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PERSONAGGI IL RITRATTO DI UN RETTORE DEL XVI SECOLO: BARTOLOMEO BONGHI Claudia Bussolino Politecnico di Torino T ra le molte opere alle quali Giovan Battista Moroni deve la fama di ritrattista di spicco nella Lombardia di metà Cinquecento, va annoverato il dipinto che raffigura Bartolomeo Bonghi, rector iuristarum dello Studium pavese nell’anno 1552-531. Il personaggio viene rappresentato di tre quarti, seduto «sopra una poltrona fiorentina», rivolto a sinistra con lo sguardo diretto verso chi osserva; particolarmente curati sono i dettagli dell’abbigliamento: «una ricca zimarra di stoffa nera con riflessi rasati, ornata da un’ampia pelliccia» che lascia in vista «un sottile colletto arricciato e manichini consimili ai polsi»2; il «berretto floscio a guisa di tricorno»3 richiama la «beretta di veluto nero» con la quale viene raffigurato il «Rettore dello Studio di Padova» in un importante repertorio iconografico del secolo successivo, gli Habiti antichi di Cesare Vecellio4. La tela, dal 1913 al Metropolitan Museum of Art di New York5, nel 1991 è stata sottoposta a un restauro che ne ha cancellato due dettagli caratterizzanti6, ossia lo stemma di famiglia in alto a destra e l’iscrizione alla sinistra del personaggio ritratto, che riportava informazioni fondamentali per ricostruirne le vicende biografiche: «Bartholomeus Bongus. I[uris] U[triusque] D[octor] / Can[onic]us et Primicer[i]us Cath[edrae] Berg[omensis] / Prothonot[arius] Ap[ostho]licus Comes et Aeques / Anno D[omi]ni MDLXXXIV». Venivano precisati la data di morte di Bonghi, dettagli relativi al suo cursus honorum ecclesiastico, nonché il titolo di dottore in Diritto civile e canonico, ma in realtà, anche prima che venisse apposta l’iscrizione, era ben visibile un dettaglio – il libro che tiene nella mano sinistra segnandone la pagina con l’indice – che rimandava in modo più preciso, anche se meno esplicito, agli Figura 1 – GIOVAN BATTISTA MORONI, Bartolomeo Bonghi, olio su tela, dopo il 1553. New York, The Metropolitan Museum of Art. L’immagine riproduce il quadro come appariva prima del restauro del 1991. 1059 1 PARODI (1753a, p. 120). 2 CUGINI (1940, p. 389). 3 Ibid. 4 VECELLIO (1664, p. 102); in questo tomo vd. p. 860, figg. 5-6. Cfr. ZERI - GARDNER (1986, p. 46). 5 ZERI - GARDNER (1986, p. 47). 6 La scelta, senz’altro discutibile, ha comunque permesso di restituire l’immagine all’equilibrio compositivo e cromatico CLAUDIA BUSSOLINO Figura 2 – Lo stemma di Bartolomeo Bonghi, aggiunto al ritratto (vd. fig. 1) dopo la sua morte, completato dalle insegne di vicario generale. Dettaglio cancellato dal restauro del 1991. Lo stemma è censito in CAMOZZI VERTOVA DE GHERARDI (1994). Figura 3 – Iscrizione aggiunta al ritratto di Bartolomeo Bonghi (vd. fig. 1) dopo la sua morte e cancellata dal restauro del 1991. Trascrizione: «Bartholomeus Bongus. I(uris) U(triusque) D(octor) / Can(onic)us et Primicer(i)us Cath(edrae) Berg(omensis) / Prothonot(arius) Ap(ostho)licus Comes et Aeques / Anno D(omi)ni MDLXXXIV». studi in Legge compiuti da Bartolomeo Bonghi proprio a Pavia. Seppur parzialmente coperto, il titolo dell’opera raffigurata – Commentaria, ad. l. I ff. si quis iusdic. non obtempe. in principio – risulta nitidamente leggibile, così come può esserne facilmente identificato l’autore, Camillo Plauzio Pezone7, dottore a Pavia, poi pretore a Piacenza e a Cremona, prima di salire alla cattedra ordinaria di Ius civile dello Studium pavese, dal 1551 al 1556, e dal 1559 al 15628. Tra le opere di Plauzio9, i