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VALENTINA D’ALESSIO
VALENTINA D’ALESSIO
Ibunt semimares*
I Galli di Cybele e l’etica sessuale romana
Le notizie relative al culto della Magna Mater a Roma presentano i
devoti eunuchi della dea insistendo, nella loro caratterizzazione, su due
aspetti principali: non erano né romani né uomini. Tale valutazione rimarrà abbastanza statica nel corso del tempo nonostante i cambiamenti subiti
dal culto metroaco1.
L’impressione di estraneità è presente già in ambito ellenistico come
si evince dalle notizie riportate nei lessici2, mentre abbiamo anche particolari relativi alla singolare forma di eunuchismo, dovuto ad autoevirazione volontaria, effettuata in età adulta e per ragioni strettamente legate
al culto3.
Recenti studi hanno riconsiderato la natura e la posizione dei galli
nel complesso del culto metroaco e nella cultura romana. In particolare,
Françoise Van Haeperen4, riprendendo le argomentazioni di Franz Cumont, in merito al personale sacerdotale della Magna Mater, riconfigura
la natura di questo gruppo di operatori del culto che già lo studioso stentava a considerare quali sacerdoti veri e propri5. Inoltre Van Haeperen nota
l’influenza dello schema gerarchico cattolico quale modello implicito che
*
Ov. Fast. IV 183.
J. Latham, “Fabulous Clap-Trap”: Roman Masculinity, the Cult of Magna Mater, and
Literary Constructions of the Galli at Rome from the Late Republic to Late Antiquity, in «The
Journal of Religion» 92,1 (2012), pp. 84-122: p 85; cfr. F. Cumont, Les religions orientales
dans le paganism romain, P. Geuthner, Paris 1929 [1909]; G.M. Sanders, Gallos, in T. Klauser
et al. (eds.), Reallexikon für Antike und Christentum, Vol. 8, Hiersemann, Stuttgart 1972, pp.
984-1084.
2
Etym. M., s.v. γάλλο̋; Phot., κύβηβον; Hesych., βάκηλο̋ e γάλλο̋
3
M.C. Giammarco Razzano, I Galli di Cybele nel culto di età ellenistica, in Ottava Miscellanea Greca e Romana, Istituto Storico Italiano per la Storia Antica, Roma 1982, pp. 231232; cfr. A.D. Nock, Eunuchs in Ancient Religion (ed. or. 1925), in Z. Stewart (ed.), Essays on
Religion and the Ancient World, I, Harvard University Press, Cambridge, MA 1972, pp. 6-15
4
F. Van Haeperen, Des “médecins de l’âme”. Les prêtres des Religions orientales selon
Cumont, in C. Bonnet - C. Ossola - J. Scheid (eds.), Rome et ses religions. Culte, morale, spiritualité. En relisant Lux perpetua de Franz Cumont (“Supplemento a Mythos”, 1), Salvatore
Sciascia Editore, Caltanissetta, 2010, p. 49-62.
5
Ibi, p. 53; F. Cumont, Gallos, in A. Pauly - G. Wissowa - W. Kroll (eds.), Realencyclopädie
der Classichen Altertumswissenschaft, Vol. 13, rev. ed., Druckenmüller, Stuttgart 1910, pp.
674-682.
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7
avrebbe condizionato anche gli studi di Graillot e Carcopino , a discapito di una più appropriata complementarità tra i diversi attori del culto.
A ragione la studiosa pone il problema della complessa definizione del
termine “sacerdote”8 al fine di chiarire lo statuto dei galli e ricorda che
soltanto gli autori cristiani si servono della parola sacerdos e per definirli
utilizzeranno gli aggettivi consecratus9 e ordinatus10, mentre gli autori
pagani11 si servono di gallus o, come vedremo, di altri termini con valenze
tendenzialmente negative e legate alla condizione servile12.
Nel periodo repubblicano e fino all’imperatore Claudio, coesistono
due forme parallele di culto metroaco a Roma: una forma ufficiale romana che, dal punto di vista calendariale, si colloca in aprile, officiata da
magistrati romani e cittadini, e una forma frigia che si svolgeva in marzo,
preclusa ai cittadini romani, la cui conduzione era affidata ad un sacerdote
e una sacerdotessa di origine frigia, oltre che partecipata dai galli. Si tratta
quindi di una situazione di novità rispetto ad altri culti precedentemente
importati13. Solo con l’imperatore Claudio il ciclo festivo frigio di marzo
assumerà una posizione ufficiale nel calendario, adottando parzialmente
forme rituali romane, mentre l’archigallato e il taurobolium saranno introdotti in un momento non stabilito con certezza, se sotto l’imperatore
Claudio o Antonino Pio.
Prima di osservare la percezione che la cultura romana aveva dei galli
è utile ricercare la loro origine nella diffusione del culto di Cybele, già dal
VI-V sec. a.C. nelle regioni più esposte all’influsso orientale14, e tenere in
considerazione il background anatolico e frigio di questa divinità15.
6
H. Graillot, Le culte de Cybèle, mère des dieux, à Rome et dans l’Empire romain (“Bibliothèque des Écoles françaises d’Athènes et de Rome”, 107), Fontemoing et Cie, Paris 1912,
p. 288.
7
J. Carcopino, Galles et Archigalles, in «Mélanges d’archéologie et d’histoire» 40 (1923),
pp. 237-324.
8
Su sacerdozio e le sue caratteristiche nella cultura romana tardorepubblicana e imperiale,
cfr. J. Scheid, Le prêtre et le magistrat. Réflexions sur les sacerdoces et le droit public à la fin de
la République, in C. Nicolet (ed.), Des ordres à Rome, Publications de la Sorbonne, Paris 1984, p.
243-280; Id., Il sacerdote, in A. Giardina et al. (eds.), L’uomo romano, Storia e società, Laterza,
Roma-Bari, 1989, p. 45-79; J. Rüpke, Fasti sacerdotum. Die Mitglieder der Priesterschaften und
das sakrale Funktionspersonal römischer, griechischer, orientalischer und jüdisch-christlicher
Kulte in der Stadt Rom von 300 v. Chr. bis 499 n. Chr., Steiner, Stuttgart 2005.
9
Aug., De Civ. 2, 7.
10
Firm. Mat., De err. III 1.
11
Con l’eccezione di Plinio, N.H. XXXV 165.
12
Cfr. H. Graillot, Le culte de Cybèle, cit., p. 289.
13
F. Van Haeperen, Les acteurs du culte de Magna Mater à Rome et dans les provinces
occidentales de l’Empire, in S. Benoist-A. Daguet-Gagey-C. Hoet-van Cauwenberghe (eds.),
Figures d’empire, fragments de mémoire: pouvoirs et identitès dans le monde romain imperial
(II s.av. n.è - VI de n.è.), Presses Universitaires du Septentrion, Villeneuve-d’Ascq 2011, pp.
467-484: p. 469.
14
M.C. Giammarco Razzano, I Galli di Cybele, cit., pp. 231-232.
15
E. Laroche, Koubaba, déesse anatolienne, et le problème des origines de Cybele, in
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Insieme alla denominazione di galli, troviamo dal IV sec. a.C. quella
più generica di βάκηλο̋16 sulla quale si discute se sia pienamente riferibile ai galli o comprenda una gamma più vasta di figure, mentre in un
epigramma dell’Anthologia Palatina17 abbiamo un γάλλο̋ denominato
Μητρὸ̋ ἀγύρτη̋18. Questo termine si presta già nelle fonti greche a valutazioni negative, riferendosi a ciarlatani mendicanti che in nome della
loro divinità si dedicano alla questua19 spesso per fini personali20.
Il nome κύβηβοι21 viene considerato generalmente di interesse sia per
la sua antichità che per l’immediato rimando, riscontrabile nei lessici antichi, al vorticoso movimento del corpo e alla roteazione del capo tipici
delle danze rituali dei galli e del menadismo in genere, il nome sembra
poi essere caduto in disuso.
Accanto ai noti nomi γάλλο̋ e ἀρχίγαλλο̋ troviamo a volte
ἱερόγάλλο̋ e la formazione verbale γάλλάζην comparabile con il latino
*gallare/gallantes interpretato come bacchare22 anche se riferito a donne,
riconducendoci dunque, come vedremo, a un’atmosfera di invasamento
menadico.
La connessione esistente tra galli e Attis, presente nella mitologia,
non basta a spiegare il fenomeno dell’eunuchismo dato che tali operatori
del culto sono di regola considerati servitori della dea e non del suo paredro23, mentre in alcuni casi abbiamo traccia del culto di Attis con assenza
di eunuchi.
In sostanza la presenza dei galli eunuchi si diffonde nel mondo greco
confondendosi o sovrapponendosi ad altre figure di simile provenienza
orientale. Sulla denominazione dei galli già nell’antichità ci si interrogava24 se avesse origine dal Gallus, fiume che scorreva da Pessinunte25 e che
Éléments orientaux dans la religion grecque ancienne. Colloque de Strasbourg 22-24 mai 1958
(Travaux du Centre d’Études Supérieures spécialisé d’Histoire des Religions de Strasbourg),
Presses Universitaires de France, Paris 1960, pp. 113-128; B. Bøgh, The Phrygian Background
of Kybele, in «Numen» 54,3 (2007), pp. 304-339.
16
Antiph., fr. 113 K; Menandr., fr. 477 K.; Hesych., βάκηλο̋.
17
VI 218.
18
Cfr. Suid., s.v. Μητραγύρτη̋; Poland, s.v. Metragyrtai, in A. Pauly – G. Wissowa – W.
Kroll (eds.), Realencyclopädie der Classichen Altertumswissenschaft, Vol. 15/2, rev. ed., Drukkenmüller, Stuttgart 1932, col. 1472.
19
Arist., Rhet. 32; Athen. 12, 541e e 6, 226d; Plut., Cleom. 36
20
L.E. Roller, The Ideology of the Eunuch Priest, in «Gender & History» 9,3 (1997), pp.
