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ARTICLE IN PRESS QUIP 2009;28(1):6–14 Available at www.sciencedirect.com journal homepage: www.elsevier.com/locate/quip ARTICOLO ORGINALE Depressione di genere Gender depression Claudio Mencaccia,, Roberta Annivernob, Alessandra Bramanteb, Giancarlo Cerverib a Dipartimento di Neuroscienze, AO Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano Centro Studi per la Prevenzione e la Cura dei Disturbi Depressivi nella Donna, AO Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano Disponibile online 21 marzo 2009 b PAROLE CHIAVE Depressione; Genere; Fattori di rischio; Donne; Farmacoterapia. KEYWORDS Depression; Gender; Risk factors; Women; Pharmacotherapy. Riassunto Premesse: Numerose patologie psichiatriche sono maggiormente rappresentate nelle donne piuttosto che negli uomini; tra queste la depressione maggiore (frequenza doppia rispetto all’uomo), la depressione unipolare e il disturbo affettivo stagionale. La distimia e il disturbo bipolare, invece, hanno frequenza simile nei due generi, ma diversa rappresentazione sintomatologica. Scopo dello studio: Il presente lavoro si propone di evidenziare l’importanza di considerare un paziente anche rispetto al genere, per individuare un approccio terapeutico realmente personalizzato. Materiali e metodi: Gli autori hanno preso in considerazione i seguenti fattori di rischio per la depressione di genere: fattori genetici, ormonali, psicologici e ambientali. Risultati e conclusioni: Nella donna la depressione si manifesta con sintomi specifici e atipici, con un’elevata componente ansioso-somatica. Anche il trattamento terapeutico presenta differenze di genere, sia rispetto alla domanda di aiuto sia rispetto al setting. Inoltre, l’intervento farmacologico è diversificato tra uomini e donne, che presentano specifiche risposte alle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche del trattamento. & 2009 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. Abstract Background: A large number of psychiatric disorders are more present in women more than in men. Among these, there are major depression (twice as frequent in women compared to men), unipolar depression, and seasonal affective disorder. On the other hand, dysthymia and bipolar disorder have similar frequencies in men and women, but they have a different representation of symptomatology. Aim of the study: This review shows the importance of considering the specific gender of a patient, in order to identify a really personalized therapeutic approach. Corrispondenza: C. Mencacci, Dipartimento di Neuroscienze, AO Fatebenefratelli e Oftalmico, c.so di Porta Nuova 23 - 20100 Milano E-mail address: cmencacci@interfree.it 0393-0645/$ - see front matter & 2009 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. doi:10.1016/j.quip.2008.11.012 ARTICLE IN PRESS Depressione di genere 7 Materials and methods: The authors have taken into account the following risk factors for gender depression: genetic, hormonal, psychological, and environmental factors. Results and conclusions: In women depression presents with specific and atypical symptoms and with a high anxiety-somatic component. Therapeutic treatment also shows gender differences, in respect both to request for help and setting. Moreover, pharmacotherapy is different for men and women, who show specific reactions to pharmacokinetic and pharmacodynamic characteristics of the treatment. & 2009 Elsevier Srl. All rights reserved. Introduzione L’Organizzazione Mondiale della Sanità (1) ha riportato, nel 2002, i seguenti dati:  i disturbi depressivi costituiscono il 41,9% della disabilità (Years Lived with Disability, YLDs);  i principali problemi di salute mentale nella vecchiaia, quali sindromi organiche e demenze, interessano in maggioranza le donne;  nell’adolescenza i tassi di depressione e ansia sono maggiori nelle ragazze e i disturbi del comportamento alimentare sono nel 95% dei casi appannaggio delle ragazze;  è stato stimato che, su 50 milioni di persone vittime di conflitti violenti, guerre, disastri naturali, l’80% sia costituito da donne e bambini;  la prevalenza della violenza contro le donne, nel corso della vita, oscilla tra il 16 e il 50%;  una donna su 5 subisce un tentativo di stupro o uno stupro nel corso della vita. L’attenzione alle tematiche di genere ha permesso di dimostrare, attraverso numerosi studi, che le donne sono svantaggiate nella tutela della loro salute e che la presentazione di diverse patologie psichiatriche è maggiore nelle donne rispetto agli uomini. In medicina persistono alcuni pregiudizi, quali il considerare