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"Strumenti dell'immagine e del suono: dal meccanico al digitale": appunti del corso di Peppino Ortoleva 2009-2010

Strumenti dell’immagine e del suono: dal meccanico al digitale Lezione 1 Cinema “Luci della città”, Charlie Chaplin (1931): è l’ultimo capolavoro cinematografico muto che, nonostante ci fosse già sebbene agli inizi, il cinema sonoro, ebbe un enorme successo. Ma il film non era veramente muto in quanto moltissimi degli effetti comici sono basati sul suono. Possiamo notare il parlare vuoto dei discorsi ufficiali. Gli strumenti non hanno funzione di accompagnamento ma di narrazione Questo è un film che fa del sonoro un uso intelligente ed accurato, ma all’epoca venne considerato muto per l’assenza di dialoghi. Quando si pensa ad un film si ha in mente un prodotto audiovisivo (il cinema sonoro) e dunque ad una totale aderenza fra immagini e suoni. Quando nacque il cinema sonoro si aveva già un’idea di audiovisione. In realtà ci fu un dibattito nel mondo cinematografico circa l’incontro fra le tecnologie dell’immagine e quelle del suono. L’audiovisivo è un fenomeno caratteristico del XX secolo che nasce da un incrocio di tecnologie, modi di rappresentare la realtà in un preciso momento della storia scartando determinate strade per privilegiarne altre. L’audiovisione non è una riproduzione della realtà ma una costruzione tecnologica e culturale. Tra il 1927 e il 1929 si sviluppa il cinema sonoro. Per cinema sonoro si intende un accoppiamento di sequenze di immagini con suoni e parole. I tentativi per tale realizzazione sono stati fatti in diverse tecnologie e diversi inventori: Lumière: cinema collettivo; Edison: cinetoscopio, cinema individuale. Fonografo: fra il 1877 e il 1878 Edison aveva perfezionato la prima tecnica per fissare analogicamente i suoni: ciò indica il suo interesse per l’audiovisione. L’immagine in movimento è la sua caratteristica principale, ed è anche il suo punto di partenza. La macchina cattura diversi fotogrammi per i quali vengono riprese circa più di 10 fotografie al secondo, poi 16 e ora 24. Grazie a questo trucco si ha l’illusione di movimento.: l’effetto della vista in successione delle immagini al di sotto del decimo di secondo, abbiamo la sensazione di un movimento continuo. Marey e Muybridge studiarono il movimento e per farlo volevano arrivare ad un numero di fotografie al secondo, in modo da superare la soglia percettiva umana. Infatti, al di sotto del decimo di secondo, l’uomo non distingue un’immagine dall’altra. Edison ed i fratelli Lumière si concentrarono entrambi sul cinema: ma le loro erano invenzioni estremamente differenti. Il Kinetoscopio di Edison era una macchina da fruire individualmente (macchinetta al bar, o arcade: le immagini che scorrevano erano come dei giochi), ma fu un’idea perdente; il cinematografo dei fratelli Lumière era per una visione collettiva, e fu proprio questa l’invenzione innovativa. Il cinematografo era uno spettacolo collettivo proiettato su uno schermo (il cinematografo divenne quasi automaticamente una realtà che può darsi come sede luoghi come fiere, nikelodeon, sale modellate sulle sale teatrali). La sala cinematografica è inizialmente una sala a basso costo con la possibilità che uno stesso film viva per diversi anni. L’intrattenimento cinematografico nasce come un intrattenimento piuttosto complesso e composito. Solo nel 1910 nasce l’idea del lungometraggio. Uno dei suoi primi trucchi è il montaggio, ovvero il cardine della narratività cinematografica; è la tecnica che permette di costruire storie attraverso la connessione di materiali differenti. Esso è un principio non solo narrativo, ma mentale: grazie al montaggio, il cinema è una forma espressiva che procede per associazioni. Funziona come la mente umana: il cinema simula rappresentazioni ed associazioni mentali (sogni, flashback), simula il passaggio della mente da un pensiero all’altro e le relazioni fra le altre persone. Anche i movimenti di macchina sono fatti per simulare il nostro muoverci ed il nostro guardare. Mentre la fotografia congela la rappresentazione visiva della realtà (distacco dal nostro corpo), il cinema le ridà la capacità di penetrare. Il montaggio è un’operazione che simula il pensiero umano e costruisce una storia accostando frammenti di ripresa e ci permette di vedere la realtà come un gioco di costruzioni. Oltre che un principio di narrazione o estetico, il montaggio è un principio di costruzione. Da quando c’è il concetto di cinema, esiste anche quello di audiovisione. L’idea di accoppiare la fonografia con il cinema è antica quanto il cinema, ma ciò non avvenne subito per via della mancanza della tecnologia per accoppiare l’audio con il video. Nel 1927 la Western Electric lancia un’apparecchiatura chiamata colonna ottica, che permetterà la sincronizzazione fra suono e immagine. Prima, gli esperimenti di audiovisione erano falliti in quanto le due tecnologie non si sincronizzavano, erano slegate. Ad esempio, il grammofono a 48 giri aveva poco spazio e non avrebbe potuto contenere la colonna sonora di un intero film. Inoltre, gli strumenti per leggere più dischi in sequenza l’uno all’altro erano complicati e mal funzionanti: mandavano a monte la sincronizzazione. La colonna ottica era rivoluzionaria in quanto il sonoro veniva letto direttamente dal proiettore della pellicola, senza dover sincronizzare due macchine slegate: il sonoro era inciso sulla pellicola stessa e uno speciale strumento interno al proiettore leggeva il suono trasferendo le informazioni ad un altoparlante. I film sonori potevano essere dunque sincronizzati. Nel giro di cinque anni scoppia la rivoluzione sonora: all’immagine cinematografica si lega l’audio. Drammaturgia teatrale e drammaturgia cinematografica sono completamente diverse: la prima è fortemente verbale e gestuale (per la visione dalla sala), nel cinema non aveva senso concentrarsi sulla parola (soprattutto nel muto) o nel far vedere da lontano i propri gesti. La recitazione teatrale è esagerata per il cinema. Anche il tempo del film e il tempo del teatro è differente: mentre il teatro è un ritaglio temporale al passato, il cinema – come il romanzo - fa sempre un riferimento fra passato e presente. Il cinema è molto più vicino al romanzo che al teatro. Cinema e romanzo narrano e hanno un potere di simbolizzazione. La pantomima – spettacolo comico basato su movimenti mimici - è la caratteristica della prima fase del cinema comico. Essa dimostrava che il cinema poteva essere una forma d’arte. Chaplin, il re della pantomima, ha messo insieme una forma espressiva riconosciuta come arte (tra 1915 e 1925 nessun critico ha negato al cinema valore artistico) con il cinema. La pantomima è apprezzata globalmente, da tutti i tipi di pubblico: non ha bisogno di parole, linguaggio o competenze. Ma non è una forma di comunicazione semplice. Il ritmo è una caratteristica importante: la pantomima intuisce che il cinema è musica anche quando non ha i suoni, il cinema è fatto di tempo come la musica. Il tempo del cinema e della musica è intrinseco al testo. Nel film i tempi sono definiti nel montaggio finale del film; il montaggio costruisce anche un percorso nel tempo di tipo musicale. Il montaggio costruisce un determinato percorso emozionale, anche semplicemente tramite l’accostamento. Il cinema è in grado di evocare sentimenti come nessuna altra forma espressiva: la commozione è data in quanto siamo immersi e impotenti in quella rappresentazione. Il simbolico entra nel reale ed il reale nel simbolico. Divismo: sorprende per la sua carica emotiva. Divismo teatrale era legato a caratteristiche critiche, era messo in relazione alle qualità di recitazione; il divismo cinematografico invece non lo è. Anche fra divismo cinematografico e televisivo c’è una differenza di fondo: la tv porta in casa i divi e li spoglia di un’aura magica. Sono più vicini a noi, entrano nella nostra quotidianità (è un pari dello spettatore). Il divo cinematografico si presenta come un personaggio; è la stratificazione reale di tutti i personaggi che ha rappresentato. È un personaggio che transita continuamente fra reale e simbolico, è reale ipercarica di valori simbolici. Il cinema è una macchina in grado di costruire una pluralità di livelli di reale (rapporto ludico con il mondo, come il gioco). Le reazioni e le strategie nei confronti del cinema sonoro andavano in diverse direzioni: Ritorno al teatro: il cinema viene pensato tramite le caratteristiche di un medium precedente; il cinema veniva inteso come circo e teatro: è arte, ma è anche un linguaggio diverso da tutti gli altri. Se il cinema è teatro, allora deve essere interpretato da veri attori teatrali. Il teatro diventa arte e guida per il cinema in primo luogo della presenza del dialogo. Tuttavia, il sonoro non si limita a questo. Ritorno alla musica: la musica diventa la guida del cinema e da tale incontro si genera il musical (ad esempio “La danza delle luci”, 1933). Musica e balletto offrono la possibilità di affrontare qualsiasi tema. Con il cinema inteso come musical, agli attori teatrali si aggiungono i cantanti. Riscoperta del suono: il suono assumeva la funzione guida per la narrazione. Ad esempio, “Weekend” di Rutthmann del 1930 è un film solo acustico: la musica è narrazione. Il racconto è fatto esclusivamente di suoni: secondo il regista, il cinema dovrebbe concentrarsi sul suono tanto quanto fa con l’immagine. Il cinema sonoro permetteva di esplorare nuove possibilità sonore. Con il cinema sonoro nasce anche il montaggio di suoni (Rutthmann). Arnheim considera il cinema sonoro il declino del cinema: esso rischiava di diventare una brutta copia del teatro, senza autonomia estetica e artistica. Il cinema sonoro però non trasformò il cinema in commedia, opera o operetta o balletto, e non lo avrebbe fatto morire come presagiva Arnheim: la continuità fra il cinema e la narrazione, invece, sarebbe stata rafforzata. L’incontro fra cinema e romanzo consiste nell’uso, da parte del primo, di strutture narrative, generi e fruizione da parte del pubblico appartenenti al medium del romanzo. Il film non può essere considerato un tipo di romanzo, ma ne riprende diversi elementi. Nel cinema muto le immagini dovevano parlare da sole. Nel videoclip l’immagine è funzionale alla canzone: serve ad indicare il protagonista, il cantante. Il linguaggio del videoclip è lo stesso della pubblicità: crea connessioni folgoranti. Suono e immagine sono due linguaggi separati che nel corso del Novecento si sono intrecciati dando forma ad un nuovo tipo di comunicazione: l’audiovisione. Tale intreccio è dovuto a diversi fattori (economici, culturali e sociali) e oggi sembra ovvio che si sia verificato, ma così non è. Oggi siamo abituati ad abbinare un’immagine al suono, anzi, ne siamo naturalmente portati. Completare il visivo con il sonoro è una necessità umana, ma non è una condizione naturale. Il bisogno dell’intreccio fra suono e immagine ha radici antiche che risiedono nella natura della comunicazione umana, caratterizzata dalla voce accompagnata dalla gestualità: sonoro e visivo sono strettamente connessi. Comunicazione: gestualità (immagine) + voce (suono) Ruolo del suono nel cinema Rispetto al cinema muto, l’avvento del sonoro ha sicuramente una componente realistica, in quanto è ovvio che il mondo ha i suoni. Il suono è una componente realistica, certo, ma questo non è del tutto vero, c’è anche una componente di trucco. Infatti, i suoni del cinema non sono se non in piccola parte i suoni della vita vera. All’inizio del cinema non era possibile il suono in presa diretta per via delle tecnologie rudimentali. Il montaggio sonoro inizia direttamente nel film e solo negli anni Cinquanta si affermano delle tecnologie valide per la registrazione del suono (permettendo suoni in presa diretta). Il nastro a più tracce, che permette di registrare una sopra l’altra diverse tracce sonore (Sergent Pepper’s dei Beatles è realizzato dal produttore George Martin in questo modo). Al cinema il nastro a più tracce