesto agroeconomico generale si con
ferma l'intenzione di non sostenere più la produzione di mate
riale spesso eccedentario e che potrebbe essere acquistalo a
costi inferiori e eli sostenere, invece, la fornitura eli prodotti e ser
vizi diversi, egualmente necessari alla collettività, affidando alle
aziende agricole l'effettivo ruolo di presidio ambientale.
Il settore agricolo è pertanto chiamato a riconvertirsi, tenen
do conto della necessità di rivestire una duplice funzione: da un
lato la produzione eli beni materiali, dall'altro la produzione di
servizi a beneficio collettivo in virtù degli aspetti ambientali,
paesaggistici, culturali, storici all'interno elei quali è in grado di
intervenire.
È un'opportunità importante per le aziende agricole che
applicano una gestione in cui un'elevata qualità ambientale si
162
combina in modo efficiente con attività capaci di produrre
nuovo reddito.
Il sistema può rivelarsi tanto più efficiente quanto più sia
concentrato in zone agricole ad elevata potenzialità produttiva,
dove l'espandersi delle coltivazioni intensive ha maggiormente
inciso sull'impoverimento complessivo delle arce nonché nelle
zone ad elevata densità abitativa, dove la domanda eli fruizioneeli ambiente e di natura è molto forte.
Il sistema dell'agricoltura
di interesse economico primario
CRITICITÀ
produzioni eccedentarie
esasperazione ciclo produttivo intensivo
forte antropizzazione del territorio
VALENZE
aziende competitive
dimensioni aziendali medio-grandi
disponibilità di irrigazione
operatori agricoli preparati ed aggiornati
OPPORTUNITÀ
Ione caratterizzazione del paesaggio agrario
forte potenzialità agrituristica
elevata possibilità di svolgere servizio territoriale
Le condizioni iniziali
Il territorio agricolo nel quale si trova Cassinazza, che può
certamente essere definito ad elevata attitudine produttiva e a
basso grado di naturalità, è in linea generale caratterizzato dalla
presenza di ampi appezzamenti, quasi esclusivamente concloni
a seminativo, privi di componenti naturali significative e gene
ralmente poveri eli valori ambientali.
La qualità paesaggistica è limitata a causa, in particolare, della
meccanizzazione legata alle pratiche agricole: grandi estensioni
aperte occupano gli spazi che un tempo ospitavano fìtti reticoli
di filari, siepi, rogge e strade poderali.
L'impoverimento della fauna ha seguito quello della vegeta
zione: il territorio offre sempre meno possibilità eli ricovero, di
alimentazione e di nidificazione, quindi molte specie animali
sono attualmente rare o assenti.
Gli obiettivi
I principi ispiratori di questa esperienza di gestione azienda
le sono i seguenti:
- introduzione del concetto eli "coltivazione di ambiente" e con
vinzione che essa possa essere considerata al pari di una attività
agricola produttiva;
163
- diversificazione delle coltivazioni mirata al massimo grado di
complessità ecologica, con tutela e valorizzazione degli elemen
ti naturali sporadicamente presenti;
- determinazione di un modello gestionale l'ondato su basi eco
nomiche concrete e per questo ad alta potenzialità di riprodu
zione, utile a guidare l'atteggiamento delle imprese agricole
verso il riassetto delle campagne.
Tutti gli interventi eli rinaturalizzazione del territorio agricolo
sono stali condotti applicando i seguenti principi:
- adozione di tecniche colturali che consentano la conservazio
ne e il miglioramento qualitativo e quantitativo degli elementi
vegetali di equipaggiamento della campagna;
- gestione dei lavori condotta con criteri e tecniche agricoloforestali, con l'obiettivo di trasferirne le esperienze nel campo
agroambientale;
- conversione della professionalità del personale impegnato
nelle opere eli riqualificazione in senso agroambientale;
- utilizzo eli attrezzature e eli macchinari tipici dell'attività agri
cola, cui si aggiunge episodicamente l'escavatore;
- utilizzo eli infrastrutture (chiuse, ponti, strade, ecc.) mutuate da
ciucile agricole;
- utilizzo per i rimboschimenti di materiale vegetale provenien
te da seme appositamente raccolto nei boschi naturali del Parco
del Ticino e successivamente coltivalo in vivaio sino alla misura
forestale;
- distribuzione della vegetazione basala sull'elaborazione eli
modelli propri di ambienti naturali specifici, individuando all'in
terno eli questi le specie che possono più correttamente fon
dersi nel paesaggio circostante.
