POPOLI DELLE STEPPE
MISSIONE KURGAN
Novità dal Caucaso meridionale
Nell’Azerbaigian occidentale una missione italo-azera sta scavando
una necropoli con tumuli funerari realizzati dal IV al I millennio a.C.
Tra salme corredi e slitte carbonizzate emerge il ritratto di una società
nomade di tipo egualitario ma divisa per credenze e culti magici
TESTI NICOLA LANERI STEFANO VALENTINI GUIDO GUARDUCCI
PRIME LUCI. Veduta all’alba del Kurgan 8 nella necropoli di Uzun Rama appartenente alle comunità nomadiche del cosiddetto
periodo Kura-Araxes (fine IV millennio a.C.). Al centro è visibile la grande camera funeraria rimessa in luce
dagli archeologi italiani e azeri, attivi in Azerbaigian per lo studio degli antichi tumuli funerari.
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TRA I DUE FIUMI
Carta geopolitica
della regione
del Caucaso.
Nel riquadro l’area
oggetto d’indagine
del GaRKAP localizzata
sull’altipiano
tra i fiumi Kura
T
UMULI CON UNA FOSSA SCAvata nella terra ricoperta poi da
un monticolo in pietra. Sono i
kurgan, chiara espressione di
una tradizione funeraria che nasce nelle steppe russe durante il
V millennio a.C., ma che lentamente si trasferi-
Italia e Azerbaigian
operazione congiunta
P
er saperne di più su questa realtà caucasica, dal 2018 una missione italo-azera ha
cominciato a indagare i kurgan datati tra
fine IV e gli inizi del I millennio a.C. nell’Azerbaigian occidentale. Il progetto, denominato
Ganja Region Kurgan Archaeological Project (GaRKAP), ha preso avvio da un accordo tra il Center
for Mediterranean and Near Eastern Studies
(CAMNES) di Firenze e l’Istituto di Etnografia e
Archeologia dell’Accademia delle Scienze di Baku; poi a partire dal 2019 si sono aggiunte l’Università di Catania e la OLLE Fondazione Mediterraneo Antico. Il progetto, diretto da Nicola
Laneri e Bakhtiyar Jalilov, ha coinvolto uno
staff internazionale di studiosi e studenti italiani, azeri e francesi.
volta nella regione, a tutte le fasi di costruzione,
uso e monumentalizzazione di questo tipo di
monumento. Composta da una camera ipogea,
la struttura è scavata direttamente nella roccia
gessosa tipica dell’intero pianoro ed è costituita
da due circoli di pietra concentrici, uno esterno
e l’altro interno, che la racchiudevano in superfi-
cie. Il circolo interno delimitava il monticolo di
pietre al di sotto del quale era la camera funeraria, di dimensioni notevoli (circa sette metri per
cinque), alla quale si accedeva tramite un corridoio (dromos) anch’esso scavato nella roccia.
Sia il dromos che la camera erano rifasciati sui
lati interni da muri di mattoni crudi. ➝ a p. ??
COME SI PRESENTAVA
Il Kurgan 8 di Uzun
Rama (fine IV millennio
a.C.) a inizio scavo
nel 2018. Sotto
il monticolo di pietre
si trovava la grande
camera funeraria di
sette metri per cinque.
Nel Kurgan 8: studio
integrale di una struttura
e Araxes che dettero
il nome a una
delle più importanti
e antiche civiltà
nomadiche.
sce verso sud in tutta l’area del Caucaso meridionale diventando uno dei pochi elementi
tangibili della presenza delle popolazioni nomadiche in questa regione tra IV e I millennio
a.C. Note già dai racconti dello storico greco
Erodoto (V sec. a.C.), tali strutture sono di straordinario interesse per gli studiosi intenti a coniugare l’esame dei costumi funerari con l’indagine sulle comunità nomadiche.
T
ra 2018 e 2019 è stato rimesso in luce un
ampio kurgan di fine IV millennio a.C.
(Kurgan 8) attribuibile alle comunità nomadiche del cosiddetto periodo Kura-Araxes
(vedi scheda Molte tombe e nessun villaggio). Il
tumulo ha un diametro di circa diciotto metri e
fa parte di un’ampia necropoli sul margine del
pianoro di Uzun Rama, nel distretto provinciale azero di Goranboy, formata da centinaia di
tumuli databili sia a questa fase che al periodo
tra fine II e inizi del I millennio a.C.