arriva tardi e solo per alcuni autori. La possibilità espressiva del nastro a più tacce non è stata pienamente sfruttata, come non lo fu la strereofonia, disponibile dagli anni Sessanta. Essa è un altro montaggio sonoro, in quanto accosta suoni in modo da dare un effetto di apparente essere circondati, avvolgimenti sonori, ma anche per costruire una spazialità sonora, di modo che i suoni sembrino provenire da punti diversi (il film, tramite il sonoro, si muove all’interno della sala cinematografica). Nel sonoro cinematografico, prima di questi effetti, entra nel cinema come componente di arricchimento, complessificazione; ma anche con un effetto di standardizzazione: il dialogo sonoro è ancora legato al teatro classico. Con l’introduzione del sonoro, la sceneggiatura del cinema si avvicina a quella del teatro. Doppiaggio: permesso dalla sincresi. Ha un effetto di standardizzazione: vi sono poche voci di doppiatori che si sostituiscono alle diverse voci degli attori, ma anche perché è una tecnica vincolata. Infatti bisogna dire le cose di una lingua straniera in un’altra lingua cercando di mantenere le forme culturali originali. Musica nel film La presenza della musica nel cinema è di estrema varietà e complessità: ci può essere una musica appositamente creata per il film o quella che deriva da materiale preesistente (allora la musica è anche citazione). Il sonoro cinematografico è complesso in quanto è composto da diversi strati di suono. Il più grande spreco per il sonoro è quello di fare un sonoro in cui il suono è esclusivamente commento al parlato e alle immagini, cioè un sonoro che si limita a rafforzare le emozioni che le immagini comunicano nel film. La musica è qui usata come sottolineatura. Funzione ritmica: la musica contribuisce a conferire ritmo al film. Il cinema si può permettere anche il silenzio assoluto (la tv non ammette il silenzio). La musica è un elemento fondamentale della sintassi sonora del film. Evidenziare una particolare forma estetica o emotiva: gli usi della musica sono molteplici perché molteplice è la capacità espressiva della musica (musica empatica). Contrasto: la musica contrasta con la scena rappresentata per metterla in evidenza. Sottolineare la componente melodrammatica. Connotare un’epoca: facendo sentire la musica tipica di un’epoca (operazione analogica). Lezione 2 Tecnologie del suono: esistono da moltissimo tempo; le tecniche umane basate su strumenti musicali (ovvero l’applicazione della tecnica al suono) sono antichissime. La tecnica musicale consiste nella produzione e nella amplificazione del suono, che sono bisogni antichi dell’uomo. Strumenti artigianali: fra XVIII e XIX secolo lo Stradivari raggiunge la sua perfezione tecnica. È uno strumento perfetto, ma ancora prodotto artigianalmente. Strumenti meccanici: da nuove tecniche, non più artigianali, vengono prodotti strumenti musicali meccanici, che suonano da soli. Nella produzione di tali oggetti vengono coinvolti gli orologiai (svizzeri) per la loro precisione tecnica. Ad esempio: pianola, flautista di Baucanson (automi, pupazzi animati da un meccanismo automatico). Tali strumenti non funzionavano in maniera molto diversa da quella del carillon, il quale ha una scheda perforata, che sarà poi la base della digitalizzazione e dei primi computer. Pianoforte: è rivoluzionario in quanto è facile da usare; emette automaticamente delle note o semitoni anche se suonato scorrettamente. Il pianoforte non è solo uno strumento ma è anche una macchina. I suoni che emette sono distinti, sono note. La sua semplicità d’uso (basta premere un tasto per sentire un suono) è senza precedenti. Con il pianoforte, la musica entra nei salotti dell’alta borghesia di tutto l’Occidente. Scrittura dei suoni: il suono è subordinato alla vista; l’orecchio si sottomette all’occhio con la scrittura dei suoni (tale subordinazione non viene soltanto dall’introduzione del pentagramma ma dal pensiero di tipo alfabetico). Ci sono stati diversi tentativi di scrivere la musica. Fra XI e XII secolo nasce il sistema della notazione musicale moderna: i suoni diventano note. La musica può essere trascritta. Ciò comporta: L’orecchio è subordinato all’occhio; I fatti sonori diventano segni visivi, L’ambito dei suoni accettati musicalmente è drasticamente ridotto, escludendo possibilità diverse; Omogeneizzazione del mondo sonoro (come fece la stampa con i dialetti) e creazione di standard sonori; Cominciano le raccolte dei grandi canti popolari delle diverse culture (esempio Bàrtok, 1913). Ma la scrittura musicale escludeva i suoni dell’ambiente e i rumori: essi non sono compatibili con i limiti della scrittura. Come catturare allora i suoni al di fuori degli standard? Tecniche per maneggiare direttamente il suono: Amplificazione Trasmissione Fissazione. Amplificazione: tecnica antica del corpo umano, già a partire dalla retorica (tecnica per estendere la potenza vocale). Prima dell’invenzione del megafono, politica e teatro necessitavano di una voce adatta per accedervi. Megafono: strumento di risonanza del suono emesso. Utilizzato sia per la voce che per radio e grammofoni. L’amplificazione del suono è sempre stata un bisogno sociale molto importante: Campana: segnalazione dell’ora, della messa, della morte, della festa, di allarme. Soprattutto, la campana svolge la funzione di coordinamento e organizzazione sociale. La campana lega la chiesa ai parrocchiani e rappresenta Dio. Voce del Muezzin: stesse funzioni della campana, ma relative alla voce umana. Quando le tecnologie si applicano all’amplificazione nasce il microfono: inventato da Edison in concomitanza con il telefono. Ciò che è veramente rivoluzionario è il collegamento del microfono all’altoparlante. Shaffer afferma che le moderne tecnologie del suono sono schizofoniche in quanto separano il suono dalla sua fonte sorgente, operando una frattura disumana (es telefono, radio, disco, …). Conseguenze dell’amplificazione: potenziamento del suono; regolabilità e controllo del suono. Rivoluzioni del Novecento: Strumenti elettrici; Suoni sintetizzati; Riscoperta del rumore: il rumore viene catturato tramite registrazioni. L’attenzione nei confronti del rumore è opera soprattutto dei futuristi (es Luigi Russolo, 1913). Maggiore uso delle percussioni. L’ambiente sonoro diventa il centro dell’attenzione nel corso del Novecento. Anche il rumore assume una valenza estetica; si simulano suoni e rumori della città. La standardizzazione musicale che per secoli aveva dominato l’universo sonoro diventa inaccettabile. Il rumore è la nuova frontiera del suono. L’amplificazione permette di intervenire sui suoni modellandoli e de- standardizzandoli. Prima i suoni non erano manipolabili. Ad esempio, la chitarra elettrica nasce per estendere la possibilità di amplificazione sonora della chitarra acustica: la cassa di risonanza di quest’ultima viene sostituita dall’altoparlante; in seguito vengono introdotti mezzi per la distorsione del suono. Lezione 3 I mezzi di comunicazione vengono studiati da Ortoleva secondo la teoria evoluzionistica di Darwin secondo cui un elemento fondamentale è il caso, l’altro è l’adattamento a determinate situazioni per la sopravvivenza. L’evoluzione è dunque un processo condizionato da tentativi, per prova ed errore, per caso, per atti di forza, ecc. Le tecnologie si evolvono in un certo modo non per una sorta di progetto implicito, ma perché nel campo delle tecnologie nascono da diverse invenzioni: per prove ed errori e alcune si affermano. La tecnologia si adatta alla vita e la vita si adatta alla tecnologia: questo è il miglior adattamento possibile di una tecnologia, che si afferma e diventa un soggetto sociale. La tecnologia che invece non riesce a sviluppare un adattamento analogo, decade (mortalità della tecnologia), viene dimenticata o, nel peggiore dei casi, viene scartata. Tecnologie e comportamenti umani fanno continuamente un’operazione di adattamento reciproco. Così, negli anni Sessanta, la televisione entra nella vita domestica e trova posto nell’abitazione, adeguandosi ai – e scandendo – i tempi della famiglia. L’orario del telegiornale è stato scelto in relazione alle abitudine delle persone: in seguito, sono diventate queste ultime ad adattarsi all’orario del telegiornale, ritrovandosi insieme davanti alla tv per cenare guardando il telegiornale. Negli studi dei mezzi di comunicazione, il suono è spesso sottovalutato rispetto alla visione: il suono è meno studiato rispetto all’immagine in quanto le tecnologie del suono hanno precorso quelle dell’immagine negli ultimi 150 anni. Ad esempio, le valvole di amplificazione vengono elaborate prima per il suono, in seguito nasceranno quelle per la tv (tubo catodico); la trasmissione a distanza del suono si affermano molto prima di quelle per la trasmissione a distanza delle immagini; la fonografia avviene dopo la fotografia ma precede il cinematografo. Le tecnologie del suono hanno quindi un ruolo strategico nel corso dell’ultimo secolo e mezzo, i particolar modo la telefonia e la fonografia. Trasmissione del suono a distanza: il suono viene ricevuto da persone che prima non lo ricevevano: l’emittente del suono non cambia. La trasmissione a distanza del suono parte dall’uso di un canale che fa da vettore delle vibrazioni. Il telegrafo era il primo mezzo elettrico, che permetteva una velocità prima impensabile, ai messaggi. La trasmissione di informazione è istantanea. La rivoluzione della telefonia consiste nel fatto che il suono non viaggia più alla velocità del suono (1.200 km/h), ma viaggia quasi alla velocità della luce (300.000 km/s). La differenza è abissale. Con il telefono la comunicazione sonora raggiunge la velocità della comunicazione visiva. L’elettricità fa viaggiare il suono alla velocità delle onde elettromagnetiche. Per evitare la dispersione del segnale all’aumento della distanza dei comunicanti, diventa fondamentale un’ulteriore innovazione: amplificatori posti lungo la rete ogni tot chilometri per ri-amplificare il segnale (“pupinizzazione”). La rete telefonica – urbana, nazionale ed infine internazionale – è fatta di fili e ripetitori, ma quel che più conta ed è rivoluzionario è il fatto che è una rete commutata: ogni telefono è collegato con centrali che lo possono connettere ad altri n telefoni (= nodi della rete). La commutazione serve a mettere in contatto due persone in maniera privata (comunicazione punto a punto): è un sistema che permette di mettermi in contatto (indirizza le chiamate) con la persona che voglio raggiungere e ad escludere tutti gli altri. Gli apparecchi sono connessi a richiesta con altri apparecchi. Esiste la commutazione manuale ( che prevede la connessione da parte di un centralinista) e quella automatica (urbana/nazionale/mondiale). Quasi subito dopo l’invenzione del telefono, si crea una nuova tecnologia: il fonoscopio, il quale congiunge immagine e audio (videotelefonia). È telefono e video insieme e permette di vedere e parlare a distanza. Per molti è la “televisione”, ovvero telepresenza. Con la nascita del telefono, l’idea di un telefono audiovisivo è quasi immediata. Tuttavia, tale tecnologia non si afferma: Motivi tecnologici: troppa quantità di informazione da trasmettere sul canale (immagine e audio); Motivi sociali: violazione visiva del privato; Motivi psicologici: invasione dello spazio altrui da parte degli utenti; Controllo dello sguardo: gli utenti non si guardano negli occhi, ma guardano nella telecamera, che non coincide con l’occhio dell’altro. Il fonotelescopio non si è mai affermato veramente, fino a Skype, che tuttavia non funziona allo stesso modo del telefono: prima di video chiamare qualcuno, e dunque invadere il suo spazio, si usa chiedere, per iscritto sulla chat, il permesso di video chiamare. Da una parte sembra ovvio unire immagine e suono, ma dall’altra parte ci sono numerosi ostacoli relativi ai comportamenti e alle abitudini umani che comportano la mortalità della tecnologia. Forma del telefono: cornetta ergonomica che permette l’uso di una sola mano (ma non si afferma subito: prima il microfono era separato dall’auricolare. Ciò impediva di poter fare altro dal telefonare); è uno strumento antropomorfico, un’appendice dell’orecchio-bocca. L’uomo con il telefono si adatta al fatto che tutto l’informazione non è altro che suono: tutte le informazioni e i segni sono in forma sonora. Il telefono è un medium freddo in quanto dobbiamo completare il messaggio Il telefono non tollera il silenzio: tutta la sua informazione è suono. Quando non c’è altro che il silenzio, quest’ultimo non viene tollerato, come in tutti i media completamente sonori: l’assenza del suono potrebbe essere interpretato come una disfunzione del canale (messaggi fàtici per controllare la stabilità del segnale). Il silenzio prolungato in radio e al telefono non sono accettabili. 