l’osservazione scientifica del corpo maschile valida anche per quello femminile, negando, di fatto, le differenze esistenti a tutti i livelli (cardiologico, metabolico ecc., oltre Figura 1 all’ovvio livello riproduttivo); inoltre, l’osservazione scientifica si focalizza prevalentemente sugli aspetti riproduttivo-ginecologici e poco sugli aspetti produttivo-lavorativi (appannaggio degli uomini). In particolare, la scarsa considerazione della donna come corpo sociale, oltre che individuale, ha condotto a una sottovalutazione del tempo di lavoro (oltre 70 ore settimanali) come fattore causale di processi morbosi. Molteplici altri eventi stressanti, purtroppo frequenti della vita della donna – maltrattamento in famiglia e a volte violenza (abusi, molestie) – pesano fortemente sul carico di disabilità femminile. Pregiudizi e luoghi comuni rallentano, sostanzialmente, la ricerca dei fattori di rischio ambientali e rendono difficoltosa una prevenzione appropriata. Nella sfera della patologia psichiatrica, inoltre, vi sono ancora pochi studi di valutazione dell’effetto del ciclo mestruale e della menopausa sullo sviluppo dei disturbi e sull’efficacia del trattamento, e l’attenzione alla possibile interazione fra terapia ormonale e terapia antidepressiva è limitata. Epidemiologia La depressione rappresenta, nella donna, una delle principali cause di disabilità dovuta a condizione morbosa. Studi epidemiologici hanno consistentemente documentato che la prevalenza lifetime della Depressione Maggiore (DM) nella donna è almeno doppia rispetto all’uomo (fig. 1) (2). Questo rapporto è stato riscontrato in differenti Paesi e gruppi Prevalenza della depressione nel corso della vita: tassi di rischio di Depressione Maggiore per età e sesso. ARTICLE IN PRESS 8 etnici. Tale differenza si manifesta attorno ai 10 anni d’età e persiste sino alla mezza età, quando tende a scomparire. Una maggiore frequenza nella donna è stata inoltre riscontrata con riguardo alla depressione unipolare, anche per quanto attiene alle forme con decorso protratto (distimia). I tassi di Disturbo Bipolare (DB), invece, non si discostano significativamente nei due generi, benché tra le donne l’esordio del DB tenda a essere più tardivo e il decorso segnato da un maggior numero di episodi depressivi e misti, nonché da una maggiore frequenza di ciclicità rapida. Il DB di tipo II, infine, prevale nel genere femminile, in cui si riscontra, inoltre, un più elevato decorso stagionale dei disturbi affettivi. Infatti, oltre l’80% dei disturbi affettivi stagionali (SAD) si verifica nelle donne. In un recente lavoro, Ohayon (3) ha osservato come in tutti i Paesi economicamente avanzati la DM risulti essere più frequente nelle donne, in particolare bianche, di mezza età, obese (BMI ¼ 30), appartenenti alle classi sociali più basse e nelle fumatrici, nonché nei soggetti con diagnosi pregressa di DM. Le donne hanno un rischio di depressione unipolare circa 2 volte maggiore rispetto gli uomini; nelle casistiche psichiatriche tale proporzione sale fino a 3:1 o 4:1 in ragione della maggiore propensione femminile a consultare il medico e a richiedere un trattamento. Un altro fattore importante sarebbe un’anamnesi familiare positiva, in particolare tra i parenti di primo grado di soggetti affetti da depressione, con rischio tra l’11,2% e il 24,6%. Per quanto riguarda lo stato civile, una storia di divorzio o separazione sembra essere fortemente correlata con un rischio più elevato di DM; dato, questo, discusso e controverso, tanto che Landi et al. (4) riportano per le coniugate tassi di depressione e ansia maggiori rispetto alle celibi. Più specificamente, nei soggetti stabilmente coniugati o non coniugati si è riscontrata la minor incidenza di depressione, mentre i divorziati hanno mostrato tassi più alti. Occorre segnalare, inoltre, il legame tra alta prevalenza di DM e presenza di uno o più eventi traumatici importanti che abbiano coinvolto l’intera popolazione (catastrofi naturali, violenze). Il documento dello European College of Neuropsychopharmacology (5) dimostra come il 50% dei disturbi mentali sia in comorbilità (depressione+ansia). A eccezione che per uso di sostanze, schizofrenia e disturbo bipolare, le donne presentano un rischio molto più alto di ansia, depressione, disturbi somatoformi e di comorbilità. Uno studio di Jacobi et al. (6) riporta che l’80% delle forme di DM è accompagnato da almeno una diagnosi addizionale e segnala, in particolare, la significativa associazione con i disturbi ansiosi. Secondo Gusmão et al. (7), invece, la diagnosi di DM si ritrova nel 50% dei pazienti con panico, nel 42% dei pazienti