Lo scavo ha permesso di risalire, per la prima
MOLTE TOMBE E NESSUN VILLAGGIO
VALLE DELL’ARAXES
Il fiume in un passaggio
tra i monti del Caucaso
meridionale.
Insieme al Kura,
di cui è affluente,
l’Araxes forma una
regione definibile
“Mesopotamia
caucasica”, culla
di un’antica civiltà
nomadica e
seminomadica
dell’età del Bronzo.
(Foto A. Ishtokovic/
Wikimedia Commons)
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Una cultura tra due fiumi. La ricerca archeologica nell’area
meridionale del Caucaso, in particolare Armenia, Georgia e
Azerbaigian, ha ricevuto un forte impulso, principalmente a
causa delle vicende belliche nella contigua area mediorientale.
Come il Tigri e l’Eufrate caratterizzano la Mesopotamia, il Caucaso meridionale si sviluppa archeologicamente attorno al corso di due fiumi, il Kura e l’Araxes. Non a caso una delle principali culture di quest’area, che si afferma a partire dall’inizio
dell’età del Bronzo Antico (3500-2400 a.C.), prende nome proprio da questi corsi d’acqua: la cultura Kura-Araxes.
Punti interrogativi. La cultura Kura-Araxes rappresenta ancora
un rebus, poiché la sua estensione (dal Caucaso alla Palestina),
la rapidità di diffusione e alcune caratteristiche contrastanti tra
le diverse aree, ne hanno reso difficile un chiaro inquadramento.
Se già nella fase del Bronzo Antico abbiamo prove di una forte
presenza seminomadica, la successiva età del Bronzo Medio
(2400-1500 a.C.) vede un accentuarsi della mobilità e della stratificazione sociale. Sono assenti gli insediamenti e si diffondono
i kurgan monumentali, come quelli di Martkopi e Trialeti in Geor-
gia o Karashamb in Armenia. Nella fase ancora successiva, tra
la tarda età del Bronzo e l’inizio di quella del Ferro (1500-900
a.C.), tutta l’area, assieme alle zone limitrofe, è costellata da
fortificazioni in pietra di medie e piccole dimensioni oltre che da
numerose necropoli con alcuni kurgan.
Nessun villaggio e molti clan. L’aspetto più significativo, che
sottolinea ancora la natura seminomadica del Caucaso meridionale, è la pressoché totale assenza di insediamenti. La struttura
socioeconomica di questo periodo comincia a mostrare evidenti
segni di complessità nella sua gerarchizzazione, con la formazione di gruppi elitari, come dimostrato dai kurgan a inumazione
singola, comunque meno ricchi rispetto a quelli precedenti. Questa tendenza culminerà a cavallo tra la media e la tarda dell’età
del Ferro (800-200 a.C.) con l’avvento della cultura scita. Anche
in questo caso ci troviamo davanti a una società principalmente,
ma non esclusivamente, mobile, organizzata come una federazione e con al vertice una potente aristocrazia dai forti caratteri
militari, che ci restituirà kurgan dai corredi sfarzosi appartenenti a
un capo clan spesso inumato assieme alla sua “corte”.
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sotto a sinistra
QUANDO LE TOMBE SI CHIAMANO KURGAN
Origini a nord del Caucaso. La costruzione di
monumenti sepolcrali a tumulo contraddistingue
la tradizione funeraria delle popolazioni nomadi
delle steppe euroasiatiche tra V e I millennio a.C.
L’origine si colloca nelle zone settentrionali del
Caucaso e in particolare lungo i bacini del Volga
e Don.
in basso
SEPOLTI NEL TEMPO
Antropologi al lavoro
durante lo scavo
della camera funeraria
del Kurgan 8 di Uzun
Rama: si raccolgono
i reperti ossei
dei molti corpi
inumati in epoche
diverse a partire dalla
fine del IV millennio
a.C. Si noti la frana
di mattoni crudi
che facevano parte
del rivestimneto
di una parete.