Commentaria sono i primi a essere stampati a Pavia, presso Moscheni, nel 155310, proprio l’anno del rettorato di Bonghi, che ne risulta – sorprendentemente11 – anche dedicatario («Clarissimo viro Bartholomeo Bongo Bergomensi / Iu. U. D. Ticinensi Gymnasiarche»)12. Un ritratto con il quale il committente evoca dunque gli anni di studio a Pavia e rende omaggio a un docente attraverso un volume che lo vede protagonista, seppur nello spazio liminare del paratesto, in un raffinato gioco di rimandi. Nelle pagine di dedica, in verità, i riferimenti concreti a Bonghi e al suo ruolo di rector iuristarum sono quasi assenti: Plauzio dà spazio a una difesa del proprio metodo di docenza13, non senza qualche allusione polemica ai molti avver- originario e di riportare alla luce la più realistica resa prospettica della finestra, visibile in altri dipinti di Moroni e nella copia del ritratto a opera di Enea Talpino il Salmeggia (ora in collezione privata a Praga; cfr. HALE 1993-1994, pp. 22-24 e http://www.metmuseum.org/collections/search-the-collections/437164). L’identificazione del libro in primo piano nel ritratto risale a CAVERSAZZI (1922), che data il dipinto a partire dall’anno di edizione del testo, il 1553 (come datazione indica, invece, il 1560 GREGORI 1979, p. 288, anche sulla scorta di dati stilistici). I Commentaria non risultano tra i testi censiti in FONTANA (1688, II, col. 107). 8 A metà del decennio, fu anche al servizio dei Farnese a Parma e nelle Fiandre, proseguendo (dopo la seconda permanenza pavese) la carriera di docente a Pisa e, infine, alla Sapienza di Roma (CONTE 2013, p. 1605). 9 Cfr. CAVAGNA (1981, ad indicem). È segno della sua fortuna non solo la buona circolazione dei suoi pareri nella letteratura giuridica (CONTE 2013, p. 1605), ma anche la presenza dei suoi testi in collezioni non specialistiche di rilievo, come quella del letterato padovano Antonio Querenghi, censita da MOTTA (2000, p. 249). 10 PLAUZIO PEZONE (1553). 11 Saranno dedicatari delle successive opere di Plauzio personaggi ben più in vista, quali Pietro Paolo Arrigoni, presidente del Senato di Milano (PLAUZIO PEZONE 1554), o Cosimo de’ Medici, granduca di Toscana (ID. 1562). Sullo scambio epistolare con quest’ultimo, in relazione alla chiamata presso lo Studium di Pisa, e sulle concomitanti trattative con l’Università di Dole, cfr., in questo tomo, BENAVENT (pp. 1049-1050, 1054-1055 e 1057-1058). 12 PLAUZIO PEZONE (1553, c. 2r). Il titolo di doctor fa presupporre che l’anno di rettorato di Bonghi si fosse concluso («conformemente ad una modifica degli Statuti del 1396 risalente al 1419 il rettore dell’Università legista veniva eletto il 4 luglio, entrava in carica il 10 di agosto»: SOTTILI 1993, p. 246*). Di norma il rector si laureava nei giorni immediatamente successivi alla sua deposizione (per preziose indicazioni in merito alla laurea del rector e, più in generale, ai documenti in conservati in ASPV relativi a Bartolomeo Bonghi ringrazio Paolo Rosso). 13 Si tratta di una difesa della propria posizione “moderatamente tradizionalista”, non «insensibile alle istanze di rinnovamento del metodo che doveva aver conosciuto bene nelle aule pavesi, dove era passato Alciato» e tuttavia «legata alla tradizione del mos italicus» (CONTE 2013, p. 1605): «Ego sane non improbo eos qui maiorum vestigiis inhaerent, sed nec puto eos esse laudandos, qui ad quamcumque disciplinam, quasi tempestate delati, tanquam ad saxum adhaerescunt, nec quisquam dixerit minori laude dignum existimatum esse Labeonem, qui multa innovavit, quam Atteium Capitonem, qui