542-559: p. 546.
21
Hesych, s.v. κύβηβο̋; Cratin., in Phot., Lex., p. 183, 2: κύβηβον Ἲωνε̋ τών <τραγύρτην
καί γαλλον νῦν καλού<ενον.
22
M.C. Giammarco Razzano, I Galli, cit., p. 256.
23
Ibi, p. 241.
24
E.N. Lane, Cybele’s priest “galloi”, in Id. (ed.), Cybele, Attis and Related Cults: Essays
in Memory of M.J. Vermaseren, Brill, Leiden 1996, pp. 117-134.
25
Ov., Fast. IV 361 ss.; Plin., N.H. V 147; Fest., De verb. VII 71; Herodian. I 1,11,2; Mart.
Cap., VI 687; Sall.Phil., I 4; Gramm.Graeci III 1, 156-157; Claudian., In Eutrop. II, 262-264;
Etymol. Magn., 220, 26, γάλλο̋.
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variamente è messo in connessione con il furor e la mania che caratterizzavano il comportamento di questi26.
Alcune teorie propongono un’origine del nome dai gruppi etnici di
galli che poco prima della metà del III sec. a.C. avevano invaso una parte
dell’Asia Minore27; infine, non mancano collegamenti con l’omonimo
volatile domestico28 e un interessante rimando al sumerico gallu, inteso
come «servo»29 o «dalla voce di donna»30, senso che armonizzerebbe
con l’importanza che riveste la dimensione sonora nei galli, con le loro
voci particolari, durante i canti e le grida che spesso ne caratterizzavano
la presenza.
Le prime attestazioni espressamente riferibili ai galli di Cybele si trovano in diversi epigrammi dell’Anthologia Palatina che costituiranno cospicua materia di ispirazione anche per gli autori di età tardo repubblicana
e augustea. Come più tardi tra gli autori latini, anche tra gli alessandrini
il soggetto sembra aver goduto di notevole interesse, con descrizioni particolareggiate, a volte puntigliose, del singolare atteggiamento ed equipaggiamento sacrale, con una certa predilezione dell’elemento mistico
e orgiastico delle cerimonie31. Tuttavia, si nota, in generale, una certa
mescolanza di ruoli nell’identificazione di questi in un ampio panorama
costituito da artisti, attori e musici, tanto da provocare nelle fonti uno scadimento linguistico per il quale il termine gallus perderà la sua originaria
connotazione sacrale per divenire banale sinonimo di eunuco.
A Roma il culto metroaco è accolto in un momento di grande difficoltà e dal suo accoglimento dipende la salvezza stessa della città. La cultura
romana ingloba Cybele nel suo pantheon32 e nella sua tradizione sacrale,
26
Vib.Seq., De flum. N. 170 Parroni: Gallus in Phrygia, unde qui bibit insanit more fanatico; cfr. Ovid., Fast. IV 361 ss.; Fest., De verb. 7, 71.
27
E.N. Lane, Cybele’s priest, cit., p. 121.
28
Isid., Orig. XII 7, 50: Gallus a castratione vocatus; inter ceteras enim aves huic solo
testiculi adimuntur. Veteres enim abscisos gallos vocabant.
29
A.H. Sayce, Kybelē and Gallos in the Hittite Texts, in «The Classical Review» 42,5
(1928), pp. 161-163: p. 162.
30
B. Bøgh, The Phrygian Background, cit., p. 323; V.E. Hirschmann, Untersuchungen
zum frühchristlichen Montanismus und seinen Verbindungen zur paganen Religion Phrygiens,
F. Steiner, Stuttgart 2005, p. 66.
31
P. Pachis, Γαλλαῖον Κυβέλη̋ ὀλόλυγ<α (Anth. Pal. VI, 173). L’Élément orgiastique
dans le culte de Cybèle, in E.N. Lane (ed.), Cybele, Attis and Related Cults, cit., pp. 193-222.
Ulteriori informazioni riguardo a figure che potrebbero considerarsi quali antecedenti culturali
per la figura del gallus in: P. Taylor, The Galla and the Gallos, in B.J. Collins - M.R. Bachvarova - I. Rutherford (eds.), Anatolian Interfaces: Hittites, Greeks and Their Neighbors: Proceedings of an International Conference on Cross-cultural Interaction, September 17-19, 2004,
Emory University, Atlanta GA, Oxbow Books, Oxford 2008, pp. 175-182.
32
Per uno sguardo sulle modalità dell’interazione tra i nuovi culti e la tradizione sacrale
romana, cfr. W. Van Andringa - F. Van Haeperen, Le Romain et l’étranger: formes d’intégration
des cultes étrangers dans les cités de l’Empire romain, in C. Bonnet - V. Pirenne-Delforge - D.
Praet (eds.), Les religions orientales dans le monde grec et romain: cent ans après Cumont
(1906-2006). Bilan historique et historiographique; Colloque de Rome, 16-18 Novembre 2006.
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anche a livello mitico, pur conservando notevoli difficoltà di accettazione
riguardo i suoi eunuchi33.
L’attuale prudenza nel considerare i galli parte dell’apparato “sacerdotale” della dea si accompagna all’impossibilità di comprenderli nella
struttura ufficiale del culto a causa della loro mutilazione che li escludeva
anche dalla cittadinanza34, una differenza evidente rispetto ad alcune città
dell’Asia Minore, in cui i galli avevano un ruolo di primo piano nella vita
religiosa35.
Numerosi autori, fin dall’età repubblicana, si occuparono dei galli36:
Varrone trattava delle loro singolari caratteristiche sia nelle Satirae Menippeae che nelle Antiquitates Rerum Divinarum37 e Philodemus dedicò
loro due epigrammi, uno dei quali enfatizzava l’elemento dell’effeminatezza38. Diversi frammenti delle Eumenides39, satira scritta da Varrone
probabilmente tra l’81 e il 67 a.C. il cui leitmotiv doveva essere il tema
della pazzia, mostrano dettagli relativi alle esperienze dei protagonisti
del culto metroaco nel santuario romano sul Palatino pur se difficilmente
inquadrabili in una struttura o sviluppo tematico ben definiti40.
Etudes de Philologie, d’Archéologie et d’Histoire Ancienne de l’IHBR 45, Belgisch Historisch
Instituut te Rome, Brussel - Rome 2009, pp. 23-42.
33
Particolarmente incentrato sull’alterità del culto frigio e la connessione tra origini troiane di Roma e Magna Mater, cfr. R.R. Nauta, Phrygian eunuchs and roman virtus: The cult of
the Mater magna and the trojan origins of Rome in Virgil’s Aeneid, in G. Urso (ed.), Tra Oriente e Occidente: Indigeni, Greci e Romani in Asia Minore, Edizioni ETS, Pisa 2007, pp. 79-92;
sull’inserimento della Magna Mater nella tradizione mitica relativa alle origini di Roma e alle
vicende di Enea, attuata in età augustea cfr. T.P. Wiseman, Cybele, Virgil and Augustus, in T.
Woodman - D. West (eds.), Poetry and Politics in the Age of Augustus, Cambridge University
Press, Cambridge 1984, pp. 117-128; R.M. Wilhelm, Cybele: The Great Mother of Augustan
order, in «Vergilius» 34 (1988), pp. 77-101; I. Becher, Der Kult der Magna Mater in augusteischer Zeit, in «Klio» 73 (1991), pp. 157-170; M. Beard, The Roman and the Foreign: the cult of
the Great Mother in Imperial Rome, in N. Thomas - C. Humphrey (eds.), Shamanism, History,
and the State, University of Michigan Press, Ann Arbor 1994, pp. 164-190.
34
Cfr. F. Van Haeperen, Des “médecins de l’âme”, cit., p. 5.
35
P. Borgeaud, La mère des dieux. De Cybèle à la Vierge Marie, Éditions du Seuil, Paris
1996, pp. 126-127.
36
Cfr. J.N. Bremmer, Attis: A Greek God in Anatolian Pessinous and Catullan Rome, in
«Mnemosyne» 57,5 (2004), pp. 534-573.
37
Cfr. R.R. Nauta, Catullus 63 in a Roman context, in «Mnemosyne» 57,5 (2004), pp.
596-628: p. 611 n. 55.
38
Cfr. T.P. Wiseman, Philodemus 26.3 G-P, in «Classical Quaterly» 32 (1982), pp. 475476.
39
Eum. Fr. 149 Büecheler e fr. 131 per il suono degli strumenti musicali; fr. 140 B. fa
riferimento alla loro saggezza (pruditatem); fr. 119 B. rimanda alla loro grazia nel tipico atteggiamento di gallantes, alla purezza della veste e alla loro giovinezza; fr. 132 B. potrebbe essere
parte di un inno in galliambi in onore di Attis; fr. 120 B. si riferisce alla stola muliebris che
indossavano; fr. 130 B. li paragona alle Naiadi abitatrici delle onde.
40
D. Romano, Varrone e Cibele, in Atti del Congresso Internazionale di studi varroniani,
Rieti, settembre 1974, Vol. II, Centro di Studi Varroniani Editore, Rieti 1976, p. 497; Id., Varrone e Cibele, in «Pan» 2 (1974), pp. 43-53; A. Rolle, Il motivo del culto cibelico nelle Eumenides
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Ciò che emerge dai frammenti è il divertito insistere, con spirito polemico e satirico, sul loro aspetto muliebre con la precisa indicazione dei
loro abiti, la rappresentazione icastica delle scene del culto e il riuscito tentativo di rendere il ritmo dei loro strumenti. La ferma opposizione
dell’autore a questo e ad altri culti stranieri41 va compresa nella sua convinta considerazione positiva dell’importanza della religione tradizionale, concepita come religione di stato, e della minaccia che rappresentavano, per la sua identità e conservazione, i culti orientali.