con disturbo d’ansia generalizzato (GAD), nel 67% dei pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e in una quota variabile dal 34 al 70% dei pazienti con fobia sociale. Di solito i disturbi d’ansia precedono temporalmente il disturbo dell’umore; inoltre, in un terzo dei soggetti con DM esiste una comorbilità lifetime anche con un disturbo del controllo degli impulsi. Fattori di rischio per la depressione nella donna I fattori di rischio per la depressione sono correlati secondo direttrici tuttora poco chiare. C. Mencacci et al. È poco plausibile, infatti, che l’elevato riscontro di depressione nella donna sia interamente spiegabile come un artefatto diagnostico, dovuto a una maggiore tendenza allo ‘‘help-seeking behaviour’’ o al ‘‘self-report’’, o sia il semplice risultato di modelli diversi di socializzazione e/o di acquisizione di ruolo. È stata rilevata l’importanza di una significativa correlazione con i disturbi d’ansia e, tra i fattori biologici, si ipotizza un effetto primario postpuberale degli ormoni gonadici sul sistema limbico iperattivo. I neurotrasmettitori e i neuromodulatori coinvolti nella regolazione del tono dell’umore costituiscono ulteriori fattori biologici presumibilmente implicati nella diversità depressiva tra uomini e donne. In queste ultime è stata descritta, rispetto al genere maschile, una minore produzione cerebrale (–52%) di serotonina (5-HT) in condizioni sia basali sia di deplezione del precursore triptofano (8). La neurotrasmissione degli oppioidi endogeni, attraverso l’attivazione dei recettori mu, è implicata nella regolazione della risposta allo stress e alle emozioni e, di conseguenza, si ipotizza un suo coinvolgimento nella DM. Recentemente, grazie all’uso di tecniche di binding recettoriale in vivo con specifici ligandi, è stato possibile evidenziare alla tomografia a emissione di positroni (PET) una riduzione significativa dei recettori mu per gli oppioidi endogeni nella corteccia temporale inferiore sinistra e cingolata rostrale in donne con DM durante l’induzione sperimentale di stati di profonda tristezza. Alterazioni analoghe sono state riscontrate in altre aree limbiche (corteccia insulare anteriore, talamo posteriore e anteriore, amigdala, striato ventrale ecc.), mentre reperti opposti si sono evidenziati nei controlli sani. Nel complesso, questi dati sottolineano il ruolo del sistema oppioide nella patologia depressiva, in particolare nel genere femminile (9). Aspetti psicosociali Secondo il modello biopsicosociale (10) la depressione è determinata da un’interazione tra fattori biologici (influenze genetiche, ormonali, modificazioni dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale), fattori psicologici (pregresse esperienze di vita, struttura di personalità) e fattori sociali (ruolo nella relazione di coppia e nella vita sociale). Alcuni studi epidemiologici hanno messo in evidenza i principali fattori di rischio psicosociali relativi alla depressione nella donna. Essi comprendono l’aumentata vulnerabilità allo stress ambientale, per esempio condizioni di conflittualità familiare, eventi di vita quali le malattie e mancanza di supporto sociale (11). L’importanza dell’interazione tra diversi fattori, nell’ambito del modello biopsicosociale, per la conoscenza delle componenti eziopatogenetiche della depressione femminile è ben esemplificata dall’impatto che la violenza, nelle sue varie espressioni, esercita sullo sviluppo psicologico e psicobiologico delle vittime, che sono più frequentemente donne, spesso in ambito familiare (12). Il fenomeno della violenza domestica, di grande diffusione, ma sempre sottostimato e sommerso, è ancora poco indagato, anche se emergono i primi dati sui danni biologici consequenziali; è stata riportata, nelle donne vittime di abusi sessuali che sviluppano DM, una significativa riduzione del volume ippocampale, specie a ARTICLE IN PRESS Depressione di genere sinistra e nelle regioni del corpo e della testa, rispetto alle donne con DM non abusate e ai controlli sani (13). Aspetti genetici Il rischio genetico, secondo Kendler et al. (14), risulta essere un fattore eziologico rilevante in entrambi i sessi, benché percorra vie patogenetiche diverse (abuso di sostanze, disturbi della condotta ecc.) e abbia un più ampio spettro d’azione nell’uomo. Il complesso rapporto tra fattori ambientali e suscettibilità allo sviluppo di una condizione depressiva è mediato da componenti genetiche. I geni di suscettibilità, maggiore e minore, probabilmente non intervengono in modo diretto nel regolare gli effetti psicologici di eventi di vita stressanti (Stressful Life