4 min e 33 di John Cage, pezzo da concerto, sfrutta questa caratteristica per presentare 4 min e 33 sec di silenzio in sala da concerto, sconcertando tutti. Il suono è azione. Lo sviluppo iniziale del telefono è molto lento: chi è il primo stupido ad aver comprato il telefono? Per avere senso, esso ha bisogno di una rete. Non è ovvio che il telefono sia un medium di comunicazione uno a uno. Il telefono è stato più lento a diffondersi rispetto a radio e televisione in quanto necessita di una rete. Arriva poi però un momento in cui la situazione si inverte: quando siamo senza telefono ci sentiamo isolati. All’inizio c’era una resistenza da parte delle persone a diventare abbonati reali alla linea telefonica, ma con il crescere degli abbonati, il bisogno di non sentirsi isolati (e come gli altri) diventa più forte. Le possibilità originarie del telefono, che non si sono poi imposte, sono molteplici. Telefono circolare: telefono utilizzato come mezzo di comunicazione di massa: esso viene utilizzato per la trasmissione di informazione (1890 - 1920). Si ha così il giornale applicato alla rete telefonica (poi programmi e musica). Il telefono era uno strumento per mandare notizie (telephone herald), svolgendo così la funzione odierna della radio. L’araldo telefonico italiano (1913-1914) si trasforma poi nel 1922 in radio-araldo. Il telefono circolare venne utilizzato per la filodiffusione per mandare canali di sola musica (uno per musica leggera, uno per musica classica). La filodiffusione veniva usata più che altro da servizi commerciali e locali pubblici. L’ideologia dominante era quella che la radio sarebbe stata usata come mezzo di comunicazione di massa; il telefono era invece pensato per la comunicazione interpersonale: l’esempio del telefono circolare però falsifica questa ideologia. Théatrophone: la musica del teatro – opere e concerti - raggiunge le abitazioni parigine (1881) tramite un abbonamento. Si aveva la musica in casa ad un costo ragionevole. Per il thèatrophone, un inventore inventò, senza rendersene conto, la stereofonia, in quanto scelse di mettere due microfoni ai due lati del palco e trasmettendole a alle cuffie o agli altoparlanti. La stereofonia e la stereoscopia si basano sul fatto che orecchie e occhi sono in coppia: componendo quello che vediamo o sentiamo da una parte con l’altra parte, otteniamo una profondità – un’unità - sonora o visiva. Le riprese sonore della stereoscopia sono distanziate e si ha l’impressione di essere immersi nel suono. La quadrifonia è invece stata un buco nell’acqua ( “Quadrophenia” degli Who ad esempio). Lezione 4 Trasmissione del suono La comunicazione circolare (vie etere o via cavo) è caratterizzata dalla simultaneità temporale. Diversa dalla stampa – comunicazione di massa fondata sulla copia – la comunicazione circolare rompe la necessità della copia, raggiungendo simultaneamente una massa di persone direttamente nelle loro case. QuindiCon la stampa, il prezzo dell’informazione è dato dal costo della copia, con la comunicazione circolare bisogna prendere delle decisioni nuove sui costi. Segnale orario: l’ambiente domestico in cui si trova la radio è un elemento di sincronizzazione con la società, di non isolamento e di coordinamento sociale (stessa funzione della campana). Il segnale della radio è scientifico e nazionale: l’orario è stato introdotto relativamente recentemente per poter coordinare le ferrovie (1893-1894). Prima non vi era un’ora nazionale. La radio ha il compito di segnalare l’orario nazionale, che è garantito dalla scienza. Il segnale orario dunque garantisce la diretta e la simultaneità; la casa si regola con l’ora della radio; la radio diventa strumento per sincronizzarsi con il mondo. Con il telefono circolare e con la radio, che trasmettono informazione, nasce l’idea del palinsesto, ovvero una serie di programmi che scandiscono l’orario (per la tv: prima il palinsesto di carattere settimanale, poi il formato, a cadenza giornaliera). Il tempo della vita delle persone viene dunque scandito dai mezzi di comunicazione. L’organizzazione del tempo ha lo scopo di alzare l’audience. Con la telefonia circolare nasce anche il concetto di pubblico di massa e il broadcasting (semina larga, trasmettere su un canale delle informazioni da parte di una fonte emittente ad una massa ricevente). Nel momento in cui si afferma la radiotelefonia, la telefonia circolare inizia a decadere (costi maggiori per la tecnologia del cavo). La tecnologia radio infatti non richiede installazioni e nuovi impianti e cavi, ma al massimo si deve potenziare il raggio di trasmissione dell’antenna. Come si fa a pagare il telefono fisso? Inizialmente, la telefonia è di tipo flat-rate: si paga un abbonamento al telefono, che comprende un numero illimitato di telefonate. L’idea del minutaggio e poi quella del costo inferiore del traffico urbano rispetto a quello interurbano (le urbane costano di meno per poter attirare più persone ad allacciarsi alla rete; le interurbane, più costose, sono fatte dal mondo del business) emerge nel momento in cui esplode il numero degli abbonati (anni Cinquanta in America). Nel momento in cui il mercato si è stabilizzato, sono emersi altri modelli di pagamento. Cellulare: l’idea di business che apporta cambiamenti è la scheda ricaricabile, la quale consente il controllo sul consumo; il salto è stato quello di fare dell’adolescente il target del cellulare. Con la concorrenza fra gestori, sono state introdotti sistemi di tariffazione destinati a catturare fasce sempre più specifiche di utenti. Inoltre, vi sono agevolazioni per le chiamate verso numeri con lo stesso operatore: ciò fa sì che in una famiglia o fra amici si tenda ad avere lo stesso gestore per spendere meno; oppure ad avere più abbonamenti/schede. La telefonia cellulare è infatti un mercato molto attivo. Il telefono è andato verso certe direzioni per: Reti tecniche e fisiche; Abitudini sociali; Modelli economici. Il telefono fisso non è di proprietà dell’utente ma è affittato dalla compagnia telefonica e fa parte dell’abbonamento al telefono: ciò permette il completo monitoraggio della rete. Le compagnie telefoniche controllavano la rete e gli apparecchi singoli. Ad esempio, la Bell aveva una propria compagnia prodruttice di apparecchi telefonici (anche altro): la Western Electric (che ha lanciato nel 1927 il suono nel cinema con la colonna ottica e così reso possibile il cinema sonoro). La Bell possedeva anche i Bell Labs, laboratori scientifici per ricerche sulle telecomunicazioni. La Bell investiva sulla rete ma anche sull’innovazione nella comunicazione. Ad es: quanti numeri si riescono a memorizzare? Quante sequenze? Allora come saranno fatti i numeri di telefono in modo tale che siano memorizzati? Per la storia del suono, tali centri di ricerca (Abc, Rai), sono stati fondamentali al di là della funzione telefonica in senso stretto. Radio (Marconi, 1901): Wireless, senza file: la sua caratteristica principale è l’assenza di un collegamento fisico diretto fra fonte e riceventi. La comunicazione radio si basa sullo spettro delle onde elettromagnetiche. Offre la possibilità di comunicare inviando segnali lungo le onde dell’etere. I segnali non hanno limiti fisici. La radio non nasce come radiofonia ma come radiotelegrafia: i primi messaggi sono in codice Morse (punti e linee, non voce). Tra il 1907 e il 1915 si pensa alla radiofonia, ovvero a mandare suoni (non codici o lettere) via radio e poterli ascoltare. Le prime comunicazioni via radio sono utilizzate dalle navi: è infatti possibile un’immaterialità del collegamento che consente l’autonomia e la mobilità. Poi venne utilizzata per comunicare durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo la radiofonia diventa un fenomeno di massa. La prima compagnie regolare europea è quella britannica, la BBC, la prima compagnia radiofonica di portata nazionale che si sviluppa dalla radiofonia navale. La comunicazione elettromagnetica non necessita di supporto fisico: la rete è immateriale. La radio funziona con il concetto di broadcasting (fonte, riceventi). La radio è promossa negli Stati Uniti da interessi privati (prima società locali, poi anche grandi network commerciali a livello nazionale). Il network guadagna con la pubblicità: la radio tiene alto l’audience. La radio è comunicazione soltanto sonora fatta non solo di musica, ma di parola, informazione, cultura e diversi generi radiofonici. La radio traduce il mondo per l’orecchio (Arnheim): la realtà diventa alla radio un mondo sonoro. Nella storia acustica del Novecento la radio svolge una funzione decisiva in quanto è l’unico mezzo acustico completo, ovvero che veicola tutti i tipi di comunicazione sonora: parola, musica, cronaca diretta (che è ripresa sonora dei suoni d’ambiente). La radio è il medium sonoro per definizione e senso comune, nonostante le ultime ibridazioni con gli altri mezzi. La radio è identificata con il suono. Lezione 5 Fissazione del suono: possibilità di fissare un suono su un supporto e di riprodurlo in un momento differente, staccandolo dalla sua matrice originaria. Trasmissione del suono e riproduzione del suono sono operazioni che Shafer definisce schizofoniche, ovvero operazioni di scissione fra il suono e la sua fonte. Ad es, la voce che sento al telefono è distaccata dalla persona che mi sta parlando; quando ascolto un disco di un gruppo, ascolto la musica che suona in assenza di quel gruppo. A partire dal Medioevo è possibile avere la scrittura delle note, ma soltanto a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento si ha la fonografia (fonografo di Edison), ovvero la fissazione tangibile del suono in maniera diretta, la quale si ottiene incidendo un corpo sensibile con segni caratteristici del suono e mettendo questo corpo sensibile in contatto con un lettore che produce il suono a partire da quella traccia. Il fonografo è un sistema per cui i suoni diventano vibrazioni che incidono un cilindro (prima cera poi bachelite). Un pennino legge l’incisione e la trasforma analogicamente in suono. Gli utilizzi a cui pensava Edison per il fonografo erano: Registrazioni a scopo di ufficio: il fonografo era pensato per l’ufficio; Registrazioni musicali (ultima funzione indicata) Il difetto di tale strumento era che non permetteva più copie simultanee: ogni copia del fonografo è una registrazione a parte. Ci sarebbero stati costi molto alti e bassa qualità. Disco di Berliner: viene creato uno strumento di fissazione e riproduzione sonora (grammofono). Il vantaggio stava nel fatto che si registrava il suono su una matrice di argilla che poi si metteva a cuocere. Dalla matrice si producevano, come nella stampa, le copie. 