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Le «Storie di S. Giovanni Evangelista» di Vincenzo De Barberis e Bernardino De Donati nella chiesa arcipretale di Talamona

2004, «Bollettino della Società Storica Valtellinese», n. 56 (2003), Sondrio 2004, pp. 105-112

Le Storie di S. Giovanni evangelista di Vincenzo de Barberis e Bernardino de Donati nella chiesa arcipretale di Talamona GIANPAOLO ANGELINI Tra i molti dipinti che contribuiscono a fare della chiesa arcipretale di Talamona una piccola pinacoteca spicca la serie di quattro tempere esposte in due coppie nelle cappelle di S. Luigi e di S. Marta, raffiguranti alcuni episodi della vita di S. Giovanni evangelista. Sino a pochi anni addietro esse erano attribuite a Cipriano Valorsa, pittore grosino che aveva riscosso, a partire da certa storiografia ottocentesca1, un eccessivo apprezzamento critico2. Gli studi recenti hanno invece lavorato in una diversa direzione, sfoltendo a mano a mano il numeroso catalogo del Valorsa e identificando nel contempo un’altra personalità artistica di spicco cui potessero essere riferite molte opere precedentemente assegnate al grosino (e soprattutto al suo primo periodo)3. Indagini archivistiche successive hanno permesso di riconoscere questo maestro nel nome di Vincenzo De Barberis (1490 ca.-1550/51), di origini 1) Giovanni Morelli aveva fregiato Valorsa di un appellativo troppo generoso, «il Raffaello di Valtellina», ma consono alla reputazione che di lui si aveva all’epoca (cfr. N. Zaccaria, Cipriano Valorsa, Stab. Tip.-Lit. A. Moro & Comp., Sondrio 1883, rist. in «Archivio del Centro Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro», 1, 1997, p. 145). 2) La prima attribuzione al Valorsa delle Storie della vita di S. Giovanni evangelista, risale a Giovanni Gavazzeni e Guglielmo Felice Damiani: «Le quattro tempere pur del Vallorsa [sic], già per sé poco vaste, essendo la tela in parte occupata dagli ornati e dalle legende, recano le figure piuttosto piccine: sono quattro storie di S. Giovanni Apostolo […] tutte assai buone, sebbene di gusto troppo quattrocentesco» (G. Gavazzeni – G.F. Damiani, Per la Storia e per l’arte della Valtellina, VII, in «La Valtellina», 11 ottobre 1900; ora in G. Angelini, Giovanni Gavazzeni critico d’arte, in Giovanni Gavazzeni. Pittore nella Valtellina di fine Ottocento, Sondrio 2003, p. 344). 3) Simonetta Coppa per prima raggruppò una serie di opere tra loro coerenti sotto il nome convenzionale di «Maestro di S. Lucia» (dalle Storie di S. Lucia nella chiesa di S. Lucia in Fumarogo nel Bormiese). S. Coppa, I dipinti e le sculture, in La chiesa di S. Giorgio a Grosio, Sondrio 1985, p. 138 e sgg.; Ead., La pittura nel Quattrocento e nella prima metà del Cinquecento, in Civiltà artistica in Valtellina e Valchiavenna. Il Medioevo e il primo Cinquecento, Milano 2000, p. 135 e sgg. Per una ricapitolazione: M. Cattaneo, Vincenzo pittor bresciano, tesi di laurea, rel. G. Bora, Università degli Studi di Milano, a.a. 2000-2001. 105 bresciane, ma di formazione prevalentemente milanese, poi attivo a più riprese nei cantieri di S. Maria delle Grazie di Gravedona e di S. Antonio di Morbegno4. Ed è proprio dalla grande e ricca chiesa del convento domenicano morbegnese che provengono con buona probabilità le quattro tempere ora conservate nella nostra chiesa. È noto infatti che la parrocchia di Talamona acquistò numerosi oggetti d’arte al momento della soppressione del convento di S. Antonio a fine Settecento5 ricordiamo solo i preziosi paramenti, i calici d’argento ed infine la croce processionale in rame argentato e dorato.6 In quel gruppo dovettero essere inserite anche le quattro Storie di S. Giovanni, che la critica odierna tende a riconoscere – sulla base delle dimensioni, della tecnica e dei supporti – come ante di un’ancona lignea facente parte dell’arredo sacro di un altare in S. Antonio7. Queste considerazioni, oltre a diversi riscontri stilistici, inducono ad attribuire le quattro tele di Talamona al pennello di Vincenzo De Barberis. Va comunque precisato che oggi questi dipinti sono affrontati nelle cappelle della chiesa talamonese con due affreschi riportati su tela provenienti dall’antica parrocchiale (demolita nel 1927), raffiguranti entrambi la Madonna col Bambino e santi, opere anch’esse originariamente attribuite al Valorsa ed ora ascritte al catalogo del De Barberis8. Il