La redditività
La tabella riportata nella pagina successiva illustra la redditi
vità riscontrata presso l'Azienda agricola Cassinazza di baselica
nell'anno 2002; benché indicativi per una comparazione econo
mica sulle scelte aziendali, i dati sono da ritenersi una fotografia
di quell'anno e nella sola pianura pavese in quanto riferiti a para
metri produttivi, di mercato e di sostegno al reddito presenti in
ciuci momento.
I modelli di intervento
finalizzati alla
valorizzazione del
paesaggio rurale
Sono stati realizzati, tra le campagne coltivate, filari campe
stri e ampie fasce di siepe, cespugliate o arborato-arbustive,
distribuite lungo i percorsi dell'intera azienda agricola con l'in
tenzione di creare corridoi ecologici eli collegamento fra nuclei
di rinaturalizzazione estesa.
(ìli interventi condotti coprono attualmente circa 70 km
lineari, spesso in doppia o in tripla fila, per un totale eli 70.000
164
Redditività Euro/ha
817.37
666'6 644.06
I Redditività
• /
^ * />' /
<^'
/
^
/
^
/
^
«J
rS»
^g
\&
<F
piantine: tali piantine sono state disposte realizzando una strut
tura portante costituita dalle specie dominanti con inserti isola
ti eli specie accompagnatrici.
Siepi: le fasce eli siepe Cini realizzate sono plurispecifìche.
cespugliate o arborato-arbustive. distribuite in andamenti lineari
applicando i seguenti criteri:
- utilizzo esclusivo eli specie autoctone di ecologia individuata
per singola stazione;
- distanze fra le piante variabili da 1 a 2 metri e tra le file di 2
metri;
- disposizione delle specie arboree o arbustive a seconda dell'o
rientamento e degli spazi disponibili attorno alle campagne;
- garanzia di accessibilità ai canali di irrigazione e eli colo per l'ef
fettuazione delie opere di manutenzione;
- minimizzazione dell'intralcio alla circolazione elei mezzi agri
coli;
- rispetto dei coltivi adiacenti e del confine di proprietà;
- opportunità eli offrire scorci visuali sulle estensioni agricole
della tenuta.
Filari campestri: i filari realizzati presentano una disposi
zione in file semplici oppure doppie. L'interasse tra una pianta e
la successiva non è mai superiore a circa 8 m. Le specie più
comunemente utilizzate sono quelle riferibili al paesaggio agra-
165
rio basso-padano: Populits alba. Populits nigra. Popidus nigra
var. italica, Salix ulba,fitglans regia. Morus spp.
I modelli di intervento
finalizzati alla
conservazione della
biodiversità
Macchie boscate: l'inserimento di macchie boscate è eli cor
nice ad aree prative o eli sfondo alle aree umide; i rimboschi
menti sono slati realizzati con specie arboree e arbustive distri
buite secondo i seguenti criteri, la cui applicazione è necessaria
per giungere in tempi brevi alla costituzione eli un ambiente più
vicino a quello reale del bosco:
- utilizzo esclusivo eli specie autoctone eli ecologia individuata
per singola stazione;
- impiego eli specie pioniere a rapido accrescimento;
- utilizzo di uno schema a file curvilinee parallele distanti tra loro
2-2.5 m. in cui le piantine risultino tra loro distanti 2,5 m e in
posizione sfalsata rispetto alla fila attigua:
- scelta di un sesto di impianto relativamente fìtto tale da con
sentire un'efficace copertura del suolo ma che renda possibile
nello stesso tempo la meccanizzazione delle operazioni di
manutenzione;
- opportunità di offrire scorci visuali alle aree rinaturalizzate.
Zone umide ad acque basse: gli interventi sono attual
mente condotti su circa 25 ettari eli superficie ritirata dalla pro
duzione a seminativo. I terreni sono stati riqualificati con Io
scopo di ricostituire delle aree umide a l'ondale basso per l'ali
mentazione e la riproduzione di uccelli di passo; la riqualifica
zione naturalistica è stata condotta mediante la formazione di
bacini perennemente allagati da uno strato d'acqua eli 30-35 cm.
(di argini perimetrali sono stati ampliati (fino ad un massimo eli
3 m) e vi sono state piantate siepi campestri eli natura igrofila.