in his quae sibi a maioribus tradita fuerant, perseveravit. Deinde qui meum institutum damnat, is damnet necesse est maiores nostros, a quibus institutum est, ut singulo quodque anno in circulis publice disputationes proponerentur, inter lectores ipsos ventilandae, in quibus qui questionem proponit ex more et ex instituto maiorum, sententiam crebriore suffragio receptam, oppugnare tenetur. Quorsum haec, nisi ut intelligamus maiores nostros sensisse, multa per errorem recepta fuisse, quorum veritas disputando detegi exprimique possit? Et iudicasse satius esse veritatem compertam amplecti, quam in errore etiam vetustissimo semper versari, alioqui etiam nota digni essent Bartolus et caeteri, quos nunc colimus, qui in multis, a maiorum opinionibus, etiam usu comprobatis, descierunt» (PLAUZIO PEZONE 1553, cc. 2v-3r). 7 1060 IL RITRATTO DI UN RETTORE DEL XVI SECOLO: BARTOLOMEO BONGHI sari14, e soltanto nell’explicit sottolinea il prestigio del dedicatario, al quale manifesta la propria benevolentia15. Gli anni entro i quali il rettorato di Bonghi si colloca sono, infatti, contraddistinti da violenti dissidi tra docenti; se nell’ambito dello Ius civile resta memoria della rivalità tra Plauzio e Politonio Mezzabarba16, nel portico medico non passano sotto silenzio i contrasti e le liti tra Branda Porro, Andrea Camuzio e Giulio Delfino: sfogliando l’Elenchus privilegiorum, et actuum publici Ticinensis abbiamo notizia di una petizione «pro sedanda altercationem excitata inter DD. Brandam Porrum, & Delfinum» (1552) e di una «contentio D. Plautii, & Mediabarbae super jure promotionis» (1553)17. Ma non solo per cattedre o stipendi nascevano rivalità: quell’anno, il 30 giugno, la stessa fonte registra una «relatio dissidi orti inter Filium Praefecti Arcis Mediolani, & D. Specianum Scholares Studii Papiae»18, un fatto «che ci dà in certa guisa il colore dei tempi», come rileva Cesare Prelini in una monografia dedicata a Santa Maria del Carmine che, attraverso le carte d’archivio, indica come fonte della narrazione proprio il rettore Bartolomeo Bonghi. Il 29 giugno 1553, tra le molte persone presenti alla messa «stavansi (...) il figlio del Prefetto del Castello di Milano, spagnuolo, ed il nobile Prospero Speciani, figlio del Senatore Gio. Battista, ambidue studenti». Lo spagnolo aveva trovato posto più lontano, mentre Prospero «con due altri» più vicino al celebrante. «Venne al primo il ticchio di far dire allo Speciani di tirarsi alquanto in disparte, che gli impediva di vedere il celebrante», ma Speciani non si mosse. A quel punto «il malconsigliato spagnuolo, che intendeva la religione e il diritto a modo suo» dopo aver intimato qualcosa all’orecchio di un suo servo, si avvicinò allo Speciani, e «accennando di parlargli, il fè volgere: e die- 14 degli in un attimo una solenne ceffata, mentre i suoi servi a spada sguainata assalivano lo Speciani», che, a sua volta armato, rispondeva alle minacce dello spagnolo, il quale, «sebbene in abito lungo, aveva in quel momento brandita una spada, portagli da’ suoi». Molti dei presenti s’intromisero e la zuffa sembrò placarsi; al termine della funzione, però, la chiesa andò «riempiendosi di popolo, accorsi i più a difendere lo Speciani». Il giorno dopo «preparavansi nuovi guai: lo Spagnuolo, ch’era Figure 4-5 – CAMILLO PLAUZIO PEZONE, Commentaria, ad. l. I ff. si quis iusdic. non obtempe. in principio, Papiae, Apud Franciscum Moschenium, 1553, frontespizio che sottolinea dell’autore il ruolo di docente «in Ticinensi Gimnasio»; c. 2r con l’incipit della dedica a Bartolomeo