Varrone rifiuta l’elemento orgiastico del culto e il fanatismo dei suoi
seguaci, non la presenza della Magna Mater sul Palatino, come successivamente mostrerà il suo atteggiamento verso la dea, nelle Antiquitates rerum divinarum, riferitoci e criticato da Agostino42 e proiettato solo verso
una razionalizzazione del suo apparato cultuale.
L’ironia dell’autore reatino si appunta dunque su quanto non era more
romano e che permaneva di frigio, perciò primitivo e incomprensibile,
del culto metroaco43. La presenza degli accenni ai galli nelle Eumenides andrebbe quindi messa in relazione con l’argomento della pazzia che
sembra dare la sua impronta al componimento, da relazionarsi al motivo
dell’insania, e della quale il costume frigio del culto metroaco potrebbe
essere un esempio, nell’ottica di Varrone.
Anche nell’ambito teatrale vi erano delle fabulae togatae denominate
Megalensia con dei mimi detti galli44. Quanto alle testimonianze più tarde, ma significative, disponiamo di un passo di Svetonio45 che, trattando
della vita di Augusto, si dilunga sulla sua presunta effeminatezza facendo
riferimento ai galli di Cybele e connettendoli alla sfera del meretricio46.
Il Carme 6347 di Catullo costituisce un buon punto di partenza per
notare il disagio dei romani di fronte non solo alla comprensione del gesto
di Attis ma anche alla ragion d’essere e alla natura stessa degli evirati. A
provocare disgusto è la pratica dell’autocastrazione peraltro severamente
proibita dalle leggi dello stato48, il disordine e l’eccesso denotati dalla
presenza chiassosa dei galli e il loro rifiuto dell’ideale virile romano.
di Varrone, in «Maia» 61,3 (2009), pp. 545-563, dove l’autrice si sofferma soprattutto sull’ambientazione romana del componimento.
41
Cfr. Serv., Ad Aen. 8, 698: Varro indignatur Alexandrinos deos Romae coli.
42
De civ., 7, 24.
43
A. Rolle, Il motivo del culto cibelico, cit., p. 554.
44
R.R. Nauta, Catullus 63 in a Roman, cit., n. 56-57.
45
Aug. 68: populus quondam universus ludorum die et accepit in contumeliam eius et
adsensu maximo comprobavit versum in scaena pronuntiatum de gallo Matris Deum tympanizante: «videsne ut cinaedus orbem digito temperat?».
46
Cfr. Pl., Poen. 1317-1318; Mart. 9, 2, 13; in contesti satirici cfr. Mart. 3, 81; Juv. II 110116; Apul. Met. 8, 24-26, 29.
47
Cfr. S.A. Takàcs, Magna Deum Mater Idaea, Cybele, and Catullus’ Attis, in E.N. Lane
(ed.), Cybele, Attis and Related Cults, cit., pp. 367 ss.
48
Anche se il primo decreto ufficiale contro l’eunuchismo risale a Domiziano questo fram-
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Il carme, diverso da tutti gli altri per la forma metrica del galliambo e
per la tematica, racconta del giovane Attis, che in preda a un furor mistico
si reca nel selvaggio regno di Cybele e lì si evira in onore della dea. Successivamente si pente del gesto. Si tratta di una versione del noto mito di
autocastrazione, contenente tutti quegli elementi che collocano l’episodio
in un mondo estraneo, caratterizzato mediante il ricorso all’elemento selvaggio accentuato. Dal carme è ben evidente che il gesto dell’evirazione
comporta un cambio di genere49, così dopo il momento della castrazione
Attis viene indicato con il genere femminile50, le sue mani sono niveae e
le sue dita teneri così come sono rosee le sue labbra per poi divenire una
ministra e una famula, termine ricorrente per definire i galli51, che riunisce in se la duplice accezione di servo e ministro di una divinità. Tanto è
forte la necessità di sottolineare questo passaggio alla sfera del femminile
che anche i suoi compagni vengono indicati con il femminile gallae52.
Lucrezio dedica alcuni versi alla processione che ogni anno, il quattro
aprile, si svolgeva a Roma in occasione dei Megalensia. Si discute sull’effettiva pertinenza di tale ritratto alla realtà romana del culto53 che tuttavia,
nella sua descrizione mostra alcuni elementi differenti dal culto greco54.
Come sappiamo, ai cittadini romani non era consentito prendere parte a
questo rituale se non nella condizione di spettatori passivi55. Questa era
un’occasione in cui i galli potevano uscire dalla loro segregazione nel recinto sacro alla dea, nonostante il culto sia stato accolto ufficialmente dallo Stato e abbia trovato un posto non di secondo piano nel feriale romano.
mento di satira mostra la percezione del gesto come crimine contro la patria: Lex Maenia, in
Varrone, Menipp., fr. 235 Büecheler: siqui patriam,/ maiorem parentem extinguit, in eo est
culpa, quod facit / pro sua parte is qui se eunuchat aut ali qui liberos / perducit.
49
v. 63 «ego mulier».
50
A. Traina, Attis. L’ambiguo sesso. Lettura catulliana, Imprimitur Editrice, Padova 1997,
p. 18; S. Harrison, Altering Attis: Ethnicity, Gender and Genre in Catullus 63, in R.R. Nauta-A.
Harder (eds.), Catullus! poem on Attis: text and contexts, Brill, Leiden-Boston 2005, pp. 11-24.
51
Cfr. Cic., De leg. 2, 22: Idaeae Matris famulos; Varr., Men. 132 B; Val.Fl. 3, 19.
52
v. 12; v. 34.
53
Sul discusso brano cfr. J. Perret, Le mythe de Cybèle (Lucrece, II, 600-660), in «Revue
des études latines» 13 (1935), pp. 332-357; P. Boyancé, Une exégèse stoïcienne chez Lucrèce,
in «Revue des études latines» 19 (1941), pp. 147-166; L. Lacroix, Texte et réalités à propos du
témoignage de Lucrèce sur la Magna Mater, in «Journal des Savants» 1 (1982), pp. 11-43; B.
Licastro, Lucrezio II 600-660: la digressione sulla Magna mater, tentativo di messa a punto, in
«Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Macerata» 27 (1994), pp. 325-330; C.
Craca, Una dansa frigia nel De rerum natura. Lucrezio e i coribanti in 2, 618-623, in «Aufidus»
33 (1997), pp. 61-71; Id., Le possibilità della poesia: Lucrezio e la Madre frigia in De rerum
natura II 598-660, Edipuglia, Bari 2000.
54
Cfr. K. Summers, Lucretius’ Roman Cybele, in E.N. Lane (ed.), Cybele, Attis & Related
Cults, cit., pp. 337 ss.; J. Jope, Lucretius, Cybele, and Religion, in «Phoenix» 39 (1985), p.
250-262; L.E. Roller, In Search of God the Mother: The Cult of Anatolian Cybele, University
of California press, Berkeley 1999, pp. 297-299.
55
K. Summers, Lucretius, cit., p. 339.
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La nobiltà, indispettita dalla natura orgiastica del culto, cerca di reprimerne le stravaganze, prima tra tutte la scandalosa condotta dei galli.
Il loro paramento sacro era costituito dalla stola, abito che ne sancisce
l’appartenenza o l’identificazione con il genere femminile56, per lo più
gialla o di più colori con maniche lunghe e una cintura57. Sul capo indossavano la mitra, particolare tipo di turbante, o la tiara58, un cappuccio con
dei lunghi lembi forse legati sotto il mento59; come calzature utilizzavano semplici sandali60. Sul petto mostravano immagini in rilievo appese a
collane o appuntate sulle vesti61; si adornavano di pendenti62, orecchini e
anelli alle dita. In particolare gli orecchini non erano un semplice ornamento, essi rimarcavano la loro condizione di servi della dea63. La capigliatura di solito era folta e chiara, a volte trattata64 per ottenere boccoli o
onde e mantenuta in acconciature femminili65, mentre nel Dies sanguinis
veniva sciolta66 e di solito alcune ciocche potevano anche essere offerte
alla dea67.
I loro volti erano pronunciatamente truccati con delle tonalità tendenti al bianco68 e gli occhi ritoccati con colori scuri. Anche nel caso degli
archigalli, abbiamo una forte accentuazione di sfarzo e policromia nonostante l’impressione di maggiore solennità e il fatto che la loro istituzione
sia la conseguenza di una riorganizzazione del culto69.
Quando i galli appaiono al pubblico70, in occasione della pompa, creano una profonda impressione sul pubblico che getta monete interessato
anche alle loro profezie71. Si discute invece la possibilità che nel ritratto
lucreziano del corteo, esposto nei vv. 629 ss. e connotato da una marcata
presenza del sangue72 (assente nella rappresentazione di Ovidio73) nella
rappresentazione dello scenario, non debbano essere invece distinte pos56
Varr., Sat., 120, IV: partim venusta muliebri ornati stola; Dion. Hal. II, 19; Euseb., Praep. ev. II 8; Apul. VIII 27 tunicas
57
H. Graillot, Le culte de Cybèle, cit., p. 298; M.J. Vermaseren, Cybele and Attis. The
Myth and the Cult, Thames and Hudson, London 1977, p. 97.
58
Juven., Sat., VI 515-516.
59
M.J. Vermaseren, Cybele and Attis, cit., p. 97.
60
H. Graillot, Le culte de Cybèle, cit., p. 298.
61
Polyb. XXI 37; Dion. Hal. II 19, 4.
62
Juv. II 83; Arnob. II 41.
63
H. Graillot, Le culte de Cybèle, cit., p. 299.
64
Ov., Ars. Amat. I 505; Apul. VIII 24; Arnob. II 41.
65
Juv. II 96: reticulumque comis auratum ingentibus implet.
66
Arnob. V 7, 16.
67
Su questo aspetto, cfr. P. Pachis, Γαλλαῖον Κυβέλη̋ ὀλόλυγ<α, cit., p. 205-206.
68
Aug., De civ. VII 26: facie dealbata; Apul. VIII 27.
69
M.J. Vermaseren, Cybele and Attis, cit., p. 99.