Zone umide ad acque profonde: gli interventi sono attual
mente condotti su circa 18 ettari di superficie ritirata dalla pro
duzione. Nella formazione eli queste zone umide sono stati pre
visti settori di acqua bassa, con profondità variabile da 20 a 70
cm, alternati a settori con accula relativamente alta, 1,5-1,8 m
con 1,3 m di media, a formare una ripetuta successione di acque
libere e eli acque stagnanti che riprendono la strutturazione di
un ambiente umido diversificato.
Praterie umide: gli interventi sono attualmente condotti su
circa 13 ettari di superfìcie ritirati dalla produzione. Sono state
l'ormate, con l'eliminazione del drenaggio, aree umide tempora
nee, ad acque basse, in cui la conformazione morfologica dei
terreni è stata modificata spezzando il livellamento per formare
lievi dossi e depressioni invase dall'acqua. Nelle fasce depresse
l'acqua si ferma in maniera quasi permanente, formando lame
temporanee talvolta sfalciate e ripulite durante i brevi periodi
estivi di asciutta. Lo spazio dominante degli appezzamenti
166
viene tenuto a prato accompagnato sui margini da fasce bosca
te che rappresentano quantitativamente circa il 10% dell'intera
superfìcie.
Dal pioppeto al bosco naturaliformc: nei programmi
colturali di un pioppeto a fine ciclo si prevede naturalmente
l'abbattimento di tutte le piante giunte a maturazione e succes
sivamente l'impegno elei terreni con nuove coltivazioni; al con
trario di quanto avviene tradizionalmente, nel caso in argomen
to si pensa eli poter passare dal pioppeto al bosco naturaliformc
senza attraversare la fase di terreno completamente nudo. È pos
sibile pensare eli risparmiare dal taglio un determinato numero
di piante mature eli pioppo, potenzialmente oggetto di contri
buto, procedendo all'inserimento delle nuove piantine forestali.
In questo modo si sfruttano le capacità eli preparazione al bosco
espresse da una specie tipicamente pioniera come è il pioppo,
evitando di sprecare quanto la natura ricostruirebbe da sé in
numerosi anni e accelerando quindi notevolmente l'affermazio
ne del bosco naturaliforme introdotto. In questo senso si pensa
sia corretto sfruttare una sorta di tappa evolutiva della vegeta
zione rappresentata dal pioppeto: le piante adulte garantiscono
un forte arricchimento in humus e per l'effetto parzialmente
ombreggiarne procurato dalle chiome agiscono con immediati
effetti positivi sull'accrescimento delle giovani piantine foresta
li, che restano prolette dalle forti condizioni di calura estiva e si
trovano a vegetare in condizioni di suolo fresco e libero dalieerbe infestanti di elevatissima aggressività presenti generalmen
te sui terreni lavorati. La conservazione di alcuni pioppi adulti
consente inoltre di avere un'immagine paesaggistica meno
drammatica, potendo mantenere una stratificazione verticale
che fin da subito comprende una componente arborea eli statu
ra elevata, senza passare attraverso quella fase di immagine "eli
vuoto" che dura diversi anni.
167
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
P- 169
Sviluppo energetico delle siepi
Energetic development of the hedges
Angelo Scaravonati*
Nella prospettiva di procurare benefìci all'ambiente nonché
di produrre energia rinnovabile, vengono erogali fondi regionali
e comunitari per la realizzazione di siepi campestri.
La conservazione dell'ambiente diviene, quindi, anche uno
strumento per produrre risorse.
Molti sono dunque i motivi che spingono ad impiantare o a
mantenere una siepe campestre, non ultimo il potenziale energe
tico, dal punto eli vista della biomassa, da essa ricavabile.
A seconda della bontà agronomica della stazione è possibile
con 700/800 mi eli siepe (utilizzando le specie adatte) avere il
quantitativo di legna o di minuzzoli (chips) sufficienti per scalda
re per un anno una normale abitazione di 4/500 m-"\
Le essenze più frequentemente utilizzate nelle nostre campa
gne sono: platano, ontano, salice, pioppo e robinia (essenze a rapi
do accrescimento) accompagnate da altre a crescita più lenta:
acero campestre, carpino bianco e alcune essenze arbustive.