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La grande scoperta di Veselovsky. È in quest’area che alla fine dell’Ottocento l’archeologo russo
Nikolay Veselovsky (1848-1918) iniziò lo scavo di
un kurgan databile agli inizi del IV millennio a.C.,
localizzato nelle vicinanze di Maikop. Questo kurgan aveva un’altezza di circa dieci metri e un diametro di duecento. Al suo interno erano i resti di
un individuo accompagnato da due donne, con
un ricco corredo di oggetti in oro e argento tra i
quali il famoso toro d’oro con le lunghe corna. A
partire da questa data appare chiara la volontà
delle antiche popolazioni locali di monumentalizzare le vallate del Caucaso, sia a nord che a sud,
con tumuli funerari che definiscono i paesaggi
ancestrali delle stesse comunità.
Con o senza defunto. Si tratta di strutture composte da una o più tombe a cista, a camera o a fossa, sormontate da un monticolo di pietre e terra.
Nelle regioni dell’Asia centrale i corpi dei defunti
sono generalmente rinvenuti in perfetto stato di
conservazione sia per l’avvenuta mummificazione che per il permafrost (suolo perennemente gelato). In alcuni casi all’interno non c’è il corpo del
defunto e sono quindi da considerare dei cenotafi,
mentre in altri casi, in particolare in epoche più tarde, si nota la presenza di kurgan dedicati ad animali “preziosi”, come i cavalli, che durante il I millennio a.C. accompagnano il padrone verso
l’aldilà.
Erodoto ne resta affascinato. La complessità
dei rituali funerari di queste popolazioni suscitò
l’interesse anche del “padre della storia”, Erodoto, che nel V sec. a.C. descrive i riti funebri di personaggi di alto rango di una delle popolazioni
principali di quest’ampia regione, gli Sciti, i quali
QUANDO LE TOMBE SI CHIAMANO KURGAN
«lavoravano per erigere un grande tumulo, rivaleggiando perché esso fosse il più elevato possibile».
Oltre i confini… i tumuli della Frigia. La tradizione
del tumulo funerario valicò comunque i confini segnati dalle alte montagne del Caucaso, in particola-
re raggiungendo gli altopiani dell’Anatolia centrale
(moderna Turchia) dove durante il I millennio a.C.
troviamo i tumuli dei Frigi. Questi straordinari esempi di architettura funeraria sono caratterizzati da
un’ampia camera costruita utilizzando una commistione di travi lignee, conci in pietra e un riempimento in ghiaia. La tomba principale, il “Grande
Tumulo” MM dell’VIII sec. a.C. che troviamo a Gordio, antica capitale frigia, verosimilmente appartenuto al padre del famoso re Mida, consisteva di una
camera singola con ingresso e una copertura con
tumulo artificiale dell’altezza di cinquanta metri e un
diametro di trecento. All’apertura gli archeologi si
trovarono di fronte al corpo di un anziano di oltre
sessant’anni deposto su un letto ligneo e accompagnato da un corredo funerario con numerosi contenitori in bronzo e nove tavolini in legno.
PRIMI SCAVI. Foto d’epoca di alcuni dei preziosi
oggetti in oro e argento del ricco corredo funerario
del grande kurgan scavato nelle vicinanze di
Maikop a nord del Caucaso da Nikolay Veselovsky
fra Otto e Novecento.
FUOCO AMICO
All’interno della camera
funeraria del Kurgan 8
(fine IV millennio a.C.)
lo scheletro di un
individuo adulto
adagiato sulla stessa
slitta di legno
con cui fu trasportato
durante la cerimonia
funebre. Il veicolo
appare carbonizzato
dall’incendio
intenzionale della tomba.
Il fuoco era considerato
elemento purificatore e
e per questo molte
componenti dei kurgan
venivano incendiate.
ASPETTI MAGICI
Gli scheletri di tre
donne, una delle quali
con un feto, rinvenuti
sotto un cassone
in legno in un angolo
della camera del Kurgan
8 ai piedi della slitta
di un inumato
di sesso maschile.
7
qui sotto e p. a fronte
CORREDO
“SPARTANO”
Un’olletta
monoansata
“nero-brunita”,
un vaso in ceramica
acroma e un pugnale
in bronzo tra i
reperti rinvenuti
nel modesto corredo
funebre della Tomba
1 (fine III millennio
a.C.) ricavata
all’interno del
Kurgan 8.