Events, SLE); piuttosto, fungono da fattori di mediazione tra questi e una tendenza stabile dell’individuo a sviluppare emozioni negative in risposta agli eventi ambientali (15). Uno dei fattori genetici implicati nella mediazione tra eventi di vita negativi e futuro sviluppo di depressione sembra essere il gene del trasportatore della 5-HT, di cui è noto un polimorfismo a livello della regione promoter, per la presenza di un allele ‘‘corto’’ (short, s) e di un allele ‘‘lungo’’ (long, l), che comporta un diverso funzionamento del trasportatore. Nell’animale (Macacus rhesus) è stato dimostrato che la risposta dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH) allo stress è maggiore nei maschi eterozigoti l/s rispetto agli omozigoti l/l. Nelle femmine, l’allele s è associato a un’elevata risposta dell’ACTH allo stress solo negli animali con storia di SLE. Più recentemente, l’effetto depressogeno degli SLE nei 3 mesi precedenti l’intervista è risultato significativamente maggiore in donne portatrici di due alleli s rispetto alle portatrici di un singolo o di nessun allele s (16,17). Vi sono evidenze circa un effetto di genere nel coinvolgimento di specifici polimorfismi a carico di geni che controllano punti chiave della trasmissione monoaminergica (recettori, trasportatori, enzimi ecc.), o che sono implicati a vario titolo nei processi farmacodinamici/ farmacocinetici che regolano la risposta ai farmaci antidepressivi (AD). Risultati statisticamente significativi hanno riguardato la maggiore frequenza della variante lunga del gene promoter della monoaminossidasi-A (MAO-A) e dell’allele 205 bp del locus MAO-B(TG)n della monoaminossidasi-B (MAO-B), nonché della condizione omozigote per un polimorfismo (A - T 1890) del recettore colinergico muscarinico M2 in donne con DM. Negativi, invece, sono stati i risultati di uno studio riguardante l’influenza di alcuni polimorfismi (TaqI A e –141Cins/Del) del recettore dopaminergico D2 sulla componente P-300 del potenziale evento-correlato (18–21). Studi preclinici hanno suggerito l’importanza dei fattori trofici nella fisiopatologia della DM. Il polimorfismo val66/met del Brain-Derived Neurotrophic Factor (BDNF) non ha mostrato differenze di genere per genotipo e/o frequenza allelica tra soggetti depressi e controlli sani, mentre solo la condizione eterozigote ha evidenziato un trend di risposta favorevole alla fluoxetina. Il ruolo degli estrogeni nel condizionare la prevalenza di depressione nel sesso femminile sembra confermato dal 9 riscontro di una maggiore frequenza di una variante genetica (ER-alfa II) del recettore per questi ormoni in donne con DM. Un polimorfismo a carico del recettore D2 della dopamina sembra essere prevalentemente espresso in donne con depressione a esordio precoce, mentre una differenza di genere, ma a carico del sesso maschile, è stata riscontrata per il polimorfismo EcoRV della MAO-A (22–25). Il firing dei neuroni serotoninergici del nucleo dorsale del rafe è controllato dal recettore presinaptico 5-HT1A. Il genotipo C/C legato al polimorfismo C-1019G della regione promoter di questo enzima condiziona una riduzione della latenza P2 dei potenziali evocati acustici, per i quali si postula un controllo serotoninergico. L’enzima di conversione dell’angiotensina I (ACE) risulta coinvolto nella degradazione della sostanza P. Nel sesso femminile, variazioni genetiche dovute al polimorfismo per inserzione/delezione (I/D) del gene dell’ACE sono associate alla rapidità dell’effetto antidepressivo di vari farmaci. L’enzima mitocondriale MAO-A costituisce una tappa chiave nella degradazione delle amine biogene. Il polimorfismo uVNTR, nella configurazione allelica 4R, risulta significativamente associato nel sesso femminile alla presenza di DM e, nella condizione omozigote 3R, alla risposta favorevole al trattamento con fluoxetina (26–29). In uno studio recente, il polimorfismo C-1019G del gene del recettore 5-HT1A è risultato significativamente associato, per il genotipo C/C, alla condizione di responder a 4 settimane di trattamento con fluoxetina. Quest’associazione era sesso-specifica, in quanto presente nelle donne ma non negli uomini (29). Aspetti ormonali Sintomi depressivi sono più evidenti nei periodi di massima fluttuazione dei livelli estrogenici, ovvero nella tarda fase luteinica, nel post partum e nella perimenopausa. Viceversa, la maggior parte degli studi presenti in letteratura non evidenzia alcun incremento di depressione nella fase postmenopausale. È possibile ipotizzare che i disturbi dell’umore nel corso del ciclo vitale della donna rappresentino una risposta abnorme a una normale fluttuazione