Èinteressante notare che il potere calorifico del legno, a parità
di umidità relativa, si differenzia di poco al variare delle specie
impiegate nella combustione. Quindi, ciò che incide sulla resa
energetica non è tanto collegato al potere calorifico quanto piut
tosto alla densità del legno, cioè al peso per unità eli volume.
L'interesse nei confronti della legna come fonte di energia ter
mica deriva dal fallo che oggi la tecnologia mette a disposizione
delle caldaie a fiamma inversa ad alta resa (lino al 90%) che ne
rendono indubbiamente economico l'utilizzo, senza trascurare il
benefìcio ambientale che ne deriva. Utilizzare la siepe in termini
economici potrebbe incentivare la costituzione eli nuovi impianti
nelle nostre campagne.
Via Rottaiole 5 -1-26040 - Scandolara Kuvara (CR). H-mail: a.>earavonati" unh.net
169
PIANURA - Scienze e storia dell'ambiente padano - N. 16/2003
p. 1T1-172
Agricoltura biologica e ambiente
Biological agriculture and environment
Paola Paccini *
L'agricoltura biologica è un metodo di produzione agricola
che utilizza tecniche rispettose della fertilità intrinseca del
suolo, della natura delle piante coltivate, degli animali allevati e
dell'equilibrio ambientale/filli tecniche ottimizzano tra loro que
sti fattori di produzione interdipendenti ed escludono l'impiego
di concimi, fitofarmaci e medicinali veterinari chimici di sintesi
e organismi geneticamente modificati (OGM).
L'agricoltura biologica è oggi disciplinata dai regolamenti
CEE 2092/1991 per le produzioni vegetali, 1804/1999 per le
produzioni animali e 331/2000 per il logo comunitario.Tali rego
lamenti indicano, con precise norme, le tecniche di produzione
alle quali devono obbligatoriamente attenersi gli operatori del
settore - agricoltori, allevatori e preparatori - che intendono
commercializzare la loro produzione con la denominazione di
"prodotto da agricoltura biologica".
Il settore agro-industriale nazionale, e in particolare la com
ponente agricola, sembrano cominciare a recepire i cambiamen
ti imposti dai nuovi modelli di consumo degli alimenti e questa
circostanza si riflette in un accresciuto interesse per il comparto
delle produzioni biologiche. Il mercato alimentare in generale, e
quello elei freschi deperibili in particolare, è stato infatti segmen
tato grazie all'immissione in commercio di prodotti ottenuti
secondo le metodologie dell'agricoltura biologica. In un contesto
concorrenziale di questo tipo le produzioni biologiche costitui
scono oggi una risposta in linea con le attese della domanda
nazionale e internazionale e in molti casi si sono rivelate una
scommessa vincente dal punto di vista commerciale.
Allo stato attuale i dati nazionali, aggiornati all'I gennaio
* e/o La Natura Viva, galleria Ferri 6 - 1-46100 Mantova. K-mail: paola@naturaviva.it. www.naturaviva.il
171
2000, registrano un'ulteriore crescita degli operatori rispetto al
passato. Le aziende sono infatti salite a 49.188 unità, una cifra
che rappresenta una crescita del 12,5% rispetto al 1999. Il nume
ro delle aziende agricole non è tuttavia il solo parametro che
deve essere utilizzato per valutare l'effettiva importanza econo
mica assunta dal comparto nei confronti dell'agricoltura nazio
nale. II salto eli qualità è rappresentato dall'opportunità per l'o
peratore agro-alimentare di valorizzare commercialmente la pro
pria attività/produzione grazie al collocamento del prodotto sul
mercato biologico nazionale ed estero. Con un giro d'affari di
circa 2.000 miliardi di lire e la costante crescita delle aziende
produttrici nonché delle superfìci interessate, l'agricoltura bio
logica rappresenta uno elei settori più promettenti del panorama
agro-alimentare italiano. La domanda elei prodotti ottenuti con le
metodologie dell'agricoltura biologica è cresciuta del 25% ogni
anno. Nel giro di pochi anni abbiamo assistito nel nostro Paese
a un vero e proprio boom di tali produzioni e a una rapida cre
scita delle superfìci ad esse destinate: siamo passali da circa
4.000 aziende nel 1993 a circa 43.000 nel 1998,con una super
fìcie che da 70.000 ettari nel 1993 è aumentata a "88.000 nel
1998. arrivando oggi a circa 1.000.000 di ettari. Tali numeri
testimoniano l'evoluzione del comparto, che da semplice nic
chia di mercato si sta trasformando in uno elei più promettenti
segmenti del settore agro-alimentare.