Bonghi. «Quin et vulgo dici solet opinionum commenta deleri tempore, et in Gymnasiis novas opiniones in dies exoriri, easque usu comprobari, mox consenescere et interire, quin et hi qui me convitiis acerbisime consectantur, si quid novi scholaribus attulerint, quod tamen raro et infeliciter fit, summopere gloriantur, quod ergo caeteris semper licuit, quodque ipsi obtrectatores sibi licere arbitrantur, et in se laude dignum putant, id cur mihi non liceat, non video. Illud tantum edico, me a maiorum sententiis non temere, nec contradicendi studio» (ivi, c. 3v). 15 «Inter quae extant commentaria haec quae de contumacibus multandis tractant, quae tibi dedicanda esse existimavi, ut nominis tui splendore illustrata, favorabilius in lucem prodirent et meae erga te benevolentiae testimonium praeberent» (ivi, c. 4r). 16 Nota attraverso il manoscritto autobiografico di Giacomo Menochio (cfr. FRANCHI 1925a, p. 331, e, in questo tomo, LUPANO, p. 1015). 17 PARODI (1753a, p. 66). 18 Ivi, p. 67. 1061 CLAUDIA BUSSOLINO Figura 6 – Lettera, del 29 ottobre 1552, con cui Bartolomeo Bonghi, «Alme et Inclitae universitatis Juristarum Ticinensi Gymnasij Rector», attesta ai pretori di Bassignana e Rivarone che Antonello de Luglio risulta regolarmente «scolasticus matriculatus» presso lo Studio di Pavia. ASPV, Università, Acta Studii Ticinensis, cart. 34. Figura 7 – Lettera di Bartolomeo Bonghi, rettore dei giuristi, il quale dichiara di avere ricevuto un rimborso per i sette mesi di esenzione dai dazi della Porta Giustina di Pavia, esenzione di cui godevano lui e quattro suoi servitori. Lettera con sigillo dell’Università dei giuristi. ASPV, Università, Acta Studii Ticinensis, cart. 34. Decano, accingevasi venire alla scuola: ma il Rettore fè sospendere le lezioni, scrisse al Re ed informollo» dell’audacia e prepotenza dello spagnolo e delle ottime qualità dello Speciani, e presagendo che il provocatore, aiutato dai compagni, potesse risultare causa di nuovi subbugli, chiese che fosse messo al bando. L’inasprirsi dei disordini fu evitato, però, dalla scelta di entrambi di allontanarsi da Pavia, «ed essendo venuto ordine al Governatore di impedire allo Spagnuolo l’accesso alla città, tutto tornò alla quiete di prima»19. Se questo episodio può in qualche modo testimoniare l’autorevolezza che era ancora riconosciuta a metà Cinquecento al rector iuristarum, e più in generale al rettore di una Universitas scholarium20, illustra invece l’aspetto più formale del ruolo, quello di mera “rappresentanza” – che di lì a poco si può immaginare sarebbe rimasto il solo spettante a questa figura – una lettera di Tommaso Landriani, precettore di Carlo Borromeo, datata 17 novembre 155221: «Egli ogni matina per tempo si leva a studiare: studiato che ha tre ore, o più o meno secondo ch’aviene, se ne va alla messa: et venuta l’ora se ne andiamo alle scuole, ove è condotto (...) dal Bidello ne’ primieri seggi, et in questi principii che si sono fatte orationi, come si fa ogni anni, fu posto nel mezzo del Rettore e de l’Alciatino, che volentieri anch’eglino et cortesemente lo riceverono, con meraviglia d’intendere chi era. In questa mattina siamo iti alla lezione di Politonio (...)»22. Si tratta della missiva in cui appare per la prima volta Carlo Borromeo nella vita dello Studium, e testi- 19 PRELINI (1877, pp. 41-42). Attraverso le pagine di Prelini forse questo episodio – e il nome di Bartolomeo Bonghi – giunse alla penna di Gianni Brera, che dedicò allo Studium Papiense uno dei testi poi raccolti nelle Storie dei Lombardi, privilegiando nella scelta del titolo questa vicenda di prepotenze e precedenze (Chiusa l’università per un duello fra studenti al Carmine), e dandone un ricco sommario: «Un Teseo Albonese traduce i Vangeli in arabo, il suo omonimo Affranio inventa il fagotto. Intanto ad ascoltar messa, Prospero Speziani non si spaventa delle minacce di un figlio di babbo spagnolo e sguaina a sua volta la spada: poi li dividono, ma lo spagnolo viene espulso» (BRERA 1993, p. 139). 