Tomba di un clan
per diverse generazioni
Una pratica funeraria
con il fuoco purificatore
N
I
el Kurgan 8 furono sepolti i membri di uno
stesso clan gentilizio per più generazioni.
L’intera camera era utilizzata per deposizioni che avvenivano nella stagione invernale,
quando le comunità lasciavano i pascoli sui monti
per tornare ad accamparsi lungo le vallate degli affluenti del Kura*. Questo fiume, insieme all’Araxes*, rappresenta il principale corso d’acqua che
dall’Anatolia orientale, attraversando le vallate del
Caucaso meridionale, sfocia nel mar Caspio. L’assenza di insediamenti di quest’epoca rafforza l’idea
di comunità nomadiche o seminomadiche dedite
alla pastorizia, come confermano anche le ossa di ovini rinvenute nel deposito della tomba stessa.
corpi dei defunti venivano trasportati nella
tomba su slitte di legno e venivano lasciati
su queste, alcune delle quali sono state rinvenute completamente bruciate. Proprio il legno carbonizzato è un altro elemento che caratterizza le deposizioni nei kurgan dell’Azerbaigian occidentale in questa determinata fase storica (IV millennio a.C.). Di fatto, le camere di
sepoltura, una volta riempite di salme o prima
del loro abbandono, venivano incendiate secondo un rituale che impiegava il fuoco come
elemento purificatore. L’incendio all’interno
delle camere era sempre controllato e interessava principalmente la zona in cui si trovavano i
corpi. Tuttavia l’incendio poteva propagarsi anche
alle travi della copertura, determinandone il crollo. Dopo che l’incendio era stato sedato, la camera, parzialmente riempita dal crollo del tetto, veniva sigillata con altro terreno di riporto e a quel
punto si costruiva il monticolo centrale di pietre.
Grandi e ben visibili
per essere onorati
C
ome dimostra lo scavo del Kurgan 8, l’ultima fase di realizzazione di questo tipo
di monumento funerario prevedeva un
secondo circolo di pietre, quello esterno, diviso
da quello interno da un percorso circolare, privo
di pietre, forse un camminamento utilizzato du-
rante le visite al sito da quanti consideravano il
kurgan un luogo di culto. L’uso cultuale di tali
sepolture è confermato dal fatto che nel Kurgan
8 due tombe e una fossetta votiva furono scavate alla fine del III millennio a.C. lungo i limiti
della camera, testimoniando una continuità
nella tradizione funeraria delle popolazioni di
questa regione.
Una società egualitaria
basata sui riti magici
al centro
DANNEGGIAMENTO
Lo scavo della Tomba 1
all’interno del grande
Kurgan 8 di Uzun Rama.
La collocazione
di questa sepoltura
alla fine del
III millennio a.C.,
circa mille anni dopo
la realizzazione
del kurgan, provocò
il danneggiamento
della più antica camera
sepolcrale.
I
l corredo funerario rinvenuto nella camera
del Kurgan 8 è povero: solo ciotole e ollette
biansate (alcune delle quali decorate con elementi simbolici) di una ceramica brunita che
alla fine del IV millennio a.C. caratterizza l’intera regione. Insieme a questi manufatti, sono
state rinvenute fusaiole* in osso, una punta di
freccia in selce e collanine con vaghi in pietra
calcarea (al collo dei bambini e degli infanti).
La semplicità degli oggetti e la mancanza di diversificazione nel corredo funebre testimoniano una società egualitaria in cui la differenza
tra i membri non era legata a elementi socio-economici, bensì ad aspetti magico-rituali. Ne è
un esempio l’inumazione di tre donne (una
delle quali accompagnata da un feto) deposte
con fusaiole in osso e un cranio di montone (ritagliato in maniera assai stravagante) nell’angolo della camera dove fu costruito un cassone
di legno quasi a delimitarne lo spazio.