70
Lucr., Nat. II 621.
71
Juven., Sat. VI 517 ss.
72
V. 631: sanguine laeti.
73
Fast. IV 179-214.
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74
sibili intrusioni dei seguaci della dea Mâ-Bellona , divinità cappadocica
di recente importazione in Roma al tempo di Lucrezio75.
Dionigi di Alicarnasso ricorda che i romani non hanno adottato sempre rituali che implicassero la possessione da parte di una divinità perché
contrari alle loro norme sul decoro e implicanti la possibilità di una perdita di controllo, come ad esempio entrare nei templi di notte, uomini e
donne insieme76. In quelle occasioni in cui si erano verificate circostanze
simili, i romani avevano apportato delle modifiche tali da ricondurre i
rituali ad una forma accettabile per la loro tradizione sacrale.
Così stabilirono ludi, sacrifici e pasti rituali in onore della Magna
Mater, ma il diritto non poteva contemplare in nessun modo che un cives
romanus potesse sfilare77 insieme ad uno stuolo di eunuchi in un incedere
scomposto, dettato da un ritmo frenetico, in abbigliamento vistosamente
femmineo ed esaltati dalla vista del sangue78.
La possessione in queste circostanze diveniva un elemento tecnico
essenziale che si abbinava alla portata eversiva del culto metroaco79. L’utilizzo, molto ampio, della terminologia tecnica afferente all’ambito dionisiaco diviene, nell’interpretazione delle modalità di rappresentazione
dei galli, un codice, da abbinare appunto alla loro menomazione fisica.
Abbiamo visto che già in età ellenistica è frequente il ricorso a questo
ambito, sia per denominare simili operatori rituali che per rappresentarne
le azioni80 e nella cultura romana permane invariato il ricorso a verbi e
aggettivi che inquadrano le azioni e l’essere gallus come delle forme di
alienazione mentale.
Il verbo bacchari, come il suo corrispondente greco βακχεύειν e relativi composti, appartengono ad un gruppo di termini altamente evocativi81, la cui semplice menzione era sufficiente a richiamare immagini e
atteggiamenti tipici di chi è in preda a furore bacchico, cioè a possessione
divina, da porsi quindi su un piano differente, quello del sacro. Ricorrere
74
Cfr. Hartmann: Mâ in A. Pauly - G. Wissowa - W. Kroll (eds.), Realencyclopädie der
Classichen Altertumswissenschaft, cit., col. 77 ss.
75
F. Bellandi, Sanguine laeti. Ipotesi sulla danza «curetica» di Lucrezio II, 629 sgg., in
«Athenaeum» n.s. 53 (1975), pp. 18-32.
76
Dion. Hal., II 19, 3-5.
77
Ibidem.
78
Lucr., Nat. II 631.
79
I. Chirassi Colombo, Il sacrificio dell’essere divino e l’ideologia della salvezza nei tre
più noti sistemi misterici dei primi secoli dell’impero, in U. Bianchi - M.J. Vermaseren (eds.),
La soteriologia dei culti orientali nell’Impero Romano, Atti del Colloquio Internazionale su La
soteriologia dei culti orientali nell’Impero Romano, Roma 24-28 settembre 1979, Brill, Leiden
1982, pp. 308-330: p. 325.
80
Cfr. P. Pachis, Γαλλαῖον Κυβέλη̋ ὀλόλυγ<α, cit., infra.
81
H. Jeanmarie, Dioniso. Religione e cultura in Grecia, tr. it. a cura di G. Glaesser, Einaudi, Torino 1972, p. 56.
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a questi termini, comportava il rievocare, nella mente degli antichi, comportamenti ben noti.
Gallari è attestato solo al participio presente gallantes82 ed indica
esattamente le azioni e le peculiarità dell’essere un gallus: venustas83 che
rimanda alla preminenza dell’apparato estetico e vaticinari84, che evoca
la tendenza a profettizzare, le fonti attestano poi l’esplicito parallelismo
con il verbo bacchare o bacchari85.
Bacchari, βακχεύειν e gallari sono verbi che comportano implicazioni gestuali e foniche che mostrano quindi delle esternazioni che si riassumono in movimenti frenetici del corpo accompagnati ad emissione di
suoni, dall’ansimare86 a urla o veri e propri ululati87 ritmati da musica di
strumenti atta ad indurre uno stordimento.
La gestualità, nel caso dei galli, ma anche del menadismo in genere,
porta a movimenti rotatori del capo88 (come possiamo anche ricordare
dalla denominazione βάκηλο̋ utilizzata forse per i galli) accompagnati
all’inarcamento della colonna vertebrale in una danza dal carattere più
o meno sfrenato89. Questa singolare tipologia di esternazioni è tipica soprattutto di soggetti femminili ed il verbo βακχεύειν è usato, nella maggior parte dei casi, in riferimento a donne90 mostrando il ruolo di primo
piano che svolge il genere femminile nel menadismo, per cui non è sorprendente ritrovare questo apparato lessicale nelle manifestazioni degli
eunuchi della Magna Mater.
L’uso di bacchari è abbastanza attestato in riferimento al culto metroaco, spesso impiegato per definire l’atteggiamento e lo stato dei galli,
tanto che sono frequenti le convergenze tra le rappresentazioni dei culti orgiastici bacchici e quelli operati dai galli nel culto metroaco91. Per
comprendere questo aspetto è sufficiente anche solo leggere il carme 63
di Catullo92.
82
Thesaurus Latinae Linguae, gallantes, vol. VI 2, p. 1679, lin. 84 - p. 1680, lin. 8.
Varr., Men., 119: quae venustas hic adest gallantibus.
84
Plin., N.H. 21,82: halicacabi radicem bibunt, qui vaticinari gallantesque vere ad confirmandas superstitiones aspici se volunt.
85
Gloss. V 642, 19: gallari id est bacchari; Non. P. 119: gallare ut est bacchare.
86
Cfr. Catull. 63, 31 furibunda simul anhelans.
87
Ululare, ululatus e i corrispondenti greci ὀλολύζειν e ὀλολυγή. Cfr. Claud., Rapt.Pros.
2, 269: sanguineis ululantia Dindyma gallis.
88
Lucan. I 567: crinemque rotantes sanguineum […] ulularunt tristia galli; Serv., Ad Aen.
X 22: Semper galli per furorem motu capitis comam, rotantes ululatu futura pronuntiabant.
89
Arnob., V 16: pectoribus applodentes palmas passis cum crioleti.
90
L. Bocciolini Palagi, Il linguaggio dionisiaco nella rappresentazione del furor (a proposito dell’uso di bacchari in Virgilio), in «Paideia» 58 (2003), pp. 113-138: p. 116.
91
Apul., Met. VIII 27-28; Sil. XVII 20; Val.Fl. III 15; Claud., Rapt.Pros. I 128.
92
Si veda in particolare L. Morisi (ed.), Gaio Valerio Catullo. Attis (carmen LXIII), Patron
Editore, Bologna 1999.
83
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Nella lingua latina, tuttavia, bacchari si distingue dal suo corrispondente greco per una valenza negativa più marcata che tende a far sì che
venga impiegato spesso per connotare eccessi93 che, nella cultura romana
potevano essere legati al vaticinio94, all’ambito erotico soprattutto negli
autori cristiani95, mentre nel campo dell’epica e della tragedia bacchari
rappresenta la manifestazione di una follia rovinosa, così come nel campo militare è riferito al furore bellico privo di controllo o visto nella sua
bestialità.
Un aspetto del furore bacchico, che interessa da vicino anche il modello di galli, era la possibilità che esso potesse indurre delle capacità
divinatorie, una sorta di furore profetico96. Questo aspetto si ritrova abbastanza di frequente applicato ai galli, come per gli altri aspetti del menadismo appena descritti, tanto che sovente li ritroviamo vaticinantes fanatico
carmine97 o intenti a profetizzare.
Appare significativo l’aggettivo fanaticus98 in relazione ai galli, esso
rimanda inizialmente alla sfera di Faunus e dei fana intesi come luogo
sacro99, quindi contiene anche un rimando alla divinazione100, per poi assumere successivamente una connotazione negativa venendo per lo più
utilizzato per indicare i seguaci dei culti orientali101. La propensione dei
galli alla divinazione potrebbe essere valutata alla luce dell’avversione
romana verso pratiche divinatore che non afferissero all’augurato quindi
prive del controllo statale.
Il ritmo frenetico delle danze accompagnate da gesti lascivi e da urla102
è anch’esso una parte integrante della simbologia sessuale che permea
tutto l’apparato cultuale della Magna Mater conferendole una dimensione
orgiastica molto simile a quella che caratterizzava la ritualità dionisiaca.
Le valenze negative di bacchari vanno inquadrate nella condanna
morale che la cultura romana riservava agli eccessi dell’orgiasmo bacchico, secondo un atteggiamento condiviso e profondamente radicato, che
93
L. Bocciolini Palagi, Il linguaggio dionisiaco, cit., p. 117; cfr. Thesaurus Latinae Linguae, bacchor, vol. II, p. 1663, lin. 33 - p. 1664, lin. 69.
94
Virg., Aen. VI 78; Lucan. V 169; Sen., Ag. 724.
95
Drac., Romul. X 74; Arnob. IV 35.
96
Si ricordi a tale proposito ancha repressione dei Baccanali del 186 a.C., in XXXIX 13, 12:
Viros velut mente capta cum iactatione fanatica corporis vaticinari.
97
Liv. 37, 9, 9.
98
Ibidem: fanatici galli; Iuv. 2, 112: crine senex fanaticus albo sacrorum antistes (Cybelis); Prud., Perist. 10, 1061: cultrum in lacertos exerit fanaticus sectis Matrem bracchiis placat
deam.
99
Gloss. V 198, 20; V 199, 16; IV 516, 45; Hier., in Soph. 1, 6 p. 271, 6.