ormonale, piuttosto che una conseguenza di specifiche anomalie ormonali (30,31). Gli estrogeni rivestono un ruolo complesso a livello del sistema nervoso centrale. Il loro effetto trofico si manifesta modulando la barriera emato-encefalica e aumentando in modo selettivo il flusso cerebrale e la disponibilità di glucosio e ossigeno ai neuroni. Inoltre, agiscono su sintesi/rilascio dei neurotrasmettitori, sull’espressione dei recettori e stimolano la plasticità neuronale. È l’attività di plasticità neuronale a caratterizzare il cervello femminile nelle varie fasi del ciclo. In particolare, è stato suggerito che gli estrogeni esercitino il loro effetto nello scatenare i sintomi depressivi attraverso interazioni con il sistema serotoninergico, le neurotrofine ed enzimi coinvolti nella catena dei secondi messaggeri (32). Gli estrogeni condizionano le manifestazioni di alterato tono affettivo lungo tutto l’arco vitale femminile. Per esempio, è frequente assistere all’esordio o al peggioramento ARTICLE IN PRESS 10 C. Mencacci et al. (la cosiddetta ‘‘depressione somatica’’), e soggetti con DM ‘‘pura’’, tra i primi erano significativamente più rappresentate le donne, mentre tra i secondi non si apprezzavano differenze statistiche. In un secondo studio dello stesso autore (37), condotto utilizzando i dati dell’Epidemiologic Catchment Area (ECA) Study, è stata confermata la maggior prevalenza di DM somatica tra le donne, ipotizzando che la depressione ‘‘ansioso-somatica’’ costituisca una ‘‘variante’’ associata al genere. Le donne depresse con sintomi somatici hanno evidenziato elevati livelli di ansia, dolore e disforia cronica rispetto agli uomini, nei quali, tra i depressi con somatizzazioni, è risultata significativa solo l’associazione con il dolore (fig. 2). Come si rileva da questo studio, l’altra associazione caratteristica della depressione nel genere femminile è quella con l’ansia. Tale frequente comorbilità è, secondo alcuni autori, una delle possibili ipotesi di lavoro per valutare le differenze di genere (e la maggiore frequenza) dei disturbi depressivi nelle donne. depressivo durante la fase premestruale del ciclo. In fase premestruale è documentato un aumento delle ospedalizzazioni e dei tentativi di suicidio, per l’esacerbazione degli episodi depressivi, che comporta un aumento della gravità dei sintomi, la comparsa di nuovi sintomi e la possibile perdita di controllo degli impulsi. In tale fase si registra anche un incremento dei comportamenti antisociali (33). Caratteristiche cliniche della depressione di genere Oltre all’elevata frequenza, la depressione nella donna ha anche peculiari modalità di presentazione e di decorso, che rendono plausibile il ruolo di fattori eziopatogenetici specifici. Sono, infatti, più frequenti rispetto agli uomini i sintomi ‘‘atipici’’ (ipersonnia, iperfagia) e la spiccata sensibilità allo stress, nonché i tentativi di suicidio. Inoltre, gli episodi tendono ad avere maggior durata, con ricorrenza e cronicità maggiori. Infine, è del tutto caratteristico lo sviluppo di manifestazioni depressive a seguito delle cicliche variazioni ormonali (34,35). Vi sono caratteristiche specifiche per la DM nelle quali si riscontra una maggiore frequenza di sintomi atipici (reattività dell’umore, ipersonnia, iperfagia):  comorbilità con ansia;  storia familiare di disturbi psichiatrici;  tentato suicidio alla presentazione;  tentati suicidi in anamnesi;  SLE nella storia recente;  sviluppo di depressione a seguito di gravi eventi stressanti;  sviluppo di un disturbo depressivo a seguito di cambiamenti ormonali correlati al genere femminile. Brett Silverstein (36) ha rianalizzato i dati del National Comorbidity Survey (2) dimostrando che, una volta suddivisi i responder in soggetti con DM e associati disturbi somatici, quali astenia/fatica, alterazioni del sonno e dell’appetito Modalità caratteristiche di trattamento di genere Conoscere i modi in cui si ammalano uomini e donne e le risposte più o meno consapevoli che offriamo loro può migliorare la relazione terapeutica e quindi l’esito. Esistono specifiche vulnerabilità nei due sessi e peculiari difficoltà nel trattamento. Inoltre, uomini e donne non cercano aiuto nello stesso modo. Le donne ricorrono con facilità al medico e presentano alcune modalità tipiche quali:  tendenza alla ruminazione;  aumento dell’appetito;  socializzazione dei problemi;  abuso di farmaci prescritti;  percezione soggettiva di maggior gravità;  richiesta di una maggiore condivisione dei disturbi emotivi. Donne Uomini DM con sintomi somatici DM senza sintomi somatici DM con sintomi somatici DM senza sintomi