20 Sul ruolo e sulle funzioni del rettore nello Studium pavese, di primo piano fino a inizio Cinquecento e poi progressivamente svuotato delle sue più importanti prerogative, vd. nel primo tomo CROTTI (pp. 251-257), nel secondo LUCCHESI (pp. 857-861). 21 La lettera – il cui destinatario è il conte Giberto, padre di Carlo Borromeo – è riportata in MAIOCCHI - MOIRAGHI (1912, p. 30). 22 Ibid. 1062 IL RITRATTO DI UN RETTORE DEL XVI SECOLO: BARTOLOMEO BONGHI monia «la meraviglia e la curiosità con cui gli studenti accolgono fra loro quel giovinetto circondato di tanti onori». La prima lezione alla quale assiste è quella di Politonio Mezzabarba, «che nel 1552 passava dalla Lettura di Diritto Canonico a quella di Diritto Civile ordinaria mattutina; ed è lo stesso Mezzabarba, che più tardi sarà chiamato da S. Carlo come uno dei deputati che invigileranno la fabbrica del Collegio»23. Essere circondato di onori vuol dire anche essere posto accanto a personaggi di spicco, in questo caso il rettore e l’Alciatino: Bartolomeo Bonghi e Francesco Alciati, parente del grande giureconsulto Andrea, che insegnò Diritto civile a Pavia dal 1550 al 1560, divenendo poi cardinale del titolo di Santa Maria in Portico. Più concretamente, invece, documentano la piena attività del rettore Bonghi alcune carte conservate all’Archivio di Stato di Pavia: un attestato di immatricolazione dello studente Antonello de Luglio indirizzato ai pretori di Bassignana e Rivarone e la “dichiarazione” di un rimborso per i sette mesi di esenzione dai dazi della Porta Giustina di Pavia, esenzione di cui godevano anche quattro suoi servitori24. Dopo aver passato in rassegna varie testimonianze della presenza di Bartolomeo Bonghi nella vita dello Studium pavese, più di una questione resta aperta. Difficile è, ad esempio, stabilire se quello descritto sia l’unico caso di un testo in uso nell’Università dedicato a un rector, quindi di fatto a uno studente25. Non è stato propriamente chiarito, in secondo luogo, il motivo della scelta dello studente bergamasco come dedicatario dei Commentaria del 1553. Una missiva del vicecancelliere Gerolamo Scaruffo, datata 12 dicembre 1552, lascia aperta l’ipotesi che non siano state solo le qualità del rector a meritare la riconoscenza del docente, ma forse anche un atteggiamento accondiscendente verso chi risulta avere come primo obiettivo non tanto la qualità delle lezioni quanto il numero degli studenti: «Se avertisse il Magn. 23 24 Ivi, pp. 30-31. ASPV, Università, Acta Studii Ticinensis, cart. 34, fascc. 127-128; nel fasc. 129 è presente una terza carta autografa, successiva al rettorato, con la quale Bonghi raccomanda il fratello al bidello dello Studio. 25 I testi inclusi nella banca-dati specifica di Edit16 (http://edit16.iccu.sbn.it/web_iccu/rdediche.asp) risultano tuttora esigui. 