78 rpm, 45 rpm, 33 rpm. Vantaggi: Stampabilità; Durata di registrazione del suono maggiore; Meno deteriorabilità del supporto. Il fonografo di Edison era un unico strumento che comprendeva il registratore e il lettore, mentre il grammofono do Berliner è solo lettore. I fonografi, dal numero limitato ma sempre più migliorati, saranno adibiti a funzioni professionali; il grammofono si diffonde in maniera maggiore, ma permettono solo l’ascolto. All’inizio del Novecento il disco soppianta il fonografo come mezzo di fissazione sonora. Ben presto inizia il mercato musicale e la riproduzione sonora viene associata alla musica. Con il disco si possono ascoltare in casa e a proprio piacimento i protagonisti della musica. Il grammofono si afferma nello stesso anno del cinema: 1895, e viene subito associato come il cinema al fenomeno del divismo. Il grammofono fissa l’esecuzione, e non semplicemente il testo; l’esecuzione associata al divismo ha un valore in sé. Con la fotografia nasce anche l’immagine del fotografo come artista, con il fonografo sarebbe dovuto emergere il fonografista, ma non accadrà mai: il fonografista non sarà mai un artista, ma soltanto un tecnico del suono. Ciò indica una subalternità del suono rispetto all’immagine fin dalle origini. Il suono è arte, ma è artista chi lo produce – chi scrive la musica e chi la interpreta: le tecniche di riproduzione sonora non sono considerate tecniche artistiche. Con i mezzi di riproduzione acustica nasce il pregiudizio per cui la riproduzione artistica è tanto migliore quanto più è fedele alla sua origine. Con la fotografia nasce invece il pregiudizio opposto, ovvero ci si distacca dalla fedeltà al reale, emerge così una fotografia di tipo creativo; la re-interpretazione del reale è la qualità positiva della fotografia che più interessa. La fotografia è interpretazione del mondo. L’alta fedeltà che caratterizza la qualità del suono mira a farci ritornare alla fonte, nel tentativo di eliminare la distanza dalla fonte sonora. La riproduzione del suono diventa pura servilità al reale mentre la fotografia è un’operazione più soggettiva. Tale fenomeno viene percepito come banale: suono e immagine hanno un diverso rapporto con il reale. Il suono è creativo solo se astratto e simbolico. I sensi hanno una disposizione gerarchica, in cui l’udito, che è un senso fondamentale, è il senso del logos e della musica ma anche del rumore, il quale non ha significato. Pensiamo che la riproduzione sonora sia subalterna all’immagine, che ha sempre significato. I tecnici del suono e gli arrangiatori sono sempre passati in secondo piano rispetto ai musicisti, mentre sono lo che creano il prodotto finale che verrà ascoltato: la musica non viene soltanto suonata, ma viene soprattutto elaborata nello studio di registrazione. Lo statuto del suono è diverso da quello dell’immagine. Una tendenza recente è la registrazione sonora come cattura della realtà: la riproduzione di suoni naturali. Le avanguardie musicali a partire da Russolo, Berio e dalla musica concreta hanno lavorato sul materiale registrato d’ambiente o sulla ricostruzione del suono naturale. Il materiale sonoro appartenente alla realtà viene trattato come mattoncini che servono a costruire un prodotto nuovo, che trascende il materiale. La registrazione etnomusicologia nasce grazie alla possibilità di registrazione. I primi che colgono la possibilità di poter conservare nuovi suoni appartenenti a culture diverse sono gli etnologi (i quali sono anche i primi ad usare fotografia e cinema). L’antropologia culturale infatti crede ai sensi: l’oggetto della loro ricerca è la rilevazione della totalità delle espressioni di una cultura. L’etnomusicologo rileva la cultura musicale popolare ed attribuisce al registratore una funzione superiore rispetto agli appunti scritti. Gli etnomusicologi pensano che la cultura popolare sia una produzione collettiva: l’autore non è importante. Bàrtok, musicista ungherese, faceva grandi campagne di rilevazione del suono verso la Prima Guerra Mondiale. Egli affermava che per la musica popolare fosse fondamentale l’uso del registratore in quanto ogni trascrizione di un canto popolare è un’interpretazione (filtri della scrittura musicale occidentale che non riescono a catturare i tutti i suoni). La fonografia ci permette di fare tante interpretazioni quanti saranno quelli che ascolteranno il nastro. La musica popolare inoltre non è un testo scritto, ma essa varia ad ogni esecuzione: è instabile e dinamica, è un sistema fluido. Con il registratore si cattura una certa situazione musicale. La registrazione da parte dei musicologi è un fenomeno estremamente ristretto. Bob Dylan: ricrea la musica popolare, folk revival. Il jazz (anni Quaranta) trova nella registrazione sonora il suo grande salto storico: esso era infatti strettamente legato all’atto dell’esecuzione e all’improvvisazione. Solo l’esistenza del registratore permette di apprezzare il jazz; conosciamo il jazz grazie al registratore. Gerarchia dei sensi: Perché tendiamo ad attribuire al suono uno statuto inferiore dal punto di vista complessivamente culturale rispetto all’immagine? Nella nostra percezione del mondo, non usiamo i nostri sensi in modo paritario ma in maniera gerarchica: la vista è uno strumento di percezione gestito con relativa consapevolezza; concentriamo lo sguardo su un angolo spaziale. Abbiamo le palpebre: possiamo decidere se vedere o meno. Ma non possiamo privarci di sentire come con la vista. L’udito non richiede partecipazione simile alla vista ma allo stesso tempo non ci permette la stessa selettività; è involontario (meno controllabile) e rigidamente condizionato dall’ambiente. Ascoltare, rispetto al guardare, è un’operazione di concentrazione. Il rumore è una percezione è per lo più percepito come sgradevole, insignificante o aggressivo. L’universo sonoro è un mondo rispetto cui siamo indifesi. Guardare è invece un’operazione volontaria e selettiva. Lezione 6 Implicazioni culturali in relazione alle tecnologie di riproduzione del suono. Registrazione sonora e tecnologie del suono apportano cambiamenti culturali. Con il suono riprodotto e registrato prima sotto forma di disco e poi sotto forma di riproduzione radiofonica dei dischi e della musica, poi sotto forma di audiocassetta e dunque walkman anni Settanta la musica diventa “abbigliamento indossabile permanente”; la musica non è più un evento ma assume presenza quotidiana. La musica è banalizzata: da evento rituale ed eccezionale diventa evento corrente, a cui ci abituiamo e con cui viviamo costantemente. La musica non si ascolta soltanto: essa è mezzo di compagnia, “vestito” e segno di identità. Si può dire allora che la musica è uno strumento sociale, oltre che socializzante. L’aspetto quotidiano della musica e dei suoni registrati. Il suono diventa tattile: le vibrazioni elettriche in cui siamo avvolti grazie alle moderne tecnologie di riproduzione e amplificazione rendono il suono legato non soltanto alle situazioni uditive, ma anche tattili. La musica va oltre al suono e diventa sin estetica (es discoteca: luci (vista) e vibrazioni e danza (tatto)). L’ascolto di musica realmente nuova avviene in situazioni specifiche: in silenzio. In discoteca la musica non è fatta per essere ascoltata, ma per fare da sfondo con i suoi ritmi, per accompagnare il ballo. La musica fatta per essere soltanto ascoltata è un’idea relativamente recente: in realtà la musica è fatta per essere ascoltata, ballata e percepita con il senso del tatto. Musica registrata e amplificata è un sistema che produce un rapporto con la musica che è per certi versi banalizzato, ma per un altro verso diversificato e differenziato. La musica ha diverse funzioni che vanno al di là del mero ascolto: Compagnia: in solitudine o in contemporanea ad altre attività Accompagnamento: il ritmo della musica accompagna e si adegua ai nostri ritmi di vita. Ritmo e sound sono scelti in relazione alla nostra attività. La musica fa da sostegno alla nostra esistenza. La musica viene ascoltata in modo disattento, non la si ignora: appena passa un pezzo che ci piace o a cui siamo legati, poniamo l’ascolto in primo piane nelle nostre attività. Esempio Muzak; Condivisione: l’ambiente acustico è un ambiente sociale (concerto rock, conversazione), condivisione di contenuti; Ballo: la musica è stata inventata anche per la danza. Il rock and roll, progressivamente, si allontana da passi predefiniti, divenendo puro movimento che si aggrappa alla musica. Ballare è l’attività che da sempre è adiacente alla musica: si accresce il piacere dell’ascolto della musica “ascoltandola” anche con il corpo. Ballare è un modo di interpretare la musica; è un modo di interpretazione corporea della musica. Bolla: la musica che ci circonda ha una funzione di isolamento; è una funzione individualizzante (iPod, auricolari). Le bolle sonore sono ambienti in cui viviamo che ultimamente si stanno moltiplicando sempre più. Sono ambienti privilegiati dell’ascolto e dell’isolamento. È un luogo che viene profondamente connotato e personalizzato La musica è ascoltata con chi si vuole e quando si vuole; la musica si inserisce in una serie di attività differenti: essa non è più legata ad un luogo specifico ma è ubiqua, pervade la realtà. Soundscape (Shaffer): Il paesaggio sonoro è fondamentale nel nostro rapporto con il mondo ed è un aspetto dell’ecologia della nostra vita tanto quanto il paesaggio visivo e i rumori e l’ambiente in generale. Il paesaggio sonoro che viviamo nell’epoca della trasmissione e della fissazione sonora è un paesaggio artificiale e artificioso in quanto si stabilisce la schizofonia: la scissione fra il suono e la sua matrice. Una delle caratteristiche della percezione del suono da parte dell’uomo è che noi - mentre siamo in grado di concepire un’immagine separata dall’origine a cui è stata ispirata – abbiamo la tendenza a ricondurre il suono alla sua sorgente. Tendiamo cioè a percepire sempre il suono come effetto di una causa. Mentre tra visione e immagine esiste una distinzione concettuale (vedere come atto e immagine separata dal suo oggetto), in campo sonoro la parola suono tende a coprire tutti e due gli aspetti: atto e oggetto non sono distinti. Suono: ciò che percepiamo e ciò che produce la nostra percezione. I sensi non funzionano tutti allo stesso modo, ma sono gerarchizzati. La vista è il senso guida della nostra natura, e non bisogna appiattire gli altri sensi sulla visione. Suono e visione funzionano diversamente, non solo per modalità ma anche perché non riusciamo a scindere fra suono e la sua fonte. L’idea di fedeltà non è così importante in campo visivo come invece lo è nel suono: in campo visivo è pura tecnica. Nel campo del suono è invece un mito: ci deve essere un’adesione del suono alla sua sorgente. Nel momento in cui nasce e si moltiplica la tecnologia di trasmissione e di riproduzione del suono il legame fra suono e sorgente diventa arbitrario. Il nostro paesaggio sonoro è pieno di materiali sonori che non rispecchiano un oggetto fisico presente nello stesso ambiente ma che emergono da altre parti e che magari si impongono come dominanti rispetto all’ambiente. Il suono meccanico e artificiale si sostituisce a quello naturale. Per Shaffer, questo è un inquinamento del paesaggio sonoro, il quale viene disumanizzato e “delocalizzato”. La delocalizzazione avviene per via delle tecnologie del suono. Anche il suono sintetico – artificiale – è il suono più de localizzato di tutti in quanto non ha una fonte al di fuori della macchina: è un suono che nasce dalle macchine. Nel momento in cui si ha una voce sintetica, si creano anche degli avatar, ovvero delle identità fittizie – dei simulacri - che si sostituiscono alla sorgente mancante nel suono sintetico: l’altra faccia della schizofonia è il bisogno di personalizzazione. Il bisogno deve aderire alla sua presunta fonte: è un bisogno naturale dell’uomo. La delocalizzazione del suono si accompagna pertanto ad una rilocalizzazione. Il suono deve essere riconducibile alla fonte ma esso viene attribuito all’apparecchio che stiamo ascoltando, non alla fonte originaria. Si costruisce così una nuova localizzazione del suono. Vengono costruiti artificialmente delle bolle sonore, dei paesaggi sonori artificiale, ma nei quali ci si riconosce. Lezione 7 Implicazioni della registrazione e della moltiplicazione delle tecnologie del suono La pittura astratta nascerebbe dalla fotografia: nel momento in cui il compito della rappresentazione realistica del mondo viene meccanicizzata dalla fotografia, la pittura ricerca altri mezzi espressivi. La pittura si slega dallo stretto legame con il mondo reale e assume una funzione