Sepolture collettive…
e anche di singoli (con animali)
I
kurgan non furono solo tombe collettive. A
partire dal II millennio a.C., tali strutture
sono utilizzate per singoli defunti, in alcuni
casi accompagnati dai propri animali o da bestie cacciate e offerte in sacrificio. Generalmente accanto al corpo venivano deposti oggetti in
bronzo, vaghi di collana, selce e ossidiana, ceramica scanalata e nero-brunita. Tali tombe sono più piccole rispetto a quelle del periodo
Kura-Araxes (fine IV millennio a.C.) con un diametro tra i sei e gli otto metri. Questo costume
funerario caratterizzerà anche le successive popolazioni della piena età del Ferro nelle steppe
dell’Asia Centrale. Alcuni esempi di questi kurgan, datati tra fine II e inizi I millennio a.C., sono stati scavati, sempre nell’ambito del progetto
GaRKAP, all’interno della moderna città di
Ganja (secondo centro più importante dell’Azerbaijan). L’obiettivo è creare il primo parco archeologico dedicato ai kurgan del Caucaso.
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Chi sono gli autori: N.
Laneri, direttore School of
Religious Studies (CAMNES) e professore associato in Archeologia e Storia
dell’arte del Vicino Oriente antico all’università di
Catania; S. Valentini, codirettore di CAMNES; G.
Guarducci, co-direttore di
CAMNES.
Culture in comune
fra territori molto lontani
I
l progetto GaRKAP ha messo a fuoco i tratti
distintivi delle società nomadiche dedite alla transumanza, che si muovevano stagionalmente fra le montagne del Caucaso e le valli
dei fiumi Kura e Araxes. Il tutto nell’ambito di
un’economia di sussistenza dove dominava la
pastorizia. Proseguendo nello scavo di altri kur-
gan e con l’avvio delle indagini in uno degli insediamenti coevi, potremo approfondire la conoscenza di queste culture del Caucaso meridionale, ancora poco documentate, e comprendere una tradizione che, nel corso dei millenni,
ha accomunato aree geografiche molto lontane
tra loro, dalla Siberia dei monti Altai fino alle
regioni orientali dell’Europa, attraverso il Caucaso e l’Anatolia.
Nicola Laneri Stefano Valentini Guido Guarducci
A FINE SCAVO
Il Kurgan 8 al termine
delle operazioni di scavo.
La camera funeraria
e il dromos di accesso,
scavati della roccia
gessosa del pianoro
di Uzun Rama, erano
interamente rivestiti
di mattoni crudi.
ARCHEOLOGI
Componenti della
missione italo-azera
sullo scavo di una
delle centinaia di tombe
della necropoli di Uzun
Rama, in Azerbaigian,
dove le popolazioni
nomadiche del Caucaso
costruirono i loro
monumenti funerari
a tumulo fra V
e I millennio a.C.
*NON TUTTI SANNO CHE...
Araxes (Aras). Fiume che nasce nei pressi di Erzurum in Turchia, segna più volte il confine fra i vari stati dell’area a sud del
Caucaso (Armenia, Azerbaigian, Iran, Nagorno Karabakh) e
sfocia infine nel fiume Kura. Lunghezza 1.072 km.
CAMNES. Acronimo per Center for Ancient Mediterranean and
Near Eastern Studies, un centro per le ricerche archeologiche
con sede a Firenze. È attivo dal 2010 con scavi in Italia (necropoli e dell’abitato etrusco dell’Accesa e necropoli etrusche di
Pian delle Rusciare e del Pratino a Tuscania) e all’estero (Azerbaigian, Iraq, Egitto). L’impegno del CAMNES in ambito scientifico è testimoniato dal suo coinvolgimento nell’organizzazione
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di alcuni dei principali convegni internazionali di archeologia.
Molto attivo nel settore dell’Archeologia Pubblica, organizza
corsi di restauro e cicli di lezioni. www.camnes.it
Fusaiole. Piccoli dischi, più o meno globosi, per lo più in terracotta, con un foro centrale: erano principalmente associati
all’arte della tessitura, come volani, ma rappresentavano anche
degli oggetti d’ornamento. Venivano deposti nelle tombe tra gli
oggetti del corredo funerario del defunto.
Kura. Fiume che nasce nel nord-est della Turchia, attraversa
Georgia e Azerbaigian, riceve le acque dell’Araxes, suo principale affluente, e sfocia nel mar Caspio. Lunghezza 1.364 km.