1063 CLAUDIA BUSSOLINO Figura 8 – VENTURINO VASOLI, Amoenissimum Musarum Viridarium, Papiae, Apud Franciscum Moschenium, 1553, frontespizio. Figura 9 – VENTURINO VASOLI, Amoenissimum Musarum Viridarium, Papiae, s.e., 1553, frontespizio. Signor Petranigra, che per causa del Sig. Plautio Lettore nascono molte differentie tra scholari, massimamente nell’elegere li Consiglieri delle nattioni, & che il Sig. Rettore non essendo persona instrutta & resoluta si lassa guidare da detto Sig. Plautio, qual per haver scholari, fa ogni cosa, come già doi giorni fù appresso a fare un facto d’arme tra scholari Vercellesi, Genovesi, Monferrini, & Piamontesi. Però seria bene se scrivesse al detto Sig. Rettore, che voglia servare il solito dell’anno passato in questa elettione, & non innovare cosa alcuna à sugge- stione di alcun Dottore, ne altri. Provedendo che non segua a causa sua tumulto o scandolo»26. Tutto questo accade «in Ticinensi Gymnasio», come troviamo indicato anche sul frontespizio dei Commentaria di Camillo Plauzio: nel Cinquecento – almeno stando al modo in cui vengono presentati o si autopresentano i docenti dai frontespizi delle loro opere – il termine Studium è fortemente in declino a paragone del grecismo Gymnasium, già diffuso nel Quattrocento27. Il termine gymnasiarcha (“rettore”)28, analogo grecismo che compare nell’incipit della dedica, resta un termine raro29, ma connota almeno in un’altra occasione Bartolomeo Bonghi. Dell’Amoenissimum Musarum Viridarium di Venturino Vasoli, lettore a Pavia di Arte oratoria latina e greca30 nel 1545, esitono due distinte edizioni pavesi uscite nello stesso 155331. Tra i componimenti di quella stampata da Moscheni ne risulta uno «Ad Bartholomaeum Bonghum (...) Rectorem»32, che, in quella mancante dell’indicazione dell’editore, diventa «Gymnasiarcham Magnificum»33. 26 27 Informatio Pro Bilio Episcopo (1611-1617, p. 66). Vd., nel primo tomo, MANTOVANI (pp. 7-8): l’Oratio exhortatoria habita pro felici initio Gymnasii Ticinensis, stampata a Pavia da Antonio Carcano dopo il 4 novembre 1478, segna la prima attestazione di Gymnasium su un frontespizio a stampa in Italia (lo stesso anno esce Oltralpe una Oratio de laudibus gymnasii Parisiorum: ISTC ib00488800), cui segue, intorno al 1480, ancora una Oratio ad Ticinense Gymnasium, stampata a Milano (ISTC ir00184600). Stando ai dati che in questo tomo offrono i frontespizi in apparato iconografico (includendo anche le eventuali occorrenze dei rispettivi termini in volgare), il grecismo Gymnasium è maggioritario (21 occorrenze, contro le 9 di Universitas, le 5 di Studium e le 3 di Academia). 28 Il grecismo ginnasio è attestato dalla lessicografia italiana in questa accezione (GDLI, s.v.) a partire dal Cinquecento in relazione all’Università di Padova. 29 Rector è invece il termine proprio del lessico universitario europeo medievale (WEIJERS 1987, pp. 187-194). 30 Vd. in questo tomo FERRARESI (p. 1086). 31 VASOLI (1553a); ID. (1553b). 32 VASOLI (1553a, c. 30v). 33 «Ad Barptolemaum Bonghum Berg. Academiae Tici/nen. Gymnasiarcham Magnificum & Illustr. / Auspice te, tanto simul & moderamine foelix / Est Academia haec, consilioque tuo. / Foelix ac tali Patria est, quae gaudet Alumno, / Qui sciat Indigenis reddere iura suis. / Corporis, atque animi, fortunae, sunt bona iuncta / Cuncta tibi: gravis es, integer, atque pius. / Spiras inter opes tanta grave, nilque superbum: / Omnibus es mitis, suaviloquusque viris. / Quos virtute vides claros, tibi iungis amicos, / Et qui Pieridas numina sancta colunt. / Imperio facies digna est: facundia tanta, / quae valeat lites conciliare graveis. / Si licet ex magnis oracula sumere rebus, / Orator fies, lux Populi, atque Patrum. / Te mea carminibus aeternum Musa loquetur, / Seu paribus numeris, seu canet imparibus» (VASOLI 1553b, c. 25v). 1064
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