100
Suet., p. 313, 2: Fanum […] a fando, ut illi, qui futura videntur canere, fanatici dicuntur; Serv., Ad Georg. 1, 10: qui futura praecinerent, fanaticos dici.
101
Liv. 37, 9, 9: Bacchi sacris initiatos cum iactatione fanaticaa corporis vaticinari; Liv.
39, 13, 12; Iuv. 2, 112: senex fanaticus albo sacrorum antistes Cybeles; cfr. Thesaurus Latinae
Linguae vol. VI 1, p. 270, lin. 16 - p. 271, lin. 31 fanaticus.
102
Iuv., Sat., VI 515: rauca cohors.
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trovò la sua più compiuta espressione nella repressione dei Baccanali e
che probabilmente emergeva già nelle tragedie latine arcaiche di argomento dionisiaco103.
La cultura romana condanna il menadismo e i riti dionisiaci intravedendovi il pericolo di un sovvertimento dei propri valori ed è esattamente
questo il punto centrale che permette la comprensione della posizione
dei romani nei confronti dei galli. Essi vengono inclusi nell’ambito del
dionisismo, come abbiamo visto, anche mediante il ricorso allo stesso
lessico impiegato per illustrarne le azioni. Ed è la loro effeminatezza, che
li avvicina così tanto alle menadi, ad agevolare tale processo.
Per quanto riguarda la valutazione del gesto di auto-evirazione, Lucrezio fornisce una singolare interpretazione: la dea avrebbe ispirato l’atto come punizione del peccato di ingratitudine dei figli verso i genitori104.
In questo caso il poeta tende a ricercare una spiegazione morale nella
natura degli evirati, rintracciandola in una sorta di punizione, quella di
non avere progenie.
L’affermazione del poeta conduce a domandarsi di quale colpa si siano
resi responsabili i galli per essere castigati105 indirizzandoci a rintracciarla
nel racconto mitico che potrebbe fondare l’esistenza di questi106. Attis, secondo Ovidio, era amato da Cybele e venne meno al giuramento fattole, di
restare sempre puro e puer, amando la figlia del re e fiume Sangarios107; il
poeta spiega quindi l’evirazione dei galli con la punizione inferta ad Attis
che aveva violato il casto amore108 della dea essendogli infedele.
Per l’allegoresi di Lucrezio è centrale il passaggio in cui si dice che
i galli «numen […] violarint / matris»109 e «ingrati genitoribus inventi
sint», azione la cui conseguenza sarebbe la pazzia che nel mito viene a
colpire Attis portandolo a mutilarsi e infine l’intervento della dea che lo
riporta in vita tenendolo per sempre come compagno. Diversi studi hanno
collocato questi versi nel contesto di una ricercata tendenza moralizzatrice nei confronti del culto metroaco a Roma, tendenza che avrebbe quale
nucleo il valore della pietas110 e, nel caso di Lucrezio, una cornice stoica.
103
Cfr. A. Pastorino, Tropaeum Liberi. Saggio sul Licurgus di Nevio e sui motivi dionisiaci
nella tragedia latina arcaica, Editrice Paideia, Arona 1955, pp. 166 ss., in particolare 133 ss.
104
Rer. Nat. II 614-617.
105
P. Boyancé, Une exégèse stoïcienne chez Lucrèce (1941), in Id., Etudes sur la religion
romaine (“Publications de l’École française de Rome”, 11), École française de Rome, Rome
1972, p. 211.
106
Cfr. C. Giussani (cur.), T. Lucreti Cari De rerum natura Libri Sex, I, E. Stampini, Torino
19212, p. 225.
107
Ov., Fast. IV 230.
108
Ov., Fast. IV 222-223.
109
Vv. 614-615.
110
A.K. Michels, Lucretius, Clodius and Magna Mater, in Mélanges d’archéologie,
d’épigraphie et d’histoire offerts à Jérome Carcopino, Librairie Hachette, Paris 1966, pp. 675-
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Boyancé, considerando soprattutto uno scolio in cui Attis compare
quale figlio della Magna Mater che vuole attentare ad essa, giungeva ad
ipotizzare che la punizione cui allude il poeta sia da identificare con l’incesto112.
Nelle varianti più elaborate del mito, tramandate da Arnobio113 e Pausania114, oltre al nucleo centrale che ruota intorno all’amore di Cybele per
Attis, culminando nell’evirazione di quest’ultimo, abbiamo una singolare
reduplicazione degli episodi di castrazione115, ottenuta mediante l’introduzione del personaggio di Agdistis. Si tratta di un essere androgino dalle
sembianze mostruose che pratica una insana et furialis libido e a causa
di ciò finisce evirato per volere degli dèi preoccupati dalla sua potenziale
pericolosità. Nella variante narrata da Pausania, i suoi genitali finiscono
a terra dando origine a un mandorlo del quale la figlia del fiume Sangarios raccoglierà un frutto maturo, se lo porrà in seno concependo Attis.
Agdistis si innamorerà di lui anche se il giovane era promesso sposo della
figlia del re di Pessinunte, così il giorno del matrimonio Agdistis si presenta innanzi ai convenuti e Attis, alla sua vista, viene colto da follia e si
evira, gesto che viene effettuato anche dal padre della sposa116.
Nella variante di Arnobio, Agdistis nasce dal seme di Zeus e dalla
sua unione con la roccia Agdos sulla quale si era posato dopo aver fallito
il suo incestuoso tentativo di unirsi alla Magna Mater117. Agdistis viene
quindi indotto all’evirazione dagli altri dèi, dal suo sangue che fluisce a
terra nasce un melograno che attira l’attenzione di Nana, figlia di Sangarios. Questa ne coglie un frutto e, come in Pausania, ne resta pregna; nonostante il rifiuto del padre e l’intenzione di esporre il nascituro, Nana dà
alla luce Attis, un giovane di bell’aspetto che riceve le attenzioni di Agdistis che cerca di adescarlo con diversi mezzi. Il re di Pessinunte Mida,
onde evitare che il giovane sia contaminato da un legame con Agdistis,
gli destina in moglie la propria figlia. La Madre degli dei, conoscendo il
destino del giovane ed essendone gelosa, è contraria al legame matrimoniale di Attis perché ne comprometterebbe la salvezza, così si introduce
in città e rende folli tutti gli invitati. Attis afferra la fistola da Agdistis e,
anch’egli reso folle (perbacchatus), si evira sotto un pino, dedicando il
suo gesto ad Agdistis, per poi morire. Agdistis successivamente ottiene
che il corpo del suo amato resti incorrotto.
679; R.W. Sharples, Cybele and loyalty to parents, in «Liverpool Classical monthly» 10,1
(1985), pp. 133-134.
111
Schol in Luc. Iou. Trag. 8, p. 60 Rabe.
112
P. Boyancé, Une exégèse stoïcienne, cit., p. 213.
113
Adv.Nat., V 5-7.
114
7, 17, 10.
115
D.M. Cosi, Casta Mater, cit., p. 28.
116
Paus. 7, 17, 11-12.
117
Arnob. 5, 5, 10 ss.
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Rispetto alle altre varianti, qui la figura di Agdistis si interpone nei
rapporti tra Cybele e Attis. Ma Agdistis non è altro che un epiteto della
Magna Mater118 anche se il mito ne tratta come di una entità primordiale
dal carattere caotico ben rimarcato soprattutto mediante la descrizione
della sua natura sessuale, indefinita poiché avrebbe posseduto sia organi maschili che femminili119, presentandosi come ermafrodito e androgino. Dopo l’evirazione è la sua parte femminile a prevalere, nonostante
continui ad essere presentato come un castrato, e come la Magna Mater
anch’egli è attratto dal giovane Attis il quale si ritrova ad essere oggetto
di un doppio amore, quello della Magna Mater e quello omosessuale del
suo alter-ego Agdistis120. Lo sdoppiamento, a livello mitico, della Magna
Mater mostra la complessità e la contraddittorietà della sua figura e impone di rivalutare l’importanza della problematica sessuale impersonata
dalla figura di Agdistis121.
Il gesto di automutilazione e gli eccessi che lo provocano avvicinerebbero Agdistis e Attis e in entrambi la castrazione parrebbe avere lo
scopo primario di regolare una sessualità anomala e risolvere una tensione, oltre che nel caso di Attis, probabilmente a fondare l’uso cultuale
dei sacerdoti evirati. Questo collegamento tra la castrazione di Attis e i
galli è stato spesso enfatizzato, soprattutto nella possibilità di rintracciare
una connessione tra mito e rito. Nell’apparato mitico in oggetto sembra
occorra mettere maggiormente nel giusto rilievo il collegamento tra la castrazione di Attis e le vicende che portarono all’istituzione del sacerdozio
a Pessinunte122; Attis è il precursore dei regnanti della città e questi non
coincidono con i galli.
Tuttavia l’eunuchismo è una pratica che ha radici nel Medio Oriente e
vi sono importanti precedenti e parallelismi che mettono in relazione eunuchi ed effeminati con grandi divinità femminili, figure che Borgeaud123
definisce quali prefigurazioni funzionali dei galli. Il celebre episodio di
118
Cfr. Strab., Geogr. X 3, 12; CIG, 6837; 3993; 3886.
Paus. XVII 10.
120
M. Meslin, Agdistis ou l’androgynie malséante, in Hommage à Maarten J. Vermaseren,
E.J. Brill, Leiden 1978, pp. 773; Id., Agdistis ou l’éducation sentimentale, in «Bulletin de
l’Association Guillaume Budé» 38,4 (1979), pp. 378-388: p. 386.
121
Per una dettagliata analisi storico-religiosa del mito, cfr. F. Mora, Arnobio e i culti di
mistero: analisi storico-religiosa del 5. libro dell’Adversus nationes, L’Erma di Bretschneider,
Roma 1994, pp. 118 ss.; M.G. Lancellotti, Attis Between Myth and History: King, Priest and
God, Brill, Leiden 2002, pp. 91 ss.