somatici * Disturbi d’ansia * Dolore * * Disforia cronica 0 10 20 30 40 % 50 60 70 0 10 20 30 40 50 60 70 % DM = Depressione Maggiore Modificata da: Silverstein B, et al., 2002 Figura 2 Prevalenza lifetime di disturbi d’ansia, dolore e disforia cronica nella Depressione Maggiore con e senza sintomi secondo l’Epidemiologic Catchment Area (ECA) Study. ARTICLE IN PRESS Depressione di genere 11 Maschi e femmine sono valutati in relazione a un criterio di conformità di sintomi e comportamento rispetto al genere. Cosı̀, uomini e donne con uguali sintomi ricevono diagnosi diverse, con un conseguente forte rischio di sottodiagnosi nei maschi. Le donne mostrano maggiore compliance al trattamento e maggior vulnerabilità al cambiamento del curante. Vengono inviate meno frequentemente a specialisti e ricevono interventi meno complessi. In presenza di sintomi di allarme sociale, agli uomini si dedicano più risorse. La maggioranza delle donne (60%) preferisce curanti donne. La maggioranza dei maschi (60%) non manifesta preferenze. I pazienti più gravi prediligono curanti donne. La popolazione non malata tende a scegliere il curante in base al gender style (i maschi sono ritenuti possedere maggiori competenze tecniche). Differenti risposte ai trattamenti farmacologici I dati disponibili sulle differenze di genere per quanto riguarda la farmacocinetica e la farmacodinamica delle principali molecole antidepressive sono limitati e ancor più scarsamente sono considerate alcune variabili quali l’utilizzo di contraccettivi, la gravidanza, le fasi del ciclo mestruale e la sensibilità recettoriale degli organi bersaglio. In letteratura vi sono evidenze circa il fatto che l’assorbimento, la biodisponibilità, la distribuzione e il metabolismo dei farmaci siano influenzati da differenze di genere relative, per esempio, alla secrezione di succhi gastrici, al tempo di svuotamento gastrico, al transito intestinale e all’attività dei citocromi CYP3A4 (38,39). Nella donna si osservano una minore velocità di svuotamento gastrico e una maggiore rapidità di transito intestinale, che determinano una riduzione nella concentrazione plasmatica del farmaco assunto; la minore acidità gastrica e la riduzione dell’attività enzimatica gastrica promuovono, invece, un assorbimento più veloce di basi deboli (benzodiazepine, triciclici) e, pertanto, un aumento dei livelli plasmatici di queste molecole. Inoltre le donne tendono ad avere peso corporeo e volume di sangue inferiori rispetto agli uomini, mentre la percentuale di grasso corporeo è maggiore. Un’aumentata massa grassa sottrae al comparto plasmatico molecole lipofiliche come i farmaci psicotropi, determinando un incremento della loro emivita. Le donne presentano un legame con le proteine plasmatiche inferiore rispetto agli uomini e ciò può contribuire a un maggior rischio di effetti collaterali e tossicità del farmaco. Anche il metabolismo e l’escrezione dei farmaci mostrano differenze di genere: le reazioni di idrosilazione e di glucuronizzazione sono più lente nella donna. Nelle donne la clearance è più bassa e la concentrazione plasmatica più alta rispetto all’uomo; le donne, quindi, hanno un’attività metabolica e di eliminazione dei farmaci più lenta. Le possibili differenze nei meccanismi biochimici e genetici sottese alla neurobiologia della depressione nei due sessi hanno stimolato l’interesse circa possibili difformità nella risposta agli AD. In uno studio di Kornstein et al. (40) si evidenzierebbe, nella donna, una migliore risposta agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), quali la sertralina; nell’uomo, al contrario, prevarrebbe la risposta agli AD triciclici (TCA), quali l’imipramina. Tali differenze, tuttavia, sembrerebbero attenuarsi con la menopausa, a seguito della quale, però, si registra una tendenza a una peggiore risposta globale ai farmaci. Una migliore risposta agli SSRI nella donna, con un trend anche per quanto riguarda gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI), è stata riportata anche più recentemente (41). Riguardo alla differente risposta nei due sessi a diverse classi di AD, le opinioni non sono comunque concordi. Parker et al. (42) hanno riportato risultati negativi di due studi con TCA e SSRI (40,42,43) (fig. 3 e tabella 1). Altri autori hanno indagato le differenze farmacocinetiche dei vari AD. Nella Figura 3 Differenze di genere ed effetti clinici degli antidepressivi. ARTICLE IN PRESS 12 C. Mencacci et al. Tabella 1 Differenze farmacocinetiche di genere.      