bresciano era infatti presente a Talamona, come attestano i documenti rinvenuti da Battista Leoni nel fondo notarile dell’Archivio di Stato di Sondrio, in due tempi nel 1527-29 e nel 1531. Egli aveva inizialmente raggiunto il collega milanese Bernardino De Donati, chiamato nel nostro paese dal congiunto Battista De Donati, curato delle chiese talamonesi, e in un secondo tempo era rientrato a Talamona (dopo la morte del compagno nel ’29) per gestire alcuni suoi interessi e proprietà. Il De Donati, che era coetaneo del De Barberis, aveva con lui condiviso un curriculum vitae pressoché identico: formazione a Milano, affrancamento dalla Scuola di S. Luca (la corporazione dei pittori milanesi), infine trasferimento nei floridi cantieri dell’Alto Lario e della Valtellina9. 4) B. Leoni, L’ancona lignea nella chiesa di S. Vittore a Caiolo e il suo autore, in «Bollettino della Società Storica Valtellinese», 38, 1985, pp. 135-152. 5) G. Perotti, Il convento domenicano di Sant’Antonio in Morbegno (1478-1798), in «Archivio Storico della Diocesi di Como», IV, 1990, pp. 97-126. 6) M. Gnoli Lenzi, Inventario degli oggetti d’arte d’Italia, IX Provincia di Sondrio, Roma 1938, pp. 290-292. P. Venturoli, Oreficeria tra Quattrocento e Cinquecento nella provincia e antica diocesi di Como, in Le arti nella diocesi di Como durante i vescovi Trivulzio, atti del convegno, Como 1998, p. 149. 7) E. Bianchi, scheda in Pittura in Alto Lario e in Valtellina dall’Alto Medioevo al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1995, pp. 248-249. Cattaneo, Vincenzo..., pp. 141-146. 8) Madonna con Bambino, S. Pietro martire e S. Marta (cappella di S. Marta), Madonna con Bambino e i Ss. Rocco, Sebastiano, Antonio e Domenico (cappella di S. Luigi) (S. Monti, Storia ed Arte nella provincia ed antica diocesi di Como, Como 1902, pp. 327-328; M. Gnoli Lenzi, cit., pp. 289-290; Angelini, Giovanni Gavazzeni..., p. 343; Cattaneo, Vincenzo..., p. 177-182). Nel De Barberis e nella sua bottega si possono a nostro avviso identificare le maestranze attive sulle impalcature della facciata del Palazzo Spini-Valenti intorno al quinto decennio del secolo (G. Angelini, Arte e mito a Talamona. Gli affreschi della Casa Spini-Valenti, in «Quaderni Valtellinesi», 66, 1998, pp. 40-45), ipotesi che attende ancora un’adeguata discussione critica. 9) Sull’équipe delle Grazie di Gravedona cfr. M. Rossi - A. Rovetta, Pittura in Alto Lario tra Quattro e Cinquecento, Milano 1988, pp. 35-48, 169-190. 106 Fig. 1) V. de Barberis e B. de Donati, Il supplizio nell’olio bollente alla Porta Latina, Talamona, chiesa arcipretale della Natività di Maria (foto F. Pollini) 107 Fig. 2) V. de Barberis e B. de Donati, Giovanni evangelista nell’eremo di Patmos, Talamona, chiesa arcipretale della Natività di Maria (foto F. Pollini) 108 Ulteriori indagini sullo stile delle quattro tempere permettono di stabilire una collaborazione tra i due pittori nella realizzazione delle stesse. L’affinità di formazione artistica e culturale non consente discrimini puntuali tra la parte ascrivibile all’uno e quella assegnabile all’altro. Risulta più agevole individuare nel complesso dei quattro dipinti le comuni fonti figurative, che spaziano da esempi milanesi a modelli bresciani, a garanzia della qualità e dell’aggiornamento dei due autori. Le quattro tele presentano all’interno di una cornice lignea sicuramente posteriore (settecentesca) un’ulteriore cornicetta dipinta10. In alto e su un lato di ogni dipinto è inoltre presente una riquadratura prospettica, funzionale probabilmente alla collocazione originaria entro l’ancona, più profonda nei due episodi che dovevano trovarsi in posizione superiore. Sulla base di questa indicazione e ricordando che le tele dovevano fungere da ante di chiusura dell’ancona, è possibile ricostruire la seguente successione narrativa: in alto a sinistra S. Giovanni alla Porta Latina (Fig. 1) e a destra l’Esilio di Patmos (Fig. 2); in basso nello stesso ordine la Resurrezione di Drusiana (Fig. 3) e il Miracolo delle gemme (Fig. 4). Purtroppo la collocazione attuale a coppie nelle due cappelle della chiesa non rispetta tale ordine logico. Sarebbe pertanto aupicabile un riposizionamento che favorisse la corretta lettura del ciclo. In basso quattro cartelle dipinte con altrettante iscrizioni didascaliche ci informano circa i soggetti, che passeremo ora in rapida rassegna con l’ausilio della Legenda aurea di Jacopo da Varazze11. 