122
M.G. Lancellotti, Attis Between Myth and History, cit., p. 97; invece nell’interpretazione di Hepding la castrazione sarebbe stata introdotta nel culto per una influenza semitica, della
dea Syria di Hierapolis, e nel mito di Attis la sua presenza sarebbe stata influenzata da racconti
eziologici relativi a tale pratica utilizzata dai galli, cfr. H. Hepding, Attis. Seine Mythen, sein
Kult, J. Ricker’sche Verlagsbuchhandlung, Giessen 1903, pp. 161-162, 217-218.
123
P. Borgeaud, La mère des dieux, cit., p. 78. Per gli eunuchi nella cultura assira, cfr. K.
Deller, The assirian eunuchs and their predecessors, in K. Watanabe (ed.), Priests and officials
in the ancient Near East. Papers of the Second Colloquium of the Ancient Near East, the City
119
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124
Kombabos , fondatore del tempio di Atargatis a Ierapoli, ne è un classico esempio.
Racconta Luciano125 (l’attribuzione dell’operetta a questo autore non
è certa) che Stratonice, moglie del re Seleuco I, deve espiare la colpa
dovuta al suo legame amoroso con il figliastro Antioco. Hera gli appare
in sogno e gli intima di espiare la colpa con la costruzione del tempio a
Ierapoli. Il re ordina che ad accompagnala sia il suo giovane confidente
Kombabos il quale, cercando inutilmente di sottrarsi ad una situazione di
pericolo per la prolungata vicinanza alla regina, decide di porsi al di sopra
di ogni sospetto di tradimento, nei confronti del re, evirandosi prima di
partire e riponendo gli organi asportati in un cofanetto che consegna al
re senza informarlo sul contenuto. Nel corso del viaggio Stratonice si innamora di Kombabos il quale, rifiutando le sue avances, la informa della
sua condizione fisica. Tornato a corte, Kombabos viene calunniato e così
dimostra al re la falsità delle accuse che ne fanno un attentatore all’onore
della regina, venendo poi ricompensato con la possibilità di vivere nel
santuario di Ierapoli con i suoi seguaci che, imitandolo, si castrano nel
tempio, si votano al culto della dea e si travestono da donne. Questa, secondo l’autore del De dea Syria, sarebbe l’origine dei galli126.
Come Benveniste mise in luce nel suo studio su Kombabos, esistevano altri luoghi in cui ricorrevano denominazioni simili127 abbinate a
personaggi eunuchi, tanto che lo studioso identificava in Kombabos o
Kombaphis dei “nomi parlanti”, che negli idiomi dell’Asia Minore dovevano indicare l’eunuco sia da un punto di vista lessicale che riguardo un
mito diffuso allora128. Luciano, quindi, avrebbe a sua volta ereditato sia un
mito che un nome che richiamasse la condizione dell’eunuco. Tuttavia,
mentre il nome Kombabos compare esclusivamente nella lingua greca, il
suo contesto e l’atto dell’evirazione con la motivazione che ne è alla base
si ritrovano in differenti ambienti culturali, anche più tardi, dall’Est della
Mesopotamia per giungere fino al Turkestan cinese129. Variano i dettagli
and Its Life, Held at the Middle Eastern Culture Center in Japan. Mitaka, Tokyo, March 22-24,
1996, Universitatsverlag C. Winter, Heidelberg 1999, pp. 304-311.
124
Cfr. É. Benveniste, La légende de Kombabos, in Mélanges Syriens offerts à monsieur R.
Dussaud: secrétaire perpétuel de l’Académie des inscriptions et belles-lettres, Librairie orientaliste Paul Geuthner, Paris 1939, pp. 249-258.
125
De Dea Syr. 17-27.
126
Ibi, 27.
127
Ctesia, fragm. 29, 9.
128
E. Benveniste, La légende de Kombabos, cit., p. 251.
129
A.H. Krappe, Seleukos and Kombabos, in «Byzantina Metabyzantina» I (1946), pp.
189-199; C. Grottanelli, The story of Combabos and the Gilgamesh tradition, in R.M. Whiting (ed.), Mythology and Mythologies: Methodological Approaches to Intercultural Influences.
Proceedings of the Second Annual Symposium of the Assyrian and Babylonian Intellectual
Heritage Project Held in Paris, France, October 4-7, 1999 (Melammu Symposia II), The neoAssyrian text corpus project, Helsinki 2001, pp. 19-27; C. Grottanelli - E. Dettori, La storia
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ma è lo stesso mitologema che potrebbe essere stato relazionato in un
secondo momento al rituale siro dell’evirazione e sembra profondamente
radicato ad una ideologia regale130.
Per quanto riguarda Kombabos e il culto della Magna Mater, diversi
testi accadici menzionano una dea Kubaba che non può essere separata
dai teonimi Κυβήλη131e Κυβήβη, né dalla denominazione κύβηβοι, che
abbiamo visto essere impiegata tra le altre per indicare i galli. La connessione tra Kombabos e i galloi di Atargatis sembra diretta, perché Kombabos è nello stesso tempo prototipo dell’eunuco di palazzo e dell’operatore
rituale evirato132.
Nella cultura romana ricorrono aggettivi come semimares133 e semiviri tra le prime caratterizzazioni dei galli che oltre ad essere mezzi
uomini sono anche mezze donne135; essi vengo accusati di mollitia corporis o levitas, forma di devianza dal ruolo virile e difetto morale136 estremamente grave che rendeva la persona totalmente inadatta a svolgere le
funzioni affidategli dalla comunità o dallo stato137, perché equivaleva alla
mancanza di virilità, valore che sta alla base della cultura romana. Come
la privazione dei propri genitali implicava la femminizzazione, così questa veniva associata all’omofilia passiva138, la muliebris patientia139.
134
di Combabo, in R. Contini - C. Grottanelli (eds.), Il saggio Ahiqar. Fortuna e trasformazioni
di un testo sapienziale. Il testo più antico e le sue versioni, Paideia Editrice, Brescia 2005, pp.
267-273.
130
C. Grottanelli - E. Dettori, La storia di Combabo, cit., p. 267.
131
J. Przyluski, Kubaba et Kombabos, in «Revue hittite et asianique» 5 (1939), pp. 205209: p. 205.
132
Cfr. C. Grottanelli, Ancient greek sources on oriental eunuchs, in A.I. Baumgarten - J.
Assmann - G.G. Stroumsa (eds.), Self, soul and body in religious experience, Brill, Leiden
1998, p. 416.
133
Ovid., Fast., IV 183: ibunt semimares et inania tympana tundent; Min.Felix, Oct., 22,
4: propter hanc fabulam Galli eamet semiviri sui corporis supplicio colunt; Paul.Nol., Carm.,
XXXII 88: nunc quoque semiviri sui mysteria turpia plangunt.
134
L’aggettivo compare per prima volta in riferimento ai galli in Varrone, cfr. Men. fr.
132 B.
135
Lact., Inst. I 21, 16: nec viros se nec feminas faciunt.
136
Ricordiamo Varr., L.L. V 73: virtus ut viritus, a virilitate; Cic., Tusc. II 43: appellata est
enim ex viro virtus.
137
Ad esempio non possono postulare pro aliis: qui corpore suo muliebria passus est (Dig.
3, 1, 1, 6); cfr. anche Cic., Mil. 89: Homo effeminatus riferito a Clodio. Su questi aspetti, anche legali cfr. J. Walters, Invading the Roman Body: Manliness and Impenetrability in Roman
Thought, in J.P. Hallett-M.B. Skinner (eds.), Roman Sexualities, Princeton University Press,
Princeton 1997, pp. 29-43; J.F. Gardner, Sexing a Roman: Imperfect Men in Roman Law, in L.
Foxhall - J. Salmon (eds.), When Men Were Men: Masculinity, Power and Identity in Classical
Antiquity, Routledge, London - New York 1998, pp. 136-152.
138
Cfr. J. Alvar, Romanising Oriental Gods. Myth, Salvation and Ethics in the Cults of
Cybele, Isis and Mythras, Brill, Leiden - Boston 2008, pp. 246-261.
139
Sen. N.Q. I 16, 6.
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Marziale, le cui impressioni sui galli si riducono alla loro dissolutezza
e devianza sessuale140, definisce tali rapporti come monstra141 e la mollitia
è considerata persino contro natura142. Dalla tarda repubblica i galli erano
dipinti con curiosità mista ad una caratterizzazione esotica che comunque
ha sul suo sfondo la loro aberrante sessualità che ne fa dei pathici143 o
molles.
Le fonti giuridiche romane testimoniano l’interesse e la preoccupazione dello stato sia sulla castrazione che sulle sue conseguenze sul piano
giuridico144. Un episodio accaduto nel 77 a.C. vede il console Mamercus
Emilius Lepidus prendere un provvedimento senza precedenti: toglie il
possesso dei beni già concesso dal pretore al liberto Genucius, divenuto
un eunuco di Cybele, in quanto, in seguito all’asportazione dei genitali, non doveva essere considerato né uomo né donna145. Questo episodio
sarà ripreso ampiamente riguardo la capacità successoria dell’evirato146.
La critica e l’atteggiamento denigratorio delle fonti romane verso i galli indirettamente rivestono comunque la funzione culturale di definire e
rafforzare l’ideale dell’uomo romano, mostrando l’orrore conseguente
all’alterazione di un delicato equilibrio147 che conduce pericolosamente
all’effeminatezza. Ciò in un modello in cui il culto accoglie l’alterità facendone un potente mezzo di elaborazione e affermazione di identità148.
L’enfasi posta spesso sull’origine frigia dei galli, nonché sul loro appariscente paramento invita a rievocare l’ostentata ricchezza e l’eccesso
che accompagnano la percezione dell’oriente149.
140
Tra i numerosi esempi cfr. Epigr. 2, 47; 3,81; 14, 204; 1, 35, 15; 3, 24, 13-14; 3, 73;
Invece sui galli nelle satire di Giovenale, cfr. L. Richard, Juvénal et les galles de Cybèle, in
«Revue de l’histoire des religions» 169 (1966), pp. 51-67.