TCA: SSRI: In fase premestruale: Durante la gravidanza: Durante la menopausa e la terapia ormonale sostitutiva:  Assunzione di contraccettivi orali: 4 livelli di imipramina e desmetilimipramina livelli stabili e proporzionali alla dose (escitalopram) o livelli di TCA; ¼ fluoxetina o livelli di TCA o livelli di imipramina nessun effetto degli estrogeni coniugati sui livelli di imipramina 4 livelli di imipramina TCA ¼ antidepressivi triciclici; SSRI ¼ inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. donna sono stati riportati incrementi nei livelli plasmatici dei TCA (imipramina), che si riducono in fase premestruale, durante la gravidanza e con la menopausa. Gli estrogeni non sembrano influenzare i livelli di imipramina, mentre i contraccettivi orali li riducono. I livelli di SSRI (escitalopram, citalopram, fluoxetina) sembrano risentire meno di fluttuazioni nei livelli plasmatici con le fasi del ciclo (44,45). Preparazioni a base di Hypericum perforatum inducono gli isoenzimi CYP3A4, CYP1A2 e CYP2C9, con riduzione dei livelli ematici dei contraccettivi orali. L’utilizzo degli SSRI, farmaci di prima scelta nel trattamento della depressione unipolare, risulterebbe essere più efficace nella donna; tale evidenza sembra dipendere da una specifica disfunzione della trasmissione serotoninergica genere-correlata nei pazienti depressi. Inoltre, diversi trial clinici dimostrano che la concentrazione plasmatica degli SSRI (quali sertralina e fluvoxamina) è più bassa nell’uomo (–40%) rispetto alla donna, indicando quindi un minor effetto terapeutico dose-dipendente. Le considerazioni di farmacocinetica sopra riportate spiegano anche la maggiore responsività e la minore suscettibilità dell’uomo agli effetti collaterali dei triciclici. Diversi studi, infatti, dimostrano che i livelli plasmatici dei triciclici sono maggiori nella donna rispetto all’uomo. Gli SSRI e SNRI, inoltre, vengono utilizzati con successo nel trattamento della depressione pre e perimenopausale e nella sindrome premestruale, sostenendo pertanto l’ipotesi del malfunzionamento della trasmissione serotoninergica correlato agli ormoni steroidei. Il mantenimento della terapia non presenta differenze di genere; studi longitudinali a 5 anni indicano che il mantenimento ad alte dosi per lungo tempo previene le recidive sia nell’uomo che nella donna. Differenze di genere esistono anche nel trattamento di quadri clinici quali la depressione atipica, più frequente nella donna, che risponde meglio al trattamento con gli inibitori delle monoaminossidasi (IMAO) rispetto ai TCA. Inoltre, l’uso di IMAO è indicato nelle donne con diagnosi di depressione in comorbilità con disturbo da attacchi di panico (DAP); tale trattamento sembra essere meno efficace nell’uomo. L’utilizzo degli IMAO presenta limitazioni a causa dei significativi effetti collaterali e delle gravi interazioni con alimenti e altri farmaci. Alcuni studi condotti con gli SSRI (in particolare recenti studi con escitalopram alla dose 10-20 mg/die) hanno mostrato come essi possano essere efficaci e sicuri nel trattamento della depressione atipica, con una significativa riduzione dei sintomi atipici e vegetativi. Nel trattamento della depressione in menopausa risulta efficace l’intervento farmacologico antidepressivo; tuttavia emergono studi che individuano la terapia ormonale sostitutiva quale trattamento alternativo nelle depressioni lievi con sintomi neurovegetativi; nelle depressioni moderate o gravi, caratterizzate da vampate di calore e disturbi del sonno da sudorazioni notturne, la terapia ormonale sostitutiva può sostenere una terapia antidepressiva indispensabile al trattamento. Sono ormai numerosi gli studi sugli AD (SSRI, SNRI) che hanno evidenziato gli effetti positivi di queste molecole sul complesso dei tipici disturbi fisici e psichici della sindrome menopausale, determinando in ultima analisi un beneficio per la qualità di vita delle donne durante il climaterio. Alla base del trattamento dei disturbi dell’umore in menopausa vi sono sostanzialmente gli AD (soprattutto SSRI e SNRI) e gli estrogeni. Nella scelta dell’AD è necessario individuare una molecola ben tollerata e priva di interazioni farmacologiche in caso di comorbilità, in particolare a carico del sistema cardiovascolare, tipica dell’età. Alcuni SSRI (escitalopram e sertralina) e SNRI (venlafaxina e duloxetina) hanno mostrato di essere efficaci anche sulle vampate. Per quanto concerne la psicoterapia, il ricorso a terapie limitate nel tempo, quali il trattamento cognitivo-comportamentale e la psicoterapia interpersonale (IPT), sembra essere più efficace nella donna rispetto all’uomo, come dimostrato in uno studio in aperto a 16 settimane (46). L’intervento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale nella donna risulta essere efficace solo se i sintomi biologici sono di entità lieve-moderata; in particolare, le anomalie del sonno costituirebbero un sintomo predittore di scarsa risposta clinica (47). Nelle pazienti depresse, la terapia interpersonale sembra essere più efficace nella fase di mantenimento, ovvero nel prevenire le recidive, mentre nella fase acuta sembra avere maggior efficacia l’integrazione di terapia farmacologica e psicoterapia del tipo IPT. Questo trattamento combinato è riconosciuto essere il più efficace nel prevenire le recidive sia nell’uomo sia nella donna. Conclusioni Nonostante le evidenze sin qui riportate, si incontrano ancora forti difficoltà a modificare la pratica clinica e soprattutto a influenzare le politiche sanitarie. La scienza medica e la Psichiatria si interrogano ancora troppo poco su quali strumenti di prevenzione e di controllo sia indispensabile attivare negli specifici riguardi delle donne. ARTICLE IN PRESS Depressione di genere Doppio lavoro, stress, propensione tipicamente femminile a occuparsi prima delle esigenze altrui che delle proprie e minore potere socioeconomico agiscono sfavorevolmente sulla salute delle donne. Queste vivono più degli uomini, ma peggio: alcune malattie, infatti, hanno incidenza e prevalenza maggiori nelle donne; altre colpiscono esclusivamente le donne, che vengono poi curate con farmaci non sempre specificamente testati su di loro. Molto è stato fatto negli ultimi anni per studiare le tematiche e i problemi di salute che si declinano principalmente al femminile (malattie oncologiche, cardiovascolari, neurodegenerative, autoimmuni, ginecologiche, riproduttive, menopausali e psichiche), tanto da istituire, anche nel nostro Paese, un Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (ONDa) al fine di sostenere una cultura della ‘‘salute di genere’’ e promuovere la ricerca scientifica e clinica in ambito medico e sanitario. In questo solco, l’esperienza del Centro Studi per la Prevenzione e la Cura dei Disturbi Depressivi nella Donna (AO Fatebenefratelli Oftalmico di Milano), avviata da oltre tre anni, ha permesso di sviluppare un modello unico e sperimentato di prevenzione della depressione in gravidanza e nel post partum, oltre che nelle aree della sindrome premestruale, del disturbo disforico premestruale e della menopausa, nonché dei disturbi depressivi e d’ansia. Si tratta di un Centro tra i primi in Italia, in cui operano psichiatri, psicologhe, neuropsichiatri infantili, psicomotriciste, fisioterapiste completamente dedicati alla patologia psichica declinata al femminile, in piena collaborazione con i Reparti di Ginecologia e Ostetricia attraverso la condivisione di posti letto di degenza riservati alla Psichiatria di genere. La ricerca sul genere è oggetto di intensi studi e interesse da parte di molti Centri di ricerca e in particolare da parte del Consiglio Europeo, che ha recentemente indicato ‘‘il genere’’ come fattore determinante per la ricerca medicoscientifica e socioeconomica. Nel campo della diagnostica, della clinica e del trattamento dei disturbi mentali ancora molto resta da fare; tuttavia, in quest’area si sta affermando una crescente attenzione alla patologia psichiatrica di genere al fine di avere terapie fortemente individualizzate e personalizzate anche in base al sesso e alle sue specificità. Inoltre, nel settore dei disturbi mentali si deve superare la tendenza a impostazioni terapeutiche eccessivamente standardizzate e poco inclini a cogliere complessità e articolazione di fattori specifici dei disturbi. Appare necessario, quindi, raccogliere dati clinici e di trattamento precisi e promuovere la ricerca sui diversi effetti che medicinali e terapie hanno su uomini e donne, al fine di garantire autentica parità e personalizzazione di trattamento e accesso alle cure. Ricerca, sensibilizzazione a diversi livelli, dagli operatori sanitari alle istituzioni e ai cittadini, e soprattutto spinta al cambiamento culturale sono indispensabili per permettere a tutti maggiore riconoscimento ed efficacia della cura. Bibliografia 1. WHO. Gender disparities and mental health: the facts. 2002. http://www.who.int/mental_health/prevention/ genderwomen/en. 13 2. Kessler RC, McGonagle KA, Swartz M, et al. Sex and depression in the National Comorbidity Survey. I: Lifetime prevalence, chronicity and recurrence. J Affect Disord 1993;29(2-3):85–96. 3. Ohayon MM. Epidemiology of depression and its treatment in the general population. J Psychiatr Res 2007;41(3-4):207–13. 4. Landi M, Batini S, Faravelli L, et al. 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