non più di mimesi ma una funzione liberatoria, espressiva. Espressività del contenuto / del gesto / contenuto astratto. Si acquisisce espressività a scapito della rappresentazione. La musica fa il percorso esattamente inverso a quello della pittura: essa nasce come arte astratta per avvicinarsi alla riproduzione del reale. Le derive musicali consistono nell’includere anche i rumori e i suoni del mondo all’interno della musica. La musica è di per sé un’arte astratta, puramente espressiva, nell’estetica romantica (contano solo i suoni e non i rumori: è un’estetica puristica, è pura espressione ed è pura; non si ammettono ritmi stravaganti e non ammette la politonalità). La registrazione sonora libera la musica dalla tirannia della scrittura così come la fotografia libera la pittura dalla rappresentazione realistica. La scrittura musicale standardizza la musica in quanto impone un linguaggio codificato e finito, sistematizzando le strutture musicali. Allo stesso modo la stampa standardizza la regola di pronuncia: è con la stampa che nasce la lingua italiana. Con la registrazione sonora la varietà del suono ridiventa un elemento possibile da percepire e diffondere tramite i mezzi di comunicazione di massa. La musica leggera, come quella romantica, è strettamente tonale. Liberazione della parola dalla rigidezza della scrittura astratta. La registrazione sonora: dà dignità di testo all’oralità (Bàrtok 1913: canzone popolare ungherese, Nigra) – al dialetto, all’accento - nel suo essere situazionale e legata al presente e dignità di autonomia al popolo. Il presente orale è testualizzato dalla registrazione, ma mantenendo sempre le sue peculiarità contestuali in cui essa è nata (componente presentistico-situazionale). Nel periodo della globalizzazione (omogeneizzazione) nasce l’esigenza di mostrare particolarismi locali (rilocalizzazione dei dialetti). Si tratta di un paradosso della registrazione, che va in controtendenza rispetto alla normale operazione dei media. Con la registrazione si può tener traccia delle lingue che rischiano di estinguersi: è una tendenza inversa a quella dei mezzi di comunicazione, i quali tendono invece a omogeneizzare le lingue. La parola è liberata dal vincolo della stampa e la musica viene liberata dal vincolo della musica scritta. Tutto ciò porta ad una varietà di tendenze: Allargamento della tavolozza orchestrale non solo della varietà classica degli strumenti ma anche dei suoni che prima erano esclusi dall’estetica romantica. Suoni che sono a tutti gli effetti rumori per l’estetica precedenti entrano a far parte della musica. Vengono presi strumenti non ortodossi, che non venivano presi in considerazione dalla tradizione sonora in quanto non esisteva una loro partitura, ovvero una loro codificazione scritta; Riscoperta del rumore, il quale riacquista progressivamente una sua identità e dignità, viene esplorato nella sua varietà (Russolo, “L’arte dei rumori”). I rumori rompono il mondo acustico corrente. I rumori vengono progressivamente considerati parte della musica e diventano parte consueta dell’orchestra. La musica diventa concreta, liberata dalla gabbia del suono che si opponeva al rumore. Essa rappresenta il mondo e conquista la realtà fisica del mondo sonoro nella sua interezza uscendo dalla codificazione della scrittura. Esempio: rumore del traffico diventa possibile materiale per entrare in una composizione musicale. Sia con la registrazione che tramite un rumore prodotto sinteticamente, il rumore assume la dignità di entrare a far parte di una composizione musicale. La musica concreta porta alla possibilità di estendere il materiale della produzione estetica, ma comporta anche un ascolto di tale materiale, cioè una nuova attenzione verso il mondo sonoro. Bisogna imparare ad ascoltare i rumori tanto quanto i suoni classici. Prima di un’estetica del rumore bisogna che ci sia un’esperienza del rumore, ovvero il rumore ha un significato e dobbiamo imparare ad ascoltarlo. Il mondo è un insieme di esperienze sonore nelle quali immergerci e dalle quali trarre esperienze. Musica dodecafonica (Schonberg, Webern): musica basata sulla serialità, sulla costruzione di sequenze sonore che devono comprendere il ricorrere di tutti i suoni della scala. Essa è almeno in apparenza l’esaltazione massima della musica scritta. Le serie non hanno mai una tonalità: è vietata la selezione di un suono rispetto ad un altro. È una musica ultra-astratta in quanto si svuota anche della melodia; ci si libera dei canoni tradizionali della musica (ritornello, tonalità, melodia). La musica è liberata dal proprio contenuto, ovvero la melodia: non è una musica senza espressione, ma è senza melodia. È una musica non memorizzabile e che sfida il buonsenso. In un mondo in cui la musica tradizionale e registrata domina, ci si può liberare della musica melodica per arrivare al suono puro: la musica è purificata da tutto. Il contenuto di un medium è sempre un altro medium: se il contenuto della musica è la melodia, la musica dodecafonica è musica senza contenuto. La musica dodecafonica è puro suono: il suo sforzo è quello di farci ascoltare i suoni in sé (dignità al suono singolo rispetto alla composizione). La musica è diventata colonna sonora della nostra vita banalizzandosi, divenendo mero sfondo dell’esperienza: la musica concreta invita invece ad un ascolto attento, richiedendo costantemente l’attenzione dell’ascoltatore e rivestendo nuovamente la musica di importanza, la rimette sulla scena. La dodecafonia o, come Schönberg amava definirla, "metodo di composizione con dodici note poste in relazione soltanto l'una con l'altra", prevede che tutti e dodici i suoni della scala cromatica appaiano lo stesso numero di volte, affinché nessun suono prevalga sugli altri. Le composizioni non sono pertanto basate sulla tonica e non presentano più la struttura gerarchica tipica del sistema tonale. Principi fondamentali: Uso del totale cromatico: la scala diatonica è sostituita da quella cromatica; è quindi previsto l'uso di tutti e dodici suoni disponibili nella divisione dell'ottava secondo il temperamento equabile. Onde evitare la prevalenza di suono sugli altri, bisogna che nessuno di essi si ripeta prima che tutti gli altri siano comparsi. All'inizio viene quindi stabilita una serie, per fissare l'ordine in cui le note devono succedersi in quella determinata composizione. Per evitare un'eccessiva uniformità si può ricorrere ad alcuni artifici, come l'utilizzo della versione retrogradata della serie originale, o l'inversione di questa (con tutti gli intervalli disposti per moto contrario), o ancora l'inversione della versione retrogradata. Si ottengono così quattro ordini principali della serie. In più, è possibile trasporre la serie originale e le sue tre "versioni" su tutti i restanti 11 gradi della scala cromatica. Riscoperta della musica popolare: Bàrtok, a partire dalla registrazione sonora, riscopre la musica popolare. Le sue danze ungheresi partono dal materiale registrato non imprigionabile dalla gabbia della musica scritta. Essa è situazionale e non trascrivibile dalla musica scritta. L’universo del suono è stato ampliato. Approfondimenti Verklärte Nacht, in italiano Notte trasfigurata, è considerata la prima opera di rilievo di Arnold Schönberg. Fu scritta nel 1899 quando l'autore aveva 25 anni. Egli riprese l'omonima poesia di Richard Dehmel tratta dalla raccolta Weib und Welt del 1896. Richard Dehmel fu un poeta tedesco nato a Wendisch Hermsdorf (Brandeburgo) il 18 novembre 1863, morto a Blankensee (presso Amburgo) l'8 febbraio 1920. La qualità poetica di Dehmel è dubbia; sicuramente la sua poesia incontrava i gusti del pubblico a lui contemporaneo. Nel 1950 Schoenberg lo additò come uno dei "principali rappresentanti dello spirito del tempo nella poesia". Il testo narra la vicenda, avvenuta in una notte al chiaro di luna, di una donna che confessa al suo uomo di portare in grembo un figlio non suo, e ne riceve conforto. Questo testo però non venne affidato al canto, ma reso in forma di poema sinfonico. Schönberg propose Verklärte Nacht per l'esecuzione al Tonkunstlerverein, la più importante società di concerti da camera viennese: la partitura fu però respinta, tra gli altri motivi perché conteneva un accordo di nona al quarto rivolto non previsto dai trattati di armonia. La prima rappresentazione fu eseguita dal Quartetto Rosé integrato da due strumentisti dei Wiener Philharmoniker e provocò il primo scandalo nella carriera di Schönberg per colpa di quelle arditezze armoniche innestate su un linguaggio ancora legato a Richard Wagner e a Johannes Brahms che, peraltro, avevano provocato la bocciatura al momento della proposizione al Tonkunstlerverein. La rappresentazione diede luogo a "tumulti e pugilati" ed a violente stroncature. I tempi della composizione sono: Grave Animato Poco allegro Grave Adagio Più mosso, moderato Adagio Le caratteristiche musicali di Schönberg si evidenziano nell'insolita ampiezza delle volute melodiche, nella densità degli intrecci contrappuntistici, nonché nelle strutture armoniche assai ardite per quel tempo. Schoenberg era comunque talmente convinto della bontà della sua opera, che nel 1917 decise di realizzare una trascrizione per orchestra d'archi, che sottopose ad una revisione definitiva nel 1943. Anche grazie a questa versione l'opera ebbe una popolarità grandissima, sicuramente superiore a quella conquistata dalle opere atonali e dodecafoniche. Béla Bartók fu un compositore, pianista ed etnomusicologo ungherese. Studioso della musica popolare dell'Europa orientale e del Medio Oriente, fu uno dei pionieri dell'etnomusicologia. Lezione 8 La musica contemporanea ha in parte recepito il nuovo linguaggio della registrazione sonora, in parte trasformato il suo linguaggio in relazione alle tecnologie del suono. Le avanguardie musicali del Novecento vanno verso quattro tendenze: Allargamento →Bàrtok: Nuovi suoni provenienti dalla musica popolare - situazionale e legata all’oralità - che prima non era decodificata dalla scrittura musicale (grazie all’apporto della registrazione). La registrazione permette di far emergere aspetti della musica popolare che la scrittura non poteva cogliere. Il primo a prendere la musica popolare ungherese e trarne melodie fu Brahams con le danze ungheresi: egli trasse i suoni dalla tradizione popolare per inserirli in una composizione orchestrale (musica tonale): egli occidentalizza le danze ungheresi, le mette nell’ottica della tradizione. Bàrtok si interessò alle danze ungheresi come Brahams, ma i brani differiscono completamente: Bàrtok non usa una musica tonale o atonale ma politonale. Egli tenta di ricostruire un universo musicale diverso dal nostro dove non mancano le melodie ma non vi sono le medesime e rigorose strutture della tradizione dal Seicento al Novecento. Il brano è meno ballabile ed esplora un universo sonoro non familiare: viene rispettata l’estraneità. Restrizione →Shoemberg: la musica dodecafonica sceglie di esasperare la scala diatonica: non ricerca altri suoni ma usa in modo così rigoroso la scala diatonica ottenendo risultati dissonanti dalla tradizione musicale. Si creano tutte le volte serie complete di suoni. La musica concreta e quella dodecafonica condividono l’avanguardia musicale del Novecento (anni Venti-Quaranta) che riscopre il suono e pone l’accento sull’universo sonoro. Secondo Puccini, la musica di Schonberg era totalmente innovativa che sbalordiva: non si sapeva come ascoltarla: no serialità; no melodia. Percussione →Stravinsky: la rottura della rigida regola, che aveva caratterizzato la musica occidentale, fra suono e rumore comporta ed è causata dal recupero del rumore all’interno della composizione musicale. La percussione, che non ha partitura musicale, viene progressivamente ad essere importante tanto quanto gli altri strumenti: hanno un ruolo fondamentale, non sono più un elemento di disturbo. Essi sono concepiti come un elemento ritmico fondamentale. Essendo pura percussione, è impossibile trovare una linea di note. Nuovi suoni →Varèse: Inoltre, in seguito vengono inclusi nell’orchestra dei suoni che in precedenza non erano considerati affatto musica. Egli fa una musica di soli rumori (percussioni, sirene). L’universo della musica contemporanea non ha mai sfondato nella cultura di massa, come invece è successo per la pittura contemporanea. La rottura da loro apportata sembra ancora essere estranea, non capita dalla cultura. Lezione 9 Le avanguardie artistiche del Novecento si orientano verso due tendenze (avviene in maniera indipendentemente dalla registrazione sonora): Nudità del mezzo. Da un lato c’è lo svuotamento del contenuto delle arti, nel tentativo di dare a ciascuna arte la purezza della sua forma espressiva. Il contenuto viene tralasciato per concentrarsi sulla forma o sul movimento (es Pollok) o elementi primari (es linea e colori in Mondrian e De Stijl ed in generale l’arte astratta). La musica si sbarazza della melodia esaltando la scrittura con la musica dodecafonica ed esaltando i rumori esterni alla tradizione della musica occidentale. Nel romanzo scompare il racconto (es Joyce). Il contenuto del medium è il medium stesso. Si ricerca la nudità della comunicazione. Crollo dei confini fra le arti. Contemporaneamente c’è l’allargamento dell’universo vitale che includono nel mondo delle arti: tutto ciò che è umano, nel mondo e nella mente umana è incluso nelle arti. Tutto ciò che esiste può essere arte e cultura. Non c’è niente che l’arte non possa esplorare. Per ogni cultura è importante considerare ciò che essa considera come propria cultura ma anche quello che esclude dalla cultura. La gerarchia dei sensi viene sovvertita: si va oltre l’isolamento dei sensi che la cultura occidentale aveva imposto. Non c’è un confine rigido fra le arti: ciò che conta è l’esperienza. Si va dunque verso la sinestesia per completare la descrizione di un senso che non sappiamo comunicare: è un’esigenza espressiva. L’esperienza del sistema sensoriale è riunificata, in quanto esso ha la massima dignità di conoscenza del mondo. Non esiste un mondo di sola musica o sola pittura, mentre il resto dei sensi si confina alla sola esperienza: tutto può essere arte e dunque tutti i sensi – anche i minori come l’olfatto, il gusto e l’olfatto – hanno dignità di esperienza artistica. Tutto il sistema sensoriale va a far parte di una comunicazione di tipo estetico. Le arti del Novecento sono sinestesici e trasgressivi. La rottura della gerarchia dei sensi (Surrealismo, Graffitismo) Le possibilità d’espressione offerte dal mondo si estende ai sensi e a tutto ciò che prima non era segno significativo. La conquista del rumore è la rottura più emblematica: quel che non era cultura, viene rivestito di valore estetico. Non c’è udibile che non sia altro dal suono. Luigi Russolo: è stato un compositore e pittore italiano. Futurista e firmatario del manifesto L'arte dei rumori (1913), in cui si teorizzava l'impiego del rumore nel contesto musicale, è considerato il primo uomo ad aver teorizzato e praticato il concetto di noise music sostenendo che la musica doveva essere composta prevalentemente di rumori e non di suoni armonici. La sua musica veniva eseguita con uno strumento da lui stesso ideato l'"Intonarumori", apparecchio meccanico capace di sviluppare suoni disarmonici e avanguardistici subito battezzati, nelle performances di quel movimento, "musica futurista"; nel 1922 costruì il "rumorarmonio", mezzo necessario ad amplificare gli effetti musicali creati dall'intonarumori. Futurista italiano, egli coglie il rumore come suono. A partire dal 1913 crea rumori simili a quelli della città moderna. Il nuovo universo acustico da lui inventato serve a descrivere la città e darne una sintesi estetica. La città diventa motore e contenuto della musica d’avanguardia. Egli ha inventato strumenti appositi per imitare i rumori della città: gorgogliatore, ronzatore, ululatore, crepitatore. Questi sono giocattoli che creano rumori che possono essere parte di una composizione musicale (vengono infatti utilizzati per una composizione del fratello Antonio, in cui il rumore diventa un ingrediente). Vancouver Soundscape Project, 1973: suoni del mare, poi dell’ingresso in porto, poi del porto: progressivamente, i rumori da naturali diventano prodotti umani (aerei, navi, poi giochi). L’esperienza sonora non è mai neutra, ma è sempre una costruzione umana. Si ricerca la Hidden Tune: la melodia nascosta. Per un bisogno cognitivo forte ricerchiamo “la melodia nascosta”, abbiamo bisogno di catturare il ritmo di fondo della città – fatto dai rumori della città – ovvero la chiave sonora della città. Il suo ritmo. Si crea un nuovo universo acustico per descrivere la città e darne una sintesi estetica, la città diventa motore e contenuto della musica d’avanguardia. Il contenuto dell’arte dei rumori è la vita urbana: la città è il luogo dove noi possiamo fare continuamente incontri con chi noi non conosciamo, non vi sono più mediazioni sociali. Ma nella città ci muoviamo sempre fra estranei: tutte le persone che incontriamo sotto il nostro cammino sono potenziali estranei. La vita urbana rende estranei tutti e contemporaneamente non rende nessuno completamente inavvicinabile. Ciò vale anche per il paesaggio acustico: la scoperta del rumore significa dare significato a qualcosa che prima era udibile, ma priva di senso. Molte cose che per chi le sta vivendo hanno senso, per molti del resto della città sono puro rumore. Ogni attività umana ha un significato, ma chi non condivide l’esperienza non condivide pienamente il significato: il rumore dei giochi è solo rumore per chi non gioca: non ha senso. Tutto può essere interpretato come una realtà estranea rispetto alla nostra e non avere senso. Registrazione e riproduzione del suono hanno avuto un ruolo decisivo nel ridefinire la nostra percezione dell’ambiente, in particolare del nostro ambiente acustico. Lezione 10 Visivo: non tratta soltanto della cultura dell’immagine, in quanto il concetto di immagine è distinto e separato dal concetto di visione (nel concetto di suono è incluso ciò che sentiamo e ciò che produce quello che sentiamo; è difficile scindere il suono dalla sua fonte). L’immagine è un prodotto: quando parliamo di immagine parliamo di ciò che vediamo, non di ciò che lo costituisce. Visione e immagine non sono sinonimi. L’immagini copre un campo più limitato rispetto alla visione; la parola visione esprime un’attività. Concettualmente, è necessario introdurre nel campo della vista distinzioni che nel campo della suono non si fanno. Non vediamo immagini, ma produciamo immagini: quando vediamo il mondo, lo vediamo per immagini che produciamo nella nostra mente (mentre sentiamo e produciamo suoni, e la parola suono copre entrambi i campi). Produciamo immagini attraverso un’attività di isolamento e separazione della dimensione visiva da altre dimensioni della nostra attività. L’immagine è uno strumento per separare per esempio il vedere dal toccare. Quando percepiamo gli oggetti, lo facciamo attraverso tutti i sensi; la percezione del mondo è tenuta insieme e resa coerente perché la nostra mente opera un’azione sinestesia. Quando percepiamo per immagini tendiamo ad isolare la percezione visiva da tutti gli altri sensi e percezioni. L’immagine è una forma di specializzazione sensoriale che più degli altri sensi tende a sostituire gli altri sensi, a sintetizzarli. Le immagini hanno una portata simbolica pari al linguaggio. Questa è la potenza della visione ma anche il suo inganno. La visione si presenta come più potente delle altre forme di percezione in quanto capace di sintetizzarle tutte e dare una percezione del mondo che appare completa. L’immagine si dà in assenza dell’oggetto. La memoria delle nostre esperienze è tradotta in immagini, più che per altri oggetti. L’universo del visivo non è composto soltanto da immagini e non è detto che sia prioritariamente composto da immagini. Noi abbiamo la tendenza esasperare l’importanza della rappresentazione analogica e soprattutto della rappresentazione analogica di tipo statico (disegno, quadro e poi fotografia). Tale tendenza ha portato alla teorizzazione del fatto che la nostra visione sia una successione continua di immagini. Il che è tranquillizzante e di buon senso: l’immagine è statica, afferrabile, conclusa e confinata ad una cornice, la si può organizzare. Ma non è così. La nostra attività di visione si svolge per la maggior parte del tempo in una situazione di mobilità del nostro corpo e della nostra testa: vediamo il mondo non attraverso un’associazione di immagini statiche ma attraverso un percorso tridimensionale di un mondo in cui siamo immersi; riceviamo ed elaboriamo impressioni visive mentre ci muoviamo. La nostra visione non è statica, ma dinamica: ci muoviamo insieme alle immagini che percepiamo un insieme: quel che conta non sono solo contorni e colori, ma anche ombre, texture, linee. L’immagine ha un ruolo fondamentale nella nostra cultura perché è una sorta di distillazione e di estremizzazione della nostra visione. La visione per immagini non è naturale ma è il modo prevalente attraverso cui organizziamo il mondo. L’immagine, rispetto all’universo della visione, è bidimensionale piuttosto che tridimensionale; statica piuttosto che dinamica; si presta ad un’azione di tipo estetico piuttosto che pratico. Ma se è vero che noi non guardiamo per immagini, è vero che noi pensiamo e ricordiamo per immagini. Siamo in grado di evocare volontariamente le immagini, mentre ciò non succede né con il tatto né con il gusto. Questi ultimi due sensi hanno soltanto memoria involontaria. La visione è la memoria volontaria. Il suono è una via di mezzo. L’universo visivo non nasce solo dall’immagine, ma da una pluralità di elementi come Reazione (esempio “neuroni specchio”); Relazione (con l’oggetto o persona). Questi elementi non scaturiscono soltanto dalla vista, ma coinvolgono anche gli altri sensi. La nostra sensibilità è sinestesica, mobile e non è necessariamente legata alla rappresentazione, anche se gioca un ruolo importante in quanto ci aiuta ad organizzare sul lungo periodo la nostra visione del mondo e a riportare il tutto alla memoria. Non tutto ciò che segniamo e disegniamo è fatto di immagini. I mezzi audiovisivi non nascono prima dell’immagine in movimento. L’audiovisivo è iniziato per noi con l’immagine in movimento: prima cinema sonoro, poi tv, video e rete. Il cinema e poi la tv non sono semplicemente successioni di immagini, ma sono visione in movimento: nel cinema, i movimenti della macchina da presa imitano i movimenti di una persona. Per comunicare l’immagine in movimento, il cinema si basa su tre principi: Il movimento della macchina da presa esplora l’ambiente al nostro stesso modo; La possibilità di esplorare il volto e il corpo umano come se fossero un paesaggio, con la portata emotiva che questo comporta (esempio primo piano); Montaggio: le diverse immagini e sequenze di immagini sono accostate fra loro tramite un principio di accostamento di tipo concettuale. L’audiovisione lega questo modo di rappresentazione della visione con una rappresentazione anche uditiva del mondo. Inoltre, l’audiovisione rompe con millenni in cui la comunicazione si rivolgeva ogni volta ad un unico senso. Sul piano della nostra ricezione, tutta la comunicazione è un fenomeno plurisensoriale. L’audiovisione è un’operazione che sottostanno alla nostra percezione. Però i media tendono a separare i sensi e a specializzare la sensazione. L’integrazione del suono all’immagine è sempre stata una strada da favorire. Cinema e tv ricompongono la scissione fra immagine e suono (sono media plurisensoriali). Il nostro campo visivo è il prodotto di una selezione: il nostro sguardo è selettivo. Il nostro campo visivo può essere interdetto alla vista, che è il senso più selettivo di tutti. Le palpebre ci aiutano a fissare il nostro sguardo o ad escludere quel che non vogliamo vedere: possiamo decidere dove guardare. La visione non è fatta solo di immagini: la tripartizione del suono (amplificazione, trasmissione e fissazione) è possibile