141
Cfr. supra: Mart. Epigr. IX 7 v. 6; in Auct. ad Her. II 49 lo stuprare ingenuum viene
considerato più grave del sacrilegio.
142
Cic. Fin. V 35-36; Plin. N.H. X 172 ; Sen. Contr. X 4, 17; Cfr. C. Edwards, The Politics
of Immorality in Ancient Rome, Cambridge University Press, Cambridge 1993, p. 63 ss. Sulla
castrazione un episodio comico che coinvolge i galli in Marziale, cfr. C. Craca, Due storie di
castrazione, in «Aufidus» 55 (2005), pp. 21-39.
143
Cfr. A. Richlin, Not Before Sexuality. The Materiality of the Cinaedus and the Roman
Law against Love between Men, in «Journal of the history of sexuality» 4,3 (1993), pp. 523573; R. Taylor, Two Pathic Subcultures in Ancient Rome, in «Journal of the history of sexuality» 7 (1997), pp. 319-371.
144
Cfr. Dig., 48,8,3,4.
145
Val.Max. VII 7,6: quod diceret Genucium amputatis sui ipsius sponte genitalibus corporis partibus neque virorum neque mulierum numero haberi debere.
146
D. Dalla, L’incapacità sessuale in diritto romano, A. Giuffré Editore, Milano 1978, p. 46.
147
Cfr. A Barton, The Roman Blush: The Delicate Matter of Self-Control, in J.I. Porter
(ed.), Constructions of the classical body, University of Michigan Press, Ann Arbor 1999, pp.
212-234.
148
Cfr. F. Dupont, Rome ou l’altérité incluse, in «Revue Descartes» 37 (2002), pp. 41-54:
p. 52.
149
Cfr. Rhet. Her., 4,62; su questo aspetto G. Piccaluga, La mitizzazione del Vicino Oriente
nelle religioni del mondo classico, in H.J. Nissen - J. Renger (eds.), Mesopotamien und seine
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Nelle riforme dell’apparato cultuale della Magna Mater si interverrà sul sacerdozio istituendo l’archigallato i cui membri potevano essere
cittadini romani. Ciò fu possibile solo riconsiderando i meccanismi della consacrazione sacerdotale al fine anche di eleminare la castrazione.
L’archigallo, dopo il taurobolium e l’investitura finale dei quindecemviri
sacris faciundis, potrà essere considerato un sacerdote romano150.
Gli autori cristiani, nel loro intento apologetico indirettamente descrivono e integrano le nostre informazioni sui galli della Magna Mater,
e spesso le loro argomentazioni sono vagliate anche alla luce di una discussione che tiene conto del più ampio quadro inerente la pratica o la
proibizione dell’autocastrazione nei primi secoli del cristianesimo, dove
una grande importanza è attribuita all’esegesi di Matteo 19,12151 e alla discussione sulla possibilità che anche Origene abbia attuato su di sé questa
pratica152.
Nel tratteggiare la figura del gallus gli autori cristiani tornano sull’abitudine della questua, dato che tra le caratteristiche principali che ne
identificavano il comportamento c’era quella di mendicare153.
La questua a fini di sussistenza costituisce un topos della figura del
gallus, in abbinamento allo sfruttamento della credulità delle persone154.
Il loro vagabondare elargendo profezie, veniva percepito anche dagli autori pagani come tipico di ciarlatani, anche se l’aspetto della profezia non
è secondario in queste figure e, nelle città ellenistiche orientali, costituisce una caratteristica costante155.
Sulla base soprattutto di questi elementi Van Haeperen si chiede se
non vi siano state principalmente due tipologie di galli nel mondo romano, una in qualche modo afferente ai luoghi di culto e una seconda tipoNachbarn: politische und kulturelle Wechselbeziehungen im alten Vorderasien vom 4. bis 1.
Jahrtausend v. Chr./25. Rencontre Assyriologique Internationale Berlin, 3. BIS 7. JULI 1978,
Dietrich Reimer, Berlin 1982, pp. 573-612.
150
R. Turcan, Les cultes orientaux dans le monde romain, Les Belles Lettres, Paris 1989,
p. 57.
151
Su questi aspetti, cfr. D.F. Caner, The Practice and Prohibition of Self-Castration in
Early Christianity, in «Vigiliae Christianae» 51,4 (1997), pp. 396-415; P. Brown, The Body
and Society: Men, Women and Sexual Renunciation in Early Christianity, Columbia University
Press, New York 1988; J.D. Hester, Eunuchs and the Postgender Jesus: Matthew 19.12 and
Transgressive Sexualities, in «Journal for the Study of the New Testament» 28,1 (2005), pp.
13-40; M. Kuefler, The Manly Eunuch: Masculinity, Gender Ambiguity, and Christian Ideology
in Late Antiquity, The University of Chicago Press, Chicago 2001.
152
Cfr. R. Hanson, A note on Origen’s Self-Mutilation, in «Vigiliae Christianae» 20 (1966),
pp. 81-82.
153
Min.Felix, Octav. 24,11.
154
Phaedr., 4, 4; Aug., De Civ. 7, 26: per plateas vicosque Carthaginis etiam a propolis
unde turpiter viverent exigebant; Babrius, 137 (14,1,1) in Natale Conti, Mythologiae siue explicationis fabularum libri decem, lib. IX, cap. 5, Claudium Marnium & haeredes Iohannis Aubrii,
Hanoviae 1605, p. 968.
155
M.F. Baslez, Les Galles d’Anatolie, images et réalité, in «Res Antiquae» 1 (2004), pp.
233-245, in particolare pp. 241-245.
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156
logia che sarebbe costituita da bande itineranti che mancavano di uno
stretto legame con un santuario.
Sono osservazioni che possono condurre anche alla rivalutazione, in
seguito al controllo sulle modalità di accesso al culto e alla consacrazione sacerdotale, dell’effettiva esistenza ancora in età imperiale del rituale
dell’auto-evirazione, se effettivamente praticato o mera effusione simbolica di sangue, come intendevano Wissowa, Carcopino e Rapp. Tertulliano ricorda di aver assistito, nel suo passato pagano, a delle rappresentazioni teatrali che riproducevano sulla scena il momento della castrazione
operato su un figurante nel ruolo di Attis157. Anche se non si tratta di un
esempio di auto evirazione rituale, l’affermazione rende attuale e presente il tema soprattutto a livello sociale.
Nonostante le misure restrittive158 degli imperatori Flavi e Antonini,
l’eunuchismo continuava ad essere una realtà ben presente nell’impero
sia a livello pubblico che privato, soprattutto al di fuori dell’ambito sacrale, frequentemente associata anche alla condizione servile159.
La polemica continuerà comunque ad incentrarsi intorno all’inammissibilità del gesto della castrazione giudicato folle in quanto rende
l’uomo privo della sua funzione naturale, la riproduzione160. Inoltre non
essendo uomo, il gallus di Cybele viene definito utriusque sexus161 e la
sua condizione fisica corrisponde a quella di un tertium genus o de tertio
sexu162, connotazione che è possibile riscontrare anche in contesti non
afferenti alle religioni del mondo classico163.
Tertulliano riflette sulla condizione degli eunuchi mostrando, seppur
con circospezione, una certa pietà verso coloro che erano in tale condizione per nascita; esalta poi l’eunuchismo spirituale di cui la migliore realiz-
156
F. Van Haeperen, Les acteurs du culte de Magna Mater, cit., p. 477.
Apol. 15, 4-5.
158
Cfr. Digest., XLVIII 8,4,2; Cod.Iust., XLII 1.
159
P. Guyot, Eunuken als Sklaven und Freigelassene in der griechisch-römischen Antike,
Klett-Cotta, Stuttgart 1980; K. Hopkins, Eunuchs in Politic in the Late Roman Empire, in
«Proceedings of the Cambridge Philological Society» 189, n.s. 9 (1963), pp. 62-80; sugli interventi imperiali in merito, cfr. E. Smallwood, The Legislation of Hadrian and Antoninus Pius
against Circumcision, in «Latomus» 18 (1959), pp. 334-347, e Id., Addendum, in «Latomus»
20 (1961), pp. 93-96.
160
Amm.Marc., 14, 6, 17; Claudian., In Eutrop. I 187-188.
161
Claudian., In Eutrop. I 326-330.
162
Tert., Ad Nat. I 20,4; Id, Scorp.10,10; Prud., Perist. 10, 1070-1071.
163
Cfr. S. Nanda, The Hijras of India: Cultural and Individual Dimensions of an Istitutionalized Third Gender Role, in R. Parker - P. Aggleton (eds.), Culture, Society and Sexuality:
A Reader, Rotledge, London 2007, pp. 226-238; Id., Neither Man Nor Woman: The Hijras of
India, Wadsworth Publishing, Belmont, CA 1990; G. Herdt (ed.), Third Sex, Third Gender: Beyond Sexual Dimorphism in Culture and History, Zone Books, New York 1994; M. Ringrose,
The Perfect Servant: Eunuchs and the Social Construction of Gender in Byzantium, University
of Chicago press, Chicago 2003.
157
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164
zazione è costituita dal celibato cristiano . L’autore oppone al disprezzo
spontaneo verso un gruppo al margine della società pagana, l’esaltazione
del più autentico ideale di purezza della comunità cristiana, quello dei
voluntarii spadones pro cupiditate regni caelestis165, annullando in questo
modo il valore di un’azione definita maldestra e sanguinosa166.
La posizione della cultura cristiana dei primi secoli riguardo i galli si distingue su un punto dalle posizioni della cultura pagana. Mentre
quest’ultima incardinava le proprie critiche ai galli intorno all’atteggiamento totalmente in contrasto con le strutture della religione ufficiale e
con i valori della civitas, gli autori cristiani si porranno su questa scia
ma rinforzeranno soprattutto l’avversione profonda verso Cybele che non
esiteranno a definire meretrix167, accusandola dell’evirazione di Attis,
quindi riconducendo il folle gesto della castrazione alla dea stessa168.