1) Il primo dipinto reca: ioannes cristi preco evangelivm predic[e] | ns domiciani imperatoris precepto phy | losophis dispvtando svperatis cernen | te tvrba per ministros in ferventis | olei dolivm missvs iliesvs [illaesus] esia [exit] («Giovanni, apostolo di Cristo, predicando il Vangelo, per ordine dell’imperatore Domiziano, dopo aver superato nelle dispute i saggi, al cospetto di una gran folla viene immerso in un vaso d’olio bollente e ne esce illeso»). L’evento miracoloso avvenne a Roma davanti alla Porta Latina. Racconta inoltre Jacopo da Varazze: «L’imperatore, visto che anche così non desisteva dalla predicazione, lo mandò in esilio nell’isola di Patmos, dove nella completa solitudine scrisse l’Apocalisse». 2) ioannes evangelista apoca | lypsim scribit sibi ab angelo | revelatam («Giovanni evangelista scrive l’Apocalisse rivelatagli da un angelo»). La scritta ai piedi dell’apostolo reca il nome dell’isola in lettere greche con una inconsueta alternanza di maiuscole e minuscole. Del resto qualche incertezza si riscontra anche nel latino delle didascalie, come abbiamo rilevato in quella dell’episodio di Drusiana. L’attribuzione al De Barberis trova in questo dipinto una conferma nel confronto tra la figura di S. Giovanni e quella di S. Antonio in un lacerto del ciclo 10) Dimensioni: cm 170 x 90. 11) Jacopo da Varazze, Legenda aurea, Torino 1995, pp. 67-74, 389-390 («San Giovanni ante portam latinam») e passim. 109 di Storie del santo nella chiesa conventuale morbegnese.12 A questa indicazione vorremmo aggiungere almeno un riferimento allo sfondo del Romitaggio di S. Giovanni Battista attribuito a Bernardino De Donati e bottega nella chiesa delle Grazie a Gravedona, «un brano tra i più alti del rinascimento altolariano» (Rovetta)13. Prosegue la Legenda aurea: «Lo stesso anno Domiziano fu ucciso per la sua sfrenata crudeltà, e il senato revocò tutte le decisioni dell’imperatore: perciò Giovanni, che ingiustamente era stato deportato nell’isola, tornò con tutti gli onori a Efeso. […] Mentre entrava in città stavano seppellendo Drusiana, che gli era fedelissima e lo aveva aspettato con ansia». 3) ioannes evangelista drv | sianam svscitat ad sepe | liendvm delatam («Giovanni evangelista resuscita Drusiana mentre era condotta alla sepoltura»). La figura a destra denuncia una specifica attenzione dell’autore verso fisionomie leonardesche, in particolare certe teste grottesche che compaiono nei codici di Leonardo e avevano diffusione in ambito milanese14. 4) ioannes evangelista lapides | preciosos co[m]minvtos in | tegrat, «Giovanni evangelista ricompone le pietre preziose frantumate». È il secondo miracolo di Giovanni narrato in questo breve ciclo. Due giovani – dice sempre la nostra fonte, Jacopo da Varazze –, su suggerimento del filosofo Cratone, avevano frantumato alcune pietre preziose per dimostrare il loro disprezzo verso i beni materiali. Giovanni li ammonì, ricordando che avrebbero compiuto un’azione ben più meritoria vendendo le pietre e distribuendo il ricavato ai poveri, quindi ricompose le gemme e le consegnò in elemosina. Talvolta questo episodio è confuso con un altro miracolo, in cui il santo tramuta pietre e stecchi in gemme e oro. L’indicazione della didascalia evita di incorrere in tale errore15. Il fabbro a sinistra e gli uomini che reggono le gemme rimandano, come in proposito si è espressa la critica, a «dipinti bresciani di quindici anni prima»,16 cui il De Barberis grazie alla frequentazione dell’ambiente artistico milanese ed alla collaborazione con il De Donati seppe coniugare nuovi e più aggiornati spunti figurativi. 12) Bianchi, Pittura in Alto Lario..., pp. 249. 13) Rossi – Rovetta, Pittura in Alto Lario..., fig. 72, p. 42. 14) Bianchi, Pittura in Alto Lario..., p. 249. 15) Così invece Pittura in Alto Lario e in Valtellina…,, tav. 66 (in didascalia) e Cattaneo, Vincenzo..., p. 141. 16) M. Rossi, Pittura in Alto Lario e in Valtellina tra il 1520 e il 1550, in Pittura in Alto Lario e in Valtellina…, p. 31. 110 Fig. 3) V. de Barberis e B. de Donati, Resurrezione di Drusiana, Talamona, chiesa arcipretale della Natività di Maria (foto F. Pollini) 111 Fig. 4) V. de Barberis e B. de Donati, Giovanni evangelista ricompone le gemme frantumate, Talamona, chiesa arcipretale della Natività di Maria (foto F. Pollini) 112