riprenderla per il discorso sull’immagine: Amplificazione: lenti, occhiali (già dal 1600) permettono l’amplificazione della visione rendendo visibile ciò che non lo è (es microscopio, che traduce un mondo invisibile in un mondo fisicamente osservabile). Le lenti traducono un mondo lontano in un mondo vicino (es cannocchiale, telescopio) simile al nostro. Grazie all’amplificazione oggetti che ci sarebbero sfuggiti o perché troppo piccoli o perché troppo grandi sono messi alla nostra portata. Le lenti, amplificando il nostro campo visivo, ci permettono una conoscenza del mondo ma permettono anche di definire le caratteristiche dell’immagine che stiamo guardando: le lenti di macchine fotografiche o macchine da presa modificano l’immagine della ripresa; si possono produrre a macchina immagini prospettiche fedeli alla rappresentazione del mondo prospettica che nasce nel Quattrocento in pittura. Dunque la lente amplifica, ma definisce anche le caratteristiche dell’immagine. Trasmissione: al centro della trasmissione dell’immagine c’è la scannerizzazione, introdotta fra 1856 e fine Ottocento. Essa consiste nella traduzione del mondo visivo in impulsi elettrici basati su un codice binario; serve per il trasferimento di immagini fisse. A partire dallo stesso periodo inizia anche la ricerca per la trasmissione a distanza delle immagini in movimento (ancora prima della nascita del cinema). Nipcov realizzò il telescopio elettrico, ovvero il primo scanner il quale traduceva le immagini in impulsi elettrici potenzialmente trasmissibili per via telegrafica. La scannerizzazione funziona esattamente come la nostra percezione del mondo: le immagini vengono trasformate in impulsi visivi. La trasmissione dell’immagine presuppone la scannerizzazione, ovvero la possibilità di scomporre e ricomporre il campo visivo. Ciò implica una rappresentazione dinamica della visione, che differisce dalla classica visione statica dell’immagine. [immagine = spazio; suono = tempo: l’immagine definisce una spazialità, ma si sviluppa anche nel tempo; il suono si sviluppa nel tempo ma è anche in grado di definire una spazialità]. Già con la lanterna magica si ricercava l’audiovisione e la dinamicità. La scannerizzazione è l’applicazione dell’alfabeto Morse all’immagine. Essa è fin dall’inizio un principio di codifica cifrato, digitale. Dalla trasmissione delle immagini si passa alla televisione (“il gigante timido”: non ci si rende subito conto della sua potenza). Essa è profondamente innovativa, ma si presenta come semplice. Essa è il compagno domestico per eccellenza, ma il suo funzionamento – a parte per i tecnici – è un mistero. Il centro del suo funzionamento è delegato ad un apparato strettamente elettronico (iconoscopio e cinescopio: due valvole diverse, una scannerizza e traduce la scannerizzazione in impulsi trasmessi via etere, l’altra ritraduce questi impulsi in immagine). Non sappiamo molto su chi ha inventato la televisione, nel sapere comune. Nella prima fase non si distingue ancora una televisione basata su una comunicazione interpersonale (si chiamerebbe oggi videotelefono) ed una comunicazione di massa (l’uso della tv di oggi). Agli inizi la televisione era concepita come trasmissione delle immagini a distanza. Beard negli anni Trenta (early television) ha sperimentato la tv dal punto di vista del prolungamento con immagini della radio (era iniziato il broadcasting radiofonico): la tv sarebbe stata come la radio uno strumento di intrattenimento domestico. Questa è l’intuizione rivoluzionaria di Beard: la televisione non si sarebbe mai più spostata dall’abitazione domestica in quando essa aderisce completamente al flusso della vita quotidiana. La tv aderisce alle abitudini della famiglia e le crea essa stessa. Questa è la sua specifica nicchia ecologica: anche se le sue tecnologie sono cambiate profondamente, l’uso della tv è rimasto sempre lo stesso. Fransworth e Zworikin hanno realizzato la tv come noi la conosciamo. Non ci siamo mai domandati chi abbia inventato la tv perché la diamo per scontata. La trasmissione delle immagini non si manifesta come un evento straordinario, ma come il normale prolungamento del mondo in cui viviamo. Tendiamo a dare per scontata la trasmissione delle immagini. Dal punto di vista della trasmissione, la televisione richiedeva le antenne di trasmissione, che per molto tempo hanno trasmesso in diretta fino agli anni Cinquanta e Sessanta: la tv era all’inizio trasmissione. Le prime trasmissioni videomagnetiche arrivano solo negli anni Sessanta, prima si faceva diretta. L’unica possibilità di trasmettere non in diretta era fare il tele cinema (la pellicola cinematografica veniva tradotta in impulsi elettronici e mandati via etere). Tuttavia, la forza della televisione continua ad essere la diretta. La tv è la comunicazione di massa per definizione. Per moltissimo tempo, la televisione è stata il mezzo di trasmissione per eccellenza. La televisione è ostacolata dalla Seconda Guerra Mondiale, in quanto l’industria elettronica diventa strategica per la produzione bellica (radar); dopo la guerra, la tv ha uno sviluppo grandissimo perché l’industria elettronica che si è sviluppata nella guerra viene applicata alla produzione dei televisori (anni Cinquanta). La televisione è stata sperimentata già prima della Seconda Guerra Mondiale. Ma il suo vero sviluppo è stato fra anni Cinquanta e Sessanta, ed ebbe subito un grandissimo successo. Furono tantissimi quelli che comprarono un apparecchio televisivo (quasi tutta la popolazione nel giro di sette anni) e chi non poteva permettersela poteva andare a guardarla al bar. L’immagine della televisione divenne importantissima per i suoi usi sociali e per la percezione del mondo. Nella televisione degli ultimi 30 anni è molto importante la componente musicale, in quanto la tv ha progressivamente acquisito un’importanza ritmica nella vita delle persone (e nascita del videoclip). L’audio della televisione è una componente fondamentale in quanto è questo che più ci coinvolge rispetto all’immagine e richiede la nostra attenzione. L’audio televisivo ha una bassa risoluzione: è pensato per essere al massimo non intrusivo. L’audio della televisione è pensato per convivere con la vita domestica, senza interferire ma rimanendo udibile. È tenuto in modo da non essere superiore o inferiore a chi è presente nella stanza. Non è fatto per tenere concentrata tutta la nostra attenzione come fanno invece i cd musicali. La potenza della televisione sta nel fatto che essa è tutta a bassa definizione. È un mezzo povero dal punto di vista tecnologico, ma essa è importantissima in quanto sfondo della nostra vita. La trasmissione delle immagini si è diversificata con l’introduzione del Fax-simile (prima meccanico, poi elettronico). Ma il salto rivoluzionario nella trasmissione delle immagini si è verificato con l’informatizzazione e la digitalizzazione. La scannerizzazione delle immagini e dei video diventa una funzione comune. Il linguaggio digitale traduce tutti i tipi di immagini in un unico linguaggio: il linguaggio macchina. Così la trasmissione delle immagini si è complicata in quanto l’immagine tradotta in una stringa di dati richiede di essere ricomposta dal ricevente: insieme ad un hardware di ricezione è necessario un software di traduzione. La trasmissione delle immagini, l’ingrandimento delle immagini e la loro riproduzione sono diventati processi intercambiabili. La distinzione fra originale e copia non esiste più. La quantità di immagini trasmesse si è moltiplicata: siamo nell’epoca della banalizzazione dell’immagine trasmessa. Il più pesante tipo di informazione da trasmettere è l’immagine in movimento: questo è uno dei motivi per cui la capacità di memoria dei computer si è così ampliata. La quantità di informazioni che circolano sta crescendo immensamente perché cresce immensamente la quantità di informazione che viene messa in circolo sotto forma di immagini in movimento. Le abitudini di fruizione audiovisiva si sono modificate insieme all’estendersi della capacità di memoria del computer. Con il cinema inizia l’audiovisione moderna, già a partire con il cinema muto, in cui la musica accompagnava, con il suo ritmo, l’immagine. Riproduzione: La fotografia è percepita come una tecnica fedele a ciò che rappresenta. Nonostante ciò, essa è stata a molto a lungo solo in bianco e nero. Lezione11 Selettività della visione Il nostro campo visivo è il prodotto di una selezione, sulla base di alcuni valori di fondo: al centro ciò che è importante, ciò che è ai margini è meno importante. Il nostro campo visivo è strutturato in modo organizzato e gerarchico (davanti a noi poniamo ciò che è significativo e importante: es regole dello sguardo). L’immagine è una realtà fisica correlata al vedere (che è diverso dal guardare, la cui attività indica un’intenzione ed una selezione della realtà in cui si è immersi). L’immagine è un oggetto concreto, mentre il vedere è un’attività percettiva deliberata e mirata (che però non è sempre possibile, es “sole e morte”). Il guardare è solo una parte dell’universo visivo. Il nostro campo visivo è prodotto di un’attività di selezione: esso può essere interdetto alla vista molto più facilmente del nostro campo uditivo. Le orecchie non hanno palpebre. Le palpebre ci aiutano a fissare il nostro sguardo o ad escludere quel che non vogliamo vedere: la nostra vista è il più selettivo dei sensi. Mentre in cinema tutto si concentra sulla schermo, il nostro campo visivo capta cose cui non diamo importanza. Figura vs Sfondo: continuamente vediamo una serie di oggetti sui quali si concentra la nostra attenzione e contemporaneamente una serie di altri oggetti che esistono nel nostro campo visivo ma che non mettiamo a fuoco perché sono appunto solo sfondo. Il rapporto figura sfondo è strettamente soggettivo e dinamico. E un bisogno profondo della mente umana, in quanto non possiamo fermare l’attenzione su tutto quello che vediamo. Tendiamo a dare senso alla figura, mentre lo sfondo ne è privo. Tendiamo a dare importanza a ciò che ci è noto: tendiamo a guardare e a leggere un’immagine nei termini di ciò che conosciamo. Costruiamo Gestalt a partire da modelli che abbiamo nella nostra mente. Tendiamo a non guardare ciò che risulta incongruo con i nostri modelli visivi dominanti. Oggettività della percezione vs Percezione consapevole: molte cose che vediamo, non siamo coscienti di vederle (sfondo). Nei media visivi non si parla – come si fa nel sonoro – di fedeltà: la comunicazione visiva non è mai passiva. I mezzi di comunicazione visivi incidono profondamente sulle relazioni soggettive che abbiamo con il mondo. L’immagine è una piccola parte dell’universo visivo, ma decisiva perché vi si concentra tutta la nostra attenzione. Memorizziamo per immagini. Lezione 12 Tecnologie delle immagini Regimi scopici (della visione): l’idea moderna di immagine è relativamente tardiva nella storia. Illic fa una storiografia dei regimi scopici. Egli afferma che il regime scopico che noi assegniamo all’odierna idea di immagine è un regime relativamente recente. Precedentemente esisteva un’idea della visione e di come e perché vediamo che era differente. Il paradosso per cui noi abbiamo capito poco della visione dell’epoca classica consiste nel fatto che le opere classiche ci sono giunte bianche, prive di colore. Abbiamo dunque una certa difficoltà a comprendere la visione greca della visione, che era invece centrata sul colore. La forma non distingue la visione degli altri sensi: anche il tatto può percepire la forma. È il colore che è proprio della visione soltanto. Nella visione classica è l’oggetto che ci dà la sua visione colorata (Aristotele). L’immagine del pensiero di Platone era una brutta copia della realtà. Noi non vedevamo il mondo per immagini, ma traduciamo il mondo in immagini consapevoli di degradare il vero mondo. La visione vera è un contatto diretto con il mondo. Nell’antichità e fino a tempi recenti c’è stata una grande difficoltà nel distinguere l’immagine da ciò che essa rappresenta: es Ebraismo (l’immagine