Nel perseguire l’obiettivo di estirpare l’idolatria alle sue radici essi
insistono maggiormente sulla condotta immorale della Magna Mater che
su quella dei suoi seguaci che sarebbero in un certo senso delle vittime
della sua immoralità169. In effetti, tra le diverse spiegazioni date al gesto
di Attis, Tertulliano sceglie quella della sofferenza d’amore e della frustrazione del giovane introducendo una nota di compassione che gli consente di amplificare il suo disprezzo per la Magna Mater170 ricoprendola
anche di ridicolo. L’autore, in un fugace e polemico accenno alla pratica
dell’evirazione presso i pagani, si pone sulla scia di Seneca il quale non
contestava una forma di sacralità in questa pratica171.
La critica si appunta poi sull’assurdità del fatto che una entità divina
possa subire un simile tormento, visto come un elemento che per la sua
crudeltà non può essere annoverato nella sfera del sacro172. Così Minucio
Felice denuncia l’origine demoniaca di tali pratiche contro natura che
starebbero ad indicare la demenzialità di questo culto173.
Anche nella denominazione dei galli da parte cristiana assistiamo a
quel medesimo scadimento linguistico che abbiamo notato anche in età
ellenistica, e che porterà a inglobare i galli in un gruppo abbastanza eterogeneo composto da diverse figure, tutte più o meno connesse all’ambito
164
G. Sanders, Les Galles et le Gallat devant l’opinion chrétienne, in M.B. De Boer - T.A.
Edridge, Hommage à Maarten J. Vermaseren, E.J. Brill, Leiden 1978, p. 1081.
165
Ad.Ux. I 6,2.
166
G. Sanders, Les Galles, cit., p. 1082.
167
Hieron., Comment.in Osee I 4,14.
168
Min.Felix, Oct. 21.
169
Ibidem.
170
G. Sanders, Les Galles, cit., p. 1086.
171
Sen., De Vita b. 26,8: cum aliquis secandi lacertos suos artifex brachia atque umeros
suspensa manu cruenta […] divinum esse eum […] affirmatis; Tert., Apolog. 23,3: alia vis
[l’influenza divina] pronuntietur in eo qui genitalia vel lacertos […] prosecat.
172
Min.Fel., Octav. 22,4.
173
Min.Fel., Octav. 24,13.
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della prostituzione maschile, dell’indeterminatezza sessuale, dell’effeminatezza e di altre specializzazioni artistiche e musicali174, cosicché ai galli
si avvicineranno termini come abscisi, castrati, cinaedi, exsecti, molles,
semiviri, spadones, turpes, viles e pathici175. Questi termini ricorrono soprattutto quando gli autori cristiani denunciano il contrasto tra la pretesa
purezza del culto metroaco e gli atteggiamenti dei seguaci della dea.
Quanto alle discusse testimonianze iconografiche176 relative ai galli,
ricerche recenti tendono a considerare la questione in connessione all’assenza di testimonianze epigrafiche che li riguardino, escludendo le tabellae defixionum177 di Magonza che, comunque, li porrebbero su un piano
differente rispetto al panorama cultuale ufficiale, visto il carattere privato
di questi reperti.
Attraverso queste osservazioni e alla luce di un più approfondito esame dei diversi ritratti, Van Haeperen178 riconsidera le rappresentazioni
iconografiche come maggiormente pertinenti alle sacerdotesse della dea.
Questa interessante proposta, oltre che concordare con l’assenza dei
galli dall’epigrafia che invece vede la presenza degli altri attori del culto,
trova un accordo con la percezione di alterità che la cultura romana aveva
dei galli, della loro effeminatezza e delle loro modalità di espressione.
La possibile assenza dalle rappresentazioni iconografiche, si porrebbe sullo stesso piano della loro assenza dalle fonti epigrafiche, così come
la loro presenza nelle tabellae defixionum ne confermerebbe la collocazione al di fuori della sfera cultuale ufficiale per collocarsi, in questo
caso, nell’ambito magico, quindi in una gestione privata del sacro che ha
la caratteristica di fare un uso liturgico della scrittura179.
174
Cfr. J. Carcopino, Galles et Archigalles, cit., pp. 247 ss.
Schol. ad Juv., II, 116: archigalli cinaedi quem magulum conspurcatum dicimus, qui
publica impudicitiam professus est; Firm. Mat., Adv. Math., VI, 31, 5: publicos cinaedos haec
genitura aut certe abscisos gallos efficiet.
176
M.J. Vermaseren, Corpus cultus Cybelae Attidisque, Brill, Leiden 1977, III 466, pl. 296;
III 249, pl. 140 e III 250, pl. 142.
177
«L’Année Epigraphique» 2005, tab. 1123, 1124, 1126; cfr. M.J. Blänsdorf, Cybèle et
Attis dans les tablettes de defixio inédite de Mayence, in «Comptes-rendus des séances de
l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres» 149,2 (2005), pp. 669-692; J. Blänsdorf, Die
«Defixionum tabellae» des Mainzer Isis- und Mater-Magna-Heiligtums, in M. Hainzmann R. Wedenig (eds.), Instrumenta inscripta latina. 2. Akten des 2. Internationalen Kolloquiums,
Klagenfurt 5-8 Mai 2005, Verlag des Geschichtsvereines fur Karnten, Klagenfurt 2008, pp. 4770; F.M. Simón, Referencias Miticas y topografía divina en documentos mágico-religiosos del
Occidente romano, in E. Suárez de la Torre - A. Péréz Jiménez (eds.), Mito y Magia en Grecia
y Roma, Libros Pórtico, Barcelona 2013, pp. 257-272: pp. 260-265.
178
F. Van Haeperen, Des “médecins de l’âme”, cit., p. 57 ss.
179
Riguardo l’approccio allo studio delle tabellae defixionum cfr. G. Piccaluga, Tecnica
grafica e liturgia magica nelle tabellae defixionum, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni» 76,1 (2010), pp. 13-20; R.L. Gordon - M. Simón (eds.), Magical practice in the Latin
West: Papers from the International Conference held at the University of Zaragoza, 30 Sept.
- 1st Oct. 2005, Brill, Leiden 2010..
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Nelle defixionum tabellae di Magonza i galli vengono menzionati, nel
corso di richieste alla Magna Mater o ad Attis, come termine di paragone
rispetto a ciò che si desidera per la persona sulla quale si vuole intervenire
mediante queste “fatture scritte”. Naturalmente il riferimento è sovente
alla loro castrazione o comunque alla perdita dei genitali, elementi assimilati a ciò che si vuole affligga il destinatario della maledizione180.
Notiamo anche qui il ritorno della marcata presenza simbolica del
sangue, elemento che portava a riunire mediante una uguale percezione
di atmosfera cruenta galli e devoti di Mâ-Bellona. Infine, riemerge, da
questi testi, la voluta estromissione dei galli dal genere umano181
ABSTRACT
I galli, operatori rituali afferenti al culto della Magna Mater, presentano l’evirazione tra i loro tratti peculiari. Si tratta di un elemento
totalmente incompatibile con la cultura romana tanto che dal periodo
repubblicano fino ai primi autori cristiani, i galli saranno sempre oggetto
di disprezzo e posti sul piano del mostruoso per via della loro indeterminatezza sessuale. Gli epiteti che ricorrono spesso nelle fonti letterarie in
relazione ai galli mostrano il collidere dell’eunuchismo con le strutture
della religione ufficiale e con il diritto romano. Gli autori cristiani, nel
loro intento apologetico, contribuiscono a delineare un quadro che sostanzialmente eredita le perplessità dei pagani, denotando un’ accentuata
avversione non tanto verso i galli quanto verso l’immoralità della dea di
cui sono i servitori.
The actors of the Magna Mater’s cult galli present emasculation practice among their main traits. This feature is totally incompatible with the
Roman culture, so that ! from the Republican period until the first Christian authors ! galli will always be despised and even included into the
monstrous sphere because of their sexual indetermination. In the literary
sources, epithets referred to the galli show the collision between eunuchi180
Cfr. AE 2005, tab. 1123: […] Quomodo galli, | bellonari, magal[i] sibi sanguin[em]
feruentem fundunt frigid[us] | ad terram venit, sic et […] CIA, copia, cogitatum, mentes [quem]|
admodum de eis gallo[r]u[m, ma]gallorum, bellon[ariorum - - -]| spectat, qui de ea pecunia
dolum malum [exhibet - - -]|exitum spectent, et a[d qu]em modum sal in [aqua liques]|cet, sic
et illi membra m[ed]ullae extabescant cr[ucietur]| et dicat se admisisse ne[fa]s. […].
Tab. 1124: […] Quomodo galli se saecarunt, | sic ea [velit] nec se secet sic, uti | plantam
ha[beat], quomodo | et sacrorum deposierunt | in sancto, sic et tuam vitam | valetudinem ,
Gemella, | neque hostis neque au|ro neque argento redi|mire possis a Matre | deum, nisi ut
exitum tuum populus spectet. […].
181
AE 2005, tab. 1126: […] ita uti galli bellonariue absciderunt concide|runtue se, sic illi
abscissa sit fides fama faculitas, nec illi | numero hominum sunt, neque ille sit, quomodi et ille |
mihi fraudem fecit, sic illi, sancta Mater Magn<a>, et relegis | cu<n>cta ita uti arbor siccabit
se in sancto, sic et illi siccet | fama fides fortuna faculitas […].
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sm and the official religion as well as the Roman law. Christian authors,
in their apologetic intents, contribute to sketch a view that inheriting all
pagan perplexities, denoting a marked loathing not as much to the galli
themselves but to the immorality of the goddes they worship.
KEYWORD
Galli, Cybele, evirazione, effeminatezza, eunuchi
Galli, Cybele, emasculation, effeminacy, eunuchs
08.TS D'Alessio.indd 462
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