In Italia è concentrato ben un terzo delle aziende agricole
biologiche d'Europa; nel gennaio del 2001 il loro numero è cre
sciuto del 41,5% e le loro superfìci hanno avuto un incremento
pari al 39,5%.
Dalle ultime notizie del BMofach 2002 eli Norimberga si è evi
denziata una "maturazione" ulteriore del settore, che deve esse
re attribuita al miglioramento generale del tipo di servizio/pro
dotti offerto dagli operatori stessi, riconducibile a un amplia
mento della gamma eli prodotti, della struttura operativa e a una
distribuzione capillare.
L'interesse verso l'agricoltura biologica cresce continuamen
te e l'applicazione elei regolamenti comunitari 2092/1991 e
1804/1999, nonché i parametri sempre più restrittivi della certi
ficazione e del controllo qualità/tracciabilità delle produzioni,
hanno funzionato da volano per la diffusione dei sistemi di col
tivazione biologica in Italia e in Europa incontrando sempre più
le esigenze del consumatore.
172
NORME PER GLI AUTORI
1. Pianura pubblica lavori riguardanti i vari campi d'interesse delle scienze natu
rali, relativi alla regione padana, nonché studi attinenti alla storia del suo ambientenaturale, privilegiando i saggi pertinenti la provincia eli Cremona o i territori limi
trofi.
2. I lavori inviati, che si intendono originali ed esclusivi, non devono eccedere,
eli norma, le 30 cartelle, inclusi tabelle, grafici e illustrazioni. Contributi eli maggior
ampiezza saranno tenuti in considerazione a giudizio del Comitato scientifico ed
eventualmente proposti alla pubblicazione come monografìe. Pianura pubblica
anche brevi Segnalazioni, contenute entro le tre cartelle, tabelle e illustrazioni inclu
se.
3. I testi completi eli illustrazioni e tabelle devono nitidamente essere stampati
su fogli bianchi l'ormato Uni A/4, a doppia spaziatura, con ampi margini e su un solo
lato del foglio. Ogni cartella si intende composta eli circa .30 righe per 60 battute cia
scuna. E ammesso l'uso elei caratteri tondo e corsivo (quest'ultimo limitato ai nomi
scientifici, a parole in lingua diversa da quella del testo o come indicato eli seguilo
per la bibliografia) mentre si prega eli evitare il tutto maiuscolo e le sottolineature.
4. I testi in triplice copia, completi di illustrazioni, tabelle e didascalie, vanno
inviati al seguente indirizzo: Redazione di Pianura, c/o Provincia eli Cremona, Corso
Vittorio Emanuele II n. 17,26100 Cremona.Occorre trasmettere alla redazione anche-
copia del dischetto contenente il testo (preferibilmente in formato Word 97 o suc
cessivi).
5.1 lavori devono essere preceduti da un riassunto in italiano e in inglese. Per le
Segnalazioni si ritiene sufficiente la traduzione in inglese del titolo. La stesura del
lavoro deve rispettare la seguente impostazione: Titolo, Riassunto, Summary, testo
suddiviso in capitoli (cs. Introduzione, Materiali e metodi, Risultati, Discussione,
Conclusioni, Ringraziamenti, Bibliografìa).
6. (ili articoli devono contenere - su un foglio allegato - il nome, l'indirizzo, i
numeri telefonici, l'eventuale indirizzo e-mail dell'autore (o autori). Le figure, i gra
fici, le tabelle e le fotografie che accompagnano gli articoli devono essere predi
sposti con particolare cura. Nel testo deve essere segnalato chiaramente il punto
dove si desidera che vengano inseriti. Ogni illustrazione deve essere accompagnata
da una dicitura eli presentazione costituita da un numero progressivo, un titolo e una
didascalia. Nel caso di immagini coperte da copyright è necessario trasmettere alla
redazione l'autorizzazione alla riproduzione, (indici e disegni vanno consegnati su
carta con dimensioni possibilmente maggiori rispetto a ciucile che si desiderano in
stampa. Si raccomanda cura particolare nell'indicazione:
a) dei termini da riprodurre in corsivo
b) elei titoli, dei capotiteli e elei paragrafi
e) delle parti dell'articolo che si vogliono stampate con corpo ridotto.