di Dio è vietata perché non può rappresentare l’essenza di Dio) vs Cristianesimo ortodosso (idolatria delle immagini, che sono emanazione di Dio). Nel Quattrocento, con l’invenzione della prospettiva si riscopre la classicità ed il regime scopico dominante era acromatico. La stampa era in bianco e nero, la classicità era bianca. L’idea che si possa costruire un’immagine delle cose è un’idea rinascimentale: la rappresentazione per immagini delle cose passa attraverso la prospettiva. La prospettiva stabilisce un principio organizzativo della visione che non è lo stesso che regola i rapporti di potere o religiosi. La prospettiva laicizza (es Cristo morto di Mantegna). La prospettiva è rivoluzionaria in quanto è un’unica legge a cui tutto è soggetto senza eccezioni, nemmeno Dio. Essa è contemporaneamente del tutto oggettiva in quanto sottomette tutto alle stesse regole; ma è anche soggettiva perché ciò che conta è il punto di vista. (Prima la visione era gerarchica.) Nel momento in cui la prospettiva definisce delle regole oggettive ed un punto di vista soggettivo, essa afferma che il mondo è una serie di immagini che sono il risultato dell’incontro fra una mente ed un oggetto mediato dalla visione. La visione umana è soggetta a delle regole: il mondo dipende dall’immagine che l’uomo percepisce. Il mondo è scomposto per immagini. Da quando nasce la prospettiva fino all’impressionismo (luce), si ha la prospettiva come principio regolatore. La prospettiva si accompagna fin dalle origini con alcune tecniche: Camera oscura: essa traduce il mondo in termini di linee e rappresentazioni di tipo prospettico. Lenti: riescono a indicare distanze e proporzioni. La visione prospettica è inizialmente una visione pittorica, finalizzata al piacere in sé di rappresentare le cose. Progressivamente si accoppia con rappresentazioni di tipo tecnologico (ad es progetto architettonico, che studia le diverse prospettive della costruzione). Le tecniche della visione, nel momento in cui si vuole che siano realistiche, diventano anche strumento di illusione. Sebbene sia una visione scientifica della realtà, la prospettiva è anche una macchina per l’illusione: il trompe l’oeil è una tecnica illusionistica che si basa proprio sulla prospettiva, anzi, la sfrutta. Il cinema è forse la più grande macchina di rappresentazione del mondo che sia mai stata inventata. È la macchina più fedele di riproduzione della realtà ma è anche la macchina dei sogni. Illic dice che l’idea stessa di prospettiva entra in crisi con cinema e televisione perché non si vedono più singole immagini, ma immagini in movimento e quindi in modo spettacolare. La prospettiva trova una sorta di limite quando dalla rappresentazione complessiva dello spazio si passa alla rappresentazione del volto umano. Esso può essere messo in prospettiva, eppure la storia del ritratto ha una storia che ha sempre un rapporto complesso con le tecniche di tipo prospettico. Il problema dello sguardo. Con il ritratto viene introdotta una duplicità di punti di vista: è uno scambio di sguardi; il volto ritratto buca la superficie stessa della tavola che lo ritrae. La complessità è data da tre elementi: Occhi che vedono: ritrattista o spettatore; Occhi che ci guardano: il soggetto del ritratto ci restituisce lo sguardo e dunque si impone una relazione intima fra chi è ritratto e chi guarda il ritratto; Simpatia muscolare. La rappresentazione del volto umano non può essere completamente soggetta alle regole di oggettività date dalla prospettiva. Il volto umano impone una relazione; mentre il punto di vista regge la prospettiva, la relazione con il nostro sguardo regge lo sguardo della persona ritratta. Tale problema acquisisce una portata enorme con l’introduzione della fotografia in quanto essa è sia la più alta espressione della cultura prospettica dell’Occidente, ma nasce anche e soprattutto per il ritratto. Nella fotografia c’è la visione del mondo prospettica e contemporaneamente la visione c’è la fondamentale relazione che si impone con il ritratto dell’altra persona. Lezione 13 Il prodotto fotografico è un effetto congiunto di chimica e fisica. Prima della chimica fotografica c’era la camera oscura, ma era la mano umana che tracciava il disegno. Con la fotografia – l’incontro di chimica e fisica – l’immagine viene fissata su un supporto stabile: l’immagine è destinata a durare nel tempo. Inizialmente, l’immagine era su un supporto di vetro e metallo (dagherrotipo, lo specchio dotato di memoria). Nel 1839 il senato francese decide di comprare l’invenzione di Daguerre e di metterla a disposizione dell’intera umanità. Nessuno doveva pagare per usare l’invenzione: la fotografia ha in questo modo un impulso straordinario e nasce la professione del dagherrotipi sta. Il dagherrotipo è un’invenzione straordinaria, ma ha il difetto di non essere riproducibile. Quando nasce la fotografia su carta succede un ulteriore rivoluzione: la distinzione fra negativo e positivo, ovvero l’originale (che non è una vera riproduzione del reale) e la copia (= alla realtà). Fino alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento, la fotografia era una tecnica complessa che richiede saperi chimici e fisici, per cui i fotografi, fino a quel momento, erano dilettanti molto appassionati (aristocrazia e alta borghesia) oppure artigiani che fanno quello di mestiere. Il ritratto fotografico si produce in studi appositi e attrezzati anche per i tempi di posa (10 min). Con la fotografia su carta si sviluppano: Ritratti fotografici; Biglietti da visita illustrati; Album fotografico: le fotografie vengono raccolte in un libro che struttura e organizza le immagini sulla base di alcuni valori; Controllo sociale: schedare i criminali e poi carta di identità per tutti. L’identificazione del volto è la base per agire socialmente. In questo caso la fotografia deve avere un alto livello di credibilità e affidabilità. Attribuiamo alla fotografia un alto livello di fedeltà al reale: essa ha valore di prova (più quella analogica che quella digitale) ; inoltre dà l’impressione di potere che deriva dal poter vedere qualcuno senza essere visti (pornografia). La fotografia non può essere considerata un’arte come tutte le altre in quanto non implica una completa costruzione degli oggetti che vi sono rappresentati: essa è un ritaglio del reale che ha una propria autonomia. Si può dire che la fotografia dipenda sia dall’uomo in quanto è lui che decide quale pezzo di mondo strappare allo scorrere del tempo, sia alla macchina, perché è lei che coglie anche elementi che sfuggono all’operatore. L’uomo non può avere un pieno controllo di una fotografia. La selezione dei lati e dell’oggetto e il punto di vista dipende dal fotografo, ma egli non può condizionare tutto ciò che la macchina cattura. La differenza fra la fotografia e le altre forme di rappresentazione visiva proprio per la presenza di un apparato tecnico che risponde a un comando umano, ma ha anche un suo automatismo. La fotografia non è una piena costruzione simbolica. Il disegno è completamente prodotto dalla coscienza del suo autore, mentre l’immagine fotografica è parzialmente involontaria. Per tale motivo, essa è più credibile di un disegno. La fotografia può anche percepire cose che l’occhio umano non può percepire. Ci permette di catturare l’invisibile e di fissarlo (esempio foto finish). Ovvero: la fotografia permette l’analisi del movimento e dell’invisibile (al di sotto del decimo di secondo) con valore di prova. La macchina fotografica vede quel che il proprio autore vuole mostrare, ma vede anche ciò che lui non riesce a percepire. Benjamin parla di inconscio ottico. Il cinema è realizzabile in quanto mostra una successione di immagini che scorrono con una velocità al di sotto del decimo di secondo l’una dall’altra (24 al secondo): la successione di fotografie ci sembra essere un unico movimento. La macchina fotografica che scatta immagini a meno di un decimo di secondo una dall’altra, usa come supporto non più una lastra di vetro, ma una pellicola di celluloide (introdotta dalla Kodak nel 1888). Eastman chiamò così la sua casa per un fattore di marketing. La Kodak è anche lanciata con lo slogan: “voi schiacciate il bottone e Kodak fa il resto”: la riduzione dell’atto del fotografare non richiede più specializzazioni, ma fotografare è un gesto. La caratteristica della Kodak è la user-friendliness, è una fotografia per tutti ed è una delle prime macchine ad essere venduta alla massa. È anche la prima macchina venduta che non serviva per la produzione, ma era fatta per il divertimento. Poi vi sarà il grammofono e la cinepresa amatoriale. Fotografare non è né un’attività professionale legata al ritratto, né un’attività delegata solo ad alcune persone. Diventa parte della loro vita privata. Con la Kodak finisce anche l’epoca della posa: non solo per ragioni tecniche, ma anche sociali. La fotografia non è più un rito e non è più legata ai ceti più ricchi, ma è un momento relativamente ordinario e accessibile a tutti. Il tempo di posa si abbassa radicalmente e nasce la fotografia istantanea. Quest’ultima: Riprende aspetti e momenti della vita che l’occhio umano non cattura; Riprende gesti e comportamenti delle persone al di là del loro autocontrollo; Oggetti enormemente conoscibili: un prodotto unico viene fatta conoscere e viene valorizzato. La spontaneità diventa il valore della fotografia (mentre prima era la posa), la naturalezza, la mancanza della posa. La verità fotografica diventa non solo più la verità della macchina, del rendere visibile l’invisibile: è valorizzata la non artificialità dei comportamenti. Alla verità negoziata della fotografia in posa, si sostituisce la verità della fotografia senza la posa che consiste nella verità di lasciare che l’occhio della macchina riprenda senza che si debba controllare la propria immagine. Nell’epoca della Kodak, l’immagine è socializzata e condivisa. Nasce una retorica della spontaneità: faccio finta di non vedere l’obbiettivo, faccio finta di non mettermi in posa, fingo di essere spontaneo. La nascita della Kodak permette la nascita del cinema. La logica della Kodak porta anche alla progressiva moltiplicazione delle macchine fotografiche e dunque delle fotografie: esse diventano il prodotto culturale più consumato al mondo (10 miliardi l’anno, oggi 100 miliardi l’anno). Cosa si fa di queste foto? Vita pubblica: fotogiornalismo; Memoria privata delle famiglie (famiglia nucleare che si sviluppa nel Novecento); La fotografia cattura e fissa quel che noi consideriamo un doppio della persona fotografata. Polaroid (anni Cinquanta e Sessanta, usata fino agli anni Novanta, ovvero alla nascita della fotografia digitale): apparecchio fotografico a sviluppo istantaneo. In pochi secondi si sviluppa automaticamente la fotografia. La macchina costava poco (induzione all’acquisto), la pellicola tanto (profitto). Caratteristiche: La foto non è riproducibile più volte, non ci sono negativi ed esiste una sola copia; Usi: Fotografia erotica privata: la fotografia diventa una pratica privata, cosa comune con la fotografia digitale. La fotografia è sempre rivolta al passato: fra il momento dello scatto e il momento della visione passa del tempo, non è simultanea. Il momento fissato dalla fotografia analogica non coincide con il momento in cui la fotografia viene vista. Audio cinematografico: funzioni informative ed espressive (ritmo, …). L’audio cinematografico è il suono della sala Audio televisivo: sottoposto a regole, quali L’audio della tv è uno dei tanti suoni della casa: convive con il suono della casa; Il silenzio è inaccettabile, come il pianissimo e il fortissimo: l’audio della tv tende a una misura media che non è quella che ci fa sentire la tv chiaramente ma non troppo da non sentire gli altri suoni della casa; L’audio non riguarda il singolo programma (contenuti di ogni programma), ma ha una funzione che riguarda la sintassi complessiva del palinsesto: segnala i momenti di divisione fra le diverse parti della programmazione (sigle). La tv è la radio con le immagini. 23