7. Note e riferimenti bibliografici. Il ricorso alle note eli contenuto deve essere il
più limitato possibile. Per le note eli riferimento bibliografico all'interno del testo si
adotta il sistema cognome dell autore-data della pubblicazione tra parentesi tonde
(Rossi 1987). Se all'interno dello stesso anno esiste la possibilità eli confondere più
autori con Io stesso cognome, si ricorre all'iniziale del nome puntata (Rossi A. 1987;
Rossi V. 1987). Nel caso che lo stesso autore abbia pubblicato più opere nello stes
so anno, occorre aggiungere alla data la lettera dell'alfabeto che la identifica anche
nell'indice bibliografico (Rossi 1987a; Rossi 1987b). Nel caso ci si voglia riferire ad
una parte specifica dell'opera, Si possono anche segnalare le pagine (Rossi 1987,p.
173
80-87). Per le opere aventi più eli due autori va citato il primo seguilo dalla locuzio
ne latina in l'orma abbreviata et al. (Rossi et al. 1987).
8. Bibliografia. Deve essere organizzata, alla fine dell'articolo, In stretto ordine
alfabetico per autore o titolo. Le voci relative ad opere di più autori devono ripor
tarne tutti i nomi, a differenza delle citazioni nel testo, e vanno ordinate con il pri
mo che compare sul frontespizio della pubblicazione. L'ordine eli citazione biblio
grafica è il seguente: cognome e iniziale puntala del nome dell'autore (o autori), vir
gola, l'anno della pubblicazione, trattino, titolo della pubblicazione (in corsivo), casa
editrice e luogo dell'edizione separali da virgole.
Esempi:
BOLZON P, 1920 - Plora della provincia di Parma e del confinali le Appennino
tosco-ligure-piacentino, Stab.Tip. Ricci. Savona.
BMCHETTl P. & Garihoi.di A., 1997 - Manuale pratico di ornitologia. Edagricolc,
Bologna.
Eorgiarini M.N., Casali C. &. RAGGI S., 1996 - Botanica oggi, Eclagricole, Bologna.
Paesaggi e suoli della provincia di Cremona, 1997. "Monografìe eli Pianura" n. 2.
Provincia di Cremona, Cremona.
Nella segnalazione eli lavori pubblicali in periodici il titolo del contributo va ripor
tato in tondo, seguito dal titolo della rivista in corsivo e per esteso (o in forma abbre
viata se accreditata) e dalla numerazione separati da virgole; ultimo elemento da
riportare l'estensione dell'articolo stesso preceduta dai due punti (:).
Esempi:
Boxali E, 1997 - Interessanti segnalazioni floristiche nel Cremonese : primo contri
buto, Pianura, 9: 5-26.
biffile,nella segnalazione di lavori pubblicati in monografìe (quali ad esempio gli atti
di congressi etc.) il titolo del contributo va riportato in tondo, come pure il titolo
della monografìa che va indicato tra virgolette e preceduto da in:
Esempi:
Scazzosi L., 1997-Alle radici elei musei naturalistici all'aperto, in: "Stanze della mera
viglia", CLLIEB, Bologna: 91-134.
9. La Redazione si riserva il diritto di uniformare le citazioni bibliografiche, la pun
teggiatura e l'uso delle iniziali maiuscole. Nel caso i signori Collaboratori provve
dano eli persona alla correzione delle bozze, queste debbono essere restituite entro
i termini concordati con la Redazione (eli norma 15 giorni); trascorso detto terminesi procederà alla correzione redazionale. Le modifiche devono limitarsi alla corre
zione di refusi tipografici. Le eventuali spese per correzioni rese necessarie da
aggiunte e modifiche al testo originario saranno interamente a carico dell'Autore.
Per ogni articolo pubblicato saranno fornite gratuitamente all'Autore (o Autori) del
lo stesso 30 copie complessive elei relativi estratti.
174
SOMMARIO
Atti della Giornata di studi su "Siepi e filari tra storia, economia ed ecologia"
(Cremona, 2002)
Sessione storica
pag.
11
Sessione naturalistica
pag.
43
Sessione economteo-gestionale
pag-
143
o
Comune
Qemona
DET
Sistema
Dipartimento
<li Kciilopn del lerritorio
dell'Unlvenita di Paria
Museale
ROTARY CLUB CREMONA
Spedizione in Abb. postale 70% Cremona